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La nonviolenza e' in cammino. 1014
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 1014
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Sat, 6 Aug 2005 00:25:34 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1014 del 6 agosto 2005 Sommario di questo numero: 1. Riletture: Guenther Anders, Amare, ieri 2. Riletture: Guenther Anders, Discorso sulle tre guerre mondiali 3. Riletture: Guenther Anders, Essere o non essere 4. Riletture: Guenther Anders e Claude Heaterly, Il pilota di Hiroshima 5. Riletture: Guenther Anders, Kafka. Pro e contro 6. Riletture: Guenther Anders, L'uomo e' antiquato (I) 7. Riletture: Guenther Anders, L'uomo e' antiquato (II) 8. Riletture: Guenther Anders, Noi figli di Eichmann 9. Riletture: Guenther Anders, Opinioni di un eretico 10. Riletture: Guenther Anders, Patologia della liberta' 11. Riletture: Guenther Anders, Stato di necessita' e legittima difesa 12. Riletture: Guenther Anders, Tesi sull'eta' atomica 13. Riletture: Guenther Anders, Uomo senza mondo 14. Riletture: Pier Paolo Portinaro, Il principio disperazione 15. Omero Dellistorti: "No al nucleare, civile e militare" 16. Vittorio Capecchi: Perche'? 17. Enti locali per la messa al bando delle armi nucleari 18. Da una lettera di Margite all'amico suo Misone, a proposito delle prossime elezioni politiche 19. Wanda Tommasi presenta "The psychic life of power" di Judith Butler 20. Chiara Zamboni presenta "Weltliebe" di Andrea Guenter 21. La "Carta" del Movimento Nonviolento 22. Per saperne di piu' 1. RILETTURE. GUENTHER ANDERS: AMARE, IERI Guenther Anders, Amare, ieri. Appunti sulla storia della sensibilita', Bollati Boringhieri, Torino 2004, pp. 172, euro 16. Pubblicate nel 1986, queste note di diario scritte tra 1947 e 1949, che leggono con grande finezza e sapienza fenomenologica atteggiamenti, sentimenti e relazioni della vita intima e quotidiana, costituiscono un aspetto meno noto ma pienamente coerente e per cosi' dire idealtipico della riflessione del grande filosofo e militante (1902-1992) implacabile denunziatore dell'eta' atomica, della tecnica disumanata, della violenza totalitaria ed annichilista. 2. RILETTURE. GUENTHER ANDERS: DISCORSO SULLE TRE GUERRE MONDIALI Guenther Anders, Discorso sulle tre guerre mondiali, Linea d'ombra, Milano 1990, pp. 112, lire 12.000. Due saggi: "I morti. Discorso sulle tre guerre mondiali" del 1964, e "Hiroshima e' dappertutto. Una prefazione" del 1982, in cui Anders torna a tematizzare la sua pressoche' solitaria, inesausta ed insieme cosi' cruciale meditazione e azione di pensatore e militante antifascista e antimilitarista, la voce piu' nitida del movimento antinucleare, lo sguardo piu' acuto del movimento contro la guerra e contro il totalitarismo. 3. RILETTURE. GUENTHER ANDERS: ESSERE O NON ESSERE Guenther Anders, Essere o non essere. Dario di Hiroshima e Nagasaki, Einaudi, Torino 1961, pp. XVIII + 216. Un libro capitale. Nella traduzione di Renato Solmi, con prefazione di Norberto Bobbio. 4. RILETTURE. GUENTHER ANDERS E CLAUDE EATHERLY: IL PILOTA DI HIROSHIMA Guenther Anders e Claude Heaterly, Il pilota di Hiroshima. Ovvero: la coscienza al bando, Einaudi, Torino 1962, Linea d'ombra, Milano 1992, pp. 224, lire 15.000. Il carteggio tra Anders e Heaterly tra 1959 e 1961 (durante la detenzione del pilota americano). Con una introduzione di Robert Jungk, una prefazione di Bertrand Russell, nella traduzione di Renato Solmi. Un libro fondamentale, una lettura indispensabile. 5. RILETTURE. GUENTHER ANDERS: KAFKA. PRO E CONTRO Guenther Anders, Kafka. Pro e contro. I documenti del processo, Gabriele Corbo Editore, Ferrara 1989, pp. XVIII + 138, lire 18.000. Pubblicato nel 1951, e da ultimo incluso in Uomo senza mondo nel 1980, un giustamente celebre saggio. 6. RILETTURE. GUENTHER ANDERS: L'UOMO E' ANTIQUATO (I) Guenther Anders, L'uomo e' antiquato. Considerazioni sull'anima nell'era della seconda rivoluzione industriale, Il Saggiatore, Milano 1963, pp. 336. Pubblicato nel 1956, uno dei libri fondamentali del pensiero novecentesco che conta. 7. RILETTURE. GUENTHER ANDERS: L'UOMO E' ANTIQUATO (II) Guenther Anders, L'uomo e' antiquato. Sulla distruzione della vita nell'epoca della terza rivoluzione industriale, Bollati Boringhieri, Torino 1992, pp. VI + 430, s. i. p. Pubblicato nel 1980, il secondo volume del capolavoro di Anders. 8. RILETTURE. GUENTHER ANDERS: NOI FIGLI DI EICHMANN Guenther Anders, Noi figli di Eichmann, La Giuntina, Firenze 1995, pp. 112, lire 15.000. Due lettere scritte da Guenther Anders al figlio di Adolf Einchmann, nel 1964 e nel 1988. Una lettura imprescindibile. 9. RILETTURE. GUENTHER ANDERS: OPINIONI DI UN ERETICO Guenther Anders, Opinioni di un eretico, Theoria, Roma-Napoli 1991, pp. 110, lire 9.000. Un'intervista di Mathias Greffrath a Guenther Anders del 1979 che puo' fungere da agile ed utile introduzione alla conoscenza del grande filosofo e militante. 10. RILETTURE. GUENTHER ANDERS: PATOLOGIA DELLA LIBERTA' Guenther Anders, Patologia della liberta', Palomar, Bari 1993 (ma 1994), pp. 132, lire 25.000. Due saggi di Anders apparsi in rivista negli anni '30, e due saggi su di lui di Konrad Paul Liessmann e di Rosarita Russo. 11. RILETTURE. GUENTHER ANDERS: STATO DI NECESSITA' E LEGITTIMA DIFESA Guenther Anders, Stato di necessita' e legittima difesa. Violenza si' o no: una critica del pacifismo, Edizioni cultura della pace, San Domenico di Fiesole (Fi) 1997, pp. 80, lire 17.000. Un libro del 1987 che occorre aver letto. Con una presentazione di Goffredo Fofi. 12. RILETTURE. GUENTHER ANDERS: TESI SULL'ETA' ATOMICA Guenther Anders, Tesi sull'eta' atomica, Edizioni del Centro di ricerca per la pace, Viterbo 1991, pp. 16, diffusione gratuita. Una edizione "povera" della geniale sintesi andersiana del 1960, che abbiamo piu' volte ripubblicato su questo foglio. 13. RILETTURE. GUENTHER ANDERS: UOMO SENZA MONDO Guenther Anders, Uomo senza mondo. Scritti sull'arte e la letteratura, Spazio Libri Editori, Ferrara 1991, pp. 238, lire 30.000. I folgoranti saggi andersiani su Doeblin, Brecht, Heartfield, Broch e Grosz pubblicati tra gli anni '40 e '70 e raccolti in volume nel 1984 (insieme a quello su Kafka edito in italiano a se', segnalato sopra). 