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La nonviolenza e' in cammino. 1074
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 1074
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Wed, 5 Oct 2005 00:14:26 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1074 del 5 ottobre 2005 Sommario di questo numero: 1. Donne in nero di Udine: Diciamo si' al referendum brasiliano 2. Francesco Martone: Si' 3. Amedeo Tosi: Si' 4. Fulvio Vassallo Paleologo: Si' 5. Luca Salvi: Si', un mondo senza armi 6. Cindy Sheehan: La domanda 7. Eleonora Cirant intervista Carol Gilligan 8. Luce Irigaray: Alla ricerca di un'altra etica 9. Il 7 ottobre a Ferrara 10. Comincia il 7 ottobre il seminario di Diotima "L'ombra della madre" 11. Sandro Mezzadra: Profughe. L'ultimo volume di "Genesis" 12. La "Carta" del Movimento Nonviolento 13. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. DONNE IN NERO DI UDINE: DICIAMO SI' AL REFERENDUM BRASILIANO [Ringraziamo le Donne in nero di Udine (per contatti: m.mariolina at libero.it) per questo intervento. Le "donne in nero" sono una rete internazionale di donne impegnate per la pace e la nonviolenza, costituiscono da anni una delle esperienze piu' originali e innovative di impegno contro ogni guerra ed oppressione] Diciamo si' al referendum brasiliano del 23 ottobre. E' un inizio e una speranza. Un ostacolo posto tra la violenza pensata e agita. Un contributo forte alla strada difficile e necessaria della nonviolenza. 2. 23 OTTOBRE. FRANCESCO MARTONE: SI' [Ringraziamo Francesco Martone (per contatti: f.martone at senato.it) per questo intervento. Francesco Martone, senatore della Repubblica, e' membro della terza Commissione permanente (affari esteri, emigrazione), segretario della Commissione straordinaria per i diritti umani, membro del Comitato per le questioni degli italiani all'estero; laureato in diritto internazionale, da molti anni impegnato nel mondo non-governativo ed ambientalista, dal 1988 al 1995 ha lavorato per Greenpeace International; membro della delegazione del governo italiano alla Conferenza di Rio 1992, imbarcato varie volte sulle navi di Greenpeace, nel Mediterraneo ed in Siberia; ha collaborato con la Campagna Nord-Sud, Sopravvivenza dei Popoli, Biosfera, Debito, ed e' socio fondatore di una associazione ambientalista internazionale che lavora sulle foreste tropicali; per tre anni presidente di Greenpeace Italia, ha fondato nel 1995 e coordinato per sei anni la Campagna per la riforma della Banca mondiale; e' stato membro del comitato scientifico della Campagna "Sdebitarsi", e promotore della rete di Lilliput; e' membro del consiglio editoriale di "Aprile" e della giunta direttiva di "MegaChip"] Il 23 ottobre in Brasile tutti i cittadini e le cittadine dovranno presentarsi alle urne per rispondere si' o no ad una domanda: "il commercio di armi da fuoco e munizioni deve essere proibito in Brasile?". Per una cultura di pace e di dialogo "Il 23 ottobre diciamo si' alla vita. Votiamo epr disarmo!"; e' uno slogan che facciamo nostro. Nel 2004 in Brasile 38.000 persone sono state uccise da armi da fuoco: una persona ogni 15 minuti. Il controllo sul possesso delle armi e' il primo passo per ridurre i crimini violenti, ci sono quindi 38.000 motivi per votare si'. La posta in gioco e' enorme: se vincessero i si' potrebbe partire dal Brasile una spinta al disarmo per tutta l'America Latina ed un esempio per tutti noi. * Le soluzioni concrete esistono, e sono da tempo alla portata dei governi e della comunita' internazionale. "Control Arms", la campagna di mobilitazione internazionale per il controllo del commercio di armi, lanciata in Italia dalla Rete italiana per il disarmo e da Amnesty International, vuole ottenere la promulgazione di un Trattato Internazionale che regolamenti il commercio delle armi leggere. Un'iniziativa sta partendo anche in Senato: insieme a sindacati e associazioni stiamo preparando una proposta di legge "Iniziative a favore della riconversione dell'industria bellica in attivita' produttive o di servizio per uso civile" per iniziare un cammino concreto verso la costruzione di un futuro di pace. 3. 23 OTTOBRE. AMEDEO TOSI: SI' [Ringraziamo Amedeo Tosi (per contatti: redazione at grillonews.it) per questo intervento. Amedeo Tosi, amico della nonviolenza, giornalista pubblicista veronese, e' direttore del sito www.grillonews.it e dell'omonima newsletter che promuove la partecipazione dei lettori agli eventi sociali, culturali e per la pace organizzati, in particolare, nelle province di Verona e Vicenza] Ho letto, ho visto e ho sbirciato tra le pieghe di un referendum promosso in un paese lontano, ma vicino - negli intenti e nei contenuti - al sentire e all'agire di tutte quelle persone che ovunque testimoniano che "la pace e' nelle nostre mani". Ho letto che il 23 ottobre i cittadini brasiliani avranno l'opportunita' di dire se vogliono che nel loro paese il commercio delle armi da fuoco e delle munizioni venga proibito. Ho visto chi sono i promotori di questa iniziativa referendaria (l'associazionismo democratico, imprenditori, sindacati, chiese, movimenti, personalita' della cultura, dello sport e dello spettacolo, operatori sociali e sanitari, docenti universitari...), ai quali mi unisco cosi' come si sono gia' unite migliaia di persone di ogni angolo del pianeta a sostegno di una Campagna, quella brasiliana per il disarmo, che sarebbe bello vedere adottata, con la stessa tenacia e carica profetica, ovunque nel mondo, perche' emana il profumo della proposta di buon senso, per la vita, per la giustizia, per la nonviolenza, per una cultura nuova. Ed ho sbirciato anche tra i messaggi propagandistici degli accaniti oppositori del referendum, tra i quali spiccano quelli dei "pistoleri" dell'"Associazione nazionale dei proprietari e commercianti di armi", divulgati con forza in questi giorni per scongiurare l'affermazione di quel "si'" che per loro significherebbe, questo e' certo, meno profitti per la catena dei "supermarket armati". Insomma a finire sotto tiro, stavolta - e per la prima volta - non sono intere popolazioni inermi o le vittime di quella "(in)giustizia fai-da-te" che molto dolore ha seminato sulla rossa terra brasiliana, ma tutte le attivita' eticamente ingiustificabili, da Far