La nonviolenza e' in cammino. 1041



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 1041 del 2 settembre 2005

Sommario di questo numero:
1. Alcune informazioni logistiche per i partecipanti alla marcia
Perugia-Assisi di domenica 11 settembre
2. Oggi a Bolzano per sostenere il referendum brasiliano per proibire il
commercio delle armi
3. Loris Campetti intervista Maria Bonafede
4. Umberto Galimberti ricorda Franco Basaglia
5. Wanda Tommasi: Una necessita'
6. Hans Magnus Enzensberger: Poesie morali
7. La "Carta" del Movimento Nonviolento
8. Per saperne di piu'

1. INIZIATIVE. ALCUNE INFORMAZIONI LOGISTICHE PER I PARTECIPANTI ALLA MARCIA
PERUGIA-ASSISI DI DOMENICA 11 SETTEMBRE
[Dalla Tavola della Pace (per contatti: via della Viola 1, 06122 Perugia,
tel. 0755731648, fax: 0755739337, e-mail: info at perlapace.it o anche:
11settembre at perlapace.it, sito: www.tavoladellapace.it) riceviamo e
diffondiamo]

Cari amici,
vi inviamo le informazioni logistiche per la partecipazione alla marcia
Perugia-Assisi che si svolgera' domenica 11 settembre 2005.
Vi chiediamo di rispettare le indicazioni qui di seguito riportate.
Vi salutiamo cordialmente e rimaniamo a vostra disposizione per ulteriori
chiarimenti.
*
Tutti gli autobus che giungono a Perugia centro entro le ore 8,00 (e non
oltre) faranno scendere i partecipanti in viale Roma, Giardini del Frontone.
Tutti gli autobus che giungeranno nei pressi di Perugia centro dopo le ore
8,00 dovranno dirigersi a Ponte San Giovanni, immettendosi sulla superstrada
E-45, dove al km 70,700 e' situata l'uscita "Perugia/Ponte S. Giovanni"
(concentramento presso il "Park Hotel").
Gli autobus che giungeranno nei pressi di Perugia o Ponte San Giovanni
Superstrada E-45 Km. 70,700, oltre le ore 10,00 debbono dirigersi
direttamente alla Rocca di Assisi. I partecipanti saranno fatti scendere al
parcheggio B - scala mobile/Porta Nuova e raggiungeranno a piedi la Rocca
per partecipare alla manifestazione conclusiva della marcia che si svolgera'
in diretta televisiva.
Gli autobus si recheranno successivamente nei parcheggi di Assisi e S. Maria
degli Angeli a seconda delle regioni di provenienza.
*
Contatti per il rientro
I partecipanti si devono tenere in contatto telefonico con gli autisti degli
autobus per controllare in quale parcheggio di Assisi o S. Maria degli
Angeli attenderanno il momento del rientro.
*
Ristoro
Sono previsti punti di ristoro privati lungo il percorso oppure si puo'
portare il pranzo al sacco e soprattutto bevande.
*
Per gli autisti
Appena i marciatori sono scesi, tutti gli autobus debbono dirigersi subito
nei parcheggi di Assisi e ?Santa Maria degli Angeli, assegnati come segue.
*
Parcheggi di Assisi e Santa Maria degli Angeli
- Parcheggio n. 1, Ponte S. Vetturino: autobus provenienti dalle regioni
meridionali.
Per raggiungerlo a piedi, alla fine della marcia: Rocca Maggiore - Via Porta
Perlici - Piazza San Rufino - Via San Rufino - Piazza del Comune - Via
Portica - Via Giotto - Via Fontebella - Piazza S. Pietro (dove c'e' anche il
parcheggio A) - direzione Perugia/Circonvallazione - Ponte San Vetturino.
- Parcheggio n. 2, Montedison (vicino stazione ferroviaria di Assisi):
autobus provenienti dalla Toscana, dalle Marche e dalle altre regioni del
nord.
Per raggiungerlo a piedi, alla fine della marcia: Rocca Maggiore - Via Porta
Perlici- Piazza San Rufino - Via San Rufino - Piazza del Comune - Via
Portica - Via Giotto - Via Fontebella - Piazza S. Pietro (dove c'e' anche il
parcheggio A). Da Piazza S. Pietro i marciatori potranno utilizzare imezzi
de servizio autobus dell'Apm che partiranno ogni due minuti verso la
stazione ferroviaria.
- Parcheggio n. 3, Hotel Villa Verde (in localita' Rivotorto): autobus
provenienti dall'Umbria e dal Lazio.
Per raggiungerlo i marciatori potranno anche utilizzare il servizio di
autobus dell'Apm in partenza da piazza San Pietro e dalla stazione
ferroviaria di Assisi-S. Maria degli Angeli.
Per raggiungerlo a piedi dopo la fine della marcia: Rocca Maggiore - Via
Porta Perlici - Piazza San Rufino - Via San Rufino - Piazza del Comune - Via
Borgo Aretino - Via Muller - Ospedale - Via di Mezzo.
- Parcheggio n. 4, Piazza Matteotti: auto degli Enti Locali con i gonfaloni
*
Informazioni utili per il rientro
- Dalla Rocca Maggiore di Assisi a Santa Maria degli Angeli: servizio
navette Assisi centro-stazione ferroviaria. Per raggiungere la stazione
ferroviaria e i parcheggi di Santa Maria degli Angeli e' possibile
utilizzare i mezzi del servizio autobus che partiranno dalle ore 16.00 ogni
2 minuti dal parcheggio A di Porta S. Pietro (che si trova al di sotto della
Basilica di San Francesco).
- Dalla Rocca Maggiore di Assisi a Perugia: raggiungere la stazione
ferroviaria di Assisi utilizzando i mezzi del servizio autobus che partono
dalle ore 16.00 ogni 2 minuti dal parcheggio A di Porta S. Pietro (che si
trova al di sotto della Basilica di San Francesco). Dalla stazione
ferroviaria di Assisi partiranno treni ordinari e speciali per Perugia ogni
30 minuti circa (tutti gli orari saranno pubblicati sui nostri siti).
E' inoltre possibile tornare a Perugia utilizzando il servizio autobus
dell'Apm in partenza da Assisi dal Parcheggio B - scala mobile/Porta Nuova,
con arrivo a Perugia, Piazza dei Partigiani. Il servizio e' assicurato dalle
ore 16,00 alle ore 20,00.
*
Informazioni per i gonfaloni degli enti locali
- Alla partenza della marcia: i gonfaloni devono arrivare entro le 8.00 ai
Giardini del Frontone (vicino alla testa del corteo). Le auto, dopo aver
scaricato i gonfaloni, andranno a Ponte S. Giovanni dove ricaricheranno i
gonfaloni per portarli ad Assisi (parcheggio A di Porta S. Pietro).
- Ad Assisi: i gonfaloni devono essere scaricati al parcheggio A di Porta S.
Pietro (e attenderanno l'arrivo della marcia previsto alle ore 14.00) mentre
le macchine dovranno proseguire fino al parcheggio n. 2 (piazza Matteotti),
dove attenderanno la fine della manifestazione.
*
Raccomandazioni fondamentali
Ricordando le raccomandazioni espresse da Aldo Capitini nel 1961, vogliamo
riaffermare alcune esigenze che riteniamo siano di comune interesse:
1. chi viene alla marcia lo fa perche' condivide il documento di
convocazione e i suoi obiettivi;
2. sia esercitato da ognuno il piu' accurato controllo sui cartelli e sugli
slogan, affinche' non ve ne sia nessuno di tono violento oppure offensivo
per altri partecipanti alla marcia, tale da far sorgere incidenti;
3. si eviti di portare bandiere di partito e si dia spazio ai cartelli e
agli striscioni che esprimono idee e proposte;
4. siano date precise disposizioni perche' nella marcia si cerchi di non
rispondere a provocazioni, che potrebbero esserci appositamente per mandare
a monte una manifestazione cosi' imponente;
5. si eviti, fino al compimento della marcia, ogni contrasto con le
autorita', che potrebbe condurre a difficolta' per la marcia stessa.