14. RILETTURE. PIER PAOLO PORTINARO: IL PRINCIPIO DISPERAZIONE Pier Paolo Portinaro, Il principio disperazione. Tre studi su Guenther Anders, Bollati Boringhieri, Torino 2003, pp. 180, euro 13. Una bella monografia su Guenther Anders di uno dei piu' acuti studiosi di decisivi problemi politici e morali dell'epoca presente, che vivamente raccomandiamo. 15. EDITORIALE. OMERO DELLISTORTI: "NO AL NUCLEARE, CIVILE E MILITARE" [Ringraziamo per questo intervento il nostro buon amico Omero Dellistorti, vecchio collaboratore del "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo] Ero giovane, ero un militante rivoluzionario, ero povero. Quell'inverno faceva cosi' freddo che quando non c'erano riunioni o iniziative andavo a leggere alla sala d'aspetto della stazione ferroviaria, per riscaldarmi. Li' lessi Opera aperta di Eco (o era Apocalittici e integrati? non ricordo bene), e quel saggio in cui polemizzava con Anders sulla televisione, leggendo il quale mi convinceva sempre piu' che proprio Anders avesse ragione. Passarono forse anni. Trovai L'uomo e' antiquato su una bancarella. Lo lessi d'un fiato. Mi persuase per sempre. Poi cercai tutte le altre opere, me ne sfamai con fauci di lupo, ma questa e' un'altra storia. Guenther Anders e' il filosofo che piu' di ogni altro ha saputo cogliere quelle che Balducci ha chiamato "le verita' di Hiroshima", che piu' di ogni altro ci ha detto la verita' sull'ora presente, e quale fosse - quale sia - la lotta da condurre. * Se la memoria non m'inganna l'incipit di Hiroshima mon amour di Resnais e' folgorante, come anche quel suo documentario Nuit et bruillard di qualche anno prima: il ricordo di Auschwitz e quello di Hiroshima credo siano gli eventi che piu' hanno segnato le mie scelte di vita, e credo di molte e molti altri: il lager (e il gulag), la guerra sterminatrice, il totalitarismo che in vita e in morte riduce le donne e gli uomini in niente, in scoria, in tormento infinito e infinito silenzio. Anni dopo dedicai anch'io un brano (quella cosa che viene sbranata) della mia vita a cercare di dare una mano alla lotta di Nelson Mandela (e di Benny Nato, questo indimenticabile generoso amico, sublime un eroe della mitezza che resiste): mi parve che in quella resistenza, la lotta di un popolo per abbattere l'apartheid, si stava lottando contro Auschwitz e contro Hiroshima; sentii che in Sud Africa si stava combattendo per salvare l'umanita' intera dal trionfo hitleriano. Il giorno che Mandela usci' dal carcere mi parve si aprisse una speranza grande, che la successiva straordinaria vicenda della Commissione per la verita' e la riconciliazione ha confermato. Ma non c'era da farsi illusioni, la lotta sarebbe continuata ancora a lungo. Piu' che mai oggi, che sembra che Hitler sia ancora una volta riemerso dall'inferno, "a luta continua". * Ero a Pian dei Cangani, campagna di Montalto di Castro, nel 1977 a quella prima manifestazione contro la decisione di costruire li' una centrale nucleare. C'ero ancora anche dieci anni dopo - nel frattempo: Cernobyl - all'ultima davanti ai cancelli: quando la carica di ragazzini in divisa mi stropiccio' - diciamo cosi' - non poco (e mi fece - diciamo cosi' - per un attimo temere che mi rompessero la testa per sempre). Ma l'avemmo vinta noi, vincemmo il referendum, il nucleare almeno qui si fermo'. Nel mezzo: l'esperienza del movimento contro gli euromissili, Comiso; e la nascita della nuova ecologia (e il rapido declino di gran parte delle sue rappresentanze politiche e istituzionali in carrierismo e clientele, arraffamento e complicita'). Poi il crollo dei regimi totalitari all'est, che cosi' fervidamente noi comunisti di sinistra dell'ovest senza esitazioni solidali coi dissidenti avevamo desiderato; e l'immediato riciclaggio dei settori peggiori delle nomenklature nelle mafie restate al potere; e il trionfo del capitalismo piu' rapace e assassino su scala planetaria. * Talora mi capita di incontrare i vecchi compagni di allora, quelli ancora vivi e che non hanno ceduto (ogni anno qualcuno ci lascia: Dario Paccino or non e' guari). Non c'e' bisogno tra noi di molte parole. Basta un sorriso. Non ci hanno piegati. Non ci piegheranno oggi. Il dottor Stranamore non ha ancora vinto. Mi chiedono talvolta amici piu' giovani (che temo ci percepiscano come animali antidiluviani inaspriti contro tutto e tutti - e non capiscono perche' disprezziamo chi per far carriera fa morire la gente, chi pontifica a mane e a sera riscuote l'obolo della complicita' col male, chi indossa il candido vello e sotto reca irsuto l'abito del vorace, e ci ripugnano anche le condotte di tanti che pure si dicono per la pace e albergano palese la foia del dominio, che sempre e' assassina), perche' abbiamo tenuto duro, per quale motivo non abbiamo mai voluto "fare il compromesso". Per questo, rispondo: perche' non abbiamo saputo, o potuto, o voluto dimenticare Auschwitz; non abbiamo voluto, o potuto, o saputo dimenticare Hiroshima. Come potremmo? E a tutte le guerre, a tutti gli eserciti, a tutte le armi, a tutti i campi di concentramento, a tutte le torture, a tutte le uccisioni: siamo restati per sempre nemici. Non e' per candore che abbiamo scelto la nonviolenza, ma per una interiore, imperiosa, rigorosa necessita' di non tradire le vittime, di non tradire l'umanita'. Poiche' solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'. 16. MEMORIA. VITTORIO CAPECCHI: PERCHE'? [Dal quotidiano "Il manifesto" del 4 agosto 2005. Vittorio Capecchi e' docente universitario, illustre sociologo, direttore della prestigiosa rivista "Inchiesta", intellettuale di forte impegno civile] Da sessanta anni, ad ogni anniversario dello sterminio delle donne e degli uomini di Hiroshima e Nagasaki, la domanda a cui si tenta di rispondere e': "perche'?". Oggi, grazie all'ampia documentazione a disposizione, a questa domanda si puo' rispondere senza particolari incertezze. Ma non solo. La domanda, da generico sgomento di fronte all'orrore che quell'avvenimento continua a suscitare, puo' essere meglio formulata e articolata: perche' il presidente americano Truman autorizzo' un crimine contro l'umanita' dopo che il Giappone si era arreso? E come e' stato possibile che questo crimine contro l'umanita' sia rimasto impunito? * La bomba: inutile per la resa del Giappone La sequenza degli eventi puo essere ricostruita nel dettaglio. La Germania ha firmato la resa l'8 maggio 1945 e anche il Giappone e' ormai pronto ad arrendersi: non ha piu' un apparato militare