West, delle lobbies legate alla produzione e al commercio delle armi, al dettaglio o all'ingrosso, fatturate e vendute a chiunque, compresi i pazzi piu' furiosi del manicomio internazionale. Dall'esito della consultazione popolare brasiliana puo' scaturire uno straordinario e luminoso esempio in grado di tracciare nuovi percorsi di impegno e di speranza in altre nazioni; rinfrancare quanti sono impegnati a sanare le piaghe provocate dalla violenza armata; ammonire coloro che perseguono o giustificano politiche incentrate sull'uso opprimente dei muscoli e delle armi; ridimensionare la potenza economica dei molteplici 'mercanti di morte' della filiera armata: produttori, commercianti, mediatori, finanziatori. Disarmare le nazioni per spezzare la catena culturale che rende "normale e giustificato" l'uso di tali strumenti di morte e' un percorso fatto di molti piccoli passi, tutti importanti perche' tesi verso una pacificazione dei rapporti umani, verso un diverso modo di cercare strategie per la soluzione dei problemi di giustizia sociale e squilibrio economico. In Brasile oggi, in Europa e altrove domani. Si', perche' "la pace e' nelle nostre mani". Anch'io sostengo e promuovo il si'. 4. 23 OTTOBRE. FULVIO VASSALLO PALEOLOGO: SI' [Ringraziamo Fulvio Vassallo Paleologo (per contatti: fulvassa at tin.it) per questo intervento. Fulvio Vassallo Paleologo, docente all'Universita' di Palermo, membro dell'Associazione per gli studi giuridici sull'immigrazione (Asgi), impegnato altresi' nell'Ics, Consorzio italiano di solidarieta', e' uno degli intellettuali piu' lucidamente impegnati nel contrastare il razzismo e nel difendere i diritti umani, la democrazia e la legalita' costituzionale nel nostro paese] Il traffico di armi e la liberalizzazione totale di questo mercato costituiscono una delle ragioni che alimentano i conflitti in numerosi paesi dai quali sono costretti a fuggire profughi richiedenti asilo. La disponibilita' di armi nel mercato globale rende possibile la costituzione di veri e propri eserciti privati che strumentalizzano la diffrenza etnica o religiosa per accaparrarsi le risorse, in accordo spesso con i grandi gruppi economici mondiali, e mantenere le popolazioni in condizioni di miseria e terrore. Sono queste le cose che raccontano migliaia di richiedenti asilo quando giungono in Europa, e bloccando il commercio di armi diamo voce anche a loro, che di quel commercio sono le prime vittime. Vittime nel loro paese, ma anche vittime quando giungono in Europa e vengono trattati come "clandestini", quindi potenziali criminali o terroristi. Piuttosto che misure illusorie di contrasto che hanno come solo risultato l'aumento delle vittime - dalle coste del Marocco, alla Sicilia, alle isole greche e turche, ormai il Mediterraneo e' un mare insanguinato -, occorre bloccare l'armamento, oltre che degli eserciti, delle bande criminali che costringono alla fuga milioni di persone dai loro villaggi, dalle loro case, verso un destino ignoto e spesso ancora piu' tragico per gli sbarramenti posti in essere dalla "fortezza Europa" e dai paesi di transito che speculano sulla pelle dei migranti. 5. 23 OTTOBRE. LUCA SALVI: SI', UN MONDO SENZA ARMI [Dal quotidiano "Il manifesto" del primo ottobre 2005. Luca Salvi (per contatti: lucasalvi at msw.it) fa parte del gruppo di iniziativa territoriale della Banca Etica a Verona; e' impegnato in molte iniziative per la pace, la giustizia, i diritti umani] Il 23 ottobre prossimo i cittadini brasiliani saranno chiamati a decidere tramite un referendum se vietare la vendita di armi da fuoco ai civili. Si tratta di un evento importantissimo in quanto e' la prima volta al mondo che un tema quale il possesso delle armi diventa oggetto di una consultazione popolare. Il Brasile e' il paese al mondo con il piu' alto numero di morti per armi da fuoco. Ogni anno nello stato sudamericano si registrano circa 39.000 morti per ferite da armi da fuoco, ovvero muore una persona ogni quindici minuti. Il referendum rappresenta la tappa finale di una grande campagna per il disarmo promossa da Lula, cui i mass-media non hanno dato finora il giusto rilievo: il governo brasiliano infatti, dopo una lunga e efficace campagna di coinvolgimento della popolazione, ha acquistato e ritirato dalla circolazione oltre 400.000 armi da fuoco con una significativa riduzione delle morti violente nell'ultimo anno. Il referendum rappresenta un evento storico: un si' a questo referendum sarebbe un'importantissima pietra miliare, non solo per il popolo brasiliano, ma a livello globale nella lotta a un mercato di armi privo di controllo. A pochi mesi dalla conferenza Onu sul commercio delle armi, la vittoria del si' sarebbe un segnale forte del bisogno dei cittadini di poter vivere in strade, scuole, spazi pubblici ripuliti dal pericolo delle armi. Come vorrei che anche su questo referendum anche in Italia come gia' in Brasile... ci si pronunciasse e mobilitasse, perche' ne va della vita di milioni di persone in tutto il mondo. Per questo invito tutte le persone di buona volonta' a diffondere questa notizia e ad esprimere sostegno a coloro che in Brasile sono impegnati a far vincere il si' alla vita, a un mondo senz'armi, alla gestione nonviolenta dei conflitti, alla pace fra tutti gli esseri umani. Per sostenere la campagna per il si' al referendum brasiliano, si puo' contattare Francesco Comina in Italia (f.comina at ladige.it) e padre Ermanno Allegri in Brasile (www.adital.org.br). 