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La nonviolenza e' in cammino. 1003
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 1003
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Tue, 26 Jul 2005 00:28:13 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1003 del 26 luglio 2005 Sommario di questo numero: 1. Mao Valpiana: Tutto prevedibile. E previsto. Purtroppo 2. Emily Wax: Un luogo in cui le donne decidono 3. Patricia Lombroso intervista Gregg Bloche sui medici-aguzzini a Guantanamo 4. Piero Viotto: Un profilo di Jacques Maritain (parte prima) 5. Riletture: Mary Hunt, Rosino Gibellini (a cura di), La sfida del femminismo alla teologia 6. La "Carta" del Movimento Nonviolento 7. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. MAO VALPIANA: TUTTO PREVEDIBILE. E PREVISTO. PURTROPPO [Da Mao Valpiana, direttore di "Azione nonviolenta" ed animatore della "Casa della nonviolenza" di Verona, riceviamo e diffondiamo il seguente comunicato redatto a nome del Movimento Nonviolento (per contatti: e-mail: azionenonviolenta at sis.it, sito: www.nonviolenti.org). Mao (Massimo) Valpiana (per contatti: mao at sis.it, e anche presso la redazione di "Azione nonviolenta", via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org) e' una delle figure piu' belle e autorevoli della nonviolenza in Italia; e' nato nel 1955 a Verona dove vive ed opera come assistente sociale e giornalista; fin da giovanissimo si e' impegnato nel Movimento Nonviolento (si e' diplomato con una tesi su "La nonviolenza come metodo innovativo di intervento nel sociale"), e' membro del comitato di coordinamento nazionale del Movimento Nonviolento, responsabile della Casa della nonviolenza di Verona e direttore della rivista mensile "Azione Nonviolenta", fondata nel 1964 da Aldo Capitini. Obiettore di coscienza al servizio e alle spese militari ha partecipato tra l'altro nel 1972 alla campagna per il riconoscimento dell'obiezione di coscienza e alla fondazione della Lega obiettori di coscienza (Loc), di cui e' stato segretario nazionale; durante la prima guerra del Golfo ha partecipato ad un'azione diretta nonviolenta per fermare un treno carico di armi (processato per "blocco ferroviario", e' stato assolto); e' inoltre membro del consiglio direttivo della Fondazione Alexander Langer, ha fatto parte del Consiglio della War Resisters International e del Beoc (Ufficio Europeo dell'Obiezione di Coscienza); e' stato anche tra i promotori del "Verona Forum" (comitato di sostegno alle forze ed iniziative di pace nei Balcani) e della marcia per la pace da Trieste a Belgrado nel 1991; nello scorso mese di giugno ha promosso il digiuno di solidarieta' con Clementina Cantoni, la volontaria italiana rapita in Afghanistan e poi liberata. Un suo profilo autobiografico, scritto con grande gentilezza e generosita' su nostra richiesta, e' nel n. 435 del 4 dicembre 2002 di questo notiziario] Il triste epilogo della manifestazione di sabato 23 luglio a Verona era gia' scritto nell'ambiguita' della convocazione che legittimava "ogni tipo di linguaggio antifascista". Nei giorni precedenti la manifestazione abbiamo lavorato per dare un'impostazione completamente diversa, che rappresentasse davvero una novita': - la convocazione doveva venire dal Sindaco, che rappresenta tutta la citta': quando un veronese viene aggredito e picchiato, sono tutti i veronesi che subiscono una violenza; - nell'appello di convocazione doveva emergere chiaramente la condanna di tutte le violenze, e la scelta della nonviolenza come unica via praticabile per estirpare il cancro fascista. Purtroppo le nostre richieste sono rimaste inascoltate, e per questo non abbiamo partecipato ad una iniziativa che non offriva garanzie di serieta'. Infatti si e' voluto impostare la manifestazione pubblica con uno spirito di parte, di gruppo, di fazione, per di piu' lasciando aperta la porta anche a chi non ha mai condannato la violenza, ma anzi se ne e' fatto protagonista (alcuni centri sociali di Padova, Vicenza, Mestre). Sono errori imperdonabili: era evidente che cosi' facendo dal corteo sarebbero nate rabbia anziche' indignazione, intolleranza anziche' dialogo, violenza anziche' nonviolenza. Dal punto di vista della nonviolenza la manifestazione (che avrebbe dovuto essere un dialogo corale con la citta') non avrebbe nemmeno dovuto avere inizio fino a che anche un solo manifestante teneva il volto coperto e nascosto; alla prima vetrina colpita e distrutta la manifestazione doveva essere sciolta, e bisognava organizzare immediatamente una colletta per ripagare i danni; alle prime scritte criminali comparse sui muri delle Regaste ("fascista impara, la P38 spara", "Ramelli e' solo il primo della lista"), gli organizzatori avrebbero dovuto chiedere alle forze dell'ordine di fermare ed arrestare gli autori; allo scoppio della bomba carta bisognava fermarsi, fare autocritica e chiedere scusa a tutti i cittadini. Tutto cio' non e' accaduto, perche' non e' stata fatta con coraggio e chiarezza la scelta nonviolenta, che e' forza della verita', che e' nonmenzogna, che e' dialogo, che e' soluzione positiva dei conflitti. * Qualche decennio fa alcuni slogan criminali come "uccidere un fascista non e' reato" portarono poi alla tragedia del rogo di Primavalle, e al macabro elenco di giovani, "compagni" o "camerati", morti sul campo. Quella strada si e' rivelata una sconfitta per tutti. Oggi si deve imboccare la via della nonviolenza, che e' amore per la vita, la verita', rispetto di ogni persona. Il solo, vero, unico linguaggio antifascista e' quello della condanna senza appello della violenza, che e' l'humus nel quale il fascismo cresce, la legge del piu' forte. Il fascismo non ha paura della violenza, perche' in essa cresce. Il fascismo teme la civilta', la parola, la cultura, la democrazia, le idee, perche' non le sa contrastare. La nonviolenza e' antifascismo. L'antifascismo e' nonviolenza. Se non ci sara' la scelta nonviolenta chiara, limpida, esplicita, inequivocabile, cristallina, senza ambiguita', senza cedimenti, come scelta unica e assoluta, non ci sara' possibilita' di uscire dalla spirale della violenza, che tutto coinvolge, distrugge e abbrutisce. O nonviolenza o non esistenza. * Ma la nonviolenza non si improvvisa. Essa va studiata, approfondita, meditata, vissuta. Alla nonviolenza ci si esercita, nella pratica quotidiana, a partire da se stessi. Dobbiamo estirpare la violenza dentro di noi e intorno a noi, iniziando dai gesti e dalle parole. E' una strada lunga, che i movimenti e i partiti che si dicono per la pace devono imboccare se non vogliono tradire la loro stessa esistenza e condannarsi al fallimento. 