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La nonviolenza e' in cammino. 1041
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 1041
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Fri, 2 Sep 2005 00:20:13 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1041 del 2 settembre 2005 Sommario di questo numero: 1. Alcune informazioni logistiche per i partecipanti alla marcia Perugia-Assisi di domenica 11 settembre 2. Oggi a Bolzano per sostenere il referendum brasiliano per proibire il commercio delle armi 3. Loris Campetti intervista Maria Bonafede 4. Umberto Galimberti ricorda Franco Basaglia 5. Wanda Tommasi: Una necessita' 6. Hans Magnus Enzensberger: Poesie morali 7. La "Carta" del Movimento Nonviolento 8. Per saperne di piu' 1. INIZIATIVE. ALCUNE INFORMAZIONI LOGISTICHE PER I PARTECIPANTI ALLA MARCIA PERUGIA-ASSISI DI DOMENICA 11 SETTEMBRE [Dalla Tavola della Pace (per contatti: via della Viola 1, 06122 Perugia, tel. 0755731648, fax: 0755739337, e-mail: info at perlapace.it o anche: 11settembre at perlapace.it, sito: www.tavoladellapace.it) riceviamo e diffondiamo] Cari amici, vi inviamo le informazioni logistiche per la partecipazione alla marcia Perugia-Assisi che si svolgera' domenica 11 settembre 2005. Vi chiediamo di rispettare le indicazioni qui di seguito riportate. Vi salutiamo cordialmente e rimaniamo a vostra disposizione per ulteriori chiarimenti. * Tutti gli autobus che giungono a Perugia centro entro le ore 8,00 (e non oltre) faranno scendere i partecipanti in viale Roma, Giardini del Frontone. Tutti gli autobus che giungeranno nei pressi di Perugia centro dopo le ore 8,00 dovranno dirigersi a Ponte San Giovanni, immettendosi sulla superstrada E-45, dove al km 70,700 e' situata l'uscita "Perugia/Ponte S. Giovanni" (concentramento presso il "Park Hotel"). Gli autobus che giungeranno nei pressi di Perugia o Ponte San Giovanni Superstrada E-45 Km. 70,700, oltre le ore 10,00 debbono dirigersi direttamente alla Rocca di Assisi. I partecipanti saranno fatti scendere al parcheggio B - scala mobile/Porta Nuova e raggiungeranno a piedi la Rocca per partecipare alla manifestazione conclusiva della marcia che si svolgera' in diretta televisiva. Gli autobus si recheranno successivamente nei parcheggi di Assisi e S. Maria degli Angeli a seconda delle regioni di provenienza. * Contatti per il rientro I partecipanti si devono tenere in contatto telefonico con gli autisti degli autobus per controllare in quale parcheggio di Assisi o S. Maria degli Angeli attenderanno il momento del rientro. * Ristoro Sono previsti punti di ristoro privati lungo il percorso oppure si puo' portare il pranzo al sacco e soprattutto bevande. * Per gli autisti Appena i marciatori sono scesi, tutti gli autobus debbono dirigersi subito nei parcheggi di Assisi e ?Santa Maria degli Angeli, assegnati come segue. * Parcheggi di Assisi e Santa Maria degli Angeli - Parcheggio n. 1, Ponte S. Vetturino: autobus provenienti dalle regioni meridionali. Per raggiungerlo a piedi, alla fine della marcia: Rocca Maggiore - Via Porta Perlici - Piazza San Rufino - Via San Rufino - Piazza del Comune - Via Portica - Via Giotto - Via Fontebella - Piazza S. Pietro (dove c'e' anche il parcheggio A) - direzione Perugia/Circonvallazione - Ponte San Vetturino. - Parcheggio n. 2, Montedison (vicino stazione ferroviaria di Assisi): autobus provenienti dalla Toscana, dalle Marche e dalle altre regioni del nord. Per raggiungerlo a piedi, alla fine della marcia: Rocca Maggiore - Via Porta Perlici- Piazza San Rufino - Via San Rufino - Piazza del Comune - Via Portica - Via Giotto - Via Fontebella - Piazza S. Pietro (dove c'e' anche il parcheggio A). Da Piazza S. Pietro i marciatori potranno utilizzare imezzi de servizio autobus dell'Apm che partiranno ogni due minuti verso la stazione ferroviaria. - Parcheggio n. 3, Hotel Villa Verde (in localita' Rivotorto): autobus provenienti dall'Umbria e dal Lazio. Per raggiungerlo i marciatori potranno anche utilizzare il servizio di autobus dell'Apm in partenza da piazza San Pietro e dalla stazione ferroviaria di Assisi-S. Maria degli Angeli. Per raggiungerlo a piedi dopo la fine della marcia: Rocca Maggiore - Via Porta Perlici - Piazza San Rufino - Via San Rufino - Piazza del Comune - Via Borgo Aretino - Via Muller - Ospedale - Via di Mezzo. - Parcheggio n. 4, Piazza Matteotti: auto degli Enti Locali con i gonfaloni * Informazioni utili per il rientro - Dalla Rocca Maggiore di Assisi a Santa Maria degli Angeli: servizio navette Assisi centro-stazione ferroviaria. Per raggiungere la stazione ferroviaria e i parcheggi di Santa Maria degli Angeli e' possibile utilizzare i mezzi del servizio autobus che partiranno dalle ore 16.00 ogni 2 minuti dal parcheggio A di Porta S. Pietro (che si trova al di sotto della Basilica di San Francesco). - Dalla Rocca Maggiore di Assisi a Perugia: raggiungere la stazione ferroviaria di Assisi utilizzando i mezzi del servizio autobus che partono dalle ore 16.00 ogni 2 minuti dal parcheggio A di Porta S. Pietro (che si trova al di sotto della Basilica di San Francesco). Dalla stazione ferroviaria di Assisi partiranno treni ordinari e speciali per Perugia ogni 30 minuti circa (tutti gli orari saranno pubblicati sui nostri siti). E' inoltre possibile tornare a Perugia utilizzando il servizio autobus dell'Apm in partenza da Assisi dal Parcheggio B - scala mobile/Porta Nuova, con arrivo a Perugia, Piazza dei Partigiani. Il servizio e' assicurato dalle ore 16,00 alle ore 20,00. * Informazioni per i gonfaloni degli enti locali - Alla partenza della marcia: i gonfaloni devono arrivare entro le 8.00 ai Giardini del Frontone (vicino alla testa del corteo). Le auto, dopo aver scaricato i