6. TESTIMONIANZE. CINDY SHEEHAN: LA DOMANDA [Dal quotidiano "Liberazione" del 29 settembre 2005. Cindy Sheehan ha perso il figlio Casey in Iraq; per tutto il mese di agosto e' stata accampata a Crawford, fuori dal ranch in cui George Bush stava trascorrendo le vacanze, con l'intenzione di parlargli per chiedergli conto della morte di suo figlio] Sono stata arrestata davanti alla Casa Bianca. Marciavamo da Lafayette Park verso i cancelli della Casa Bianca. Io, mia sorella, alcuni rappresentanti di "Gold Star Families for Peace" e alcuni membri dell'associazione "Military Families" (famigliari dei militari). Chiedevamo di poter incontrare il presidente. Volevamo fargli una semplice domanda: "Presidente, quale e' la nobile causa per cui e' stato uciso mio figlio?". La nostra richiesta e' stata respinta. Non hanno neanche consegnato agli uffici della Casa Bianca le lettere e le fotografie dei nostri ragazzi morti in guerra. Noi ora sappiamo perche' George Bush non vuole incontrare i parenti dei soldati che lui ha fattomorire. Prima di tutto perche' non sopporta le persone che la pensano in modo diverso da lui. Poi perche' lui sa che non potrebbe dare nessuna risposta alla nostra domanda: non esiste alcuna Nobile Causa per l'invasione e l'occupazione dell'Iraq. * Dopo che ci hanno rifiutato l'incontro, ci siamo seduti, rifiutandoci di muoverci sino a quando George Bush non fosse venuto fuori a parlare con noi. E' stato un momento piacevole mentre ci intrattenevamo cantando vecchie canzoni religiose e di protesta. Ho appeso una fotografia di Casey - mio figlio morto in Iraq - ad uno dei cancelli, e a quanto mi dicono anche questo e' contrario alla legge. Dopo che ci hanno intimato per tre volte di alzarci e di scendere dal marciapiede, ci hanno arrestato. Trovo molto curioso che la persona che risiede nella nostra Casa Bianca abbia giurato di difendere e proteggere la Costituzione degli Stati Uniti d'America. La persona che oggi e' presidente alla Casa Bianca non ha alcuna conoscenza della Costituzione. Ha invaso e continua ad occupare paesi sovrani senza che ci sia stata da parte del Congresso alcuna dichiarazione di guerra. Ha violato numerosi trattati per poter invadere l'Iraq. Per non parlare delle torture che vengono praticate nelle prigioni militari in questi giorni. Tutte queste sono violazioni della Costituzione. Il Patriot Act, come tutte le norme che ci vietano di riunirci pacificamente, sono serie violazioni del Bill of Rights. * Essere arrestati non e' un grande evento. La nostra protesta era per qualcosa di molto piu' serio che "stare seduti sui marciapiedi": la tragica e inutile morte di decine di migliaia di iracheni e di americani (sia in Iraq che qui in America) i quali sarebbero vivi se non fosse per i criminali che risiedono e lavorano oggi alla Casa Bianca... La multa per aver "manifestato senza permesso" e' di 75 dollari. Sono certa che non la paghero'. Dovro' acomparire in tribunale il 16 novembre. C'e nessun avvocato la' fuori che voglia aiutarmi a sfidare una legge incostituzionale? 7. RIFLESSIONE. ELEONORA CIRANT INTERVISTA CAROL GILLIGAN [Dal quotidiano "Liberazione" del 27 settembre 2005. Eleonora Cirant e' impegnata nella Libera universita' delle donne di Milano, nell'Unione femminile nazionale, ed in altre rilevanti esperienze dei movimenti femministi di cui e' anche acuta studiosa. Carol Gilligan, docente di psicologia alla New York University, e' una delle piu' influenti pensatrici femministe contemporanee. Tra le opere di Carol Gilligan: Con voce di donna, 1982, tr. it. Feltrinelli, Milano 1987; La nascita del piacere, 2002, tr. it. Einaudi, Torino 2003. Opere su Carol Gilligan: Bianca Beccalli, Chiara Martucci (a cura di), Con voci diverse. Un confronto sul pensiero di Carol Gilligan, La Tartaruga, Milano 2005] Da piu' di trent'anni Carol Gilligan ascolta la voce delle donne, parole chiare sulla filigrana di silenzi e censure. Giovane ricercatrice di psicologia, si accorse che gli studi sullo sviluppo del soggetto morale erano condotti solo su soggetti maschili. Scombino' i parametri, ascoltando le voci di donne che avevano abortito. Segui' la traccia, indago' piu' a fondo, esploro' infanzia e adolescenza nel momento di passaggio dell'"iniziazione al genere", quando cioe' i maschi imparano a fare "i maschi" e le femmine "le femmine", interiorizzando i modelli di comportamento del patriarcato. "Poiche' pone alcuni uomini sopra ad altri uomini e subordina le donne, il patriarcato e' un ordine di dominio. Ma dividendo alcuni uomini da altri, e tutti gli uomini dalle donne, dividendo i padri dalle madri e le figlie dai figli, il patriarcato crea una spaccatura nella psiche, dividendo ciascuno da una parte di se stesso", scrive Gilligan in un volume che contiene, tra gli altri interventi, una sorta di autobiografia politica (Con voci diverse, a cura di Bianca Beccalli e Chiara Martucci, La Tartaruga, Milano 2005). * - Eleonora Cirant: Se ci guardiamo intorno il paesaggio e' desolante. Da un lato, l'insistenza della gerachia della Chiesa affinche' le donne si identifichino nel ruolo "naturale" di madre/moglie dedita alla cura. Dall'altro, i messaggi delle fiction che raggiungono l'immaginario di piu' donne che qualsiasi documento politico, come le sensuali protagoniste di "Sex and the city", rigorosamente single, metodiche nel separare il sesso dall'amore. Pare che noi donne ci troviamo schiacciate in una falsa alternativa tra modelli di femminilita' dicotomici. Cosa ne pensa? - Carol Gilligan: In entrambi questi modelli non c'e' nessun cambiamento rispetto al paradigma dominante. Dividere l'individuo dalla famiglia, il sesso dall'amore, fa parte del vecchio schema che produce individui scissi. Negli Stati Uniti c'e' la stessa pressione per il ritorno ai valori della famiglia tradizionale. I conservatori dimenticano che proprio in famiglia le donne subiscono maggiore violenza. L'incidenza dell'incesto tra le mura domestiche e' molto alta. Di fronte a due modelli dicotomici, alcune donne scelgono di fare quello che gli uomini generalmente fanno, pochi uomini scelgono quel che fanno ora le donne. Non c'e' liberta' in questo, perche' i modelli rimangono inalterati. Le donne sono "libere" di dividere il sesso dall'amore, ma, ancora oggi, il problema e' parlare d'amore. Le mie studentesse riescono a parlare di sesso ma non di amore perche' hanno difficolta' a pensare alla possibilita' di avere un relazione, specialmente con un uomo, se non rinunciando ad essere se stesse. La liberazione vera consiste nell'affermazione di un nuovo paradigma sia per le donne che per gli uomini. Abbiamo realizzato tanti cambiamenti rispetto al modello della famiglia e al ruolo della donna ed ora la reazione e' molto forte. Si tende a tornare ai modelli tradizionali proprio perche' sono sfidati. * - Eleonora Cirant: E nel rapporto d'amore tra donne? - Carol Gilligan: La cosa e' piu' complicata, ma interessante da analizzare. Il fatto e' che anche i rapporti tra donne sono all'interno della societa' e del paradigma patriarcale. E' tabu' parlare della violenza