2. INCONTRI. OGGI A BOLZANO PER SOSTENERE IL REFERENDUM BRASILIANO PER
PROIBIRE IL COMMERCIO DELLE ARMI

Il 23 ottobre la popolazione brasiliana sara' chiamata alle urne nel
referendum che chiede: "Il commercio delle armi deve essere proibito?".
E' necessario sostenere le persone e i movimenti impegnati per il si' alla
proibizione del commercio di strumenti di morte.
La solidarieta' internazionale di tutte le persone e i movimenti che hanno a
cuore la pace e il diritto alla vita di tutti gli esseri umani puo' essere
decisiva per promuovere la piu' ampia informazione e coscientizzazione e
contribuire a vincere il referendum brasliano.
Occorre promuovere ovunque anche nel nostro paese incontri di informazione e
di sensibilizzazione, che abbiano come esito iniziative concrete di sostegno
a quanti in Brasile si stanno impegnando perche' il 23 ottobre vi sia una
grande vittoria della civilta' umana contro il traffico degli strumenti di
morte.
*
Venerdi' 2 settembre alle ore 18, presso la Casa Altmann, in piazza Gries 18
a Bolzano, si svolgera' un incontro pubblico con Lino Allegri, direttore
dell'agenzia stampa "Anote" di Fortaleza, in Brasile, e con Giorgio Beretta,
di "Unimondo", esperto sul traffico delle armi; a seguire il film Cidade de
Deus (La citta' di Dio).
L'inizitiva e' promossa dal Centro per la pace - Zentrum fuer den Frieden,
Werkstatt fuer Frieden und Gewaltfreiheit - Laboratorio di pace e
nonviolenza di Bolzano - Bozen.
Hanno aderito all'iniziativa Rete di Lilliput, Emergency, Los Quinchos.
Per informazioni: Haus Altmann, piazza Gries - Griesser Platz 18, Bolzano -
Bozen, tel. 0471402382, fax: 0471404751, e-mail: welapax at hotmail.com e anche
centropacebz at virgilio.it
*
Per sostenere la campagna per il "si'" al referendum brasiliano per vietare
il commercio delle armi, si puo' contattare Francesco Comina in Italia
(e-mail: f.comina at ladige.it) e padre Ermanno Allegri in Brasile (sito:
www.adital.org.br)

3. ESPERIENZE. LORIS CAMPETTI INTERVISTA MARIA BONAFEDE
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 27 agosto 2005.
Loris Campetti, nato a Macerata nel 1948, e` laureato in chimica e ha
lavorato come insegnante nella scuola; lavora come giornalista dal '78, per
circa dieci anni ha diretto la redazione torinese del "Manifesto",
attualmente e' responsabile delle pagine d'inchiesta e di storia dello
stesso giornale.
Maria Bonafede e' stata eletta nei giorni scorsi moderatora della Tavola
valdese (e' la prima volta di una donna al vertice della Tavola valdese in
800 anni di storia); ha 51 anni, e' sposata e ha un figlio; ha due lauree,
in filosofia alla Statale di Milano e in teologia presso la Facolta' valdese
di Roma; ha svolto il ministero pastorale a Milano, Novara, Brescia e Roma;
dal 2000 e' stata vicemoderatora della Tavola]