gonfaloni, andranno a Ponte S. Giovanni dove ricaricheranno i gonfaloni per portarli ad Assisi (parcheggio A di Porta S. Pietro). - Ad Assisi: i gonfaloni devono essere scaricati al parcheggio A di Porta S. Pietro (e attenderanno l'arrivo della marcia previsto alle ore 14.00) mentre le macchine dovranno proseguire fino al parcheggio n. 2 (piazza Matteotti), dove attenderanno la fine della manifestazione. * Raccomandazioni fondamentali Ricordando le raccomandazioni espresse da Aldo Capitini nel 1961, vogliamo riaffermare alcune esigenze che riteniamo siano di comune interesse: 1. chi viene alla marcia lo fa perche' condivide il documento di convocazione e i suoi obiettivi; 2. sia esercitato da ognuno il piu' accurato controllo sui cartelli e sugli slogan, affinche' non ve ne sia nessuno di tono violento oppure offensivo per altri partecipanti alla marcia, tale da far sorgere incidenti; 3. si eviti di portare bandiere di partito e si dia spazio ai cartelli e agli striscioni che esprimono idee e proposte; 4. siano date precise disposizioni perche' nella marcia si cerchi di non rispondere a provocazioni, che potrebbero esserci appositamente per mandare a monte una manifestazione cosi' imponente; 5. si eviti, fino al compimento della marcia, ogni contrasto con le autorita', che potrebbe condurre a difficolta' per la marcia stessa. 2. INCONTRI. OGGI A BOLZANO PER SOSTENERE IL REFERENDUM BRASILIANO PER PROIBIRE IL COMMERCIO DELLE ARMI Il 23 ottobre la popolazione brasiliana sara' chiamata alle urne nel referendum che chiede: "Il commercio delle armi deve essere proibito?". E' necessario sostenere le persone e i movimenti impegnati per il si' alla proibizione del commercio di strumenti di morte. La solidarieta' internazionale di tutte le persone e i movimenti che hanno a cuore la pace e il diritto alla vita di tutti gli esseri umani puo' essere decisiva per promuovere la piu' ampia informazione e coscientizzazione e contribuire a vincere il referendum brasliano. Occorre promuovere ovunque anche nel nostro paese incontri di informazione e di sensibilizzazione, che abbiano come esito iniziative concrete di sostegno a quanti in Brasile si stanno impegnando perche' il 23 ottobre vi sia una grande vittoria della civilta' umana contro il traffico degli strumenti di morte. * Venerdi' 2 settembre alle ore 18, presso la Casa Altmann, in piazza Gries 18 a Bolzano, si svolgera' un incontro pubblico con Lino Allegri, direttore dell'agenzia stampa "Anote" di Fortaleza, in Brasile, e con Giorgio Beretta, di "Unimondo", esperto sul traffico delle armi; a seguire il film Cidade de Deus (La citta' di Dio). L'inizitiva e' promossa dal Centro per la pace - Zentrum fuer den Frieden, Werkstatt fuer Frieden und Gewaltfreiheit - Laboratorio di pace e nonviolenza di Bolzano - Bozen. Hanno aderito all'iniziativa Rete di Lilliput, Emergency, Los Quinchos. Per informazioni: Haus Altmann, piazza Gries - Griesser Platz 18, Bolzano - Bozen, tel. 0471402382, fax: 0471404751, e-mail: welapax at hotmail.com e anche centropacebz at virgilio.it * Per sostenere la campagna per il "si'" al referendum brasiliano per vietare il commercio delle armi, si puo' contattare Francesco Comina in Italia (e-mail: f.comina at ladige.it) e padre Ermanno Allegri in Brasile (sito: www.adital.org.br) 3. ESPERIENZE. LORIS CAMPETTI INTERVISTA MARIA BONAFEDE [Dal quotidiano "Il manifesto" del 27 agosto 2005. Loris Campetti, nato a Macerata nel 1948, e` laureato in chimica e ha lavorato come insegnante nella scuola; lavora come giornalista dal '78, per circa dieci anni ha diretto la redazione torinese del "Manifesto", attualmente e' responsabile delle pagine d'inchiesta e di storia dello stesso giornale. Maria Bonafede e' stata eletta nei giorni scorsi moderatora della Tavola valdese (e' la prima volta di una donna al vertice della Tavola valdese in 800 anni di storia); ha 51 anni, e' sposata e ha un figlio; ha due lauree, in filosofia alla Statale di Milano e in teologia presso la Facolta' valdese di Roma; ha svolto il ministero pastorale a Milano, Novara, Brescia e Roma; dal 2000 e' stata vicemoderatora della Tavola] "Chi invoca un fronte tra cristiani e non credenti per difendere la cultura dell'Occidente e la sua presunta superiorita' propone in realta' un patto diabolico, inaccettabile. Un patto che va combattuto con forza. Dal nostro punto di vista e' l'espressione della totale incomprensione del messaggio cristiano. Nessuno deve dimenticare che il fondamentalismo non l'hanno inventato gli altri, al contrario e' figlio del cristianesimo. L'uso dei testi sacri come un'arma fa parte della nostra storia". Non usa mezzi termini la nuova moderatora della Tavola valdese, Maria Bonafede, per rispondere a una nostra domanda sulle famigerate tesi brandite dalla seconda carica dello stato italiano, il presidente del senato. Abbiamo intervistato la moderatora - e' cosi' che vuol essere chiamata - Bonafede subito dopo la sua elezione avvenuta al termine del Sinodo delle chiese valdesi e metodiste italiane che si e' svolto a Torre Pellice. * - Loris Campetti: E' la prima volta che a capo del vostro esecutivo viene eletta una donna. E il prodotto di una battaglia femminista nella chiesa valdese, oppure una scelta normale, legata ai meriti della persona eletta a prescindere dal fatto che sia maschio o femmina? - Maria Bonafede: Credo che siano vere entrambe le cose. E' vero che da cinque anni sono nella Tavola, le comunita' mi conoscono molto bene. Ma e' innegabile che da decenni le donne lavorano nella chiesa per conquistare ruoli e visibilita', per portare il nostro punto di vista. Senza il femminismo, senza l'impegno degli anni passati e l'arrivo di molte pastore la mia elezione sarebbe stata