all'interno delle coppie lesbiche. E' una realta' taciuta, come se fra donne non potesse esserci violenza. * - Eleonora Cirant: Le donne che fanno politica nei partiti, anche quelli di sinistra, denunciano le relazioni gerarchiche. Ma la necessita' di far sentire la propria voce e di incidere nelle scelte politiche e' logorante e induce molte donne a tenersi fuori dai partiti. Qual e' l'alternativa? Cosa ne pensa di un partito delle donne? - Carol Gilligan: Nei partiti, nelle universita', nel mondo del lavoro... logorante e' la parola esatta. Chi non si identifica nel vecchio paradigma lo trova stupido e si chiede: perche' devo adeguarmi? La questione del partito delle donne e' cruciale. Negli Stati Uniti se ne parla molto. Piu' di cinquecento donne da tutto il mondo si sono riunite in un recente convegno ponendosi la domanda: e' arrivato il momento di porci il problema del potere. Come? Le donne presenti, consapevoli di tutte le diversita' (etniche, sessuali, ecc.) partivano dal presupposto che il vecchio paradigma e' stupido e inefficace. Si e' parlato della possibilita' di fondare un partito delle donne, aperto a donne e uomini che rifiutano il vecchio paradigma. Il punto e' come avere legittimita', data la persistenza di vecchi pregiudizi: le donne non sono capaci, sono emotive, non fanno le cose seriamente... Dal punto di vista psicologico, il problema e' autorizzarsi a pensare che si puo' esercitare il potere in un modo diverso da come e' sempre stato fatto. E' difficile il passaggio politico ad un partito delle donne senza un numero sufficiente di individui che attuano dentro di se' questo cambiamento. Le alternative sono ridicolizzate e private di legittimita'. * - Eleonora Cirant: Quali sono i canali per favorire questo passaggio? - Carol Gilligan: La trasformazione deve partire dall'interno, non puo' essere qualcosa che viene dall'esterno. Studi psicologici e neurologici hanno dimostrato l'esistenza della capacita' umana di comprensione, ascolto e interconnessione. Bambini e bambine sentono chiaramente cosa stia accadendo intorno a loro, se c'e' amore o violenza. L'educazione ha un ruolo fondamentale perche' interviene dicendo: questa non e' violenza, e' amore; la guerra non e' violenza ma e' utile... eccetera. Cosi' si impara a soffocare la propria capacita' di ascolto e comprensione, e si e' educati a mentire. Spesso le donne guardano alla fiction come strumento per avere la verita', in realta' cercano un canale per confermare che quello che provano e' reale. Educazione e cultura popolare sono canali importanti e andrebbero utilizzati per favorire cio' che e' gia' dentro di noi, donne e uomini, quanto a capacita' di relazionarci. * - Eleonora Cirant: Lei ha scritto che le donne sono portatrici di un'etica della cura. In che modo questo approccio ci e' utile nel parlare delle tecnologie riproduttive? Le donne che le utilizzano sono spesso accusate di egoismo. - Carol Gilligan: La relazione non puo' essere oblativa, cioe' non puo' escluderti, tu stessa ne sei compresa. Essere senza se stesse significa non poter essere in relazione. Io critico quando l'etica della cura viene ricondotta a modelli di femminilita' oblativa. Nella femminilita' e nella mascolinita' patriarcali, l'uomo e' concentrato su di se' e perde di vista la relazione con gli altri, la donna viceversa e' concentrata sugli altri e perde di vista se stessa. In entrambi i casi, l'uno e l'altra perdono la capacita' di essere in relazione. Le tecnologie riproduttive permettono alla donne azioni prima impossibili per motivi economici o biologici, come avere figli dopo i 40 anni oppure utilizzando lo sperma senza avere relazione con un uomo. Gli uomini hanno sempre fatto queste cose. Ora che anche le donne hanno questa possibilita', le accusano di essere egoiste. 8. RIFLESSIONE. LUCE IRIGARAY: ALLA RICERCA DI UN'ALTRA ETICA [Dal sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it) riprendiamo il seguente articolo apparso sul quotidiano "La Repubblica" del 16 settembre 2005. Luce Irigaray, nata in Belgio, direttrice di ricerca al Cnrs a Parigi, e' tra le piu' influenti pensatrici degli ultimi decenni. Opere di Luce Irigaray: Speculum. L'altra donna, Feltrinelli, Milano 1975; Questo sesso che non e' un sesso, Feltrinelli, Milano 1978; Amante marina. Friedrich Nietzsche, Feltrinelli, Milano 1981; Passioni elementari, Feltrinelli, Milano 1983; Etica della differenza sessuale, Feltrinelli, Milano 1985; Sessi e genealogie, La Tartaruga, Milano 1987; Il tempo della differenza, Editori Riuniti, Roma 1989; Parlare non e' mai neutro, Editori Riuniti, Roma 1991; Io, tu, noi, Bollati Boringhieri, Torino 1992; Amo a te, Bollati Boringhieri, Torino 1993; Essere due, Bollati Boringhieri, Torino 1994; La democrazia comincia a due, Bollati Boringhieri, Torino 1994; L'oblio dell'aria, Bollati Boringhieri, Torino 1996] In questo momento sto rileggendo il capitolo della Fenomenologia dello spirito in cui Hegel tratta della famiglia. E sono sorpresa dal numero di parole o preoccupazioni attorno a me che toccano, da un lato o dall'altro, l'argomento. Talvolta e' difficile sottrarmi alla domanda se cio' accada per caso o per qualche fenomeno telepatico. A meno che una razionalita' piu' alta sia qui all'opera: quella della storia. Per oggi, mi fermero' a questa ipotesi ma, forse, per togliere alla storia il potere che Hegel le affidava in quanto dipendente da una certa concezione della famiglia. Non c'e' dubbio che un certo tipo di famiglia era necessario allo svolgimento della storia come lo pensava Hegel. Ma questo modello storico e' ormai in crisi, prima di tutto a livello della cellula di base della comunita', ma non solo. Ora attraverso il fallimento dell'organizzazione familiare tradizionale e' la stessa storia che e' chiamata in causa come luogo di sviluppo dell'umanita'. E le diverse strategie parziali usate per tentare di ristabilire l'ordine familiare non sono piu' in grado di restaurare l'unita' della famiglia. Penso, per esempio, all'accento posto oggi sulla procreazione, sulla necessita' di un ambito familiare rassicurante, o su un necessario ritorno a una moralita' piu' rigorosa. Ma nessun naturalismo, affettivita' semplice o moralismo puo' ristabilire l'unita' familiare com'era. E le famiglie