2. ESPERIENZE. EMILY WAX: UN LUOGO IN CUI LE DONNE DECIDONO [Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per averci messo a disposizione nella sua traduzione il seguente articolo di di Emily Wax, apparso sul "Washington Post" del 9 luglio 2005. Emily Wax e' una prestigiosa giornalista del "Washington Post", autrice di molti importanti reportages dall'Africa] Umoja, Kenya. Seduta a gambe incrociate su un tappeto, all'ombra, Rebecca Lolosoli prende la mano di una spaventata ragazzina di 13 anni. La bambina avrebbe dovuto sposare un uomo che ha circa tre volte la sua eta', e Lolosoli le sta dicendo che non e' vero che lei e' obbligata a farlo. Inoltre, l'uomo e' il fratello di Rebecca, ma qui la volonta' di suo fratello non conta. Questo e' un villaggio di sole donne, dove le donne decidono da se stesse. "Tu sei una ragazza giovane, lui e' un uomo fatto", dice Lolosoli, che da' rifugio a molte altre ragazze fuggite da matrimoni forzati, "Le donne non devono piu' acconsentire a queste sciocchezze". Dieci anni orsono, un gruppo di donne fondo' il villaggio di Umoja, che significa "unita'" in swahili, in un campo arido che nessuno voleva. Erano donne che erano state stuprate, e quindi ripudiate dai loro mariti perche' avevano "svergognato" le loro comunita'. Scossa da tale trattamento Lolosoli, una donna carismatica e con grande fiducia in se stessa, decise che nessun uomo sarebbe stato ammesso a vivere nel villaggio circolare di capanne di fango. Con un gesto di disprezzo, gli uomini della tribu' costruirono un proprio villaggio sulla strada per Umoja, con l'intento anche di spiare e controllare quel che facevano le donne. Cio' che aveva avuto inizio come un gruppo di donne senza casa che cercavano un posto dove vivere, e' divenuto un villaggio felice e di successo. Circa 40 donne vivono qui, e gestiscono un centro culturale ed un campeggio per i turisti che visitano l'adiacente Riserva Nazionale di Samburu. Umoja e' fiorita, ed ora le sue donne ogni tanto danno lavoro agli uomini, ingaggiandoli per la raccolta di legna da bruciare, che e' un compito tradizionalmente femminile. Gli uomini del villaggio rivale hanno tentato di copiare l'idea del centro per turisti, ma non hanno avuto lo stesso successo. Grazie ai guadagni provenienti dal campeggio e dal centro culturale, in cui vendono i loro manufatti, le donne sono state in grado per la prima volta di mandare a scuola i loro figli, di mangiare bene, e di rigettare le richieste maschili di escissione e matrimonio per le figlie. Sono diventate cosi' famose e rispettate, queste donne vittime di abusi, battiture e di unioni imposte, che Lolosoli e' stata invitata di recente ad una conferenza mondiale dell'Onu sull'empowerment di genere, a New York. "Da quel momento il comportamento geloso e brutto degli uomini e' peggiorato", racconta Lolosoli spiegando che la sua vita e' stata minacciata dai vicini prima del viaggio a New York. "Mi hanno detto francamente che intendevano uccidermi". E Lolosoli ride, perche' pensa che l'idea suoni drammatica oltre misura. Sebastian Lesinik, il capo del villaggio degli uomini, ride anche lui mentre mi spiega la divisione fra uomini e donne come lui la vede: "L'uomo e' la testa. La donna e' il collo. Un uomo non puo' prendere consigli dal proprio collo. Lolosoli sta mettendo in discussione la nostra cultura. Sembra che questo sia il segno dei tempi, l'avere in giro donne fastidiose come Rebecca". * Il femminismo in Africa sta progressivamente crescendo fra livelli estremi di violenza sessuale, la battaglia contro l'hiv/aids, e gli scenari successivi alle guerre, tutte cose che hanno contribuito a cambiare i ruoli delle donne in modi sorprendenti. Un nuovo pacchetto di leggi e' stato presentato al Parlamento keniota allo scopo di dare alle donne i diritti, mai avuti precedentemente, di rifiutare le proposte di matrimonio, di combattere le molestie sessuali sui luoghi di lavoro, di rigettare le mutilazioni genitali e di veder perseguito legalmente lo stupro, un atto cosi' frequente che i leader nazionali lo definiscono come la principale questione legata ai diritti umani da risolvere in Kenya. Nella vicina Uganda, migliaia di donne stanno manifestando durante questo mese per avere l'approvazione della legge sulle relazioni domestiche, la quale darebbe loro diritti specifici nel caso il marito prenda una seconda moglie, e una certa protezione nei confronti dell'infezione da hiv. Undici anni dopo il genocidio, in Ruanda le donne hanno il 49% dei seggi alla Camera e molte di esse sono vedove di guerra. Le donne nigeriane stanno facendo una forte pressione per avere piu' donne in politica, inclusa la presidente per il 2007, poiche', dicono, gli uomini hanno fallito nel gestire bene il paese. "Siamo agli inizi di qualcosa di davvero importante per le donne africane", dice Margaret Auma Odhiambo, portavoce del piu' vasto gruppo di vedove del Kenya occidentale. Le aderenti sono donne i cui mariti sono tutti morti a causa dell'aids. * Lo sforzo di Lolosoli nel perseguire il cambiamento mostra tutte le difficolta' che si incontrano nel mutare i ritmi e le strutture di potere nei villaggi. Prima di partire per la conferenza dell'Onu, Lolosoli andava casa per casa nella vicina cittadina di Archer's Post a dire alle donne che esse hanno diritti, come quello di rifiutarsi di fare sesso con i loro mariti se vengono battute o maltrattate o semplicemente non vogliono. "Una donna non e' nulla nella nostra tribu'", mi spiega Lolosoli riferendosi anche agli uomini del villaggio di cui attraversa la strada, "Non ti e' permesso rispondere ad un uomo, o parlare in sua presenza, che tu abbia ragione o torto. Questo deve cambiare. Le donne devono reclamare i loro diritti, e allora il rispetto verra'. Ma se tu te ne stai zitta, gli altri pensano che non hai nulla da dire. Davvero, dire questo non mi ha resa popolare fra gli uomini". A New York, Lolosoli ed altre donne del villaggio sono rimaste colpite dal vedere alla televisione un episodio di 'Oprah' centrato sulle donne, sull'abuso verbale e sui mariti disonesti. "Quando ti capita piangi e piangi", sospira, "Molti uomini della nostra tribu' prendono ancora diverse mogli. Ma sono stata