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La nonviolenza e' in cammino. 1002
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 1002
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Mon, 25 Jul 2005 00:36:01 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1002 del 25 luglio 2005 Sommario di questo numero: 1. Sergio Paronetto: Che tristezza stasera a Verona 2. Ermanno Allegri: Un referendum in Brasile contro il commercio delle armi 3. Yanar Mohammed: Una Costituzione che deumanizza le donne. Un appello dall'Iraq 4. Iaia Vantaggiato: Cento milioni di euro per violare i diritti umani 5. Senza girarci intorno 6. Giovanni Scotto: Un seminario sulla gestione costruttiva dei conflitti internazionali 7. Brunella Casalini presenta "La democrazia vissuta. Individualismo e pluralismo nel pensiero di Mary Parker Follett" di Raffaella Baritono 8. Il settimo volume dei "Quaderni satyagraha" 9. Letture: Ferdinando Tartaglia, Tesi per la fine del problema di Dio 10. Letture: Ferdinando Tartaglia, Esercizi di verbo 11. Letture: Giulio Cattaneo, L'uomo della novita' 12. La "Carta" del Movimento Nonviolento 13. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. SERGIO PARONETTO: CHE TRISTEZZA STASERA A VERONA [Ringraziamo Sergio Paronetto (per contatti: paxchristi_paronetto at yahoo.com) per questa testimonianza scritta la sera di sabato 23 luglio. Sergio Paronetto insegna presso l'Istituto Tecnico "Luigi Einaudi" di Verona dove coordina alcune attivita' di educazione alla pace e ai diritti umani. Tra il 1971 e il 1973 e' in Ecuador a svolgere il servizio civile alternativo del militare con un gruppo di volontari di Cooperazione internazionale (Coopi). L'obiezione di coscienza al servizio militare gli viene suggerita dalla testimonianza di Primo Mazzolari, di Lorenzo Milani e di Martin Luther King. In Ecuador opera prima nella selva amazzonica presso gli indigeni shuar e poi sulla Cordigliera assieme al vescovo degli idios (quechua) Leonidas Proano con cui collabora in programmi di alfabetizzazione secondo il metodo del pedagogista Paulo Freire. Negli anni '80 e' consigliere comunale a Verona, agisce nel Comitato veronese per la pace e il disarmo e in gruppi promotori delle assemblee in Arena suscitate dall'Appello dei Beati i costruttori di pace. In esse incontra o reincontra Alessandro Zanotelli, Tonino Bello, Ernesto Balducci, David Maria Turoldo, Desmond Tutu, Rigoberta Menchu', Perez Esquivel, Beyers Naude' e tanti testimoni di pace. Negli anni '90 aderisce a Pax Christi (che aveva gia' conosciuto negli anni Sessanta) del cui Consiglio nazionale fa parte. E' membro del Gruppo per il pluralismo e il dialogo e, ultimamente, del Sinodo diocesano di Verona. Opere di Sergio Paronetto, La nonviolenza dei volti. Forza di liberazione, Editrice Monti, Saronno (Va) 2004] Che tristezza, stasera, dopo la manifestazione veronese contro la violenza da cui mi sono allontanato. L'iniziativa era partita bene. Il gruppo promotore aveva invitato anche tifosi ultras dell'Hellas Verona perche' dichiarassero la netta divaricazione tra tifo e violenza. Aveva aperto il microfono alle varie opinioni. Poi, pero', si e' dichiarato disponibile all'inquinamento dicendo che ognuno puo' partecipare alla manifestazione con le sue caratteristiche. Se le caratteristiche fossero, come e' stato, la disponibilita' a spaccare vetrine, a sfilare a viso coperto con bastoni in mano, a scrivere sui muri inni alla P38, a seminare paura? Cosa c'entravano le 20 persone col passamontagna in mezzo al corteo con il gruppo promotore e con l'iniziativa? Cosa c'entravano le bandiere nere o rosso-nere con la bandiera arcobaleno? Perche' non capire che la violenza nei e attorno ai cortei puo' essere frutto di provocazione organizzata? E che porta al degrado? Che la violenza non solo e' feroce e stupida ma fa sempre il gioco dell'avversario? * Per me, la possibilita' di