La nonviolenza e' in cammino. 1003



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 1003 del 26 luglio 2005

Sommario di questo numero:
1. Mao Valpiana: Tutto prevedibile. E previsto. Purtroppo
2. Emily Wax: Un luogo in cui le donne decidono
3. Patricia Lombroso intervista Gregg Bloche sui medici-aguzzini a
Guantanamo
4. Piero Viotto: Un profilo di Jacques Maritain (parte prima)
5. Riletture: Mary Hunt, Rosino Gibellini (a cura di), La sfida del
femminismo alla teologia
6. La "Carta" del Movimento Nonviolento
7. Per saperne di piu'

1. EDITORIALE. MAO VALPIANA: TUTTO PREVEDIBILE. E PREVISTO. PURTROPPO
[Da Mao Valpiana, direttore di "Azione nonviolenta" ed animatore della "Casa
della nonviolenza" di Verona, riceviamo e diffondiamo il seguente comunicato
redatto a nome del Movimento Nonviolento (per contatti: e-mail:
azionenonviolenta at sis.it, sito: www.nonviolenti.org). Mao (Massimo) Valpiana
(per contatti: mao at sis.it, e anche presso la redazione di "Azione
nonviolenta", via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax  0458009212,
e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org) e' una delle figure
piu' belle e autorevoli della nonviolenza in Italia; e' nato nel 1955 a
Verona dove vive ed opera come assistente sociale e giornalista; fin da
giovanissimo si e' impegnato nel Movimento Nonviolento (si e' diplomato con
una tesi su "La nonviolenza come metodo innovativo di intervento nel
sociale"), e' membro del comitato di coordinamento nazionale del Movimento
Nonviolento, responsabile della Casa della nonviolenza di Verona e direttore
della rivista mensile "Azione Nonviolenta", fondata nel 1964 da Aldo
Capitini. Obiettore di coscienza al servizio e alle spese militari ha
partecipato tra l'altro nel 1972 alla campagna per il riconoscimento
dell'obiezione di coscienza e alla fondazione della Lega obiettori di
coscienza (Loc), di cui e' stato segretario nazionale; durante la prima
guerra del Golfo ha partecipato ad un'azione diretta nonviolenta per fermare
un treno carico di armi (processato per "blocco ferroviario", e' stato
assolto); e' inoltre membro del consiglio direttivo della Fondazione
Alexander Langer, ha fatto parte del Consiglio della War Resisters
International e del Beoc (Ufficio Europeo dell'Obiezione di Coscienza); e'
stato anche tra i promotori del "Verona Forum" (comitato di sostegno alle
forze ed iniziative di pace nei Balcani) e della marcia per la pace da
Trieste a Belgrado nel 1991; nello scorso mese di giugno ha promosso il
digiuno di solidarieta' con Clementina Cantoni, la volontaria italiana
rapita in Afghanistan e poi liberata. Un suo profilo autobiografico, scritto
con grande gentilezza e generosita' su nostra richiesta, e' nel n. 435 del 4
dicembre 2002 di questo notiziario]

Il triste epilogo della manifestazione di  sabato 23 luglio a Verona era
gia' scritto nell'ambiguita' della convocazione che legittimava "ogni tipo
di linguaggio antifascista".
Nei giorni precedenti la manifestazione abbiamo lavorato per dare
un'impostazione completamente diversa, che rappresentasse davvero una
novita':
- la convocazione doveva venire dal Sindaco, che rappresenta tutta la
citta': quando un veronese viene aggredito e picchiato, sono tutti i
veronesi che subiscono una violenza;
- nell'appello di convocazione doveva emergere chiaramente la condanna di
tutte le violenze, e la scelta della nonviolenza come unica via praticabile
per estirpare il cancro fascista.
Purtroppo le nostre richieste sono rimaste inascoltate, e per questo non
abbiamo partecipato ad una iniziativa che non offriva garanzie di serieta'.
Infatti si e' voluto impostare la manifestazione pubblica con uno spirito di
parte, di gruppo, di fazione, per di piu' lasciando aperta la porta anche a
chi non ha mai condannato la violenza, ma anzi se ne e' fatto protagonista
(alcuni centri sociali di Padova, Vicenza, Mestre). Sono errori
imperdonabili: era evidente che cosi' facendo dal corteo sarebbero nate
rabbia anziche' indignazione, intolleranza anziche' dialogo, violenza
anziche' nonviolenza.
Dal punto di vista della nonviolenza la manifestazione (che avrebbe dovuto
essere un dialogo corale con la citta') non avrebbe nemmeno dovuto avere
inizio fino a che anche un solo manifestante teneva il volto coperto e
nascosto; alla prima vetrina colpita e distrutta la manifestazione doveva
essere sciolta, e bisognava organizzare immediatamente una colletta per
ripagare i danni; alle prime scritte criminali comparse sui muri delle
Regaste ("fascista impara, la P38 spara", "Ramelli e' solo il primo della
lista"), gli organizzatori avrebbero dovuto chiedere alle forze dell'ordine
di fermare ed arrestare gli autori; allo scoppio della bomba carta bisognava
fermarsi, fare autocritica e chiedere scusa a tutti i cittadini.
Tutto cio' non e' accaduto, perche' non e' stata fatta con coraggio e
chiarezza la scelta nonviolenta, che e' forza della verita', che e'
nonmenzogna, che e' dialogo, che e' soluzione positiva dei conflitti.
*
Qualche decennio fa alcuni slogan criminali come "uccidere un fascista non
e' reato" portarono poi alla tragedia del rogo di Primavalle, e al macabro
elenco di giovani, "compagni" o "camerati", morti sul campo. Quella strada
si e' rivelata una sconfitta per tutti. Oggi si deve imboccare la via della
nonviolenza, che e' amore per la vita, la verita', rispetto di ogni persona.
Il solo, vero, unico linguaggio antifascista e' quello della condanna senza
appello della violenza, che e' l'humus nel quale il fascismo cresce, la
legge del piu' forte. Il fascismo non ha paura della violenza, perche' in
essa cresce. Il fascismo teme la civilta', la parola, la cultura, la
democrazia, le idee, perche' non le sa contrastare. La nonviolenza e'
antifascismo. L'antifascismo e' nonviolenza.
Se non ci sara' la scelta nonviolenta chiara, limpida, esplicita,
inequivocabile, cristallina, senza ambiguita', senza cedimenti, come scelta
unica e assoluta, non ci sara' possibilita' di uscire dalla spirale della
violenza, che tutto coinvolge, distrugge e abbrutisce. O nonviolenza o non
esistenza.
*
Ma la nonviolenza non si improvvisa. Essa va studiata, approfondita,
meditata, vissuta. Alla nonviolenza ci si esercita, nella pratica
quotidiana, a partire da se stessi. Dobbiamo estirpare la violenza dentro di
noi e intorno a noi, iniziando dai gesti e dalle parole. E' una strada
lunga, che i movimenti e i partiti che si dicono per la pace devono
imboccare se non vogliono tradire la loro stessa esistenza e condannarsi al
fallimento.