impensabile. Questa elezione e' la testimonianza del fatto che le due meta' delle chiese convivono perfettamente, qualche anno fa si sarebbe parlato di realizzazione delle pari opportunita'. Le cose nelle chiese stanno cambiando, cambia il modo di rapportarsi alle donne, e non solo da parte dei valdesi e dei metodisti. C'e' una donna alla guida dei battisti. Con il tempo, impareranno anche gli altri a chiamarmi moderatora, e' passata molta acqua sotto i ponti da quando venivo chiamata reverenda madre, o signor pastore. * - Loris Campetti: Come moderatora dovra' comunque confrontarsi con un mondo esclusivamente maschile, almeno per quanto riguarda l'ecumenismo, il rapporto con le altre chiese. - Maria Bonafede: Sono convinta che si debba dialogare con la chiesa di Roma e anche con quelle chiese evangeliche che vedono con difficolta' la presenza delle donne in ruoli importanti come quello a cui mi e' stato chiesto di assolvere. In generale, siamo impegnati in un dialogo aperto e franco con le altre chiese. Abbiamo accolto con spirito fraterno il rappresentante della Cei senza rinunciare a esprimere il nostro punto di vista e le nostre critiche, il nostro dispiacere, per esempio sulla pesante ingerenza del Vaticano sulle scelte dello stato italiano. E' il caso dell'appello a non andare a votare al referendum sulla procreazione assistita. Ma il dialogo e' fondamentale, il confronto rafforza la fede se si tiene al centro una predicazione di liberta', non di chiusura. Le coscienze devono essere libere di scegliere, e' questa la strada per crescere insieme. Ecumenismo non e' smussare gli angoli, e' un modo di essere cristiani che da' nuove prospettive di fede * - Loris Campetti: Restiamo alla procreazione assistita: la vostra e' una critica di metodo o di merito alla gerarchia cattolica che ha chiamato gli italiani all'astensione? - Maria Bonafede: Di metodo e di merito. E' sbagliata l'interferenza perche' pretende di imporre a uno stato, ai suoi cittadini, una scelta che si presume buona. E' anche un segno di debolezza che svela la paura di perdere adesioni e potere. Credo dunque che l'appello all'astensione fosse sbagliato: noi ci siamo limitati a dire che era giusto andare a votare, lasciando comunque i nostri fratelli e sorelle liberi di scegliere. Credo poi che l'opposizione delle gerarchie vaticane fosse sbagliato anche nel merito del referendum. * - Loris Campetti: Non ingerenza e liberta' di scelta sono anche i criteri in base ai quali criticate l'esposizione del crocefisso nei luoghi pubblici, o le pressioni per inserire le radici cristiane nella Costituzione europea, per non parlare dell'ora di religione (cattolica) a scuola? - Maria Bonafede: Il criterio e' esattamente lo stesso. A che serve mettere i paletti? Preferisco una parete bianca in una scuola o in un tribunale che l'esposizione di un simbolo che non unisce ma divide. La strada non e', ovviamente, quella di aggiungere altri simboli al crocefisso per una malintesa ricerca di "par condicio" ma, noi crediamo, quella di lasciare la parete bianca. Il credere o no sta nella libera scelta di ciascuno. Non si debbono mescolare sfere diverse. * - Loris Campetti: Il dialogo con le altre fedi e con le altre chiese - e' il punto di vista ribadito anche dal Sinodo - e' una strada irrinunciabile. Non dev'essere semplice, pero', il dialogo, con chi come Benedetto XVI, come primo atto del suo pontificato decide di rievocare uno spettro della storia del cristianesimo che e' alla base della sua divisione: l'indulgenza, non venduta ma comunque garantita ai pellegrini delle Giornate mondiali della gioventu' a Colonia, nella terra di Martin Lutero. - Maria Bonafede: Quella e' stata una scelta che non aiuta il percorso ecumenico. Il papa Ratzinger e' tedesco e teologo, conosce bene le chiese riformate e i sentimenti dei tedeschi. Tirare di nuovo in ballo l'indulgenza non puo' essere una svista, mi sembra piuttosto una scelta arrogante, come a dire: dialoghiamo pure, incontriamoci, vi invito a confrontarvi con noi, ma io sono quel che sono, la mia identita' e' quella che e'. Voglio aggiungere: chi lo capisce il messaggio lanciato attraverso l'indulgenza? Non credo i giovani cattolici andati a Colonia. Sono tantissimi i cattolici che ragionano con la loro testa, non mi perderei d'animo. * - Loris Campetti: Il Sinodo ha usato parole chiare sulla solidarieta', l'accoglienza, l'interculturalita'. L'opposto di chi predica contro il meticciato in nome della difesa dell'identita' occidentale e della sua presunta superiorita'. - Maria Bonafede: Le guerre di religione producono effetti devastanti. Come si fa a scagliarsi contro il meticciato, quando milioni di persone dai paesi poveri e vittime di guerre migrano verso di noi, ci chiedono aiuto? Come fa ad alzare questi muri d'odio chi si fa paladino dell'Occidente, se non rimuovendo la verita'? La verita' e' che quei migranti fuggono dai disastri prodotti da secoli di occupazione, oppressione e sfruttamento dei beni e delle risorse, disastri di cui il nostro mondo si e' reso colpevole. Noi siamo debitori nei confronti di chi fugge da guerra e miserie, dobbiamo restituire un po' di quel che abbiamo preso. Sono convinta che la condivisione sia un dovere e il mescolamento un'opportunita' per creare una societa' migliore. Alzare muri, materiali e culturali, e' un'aberrazione dal punto di vista cristiano. Ed e' inutile, non serve certo a fermare un esodo che va avanti comunque, perche' e' spinto dalla persistenza, anzi: dalla crescita di ingiustizie e diseguaglianze. * - Loris Campetti: E' da almeno due Sinodi che valdesi e metodisti fanno i conti con una non nascosta crisi delle chiese protestanti, in Italia ma in generale in Europa. Mentre