"Chi invoca un fronte tra cristiani e non credenti per difendere la cultura
dell'Occidente e la sua presunta superiorita' propone in realta' un patto
diabolico, inaccettabile. Un patto che va combattuto con forza. Dal nostro
punto di vista e' l'espressione della totale incomprensione del messaggio
cristiano. Nessuno deve dimenticare che il fondamentalismo non l'hanno
inventato gli altri, al contrario e' figlio del cristianesimo. L'uso dei
testi sacri come un'arma fa parte della nostra storia". Non usa mezzi
termini la nuova moderatora della Tavola valdese, Maria Bonafede, per
rispondere a una nostra domanda sulle famigerate tesi brandite dalla seconda
carica dello stato italiano, il presidente del senato. Abbiamo intervistato
la moderatora - e' cosi' che vuol essere chiamata - Bonafede subito dopo la
sua elezione avvenuta al termine del Sinodo delle chiese valdesi e metodiste
italiane che si e' svolto a Torre Pellice.
*
- Loris Campetti: E' la prima volta che a capo del vostro esecutivo viene
eletta una donna. E il prodotto di una battaglia femminista nella chiesa
valdese, oppure una scelta normale, legata ai meriti della persona eletta a
prescindere dal fatto che sia maschio o femmina?
- Maria Bonafede: Credo che siano vere entrambe le cose. E' vero che da
cinque anni sono nella Tavola, le comunita' mi conoscono molto bene. Ma e'
innegabile che da decenni le donne lavorano nella chiesa per conquistare
ruoli e visibilita', per portare il nostro punto di vista. Senza il
femminismo, senza l'impegno degli anni passati e l'arrivo di molte pastore
la mia elezione sarebbe stata impensabile. Questa elezione e' la
testimonianza del fatto che le due meta' delle chiese convivono
perfettamente, qualche anno fa si sarebbe parlato di realizzazione delle
pari opportunita'. Le cose nelle chiese stanno cambiando, cambia il modo di
rapportarsi alle donne, e non solo da parte dei valdesi e dei metodisti.
C'e' una donna alla guida dei battisti. Con il tempo, impareranno anche gli
altri a chiamarmi moderatora, e' passata molta acqua sotto i ponti da quando
venivo chiamata reverenda madre, o signor pastore.
*
- Loris Campetti: Come moderatora dovra' comunque confrontarsi con un mondo
esclusivamente maschile, almeno per quanto riguarda l'ecumenismo, il
rapporto con le altre chiese.
- Maria Bonafede: Sono convinta che si debba dialogare con la chiesa di Roma
e anche con quelle chiese evangeliche che vedono con difficolta' la presenza
delle donne in ruoli importanti come quello a cui mi e' stato chiesto di
assolvere. In generale, siamo impegnati in un dialogo aperto e franco con le
altre chiese. Abbiamo accolto con spirito fraterno il rappresentante della
Cei senza rinunciare a esprimere il nostro punto di vista e le nostre
critiche, il nostro dispiacere, per esempio sulla pesante ingerenza del
Vaticano sulle scelte dello stato italiano. E' il caso dell'appello a non
andare a votare al referendum sulla procreazione assistita. Ma il dialogo e'
fondamentale, il confronto rafforza la fede se si tiene al centro una
predicazione di liberta', non di chiusura. Le coscienze devono essere libere
di scegliere, e' questa la strada per crescere insieme. Ecumenismo non e'
smussare gli angoli, e' un modo di essere cristiani che da' nuove
prospettive di fede
*
- Loris Campetti: Restiamo alla procreazione assistita: la vostra e' una
critica di metodo o di merito alla gerarchia cattolica che ha chiamato gli
italiani all'astensione?
- Maria Bonafede: Di metodo e di merito. E' sbagliata l'interferenza perche'
pretende di imporre a uno stato, ai suoi cittadini, una scelta che si
presume buona. E' anche un segno di debolezza che svela la paura di perdere
adesioni e potere. Credo dunque che l'appello all'astensione fosse
sbagliato: noi ci siamo limitati a dire che era giusto andare a votare,
lasciando comunque i nostri fratelli e sorelle liberi di scegliere. Credo
poi che l'opposizione delle gerarchie vaticane fosse sbagliato anche nel
merito del referendum.
*
- Loris Campetti: Non ingerenza e liberta' di scelta sono anche i criteri in
base ai quali criticate l'esposizione del crocefisso nei luoghi pubblici, o
le pressioni per inserire le radici cristiane nella Costituzione europea,
per non parlare dell'ora di religione (cattolica) a scuola?
- Maria Bonafede: Il criterio e' esattamente lo stesso. A che serve mettere
i paletti? Preferisco una parete bianca in una scuola o in un tribunale che
l'esposizione di un simbolo che non unisce ma divide. La strada non e',
ovviamente, quella di aggiungere altri simboli al crocefisso per una
malintesa ricerca di "par condicio" ma, noi crediamo, quella di lasciare la
parete bianca. Il credere o no sta nella libera scelta di ciascuno. Non si
debbono mescolare sfere diverse.
*
- Loris Campetti: Il dialogo con le altre fedi e con le altre chiese - e' il
punto di vista ribadito anche dal Sinodo - e' una strada irrinunciabile. Non
dev'essere semplice, pero', il dialogo, con chi come Benedetto XVI, come
primo atto del suo pontificato decide di rievocare uno spettro della storia
del cristianesimo che e' alla base della sua divisione: l'indulgenza, non