allargate, le diverse famiglie politiche o religiose, non possono nemmeno sostituire questa cellula familiare dove la legge umana e la legge divina erano allo stesso tempo divise fra l'uomo e la donna e riunite tramite il culto dei morti, come scriveva Hegel. Questo momento della storia e' dietro di noi. E non c'e' da rimpiangerlo. Ne' da pensare che con questo l'umanita' stia svanendo. Una tappa del suo divenire e', speriamo, finita; un capitolo della storia patriarcale sta, me lo auguro, scomparendo, quali che siano le regressioni o i sussulti che osserviamo. In tale epoca, la famiglia non era fondata su un legame di desiderio e di amore reciproci ma corrispondeva a un tutto poco differenziato unificato attraverso la procreazione, la genealogia o filiazione, l'autorita' paterna e il possesso di beni. In simile unita' familiare, la persona alienava la sua singolarita' a beneficio di una naturalita' non coltivata sottoposta al potere dello Stato e alla trasmissione e acquisizione di un patrimonio, materiale e culturale. Solo il pater familias godeva di diritti civili in quanto faceva da ponte fra la famiglia e lo Stato. La donna e i figli rimanevano in qualche modo degli schiavi perche' sprovvisti di diritti civili propri. L'origine della parola "famiglia" d'altronde e' il termine latino famulus che significa: servitore, servo. * Di una simile concezione della famiglia molti non ne vogliono piu' sapere. Per prime le donne, che rifiutano di essere ridotte a una semplice terra riproduttrice, che rivendicano il diritto alla parola, al desiderio, alla liberta', all'anima si potrebbe dire. Le donne che vogliono co-creare con l'uomo attraverso una condivisione di corpo e di parola e non solo accogliere passivamente il seme corporale o spirituale dell'uomo. I figli, poi, che criticano l'autorita' dei genitori, le regole e norme patriarcali e che, tutt'al piu', accettano i genitori come amici e confidenti. Si puo' parlare anche dell'evoluzione del rapporto con il patrimonio e dei legami sociali, che chiama in causa il ruolo del denaro ma anche del famulus, in un senso attuale del capitalismo, come sostegno dell'unita' familiare. E pure del multiculturalismo che sfida la famiglia come luogo di alleanza tra proprieta', nomi, culture, diritti gia' complici, che disturba un'intimita' costruita fra medesimi a partire da abitudini e costumi ereditati da antenati. Si puo' capire che la famiglia occidentale ormai esploda. Una volta di piu' non vale la pena di lamentarsi per questo, ma non possiamo fermarci a subire le conseguenze di questa esplosione e frammentazione: i conflitti fra uomini e donne e fra legge civile e religiosa, il peso paralizzante di una storia che non si muove piu', le prerogative dei morti rispetto ai vivi spesso senza che un culto sia loro reso, salvo che attraverso la vendetta, la disperazione dei figli in cerca di aiuto nella droga, nel viaggio senza fine, nel godimento senza felicita'. Si tratta di superare un'epoca della storia di cui la famiglia tradizionale era il nucleo e il sostegno per proseguire il divenire dell'umanita'. Non possiamo regredire alla naturalita' dell'istinto riscattato dalla procreazione. Dobbiamo sviluppare un'altra relazione con il desiderio, una coltivazione della carne come possibilita' di amarci senza sottomissione dell'uno all'altro. C'e' da stupirsi che la religione dell'incarnazione, che ha dominato lo sviluppo della nostra tradizione, non si sia preoccupata di una cultura della carne tranne che nell'arte. La famiglia, se la chiamiamo ancora cosi', potrebbe rappresentare un luogo e un tempo dedicati alla coltivazione e alla condivisione della carne, di cui la procreazione sarebbe il frutto ma non il riscatto, l'alibi e perfino l'ostacolo. Un altro errore della famiglia tradizionale e' di avere privilegiato la genealogia a scapito del genere, cioe' di avere usato la parola greca genos solo per esprimere la generazione. * Nei nostri tempi, la "famiglia" potrebbe anche essere un luogo di apprendimento della convivenza multiculturale piuttosto che di integrazione dello straniero nella nostra Storia passata. A parer mio, la famiglia come era non e' da restaurare, nemmeno da perpetuare attraverso i suoi diversi surrogati. La famiglia e' da rifondare non come luogo di sopravvivenza o di riproduzione ma come luogo dove una storia ancora viva si muove verso un compimento piu' umano e divino grazie al lavoro del desiderio e dell'amore di quelli che tentano di condividere corpi e anime per la creazione di una nuova umanita'. 9. INCONTRI. IL 7 OTTOBRE A FERRARA [Da Elena Buccoliero (per contatti: e.buccoliero at comune.fe.it) riceviamo e diffondiamo. Elena Buccoliero (Ferrara 1970) collabora ad "Azione nonviolenta" e fa parte del comitato di coordinamento del Movimento Nonviolento; lavora per Promeco, un ufficio del Comune e dell'azienda Usl di Ferrara dove si occupa di adolescenti con particolare attenzione al bullismo e al consumo di sostanze, e con iniziative rivolte sia ai ragazzi, sia agli adulti; a Ferrara, insieme ad altri amici, anima la Scuola della nonviolenza. E' autrice di diverse pubblicazioni, tra cui il recente (con Marco Maggi), Bullismo, bullismi, Franco Angeli, Milano 2005. Un piu' ampio profilo biobibliografico di Elena Buccoliero e' nel n. 836 di questo notiziario. Riccardo Dello Sbarba, nato a Volterra (Pisa) nel 1954, residente a Bolzano dal 1988, docente di ruolo, giornalista professionista. Giornalista al "Manifesto" e a "Pace e guerra", ha lavorato anche dal 1988 al 1992 al quotidiano "Alto Adige", dal 1993 al 2001 nel settimanale "ff"; dal 2001 al 2003 e' direttore editoriale del quotidiano "Il mattino"; e' tuttora editorialista per l'"Adige" di Trento. Membro del consiglio di amministrazione della Fondazione Langer, ha curato il volume: Alexander Langer, Scritti sul Sudtirolo - Aufsaetze zu Suedtirol. Gia' amministratore su nomina della Regione Toscana del Parco Naturale di S. Rossore, Migliarino e Massaciuccoli (1986-1988); e' attualmente consigliere provinciale di Bolzano. Alexander Langer e' nato a Sterzing (Vipiteno, Bz) nel 1946, e si e' tolto la vita nella campagna fiorentina nel 1995. Promotore di infinite iniziative per la pace, la convivenza, i diritti, l'ambiente. Per una sommaria descrizione della