oltre Atlantico fanno fortuna fondamentalisti evalgelici e telepredicatori che chiamano alla guerra santa. - Maria Bonafede: Siamo persone impaurite, non c'e' pace e non c'e' sicurezza ma soprattutto noi protestanti non siamo in grado di dare risposte "rassicuranti". Fa strada invece chi alzando come una spada il Vangelo annuncia certezze, grida parole forti e insegna a dividere il mondo in buono e cattivo, vede solo bianco e nero. Noi protestanti abbiamo invece un approccio critico ai testi, al tempo stesso una lettura complessa della realta' non offre certezze facili, non fornisce risposte nette. Il nostro approccio puo' essere visto come elitario. Dalle sette evangeliche americane viene una risposta sbagliata a una domanda giusta. Sta a noi trovare insieme una risposta diversa, conservando la nostra criticita'. Dobbiamo aiutare le persone a ritrovare la fiducia, la serenita', e dunque a liberarsi dalla sensazione dominante di insicurezza, di paura. Nella solidarieta', pero'. * - Loris Campetti: Negli ultimi anni la presenza dei valdesi nelle battaglie sociali e' meno visibile. E' un'impressione sbagliata? - Maria Bonafede: E' vero, negli anni Ottanta siamo andati fin troppo sui giornali e non e' detto che sia negativa una minore esposizione. Aggiungerei che per i giornali, oggi, siamo interessanti sono quando esplodono questioni etiche, mentre lo siamo molto meno quando ci impegnamo nel sociale. * - Loris Campetti: Vuol dire anche lei che e' sempre colpa dei giornalisti distratti, o interessati? - Maria Bonafede: No, voglio dire al contrario che forse la poca attenzione dei media e' legata al fatto che non diciamo cose speciali. * - Loris Campetti: Diciamo che in passato anche nei movimenti la vostra presenza era piu' visibile, o forse soltanto piu' rivendicata. Penso in particolare al movimento pacifista. - Maria Bonafede: All'interno delle nostre chiese e' aperta una discussione anche molto accesa sulla pace e sulle guerre. Il fatto che la maggioranza di noi sia apertamente schierata con il movimento pacifista non mette certo il tappo al dibattito interno, il cui valore rivendico. * - Loris Campetti: Come si conciliera' la sua funzione di moderatora con la salvaguardia della sua vita personale, come donna, come mamma? - Maria Bonafede: Indubbiamente saro' maggiormente assorbita da questo incarico cosi' impegnativo, ma non intendo rinunciare a garantirmi momenti di vita normale, a leggermi un libro per piacere e non necessariamente perche' mi e' necessario per il lavoro. Mio figlio ha 17 anni, non e' un bambino e cammina da solo. Sono convinta che mi aiutera' il fatto che il governo della chiesa valdese e' collegiale e la complessita' del Sinodo, che si svolge annualmente, e' una garanzia, una tutela rispetto al rischio di fughe in avanti, o peggio ancora di solitudini. Mi aiuteranno il sostegno, la solidarieta' e la preghiera di tante sorelle e fratelli. 4. MEMORIA. UMBERTO GALIMBERTI RICORDA FRANCO BASAGLIA [ Dal quotidiano "La Repubblica" del 29 agosto 2005. Umberto Galimberti, filosofo, saggista, docente universitario; dal sito http://venus.unive.it riprendiamo la seguente scheda aggiornata al settembre 2004: "Umberto Galimberti, nato a Monza nel 1942, e' stato dal 1976 professore incaricato di Antropologia Culturale e dal 1983 professore associato di Filosofia della Storia. Dal 1999 e' professore ordinario all'universita' Ca' Foscari di Venezia. Dal 1985 e' membro ordinario dell'international Association for Analytical Psychology. Dal 1987 al 1995 ha collaborato con "Il Sole-24 ore" e dal 1995 a tutt'oggi con il quotidiano "la Repubblica". Dopo aver compiuto studi di filosofia, di antropologia culturale e di psicologia, ha tradotto e curato di Jaspers, di cui e' stato allievo durante i suoi soggiorni in Germania: Sulla verita' (raccolta antologica), La Scuola, Brescia 1970; La fede filosofica, Marietti, Casale Monferrato 1973; Filosofia, Mursia, Milano 1972-1978, e Utet, Torino 1978; di Heidegger ha tradotto e curato: Sull'essenza della verita', La Scuola, Brescia 1973. Opere di Umberto Galimberti: Heidegger, Jaspers e il tramonto dell'Occidente, Marietti, Casale Monferrato 1975, Il Saggiatore, Milano 1994); Linguaggio e civilta', Mursia, Milano 1977, seconda edizione ampliata 1984); Psichiatria e Fenomenologia, Feltrinelli, Milano 1979; Il corpo, Feltrinelli, Milano 1983; La terra senza il male. Jung dall'inconscio al simbolo, Feltrinelli, Milano 1984; "Antropologia culturale", ne Gli strumenti del sapere contemporaneo, Utet, Torino 1985; Invito al pensiero di Heidegger, Mursia, Milano 1986; Gli equivoci dell'anima, Feltrinelli, Milano 1987; "La parodia dell'immaginario", in W. Pasini, C. Crepault, U. Galimberti, L"immaginario sessuale, Cortina, Milano 1988; Il gioco delle opinioni, Feltrinelli, Milano 1989; Dizionario di psicologia, Utet, Torino 1992, nuova edizione: Enciclopedia di Psicologia, Garzanti, Milano 1999; Idee: il catalogo e' questo, Feltrinelli, Milano 1992; Parole nomadi, Feltrinelli, Milano 1994; Paesaggi dell'anima, Mondadori, Milano 1996; Psiche e techne. L'uomo nell'eta' della tecnica, Feltrinelli, Milano 1999; E ora? La dimensione umana e le sfide della scienza (opera dialogica con Edoardo Boncinelli e Giovanni Maria Pace), Einaudi, Torino 2000; Orme del sacro, Feltrinelli, Milano 2000; La lampada di psiche, Casagrande, Bellinzona 2001; I vizi capitali e i nuovi vizi, Feltrinelli, Milano 2003; e' in corso di ripubblicazione nell'Universale Economica Feltrinelli l'intera sua opera". Franco Basaglia, nato a Venezia nel 1924 e deceduto nel 1980, e' la figura di maggiore spicco della psichiatria italiana contemporanea; ha promosso la restituzione di diritti e il riconoscimento di dignita' umana