2. ESPERIENZE. EMILY WAX: UN LUOGO IN CUI LE DONNE DECIDONO
[Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per
averci messo a disposizione nella sua traduzione il seguente articolo di di
Emily Wax, apparso sul "Washington Post" del 9 luglio 2005. Emily Wax e' una
prestigiosa giornalista del "Washington Post", autrice di molti importanti
reportages dall'Africa]

Umoja, Kenya. Seduta a gambe incrociate su un tappeto, all'ombra, Rebecca
Lolosoli prende la mano di una spaventata ragazzina di 13 anni. La bambina
avrebbe dovuto sposare un uomo che ha circa tre volte la sua eta', e
Lolosoli le sta dicendo che non e' vero che lei e' obbligata a farlo.
Inoltre, l'uomo e' il fratello di Rebecca, ma qui la volonta' di suo
fratello non conta. Questo e' un villaggio di sole donne, dove le donne
decidono da se stesse.
"Tu sei una ragazza giovane, lui e' un uomo fatto", dice Lolosoli, che da'
rifugio a molte altre ragazze fuggite da matrimoni forzati, "Le donne non
devono piu' acconsentire a queste sciocchezze".
Dieci anni orsono, un gruppo di donne fondo' il villaggio di Umoja, che
significa "unita'" in swahili, in un campo arido che nessuno voleva. Erano
donne che erano state stuprate, e quindi ripudiate dai loro mariti perche'
avevano "svergognato" le loro comunita'. Scossa da tale trattamento
Lolosoli, una donna carismatica e con grande fiducia in se stessa, decise
che nessun uomo sarebbe stato ammesso a vivere nel villaggio circolare di
capanne di fango.
Con un gesto di disprezzo, gli uomini della tribu' costruirono un proprio
villaggio sulla strada per Umoja, con l'intento anche di spiare e
controllare quel che facevano le donne.
Cio' che aveva avuto inizio come un gruppo di donne senza casa che cercavano
un posto dove vivere, e' divenuto un villaggio felice e di successo. Circa
40 donne vivono qui, e gestiscono un centro culturale ed un campeggio per i
turisti che visitano l'adiacente Riserva Nazionale di Samburu. Umoja e'
fiorita, ed ora le sue donne ogni tanto danno lavoro agli uomini,
ingaggiandoli per la raccolta di legna da bruciare, che e' un compito
tradizionalmente femminile.
Gli uomini del villaggio rivale hanno tentato di copiare l'idea del centro
per turisti, ma non hanno avuto lo stesso successo.
Grazie ai guadagni provenienti dal campeggio e dal centro culturale, in cui
vendono i loro manufatti, le donne sono state in grado per la prima volta di
mandare a scuola i loro figli, di mangiare bene, e di rigettare le richieste
maschili di escissione e matrimonio per le figlie. Sono diventate cosi'
famose e rispettate, queste donne vittime di abusi, battiture e di unioni
imposte, che Lolosoli e' stata invitata di recente ad una conferenza
mondiale dell'Onu sull'empowerment di genere, a New York.
"Da quel momento il comportamento geloso e brutto degli uomini e'
peggiorato", racconta Lolosoli spiegando che la sua vita e' stata minacciata
dai vicini prima del viaggio a New York. "Mi hanno detto francamente che
intendevano uccidermi". E Lolosoli ride, perche' pensa che l'idea suoni
drammatica oltre misura.
Sebastian Lesinik, il capo del villaggio degli uomini, ride anche lui mentre
mi spiega la divisione fra uomini e donne come lui la vede: "L'uomo e' la
testa. La donna e' il collo. Un uomo non puo' prendere consigli dal proprio
collo. Lolosoli sta mettendo in discussione la nostra cultura. Sembra che
questo sia il segno dei tempi, l'avere in giro donne fastidiose come
Rebecca".
*
Il femminismo in Africa sta progressivamente crescendo fra livelli estremi
di violenza sessuale, la battaglia contro l'hiv/aids, e gli scenari
successivi alle guerre, tutte cose che hanno contribuito a cambiare i ruoli
delle donne in modi sorprendenti.
Un nuovo pacchetto di leggi e' stato presentato al Parlamento keniota allo
scopo di dare alle donne i diritti, mai avuti precedentemente, di rifiutare
le proposte di matrimonio, di combattere le molestie sessuali sui luoghi di
lavoro, di rigettare le mutilazioni genitali e di veder perseguito
legalmente lo stupro, un atto cosi' frequente che i leader nazionali lo
definiscono come la principale questione legata ai diritti umani da
risolvere in Kenya.
Nella vicina Uganda, migliaia di donne stanno manifestando durante questo
mese per avere l'approvazione della legge sulle relazioni domestiche, la
quale darebbe loro diritti specifici nel caso il marito prenda una seconda
moglie, e una certa protezione nei confronti dell'infezione da hiv.
Undici anni dopo il genocidio, in Ruanda le donne hanno il 49% dei seggi
alla Camera e molte di esse sono vedove di guerra.
Le donne nigeriane stanno facendo una forte pressione per avere piu' donne
in politica, inclusa la presidente per il 2007, poiche', dicono, gli uomini
hanno fallito nel gestire bene il paese.
"Siamo agli inizi di qualcosa di davvero importante per le donne africane",
dice Margaret Auma Odhiambo, portavoce del piu' vasto gruppo di vedove del
Kenya occidentale. Le aderenti sono donne i cui mariti sono tutti morti a
causa dell'aids.
*
Lo sforzo di Lolosoli nel perseguire il cambiamento mostra tutte le
difficolta' che si incontrano nel mutare i ritmi e le strutture di potere
nei villaggi. Prima di partire per la conferenza dell'Onu, Lolosoli andava
casa per casa nella vicina cittadina di Archer's Post a dire alle donne che
esse hanno diritti, come quello di rifiutarsi di fare sesso con i loro
mariti se vengono battute o maltrattate o semplicemente non vogliono. "Una
donna non e' nulla nella nostra tribu'", mi spiega Lolosoli riferendosi
anche agli uomini del villaggio di cui attraversa la strada, "Non ti e'
permesso rispondere ad un uomo, o parlare in sua presenza, che tu abbia
ragione o torto. Questo deve cambiare. Le donne devono reclamare i loro
diritti, e allora il rispetto verra'. Ma se tu te ne stai zitta, gli altri
pensano che non hai nulla da dire. Davvero, dire questo non mi ha resa
popolare fra gli uomini".