veramente ispirata dal sapere che cosi' tante donne fronteggiano cambiamenti di questo tipo e ne escono vincenti". Tornata in Kenya, con mille nuove idee e un bel po' di manuali per il training all'equita' di genere, Rebecca Lolosoli ha dovuto vedersela con un'azione legale intentata dagli uomini del villaggio rivale, che chiedevano la chiusura e la distruzione di Umoja. Rebecca ha vinto la causa. "Io li ignoro, quando mi tirano addosso pietre chiedendo: Allora stai bene, vero? E come stanno i tuoi bambini? E come stanno le tue mucche?". La sua reazione di perfetta calma e' disarmante, per loro. "Dopo tutto quello che abbiamo passato, non ci fermeranno mai", aggiunge. Lolosoli sta ancora lottando con il proprio fratello che insiste nel voler sposare la tredicenne. Ultimamente, pero', gli uomini del villaggio stanno cominciando ad ammettere la sconfitta. Non tentano piu' di sottrarre i turisti al campeggio di Umoja. Molti se ne sono andati. Altri hanno avuto seri problemi per sposarsi, perche' numerose donne della zona il messaggio di Rebecca l'hanno preso a cuore. "Ha avuto successo, e' vero", sospira Lesinik, che ammette di essere un po' geloso di lei. Poi scrolla le spalle e dice: "Forse potremmo imparare qualcosa dai nostri colli. Forse, un pochino". 3. DIRITTI VIOLATI. PATRICIA LOMBROSO INTERVISTA GREGG BLOCHE SUI MEDICI-AGUZZINI A GUANTANAMO [Dal quotidiano "Il manifesto" del 23 luglio 2005. Patricia Lombroso e' corrispondente da New York del quotidiano; ha pubblicato in volume una raccolta di sue interviste a Noam Chomsky dal 1975 al 2003: Noam Chomsky, Dal Vietnam all'Iraq. Colloqui con Patricia Lombroso, Manifestolibri, Roma 2003. Gregg Bloche, prestigioso giurista, e' docente al Georgetown University Law Center e alla John Hopkins University] "La chiusura di Guantanamo e un'inchiesta indipendente, perche' esistono responsabilita' dei vertici dell'Amministrazione per la tortura sistematica, fisica e mentale, inflitta ai detenuti di Camp delta. Insistiamo perche' si accertino 'crimini di guerra' perpetrati da Bush, Rumsfeld, Gonzales e tutta la catena di comando responsabile secondo la 'Federal Crimed War Act', approvata da Clinton nel 1996". E' con questa grave denuncia nei confronti dei vertici del governo Bush che inizia l'intervista con Gregg Bloche, docente e esperto di psichiatria legale del Georgetown University Law Center e della John Hopkins University. Il noto giurista e' autore del rapporto reso pubblico dalla rivista scientifica "New England Journal of Medicine" che sta provocando scalpore per aver rivelato i metodi di tortura psicologica e psichica forniti agli interrogatori militari dai medici psicologi di Guantanamo. - Patricia Lombroso: Cosa risulta di particolare dalla sua ricerca sui crimini Usa a Guantanamo? - Gregg Bloche: Violando il principio professionale della "confidenzialita'" delle cartelle cliniche dei detenuti di Guantanamo, i responsabili del penitenziario provvedono a fornire tecniche di violenza coercitiva mentale allo squadrone specializzato del "Behavioral interrogations team" del Pentagono. Il nostro rapporto pubblicato sul "New England Journal of Medicine" denuncia la diretta responsabilita' dei medici psicologici ed esperti in psichiatria a contratto con il Pentagono nell'estorcere ai detenuti informazioni durante gli interrogatori. Si tratta di raffinate tecniche di tortura e di modificazione comportamentale studiate per suscitare paura, insicurezza totale, e far perdere la coscienza individuale. - Patricia Lombroso: La vostra ricerca si estende al trattamento "inumano" di tortura fisica e mentale dei detenuti di altre prigioni controllate da americani? - Gregg Bloche: Abbiamo chiesto due settimane fa di recarci a Guantanamo, Bagram e Abu Ghraib per concludere la nostra inchiesta indipendente. Dal Pentagono non ci e' stata neppure data una risposta. - Patricia Lombroso: Quando e' iniziata la vostra ricerca sulla collaborazione dei medici e degli psicologi con i torturatori addetti agli interrogatori? - Gregg Bloche: Si tratta di una ricerca di sei mesi. Iniziata a gennaio del 2005. - Patricia Lombroso: L'applicazione del programma di modificazione comportamentale per i detenuti e' applicato come prassi nelle carceri di massima sicurezza in Usa? - Gregg Bloche: Certamente. E costituisce una programmazione sistematica proprio come avviene a Guantanamo, Abu Ghraib, Bagram. - Patricia Lombroso: Una delegazione di congressisti democratici e repubblicani e' recentemente tornata da una visita a Guantanamo, in coincidenza con la pubblicazione del suo rapporto-denuncia sulla rivista medica scientifica, ripresa da tutti i media. - Gregg Bloche: Si', e la delegazione di membri del parlamento al ritorno da Guantanamo ha testimoniato quanto da loro rilevato. - Patricia Lombroso: Hanno sollevato critiche sulle condizioni di detenzione? - Gregg Bloche: Democratici e repubblicani hanno effettuato una sperticata difesa del trattamento umano dei detenuti a Guantanamo. Il repubblicano Hunter ha persino elogiato la prigione come "forse la migliore prigione militare mai esistita nella storia". Il comandante Ostergaard della base di Guantanamo ha categoricamente negato la collaborazione di psicologi e psichiatri allo squadrone dei torturatori a contratto del Pentagono. - Patricia Lombroso: Secondo la vostra ricerca a chi e' attribuibile la responsabilita' di queste linee di condotta per la tortura a Guantanamo, di queste tecniche per estorcere informazioni sul "terrorismo"? - Gregg Bloche: Il primo memorandum risale al novembre del 2002. In questo documento, la direttiva strategica messa in atto da Donald Rumsfeld specifica che il personale medico di psicologi e psichiatri sono parte integrante della pianificazione strategica militare per la tortura dei detenuti. Il secondo memorandum segreto del Pentagono risale all'aprile del 2003. La gestione di Guantanamo venne affidata da Rumsfeld al generale Jeffrey Miller. E' in questo periodo che la tortura fisica e l'utilizzo delle tecniche di deprivazione comportamentale del prigioniero hanno mano libera. Ufficialmente 14 sono i casi di suicidio. Ma su 540 detenuti chi sa quanti sono con danni mentali permanenti? Quanti sono impazziti? 