venduta ma comunque garantita ai pellegrini delle Giornate mondiali della
gioventu' a Colonia, nella terra di Martin Lutero.
- Maria Bonafede: Quella e' stata una scelta che non aiuta il percorso
ecumenico. Il papa Ratzinger e' tedesco e teologo, conosce bene le chiese
riformate e i sentimenti dei tedeschi. Tirare di nuovo in ballo l'indulgenza
non puo' essere una svista, mi sembra piuttosto una scelta arrogante, come a
dire: dialoghiamo pure, incontriamoci, vi invito a confrontarvi con noi, ma
io sono quel che sono, la mia identita' e' quella che e'. Voglio aggiungere:
chi lo capisce il messaggio lanciato attraverso l'indulgenza? Non credo i
giovani cattolici andati a Colonia. Sono tantissimi i cattolici che
ragionano con la loro testa, non mi perderei d'animo.
*
- Loris Campetti: Il Sinodo ha usato parole chiare sulla solidarieta',
l'accoglienza, l'interculturalita'. L'opposto di chi predica contro il
meticciato in nome della difesa dell'identita' occidentale e della sua
presunta superiorita'.
- Maria Bonafede: Le guerre di religione producono effetti devastanti. Come
si fa a scagliarsi contro il meticciato, quando milioni di persone dai paesi
poveri e vittime di guerre migrano verso di noi, ci chiedono aiuto? Come fa
ad alzare questi muri d'odio chi si fa paladino dell'Occidente, se non
rimuovendo la verita'? La verita' e' che quei migranti fuggono dai disastri
prodotti da secoli di occupazione, oppressione e sfruttamento dei beni e
delle risorse, disastri di cui il nostro mondo si e' reso colpevole. Noi
siamo debitori nei confronti di chi fugge da guerra e miserie, dobbiamo
restituire un po' di quel che abbiamo preso. Sono convinta che la
condivisione sia un dovere e il mescolamento un'opportunita' per creare una
societa' migliore. Alzare muri, materiali e culturali, e' un'aberrazione dal
punto di vista cristiano. Ed e' inutile, non serve certo a fermare un esodo
che va avanti comunque, perche' e' spinto dalla persistenza, anzi: dalla
crescita di ingiustizie e diseguaglianze.
*
- Loris Campetti: E' da almeno due Sinodi che valdesi e metodisti fanno i
conti con una non nascosta crisi delle chiese protestanti, in Italia ma in
generale in Europa. Mentre oltre Atlantico fanno fortuna fondamentalisti
evalgelici e telepredicatori che chiamano alla guerra santa.
- Maria Bonafede: Siamo persone impaurite, non c'e' pace e non c'e'
sicurezza ma soprattutto noi protestanti non siamo in grado di dare risposte
"rassicuranti". Fa strada invece chi alzando come una spada il Vangelo
annuncia certezze, grida parole forti e insegna a dividere il mondo in buono
e cattivo, vede solo bianco e nero. Noi protestanti abbiamo invece un
approccio critico ai testi, al tempo stesso una lettura complessa della
realta' non offre certezze facili, non fornisce risposte nette. Il nostro
approccio puo' essere visto come elitario. Dalle sette evangeliche americane
viene una risposta sbagliata a una domanda giusta. Sta a noi trovare insieme
una risposta diversa, conservando la nostra criticita'. Dobbiamo aiutare le
persone a ritrovare la fiducia, la serenita', e dunque a liberarsi dalla
sensazione dominante di insicurezza, di paura. Nella solidarieta', pero'.
*
- Loris Campetti: Negli ultimi anni la presenza dei valdesi nelle battaglie
sociali e' meno visibile. E' un'impressione sbagliata?
- Maria Bonafede: E' vero, negli anni Ottanta siamo andati fin troppo sui
giornali e non e' detto che sia negativa una minore esposizione. Aggiungerei
che per i giornali, oggi, siamo interessanti sono quando esplodono questioni
etiche, mentre lo siamo molto meno quando ci impegnamo nel sociale.
*
- Loris Campetti: Vuol dire anche lei che e' sempre colpa dei giornalisti
distratti, o interessati?
- Maria Bonafede: No, voglio dire al contrario che forse la poca attenzione
dei media e' legata al fatto che non diciamo cose speciali.
*
- Loris Campetti: Diciamo che in passato anche nei movimenti la vostra
presenza era piu' visibile, o forse soltanto piu' rivendicata. Penso in
particolare al movimento pacifista.
- Maria Bonafede: All'interno delle nostre chiese e' aperta una discussione
anche molto accesa sulla pace e sulle guerre. Il fatto che la maggioranza di
noi sia apertamente schierata con il movimento pacifista non mette certo il
tappo al dibattito interno, il cui valore rivendico.
*
- Loris Campetti: Come si conciliera' la sua funzione di moderatora con la
salvaguardia della sua vita personale, come donna, come mamma?
- Maria Bonafede: Indubbiamente saro' maggiormente assorbita da questo
incarico cosi' impegnativo, ma non intendo rinunciare a garantirmi momenti
di vita normale, a leggermi un libro per piacere e non necessariamente
perche' mi e' necessario per il lavoro. Mio figlio ha 17 anni, non e' un
bambino e cammina da solo. Sono convinta che mi aiutera' il fatto che il
governo della chiesa valdese e' collegiale e la complessita' del Sinodo, che
si svolge annualmente, e' una garanzia, una tutela rispetto al rischio di
fughe in avanti, o peggio ancora di solitudini. Mi aiuteranno il sostegno,
la solidarieta' e la preghiera di tante sorelle e fratelli.