ai sofferenti psichiatrici precedentemente condannati alla segregazione e a trattamenti disumani e disumanizzanti; e' stata una delle piu' grandi figure della teoria e della pratica della solidarieta' e della liberazione nel XX secolo. Opere di Franco Basaglia: vi e' una pregevole edizione in due volumi degli Scritti, Einaudi, Torino 1981-82. Tra i principali volumi da lui curati (e scritti spesso in collaborazione con la moglie Franca Ongaro Basaglia, e con altri collaboratori) sono fondamentali Che cos'e' la psichiatria, L'istituzione negata (sull'esperienza di Gorizia), Morire di classe, Crimini di pace, La maggioranza deviante, tutti editi da Einaudi; insieme a Paolo Tranchina ha curato Autobiografia di un movimento, editori vari, Firenze 1979 (sull'esperienza del movimento di psichiatria democratica); una raccolta di sue Conferenze brasiliane e' stata pubblicata dal Centro di documentazione di Pistoia nel 1984, una nuova edizione ampliata e' stata edita da Raffaello Cortina Editore, Milano 2000; una recente raccolta di scritti e' L'utopia della realta'., Einaudi, Torino 2005. Opere su Franco Basaglia: assai utile il volume di Mario Colucci, Pierangelo Di Vittorio, Franco Basaglia, Bruno Mondadori, Milano 2001, con ampia bibliografia; cfr; anche Nico Pitrelli, L'uomo che restitui' la parola ai matti, Editori Riuniti, Roma 2004. Un fascicolo monografico a lui dedicato e' Franco Basaglia: una teoria e una pratica per la trasformazione, "Sapere" n. 851 dell'ottobre-dicembre 1982. Si veda inoltre la collana dei "Fogli di informazione" editi dal Centro di documentazione di Pistoia. A Basaglia si ispira tutta la psichiatria democratica italiana e riferimenti a lui sono praticamente in tutte le opere che trattano delle vicende e della riflessione della psichiatria italiana contemporanea] A venticinque anni dalla morte di Franco Basaglia, lo psichiatra che si e' tanto battuto per ottenere la legge 180 che nel 1978 sanci' la chiusura dei manicomi, e' forse possibile trarre un bilancio di quella che l'Organizzazione Mondiale della Sanita', nel 2003, ha indicato come "uno dei pochi eventi innovativi nel campo della psichiatria su scala mondiale". Per questo bilancio ci facciamo aiutare da una serie di saggi che Franco Basaglia scrisse tra il 1963 e il 1979 e che Einaudi ha pubblicato col titolo L'utopia della realta'. A differenza della rivoluzione, che ha un carattere esplosivo perche' segna un'accelerazione del tempo in vista di un altro futuro, l'utopia, che guarda al futuro con un'etica terapeutica, dove i mali si eliminano tramite il controllo razionale degli effetti, ha bisogno di tanto futuro. L'operazione di Basaglia e' un'operazione utopica, non rivoluzionaria. La chiusura dei manicomi non era, infatti, lo scopo finale dell'operazione basagliana, ma il mezzo attraverso cui la societa' poteva fare i conti con le figure del disagio che la attraversano quali la miseria, l'indigenza, la tossicodipendenza, l'emarginazione e persino la delinquenza a cui la follia non di rado si imparenta. E come un tempo la clinica aveva messo il suo sapere al servizio di una societa' che non voleva occuparsi dei suoi disagi, Basaglia tenta l'operazione opposta, l'accettazione da parte della societa' di quella figura, da sempre inquietante, che e' la follia, da lui cosi' definita: "La follia e' una condizione umana. In noi la follia esiste ed e' presente come lo e' la ragione. Il problema e' che la societa', per dirsi civile, dovrebbe accettare tanto la ragione quanto la follia, invece incarica una scienza, la psichiatria, per tradurre la follia in malattia allo scopo di eliminarla. Il manicomio ha qui la sua ragion d'essere che e' poi quella di far diventare razionale l'irrazionale. Infatti quando qualcuno entra in manicomio smette di essere folle per trasformarsi in malato, e cosi' diventa razionale in quanto malato". Non era questo, scrive Basaglia, l'intento di Philippe Pinel che nel 1793 inauguro' a Parigi il primo manicomio, liberando i folli dalle prigioni, in base al principio che il folle non puo' essere equiparato al delinquente. Con questo atto di nascita la psichiatria si presenta come scienza della liberazione dell'uomo. Ma fu un attimo, perche' il folle, liberato dalle prigioni, fu subito rinchiuso in un'altra prigione che si chiamava manicomio. Da quel giorno incomincera' il calvario del folle e la fortuna della psichiatria. Se infatti passiamo in rassegna la storia della psichiatria vediamo emergere i nomi di grandi psichiatri, mentre dei folli esistono solo etichette: isteria, astenia, mania, depressione, schizofrenia. Ma la depressione, la mania, la schizofrenia sono davvero "malattie" come l'ulcera, l'epatite virale, il cancro? O il modo di essere schizofrenico e' cosi' diverso da individuo a individuo e cosi' dipendente dalla storia personale di ciascuno da non consentire di rubricare storie e sintomi cosi' diversi sotto un'unica denominazione? L'ansia di accreditarsi come scienza sul modello della medicina ha fatto si' che la psichiatria organicista passasse sopra come un carro armato alla "soggettivita'" dei folli, che furono tutti "oggettivati" di fronte a quell'unica soggettivita' salvaguardata che e' quella del medico. Ma e' davvero credibile che, negando istituzionalmente la soggettivita' del folle, sia possibile guarirlo, cioe' restaurarlo nella sua soggettivita'? Evidentemente no. E infatti i medici del manicomio non ci credevano e i malati cronicizzavano. Basaglia, prima a Gorizia e poi a Trieste, accetta questa condizione di parita' tra medico e paziente e scopre che, restituendo al folle la sua soggettivita', questi diventava un uomo con cui si poteva entrare in relazione. Scopre che il folle ha bisogno non