4. PROFILI. PIERO VIOTTO. UN PROFILO DI JACQUES MARITAIN (PARTE PRIMA) [Dal sito www.maritain.org riprendiamo il seguente profilo biografico di Jacques Maritain scritto da Piero Viotto. Piero Viotto (Torino 1924), gia' docente di pedagogia presso l'Universita' Cattolica di Milano, membro del comitato scientifico dell'Institut International Jacques Maritain, autore di varie pubblicazioni, collaboratore delle riviste "Studium", "Vita e pensiero", "Humanitas", "Nuova Secondaria", "Pedagogia e vita", "Educatores", "France forum", "Rivista di Filosofia neoscolastica", e' tra i maggiori studiosi italiani di Maritain del quale ha tradotto anche alcune opere. Tra le opere di Piero Viotto segnaliamo particolarmente: Storia della filosofia, Torino 1958, 1965; Problemi di Pedagogia, Torino 1958, 1974; Pedagogia della scuola di base, Milano 1976, 1984; Pedagogia e politica del tempo libero, Brescia 1973; Introduzione a Maritain, Laterza, Roma-Bari 2000; Jacques Maritain. Dizionario delle opere, Citta' Nuova Editrice, Roma 2003, 2005. Jacques Maritain, filosofo cattolico (Parigi 1882 - Tolosa 1973), promotore di una rinnovata valorizzazione del pensiero di Tommaso d'Aquino, costruttore di pace. Opere di Jacques Maritain: segnaliamo particolarmente Umanesimo integrale, Borla; ed Il contadino della Garonna, Morcelliana. Opere su Jacques Maritain: segnaliamo per un primo orientamento Lodovico Grassi, Jacques Maritain, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole 1993; Italo Mancini, Come leggere Maritain, Morcelliana, Brescia 1993; Piero Viotto, Introduzione a Maritain, Laterza, Roma-Bari 2000. Indirizzi utili: Institut international "Jacques Maritain", via Quintino Sella 33, 00187 Roma; "Cahiers Jacques Maritain", 21, rue de la Division-Leclerc, Kolbsheim 67120, France] 1. Gli anni della formazione e della crisi (1882-1908) Jacques Maritain nacque a Parigi il 18 novembre 1882 da una famiglia protestante. Il padre Paul e' avvocato, la madre Genevieve Favre, e' figlia di Jules Favre, deputato repubblicano, tenace oppositore di Luigi Napoleone. Jacques frequenta il liceo Enrico IV stringendo amicizia con Ernest Psichari, nipote di Ernest Renan, e manifesta subito una vivace vocazione intellettuale: "A dire il vero, non avevamo la minima intenzione di affrontare da dilettanti i dibattiti dello spirito. Una certa rettitudine istintiva, un vivissimo desiderio del reale e dell'oggetto, ci preservava dall'egotismo, come dalle vane chimere della falsa erudizione, ed Ernest non aveva bisogno di esaminare grossi libri per beffarsi di Wolff e per persuadersi dell'esistenza storica del vecchio Omero". Maritain riflette su questa sua esperienza liceale comprendendo la necessita' di una educazione che non si limiti ad esercitare dilettantisticamente l'intelligenza, ma sappia soddisfarla, mettendola a contatto con il reale mediante l'universo della bellezza. In uno dei suoi primi scritti (1921) ricordando l'amicizia con Psichari, scrive: "Che strana truffa della natura il momento in cui l'anima inconsapevole dei suoi limiti si sveglia a tutte le bellezze del mondo e pensa, nella sua percezione ancora torbida e confusa, che deve solo manifestarsi per possedere tutto". Dopo il liceo Maritain frequenta la Sorbona, laureandosi prima in filosofia e poi in scienze naturali, e in questo periodo conosce Raissa Oumancoff, nata nel 1883 a Rostov sul Don da una famiglia di ebrei ortodossi, con la quale condivide la crisi intellettuale dovuta alla insoddisfazione dei corsi universitari, che impregnati di scientismo irridevano al bisogno dei giovani di trovare la verita'. Lo stesso Maritain cosi' descrive gli anni della sua formazione: "Nella mia infanzia, sono stato istruito nel 'protestantesimo liberale'. Piu' tardi ho conosciuto i diversi aspetti del pensiero laico. La filosofia scientista e fenomenista dei miei maestri della Sorbona aveva finito per farmi disperare della ragione. Per un momento avevo creduto di poter trovare la certezza integrale nelle scienze; Felix Le Dantec pensava che la mia fidanzata e io saremmo divenuti i discepoli del suo materialismo biologico; (cio' che di meglio devo ai miei studi di quest'epoca e' l'avermi fatto incontrare, alla Facolta' di Scienza, quella che da allora ho avuto la fortuna di avere accanto a me in tutti i miei lavori in una perfetta e benedetta comunione). Bergson fu il primo a rispondere al nostro desiderio profondo di verita' metafisica; egli libero' in noi il senso dell'assoluto. Prima di essere preso da s. Tommaso d'Aquino, le grandi influenze che subii furono quelle di Charles Peguy, di Bergson, di Leon Bloy; appunto un anno dopo aver conosciuto Bloy, e avendolo scelto come padrino, ricevemmo il battesimo cattolico. Fu dopo la conversione al cattolicesimo che conobbi s. Tommaso; io, che ero passato con tanto entusiasmo attraverso tutte le dottrine dei filosofi moderni e non vi avevo trovato che delusione e grandiose incertezze, provai allora come un'illuminazione della ragione; la mia vocazione filosofica mi veniva restituita in tutta la sua pienezza. Guai a me se non tomistizzo, scrivevo in uno dei miei primi libri. E per trenta anni di lavori e di lotte, ho camminato sulla stessa via, sentendo di simpatizzare tanto piu' profondamente con le ricerche, le scoperte, le angosce del pensiero moderno, quanto piu' cercavo di farvi penetrare la luce che ci viene da una sapienza elaborata dai secoli e che resiste alle fluttuazioni del tempo. Ho voluto parlare delle diverse esperienze attraverso le quali sono passato, perche' esse mi hanno dato l'occasione di provare successivamente in me lo stato d'animo del libero pensatore idealista, del convertito inesperto, del cristiano che, via via che si consolida la sua fede, prende coscienza delle purificazioni che essa deve subire". Questa testimonianza di Jacques, che va completata con quella di Raissa, al di la' del succedersi oggettivo dei momenti di formazione intellettuale, evidenzia psicologicamente l'ansia soggettiva di verita' che animava i due giovani: "Questa filosofia della verita', questa verita' ardentemente cercata, cosi' invincibilmente creduta, era ancora per noi una specie di Dio sconosciuto; le riservavamo un altare nel nostro cuore, l'amavamo ardentemente senza conoscerla; fin da principio le riconoscevamo ogni diritto su di noi, sulla nostra vita. Ma non sapevamo cio' che essa sarebbe stata, per quale via, con quali mezzi poteva essere raggiunta. Vi era dunque in noi questa idea invincibile della verita', questa porta aperta sul cammino della vita. Fino al giorno indimenticabile in cui ascoltammo Bergson, questa idea della verita', questa speranza di scoperte