4. MEMORIA. UMBERTO GALIMBERTI RICORDA FRANCO BASAGLIA
[ Dal quotidiano "La Repubblica" del 29 agosto 2005.
Umberto Galimberti, filosofo, saggista, docente universitario; dal sito
http://venus.unive.it riprendiamo la seguente scheda aggiornata al settembre
2004: "Umberto Galimberti, nato a Monza nel 1942, e' stato dal 1976
professore incaricato di Antropologia Culturale e dal 1983 professore
associato di Filosofia della Storia. Dal 1999 e' professore ordinario
all'universita' Ca' Foscari di Venezia. Dal 1985 e' membro ordinario
dell'international Association for Analytical Psychology. Dal 1987 al 1995
ha collaborato con "Il Sole-24 ore" e dal 1995 a tutt'oggi con il quotidiano
"la Repubblica". Dopo aver compiuto studi di filosofia, di antropologia
culturale e di psicologia, ha tradotto e curato di Jaspers, di cui e' stato
allievo durante i suoi soggiorni in Germania: Sulla verita' (raccolta
antologica), La Scuola, Brescia 1970; La fede filosofica, Marietti, Casale
Monferrato 1973; Filosofia, Mursia, Milano 1972-1978, e Utet, Torino 1978;
di Heidegger ha tradotto e curato: Sull'essenza della verita', La Scuola,
Brescia 1973. Opere di Umberto Galimberti: Heidegger, Jaspers e il tramonto
dell'Occidente, Marietti, Casale Monferrato 1975, Il Saggiatore, Milano
1994); Linguaggio e civilta', Mursia, Milano 1977, seconda edizione ampliata
1984); Psichiatria e Fenomenologia, Feltrinelli, Milano 1979; Il corpo,
Feltrinelli, Milano 1983; La terra senza il male. Jung dall'inconscio al
simbolo, Feltrinelli, Milano 1984; "Antropologia culturale", ne Gli
strumenti del sapere contemporaneo, Utet, Torino 1985; Invito al pensiero di
Heidegger, Mursia, Milano 1986; Gli equivoci dell'anima, Feltrinelli, Milano
1987; "La parodia dell'immaginario", in W. Pasini, C. Crepault, U.
Galimberti, L"immaginario sessuale, Cortina, Milano 1988; Il gioco delle
opinioni, Feltrinelli, Milano 1989; Dizionario di psicologia, Utet, Torino
1992, nuova edizione: Enciclopedia di Psicologia, Garzanti, Milano 1999;
Idee: il catalogo e' questo, Feltrinelli, Milano 1992; Parole nomadi,
Feltrinelli, Milano 1994; Paesaggi dell'anima, Mondadori, Milano 1996;
Psiche e techne. L'uomo nell'eta' della tecnica, Feltrinelli, Milano 1999; E
ora? La dimensione umana e le sfide della scienza (opera dialogica con
Edoardo Boncinelli e Giovanni Maria Pace), Einaudi, Torino 2000; Orme del
sacro, Feltrinelli, Milano 2000;  La lampada di psiche, Casagrande,
Bellinzona 2001; I vizi capitali e i nuovi vizi, Feltrinelli, Milano 2003;
e' in corso di ripubblicazione nell'Universale Economica Feltrinelli
l'intera sua opera".
Franco Basaglia, nato a Venezia nel 1924 e deceduto nel 1980, e' la figura
di maggiore spicco della psichiatria italiana contemporanea; ha promosso la
restituzione di diritti e il riconoscimento di dignita' umana ai sofferenti
psichiatrici precedentemente condannati alla segregazione e a trattamenti
disumani e disumanizzanti; e' stata una delle piu' grandi figure della
teoria e della pratica della solidarieta' e della liberazione nel XX secolo.
Opere di Franco Basaglia: vi e' una pregevole edizione in due volumi degli
Scritti, Einaudi, Torino 1981-82. Tra i principali volumi da lui curati (e
scritti spesso in collaborazione con la moglie Franca Ongaro Basaglia, e con
altri collaboratori) sono fondamentali Che cos'e' la psichiatria,
L'istituzione negata (sull'esperienza di Gorizia), Morire di classe, Crimini
di pace, La maggioranza deviante, tutti editi da Einaudi; insieme a Paolo
Tranchina ha curato Autobiografia di un movimento, editori vari, Firenze
1979 (sull'esperienza del movimento di psichiatria democratica); una
raccolta di sue Conferenze brasiliane e' stata pubblicata dal Centro di
documentazione di Pistoia nel 1984, una nuova edizione ampliata e' stata
edita da Raffaello Cortina Editore, Milano 2000; una recente raccolta di
scritti e' L'utopia della realta'., Einaudi, Torino 2005. Opere su Franco
Basaglia: assai utile il volume di Mario Colucci, Pierangelo Di Vittorio,
Franco Basaglia, Bruno Mondadori, Milano 2001, con ampia bibliografia; cfr;
anche Nico Pitrelli, L'uomo che restitui' la parola ai matti, Editori
Riuniti, Roma 2004. Un fascicolo monografico a lui dedicato e' Franco
Basaglia: una teoria e una pratica per la trasformazione, "Sapere" n. 851
dell'ottobre-dicembre 1982. Si veda inoltre la collana dei "Fogli di
informazione" editi dal Centro di documentazione di Pistoia. A Basaglia si
ispira tutta la psichiatria democratica italiana e riferimenti a lui sono
praticamente in tutte le opere che trattano delle vicende e della
riflessione della psichiatria italiana contemporanea]