offensivo e si trova con "milioni di persone senza casa e le citta' distrutte nella percentuale del 25-50%" (dichiarazione dell'8 luglio 1945 dell'Us-British Intelligence Committee). Cio' che accade nel mese di luglio e' particolarmente importante: e' una storia in cui si intrecciano i rapporti tra Usa e Urss per il controllo del Sud Est asiatico, la volonta' degli scienziati di sperimentare la bomba atomica, la decisione di sterminio di un presidente americano, il destino della popolazione inerme di due citta' giapponesi. Documenti, a lungo rimasti segreti e censurati, mostrano che la resa del Giappone avviene il 12 luglio quando l'imperatore giapponese, attraverso il suo primo ministro Togo, invia un telegramma all'ambasciatore Sato a Mosca in cui chiede alla Russia (che non ha ancora formalmente dichiarato guerra al Giappone) di fare da intermediaria per trattare la resa. L'imperatore e' per una resa incondizionata e chiede solo che questa non comporti la sua destituzione per salvaguardare la "sacralita'" della sua figura (condizione, del resto, che verra' accettata dal governo americano, ma solo dopo aver sperimentato le due bombe atomiche). Truman e' a conoscenza della resa dell'imperatore, come risulta dal suo diario autografo (reso pubblico dopo gli anni '70) in cui scrive il 18 luglio: "Stalin aveva messo a conoscenza il Primo Ministro del telegramma dell'imperatore giapponese che chiedeva la pace. Stalin mi disse inoltre cosa aveva risposto. Era fiducioso. Credeva che il Giappone si sarebbe arreso prima dell'intervento russo". Da notare che sempre nello stesso diario Truman aveva annotato il giorno prima che "Stalin dichiarera' guerra al Giappone il 15 agosto. Quando avverra', sara' la fine per i giapponesi". Il 16 luglio, intanto, era stato fatto il primo test della bomba atomica nel New Mexico e Truman era stato ufficiamente informato che il risultato del test era positivo: la bomba era pronta e poteva essere sganciata sul Giappone. La fine della guerra e la resa del Giappone sono previste entro poche settimane (tra il 18 luglio e il 15 agosto). Ciononostante, la decisione di Truman e' quella di usare la bomba, distruggere due intere citta' giapponesi e condannare ad una morte atroce uomini donne, bambini inermi. Ancora una volta la domanda e': perche'? * La bomba: per dominare il dopoguerra La risposta oggi convergente da tutte le fonti e' che cio' che ha influenzato la decisione di Truman non era un temuto prolungamento della guerra (ormai di fatto terminata) ma il dopoguerra: se l'Urss avesse dichiarato formalmente la guerra al Giappone il 15 agosto, le sue armate avrebbero potuto entrare prima di quelle americane nel Giappone arreso ed in ogni caso, nel dopoguerra, gli Stati Uniti avrebbero dovuto spartire con l'Urss la loro sfera di influenza nel Sud Est asiatico. Si tratta di una ipotesi confermata da una osservazione di Winston Churchill, il 23 luglio 1945: "E' chiarissimo che al momento gli Stati Uniti non desiderano la partecipazione russa alla guerra con il Giappone". Nella stessa direzione vanno altre testimonianze. Nel diario di James V. Forrestal (ministro della marina Usa) si puo' leggere che "il segretario di stato Byrnes aveva una gran fretta di concludere la questione giapponese prima che i russi entrassero in gioco". Il fisico Leo Szilard (che firmo' il 7 luglio del 1945 la prima petizione contro l'utilizzo della bomba atomica) nel 1948 ha scritto: "Mr. Byrnes non argomento' che l'uso della bomba atomica contro le citta' del Giappone fosse necessario per vincere la guerra. Egli sapeva, come anche tutto il resto del governo, che il Giappone era battuto sul campo. Pero' Byrnes era molto preoccupato per la crescente influenza della Russia in Europa". Anche Albert Einstein ("New York Times", 14 agosto 1946) affermo' che nella decisione di gettare le due bome atomiche la causa principale era stato "il desiderio di metter fine con ogni mezzo alla guerra nel Pacifico prima della partecipazione della Russia. Io sono certo che se ci fosse stato il presidente Roosevelt questo non sarebbe accaduto. Egli avrebbe proibito un'azione del genere". Sembrerebbe, dunque, che ci troviamo di fronte ad un crimine contro l'umanita' come "misura preventiva". * La bomba: chi era contro e chi a favore Contro l'uso dell'atomica si dichiararono le massime autorita' militari. Dice il generale Dwight D. Eisenhower: "Ero convinto che il Giappone fosse gia' sconfitto e che il lancio della bomba fosse del tutto inutile... In quel momento il Giappone stava cercando un modo per arrendersi il piu' dignitosamente possibile. Non era necessario colpirli con quella cosa spaventosa". E dello stesso tipo sono le dichiarazioni dell'ammiraglio William Leahy, capo di stato maggiore: "I giapponesi erano gia' sconfitti e pronti alla resa. L'uso di questa arma barbara contro Hiroshima e Nagasaki non ci fu di nessun aiuto nella nostra guerra contro il Giappone. Nell'usarla per primi adottammo una norma etica simile a quella dei barbari nel medioevo. Non mi fu mai insegnato a fare la guerra in questo modo, e non si possono vincere le guerre sterminando donne e bambini". Leahy individua anche il gruppo che e' stato piu' a favore: "Gli scienziati ed altri volevano sperimentarla, date le enormi somme di denaro che erano state spese nel progetto: due miliardi di dollari". Quindi, a parte il limitato gruppo dei fisici che era sulle posizione di Szilard e Einstein, c'e' un gruppo consistente di attori legati al costosissimo progetto Manhattan che desidera "rendere produttivo l'investimento". Si arriva cosi' al 25 luglio, quando il Comitato presieduto da Truman e Byrnes (con anche la presenza del rettore dell'Universita' di Harvard James Conant, invitato al Comitato "a nome della societa' civile", che vergognosamente appoggia lo sterminio) ordina al generale Caarl Spatz dell'Air Force la "missione atomica" su quattro possibili obiettivi (Hiroshima, Kokura, Niigata e Nagasaki) indicando una data provvisoria (il 3 agosto). La prima bomba atomica scendera' sul centro di Hiroshima il 6 agosto alle ore 8,15 del mattino quando le scolaresche vanno a scuola e le donne e gli uomini al lavoro; la seconda scendera' il 9 agosto alle 11,02 nel quartiere piu' povero (prevalentemente cattolico) di Nagasaki (tra le due bombe arriva, ormai ininfluente, la dichiarazione di guerra della Russia al