insospettate era stata da tutti coloro, da cui aspettavamo qualche luce, implicitamente o esplicitamente schernita". * 2. I primi anni di insegnamento (1909-1926) Dopo aver superato la crisi intellettuale, che aveva portato i due giovani sulla soglia del suicidio, grazie alle lezioni di Bergson e alla filosofia di s. Tommaso, Jacques Maritain inizia la sua attivita' culturale collaborando a diverse riviste e la sua attivita' didattica insegnando al Collegio Stanislao e all'Institut Catholique di Parigi. La sua esperienza didattica al collegio Stanislao per l'impegno e l'originalita' scandalizza il tradizionalismo dei suoi colleghi ed evidenzia un carattere deciso, "dolce di cuore ma duro di testa", che caratterizzera' per tutta la vita la personalita' di Maritain. Cosi' Raissa descrive le prime lezioni di filosofia con osservazioni che purtroppo sono ancora attuali per tante scuole che pretendono di essere "cattoliche": "In ottobre Jacques comincio' il primo anno del suo corso di filosofia al collegio Stanislao, dove era entrato per la presentazione del. padre Peillaube. Lascio' senza rimpianti i lavori della casa Hachette. Gli inizi del suo corso allo Stanislao non furono facili. Aveva deciso di fare della filosofia di Aristotele e di s. Tommaso il centro del suo insegnamento; ma il tomismo sembrava all'amministrazione del collegio, agli studenti ed alle famiglie, singolarmente dannoso per il successo finale degli studenti agli esami di diploma, cui si limitava tutta l'ambizione del pensiero (dopo il diploma sarebbe venuta la carriera, che importava assai piu' delle convinzioni filosofiche). Il direttore del collegio, il canonico Pautonnier, guardava Jacques con occhio preoccupato. Era il canonico Pautonnier che gli diceva con sorridente insistenza: 'Mio caro amico, passera', passera' questo ardore di neofita...'". "Non e' passato, scriveva Jacques qualche anno piu' tardi nella prefazione dell'Antimoderne, al contrario e' diventato col tempo piu' tenace e piu' determinato, perdendo, almeno lo spero, l'inutile asprezza della gioventa' e dell'inesperienza". "Ma vi erano cose piu' terribili del suo tomismo: dal primo giorno Jacques volle incominciare la lezione con una preghiera - un'Ave Maria seguita da una invocazione a s. Tommaso -; prendeva sul serio, questo 'neofita', la qualita' di 'cattolico' del collegio e dei suoi allievi. Tale non era l'uso allo Stanislao, soprattutto nella classe degli studenti di filosofia, che non erano piu' bambini e che seguivano dei corsi di religione, di 'culto' come si diceva, ma che ritenevano la religione non avesse niente a da fare nelle vere scuole, quelle che preparano agli esami. Il sistema di 'compartimenti stagni' regnava allora... Un ragazzone, che divenne uno dei migliori scolari della classe e per il quale Jacques ebbe molta simpatia, si alzo' il primo giorno e dichiaro' che non poteva recitare la preghiera, 'perche' aveva fatto studi moderni e non sapeva pregare in latino'. 'Bene, rispose il professore, esca dalla classe; non vi rientrera' se non quando sapra' abbastanza latino per dire un'Ave Maria'. Lo studente ed i suoi genitori andarono a lamentarsi presso la direzione, che comincio' a temere di perdere i suoi allievi. Tuttavia Jacques l'ebbe vinta. I racconti di questi incidenti davano a mia sorella e a me una gioia un poco preoccupata". Parallelamente all'attivita' di insegnamento Maritain svolge attivita' culturali collaborando a diverse riviste e tenendo conferenze in Francia e all'estero. Proprio da un corso di conferenze tenuto nell'aprile-maggio 1913 all'Istituto Cattolico nasce il suo primo volume: La filosofia bergsoniana che segna non solo il distacco dal primo maestro, avendo i Maritain percepito l'impossibilita' di conciliare la loro fede cristiana con l'evoluzionismo bergsoniano, ma anche l'abbozzo di una trattazione organica dei problemi filosofici, come riflessione sulla relazione interpersonale tra l'uomo e Dio mediata dalla liberta'. A questa prima impostazione Maritain restera' sempre fedele, per cui tutte le opere successive possono essere considerate un approfondimento ed un allargamento della tematica impostata nel 1914. I Maritain che insieme avevano studiato la pittura nel museo del Louvre e l'architettura medioevale nella cattedrale di Chartres, incontrano nel pittore Rouault l'occasione per studiare insieme la genesi dell'opera d'arte, come Raissa descrive: "Rouault fu da allora per noi la rivelazione dell'arte contemporanea; e' da lui infatti che noi andammo a Cezanne, nel quale egli ha una reale filiazione, benche' con una originalita' assoluta; da lui andammo anche ai 'fauves', ai quali si puo' avvicinarlo per alcuni principi assai generali soltanto, perche' la sua arte ha un'altra ispirazione, un'altra forma, un altro colore di quelli di un Matisse, o di un Derain. Ma Rouault fu per noi soprattutto la prima rivelazione del vero e grande artista. E' in lui, in concreto, che noi comprendemmo dapprima la natura dell'arte, le sue necessita' imperiose, le sue antinomie e il conflitto dei doveri assai reale, e talvolta tragico, di cui lo spirito di un artista puo' essere teatro". Il volume Arte e scolastica , che tra il 1920 e il 1947 avra ben 14 edizioni, rappresenta una prima teorizzazione della filosofia dell'arte secondo il tomismo e una proposta pedagogica per l'educazione alla produzione artistica e alla fruizione estetica. Il terzo argomento di interesse culturale presente fin dai primi anni alla ricerca maritainiana riguarda l'epistemologia, perche' proprio dalla crisi dello scientismo nel quale era maturata la loro riflessione filosofica doveva nascere la ricerca della distinzione tra i diversi gradi del sapere, a partire dall'esperienza naturale, attraverso la matematica, fino alla riflessione filosofica e all'esperienza mistica. "Poco a poco - osserva Raissa nel suo diario - la gerarchia dei valori spirituali, intellettuali, scientifici ci appariva e cominciavamo a comprendere che essi possono non essere in contrasto gli uni con gli altri. In grado diverso tutti questi valori partecipano al mistero in cui si conclude finalmente ogni scienza, tutti partecipano della luce da cui discende ogni conoscenza. E noi vedevamo chiaramente che la verita' degli uni non potrebbe essere contraria alla verita' degli altri". Proprio nella prospettiva dell'educazione intellettuale Maritain scrive nel 1924 un'altra opera fondamentale, Riflessioni