A venticinque anni dalla morte di Franco Basaglia, lo psichiatra che si e'
tanto battuto per ottenere la legge 180 che nel 1978 sanci' la chiusura dei
manicomi, e' forse possibile trarre un bilancio di quella che
l'Organizzazione Mondiale della Sanita', nel 2003, ha indicato come "uno dei
pochi eventi innovativi nel campo della psichiatria su scala mondiale".
Per questo bilancio ci facciamo aiutare da una serie di saggi che Franco
Basaglia scrisse tra il 1963 e il 1979 e che Einaudi ha pubblicato col
titolo L'utopia della realta'. A differenza della rivoluzione, che ha un
carattere esplosivo perche' segna un'accelerazione del tempo in vista di un
altro futuro, l'utopia, che guarda al futuro con un'etica terapeutica, dove
i mali si eliminano tramite il controllo razionale degli effetti, ha bisogno
di tanto futuro.
L'operazione di Basaglia e' un'operazione utopica, non rivoluzionaria.
La chiusura dei manicomi non era, infatti, lo scopo finale dell'operazione
basagliana, ma il mezzo attraverso cui la societa' poteva fare i conti con
le figure del disagio che la attraversano quali la miseria, l'indigenza, la
tossicodipendenza, l'emarginazione e persino la delinquenza a cui la follia
non di rado si imparenta. E come un tempo la clinica aveva messo il suo
sapere al servizio di una societa' che non voleva occuparsi dei suoi disagi,
Basaglia tenta l'operazione opposta, l'accettazione da parte della societa'
di quella figura, da sempre inquietante, che e' la follia, da lui cosi'
definita: "La follia e' una condizione umana. In noi la follia esiste ed e'
presente come lo e' la ragione. Il problema e' che la societa', per dirsi
civile, dovrebbe accettare tanto la ragione quanto la follia, invece
incarica una scienza, la psichiatria, per tradurre la follia in malattia
allo scopo di eliminarla. Il manicomio ha qui la sua ragion d'essere che e'
poi quella di far diventare razionale l'irrazionale. Infatti quando qualcuno
entra in manicomio smette di essere folle per trasformarsi in malato, e
cosi' diventa razionale in quanto malato".
Non era questo, scrive Basaglia, l'intento di Philippe Pinel che nel 1793
inauguro' a Parigi il primo manicomio, liberando i folli dalle prigioni, in
base al principio che il folle non puo' essere equiparato al delinquente.
Con questo atto di nascita la psichiatria si presenta come scienza della
liberazione dell'uomo. Ma fu un attimo, perche' il folle, liberato dalle
prigioni, fu subito rinchiuso in un'altra prigione che si chiamava
manicomio.
Da quel giorno incomincera' il calvario del folle e la fortuna della
psichiatria. Se infatti passiamo in rassegna la storia della psichiatria
vediamo emergere i nomi di grandi psichiatri, mentre dei folli esistono solo
etichette: isteria, astenia, mania, depressione, schizofrenia.
Ma la depressione, la mania, la schizofrenia sono davvero "malattie" come
l'ulcera, l'epatite virale, il cancro? O il modo di essere schizofrenico e'
cosi' diverso da individuo a individuo e cosi' dipendente dalla storia
personale di ciascuno da non consentire di rubricare storie e sintomi cosi'
diversi sotto un'unica denominazione? L'ansia di accreditarsi come scienza
sul modello della medicina ha fatto si' che la psichiatria organicista
passasse sopra come un carro armato alla "soggettivita'" dei folli, che
furono tutti "oggettivati" di fronte a quell'unica soggettivita'
salvaguardata che e' quella del medico. Ma e' davvero credibile che, negando
istituzionalmente la soggettivita' del folle, sia possibile guarirlo, cioe'
restaurarlo nella sua soggettivita'? Evidentemente no.
E infatti i medici del manicomio non ci credevano e i malati cronicizzavano.
Basaglia, prima a Gorizia e poi a Trieste, accetta questa condizione di
parita' tra medico e paziente e scopre che, restituendo al folle la sua
soggettivita', questi diventava un uomo con cui si poteva entrare in
relazione. Scopre che il folle ha bisogno non solo delle cure per la
malattia, ma anche di un rapporto umano con chi lo cura, di risposte reali
per il suo essere, di denaro, di una famiglia e di tutto cio' di cui anche i
medici che lo curano hanno bisogno. Insomma il folle non e' solamente un
malato, ma un uomo con tutte le sue necessita'.
Trattato come uomo, il folle non presenta piu' una "malattia", ma una
"crisi", una crisi vitale, esistenziale, sociale, familiare, che diventa
permanente e definitiva se il folle, che si e' perso nel mondo, viene al
mondo sottratto per essere piu' o meno definitivamente rinchiuso in quel
non-mondo che si chiama manicomio.
In quel non-mondo mi sono recato per tre anni consecutivi dal '76 al '79, in
quel di Novara, dove uno psichiatra, oggi a tutti noto, Eugenio Borgna,
tentava la stessa sperimentazione dell'apertura dei manicomi. I "pazzi",
opportunamente accompagnati, potevano uscire dalle mura, muoversi con
qualche incertezza e un po' di sconcerto nella citta', bere un caffe' al
bar, entrare in una chiesa, comprare qualcosa al mercato, scambiare parole,
il piu' delle volte non corrisposte, con la gente, acquisire insomma le
coordinate del mondo comune da cui la follia li aveva esclusi
temporaneamente e il manicomio definitivamente.
Se il sogno di Basaglia era che la clinica potesse diventare un laboratorio
per nuove forme di relazioni sociali, venticinque anni dopo non poteva
esserci risveglio piu' brusco se verra' approvato il progetto di legge
Burani Procaccini (Forza Italia) che vuole reintrodurre i manicomi,
eufemisticamente chiamati Sra (Struttura Residenziale ad Assistenza
prolungata e continuata) dove a operare saranno la psichiatria
organicistica, quando non la genetica psichiatrica. Nulla da dire contro le
scoperte della scienza e i suoi rimedi, purche' si eviti di considerare
l'uomo e gli oscuri meandri della sua mente, come un semplice laboratorio in
cui la scienza verifica le sue ipotesi.
Venticinque anni fa abbiamo chiuso i manicomi e con la legge 180 ci siamo
lavati la coscienza di una vergogna sociale, ma non abbiamo fatto un solo
passo innanzi nella direzione indicata da Basaglia che prevedeva Servizi di
Salute Mentale diffusi sul territorio, con residenze comunitarie, gruppi di
convivenza, con la partecipazione di maestri, educatori, accompagnatori,
attori motivati che hanno dato vita a cooperative sociali come a Trieste, ad
Arezzo e in altri pochi punti del territorio italiano.
Altrove niente.
E questo non per colpa della legge 180, ma per il disimpegno, la sciatteria,
la scarsa motivazione degli operatori, la mancanza di fondi, visto che il
nostro Ministero della Sanita' destina alle cure psichiatriche solo il 5 per
cento delle risorse quando l'Organizzazione Mondiale della Sanita' ci
informa che un giovane su cinque in Occidente soffre di disturbi mentali,
che nel 2020 i disturbi neuropsichiatrici cresceranno in una misura
superiore al 50 per cento divenendo una delle cinque principali cause di
malattia, di disabilita' e di morte.
Che facciamo? Mettiamo tutta questa gente in manicomio o gli facciamo
recuperare quel rapporto col mondo che il manicomio preclude definitivamente
e i Servizi di Salute Mentale, cosi' come sono oggi, non garantiscono per
incuria, trascuratezza, indifferenza, e non perche' l'idea e' sbagliata come
le esperienze di Trieste e di Arezzo sono la' a dimostrare?
Un anno prima di morire, nelle sue Conferenze brasiliane Basaglia diceva:
"Potra' accadere che i manicomi torneranno a essere chiusi e piu' chiusi di
prima, io non lo so".
Noi che siamo sopravvissuti alla sua morte sappiamo che non basta chiudere
l'istituzione manicomiale e porre fine alle vite bruciate tra le sue mura,
silenzioso olocausto consumato nel nome della scienza. Oggi la scienza si e'
fatta esigente, piu' asettica, persino piu' pulita, ma decisamente piu'
invasiva di quanto non fosse nell'istituzione manicomiale.
A questo proposito Franco Rotelli, che ha raccolto l'eredita' di Franco
Basaglia, scrive in un suo saggio che la biologia molecolare e la
neurofisiologia potranno fare ancora molti progressi e di conseguenza avere
poteri ancora maggiori, le neuroscienze potranno dirci ancora molto sul
nostro cervello, e molto ancora ci dira' la genetica. C'e' pero' una cosa su
cui mai potremo avere risposte da queste scienze: sull'etica, ossia sulla
modalita' con cui gli uomini decidono di stabilire un contratto sociale, sui
valori e sui punti in base ai quali gli uomini decidono di stabilire le
modalita' del proprio relazionarsi.
Questo era il progetto di Basaglia. La chiusura dei manicomi era solo un
primo passo, in un campo limitato, quello del disagi mentale, per chiedere
alla societa' di non avere piu' paura della diversita' che ospita, e che, in
questa o in altre forme, sempre piu' dovra' ospitare.
Ma forse la difesa dei diversi, dei folli, dei soggetti piu' deboli, che era
un'atmosfera diffusa negli anni Settanta e che ha portato alla chiusura dei
manicomi, non e' piu' un ideale della nostra cultura che si sta rivelando
sempre piu' sensibile ai rapporti di forza che ai rapporti di sostegno.
Che sia questa la premessa per cui la follia, e la disperazione che sempre
l'accompagna, trovano un terreno favorevole per dilagare? Il cuore si e'
fatto duro e si e' persa fiducia nel carattere terapeutico che la
comunicazione e la relazione sociale possiedono come loro tratto specifico e
come ognuno di noi puo' verificare quando sta male.