solo delle cure per la malattia, ma anche di un rapporto umano con chi lo cura, di risposte reali per il suo essere, di denaro, di una famiglia e di tutto cio' di cui anche i medici che lo curano hanno bisogno. Insomma il folle non e' solamente un malato, ma un uomo con tutte le sue necessita'. Trattato come uomo, il folle non presenta piu' una "malattia", ma una "crisi", una crisi vitale, esistenziale, sociale, familiare, che diventa permanente e definitiva se il folle, che si e' perso nel mondo, viene al mondo sottratto per essere piu' o meno definitivamente rinchiuso in quel non-mondo che si chiama manicomio. In quel non-mondo mi sono recato per tre anni consecutivi dal '76 al '79, in quel di Novara, dove uno psichiatra, oggi a tutti noto, Eugenio Borgna, tentava la stessa sperimentazione dell'apertura dei manicomi. I "pazzi", opportunamente accompagnati, potevano uscire dalle mura, muoversi con qualche incertezza e un po' di sconcerto nella citta', bere un caffe' al bar, entrare in una chiesa, comprare qualcosa al mercato, scambiare parole, il piu' delle volte non corrisposte, con la gente, acquisire insomma le coordinate del mondo comune da cui la follia li aveva esclusi temporaneamente e il manicomio definitivamente. Se il sogno di Basaglia era che la clinica potesse diventare un laboratorio per nuove forme di relazioni sociali, venticinque anni dopo non poteva esserci risveglio piu' brusco se verra' approvato il progetto di legge Burani Procaccini (Forza Italia) che vuole reintrodurre i manicomi, eufemisticamente chiamati Sra (Struttura Residenziale ad Assistenza prolungata e continuata) dove a operare saranno la psichiatria organicistica, quando non la genetica psichiatrica. Nulla da dire contro le scoperte della scienza e i suoi rimedi, purche' si eviti di considerare l'uomo e gli oscuri meandri della sua mente, come un semplice laboratorio in cui la scienza verifica le sue ipotesi. Venticinque anni fa abbiamo chiuso i manicomi e con la legge 180 ci siamo lavati la coscienza di una vergogna sociale, ma non abbiamo fatto un solo passo innanzi nella direzione indicata da Basaglia che prevedeva Servizi di Salute Mentale diffusi sul territorio, con residenze comunitarie, gruppi di convivenza, con la partecipazione di maestri, educatori, accompagnatori, attori motivati che hanno dato vita a cooperative sociali come a Trieste, ad Arezzo e in altri pochi punti del territorio italiano. Altrove niente. E questo non per colpa della legge 180, ma per il disimpegno, la sciatteria, la scarsa motivazione degli operatori, la mancanza di fondi, visto che il nostro Ministero della Sanita' destina alle cure psichiatriche solo il 5 per cento delle risorse quando l'Organizzazione Mondiale della Sanita' ci informa che un giovane su cinque in Occidente soffre di disturbi mentali, che nel 2020 i disturbi neuropsichiatrici cresceranno in una misura superiore al 50 per cento divenendo una delle cinque principali cause di malattia, di disabilita' e di morte. Che facciamo? Mettiamo tutta questa gente in manicomio o gli facciamo recuperare quel rapporto col mondo che il manicomio preclude definitivamente e i Servizi di Salute Mentale, cosi' come sono oggi, non garantiscono per incuria, trascuratezza, indifferenza, e non perche' l'idea e' sbagliata come le esperienze di Trieste e di Arezzo sono la' a dimostrare? Un anno prima di morire, nelle sue Conferenze brasiliane Basaglia diceva: "Potra' accadere che i manicomi torneranno a essere chiusi e piu' chiusi di prima, io non lo so". Noi che siamo sopravvissuti alla sua morte sappiamo che non basta chiudere l'istituzione manicomiale e porre fine alle vite bruciate tra le sue mura, silenzioso olocausto consumato nel nome della scienza. Oggi la scienza si e' fatta esigente, piu' asettica, persino piu' pulita, ma decisamente piu' invasiva di quanto non fosse nell'istituzione manicomiale. A questo proposito Franco Rotelli, che ha raccolto l'eredita' di Franco Basaglia, scrive in un suo saggio che la biologia molecolare e la neurofisiologia potranno fare ancora molti progressi e di conseguenza avere poteri ancora maggiori, le neuroscienze potranno dirci ancora molto sul nostro cervello, e molto ancora ci dira' la genetica. C'e' pero' una cosa su cui mai potremo avere risposte da queste scienze: sull'etica, ossia sulla modalita' con cui gli uomini decidono di stabilire un contratto sociale, sui valori e sui punti in base ai quali gli uomini decidono di stabilire le modalita' del proprio relazionarsi. Questo era il progetto di Basaglia. La chiusura dei manicomi era solo un primo passo, in un campo limitato, quello del disagi mentale, per chiedere alla societa' di non avere piu' paura della diversita' che ospita, e che, in questa o in altre forme, sempre piu' dovra' ospitare. Ma forse la difesa dei diversi, dei folli, dei soggetti piu' deboli, che era un'atmosfera diffusa negli anni Settanta e che ha portato alla chiusura dei manicomi, non e' piu' un ideale della nostra cultura che si sta rivelando sempre piu' sensibile ai rapporti di forza che ai rapporti di sostegno. Che sia questa la premessa per cui la follia, e la disperazione che sempre l'accompagna, trovano un terreno favorevole per dilagare? Il cuore si e' fatto duro e si e' persa fiducia nel carattere terapeutico che la comunicazione e la relazione sociale possiedono come loro tratto specifico e come ognuno di noi puo' verificare quando sta male. 5. RIFLESSIONE. WANDA TOMMASI: UNA NECESSITA' [Da Wanda Tommasi, "Il lavoro del servo", in Diotima, Oltre l'uguaglianza, Liguori, Napoli 1995, pp. 77-78. Wanda Tommasi e' docente di storia della filosofia contemporanea all'Universita' di Verona, fa parte della comunita' filosofica di "Diotima". Opere