Giappone). Per documentare l'entusiasmo che l'annuncio di questo crimine contro l'umanita' riceve negli Stati Uniti si puo' ricordare la testimonianza del fisico Sam Cohen sulla sera del 6 agosto 1945: "Quella sera, Oppenheimer non passo' dall'ingresso laterale, fece piuttosto una entrata trionfale come Napoleone al ritorno di una grande vittoria. Mentre entrava, tutti - a eccezione forse di una o due persone - si alzarono in piedi applaudendo e battendo i piedi; erano veramente orgogliosi che cio' che avevano costruito avesse funzionato ed erano orgogliosi di se stessi e di Oppenheimer". * La bomba: come fu mistificata Nonostante l'euforia, Truman si rende conto che non puo' rivelare al mondo che ha ordinato un crimine contro civili senza che ve ne fosse bisogno per finire la guerra. Due sono le strategie utilizzate: la menzogna e la censura. La prima menzogna (quella con le gambe corte) e' detta da Truman alla radio il 9 agosto quando afferma che "la prima bomba atomica e' stata sganciata su Hiroshima, una base militare". La seconda menzogna (quella con le gambe lunghe) serve a nascondere che il Giappone aveva gia' dichiarato la resa: la bomba e' "giustificata" dal numero di morti americani evitato. Come affermo' Truman il 15 dicembre 1945: "A me sembrava che un quarto di milione dei nostri giovani uomini nel fiore degli anni valesse un paio di citta' giapponesi". Viene poi fatta scattare una durissima censura sia negli Stati Uniti che in Giappone. Ad Eisenhower viene inviato il 2 aprile 1946 un memorandum in cui si ordina: "Da nessuno dei documenti destinati alla pubblicazione deve risultare che la bomba atomica fu lanciata su un popolo che aveva gia' cercato la pace", e nel 1946 venne approvato l'Atto dell'energia atomica che prevedeva l'ergastolo e la pena di morte per chi divulgasse "documenti protetti da segreto, con lo scopo di danneggiare gli Stati Uniti". In Giappone il silenzio stampa e la censura di qualunque commento critico all'uso dell'atomica furono ferrei fino al 1949. Le due bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki non hanno segnato, dunque, la fine della seconda guerra mondiale ma l'inizio di una nuova era. Quella che usa lo sterminio come misura preventiva, separa l'economia e la politica dall'etica, difende la "neutralita'" della ricerca scientifica, legittima la menzogna e l'impunita' per chi ha il potere. Il neoliberismo alla Bush e' stato anticipato sessanta anni fa da Harry Truman. * Postilla. Impunita' e oblio contro la memoria E' importante fare attenzione alla volonta' di menzogna della destra. In questi giorni viene venduto nelle edicole un supplemento di alcuni quotidiani che fa proprie le menzogne di Truman evitando di citare le fonti che documentano la resa dell'imperatore prima dell'uso della bomba. Queste fonti sono ben documentate nei libri di Gar Alperowitz (The decision to use the atomic bomb, Alfred Knops, New York, 1995) e di Jay Robert Lifton e Gregg Mitchell (Hiroshima in America, Avon Books, New York, 1995) che, fra l'altro, ricostruisce con molti dettagli la carriera di Harry Truman ed i suoi collegamenti con la mafia locale ed il Ku Klux Klan. Da leggere i due numeri speciali sulla bomba atomica usciti in questo mese di "Sapere" e "Alias" e, tra i libri piu' recenti, quello di Stefania Maurizi, Una bomba dieci storie. Gli scienziati e l'atomica, Bruno Mondadori, Milano 2004. Consiglio poi didatticamente di andare sul sito ufficiale di Hiroshima (www.pcf.city.hiroshima.jp) e, dopo aver precisato che sono trecentomila le vittime dirette e indirette delle due bombe, raccontare in classe la storia (che nel sito e' a fumetti) di Sadako Sasaki, nata a Hiroshima nel 1943, sopravvissuta alla bomba ma morta per leucemia a dodici anni nel 1955 a causa delle radiazioni. La storia di questa bambina ha ispirato il monumento alla pace dei bambini a Hiroshima perche' prima di morire cerco' di costruire secondo la tradizione giapponese piu' di mille gru di carta ("se costruisci piu' di mille gru di carta i tuoi desideri si avvereranno") e bambine e bambini di tutto il mondo le inviarono questi delicati origami mentre passava il suo ultimo anno di vita in ospedale. Altri siti validi sono: www.peace-nagasaki.go.jp; www.dannen.com/szilard.html; www.csi.ad.jp; www.ask.ne.jp; www.atomicmirror.org; www.theenolagay.com 17. INIZIATIVE. ENTI LOCALI PER LA MESSA AL BANDO DELLE ARMI NUCLEARI [Da varie strutture e persone amiche riceviamo e diffondiamo] I sindaci dei Comuni di Ghedi, Castenedolo, Montirone e Borgosatollo, in provincia di Brescia, partecipano il 6 agosto alle iniziative per la messa al bando delle armi nucleari previste in occasione del sessantesimo anniversario dello sgancio delle bombe atomiche sulle citta' giapponesi di Hiroshima e Nagasaki. La notizia e' emersa a conclusione di un incontro che si e' tenuto nei giorni scorsi presso il municipio di Ghedi, dove si sono incontrati una rappresentanza dell'associazione "Beati i costruttori di pace", che organizza gli eventi, e i sindaci dei quattro comuni adiacenti all'aeroporto militare di Ghedi, dove secondo una organizzazione non governativa americana sono stoccate 40 testate nucleari B-61 pronte all'uso. "Ringrazio 'Beati i costruttori di pace' per aver promosso questa campagna - afferma Anna Guarnieri, prima cittadina di Ghedi - e per avermi cosi' dato la possibilita' di esprimermi su questo tema scottante della pace e della guerra. Credo che solo con la pace si possano evitare atti terroristici come quelli che hanno sconvolto Londra nei giorni scorsi e auspico che le iniziative che ci vedranno coinvolti ai primi di agosto, anche se simboliche, possano aiutare l'opinione pubblica a capire che la violenza porta solo dolore". I quattro sindaci bresciani si sono impegnati ad allargare l'iniziativa a tutti i primi cittadini della zona, nonche' a promuovere l'adesione alla proposta "Sindaci per la pace" del sindaco di Hiroshima. In tal senso, attraverso l'Anci, intendono allargare l'iniziativa a tutti i Comuni d'Italia. "Quanto all'aeroporto militare ospitato nel nostro territorio - continua Anna Guarnieri - tengo a ricordare che non ho nulla contro i militari: fanno il loro lavoro e rispondono di esso ai loro superiori. Cio' nonostante mi auguro che la campagna per la messa al bando delle armi nucleari possa avere successo e che veramente entro il 2020, come