5. RIFLESSIONE. WANDA TOMMASI: UNA NECESSITA'
[Da Wanda Tommasi, "Il lavoro del servo", in Diotima, Oltre l'uguaglianza,
Liguori, Napoli 1995, pp. 77-78.
Wanda Tommasi e' docente di storia della filosofia contemporanea
all'Universita' di Verona, fa parte della comunita' filosofica di "Diotima".
Opere di Wanda Tommasi: La natura e la macchina. Hegel sull'economia e le
scienze, Liguori, Napoli 1979; Maurice Blanchot: la parola errante, Bertani,
Verona 1984; Simone Weil: segni, idoli e simboli, Franco Angeli, Milano
1993; Simone Weil. Esperienza religiosa, esperienza femminile, Liguori,
Napoli 1997; I filosofi e le donne, Tre Lune, Mantova 2001; Etty Hillesum.
L'intelligenza del cuore, Edizioni Messaggero, Padova 2002; La scrittura del
deserto, Liguori, Napoli 2004.
Simone Weil, nata a Parigi nel 1909, allieva di Alain, fu professoressa,
militante sindacale e politica della sinistra classista e libertaria,
operaia di fabbrica, miliziana nella guerra di Spagna contro i fascisti,
lavoratrice agricola, poi esule in America, infine a Londra impegnata a
lavorare per la Resistenza. Minata da una vita di generosita', abnegazione,
sofferenze, muore in Inghilterra nel 1943. Una descrizione meramente esterna
come quella che precede non rende pero' conto della vita interiore della
Weil (ed in particolare della svolta, o intensificazione, o meglio ancora:
radicalizzazione ulteriore, seguita alle prime esperienze mistiche del
1938). Ha scritto di lei Susan Sontag: "Nessuno che ami la vita vorrebbe
imitare la sua dedizione al martirio, o se l'augurerebbe per i propri figli
o per qualunque altra persona cara. Tuttavia se amiamo la serieta' come
vita, Simone Weil ci commuove, ci da' nutrimento". Opere di Simone Weil:
tutti i volumi di Simone Weil in realta' consistono di raccolte di scritti
pubblicate postume, in vita Simone Weil aveva pubblicato poco e su periodici
(e sotto pseudonimo nella fase finale della sua permanenza in Francia stanti
le persecuzioni antiebraiche). Tra le raccolte piu' importanti in edizione
italiana segnaliamo: L'ombra e la grazia (Comunita', poi Rusconi), La
condizione operaia (Comunita', poi Mondadori), La prima radice (Comunita',
SE, Leonardo), Attesa di Dio (Rusconi), La Grecia e le intuizioni
precristiane (Rusconi), Riflessioni sulle cause della liberta' e
dell'oppressione sociale (Adelphi), Sulla Germania totalitaria (Adelphi),
Lettera a un religioso (Adelphi); Sulla guerra (Pratiche). Sono fondamentali
i quattro volumi dei Quaderni, nell'edizione Adelphi curata da Giancarlo
Gaeta. Opere su Simone Weil: fondamentale e' la grande biografia di Simone
Petrement, La vita di Simone Weil, Adelphi, Milano 1994. Tra gli studi cfr.
AA. VV., Simone Weil, la passione della verita', Morcelliana, Brescia 1985;
Gabriella Fiori, Simone Weil, Garzanti, Milano 1990; Giancarlo Gaeta, Simone
Weil, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole 1992; Jean-Marie
Muller, Simone Weil. L'esigenza della nonviolenza, Edizioni Gruppo Abele,
Torino 1994; Angela Putino, Simone Weil e la Passione di Dio, Edb, Bologna
1997; Maurizio Zani, Invito al pensiero di Simone Weil, Mursia, Milano 1994.
Walter Benjamin, nato a Berlino nel 1892, saggista di sconvolgente
profondita', all'avvento del nazismo abbandona la Germania, si uccide nel
1940 al confine tra Francia e Spagna per sfuggire ai nazisti. Opere di
Walter Benjamin: in italiano fondamentale e' la raccolta di saggi e
frammenti Angelus novus, Einaudi, Torino; e quella che prende il titolo da
L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilita' tecnica, Einaudi,
Torino. Sempre presso Einaudi (che ha in corso la pubblicazione delle Opere,
a cura di Giorgio Agamben) cfr. anche: Avanguardia e rivoluzione, Critiche e
recensioni, Diario moscovita, Il concetto di critica nel romanticismo
tedesco (Scritti 1919-1922), Il dramma barocco tedesco, Immagini di citta',
Infanzia berlinese, Metafisica della gioventu' (Scritti 1910-1918), Ombre
corte (Scritti 1928-1929), Parigi capitale del XIX secolo, Strada a senso
unico, Sull'hascisch, Teologia e utopia (Carteggio 1933-1940 con Gershom
Scholem), Tre drammi radiofonici, e le Lettere (1913-1940). Presso Adelphi
cfr. la sua antologia di lettere commentate di autori del passato, Uomini
tedeschi. Opere su Walter Benjamin: per la bibliografia: M. Brodersen,
Walter Benjamin. Bibliografia critica generale (1913-1983), Aesthetica,
Palermo 1984; R. Cavagna, Benjamin in Italia. Bibliografia italiana,
1956-1980, Sansoni, Firenze 1982. Saggi: cfr. almeno AA. VV. (a cura di
Franco Rella), Materiali su Walter Benjamin, Venezia 1982; AA. VV., Paesaggi
benjaminiani, fascicolo monografico della rivista "aut aut", nn. 189-190,
1982; AA. VV., Walter Benjamin. Tempo storia linguaggio, Editori Riuniti,
Roma 1983;  Hannah Arendt, Il pescatore di perle, Mondadori, Milano 1993
(saggio incluso anche in Hannah  Arendt, Il futuro alle spalle, Il Mulino,
Bologna); Fabrizio Desideri, Walter Benjamin. Il tempo e le forme, Editori
Riuniti, Roma 1980; Hans Mayer, Walter Benjamin, Garzanti, Milano 1993;
Gershom Scholem, Walter Benjamin e il suo angelo, Adelphi, Milano 1978;
Gershom Scholem, Walter Benjamin. Storia di un'amicizia, Adelphi, Milano
1992. Cfr. anche Paolo Pullega, Commento alle "Tesi di filosofia della
storia" di Walter Benjamin, Cappelli, Bologna 1980]