A New York, Lolosoli ed altre donne del villaggio sono rimaste colpite dal
vedere alla televisione un episodio di 'Oprah' centrato sulle donne,
sull'abuso verbale e sui mariti disonesti. "Quando ti capita piangi e
piangi", sospira, "Molti uomini della nostra tribu' prendono ancora diverse
mogli. Ma sono stata veramente ispirata dal sapere che cosi' tante donne
fronteggiano cambiamenti di questo tipo e ne escono vincenti".
Tornata in Kenya, con mille nuove idee e un bel po' di manuali per il
training all'equita' di genere, Rebecca Lolosoli ha dovuto vedersela con
un'azione legale intentata dagli uomini del villaggio rivale, che chiedevano
la chiusura e la distruzione di Umoja. Rebecca ha vinto la causa. "Io li
ignoro, quando mi tirano addosso pietre chiedendo: Allora stai bene, vero? E
come stanno i tuoi bambini? E come stanno le tue mucche?". La sua reazione
di perfetta calma e' disarmante, per loro. "Dopo tutto quello che abbiamo
passato, non ci fermeranno mai", aggiunge. Lolosoli sta ancora lottando con
il proprio fratello che insiste nel voler sposare la tredicenne.
Ultimamente, pero', gli uomini del villaggio stanno cominciando ad ammettere
la sconfitta. Non tentano piu' di sottrarre i turisti al campeggio di Umoja.
Molti se ne sono andati. Altri hanno avuto seri problemi per sposarsi,
perche' numerose donne della zona il messaggio di Rebecca l'hanno preso a
cuore. "Ha avuto successo, e' vero", sospira Lesinik, che ammette di essere
un po' geloso di lei. Poi scrolla le spalle e dice: "Forse potremmo imparare
qualcosa dai nostri colli. Forse, un pochino".

3. DIRITTI VIOLATI. PATRICIA LOMBROSO INTERVISTA GREGG BLOCHE SUI
MEDICI-AGUZZINI A GUANTANAMO
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 23 luglio 2005.
Patricia Lombroso e' corrispondente da New York del quotidiano; ha
pubblicato in volume una raccolta di sue interviste a Noam Chomsky dal 1975
al 2003: Noam Chomsky, Dal Vietnam all'Iraq. Colloqui con Patricia Lombroso,
Manifestolibri, Roma 2003.
Gregg Bloche, prestigioso giurista, e' docente al  Georgetown University Law
Center e alla John Hopkins University]

"La chiusura di Guantanamo e un'inchiesta indipendente, perche' esistono
responsabilita' dei vertici dell'Amministrazione per la tortura sistematica,
fisica e mentale, inflitta ai detenuti di Camp delta. Insistiamo perche' si
accertino 'crimini di guerra' perpetrati da Bush, Rumsfeld, Gonzales e tutta
la catena di comando responsabile secondo la 'Federal Crimed War Act',
approvata da Clinton nel 1996". E' con questa grave denuncia nei confronti
dei vertici del governo Bush che inizia l'intervista con Gregg Bloche,
docente e esperto di psichiatria legale del Georgetown University Law Center
e della John Hopkins University. Il noto giurista e' autore del rapporto
reso pubblico dalla rivista scientifica "New England Journal of Medicine"
che sta provocando scalpore per aver rivelato i metodi di tortura
psicologica e psichica forniti agli interrogatori militari dai medici
psicologi di Guantanamo.
- Patricia Lombroso: Cosa risulta di particolare dalla sua ricerca sui
crimini Usa a Guantanamo?
- Gregg Bloche: Violando il principio professionale della "confidenzialita'"
delle cartelle cliniche dei detenuti di Guantanamo, i responsabili del
penitenziario provvedono a fornire tecniche di violenza coercitiva mentale
allo squadrone specializzato del "Behavioral interrogations team" del
Pentagono. Il nostro rapporto pubblicato sul "New England Journal of
Medicine" denuncia la diretta responsabilita' dei medici psicologici ed
esperti in psichiatria a contratto con il Pentagono nell'estorcere ai
detenuti informazioni durante gli interrogatori. Si tratta di raffinate
tecniche di tortura e di modificazione comportamentale studiate per
suscitare paura, insicurezza totale, e far perdere la coscienza individuale.
- Patricia Lombroso: La vostra ricerca si estende al trattamento "inumano"
di tortura fisica e mentale dei detenuti di altre prigioni controllate da
americani?
- Gregg Bloche: Abbiamo chiesto due settimane fa di recarci a Guantanamo,
Bagram e Abu Ghraib per concludere la nostra inchiesta indipendente. Dal
Pentagono non ci e' stata neppure data una risposta.
- Patricia Lombroso: Quando e' iniziata la vostra ricerca sulla
collaborazione dei medici e degli psicologi con i torturatori addetti agli
interrogatori?
- Gregg Bloche: Si tratta di una ricerca di sei mesi. Iniziata a gennaio del
2005.
- Patricia Lombroso: L'applicazione del programma di modificazione
comportamentale per i detenuti e' applicato come prassi nelle carceri di
massima sicurezza in Usa?
- Gregg Bloche: Certamente. E costituisce una programmazione sistematica
proprio come avviene a Guantanamo, Abu Ghraib, Bagram.
- Patricia Lombroso: Una delegazione di congressisti democratici e
repubblicani e' recentemente tornata da una visita a Guantanamo, in
coincidenza con la pubblicazione del suo rapporto-denuncia sulla rivista
medica scientifica, ripresa da tutti i media.
- Gregg Bloche: Si', e la delegazione di membri del parlamento al ritorno da
Guantanamo ha testimoniato quanto da loro rilevato.
- Patricia Lombroso: Hanno sollevato critiche sulle condizioni di
detenzione?
- Gregg Bloche: Democratici e repubblicani hanno effettuato una sperticata
difesa del trattamento umano dei detenuti a Guantanamo. Il repubblicano
Hunter ha persino elogiato la prigione come "forse la migliore prigione
militare mai esistita nella storia". Il comandante Ostergaard della base di
Guantanamo ha categoricamente negato la collaborazione di psicologi e
psichiatri allo squadrone dei torturatori a contratto del Pentagono.
- Patricia Lombroso: Secondo la vostra ricerca a chi e' attribuibile la
responsabilita' di queste linee di condotta per la tortura a Guantanamo, di
queste tecniche per estorcere informazioni sul "terrorismo"?
- Gregg Bloche: Il primo memorandum risale al novembre del 2002. In questo
documento, la direttiva strategica messa in atto da Donald Rumsfeld
specifica che il personale medico di psicologi e psichiatri sono parte
integrante della pianificazione strategica militare per la tortura dei
detenuti. Il secondo memorandum segreto del Pentagono risale all'aprile del
2003. La gestione di Guantanamo venne affidata da Rumsfeld al generale
Jeffrey Miller. E' in questo periodo che la tortura fisica e l'utilizzo
delle tecniche di deprivazione comportamentale del prigioniero hanno mano
libera. Ufficialmente 14 sono i casi di suicidio. Ma su 540 detenuti chi sa
quanti sono con danni mentali permanenti? Quanti sono impazziti?