auspica il sindaco di Hiroshima, il mondo possa essere liberato dalla minaccia delle armi atomiche". Il programma delle iniziative concordate prevede la sera del 5 agosto nella Sala consiliare di Ghedi la visione del film "Original child bomb" cui fara' seguito la testimonianza di Seiko Ikeda, una dei sopravvissuti di Hiroshima, nonche' un intervento di Manuela Suriano, vissuta in Giappone e specialista in letteratura delle vicende di Hiroshima e Nagasaki. La mattina del 6 agosto alle ore 8 e' poi previsto il concentramento davanti all'ingresso principale dell'aeroporto militare per la memoria dello scoppio della bomba su Hiroshima, che verra' scandita da tre minuti di silenzio, seguiti dalla testimonianza di Seiko Ikeda. E' previsto anche l'intervento dei sindaci, che saranno presenti con i loro gonfaloni, la lettura e la consegna della lettera ai militari della base, nonche' un intervento di un rappresentante delle associazioni pacifiste. Hanno gia' assicurato la loro presenza alcune organizzazioni per la pace bresciane e il Comune di Firenze. * Le iniziative italiane legate ad "Abolition Now! - la Campagna globale per la messa al bando delle armi nucleari - prevedono anche dal 6 all'8 agosto una serie di appuntamenti a Padova patrocinati dal Comune, nonche' la commemorazione della distruzione di Nagasaki davanti alla base Usaf di Aviano la mattina del 9 agosto. Hanno gia' dato la loro adesione il presidente della Regione Autonoma Trentino-Alto Adige, Luis Durnwalder; quello della Regione Toscana, Claudio Martini; nonche' la Fondazione Culturale Responsabilita' Etica - Onlus - Banca Etica e le Acli provinciali di Pordenone. * Per informazioni sulle iniziative italiane del 6-9 agosto 2005: tel. 0498070522; e-mail: beati at libero.it; sito: www.beati.org Per adesione alla Campagna globale per la messa al bando delle armi nucleari: Rete Italiana per il Disarmo, sito: www.disarmo.org 18. EPISTOLARI. DA UNA LETTERA DI MARGITE ALL'AMICO SUO MISONE, A PROPOSITO DELLE PROSSIME ELEZIONI POLITICHE [Poiche' con tanta gentilezza - e titubanza a un tempo - ci e' stato richiesto, pubblichiamo questa lettera privata, forse non del tutto priva di pubblico interesse] Mio carissimo amico, e della nonviolenza ancora, perdonate se mi permetto di dire due parole (veramente non vorrei divenisse un'abitudine): credo che rispetto alle prossime elezioni politiche sarebbe ora che le persone amiche della nonviolenza uscissero dalla delega e dalla subalternita'. Trovo bizzarro che anche persone non malvage desiderino continuare a presentarsi per cosi' dire col cappello in mano a chi ha riaperto i campi di concentramento in Italia e negato il diritto di voto nelle elezioni amministrative agli immigrati pur regolarmente residenti (la coalizione del governo Prodi), a chi ha trascinato l'Italia nella guerra dei Balcani (il governo D'Alema), a chi (Rifondazione) non ha esitato per miseri interessi di bottega a contribuire a far vincere il blocco berlusconiano con tutto quel che di nefando ne e' conseguito. E trovo che sarebbe onesto dire cio' che tutti quelli che siamo vecchi del mestiere sappiamo: che pensare di imporre vincoli a priori ai singoli parlamentari e' un'ingenuita' in flagrante contraddizione con il criterio decisivo della democrazia parlamentare, quello dell'essere eletti i rappresentanti del popolo senza vincoli di mandato, ovvero di poter deliberare sempre secondo coscienza e non per ordine altrui o per negozi giuridici variamente in precedenza sottoscritti. * E quindi che fare? La mia personale opinione e' che non le singole persone amiche della nonviolenza, ma le organizzazioni che alla nonviolenza si richiamano con provata fedelta' e verificabile rigore (in Italia forse solo Movimento nonviolento e Movimento internazionale della riconciliazione) dovrebbero proporre alla coalizione antifascista - in incontri bilaterali coi crismi dell'ufficialita', non secondo le ignobili e antidemocratiche formule della societa' dello spettacolo - non qualche generico proclama o qualche impegno che poi finirebbe nel calderone degli infiniti altri che si contraggono in questi casi con pressoche' ogni lobby, ma alcune scelte precise verificabili prima (ripeto: prima) delle elezioni: che potrebbero essere ad esempio le seguenti: 1. scrivere a chiare lettere nel programma di governo la scelta della nonviolenza come principio informatore di scelte politiche concrete fondamentali in materia di sicurezza, difesa, cooperazione internazionale, rappresentanza democratica, legalita' e diritti umani, modello di sviluppo; 2. impegnarsi a candidare persone (in pari numero dell'uno e dell'altro sesso) che per la loro storia personale possano garantire di rappresentare posizioni coerenti con la scelta nonviolenta (dalla nonmenzogna all'opposizione alla guerra, dal disarmo al riconoscimento di tutti i diritti umani a tutti gli esseri umani, eccetera). Il resto mi sembrerebbe ben poco interessante, anzi temo alquanto equivoco. Scusate la frettolosita' (e la conseguente schematicita' e rozzezza di un ragionamento qui appena sbozzato in poche parole). Vogliate credermi vostro umilissimo, devotissimo obbedientissimo eccetera 19. LIBRI. WANDA TOMMASI PRESENTA "THE PSYCHIC LIFE OF POWER" DI JUDITH BUTLER [Dalla rivista "Per amore del mondo" (nel sito: www.diotimafilosofe.it) riprendiamo il seguente articolo di Wanda Tommasi. Wanda Tommasi e' docente di storia della filosofia contemporanea all'Universita' di Verona, fa parte della comunita' filosofica di "Diotima". Opere di Wanda Tommasi: La natura e la macchina. Hegel sull'economia e le scienze, Liguori, Napoli 1979; Maurice Blanchot: la parola errante, Bertani, Verona 1984; Simone Weil: segni, idoli e simboli, Franco Angeli, Milano 1993; Simone Weil. Esperienza religiosa, esperienza femminile, Liguori, Napoli 1997; I filosofi e le donne, Tre Lune, Mantova 2001; Etty Hillesum. L'intelligenza del cuore, Edizioni Messaggero, Padova 2002; La scrittura del deserto, Liguori, Napoli 2004. Judith Butler, pensatrice femminista americana, e' docente all'universita' di Berkeley; dal quotidiano "Il manifesto" del 24 marzo 2003 riprendiamo questa presentazione di Judith Butler scritta da Ida Dominijanni: "Judith Butler e' una delle massime figure di spicco nel panorama internazionale della teoria femminista. Docente di filosofia politica all'universita' di Berkeley in