sull'intelligenza e sulla sua vita propria in cui, contro ogni forma di fenomenismo illuministico e di idealismo romantico, presenta la teoria gnoseologica del "realismo critico" affermando che la mente umana e' in grado di conoscere la realta' e va educata a cogliere l'essere intelligibile nella realta'. In questo senso Maritain si presenta come "antimoderno" perche' rifiuta tutto il soggettivismo della filosofia contemporanea derivato da Lutero sul piano teologico, da Cartesio sul piano filosofico e da Rousseau sul piano politico-pedagogico, ma non nel senso di rifiutare lo sviluppo della storia della cultura e della societa' che ha permesso l'autonomia - nella distinzione, non nella separazione - della scienza dalla filosofia, della politica dalla morale, e della cultura dalla religione. "Se siamo antimoderni non e' certo per gusto personale, bensi' perche' il moderno uscito dalla rivoluzione anticristiana ce ne costringe con il suo spirito, perche' esso stesso fa dell'opposizione al patrimonio umano la sua propria specificita', odia e disprezza il passato, adora se stesso, e perche' noi aborriamo e disprezziamo quest'odio e questo disprezzo e questa impurita' spirituale. Se bisogna pero' salvare e assimilare tutte le ricchezze d'essere accumulate nei tempi moderni, ed amare lo sforzo di coloro che cercano, e desiderare i rinnovamenti, allora noi non desideriamo nulla quanto essere ultramoderni". Sempre Maritain conservera' questo atteggiamento polemico e comprensivo verso la societa' contemporanea, accusando i modernisti di "neolatria" nel 1922 e i neomodernisti di "cronolatria" nel 1966. Come la filosofia dell'arte, anche l'epistemologia maritainiana non nasce per deduzione logica, ma attraverso una riflessione sull'esperienza, a contatto con gli scienziati. In questa ricerca epistemologica Maritain individua anche il posto della pedagogia, considerata come una scienza che dipende ma non deriva dalle altre scienze antropologiche e che come riflessione poietica sulla esperienza educativa e' di natura filosofica. Infatti accetta di fare la prefazione alla traduzione francese dell'opera del pedagogista fiammingo Frans de Hovre, Saggio di filosofia pedagogica, condividendone il pensiero. D'altra parte Maritain si era anche interessato di didattica, accettando di scrivere per gli studenti liceali ed universitari due libri di iniziazione filosofica con annotazioni metodologiche per la formazione intellettuale. Gli Elementi di filosofia : I. Introduzione generale alla filosofia, II. Piccola logica, pubblicati nel 1921 e nel 1923, ebbero numerose edizioni e diverse traduzioni nelle principali lingue europee. * 3. Il periodo di Meudon e i Circoli tomisti (1921-1939) La vocazione intellettuale dei Maritain come testimonianza della filosofia cristiana nella cultura contemporanea si definisce in due volumi dedicati al pensiero e all'opera di s. Tommaso, il primo di Jacques, Il dottore Angelico, espone le grandi linee del pensiero di s. Tommaso a confronto con la filosofia moderna, il secondo di Raissa, L'Angelo della scuola, e' una biografia dell'Aquinate scritta per i fanciulli ed illustrata con disegni di Severini. Nella prefazione al volume Jacques definisce le linee portanti del tomismo in alcuni punti fondamentali: "C'e' una filosofia tomista, non c'e' una filosofia neo-tomista. Il tomismo non vuole essere un ritorno al medioevo. Il tomismo usa la ragione per distinguere il vero dal falso, non vuole distruggere ma purificare il pensiero moderno e integrare tutte le verita' scoperte dai tempi di s. Tommaso. Il tomismo non e' ne' di destra ne' di sinistra. Il tomismo e' una saggezza. Tra lui e le forme particolari della cultura debbono regnare scambi vitali incessanti, ma in se stesso nella sua essenza e' rigorosamente indipendente da queste forme particolari. Giudicare il tomismo come un abito usato che si portava al XIII secolo e oggi non si porta piu', e' ritenere che il valore della metafisica sia una funzione di un certo tempo, e un modo di pensare propriamente barbaro. E' un modo puerile di giudicare la metafisica in funzione di uno stato sociale da conservare. La filosofia di s. Tommaso e' in se stessa indipendente dai dati della fede e nei suoi principi e nella sua struttura non si rifa' che alla esperienza e alla ragione, per cui questa filosofia, pur restando perfettamente distinta, e' in comunicazione vitale con la saggezza superiore della teologia e con la saggezza della contemplazione". A questo giudizio sul valore e sul significato della filosofia tomista espresso nel 1930, Maritain restera' fedele durante tutta la sua ricerca, confermandolo ripetutamente nelle opere successive fino al suo ultimo lavoro Approches sans entraves del 1973 nel quale, in alcune osservazioni sull'insegnamento della filosofia, confermera' l'autonomia del sapere filosofico pur nel suo collegamento con tutte le altre scienze. Intanto i Maritain avevano fatto della loro casa a Meudon, un sobborgo di Parigi, un centro di incontri spirituali e di dibattiti culturali ai quali oltre a filosofi come Berdiaev e Gilson e ai teologi come Garrigou-Lagrange e Journet, partecipano letterati e romanzieri come Mauriac, Cocteau, J. Green, Claudel, pittori come Rouault, Severini, Chagall, scultori come Arp, musicisti come Satie, per ricordare solo i nomi piu' significativi. Da questi incontri nascono i circoli tomisti per approfondire lo studio della filosofia scolastica. L'attivita' di questo periodo e' cosi' descritta da Maritain nei suoi Ricordi e appunti: "Fu dunque a Meudon, come gia' dissi, che si svilupparono i circoli tomisti e i loro ritiri annuali. Anno per anno venne aumentando il numero dei partecipanti al ritiro ed anche quello di coloro che assistevano alle riunioni mensili. (Negli ultimi anni parteciparono ai ritiri circa due-trecento persone). Questi circoli di studi tomisti si diffusero anche all'estero, soprattutto in Inghilterra, sotto la presidenza di Richard O'Sullivan, e poi in Svizzera, in Belgio... Quando adesso mi capita di ripensare agli anni di Meudon, non so capacitarmi di come facessimo a sopportarne tutte le fatiche. Oltre alla preparazione dei corsi che tenevo annualmente all'Institut Catholique e dei miei libri (senza parlare delle conferenze all'estero), oltre al tempo dedicato agli amici vecchi e nuovi, che costituivano la nostra grande consolazione, ai visitatori sconosciuti che giungevano con speranze imprecisate e che