di Wanda Tommasi: La natura e la macchina. Hegel sull'economia e le scienze, Liguori, Napoli 1979; Maurice Blanchot: la parola errante, Bertani, Verona 1984; Simone Weil: segni, idoli e simboli, Franco Angeli, Milano 1993; Simone Weil. Esperienza religiosa, esperienza femminile, Liguori, Napoli 1997; I filosofi e le donne, Tre Lune, Mantova 2001; Etty Hillesum. L'intelligenza del cuore, Edizioni Messaggero, Padova 2002; La scrittura del deserto, Liguori, Napoli 2004. Simone Weil, nata a Parigi nel 1909, allieva di Alain, fu professoressa, militante sindacale e politica della sinistra classista e libertaria, operaia di fabbrica, miliziana nella guerra di Spagna contro i fascisti, lavoratrice agricola, poi esule in America, infine a Londra impegnata a lavorare per la Resistenza. Minata da una vita di generosita', abnegazione, sofferenze, muore in Inghilterra nel 1943. Una descrizione meramente esterna come quella che precede non rende pero' conto della vita interiore della Weil (ed in particolare della svolta, o intensificazione, o meglio ancora: radicalizzazione ulteriore, seguita alle prime esperienze mistiche del 1938). Ha scritto di lei Susan Sontag: "Nessuno che ami la vita vorrebbe imitare la sua dedizione al martirio, o se l'augurerebbe per i propri figli o per qualunque altra persona cara. Tuttavia se amiamo la serieta' come vita, Simone Weil ci commuove, ci da' nutrimento". Opere di Simone Weil: tutti i volumi di Simone Weil in realta' consistono di raccolte di scritti pubblicate postume, in vita Simone Weil aveva pubblicato poco e su periodici (e sotto pseudonimo nella fase finale della sua permanenza in Francia stanti le persecuzioni antiebraiche). Tra le raccolte piu' importanti in edizione italiana segnaliamo: L'ombra e la grazia (Comunita', poi Rusconi), La condizione operaia (Comunita', poi Mondadori), La prima radice (Comunita', SE, Leonardo), Attesa di Dio (Rusconi), La Grecia e le intuizioni precristiane (Rusconi), Riflessioni sulle cause della liberta' e dell'oppressione sociale (Adelphi), Sulla Germania totalitaria (Adelphi), Lettera a un religioso (Adelphi); Sulla guerra (Pratiche). Sono fondamentali i quattro volumi dei Quaderni, nell'edizione Adelphi curata da Giancarlo Gaeta. Opere su Simone Weil: fondamentale e' la grande biografia di Simone Petrement, La vita di Simone Weil, Adelphi, Milano 1994. Tra gli studi cfr. AA. VV., Simone Weil, la passione della verita', Morcelliana, Brescia 1985; Gabriella Fiori, Simone Weil, Garzanti, Milano 1990; Giancarlo Gaeta, Simone Weil, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole 1992; Jean-Marie Muller, Simone Weil. L'esigenza della nonviolenza, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1994; Angela Putino, Simone Weil e la Passione di Dio, Edb, Bologna 1997; Maurizio Zani, Invito al pensiero di Simone Weil, Mursia, Milano 1994. Walter Benjamin, nato a Berlino nel 1892, saggista di sconvolgente profondita', all'avvento del nazismo abbandona la Germania, si uccide nel 1940 al confine tra Francia e Spagna per sfuggire ai nazisti. Opere di Walter Benjamin: in italiano fondamentale e' la raccolta di saggi e frammenti Angelus novus, Einaudi, Torino; e quella che prende il titolo da L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilita' tecnica, Einaudi, Torino. Sempre presso Einaudi (che ha in corso la pubblicazione delle Opere, a cura di Giorgio Agamben) cfr. anche: Avanguardia e rivoluzione, Critiche e recensioni, Diario moscovita, Il concetto di critica nel romanticismo tedesco (Scritti 1919-1922), Il dramma barocco tedesco, Immagini di citta', Infanzia berlinese, Metafisica della gioventu' (Scritti 1910-1918), Ombre corte (Scritti 1928-1929), Parigi capitale del XIX secolo, Strada a senso unico, Sull'hascisch, Teologia e utopia (Carteggio 1933-1940 con Gershom Scholem), Tre drammi radiofonici, e le Lettere (1913-1940). Presso Adelphi cfr. la sua antologia di lettere commentate di autori del passato, Uomini tedeschi. Opere su Walter Benjamin: per la bibliografia: M. Brodersen, Walter Benjamin. Bibliografia critica generale (1913-1983), Aesthetica, Palermo 1984; R. Cavagna, Benjamin in Italia. Bibliografia italiana, 1956-1980, Sansoni, Firenze 1982. Saggi: cfr. almeno AA. VV. (a cura di Franco Rella), Materiali su Walter Benjamin, Venezia 1982; AA. VV., Paesaggi benjaminiani, fascicolo monografico della rivista "aut aut", nn. 189-190, 1982; AA. VV., Walter Benjamin. Tempo storia linguaggio, Editori Riuniti, Roma 1983; Hannah Arendt, Il pescatore di perle, Mondadori, Milano 1993 (saggio incluso anche in Hannah Arendt, Il futuro alle spalle, Il Mulino, Bologna); Fabrizio Desideri, Walter Benjamin. Il tempo e le forme, Editori Riuniti, Roma 1980; Hans Mayer, Walter Benjamin, Garzanti, Milano 1993; Gershom Scholem, Walter Benjamin e il suo angelo, Adelphi, Milano 1978; Gershom Scholem, Walter Benjamin. Storia di un'amicizia, Adelphi, Milano 1992. Cfr. anche Paolo Pullega, Commento alle "Tesi di filosofia della storia" di Walter Benjamin, Cappelli, Bologna 1980] In molti modi, sia Simone Weil, ne La prima radice, sia Walter Benjamin, nelle Tesi di filosofia della storia, hanno richiamato l'attenzione sulla necessita', per gli "oppressi" (il termine e' weiliano), di riallacciarsi alla "storia dei vinti", di decentrarsi, cioe', dal punto di vista dei dominatori per ridisegnare, in proprio, il "patrimonio culturale", che, altrimenti, e' sempre una preda trascinata dietro al carro del vincitore. Vi e', in tali posizioni, consapevolezza del fatto che gli oppressi devono continuamente tentare di riappropriarsi del linguaggio, di ridisegnare la storia e la cultura, per poter definire la loro stessa esperienza: il linguaggio e la storia sono campi di battaglia in cui si gioca la lotta per il senso, per la dicibilita' della propria esperienza. 