California, ha pubblicato nell'87 il suo primo libro (Subjects of Desire) e nel '90 il secondo, Gender Trouble, testo tuttora di culto nei campus americani, cruciale per la messa a fuoco delle categorie del sesso, del genere e dell'identita'. Del '93 e' Bodies that matter (Corpi che contano, Feltrinelli, Milano 1995), del '97 The Psychic Life of Power. Filosofa di talento e di solida formazione classica, Butler appartiene a quello stile di pensiero post-strutturalista che intreccia la filosofia politica con la psicoanalisi, la linguistica, la critica testuale; e a quella generazione del femminismo americano costitutivamente attraversata e tormentata dalle differenze sociali, etniche e sessuali fra donne e dalla frammentazione dell'identita' che ne consegue. Decostruzione dell'identita', analisi del corpo fra materialita' e linguaggio, critica della norma eterosessuale e dei dispositivi di inclusione/esclusione che essa comporta, critica del potere e del biopotere sono gli assi principali del suo lavoro, che sul piano politico sfocia in una strategia di radicalita' democratica basata sulla destabilizzazione e lo shifting delle identita'. Fin da subito attenta ai nefasti effetti dell'11 settembre e della reazione antiterrorista sulla democrazia americana, Butler e' fra gli intellettuali americani maggiormente imegnati nel movimento no-war. 'La rivista del manifesto' ha pubblicato sul n. 35 dello scorso gennaio il suo Modello Guantanamo, un atto d'accusa del passaggio di sovranita' che negli Stati Uniti si va producendo all'ombra dell'emergenza antiterrorista: fine della divisione dei poteri, progressivo svincolamento del potere politico dalla soggezione alla legge, crollo dello stato di diritto con le relative conseguenze sul piano del diritto penale (demolizione delle garanzie processuali) e del diritto internazionale (violazione di trattati e convenzioni). A dimostrazione di come la guerra in nome della liberta' e la soppressione delle liberta' si saldino in un'unica offensiva di abiezione dei 'corpi che non contano', per le strade di Baghdad e nelle gabbie di Guantanamo". Opere di Judith Butler: Corpi che contano, Feltrinelli, Milano 1995] Un libro di Judith Butler, sfortunatamente non ancora tradotto in italiano, The Psychic Life of Power. Theories in Subjection (Stanford University Press, Stanford, California 1997), presenta tre spunti di notevole interesse, che consentono di incrociare, almeno in parte, la ricerca femminista statunitense, attestata, com'e' noto, sulle posizioni egualitarie del gender, con quella europea, piu' vicina al pensiero della differenza sessuale. * Il primo motivo d'interesse e' la riflessione critica sulla nozione di soggettivita', che porta l'autrice a intrecciare, su questo tema, la dimensione sociale e quella intrapsichica, mostrando sostanzialmente che il soggetto e', al tempo stesso, un effetto di assoggettamento - della soggezione subita ad opera del potere (in primo luogo quello genitoriale) - e la condizione della sua capacita' di agire: il soggetto emerge come un'eccedenza rispetto all'assoggettamento, ma e' un'eccedenza condizionata alla radice. Ogni soggetto si forma nella dipendenza - dai genitori, in primo luogo dalla madre -, una dipendenza caratterizzata da un attaccamento passionale, si forma in un assoggettamento che e' condizione della sua stessa nascita come soggetto: questa dipendenza deve essere tuttavia negata, nascosta alla coscienza, affinche' il soggetto possa porre in atto la sua capacita' di agire e di eccedere le condizioni date. Il percorso delineato da Butler e' simile a quello tracciato da Hegel nella Fenomenologia dello spirito, nel passaggio dalla dialettica servo-padrone alla coscienza infelice: e' un percorso che va dall'esistenza del padrone esterno alla sua interiorizzazione, che ne fa un'autorita' interiore; non a caso, Butler dedica una parte consistente del suo libro alla rilettura di queste celebri pagine hegeliane. Qui troviamo un primo motivo di convergenza con il pensiero della differenza sessuale, in particolare con la riflessione che Diotima ha portato avanti, alcuni anni fa, sul tema dell'autorita': criticando l'illusione maschile dell'autonomia, io stessa avevo rilanciato il senso della dipendenza come condizione della nascita della soggettivita' femminile (Il lavoro del servo, In Diotima, Oltre l'uguaglianza, Liguori, Napoli 1995). * Il secondo motivo d'interesse del libro di Butler sta nel riconoscimento dell'attaccamento passionale alla madre come condizione del divenire soggetto: tuttavia, a causa della proibizione a prendere la madre come oggetto di desiderio sessuale, il divenire soggetto e' accompagnato dalla necessita' di fare il lutto per questo interdetto e, spesso, dall'incorporazione malinconica della figura della madre, che e' particolarmente sofferta nel caso di una donna, su cui pesa un doppio interdetto rispetto alla madre, uno legato al divieto dell'incesto e un altro al divieto dell'omosessualita'. Ora, trattando della malinconia connessa al divenire soggetto, Butler insiste molto sull'eterosessualita' obbligatoria come fonte pressoche' esclusiva di una socialita' largamente affetta da malinconia, con accenti che, personalmente, non mi convincono del tutto. L'autrice tuttavia lascia aperto anche un piccolo varco per interpretare, in modo a mio avviso piu' convincente, la malinconia come legata alla propria identificazione sessuale, alla propria identita' di genere. In altri termini, per ogni soggetto, non solo per quello eterosessuale, ci sarebbe da fare il lutto per il fatto di dover diventare donna/uomo e di non poter essere tutto: al posto del lutto, spesso subentra l'incorporazione malinconica del primo oggetto d'amore, la madre. La malinconia risulta cosi' contrapposta al narcisismo: mentre, nell'amore narcisistico, l'altro contrae la mia abbondanza, nella malinconia io contraggo l'assenza dell'altro, lo incorporo e, al tempo stesso, lo preservo dalla mia aggressivita', dissimulandola. * Un terzo motivo d'interesse del testo nasce, a mio avviso, proprio dal riconoscimento implicito in queste ultime considerazioni, che spostano impercettibilmente l'autrice dalla prospettiva del gender per avvicinarla a quella della differenza sessuale: oltre che dalla richiesta di adesione a ruoli sessuali socialmente codificati - il gender -, la malinconia puo' nascere anche dalla necessita' di essere donne/uomini, cioe', piu' radicalmente, a partire dal fatto della differenza sessuale. La malinconia stabilisce in questo modo le basi dell'ego e, al tempo stesso, indica qualcosa del suo statuto, qualificandolo come strumento di contenimento: contenimento della propria aggressivita' verso il primo oggetto d'amore, la madre, incorporata malinconicamente, per non esternare l'aggressivita' e la rabbia provate verso di lei, verso il primo oggetto d'amore perduto. 