In molti modi, sia Simone Weil, ne La prima radice, sia Walter Benjamin,
nelle Tesi di filosofia della storia, hanno richiamato l'attenzione sulla
necessita', per gli "oppressi" (il termine e' weiliano), di riallacciarsi
alla "storia dei vinti", di decentrarsi, cioe', dal punto di vista dei
dominatori per ridisegnare, in proprio, il "patrimonio culturale", che,
altrimenti, e' sempre una preda trascinata dietro al carro del vincitore. Vi
e', in tali posizioni, consapevolezza del fatto che gli oppressi devono
continuamente tentare di riappropriarsi del linguaggio, di ridisegnare la
storia e la cultura, per poter definire la loro stessa esperienza: il
linguaggio e la storia sono campi di battaglia in cui si gioca la lotta per
il senso, per la dicibilita' della propria esperienza.

6. RIFLESSIONE. HANS MAGNUS ENZENSBERGER: POESIE MORALI
[Dalla bella rivista diretta da Goffredo Fofi "Lo straniero", n. 25, luglio
2002 (sito: www.lostraniero.net) riprendiamo le seguenti poesie di
Enzensberger, nella traduzione di Anna Maria Carpi. Hans Magnus
Enzensberger, poeta e saggista tedesco, nato nel 1929. Ma anche: redattore
radiofonico, consulente editoriale, drammaturgo, romanziere, traduttore,
scrittore indipendente, direttore di una delle piu' citate riviste della
stagione generosa dell'impegno politico degli intellettuali: "Kursbuch". I
suoi testi piu' belli ereditano movenze e motivi brechtiani e francofortesi,
alcuni suoi antichi versi sono indimenticabili analisi politiche in toni
ironici e sapienziali ad un tempo. Opere di Hans Magnus Enzensberger: per la
poesia segnaliamo Poesie per chi non legge poesia, Feltrinelli; Mausoleum,
Einaudi; La fine del Titanic, Einaudi; La furia della caducita', Se; per la
saggistica: Questioni di dettaglio, Feltrinelli; Palaver, Einaudi; Politica
e terrore, Politica e gangsterismo, Savelli; Sulla piccola borghesia, Il
Saggiatore; In difesa della normalita', Mondadori; Dialoghi tra immortali,
morti e viventi, Se, poi Mondadori; La grande migrazione, Einaudi;
Prospettive sulla guerra civile, Einaudi. Segnaliamo inoltre due libri  ad
un tempo cosi' anomali e cosi' tipici dell'Enzensberger migliore, quello che
sa fare della citazione e del montaggio di materiali un uso creativo e
disvelatore: Colloqui con Marx e Engels, Einaudi; La breve estate
dell'anarchia, Feltrinelli]

Sulla questione dei bisogni

Nessuno ci bada se al bar della spiaggia
l'odio per la pace si traduce
in un pugno nello stomaco.
Non ci vuol molto - e il commerciante di mobili,
recluso fra divisori precisi al centimetro,
da' fuoco al suo materasso
e il bancario vomita al cesso
e il collezionista di vetri filati sfracella,
ribellione in extremis,
il suo preziosissimo incubo;
mentre il giovane turco, stremato
dopo la rissa al coltello,
sogna una cabriolet bianca come la neve,
il nazista dopo un meeting di urla
porta a toilettare il cagnolino
e il terrorista scampato
si abbandona, con un gran sospiro,
nel dondolo col baldacchino.

*

Tutto sotto controllo

Indagini segnalano che il 56% degli esseri
anonimi che stanno accovacciati sui tappetini da fitness
soffrono di psoriasi.
Come in un magnifico videogioco
si moltiplicano le congiure.
Fuori c'e' odore di crolli di borsa.
Nelle lenti cerchiate d'oro di chi l'ha brevettato
si rispecchia il nostro gene di topo piu' recente.
Il presidente degli Stati Uniti mastica noccioline
davanti al televisore che esplode.
Nelle toilette delle donne le popstar uggiolano misericordia.
Macchine sempre piu' in miniatura
si addentrano nel tuo cervello.
Nelle zone in stato d'emergenza
mancano i reggiseno extra-large.
In cerca della natura incontaminata
padri di famiglia vagano per gli aeroporti,
nel fetore di grasso di patatine.
I ratti sono i primi ad abbandonare
la discoteca in fiamme.
Divinita' senza lavoro si rifugiano
quando piove nei loro scatoloni.
Le autorita' competenti assicurano
che la popolazione non corre alcun rischio.

*

Disarmonia prestabilita

Per ognuno di quelli che spaccano
la loro bottiglia di birra in testa a un tamil
al pronto soccorso c'e' un chirurgo
che ricuce i crani.
E viceversa.
Per ogni cercamine
che rischia la pelle
un mercante d'armi.
E viceversa.
Per ogni stupratore una donna
con in mano il coltello da carne,
per ogni assistente sociale un neonazi,
per ogni stipendio alto
un'inchiesta tributaria, per ogni mostro
una soave madonna, e viceversa.
Ah, ha il suo bel daffare
ognuno di noi.
E non s'intravvede una fine.

*

Ordine del giorno

Telefonare consulente fiscale, lavorare un po'.
Meditare sulla foto di una donna
che si e' ammazzata.
Andare a vedere quando si e' cominciata a usare
l'espressione immagine del nemico.
Dopo il tuono osservare le bolle
che il nubifragio forma sul lastrico
e bere l'aria bagnata.
Fumare e guardare un po' di televisione senz'audio.
Chiedersi di dove viene il prurito del sesso
durante una squallida riunione.
Pensare per sette minuti all'Algeria.
Dar fuori in bestemmie come un dodicenne
su un'unghia che si e' spezzata.
Ricordarsi di una precisa sera,
ventun anni fa, era di giugno,
un pianista nero suonava il cha cha cha
e qualcuno piangeva di rabbia.
Non dimenticare di comprare il dentifricio.
Cercar di capire perche' e_i = - 1 ;
perche' Dio non lascia mai
in pace gli uomini, e neanche il contrario.
Cambiare la lampadina in cucina.
Ritirare dal balcone, con cautela,
la cornacchia fradicia, arruffata, inanimata.
Contemplare le nuvole, le nuvole.
Ma anche dormire, dormire.

*

Sintomi di astinenza

Io volentieri diserto. Strategia
o cara abitudine
per questo davvero non c'e' bisogno
di arrivare ai settanta.
Non rispondere a certe sollecitazioni
gia' a quindici mi sembrava
assolutamente opportuno.
Allora mi dicevo:
un po' di distacco non nuoce.
Ritirarsi, affermano gli esperti,
e' un'arte anche questa.
Andare all'attacco di interi eserciti
per il singolo ha poca speranza di riuscita,
se non in casi estremi.
Altri la vedono diversamente,
vanno volentieri al fronte,
con grandi strepiti combattono
battaglie perdute.
Non e' sempre facile dire
cosa sia meglio. Io ad ogni modo
preferisco sottrarmi,
se e' necessario, anche a me stesso.

7. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

8. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it,
luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at inwind.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 1041 del 2 settembre 2005

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