bisognava soprattutto ascoltare, alle conversioni, ai battesimi, alle vocazioni religiose - cose alle quali non ebbi mai l'empieta' di dar la caccia: non erano affar nostro, bensi' opera della grazia e qualche volta di consiglieri troppo frettolosi; tuttavia non bisognava mai sottrarvisi, non c'erano soltanto i circoli tomisti e i ritiri ma una molteplicita' di altre riunioni soprattutto quelle che, scherzando, si chiamavano 'esoteriche' (si discuteva in pochi soltanto qualche punto difficile), le interconfessionali che avvenivano da Berdjaev e in casa nostra, le riunioni purtroppo senza risultati allo scopo di costituire una societa' di 'filosofia della cultura', altre per fondare una 'societa' della filosofia della natura' (queste ebbero effetto e la societa' che si costitui' prese un buon avvio, pubblico' tre o quattro libri di valore prima di estinguersi in seguito ai conflitti politici sorti fra i suoi membri). C'era la collezione del Roseau d'or (divenuta, in seguito, delle Iles), quella delle Questions disputees, quella della Bibliotheque francaise de philosophie con tutto l'ammucchiarsi dei manoscritti da leggere, della corrispondenza e delle conseguenti recriminazioni. C'erano gli Studi Carmelitani di Padre Bruno e i congressi di Avon, la necessita' culturale di rimanere al corrente della poesia, della musica, della pittura. Ci fu la crisi dell'Action francaise, e i drammi di coscienza a causa della guerra civile in Spagna, l'affare 'Vendredi', la fondazione di 'Temps present', e la collaborazione al periodico stesso - e tutti i manifesti che dovevo compilare, dal momento che quelli propostimi peccavano di partigianeria, e infine le conferenze piuttosto agitate, organizzate da Andre' David al Theatre des Ambassadeurs. Se mantenni la pace dell'anima e mi sforzai sempre di essere saggio, pur trovandomi in mezzo a un tale scompiglio, so bene da chi e come il conto e' stato pagato". I "Circoli di studi tomistici", che si riunirono in ben 15 convegni annuali tra il 1921 e il 1937, non erano solo occasioni di dibattiti culturali, ma una vera e propria "scuola di spiritualita'" per laici impegnati nelle piu' diverse attivita' culturali e sociali con un vero e proprio statuto sociale, che, pur richiedendo la direzione spirituale di un religioso dell'Ordine dei domenicani, un voto privato di preghiera, un impegno allo studio sistematico del pensiero di s. Tommaso, garantiva l'autonomia dell'associazione da ogni forma di subordinazione all'autorita' ecclesiastica proprio per confermare il valore razionale della ricerca filosofica. Questa "laicita'" e "autonomia" del sapere filosofico non viene posta da Maritain in contrapposizione o in sostituzione al sapere teologico, come avveniva nella cultura illuministica di derivazione cartesiana, che separava e contrapponeva ragione e fede, ma in correlazione con l'esperienza religiosa, tanto da portarlo, in un importante dibattito, alla definizione dello statuto della "filosofia cristiana" (da cui derivera' lo statuto epistemologico di una morale adeguatamente intesa e di una pedagogia cristiana), in occasione di una tavola rotonda che si svolse nel 1931 presso la "societe' francaise de philosophie" con la partecipazione di E. Gilson, E. Brehier, L. Brunschwicg, M. Blondel. Proprio di questo periodo e' la prima edizione dell'opera piu' importante della produzione maritainiana nel campo della epistemologia, Distinguere per unire, ossia i gradi del sapere, ove l'autore partendo dalla scienza sperimentale, attraverso la matematica e la filosofia della natura, giunge alla metafisica, alla teologia e alla mistica, affermando l'intelligibilita' dell'essere, senza ridurre l'essere al pensiero, perche' la filosofia e' insieme un "mistero" e un "problema". Accanto a questo lavoro di ricerca teoretica, Maritain, sollecitato dai suoi lettori, continua anche il lavoro didattico con piena consapevolezza delle difficolta' di tradurre il discorso filosofico in "lezioni". Nella sua prefazione alle Sette lezioni sull'essere e sui primi principi della ragione speculativa, pubblicate nel 1933, osserva: "non si comincia con un lavoro di compendio: si compendia quello che e' stato in precedenza portato a un sufficiente grado di elaborazione". Che dire dei "professori", che preparano le loro lezioni sui libri di testo usati dagli allievi! Maritain nel "periodo di Meudon" non solo definisce la sua posizione filosofica, ma stabilisce chiaramente anche la sua posizione politica. Dopo aver per un certo tempo simpatizzato, pur senza mai iscriversi, per il movimento di destra "Action Francaise", dopo la condanna di Pio XI, prende le distanze dal gruppo politico che faceva della politica un parametro assoluto, perche' la politica non puo' machiavellicamente essere fine a se stessa, e il potere temporale deve subordinarsi al potere spirituale, pur conservando la sua autonomia di campo d'azione. Nel 1932 Maritain fa amicizia con E. Mounier, collabora alla fondazione della rivista "Esprit", ma non aderisce al movimento. Sottoscrive diversi manifesti politici contro la guerra in Spagna, contro l'invasione italiana dell'Etiopia, per il bene comune, per la difesa della pace civile e religiosa, ma non si iscrive a nessun partito, perche' vuole conservare la sua indipendenza di filosofo, che si sente impegnato nell'azione, ma dalla parte dei principi e dei valori universali che non possono esaurirsi nel programma di un partito politico. Troppi malintesi si erano gia' verificati sul suo nome, troppi gruppi lo volevano dalla loro parte, per cui scrive la Lettera sull'indipendenza: "Il filosofo ha una qualche utilita' fra gli uomini solo se rimane tale. Ma rimanere filosofo e agire come filosofo, obbliga a tenere ferma in ogni caso la liberta' della filosofia ed in particolare ad affermare a tempo e a contrattempo l'indipendenza del filosofo di fronte ai partiti quali che essi siano. Siano essi di destra, di sinistra, non appartengo ad alcuni di essi. L'indipendenza del filosofo e' voluta dalla natura propria di un sapere che di per se' e' una saggezza e che, anche quando si riferisce nel modo piu' diretto al contingente, lo domina sempre; l'indipendenza del filosofo testimonia la liberta' dell'intelletto di fronte all'istante che passa. L'indipendenza del cristiano testimonia la liberta' della fede di fronte al mondo. E' tutto l'opposto di una fuga o di una evasione; tutto l'opposto di una defezione davanti al dramma