4. PROFILI. PIERO VIOTTO. UN PROFILO DI JACQUES MARITAIN (PARTE PRIMA)
[Dal sito www.maritain.org riprendiamo il seguente profilo biografico di
Jacques Maritain  scritto da Piero Viotto.
Piero Viotto (Torino 1924), gia' docente di pedagogia presso l'Universita'
Cattolica di Milano, membro del comitato scientifico dell'Institut
International Jacques Maritain, autore di varie pubblicazioni, collaboratore
delle riviste "Studium", "Vita e pensiero", "Humanitas", "Nuova Secondaria",
"Pedagogia e vita", "Educatores", "France forum", "Rivista di Filosofia
neoscolastica", e' tra i maggiori studiosi italiani di Maritain del quale ha
tradotto anche alcune opere. Tra le opere di Piero Viotto segnaliamo
particolarmente: Storia della filosofia, Torino 1958, 1965; Problemi di
Pedagogia, Torino 1958, 1974; Pedagogia della scuola di base, Milano 1976,
1984; Pedagogia e politica del tempo libero, Brescia 1973; Introduzione a
Maritain, Laterza, Roma-Bari 2000; Jacques Maritain. Dizionario delle opere,
Citta' Nuova Editrice, Roma 2003, 2005.
Jacques Maritain, filosofo cattolico (Parigi 1882 - Tolosa 1973), promotore
di una rinnovata valorizzazione del pensiero di Tommaso d'Aquino,
costruttore di pace. Opere di Jacques Maritain: segnaliamo particolarmente
Umanesimo integrale, Borla; ed Il contadino della Garonna, Morcelliana.
Opere su Jacques Maritain: segnaliamo per un primo orientamento Lodovico
Grassi, Jacques Maritain, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di
Fiesole 1993; Italo Mancini, Come leggere Maritain, Morcelliana, Brescia
1993; Piero Viotto, Introduzione a Maritain, Laterza, Roma-Bari 2000.
Indirizzi utili: Institut international "Jacques Maritain", via Quintino
Sella 33, 00187 Roma; "Cahiers Jacques Maritain", 21, rue de la
Division-Leclerc, Kolbsheim 67120, France]

1. Gli anni della formazione e della crisi (1882-1908)
Jacques Maritain nacque a Parigi il 18 novembre 1882 da una famiglia
protestante. Il padre Paul e' avvocato, la madre Genevieve Favre, e' figlia
di Jules Favre, deputato repubblicano, tenace oppositore di Luigi Napoleone.
Jacques frequenta il liceo Enrico IV stringendo amicizia con Ernest
Psichari, nipote di Ernest Renan, e manifesta subito una vivace vocazione
intellettuale: "A dire il vero, non avevamo la minima intenzione di
affrontare da dilettanti i dibattiti dello spirito. Una certa rettitudine
istintiva, un vivissimo desiderio del reale e dell'oggetto, ci preservava
dall'egotismo, come dalle vane chimere della falsa erudizione, ed Ernest non
aveva bisogno di esaminare grossi libri per beffarsi di Wolff e per
persuadersi dell'esistenza storica del vecchio Omero". Maritain riflette su
questa sua esperienza liceale comprendendo la necessita' di una educazione
che non si limiti ad esercitare dilettantisticamente l'intelligenza, ma
sappia soddisfarla, mettendola a contatto con il reale mediante l'universo
della bellezza. In uno dei suoi primi scritti (1921) ricordando l'amicizia
con Psichari, scrive: "Che strana truffa della natura il momento in cui
l'anima inconsapevole dei suoi limiti si sveglia a tutte le bellezze del
mondo e pensa, nella sua percezione ancora torbida e confusa, che deve solo
manifestarsi per possedere tutto".
Dopo il liceo Maritain frequenta la Sorbona, laureandosi prima in filosofia
e poi in scienze naturali, e in questo periodo conosce Raissa Oumancoff,
nata nel 1883 a Rostov sul Don da una famiglia di ebrei ortodossi, con la
quale condivide la crisi intellettuale dovuta alla insoddisfazione dei corsi
universitari, che impregnati di scientismo irridevano al bisogno dei giovani
di trovare la verita'. Lo stesso Maritain cosi' descrive gli anni della sua
formazione: "Nella mia infanzia, sono stato istruito nel 'protestantesimo
liberale'. Piu' tardi ho conosciuto i diversi aspetti del pensiero laico. La
filosofia scientista e fenomenista dei miei maestri della Sorbona aveva
finito per farmi disperare della ragione. Per un momento avevo creduto di
poter trovare la certezza integrale nelle scienze; Felix Le Dantec pensava
che la mia fidanzata e io saremmo divenuti i discepoli del suo materialismo
biologico; (cio' che di meglio devo ai miei studi di quest'epoca e' l'avermi
fatto incontrare, alla Facolta' di Scienza, quella che da allora ho avuto la
fortuna di avere accanto a me in tutti i miei lavori in una perfetta e
benedetta comunione). Bergson fu il primo a rispondere al nostro desiderio
profondo di verita' metafisica; egli libero' in noi il senso dell'assoluto.
Prima di essere preso da s. Tommaso d'Aquino, le grandi influenze che subii
furono quelle di Charles Peguy, di Bergson, di Leon Bloy; appunto un anno
dopo aver conosciuto Bloy, e avendolo scelto come padrino, ricevemmo il
battesimo cattolico. Fu dopo la conversione al cattolicesimo che conobbi s.
Tommaso; io, che ero passato con tanto entusiasmo attraverso tutte le
dottrine dei filosofi moderni e non vi avevo trovato che delusione e
grandiose incertezze, provai allora come un'illuminazione della ragione; la
mia vocazione filosofica mi veniva restituita in tutta la sua pienezza. Guai
a me se non tomistizzo, scrivevo in uno dei miei primi libri. E per trenta
anni di lavori e di lotte, ho camminato sulla stessa via, sentendo di
simpatizzare tanto piu' profondamente con le ricerche, le scoperte, le
angosce del pensiero moderno, quanto piu' cercavo di farvi penetrare la luce
che ci viene da una sapienza elaborata dai secoli e che resiste alle
fluttuazioni del tempo. Ho voluto parlare delle diverse esperienze
attraverso le quali sono passato, perche' esse mi hanno dato l'occasione di
provare successivamente in me lo stato d'animo del libero pensatore
idealista, del convertito inesperto, del cristiano che, via via che si
consolida la sua fede, prende coscienza delle purificazioni che essa deve
subire".