20. LIBRI. CHIARA ZAMBONI PRESENTA "WELTLIEBE" DI ANDREA GUENTER [Dalla rivista "Per amore del mondo" (nel sito: www.diotimafilosofe.it) riprendiamo il seguente articolo. Chiara Zamboni e' docente di filosofia del linguaggio all'Universita' di Verona, partecipa alla comunita' filosofica femminile di "Diotima". Tra le opere di Chiara Zamboni: Favole e immagini della matematica, Adriatica, 1984; Interrogando la cosa. Riflessioni a partire da Martin Heidegger e Simone Weil, IPL, 1993; L'azione perfetta, Centro Virginia Woolf, Roma 1994; La filosofia donna, Demetra, Colognola ai Colli (Vr) 1997. Andrea Guenter e' nata nel 1963, acuta pensatrice femminista, docente e saggista, studi di filosofia, germanistica e teologia, con specializzazione in filosofia politica e pensiero della differenza sessuale. Tra le opere di Andrea Guenter: Weibliche Autoritaet, Freiheit und Geschlechterdifferenz. Bausteine einer feministischen politischen Theorie, Frankfurt 1996; Literatur, Kultur und Geschlechterpolitik. Feministisch-literaturwissenschaftliche Begriffe und ihre Denk(t)raeume, Koenigstein/Taunus 1997; in collaborazione con Ina Praetorius e Ulrike Wagener, Weiberwirtschaft weiterdenken: Feministische Oekonomiekritik als Arbeit am Symbolischen, Luzern 1998; Politische Theorie und sexuelle Differenz. Feministische Praxis und die symbolische Ordnung der Mutter, Koenigstein/Taunus 1998; Maskerade oder Unbehagen? Psychose oder Neurose? Homo faber oder Natalitaet? Zum Verhaeltnis von Politik und Geschlechterdifferenz, in "Freiburger Frauenstudien", 1/1999; Politik des Begehrens, Politik der Beziehungen und Politik des Symbolischen. Italienische Anregungen fuer frauenbewegtes Denken in Deutschland, in "Freiburger Frauenstudien", 2/1999; in collaborazione con Ina Praetorius, Der feministische Paradigmenwechsel im Politikverstaendnis. Mit einem Kommentar von Willy Spieler, in "Neue Wege", 4/1999; Die weibliche Hoffnung der Welt. Die Bedeutung des Geborenseins und der Sinn der Geschlechterdifferenz, Kaiser/Gueterloher Verlagshaus 2000; Die weibliche Seite der Politik. Ordnung der Seele, Gerechtigkeit der Welt, Ulrike-Helmer-Verlag, Koenigstein/Taunus, 2001; Heilende Zeitraeume. Mutter - Sprache - Sinn, Ruesselsheim 2002; Weltliebe. Gebuertigkeit, Geschlechterdifferenz und Metaphysik, Ulrike Helmer Verlag, Koenigstein/Taunus 2003; in collaborazione con Dorothee Markert e Antje Schrupp ha curato l'edizione tedesca di Diotima, Die Welt zur Welt bringen. Politik, Geschlechterdifferenz und die Arbeit am Symbolischen] Nel 2003 e' stato pubblicato un libro che ha molto a che fare con il nome che porta la rivista in rete del sito di Diotima: si tratta di Weltliebe, amore per il mondo, ed e' stato scritto da Andrea Guenter (Andrea Guenter, Weltliebe, Ulrike Helmer Verlag, Koenigstein/Taunus 2003). Andrea Guenter e' da anni e attraverso parecchi testi che contribuisce al pensiero della differenza sessuale, riprendendo alcune linee che intrecciano il pensiero italiano e francese nello spazio vivo della cultura tedesca. E' teologa, filosofa e germanista, e questo non deve stupire perche' e' proprio della cultura delle donne mostrare come il pensiero nasca in piu' contesti e attraversi piu' discipline. * Sfondo, presupposto e al medesimo tempo oggetto di critiche e' per Andrea Guenter la cultura postmoderna, che ha tagliato qualsiasi radice del materno assieme al concetto di "soggetto", "Dio" e "mondo". La critica che il postmoderno ha portato al concetto di universale e universalita' ha ridotto quel che si puo' dire a cio' che si puo' dire a partire da una posizione. "Posizionarsi" nel postmoderno significa dire il luogo da cui si parla. La contingenza diventa la giustificazione unica del proprio discorso. Secondo il postmoderno la posizione contingente che si occupa e' omologata ad una infinita' di altre posizioni, in una concezione di spazio senza profondita' e di tempo infinitamente possibile, senza prospettiva. Tutto eguagliato alla condizione di essere posizione. Ora una parte della cultura femminista, soprattutto di matrice anglosassone, ha coniugato l'assunzione di una posizione nel qui ed ora con una concezione del tempo e dello spazio come infinitamente aperto a molteplici possibilita', alla fine tutte equivalenti fra loro. Sradicate e senza prospettiva reciproca. Andrea Guenter giustamente pone uno stretto rapporto tra questa cultura postmoderna e l'idea oggi dominante di globalizzazione. "Globalizzazione" non e' solo un concetto di matrice economica e politica, ma e' diventato dominante, cioe' ha finito per escludere e rendere invisibile tutto quel che non vi rientra. La globalizzazione ha dei presupposti filosofici precisi: in essa le radici affettive, storiche vengono recise, il tempo e' infinito ed omogeneo, il "locale" e' tale in quanto in rapporto con il "globale". In questo modo pero', sostiene Guenter, l'idea stessa di globalizzazione reinserisce il concetto metafisico di totalita'. Idea che il postmoderno aveva criticato, perche' appunto metafisica, sradicata dal qui e ora parziale, e quindi dello stesso piano di quella di universalita'. E' su questo che l'autrice costruisce il proprio ragionamento: l'idea oggi guida di "globalizzazione" ha fatto svanire e fatto andare sullo sfondo quella di "mondo", suggerendo che per parlare di mondo sia sufficiente oggi riferirsi al processo di globalizzazione. Da qui lei sostiene, ribaltando i termini della questione: occorre mettere a fuoco sul piano del pensiero quel che significa "mondo", "terra", per poter mostrare che la globalizzazione e' si' un processo del reale, ma solo uno di quelli nei quali il mondo e' coinvolto. Uno tra altri. Inoltre solo in questo modo si restituisce l'idea di mondo ad un sapere e ad una esperienza femminili, che altrimenti vengono cancellati dal simbolico dominante. L'autrice ricomincia allora dalla domanda su che