6. RIFLESSIONE. HANS MAGNUS ENZENSBERGER: POESIE MORALI [Dalla bella rivista diretta da Goffredo Fofi "Lo straniero", n. 25, luglio 2002 (sito: www.lostraniero.net) riprendiamo le seguenti poesie di Enzensberger, nella traduzione di Anna Maria Carpi. Hans Magnus Enzensberger, poeta e saggista tedesco, nato nel 1929. Ma anche: redattore radiofonico, consulente editoriale, drammaturgo, romanziere, traduttore, scrittore indipendente, direttore di una delle piu' citate riviste della stagione generosa dell'impegno politico degli intellettuali: "Kursbuch". I suoi testi piu' belli ereditano movenze e motivi brechtiani e francofortesi, alcuni suoi antichi versi sono indimenticabili analisi politiche in toni ironici e sapienziali ad un tempo. Opere di Hans Magnus Enzensberger: per la poesia segnaliamo Poesie per chi non legge poesia, Feltrinelli; Mausoleum, Einaudi; La fine del Titanic, Einaudi; La furia della caducita', Se; per la saggistica: Questioni di dettaglio, Feltrinelli; Palaver, Einaudi; Politica e terrore, Politica e gangsterismo, Savelli; Sulla piccola borghesia, Il Saggiatore; In difesa della normalita', Mondadori; Dialoghi tra immortali, morti e viventi, Se, poi Mondadori; La grande migrazione, Einaudi; Prospettive sulla guerra civile, Einaudi. Segnaliamo inoltre due libri ad un tempo cosi' anomali e cosi' tipici dell'Enzensberger migliore, quello che sa fare della citazione e del montaggio di materiali un uso creativo e disvelatore: Colloqui con Marx e Engels, Einaudi; La breve estate dell'anarchia, Feltrinelli] Sulla questione dei bisogni Nessuno ci bada se al bar della spiaggia l'odio per la pace si traduce in un pugno nello stomaco. Non ci vuol molto - e il commerciante di mobili, recluso fra divisori precisi al centimetro, da' fuoco al suo materasso e il bancario vomita al cesso e il collezionista di vetri filati sfracella, ribellione in extremis, il suo preziosissimo incubo; mentre il giovane turco, stremato dopo la rissa al coltello, sogna una cabriolet bianca come la neve, il nazista dopo un meeting di urla porta a toilettare il cagnolino e il terrorista scampato si abbandona, con un gran sospiro, nel dondolo col baldacchino. * Tutto sotto controllo Indagini segnalano che il 56% degli esseri anonimi che stanno accovacciati sui tappetini da fitness soffrono di psoriasi. Come in un magnifico videogioco si moltiplicano le congiure. Fuori c'e' odore di crolli di borsa. Nelle lenti cerchiate d'oro di chi l'ha brevettato si rispecchia il nostro gene di topo piu' recente. Il presidente degli Stati Uniti mastica noccioline davanti al televisore che esplode. Nelle toilette delle donne le popstar uggiolano misericordia. Macchine sempre piu' in miniatura si addentrano nel tuo cervello. Nelle zone in stato d'emergenza mancano i reggiseno extra-large. In cerca della natura incontaminata padri di famiglia vagano per gli aeroporti, nel fetore di grasso di patatine. I ratti sono i primi ad abbandonare la discoteca in fiamme. Divinita' senza lavoro si rifugiano quando piove nei loro scatoloni. Le autorita' competenti assicurano che la popolazione non corre alcun rischio. * Disarmonia prestabilita Per ognuno di quelli che spaccano la loro bottiglia di birra in testa a un tamil al pronto soccorso c'e' un chirurgo che ricuce i crani. E viceversa. Per ogni cercamine che rischia la pelle un mercante d'armi. E viceversa. Per ogni stupratore una donna con in mano il coltello da carne, per ogni assistente sociale un neonazi, per ogni stipendio alto un'inchiesta tributaria, per ogni mostro una soave madonna, e viceversa. Ah, ha il suo bel daffare ognuno di noi. E non s'intravvede una fine. * Ordine del giorno Telefonare consulente fiscale, lavorare un po'. Meditare sulla foto di una donna che si e' ammazzata. Andare a vedere quando si e' cominciata a usare l'espressione immagine del nemico. Dopo il tuono osservare le bolle che il nubifragio forma sul lastrico e bere l'aria bagnata. Fumare e guardare un po' di televisione senz'audio. Chiedersi di dove viene il prurito del sesso durante una squallida riunione. Pensare per sette minuti all'Algeria. Dar fuori in bestemmie come un dodicenne su un'unghia che si e' spezzata. Ricordarsi di una precisa sera, ventun anni fa, era di giugno, un pianista nero suonava il cha cha cha e qualcuno piangeva di rabbia. Non dimenticare di comprare il dentifricio. Cercar di capire perche' e_i = - 1 ; perche' Dio non lascia mai in pace gli uomini, e neanche il contrario. Cambiare la lampadina in cucina. Ritirare dal balcone, con cautela, la cornacchia fradicia, arruffata, inanimata. Contemplare le nuvole, le nuvole. Ma anche dormire, dormire. * Sintomi di astinenza Io volentieri diserto. Strategia o cara abitudine per questo davvero non c'e' bisogno di arrivare ai settanta. Non rispondere a certe sollecitazioni gia' a quindici mi sembrava assolutamente opportuno. Allora mi dicevo: un po' di distacco non nuoce. Ritirarsi, affermano gli esperti, e' un'arte anche questa. Andare all'attacco di interi eserciti per il singolo ha poca speranza di riuscita, se non in casi estremi. Altri la vedono diversamente, vanno volentieri al fronte, con grandi strepiti combattono battaglie perdute. Non e' sempre facile dire cosa sia meglio. Io ad ogni modo preferisco sottrarmi, se e' necessario, anche a me stesso. 7. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 8. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at inwind.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1041 del 2 settembre 2005 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione).
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