vita cosi' intensa e delle scelte cosi' generose di Langer rimandiamo ad una sua presentazione autobiografica che e' stata pubblicata col titolo Minima personalia sulla rivista "Belfagor" nel 1986 (poi ripresa in La scelta della convivenza). Opere di Alexander Langer: Vie di pace. Rapporto dall'Europa, Arcobaleno, Bolzano 1992; dopo la sua scomparsa sono state pubblicate alcune belle raccolte di interventi: La scelta della convivenza, Edizioni e/o, Roma 1995; Il viaggiatore leggero. Scritti 1961-1995, Sellerio, Palermo 1996; Scritti sul Sudtirolo, Alpha&Beta, Bolzano 1996; Die Mehrheit der Minderheiten, Wagenbach, Berlin 1996; Piu' lenti, piu' dolci, piu' profondi, suppl. a "Notizie Verdi", Roma 1998; The Importance of Mediators, Bridge Builders, Wall Vaulters and Frontier Crossers, Fondazione Alexander Langer Stiftung - Una Citta', Bolzano-Forli' 2005; Fare la pace. Scritti su "Azione nonviolenta" 1984-1995, Cierre - Movimento Nonviolento, Verona, 2005; Lettere dall'Italia, Editoriale Diario, Milano 2005. Opere su Alexander Langer: Roberto Dall'Olio, Entro il limite. La resistenza mite di Alex Langer, La meridiana, Molfetta 2000; AA. VV., Una vita piu' semplice. Biografia e parole di Alexander Langer, Terre di mezzo - Altreconomia, Milano 2005. Si sta ancora procedendo alla raccolta di tutti gli scritti e gli interventi (Langer non fu scrittore da tavolino, ma generoso suscitatore di iniziative e quindi la grandissima parte dei suoi interventi e' assai variamente dispersa). Si vedano comunque almeno i fascicoli monografici di "Azione nonviolenta" di luglio-agosto 1996, e di giugno 2005; l'opuscolo di presentazione de La Fondazione Alexander Langer - Stiftung, suppl. a "Una citta'", Forli' (per richieste: tel. 054321422; fax 054330421, e-mail: unacitta at unacitta.it, sito: www.unacitta.it), ed il nuovo fascicolo edito dalla Fondazione nel maggio 2000; una nuova edizione ancora e' del 2004 (per richieste: tel. e fax 00390471977691, e-mail: info at alexanderlanger.org, sito: www.alexanderlanger.org); la Casa per la nonviolenza di Verona ha pubblicato un cd-rom su Alex Langer (per informazioni: tel. 0458009803; fax 0458009212; e-mail: azionenonviolenta at sis.it, sito: www.nonviolenti.org). Indirizzi utili: Fondazione Alexander Langer Stiftung, via Portici 49 Lauben, 39100 Bolzano-Bozen, tel. e fax 00390471977691; e-mail: info at alexanderlanger.org, sito: www.alexanderlanger.org] Il Movimento Nonviolento, Legambiente, il Gruppo Ferrara Terzo Mondo, Pax Christi, Commercio alternativo, con il patrocinio del Comune di Ferrara (Progetto Ferrara citta' per la pace) promuovono il ciclo di incontri "Scuola della nonviolenza", anno scolastico 2005-2006. Venerdi' 7 ottobre 2005, incontro con Riccardo Dello Sbarba, esperto di mediazione culturale, sul tema " Un decalogo necessario verso la convivenza interetnica". * La convivenza interetnica e' certamente una sfida per il nostro tempo, anche nella piccola Ferrara che conosce da alcuni anni un incremento nella presenza di persone di diversi paesi. Un maestro indiscusso nella riflessione sulla diversita' culturale e' stato certamente Alexander Langer, ed e' proprio a questo aspetto della sua opera che e' dedicato l'incontro proposto dalla Scuola della nonviolenza, venerdi' 7 ottobre alle ore 21 presso il Centro di documentazione a lui intitolato. La serata rientra nel ciclo di appuntamenti sulla figura di Alexander Langer "Con tutto il carico di radicalita' e speranza", introdotto nella serata di venerdi' 30 settembre con la visione di un documentario a tema. Venerdi' 7 ottobre, in questo primo appuntamento, sara' ospite a Ferrara Riccardo Dello Sbarba, insegnante, giornalista, esperto di mediazione culturale, ambientalista e diretto collaboratore di Alexander Langer. Dello Sbarba ha curato la pubblicazione di un'importante opera bilingue: "Alexander Langer, Scritti sul Sudtirolo - Aufsaetze zu Suedtirol", e per la sua competenza, alla quale unisce l'impegno nel Consiglio provinciale di Bolzano e nel Consiglio Regionale del Trentino-Alto Adige, e' sembrato particolarmente adatto a proporre il tema della serata. L'incontro si propone di riprendere ed attualizzare il "Decalogo necessario verso la convivenza interetnica" scritto da Langer con grande acutezza ed intelligenza. All'argomento, che non ha perso di attualita', l'autore ha infatti dedicato grande attenzione e scritti penetranti. La Scuola della nonviolenza di Ferrara e' promossa congiuntamente da Movimento Nonviolento, Pax Christi, Legambiente, Gruppo Ferrara Terzo Mondo e Commercio alternativo. L'incontro e' aperto a tutti gli interessati e si terra', come l'intero ciclo, presso la sede del Centro di documentazione "Alexander Langer", in viale Cavour 142, alle ore 21. 10. INCONTRI. COMINCIA IL 7 OTTOBRE IL SEMINARIO DI DIOTIMA "L'OMBRA DELLA MADRE" [Dal sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it) riprendiamo e diffondiamo. La comunita' filosofica femminile di "Diotima" e' una delle piu' rilevanti esperienze di pensiero degli ultimi decenni] Il nuovo "grande seminario" di Diotima, sul tema "L'ombra della madre", si terra' a partire da venerdi' 7 ottobre, dalle ore 17 alle 19, con il seguente calendario: - 7 ottobre, ore 17, Chiara Zamboni: Ne' una ne' due: l'enigma di un eccesso nello spazio pubblico. -14 ottobre, ore 17, Diana Sartori: Dove passa la linea d'ombra. - 21 ottobre, ore 17, Maria Luisa Boccia: L'ombra e l'eclissi. Riflessioni sulla fecondazione assistita dopo il referendum. - 28 ottobre, ore 17,20 Luisa Muraro: L'ordine simbolico della madre. Ripensamenti. - 4 novembre, ore 17, Anna Maria Piussi: Non fare ombra alla madre. - 11 novembre, ore 17, Cristina Faccincani: Paradossi del materno. - 18 novembre, ore 17, Delfina Lusiardi: Demetra e il figlio della Regina. - 25 novembre, ore 17, Wanda Tommasi: In gioco. Gli incontri saranno in aula T8, alla facolta' di Lettere e Lingue dell'universita' di Verona, via S. Francesco 22. Si noti che l'unico cambiamento riguarda l'orario e l'aula della lezione di Luisa Muraro che verra' tenuta in aula T3, sempre alla facolta' di Lettere e lingue, alle 17,20, Polo Zanotto. * Il percorso del grande seminario di quest'anno ha radice nella riflessione di Diotima sul negativo. In particolare nel testo di Diana