immaginare e di preparare "un mondo altro" passa attraverso una totale e radicale opposizione-proposta nonviolenta. Alcuni dicono che si tratta di una discriminante che divide. In realta' a dividere, a screditare, anzi a distruggere i movimenti sociali e' la disponibilita' a tollerare qualunque forma di violenza. E' la violenza (macro o micro) che divide, separa, allontana dalla soluzione dei problemi, blocca le relazioni con gli altri, distrugge i rapporti umani, abbrutisce tutti. Perche' non si vuol capire che le violenze sono sempre "reazionarie" e incivili, "fasciste"? E che solo la scelta della nonviolenza e' liberante, relazionale, inclusiva, festosa e creativa? E' la nnviolenza la novita' antagonista alla militarizzazione del mondo e della vita quotidiana. E' la nonviolenza l'alternativa (a tutte le ideologie), la forza di liberazione, l'energia vitale che tesse rapporti, crea reti, coinvolge. Il pacifismo generico puo' contenere le stesse logiche militari che si vogliono denunciare. Un capitolo del mio libro "La nonviolenza dei volti" ne parla diffusamente. * Per me (e per Pax Christi) senza scelta nonviolenta non c'e' azione per la pace. Avevamo concluso il nostro comunicato di solidarieta' con i giovani feriti auspicando che la doverosa e ferma indignazione per le violenze possa accompagnarsi ad "azioni sempre nonviolente, le piu' limpide e democratiche, le piu' adatte e credibili per affermare un altro modo di lottare per le proprie idee e per costruire relazioni libere, giuste e fraterne". Intendiamo riprendere e sviluppare l'idea. Per la politica, per i movimenti sociali e per il popolo della pace dovrebbe essere chiaro il motto di Martin Luther King: "o nonviolenza o non esistenza". Sta forse morendo il pacifismo. Occorre operare perche' si organizzi la nonviolenza. 2. APPELLI. ERMANNO ALLEGRI: UN REFERENDUM IN BRASILE CONTRO IL COMMERCIO DELLE ARMI [Ringraziamo Francesco Comina (per contatti: f.comina at ladige.it) per averci inviato questo appello di Ermanno Allegri. Francesco Comina, giornalista e saggista, pacifista nonviolento, e' impegnato nel movimento di Pax Christi; nato a Bolzano nel 1967, laureatosi con una tesi su Raimon (Raimundo) Panikkar, collabora a varie riviste. Opere di Francesco Comina: Non giuro a Hitler, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo (Mi) 2000; (con Marcelo Barros), Il sapore della liberta', La meridiana, Molfetta (Ba) 2005; ha contribuito al libro di AA. VV., Le periferie della memoria, Anppia - Movimento Nonviolento, Torino-Verona; e a AA. VV., Giubileo purificato, Emi, Bologna. "Ermanno Allegri, sacerdote bolzanino da trent'anni in Brasile, gia' segretario nazionale della Commissione Pastorale della Terra e ora direttore di un'agenzia continentale (Adital, sito: www.adital.com.br), nata come strumento per portare all'attenzone della grande informazione latinoamericana i temi delle comunita' di base e l'impegno cotnro la poverta'. Allegri e' stato chiamato a contribuire al coordinamento delle azioni di sensibilizzazione in vista del referendum che si terra' in Brasile alla fine di ottobre che ha come tema la messa al bando del commercio delle armi da fuoco che in tutta l'America Latina costituisce un rilevante fattore di violenza (omicidi, rapine, ecc.). E' una battaglia civile e di diritto importantissima per tutto il Brasile, ma anche per il movimento per la pace di tutto il mondo. La posta in gioco e' grande ma i poteri che contano (le multinazionali delle armi) sono gia' all'opera per vincere, mettendo in campo enormi fondi. Allegri chiede che questo tema venga messo nell'agenda anche del movimento per la pace italiano e chiede anche un aiuto finanziario per coordinare, da qui a ottobre l'attivita' di sensibilizzazione di Adital" (Francesco Comina)] Alla fine di ottobre si terra' in Brasile un referendum importante per mettere al bando il commercio delle armi