Questa testimonianza di Jacques, che va completata con quella di Raissa, al
di la' del succedersi oggettivo dei momenti di formazione intellettuale,
evidenzia psicologicamente l'ansia soggettiva di verita' che animava i due
giovani: "Questa filosofia della verita', questa verita' ardentemente
cercata, cosi' invincibilmente creduta, era ancora per noi una specie di Dio
sconosciuto; le riservavamo un altare nel nostro cuore, l'amavamo
ardentemente senza conoscerla; fin da principio le riconoscevamo ogni
diritto su di noi, sulla nostra vita. Ma non sapevamo cio' che essa sarebbe
stata, per quale via, con quali mezzi poteva essere raggiunta. Vi era dunque
in noi questa idea invincibile della verita', questa porta aperta sul
cammino della vita. Fino al giorno indimenticabile in cui ascoltammo
Bergson, questa idea della verita', questa speranza di scoperte insospettate
era stata da tutti coloro, da cui aspettavamo qualche luce, implicitamente o
esplicitamente schernita".
*
2. I primi anni di insegnamento (1909-1926)
Dopo aver superato la crisi intellettuale, che aveva portato i due giovani
sulla soglia del suicidio, grazie alle lezioni di Bergson e alla filosofia
di s. Tommaso, Jacques Maritain inizia la sua attivita' culturale
collaborando a diverse riviste e la sua attivita' didattica insegnando al
Collegio Stanislao e all'Institut Catholique di Parigi. La sua esperienza
didattica al collegio Stanislao per l'impegno e l'originalita' scandalizza
il tradizionalismo dei suoi colleghi ed evidenzia un carattere deciso,
"dolce di cuore ma duro di testa", che caratterizzera' per tutta la vita la
personalita' di Maritain. Cosi' Raissa descrive le prime lezioni di
filosofia con osservazioni che purtroppo sono ancora attuali per tante
scuole che pretendono di essere "cattoliche": "In ottobre Jacques comincio'
il primo anno del suo corso di filosofia al collegio Stanislao, dove era
entrato per la presentazione del. padre Peillaube. Lascio' senza rimpianti i
lavori della casa Hachette. Gli inizi del suo corso allo Stanislao non
furono facili. Aveva deciso di fare della filosofia di Aristotele e di s.
Tommaso il centro del suo insegnamento; ma il tomismo sembrava
all'amministrazione del collegio, agli studenti ed alle famiglie,
singolarmente dannoso per il successo finale degli studenti agli esami di
diploma, cui si limitava tutta l'ambizione del pensiero (dopo il diploma
sarebbe venuta la carriera, che importava assai piu' delle convinzioni
filosofiche). Il direttore del collegio, il canonico Pautonnier, guardava
Jacques con occhio preoccupato. Era il canonico Pautonnier che gli diceva
con sorridente insistenza: 'Mio caro amico, passera', passera' questo ardore
di neofita...'". "Non e' passato, scriveva Jacques qualche anno piu' tardi
nella prefazione dell'Antimoderne, al contrario e' diventato col tempo piu'
tenace e piu' determinato, perdendo, almeno lo spero, l'inutile asprezza
della gioventa' e dell'inesperienza".
"Ma vi erano cose piu' terribili del suo tomismo: dal primo giorno Jacques
volle incominciare la lezione con una preghiera - un'Ave Maria seguita da
una invocazione a s. Tommaso -; prendeva sul serio, questo 'neofita', la
qualita' di 'cattolico' del collegio e dei suoi allievi. Tale non era l'uso
allo Stanislao, soprattutto nella classe degli studenti di filosofia, che
non erano piu' bambini e che seguivano dei corsi di religione, di 'culto'
come si diceva, ma che ritenevano la religione non avesse niente a da fare
nelle vere scuole, quelle che preparano agli esami. Il sistema di
'compartimenti stagni' regnava allora... Un ragazzone, che divenne uno dei
migliori scolari della classe e per il quale Jacques ebbe molta simpatia, si
alzo' il primo giorno e dichiaro' che non poteva recitare la preghiera,
'perche' aveva fatto studi moderni e non sapeva pregare in latino'.
'Bene, rispose il professore, esca dalla classe; non vi rientrera' se non
quando sapra' abbastanza latino per dire un'Ave Maria'. Lo studente ed i
suoi genitori andarono a lamentarsi presso la direzione, che comincio' a
temere di perdere i suoi allievi. Tuttavia Jacques l'ebbe vinta. I racconti
di questi incidenti davano a mia sorella e a me una gioia un poco
preoccupata".
Parallelamente all'attivita' di insegnamento Maritain svolge attivita'
culturali collaborando a diverse riviste e tenendo conferenze in Francia e
all'estero. Proprio da un corso di conferenze tenuto nell'aprile-maggio 1913
all'Istituto Cattolico nasce il suo primo volume: La filosofia bergsoniana
che segna non solo il distacco dal primo maestro, avendo i Maritain
percepito l'impossibilita' di conciliare la loro fede cristiana con
l'evoluzionismo bergsoniano, ma anche l'abbozzo di una trattazione organica
dei problemi filosofici, come riflessione sulla relazione interpersonale tra
l'uomo e Dio mediata dalla liberta'. A questa prima impostazione Maritain
restera' sempre fedele, per cui tutte le opere successive possono essere
considerate un approfondimento ed un allargamento della tematica impostata
nel 1914.
I Maritain che insieme avevano studiato la pittura nel museo del Louvre e
l'architettura medioevale nella cattedrale di Chartres, incontrano nel
pittore Rouault l'occasione per studiare insieme la genesi dell'opera
d'arte, come Raissa descrive: "Rouault fu da allora per noi la rivelazione
dell'arte contemporanea; e' da lui infatti che noi andammo a Cezanne, nel
quale egli ha una reale filiazione, benche' con una originalita' assoluta;
da lui andammo anche ai 'fauves', ai quali si puo' avvicinarlo per alcuni
principi assai generali soltanto, perche' la sua arte ha un'altra
ispirazione, un'altra forma, un altro colore di quelli di un Matisse, o di
un Derain. Ma Rouault fu per noi soprattutto la prima rivelazione del vero e
grande artista. E' in lui, in concreto, che noi comprendemmo dapprima la
natura dell'arte, le sue necessita' imperiose, le sue antinomie e il
conflitto dei doveri assai reale, e talvolta tragico, di cui lo spirito di
un artista puo' essere teatro".
Il volume Arte e scolastica , che tra il 1920 e il 1947 avra ben 14
edizioni, rappresenta una prima teorizzazione della filosofia dell'arte
secondo il tomismo e una proposta pedagogica per l'educazione alla
produzione artistica e alla fruizione estetica.