Sartori, che riflette su cosa significhi il negativo in rapporto alla madre. Ci siamo dette iniziando: ci sono molti conflitti tra donne, che non trovano conciliazione ne' una possibilita' di significazione politica. Almeno per ora. Cerchiamo di lavorare su questo lato oscuro dei rapporti tra donne, per vedere di coglierne il senso. Essi hanno forse a che fare con quella dimensione enigmatica del rapporto con la madre, che non ha possibilita' di trovare una mediazione? Quella che rimane come inerte rispetto al simbolico, eppure viva e inquietante? Inquietante proprio nel senso che mette movimento. Inquietante, anche nel senso che mette paura. Alle donne in modo diverso che per gli uomini. La paura per le donne deriva dalla angoscia della ritorsione della madre dentro di noi, del suo giudizio, della sua potenza nel nostro intimo. Una strategia involontaria per darsi delle difese nei confronti di questa paura puo' essere l'idealizzazione dell'altra donna: metterla sul piedistallo dell'ammirazione; non entrare in rapporto con la paura che essa ci provoca e la parte di odio che la stessa ammirazione cova sotterraneamente. Un'altra strategia puo' essere quella di appoggiarci alle regole maschili dell'agire pubblico. Per gli uomini l'angoscia e' di altro genere. Puo' essere che il loro dare regole cosi' fitte agli spazi pubblici rappresenti un modo per difendersi da questa angoscia nei confronti della madre onnipotente dentro di loro. Ma spetta agli uomini dare una risposta a questo interrogativo. E' vero che in genere si dice che gli uomini riconoscano facilmente la madre, ma ad un livello molto solido di formazione del simbolico e dell'io. Ma sopra, sotto questo livello? Il procedere che ci ha guidato nell'affrontare questo impensato dell'ombra della madre e' stato quello di non arrivare velocemente a discorsi adoperabili immediatamente, ad una nuova sintesi, ma starci vicino, accompagnarlo per vedere cosa avviene di esso dentro e fuori di noi. Nel mondo e nella nostra esperienza. In particolare il seminario vuole indagare quali siano gli effetti possibili di questo accompagnare l'enigma della madre vivendolo creativamente nello spazio pubblico. Non si tratta di dare altre regole o di creare un nuovo ethos, bensi' di schiudere la realta' ad un nuovo sguardo politico. Si apre allora lo spazio pubblico alla sua verita' in quel momento preciso in cui si e', senza averlo preordinato in soluzioni pensate precedentemente. Nella prospettiva di questo seminario il dibattito sul referendum sulla procreazione assistita che si e' svolto in giugno e' risultato uno scacco. L'occasione di mostrare l'enigma del materno in tutta la sua dirompenza personale e politica non e' stato colta dalle donne. Il dibattito sul referendum ha portato ad un addomesticamento della potenza materna. C'e' stata la cancellazione della voce della madre nella scrittura del diritto e da parte delle donne un ammutolire. Tale dibattito fa inevitabilmente da sfondo alla proposta del seminario di quest'anno. Si puo' leggere, per seguire questo filo, Diana Sartori, La tentazione del bene, in Aa. Vv., Diotima. La magica forza del negativo (Liguori); Luce Irigaray, Quando le nostre labbra si parlano, in Questo sesso che non e' un sesso, (Feltrinelli); Luce Irigaray, Il corpo a corpo con la madre, in Sessi e genealogie, (La Tartaruga); Maria Luisa Boccia e Grazia Zuffa, L'eclissi della madre. Fecondazione artificiale, tecniche, fantasie e norme, (Pratiche); Barbara Duden, Il corpo della donna come luogo pubblico, (Bollati Boringhieri); Luisa Muraro, L'ordine simbolico della madre, (Editori Riuniti). 11. RIVISTE. SANDRO MEZZADRA: PROFUGHE. L'ULTIMO VOLUME DI "GENESIS" [Dal quotidiano "Il manifesto" del 2 ottobre 2005. Sandro Mezzadra insegna storia del pensiero politico contemporaneo e studi coloniali e postcoloniali al'Universita' di Bologna, e' membro della redazione di "Filosofia politica" e di "Scienza & Politica"; i suoi principali argomenti di ricerca sono la storia delle scienze dello Stato e del diritto in Germania tra Otto e Novecento, la storia del marxismo, la teoria critica della politica: globalizzazione, cittadinanza, movimenti migratori, studi postcoloniali. Pubblicazioni principali: von Treitschke, La liberta', Torino 1997 (cura e introduzione); La costituzione del sociale. Il pensiero politico e giuridico di Hugo Preuss, Bologna 1999; Diritto di fuga. Migrazioni, cittadinanza, globalizzazione, Verona 2001; Marx, Antologia di scritti politici, Roma 2002 (cura e introduzione, con Maurizio Ricciardi); Marshall, Cittadinanza e classe sociale, Roma-Bari 2002 (cura e introduzione)] Grandi intellettuali novecenteschi, da Hannah Arendt a Edward Said, hanno intravisto nel profugo la figura emblematica del proprio tempo. Non si puo' dire che il legislatore italiano abbia prestato molta attenzione a queste riflessioni, se e' vero che nel nostro paese ancora manca un'organica legge sull'asilo, pur prevista esplicitamente dalla Costituzione. Anche gli studiosi, del resto, hanno teso fino a pochi anni fa a considerare il tema tutto sommato marginale, rivolgendovi un'attenzione frammentaria. Nulla di paragonabile, in Italia, a quel fermento di ricerche antropologiche, storiche, politologiche, sociologiche e giuridiche che nel mondo anglosassone ha condotto al consolidamento anche accademico di un ambito interdisciplinare ormai noto come refugee studies. Sullo sfondo delle molte crisi che si sono determinate negli ultimi anni attorno ai movimenti dei profughi (basti pensare, per quel che ci riguarda, alla vicenda della Cap Anamur), le cose stanno tuttavia cominciando a cambiare. Mentre i lavori, pur molto diversi, di Giorgio Agamben e di Enzo Traverso hanno contribuito ad affermare la centralita' per cosi' dire filosofica della figura del profugo, non sono mancate negli ultimi anni ricerche sul campo (come ad esempio quella di Federico Rahola sui campi profughi per le minoranze etniche nel Kosovo "pacificato" dalla Nato) ne' imprese editoriali di ampio respiro, ultima in ordine di tempo il numero dedicato quest'anno al tema dall'annuario di "Antropologia" pubblicato da Meltemi. * Fin dal titolo, Profughe, l'ultimo fascicolo di "Genesis", la rivista della Societa' italiana delle storiche, si caratterizza tuttavia per