da fuoco, che e' all'origine di tanta violenza nel paese latinoamericano. Il quesito del referendum sara': "Il commercio di armi da fuoco e munizioni deve essere proibito in Brasile?". Cosi' dobbiamo inziare la campagna per il si' [in portoghese-brasiliano: "sim"]. Le fabbriche di armi investiranno pesantemente per il no, con grandi capitali e mezzi di comunicazione, allegando tutti i motivi, da quelli economici a quelli sentimentali e pretesamente "razionali" come: "Mentre disarmiamo i buoni cittadini, i banditi resteranno armati e piu' sicuri di agire". Il si' assume un valore non solo reale, ma simbolico per il Brasile e per tutta l'America Latina e il mondo intero. I movimenti pacifisti in tuto il mondo potrebbero fare delle campagne di appoggio al referendum e ai gruppi che lavorano in Brasile per il si'. L'agenzia di stampa Adital (sito: www.adital.com.br), di cui sono il direttore, puo' giocare un importante ruolo all'interno di questa campagna. Pero' serve un aiuto finanziario dall'Italia e dall'Europa per mettere in campo un'azione di sensibilizzazione forte delle comunita' di base in tutto il Brasile. * Questo lo schema minimo di informazione per mirare all'obiettivo del si', che ci consente di mettere al bando questo terribile commercio delle armi. - Avere un sito internet per questo referendum con un link nel sito Adital o direttamente su www.aditalSIM.com.br - Garantire copertura giornalistica quotidiana (possibilmente con due "lanci" al giorno) per le principali iniziative della campagna per il si': chiedere l'impegno di editorialisti autorevoli, dare notizia di eventi religiosi e di manifestazioni pubbliche, fare interviste, ecc. Occorrerebbe un/a responsabile redazionale ad hoc part time, un/a redattore/trice e uno/a stagista nella redazione di "Adital" e alcuni corrispondenti nelle citta'. Per facilitare il ricevimento di collaborazioni volontarie da parte dei gruppi che organizzano attivita', possiamo creare una e-mail specifica SIM at adital.com.br - Fornire un link nel sito per presentare i materiali che gruppi pacifisti, chiese, ng, potranno produrre, proponendo il loro indirizzo e-mail per contatti. - Aprire e amministrare una lista di discussione sul referendum in cui i lettori di "Adital" possano esprimere pareri, chiarire dubbi, ecc. Una volta alla settimana o al mese si potra' offrire un riassunto sottolineando gli aspetti piu' importanti. - Offrire la lista dei gruppi che gia' lavorano per la pace o a favore del disarmo o per il servizio civile, e aprire un link con l'agenda degli eventi sul referendum previsti a livello nazionale e locale perche' gli interessati possano collaborare e partecipare. - Cercare di rubricare i motivi dei sostenitori del "no" e preparare testi che controargomentino. - Inviare corrispondenze e promuovere contatti personali con i media locali, specialmente con i giornalisti amici (di "Adital" o di altri siti) per offrire loro i nostri materiali e incentivarne la diffusione. * Se ci fosse una maggiore disponibilita' finanziaria potremmo pensare anche ad altre iniziative: - incontri con alcuni grandi soggetti informativi alternativi a Sao Paulo, a Salvador e a Brasilia. Con le altre grandi regioni (Nord, dall'Acre, a Manaus, a Belem e il Sud con Porto Alegre, Curitiba e Florianopolis) potremmo tentare di tenere i contatti via e-mail perche' il viaggio sarebbe piu' caro. Per questa iniziativa basterebbe pagare il viaggio di una persona (aereo, alimentazione, hotel): circa 2.400 euro. La finalita' dell'incontro sarebbe riuscire a coordinarsi con 10 o 20 dei maggiori soggetti informativi in ogni regione e vedere concretamente come collaborare. Se ciascun soggetto informativo fosse disponibile a collaborare con i suoi giornalisti si potrebbe risparmiare la spesa con i corrispondenti... - Potremmo creare il sito nel web in italiano e in inglese (a Sao Paulo c'e' un gruppo che tradurrebbe