Il terzo argomento di interesse culturale presente fin dai primi anni alla
ricerca maritainiana riguarda l'epistemologia, perche' proprio dalla crisi
dello scientismo nel quale era maturata la loro riflessione filosofica
doveva nascere la ricerca della distinzione tra i diversi gradi del sapere,
a partire dall'esperienza naturale, attraverso la matematica, fino alla
riflessione filosofica e all'esperienza mistica. "Poco a poco - osserva
Raissa nel suo diario - la gerarchia dei valori spirituali, intellettuali,
scientifici ci appariva e cominciavamo a comprendere che essi possono non
essere in contrasto gli uni con gli altri. In grado diverso tutti questi
valori partecipano al mistero in cui si conclude finalmente ogni scienza,
tutti partecipano della luce da cui discende ogni conoscenza. E noi vedevamo
chiaramente che la verita' degli uni non potrebbe essere contraria alla
verita' degli altri". Proprio nella prospettiva dell'educazione
intellettuale Maritain scrive nel 1924 un'altra opera fondamentale,
Riflessioni sull'intelligenza e sulla sua vita propria in cui, contro ogni
forma di fenomenismo illuministico e di idealismo romantico, presenta la
teoria gnoseologica del "realismo critico" affermando che la mente umana e'
in grado di conoscere la realta' e va educata a cogliere l'essere
intelligibile nella realta'.
In questo senso Maritain si presenta come "antimoderno" perche' rifiuta
tutto il soggettivismo della filosofia contemporanea derivato da Lutero sul
piano teologico, da Cartesio sul piano filosofico e da Rousseau sul piano
politico-pedagogico, ma non nel senso di rifiutare lo sviluppo della storia
della cultura e della societa' che ha permesso l'autonomia - nella
distinzione, non nella separazione - della scienza dalla filosofia, della
politica dalla morale, e della cultura dalla religione. "Se siamo
antimoderni non e' certo per gusto personale, bensi' perche' il moderno
uscito dalla rivoluzione anticristiana ce ne costringe con il suo spirito,
perche' esso stesso fa dell'opposizione al patrimonio umano la sua propria
specificita', odia e disprezza il passato, adora se stesso, e perche' noi
aborriamo e disprezziamo quest'odio e questo disprezzo e questa impurita'
spirituale. Se bisogna pero' salvare e assimilare tutte le ricchezze
d'essere accumulate nei tempi moderni, ed amare lo sforzo di coloro che
cercano, e desiderare i rinnovamenti, allora noi non desideriamo nulla
quanto essere ultramoderni". Sempre Maritain conservera' questo
atteggiamento polemico e comprensivo verso la societa' contemporanea,
accusando i modernisti di "neolatria" nel 1922 e i neomodernisti di
"cronolatria" nel 1966.
Come la filosofia dell'arte, anche l'epistemologia maritainiana non nasce
per deduzione logica, ma attraverso una riflessione sull'esperienza, a
contatto con gli scienziati.
In questa ricerca epistemologica Maritain individua anche il posto della
pedagogia, considerata come una scienza che dipende ma non deriva dalle
altre scienze antropologiche e che come riflessione poietica sulla
esperienza educativa e' di natura filosofica. Infatti accetta di fare la
prefazione alla traduzione francese dell'opera del pedagogista fiammingo
Frans de Hovre, Saggio di filosofia pedagogica, condividendone il pensiero.
D'altra parte Maritain si era anche interessato di didattica, accettando di
scrivere per gli studenti liceali ed universitari due libri di iniziazione
filosofica con annotazioni metodologiche per la formazione intellettuale.
Gli Elementi di filosofia : I. Introduzione generale alla filosofia, II.
Piccola logica, pubblicati nel 1921 e nel 1923, ebbero numerose edizioni e
diverse traduzioni nelle principali lingue europee.
*
3. Il periodo di Meudon e i Circoli tomisti (1921-1939)
La vocazione intellettuale dei Maritain come testimonianza della filosofia
cristiana nella cultura contemporanea si definisce in due volumi dedicati al
pensiero e all'opera di s. Tommaso, il primo di Jacques, Il dottore
Angelico, espone le grandi linee del pensiero di s. Tommaso a confronto con
la filosofia moderna, il secondo di Raissa, L'Angelo della scuola, e' una
biografia dell'Aquinate scritta per i fanciulli ed illustrata con disegni di
Severini. Nella prefazione al volume Jacques definisce le linee portanti del
tomismo in alcuni punti fondamentali: "C'e' una filosofia tomista, non c'e'
una filosofia neo-tomista. Il tomismo non vuole essere un ritorno al
medioevo. Il tomismo usa la ragione per distinguere il vero dal falso, non
vuole distruggere ma purificare il pensiero moderno e integrare tutte le
verita' scoperte dai tempi di s. Tommaso. Il tomismo non e' ne' di destra
ne' di sinistra. Il tomismo e' una saggezza. Tra lui e le forme particolari
della cultura debbono regnare scambi vitali incessanti, ma in se stesso
nella sua essenza e' rigorosamente indipendente da queste forme particolari.
Giudicare il tomismo come un abito usato che si portava al XIII secolo e
oggi non si porta piu', e' ritenere che il valore della metafisica sia una
funzione di un certo tempo, e un modo di pensare propriamente barbaro. E' un
modo puerile di giudicare la metafisica in funzione di uno stato sociale da
conservare. La filosofia di s. Tommaso e' in se stessa indipendente dai dati
della fede e nei suoi principi e nella sua struttura non si rifa' che alla
esperienza e alla ragione, per cui questa filosofia, pur restando
perfettamente distinta, e' in comunicazione vitale con la saggezza superiore
della teologia e con la saggezza della contemplazione". A questo giudizio
sul valore e sul significato della filosofia tomista espresso nel 1930,
Maritain restera' fedele durante tutta la sua ricerca, confermandolo
ripetutamente nelle opere successive fino al suo ultimo lavoro Approches
sans entraves del 1973 nel quale, in alcune osservazioni sull'insegnamento
della filosofia, confermera' l'autonomia del sapere filosofico pur nel suo
collegamento con tutte le altre scienze.
Intanto i Maritain avevano fatto della loro casa a Meudon, un sobborgo di
Parigi, un centro di incontri spirituali e di dibattiti culturali ai quali
oltre a filosofi come Berdiaev e Gilson e ai teologi come Garrigou-Lagrange
e Journet, partecipano letterati e romanzieri come Mauriac, Cocteau, J.