cosa sia mondo, quale rapporto le donne abbiano con esso, perche' sia cosi' difficile parlarne. * Indirettamente Andrea Guenter fa riferimento al Kant della Critica della ragion pura che attribuisce solo alla ragione la possibilita' di trattare questioni come il soggetto, Dio e il mondo, perche' metafisici. L'idea di mondo e' metafisica in quanto coinvolge il concetto di "totalita'", che non puo' essere fondato sull'esperienza e non puo' quindi dare conoscenza intellettuale. L'autrice rovescia la difficolta' invitando a ragionare sull'idea di mondo, proprio accettando il fatto che essa e' metafisica. Il taglio del suo libro e' infatti quello di recuperare la metafisica stessa come condizione necessaria per pensare il vivere umano. Tutta la metafisica dunque, a partire da quella aristotelica, che va comunque letta a partire dalla differenza sessuale. Nel far questo trova l'autorizzazione nel libro di Luisa Muraro, L'ordine simbolico della madre, dove e' la madre ad essere fonte del senso dell'essere. Il riferimento alla madre e' dunque la via per individuare nella metafisica dell'essere il luogo di valorizzazione dell'esistere. In questo rinforzata dalle letture di testi della metafisica tradizionale che Luce Irigaray ha sviluppato in Etica della differenza sessuale, dove Irigaray mostra come la madre sia stata cancellata, ma rimanga nell'ordito stesso del discorso dei filosofi. * Ora quel che Andrea Guenter sostiene e' che il disprezzo, il non amore per il mondo, va di pari passo con il disprezzo per la madre e in generale per le donne. Perche'? Non si tratta solo di riconoscere di essere nati da una madre, ma di saperla amare. Questo porta con se' la capacita' di accettare i limiti di una presenza materna che non e' sempre disponibile, di una madre che, essendo una persona autonoma, impone nello scambio i suoi stessi limiti a cui la soggettivita' del bambino si adatta a causa del bisogno che ha della madre. Saper amare la madre - pratica teorica che Andrea Guenter riprende da L'ordine simbolico della madre di Muraro - comporta l'accoglienza dei limiti necessari che la vita stessa ci impone. Il nostro scambio con il mondo ci fa vivere una condizione di necessita' che noi non scegliamo. Saper amare la madre e i limiti che cio' implica ci porta, per un passaggio secondo e conseguente, ad amare il mondo con la sua necessita'. Io aggiungerei: e' proprio dall'accoglienza della dipendenza dalla madre e dal mondo che guadagniamo una liberta' non illusoria, ma creata a partire dall'attraversamento stesso della dipendenza. Mi e' piaciuto nel testo un azzardo di Andrea, una vera e propria scommessa che l'ha portata a rileggere l'idea di "fallo", che Jacques Lacan ha introdotto nei suoi scritti e che tanta parte ha avuto nel dibattito femminista e poi decostruzionista. Il fallo e' il segno di cio' che sta per l'oggetto del desiderio della madre. E' fondamentale nel rapporto tra la madre e il bambino, perche' viene fantasticato, fantasmato, dal piccolo in quanto oggetto del desiderio della madre. L'autrice si domanda: che cosa desiderano oggi le madri, in un periodo di fine patriarcato, in cui centralita' sempre maggiore ha il rapporto di una donna con la propria madre e con le altre donne? Oggi, forse, - lei dice - il segno di cio' che sta per l'oggetto del desiderio della madre e' il mondo stesso. In questa nuova condizione simbolica il bambino verrebbe a fantasticare altrimenti il desiderio della madre, e dunque il mondo nel suo darsi. Si tratta naturalmente di una ipotesi, eppure mi sembra vero che la fine del patriarcato segna per forza di cose la modificazione del desiderio materno, che struttura simbolicamente il rapporto con la figlia e in modo diverso con il figlio. * In molte parti del suo libro Andrea Guenter si confronta con Agostino e Hannah Arendt, dato che entrambi hanno considerato l'amore per il mondo e l'amore per la madre. Tuttavia le strade dei due autori sono divergenti. E' vero infatti che Agostino indica nell'amore per la madre la possibilita' di un ordine simbolico nuovo, diverso da quello paterno, tuttavia nella madre vede la prima mediazione non tanto nei confronti del mondo, quanto nei confronti di Dio, ed uno esclude l'altro per lui. Infatti il bene sarebbe sull'asse che va dalla madre a Dio, mentre il mondo sarebbe ricettacolo di male. Altra e' la via di Arendt. Nascere al mondo per Arendt non e' nascere da madre perche' lei non valorizza la nascita vera e propria, che considera solo naturale, bensi' il venire al mondo nella dimensione storica e politica. Un mondo che allora e' definito dalle relazioni di differenza che vengono giocate in presenza. Nel mondo di Arendt, a differenza di quello di Agostino, e' accolto il bene come il male, perche' cio' che e' matrice di senso e' l'azione politica in rapporto agli altri. Se Agostino sa amare la madre, e cio' lo porta pero' a Dio e non al mondo, Arendt ama un mondo, che non e' quello sostenuto sul piano del pensiero dal legame con la madre. Mentre l'idea di Guenter e' appunto che l'amore per la madre porta all'amore per il mondo e viceversa. * Il libro di Andrea Guenter ha il merito di mettere a fuoco una questione che ritorna nel pensiero delle donne: quali caratteristiche abbia quel genere particolare di realismo femminile, diverso dal realismo fattuale di molta filosofia maschile, che ho trovato ad esempio nei testi di Simone Weil, Maria Zambrano e Arendt. E' una qualita' di realismo che ha a che fare con l'amore, sentimento piu' complesso e vincolante soggettivamente dello stupore platonico, che pure e' via privilegiata per molti per fare esperienza dell'essere. Guenter dunque legge questa qualita' di realismo femminile alla luce dell'amore per la madre e ne fa leva per prendere le distanze dall'idea dominante di globalizzazione. D'altra parte e' vero che per capire la globalizzazione occorre capire cosa intendiamo oggi per mondo, per terra, per ecosistema, per legami inconsci con il reale, affettivi e politici al medesimo tempo. Andrea Guenter ha aperto una strada che va proseguita. 21. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 22. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at inwind.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1014 del 6 agosto 2005 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione).
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