la peculiarita' del punto di vista di genere assunto nell'indagare il tema. E consente di mettere immediatamente in evidenza un paradosso finora poco notato nel dibattito italiano: mentre la protezione giuridica del rifugiato, come mostra nel suo saggio Giulia Binazzi, continua a essere costruita attorno a un'immagine maschile, le dilaganti retoriche - e pratiche - umanitarie finiscono per assumere la profuga come propria icona, come vittima perfetta da rappresentare in manifesti di organizzazioni non governative o in servizi televisivi. Si tratta di una tendenza, come nota Silvia Salvatici, la curatrice del numero, che ha investito gli stessi refugee studies anglosassoni, e che risulta tutt'altro che neutra: la conversione dell'umano nell'umanitario opera una vera e propria depoliticizzazione delle complesse questioni poste dai movimenti dei rifugiati, conduce a privilegiare l'erogazione dell'assistenza, in una prospettiva di mera salvaguardia della vita, sulla mobilitazione per i diritti, a configurare i rifugiati e soprattutto le rifugiate, nelle parole di Salvatici, come "soggetti deboli, inevitabile conseguenza di crisi temporanee, portatori appunto di bisogni piu' che di diritti". La critica di questa tendenza costituisce il filo conduttore seguito dai quattro contributi raccolti nel numero di "Genesis", che si presenta in questo senso come un lavoro collettivo. Il punto di vista di genere e la rivendicazione, pur in una prospettiva necessariamente aperta alla contaminazione disciplinare, della necessita' di reintrodurre lo spessore storico negli studi sui rifugiati convergono nel portare alla luce la dimensione irriducibilmente politica del tema indagato: eccezioni rispetto all'"ordine nazionale delle cose", i profughi in generale ne subiscono la tirannia; mentre sembrano alludere alla possibilita' e alla necessita' di un cosmopolitismo radicale, finiscono spesso per vivere imprigionati in quello che Maria Chiara Patuelli, nel suo saggio sulle profughe nella Serbia degli anni Novanta, definisce il "cerchio magico della nazione". In piu' le profughe, che della nazione in quanto donne dovrebbero essere le "riproduttrici biologiche e culturali" sono sottoposte a un'ulteriore tensione: "quasi depositarie dell''essenza' stessa della nazione", scrive Patuelli, "diventano fondamentali nel rafforzarne e ridisegnarne i confini". * Quella del rifugiato e della rifugiata e' del resto costruita come una condizione necessariamente transitoria: gia' nella prima ricerca commissionata sul tema dalle Nazioni Unite, del 1951, si legge che, quando non e' possibile il suo ritorno in patria, il rifugiato cessa di essere tale con l'acquisizione di una nuova nazionalita'. L'esperienza di rifugiati e rifugiate diviene in questa prospettiva - che e' stata seguita ad esempio da Aihwa Ong nella sua importante ricerca sui rifugiati cambogiani negli Usa, recentemente edita in Italia da Cortina con il titolo Da rifugiati a cittadini - una straordinaria cartina di tornasole che consente di far emergere, attraverso lo studio dei dispositivi e delle tecniche di nazionalizzazione che contraddistinguono quell'esperienza, i tratti di una vera e propria pedagogia della cittadinanza. Le profughe mizrahim (ebree trasferitesi dai paesi arabi in Israele dopo il '48) al centro del saggio di Marcella Simoni sono cosi' ad esempio sottoposte, attraverso l'educazione, l'istruzione, la sanita', a un vero e proprio processo di de-arabizzazione: e le norme che presiedono a questo processo fanno emergere il carattere mascolino dell'ebreo immaginato dal sionismo, di contro al carattere femminile attribuito all'ebreo della diaspora. Altrettanto significativo, da questo punto di vista, e' il caso dell'operazione "Cigno baltico", con cui il governo britannico organizza nel 1946 l'impiego di profughe provenienti dai paesi baltici come personale di servizio nei sanatori inglesi. Il contributo di Silvia Salvatici mostra bene come le donne baltiche, lavoratrici e libere da impegni familiari, facciano emergere per contrapposizione il modello di una cittadina britannica immaginata, negli anni cruciali dell'edificazione del sistema di welfare da parte del governo laburista di Attlee, come casalinga, moglie e madre: le strategie adottate per l'impiego delle profughe si intrecciano cosi' "con i processi che presiedono alla costruzione socio-culturale dei generi, delle classi, delle etnie". L'operazione "Cigno Baltico", del resto, fu una sorta di progetto pilota, a partire dal quale fu lanciato l'anno successivo un piu' vasto programma mirato all'occupazione dei profughi residenti nei campi tedeschi nelle industrie, nelle miniere e nelle aziende agricole britanniche. Si tratta di un programma che influenzo' durevolmente le politiche migratorie britanniche, e le cui tracce potrebbero essere agevolmente seguite, nonostante i molti elementi di discontinuita', fino a oggi. Emerge qui allora, sia pure per vie traverse, un'ulteriore questione che, come del resto Salvatici sottolinea nella presentazione del fascicolo, dovrebbe essere oggi al centro degli studi sui rifugiati: ovvero la crescente difficolta' di tracciare una linea di demarcazione assoluta tra profughi e migranti. La specificita' della condizione del profugo, e a maggiore ragione della profuga, va cosi' quotidianamente affermata nell'interpretazione delle norme giuridiche (e Giulia Binazzi da' nel suo contributo a questo numero di "Genesis" ottimi esempi di che cosa questo significhi nel caso delle profughe), senza smarrire tuttavia la consapevolezza del fatto che l'esperienza della fuga e quella della migrazione tendono sempre piu' a sovrapporsi, sia sotto il profilo delle motivazioni soggettive sia sotto quello delle condizioni oggettive. 12. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 13. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at inwind.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1074 del 5 ottobre 2005 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 ("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica alla pagina web: http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/maillist.html L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e': nbawac at tin.it
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