Green, Claudel, pittori come Rouault, Severini, Chagall, scultori come Arp,
musicisti come Satie, per ricordare solo i nomi piu' significativi. Da
questi incontri nascono i circoli tomisti per approfondire lo studio della
filosofia scolastica. L'attivita' di questo periodo e' cosi' descritta da
Maritain nei suoi Ricordi e appunti: "Fu dunque a Meudon, come gia' dissi,
che si svilupparono i circoli tomisti e i loro ritiri annuali. Anno per anno
venne aumentando il numero dei partecipanti al ritiro ed anche quello di
coloro che assistevano alle riunioni mensili. (Negli ultimi anni
parteciparono ai ritiri circa due-trecento persone). Questi circoli di studi
tomisti si diffusero anche all'estero, soprattutto in Inghilterra, sotto la
presidenza di Richard O'Sullivan, e poi in Svizzera, in Belgio... Quando
adesso mi capita di ripensare agli anni di Meudon, non so capacitarmi di
come facessimo a sopportarne tutte le fatiche. Oltre alla preparazione dei
corsi che tenevo annualmente all'Institut Catholique e dei miei libri (senza
parlare delle conferenze all'estero), oltre al tempo dedicato agli amici
vecchi e nuovi, che costituivano la nostra grande consolazione, ai
visitatori sconosciuti che giungevano con speranze imprecisate e che
bisognava soprattutto ascoltare, alle conversioni, ai battesimi, alle
vocazioni religiose - cose alle quali non ebbi mai l'empieta' di dar la
caccia: non erano affar nostro, bensi' opera della grazia e qualche volta di
consiglieri troppo frettolosi; tuttavia non bisognava mai sottrarvisi, non
c'erano soltanto i circoli tomisti e i ritiri ma una molteplicita' di altre
riunioni soprattutto quelle che, scherzando, si chiamavano 'esoteriche' (si
discuteva in pochi soltanto qualche punto difficile), le interconfessionali
che avvenivano da Berdjaev e in casa nostra, le riunioni purtroppo senza
risultati allo scopo di costituire una societa' di 'filosofia della
cultura', altre per fondare una 'societa' della filosofia della natura'
(queste ebbero effetto e la societa' che si costitui' prese un buon avvio,
pubblico' tre o quattro libri di valore prima di estinguersi in seguito ai
conflitti politici sorti fra i suoi membri). C'era la collezione del Roseau
d'or (divenuta, in seguito, delle Iles), quella delle Questions disputees,
quella della Bibliotheque francaise de philosophie con tutto l'ammucchiarsi
dei manoscritti da leggere, della corrispondenza e delle conseguenti
recriminazioni. C'erano gli Studi Carmelitani di Padre Bruno e i congressi
di Avon, la necessita' culturale di rimanere al corrente della poesia, della
musica, della pittura. Ci fu la crisi dell'Action francaise, e i drammi di
coscienza a causa della guerra civile in Spagna, l'affare 'Vendredi', la
fondazione di 'Temps present', e la collaborazione al periodico stesso - e
tutti i manifesti che dovevo compilare, dal momento che quelli propostimi
peccavano di partigianeria, e infine le conferenze piuttosto agitate,
organizzate da Andre' David al Theatre des Ambassadeurs. Se mantenni la pace
dell'anima e mi sforzai sempre di essere saggio, pur trovandomi in mezzo a
un tale scompiglio, so bene da chi e come il conto e' stato pagato".
I "Circoli di studi tomistici", che si riunirono in ben 15 convegni annuali
tra il 1921 e il 1937, non erano solo occasioni di dibattiti culturali, ma
una vera e propria "scuola di spiritualita'" per laici impegnati nelle piu'
diverse attivita' culturali e sociali con un vero e proprio statuto sociale,
che, pur richiedendo la direzione spirituale di un religioso dell'Ordine dei
domenicani, un voto privato di preghiera, un impegno allo studio sistematico
del pensiero di s. Tommaso, garantiva l'autonomia dell'associazione da ogni
forma di subordinazione all'autorita' ecclesiastica proprio per confermare
il valore razionale della ricerca filosofica.
Questa "laicita'" e "autonomia" del sapere filosofico non viene posta da
Maritain in contrapposizione o in sostituzione al sapere teologico, come
avveniva nella cultura illuministica di derivazione cartesiana, che separava
e contrapponeva ragione e fede, ma in correlazione con l'esperienza
religiosa, tanto da portarlo, in un importante dibattito, alla definizione
dello statuto della "filosofia cristiana" (da cui derivera' lo statuto
epistemologico di una morale adeguatamente intesa e di una pedagogia
cristiana), in occasione di una tavola rotonda che si svolse nel 1931 presso
la "societe' francaise de philosophie" con la partecipazione di E. Gilson,
E. Brehier, L. Brunschwicg, M. Blondel. Proprio di questo periodo e' la
prima edizione dell'opera piu' importante della produzione maritainiana nel
campo della epistemologia, Distinguere per unire, ossia i gradi del sapere,
ove l'autore partendo dalla scienza sperimentale, attraverso la matematica e
la filosofia della natura, giunge alla metafisica, alla teologia e alla
mistica, affermando l'intelligibilita' dell'essere, senza ridurre l'essere
al pensiero, perche' la filosofia e' insieme un "mistero" e un "problema".
Accanto a questo lavoro di ricerca teoretica, Maritain, sollecitato dai suoi
lettori, continua anche il lavoro didattico con piena consapevolezza delle
difficolta' di tradurre il discorso filosofico in "lezioni". Nella sua
prefazione alle Sette lezioni sull'essere e sui primi principi della ragione
speculativa, pubblicate nel 1933, osserva: "non si comincia con un lavoro di
compendio: si compendia quello che e' stato in precedenza portato a un
sufficiente grado di elaborazione". Che dire dei "professori", che preparano
le loro lezioni sui libri di testo usati dagli allievi!
Maritain nel "periodo di Meudon" non solo definisce la sua posizione
filosofica, ma stabilisce chiaramente anche la sua posizione politica. Dopo
aver per un certo tempo simpatizzato, pur senza mai iscriversi, per il
movimento di destra "Action Francaise", dopo la condanna di Pio XI, prende
le distanze dal gruppo politico che faceva della politica un parametro
assoluto, perche' la politica non puo' machiavellicamente essere fine a se
stessa, e il potere temporale deve subordinarsi al potere spirituale, pur
conservando la sua autonomia di campo d'azione. Nel 1932 Maritain fa
amicizia con E. Mounier, collabora alla fondazione della rivista "Esprit",
ma non aderisce al movimento. Sottoscrive diversi manifesti politici contro
la guerra in Spagna, contro l'invasione italiana dell'Etiopia, per il bene
comune, per la difesa della pace civile e religiosa, ma non si iscrive a
nessun partito, perche' vuole conservare la sua indipendenza di filosofo,
che si sente impegnato nell'azione, ma dalla parte dei principi e dei valori
universali che non possono esaurirsi nel programma di un partito politico.
Troppi malintesi si erano gia' verificati sul suo nome, troppi gruppi lo
volevano dalla loro parte, per cui scrive la Lettera sull'indipendenza: "Il
filosofo ha una qualche utilita' fra gli uomini solo se rimane tale. Ma
rimanere filosofo e agire come filosofo, obbliga a tenere ferma in ogni caso
la liberta' della filosofia ed in particolare ad affermare a tempo e a
contrattempo l'indipendenza del filosofo di fronte ai partiti quali che essi
siano. Siano essi di destra, di sinistra, non appartengo ad alcuni di essi.
L'indipendenza del filosofo e' voluta dalla natura propria di un sapere che
di per se' e' una saggezza e che, anche quando si riferisce nel modo piu'
diretto al contingente, lo domina sempre; l'indipendenza del filosofo
testimonia la liberta' dell'intelletto di fronte all'istante che passa.