dell'esistenza e della vita, di un rifugio in una curiosita' da 'spettatore' disinteressato. Si tratta di un impegno tanto piu' reale e profondo quanto piu' la liberta' interiore e' intatta". Questa posizione dell'intellettuale, che e' insieme liberta' e testimonianza, a cui Maritain restera' fedele per tutta la vita, pur elaborando, prima in Francia e poi in America, una politica personalistico-comunitaria, una dottrina dello Stato democratico, dovrebbe essere la posizione dell'educatore impegnato nelle strutture scolastiche, che non dovrebbe farsi uomo "di parte". Gli "intellettuali impegnati", quando militano in una organizzazione politica perdono la loro liberta' di intellettuali. Nel 1953 in una conferenza tenuta al Graduate College dell'Universita' di Princeton, Maritain ritornera' sulla questione del "filosofo nella societa'" precisando che le due grandi "funzioni" del filosofo nella societa' riguardano la verita' e la liberta'; "Il filosofo, che dedicandosi al suo compito speculativo, affranca la sua attenzione dagli interessi degli uomini, o del gruppo sociale, o dello Stato, ricorda alla societa' il carattere assoluto ed inflessibile della Verita'. Per quanto riguarda la Liberta', egli ricorda alla societa' che la liberta' e' la condizione stessa dell'esercizio del pensiero". Malgrado queste sue chiare prese di posizione, e questa sua indipendenza dai diversi gruppi politici, Maritain dovette difendersi da fraintendimenti ed incomprensioni, polemizzare contro chi strumentalizzava il suo pensiero. L'opera di filosofia politica piu' nota e piu' diffusa nel mondo, anche se non puo' essere considerata la sua opera piu' importante, Umanesimo integrale, nata da una serie di conferenze a Poznan in Polonia e a Santander in Spagna, fu oggetto in Sud-America ed in Europa di violenti polemiche, ma contribui' alla fondazione culturale dei movimenti politici che intendevano trarre ispirazione dal Vangelo per una testimonianza cristiana nella vita sociale, senza confondere il temporale con lo spirituale, la storia con il Regno di Dio, lo Stato con la Chiesa. Da una parte Maritain era accusato di volere impegnare la religione sul terreno della politica, perche' affermava l'esigenza di una "politica cristiana", autonoma dalla fede, ma coerente con l'ispirazione evangelica senza impegnare la Chiesa negli affari del mondo; dall'altra era accusato di naturalismo e di storicismo, considerato un "marxista cristiano", perche' difendeva i diritti della classe operaia, che le omissioni dei cristiani avevano allontanato dal Cristianesimo. Proprio queste accuse dimostrano la validita' del pensiero politico maritainiano, che distingue senza separare i diversi livelli di azione umana, come aveva distinto senza separare i diversi gradi del sapere umano. Altro e' agire "in quanto cristiano" sul piano dello spirituale avendo per mira la salvezza eterna dell'umanita', altro e' agire "da cristiano" avendo per scopo la promozione umana nella storia. Maritain non si limita ad indicare i fini dell'azione politica, ma individua anche i metodi adeguati agli scopi, e fin dai primi scritti politici del periodo di Meudon sottolinea la necessita' di una democrazia come partecipazione e di un'autorita' come servizio. Contro il concetto "marxista" di "classe" e il concetto "fascista" di "nazione", recupera e rifonda il concetto "cristiano" di "popolo", e proprio in relazione alla sua filosofia di realismo e di esistenzialismo. Nell'articolo Esistere con il popolo apparso nel 1937 in francese sulla rivista "Sept" ed in spagnolo sulla rivista "Sur", scrive: "Quando si tratta della realta' della storia umana, siamo portati facilmente a considerare le cose dall'ottica dell'azione e delle idee che regolano l'azione. Ma e' necessario anche, e prima di tutto, considerarle dal punto di vista dell'esistenza. Voglio dire che esiste un ordine diverso, e piu' a monte di quello dell'attivita' sociale e politica: l'ordine della comunione di vita, di desiderio e di sofferenza. In altri termini, dobbiamo riconoscere, diversa dalla categoria dell'agire per o agire con, la categoria dell'esistere con e soffrire con, la quale concerne un ordine di realta' piu' profondo. 'Agire per' entra nell'ambito del semplice amore di benevolenza, mentre 'esistere con' e 'soffrire con' appartengono al campo dell'amore d'unita'. L'amore e' rivolto ad un essere esistente e concreto. Indipendentemente da quanto ne dice Pascal, l'amore va alla persona, non alle 'qualita''. Quell'essere che amo l'amo veramente, abbia egli torto o ragione; desidero esistere con lui e soffrire con lui. 'Esistere con' e' una categoria etica. Non significa che voglia vivere fisicamente con un essere e allo stesso suo modo, e nemmeno che ami un essere nel senso di volergli bene; significa, invece, che lo amo nel senso di fare unita' con lui, di portare il suo peso, di vivere in convivenza morale con lui, di sentire con lui e di soffrire con lui. Se si ama questa cosa vivente ed umana, di difficilissima definizione, certo, come ogni cosa umana vivente, ma tanto piu' reale, che si chiama popolo, allora si e' portati innanzitutto e soprattutto a esistere con lui e a soffrire con lui, e a rimanere nella sua comunione". Questo "essere con" ha pure un significato pedagogico. Se il processo educativo consiste in una inter-relazione tra educatore ed educando, in una reciproca "comprensione" dei valori, per educare non basta "essere tra" gli educandi (presenza fisica) o "essere per" gli educandi (presenza morale), ma bisogna "essere con" gli educandi (presenza pedagogica), condividere la loro esperienza. (Parte prima - segue) 5. RILETTURE. MARY HUNT, ROSINO GIBELLINI: LA SFIDA DEL FEMMINISMO ALLA TEOLOGIA Mary Hunt, Rosino Gibellini (a cura di), La sfida del femminismo alla teologia, Queriniana, Brescia 1980, pp. 208. Una raccolta di saggi di alcune delle piu' prestigiose teologhe femministe; con testi di Anne McGrew Bennett, Nelle Morton, Sheila Greeve Davaney, Judith Plaskow, Rosemary Radford Ruether, Mary E. Hunt, Catharina Halkes, con puntuali ritratti teologici delle autrici e una bibliografia essenziale. 6. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 7. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at inwind.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1003 del 26 luglio 2005 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione).
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