L'indipendenza del cristiano testimonia la liberta' della fede di fronte al
mondo. E' tutto l'opposto di una fuga o di una evasione; tutto l'opposto di
una defezione davanti al dramma dell'esistenza e della vita, di un rifugio
in una curiosita' da 'spettatore' disinteressato. Si tratta di un impegno
tanto piu' reale e profondo quanto piu' la liberta' interiore e' intatta".
Questa posizione dell'intellettuale, che e' insieme liberta' e
testimonianza, a cui Maritain restera' fedele per tutta la vita, pur
elaborando, prima in Francia e poi in America, una politica
personalistico-comunitaria, una dottrina dello Stato democratico, dovrebbe
essere la posizione dell'educatore impegnato nelle strutture scolastiche,
che non dovrebbe farsi uomo "di parte". Gli "intellettuali impegnati",
quando militano in una organizzazione politica perdono la loro liberta' di
intellettuali. Nel 1953 in una conferenza tenuta al Graduate College
dell'Universita' di Princeton, Maritain ritornera' sulla questione del
"filosofo nella societa'" precisando che le due grandi "funzioni" del
filosofo nella societa' riguardano la verita' e la liberta'; "Il filosofo,
che dedicandosi al suo compito speculativo, affranca la sua attenzione dagli
interessi degli uomini, o del gruppo sociale, o dello Stato, ricorda alla
societa' il carattere assoluto ed inflessibile della Verita'. Per quanto
riguarda la Liberta', egli ricorda alla societa' che la liberta' e' la
condizione stessa dell'esercizio del pensiero". Malgrado queste sue chiare
prese di posizione, e questa sua indipendenza dai diversi gruppi politici,
Maritain dovette difendersi da fraintendimenti ed incomprensioni,
polemizzare contro chi strumentalizzava il suo pensiero. L'opera di
filosofia politica piu' nota e piu' diffusa nel mondo, anche se non puo'
essere considerata la sua opera piu' importante, Umanesimo integrale, nata
da una serie di conferenze a Poznan in Polonia e a Santander in Spagna, fu
oggetto in Sud-America ed in Europa di violenti polemiche, ma contribui'
alla fondazione culturale dei movimenti politici che intendevano trarre
ispirazione dal Vangelo per una testimonianza cristiana nella vita sociale,
senza confondere il temporale con lo spirituale, la storia con il Regno di
Dio, lo Stato con la Chiesa. Da una parte Maritain era accusato di volere
impegnare la religione sul terreno della politica, perche' affermava
l'esigenza di una "politica cristiana", autonoma dalla fede, ma coerente con
l'ispirazione evangelica senza impegnare la Chiesa negli affari del mondo;
dall'altra era accusato di naturalismo e di storicismo, considerato un
"marxista cristiano", perche' difendeva i diritti della classe operaia, che
le omissioni dei cristiani avevano allontanato dal Cristianesimo. Proprio
queste accuse dimostrano la validita' del pensiero politico maritainiano,
che distingue senza separare i diversi livelli di azione umana, come aveva
distinto senza separare i diversi gradi del sapere umano. Altro e' agire "in
quanto cristiano" sul piano dello spirituale avendo per mira la salvezza
eterna dell'umanita', altro e' agire "da cristiano" avendo per scopo la
promozione umana nella storia.
Maritain non si limita ad indicare i fini dell'azione politica, ma individua
anche i metodi adeguati agli scopi, e fin dai primi scritti politici del
periodo di Meudon sottolinea la necessita' di una democrazia come
partecipazione e di un'autorita' come servizio. Contro il concetto
"marxista" di "classe" e il concetto "fascista" di "nazione", recupera e
rifonda il concetto "cristiano" di "popolo", e proprio in relazione alla sua
filosofia di realismo e di esistenzialismo. Nell'articolo Esistere con il
popolo apparso nel 1937 in francese sulla rivista "Sept" ed in spagnolo
sulla rivista "Sur", scrive: "Quando si tratta della realta' della storia
umana, siamo portati facilmente a considerare le cose dall'ottica
dell'azione e delle idee che regolano l'azione. Ma e' necessario anche, e
prima di tutto, considerarle dal punto di vista dell'esistenza. Voglio dire
che esiste un ordine diverso, e piu' a monte di quello dell'attivita'
sociale e politica: l'ordine della comunione di vita, di desiderio e di
sofferenza. In altri termini, dobbiamo riconoscere, diversa dalla categoria
dell'agire per o agire con, la categoria dell'esistere con e soffrire con,
la quale concerne un ordine di realta' piu' profondo.
'Agire per' entra nell'ambito del semplice amore di benevolenza, mentre
'esistere con' e 'soffrire con' appartengono al campo dell'amore d'unita'.
L'amore e' rivolto ad un essere esistente e concreto. Indipendentemente da
quanto ne dice Pascal, l'amore va alla persona, non alle 'qualita''.
Quell'essere che amo l'amo veramente, abbia egli torto o ragione; desidero
esistere con lui e soffrire con lui.
'Esistere con' e' una categoria etica. Non significa che voglia vivere
fisicamente con un essere e allo stesso suo modo, e nemmeno che ami un
essere nel senso di volergli bene; significa, invece, che lo amo nel senso
di fare unita' con lui, di portare il suo peso, di vivere in convivenza
morale con lui, di sentire con lui e di soffrire con lui.
Se si ama questa cosa vivente ed umana, di difficilissima definizione,
certo, come ogni cosa umana vivente, ma tanto piu' reale, che si chiama
popolo, allora si e' portati innanzitutto e soprattutto a esistere con lui e
a soffrire con lui, e a rimanere nella sua comunione".
Questo "essere con" ha pure un significato pedagogico. Se il processo
educativo consiste in una inter-relazione tra educatore ed educando, in una
reciproca "comprensione" dei valori, per educare non basta "essere tra" gli
educandi (presenza fisica) o "essere per" gli educandi (presenza morale), ma
bisogna "essere con" gli educandi (presenza pedagogica), condividere la loro
esperienza.
(Parte prima - segue)

5. RILETTURE. MARY HUNT, ROSINO GIBELLINI: LA SFIDA DEL FEMMINISMO ALLA
TEOLOGIA
Mary Hunt, Rosino Gibellini (a cura di), La sfida del femminismo alla
teologia, Queriniana, Brescia 1980, pp. 208. Una raccolta di saggi di alcune
delle piu' prestigiose teologhe femministe; con testi di Anne McGrew
Bennett, Nelle Morton, Sheila Greeve Davaney, Judith Plaskow, Rosemary
Radford Ruether, Mary E. Hunt, Catharina Halkes, con puntuali ritratti
teologici delle autrici e una bibliografia essenziale.

6. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

7. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it,
luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at inwind.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 1003 del 26 luglio 2005

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