gratis in inglese parte del materiale). - Inoltre stiamo pensando di valorizzare il ricchissimo materiale della nostra banca dati (notizie, interviste, reportage, studi, ecc.) e produrre materiali da usare nelle scuole (diretti a maestri e professori) su temi come diritti umani, popoli indigeni, contadini, ecc.; potremmo anche, per questa occasione, produrre un quaderno sul referendum. E molte altre idee possono nascere... Il tutto per una spesa che abbiamo calcolato intorno ai 25.000 euro. * Se questa campagna referendaria diventasse una iniziativa di tutto il movimento per la pace a livello internazionale forse potremmo far partire dal Brasile un cammino virtuoso per un disarmo piu' profondo e piu' ampio. L'iniziativa referendaria per l'abrogazione del commercio delle armi da fuoco in Brasile e' troppo importante per lasciarla in mano ai costruttori di armi. Vi supplico di fare qualcosa, di darci una mano, di portare questo tema al centro del dibattito pacifista italiano. * Per contatti: www.adital.com.br 3. DIRITTI NEGATI. YANAR MOHAMMED: UNA COSTITUZIONE CHE DEUMANIZZA LE DONNE. UN APPELLO DALL'IRAQ [Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per averci messo a disposizione nella sua traduzione il seguente intervento di Yanar Mohammed. Yanar Mohammed e' presidente dell'Organizzazione per la liberta' delle donne in Iraq] L'era delle atrocita' post-occupazione si e' dischiusa per svelare il capitolo finale dell'abuso dei diritti umani delle donne in Iraq: una Costituzione che legalizza la discriminazione delle donne. La bozza costituzionale che e' circolata segretamente ha eliminato i diritti minimi che le donne avevano secondo la precedente legge sullo status delle persone risalente al 1959. Sebbene detta legge fosse in parte basata sulla sharia islamica, essa includeva abbastanza riforme da assicurare uno standard minimo di diritti umani per le donne, come il prevenire i matrimoni delle bambine e il rendere la poligamia piu' difficile: una pratica che la sharia permette assieme alle battiture, alle lapidazioni, alle flagellazioni ed all'imposizione del velo. La bozza prevede nell'articolo 14 l'eliminazione della legge corrente e trasferisce le leggi sulla famiglia completamente alla sharia islamica ed alle altre religioni presenti in Iraq. In altre parole, lascia le donne vulnerabili ad ogni discriminazione ed ostilita' sociale, oltre a designarle quali cittadine di seconda classe o semi-umane. Sin dall'inizio dell'occupazione l'amministrazione statunitense ha riconosciuto gli iracheni a seconda delle loro identita' etniche/nazionali e religiose. La polarizzazione predeterminata della societa' attorno alle sue forze piu' reazionarie ha avuto come esito la creazione dell'arma piu' letale, ovvero un governo di divisioni ed ineguaglianze, una potenziale bomba a tempo per la guerra civile che e' gia' iniziata. Peggio ancora, l'unica agenda che i partiti al potere condividono e' un'agenda di oppressione, bigottismo e misoginia, oltre alla rappresentazione degli interessi dell'occupazione Usa. Gli avversari del popolo si sono riuniti a scrivere la Costituzione ed hanno deciso di dare vita alla risoluzione 137. Questa risoluzione isola l'Iraq dal mondo moderno e lo trasforma in un Afghanistan sotto il dominio dei Talebani, ove l'oppressione e la discriminazione delle donne sono istituzionalizzate dalla sharia. Noi abbiamo vissuto differenti stadi e tipi di atrocita' sotto questa occupazione. Ora l'occupazione statunitense intende lasciare un marchio di garanzia dell'abuso sui diritti umani senza precedenti, forzando la nascita di una Costituzione che trasforma 13 milioni di donne in creature semi-umane. Abbiamo bisogno del vostro sostegno per rigettare una Costituzione che aprira' la strada a decadi di silenziosi massacri di donne. Fate sapere al popolo statunitense, che ama la liberta', cosa viene commesso in suo nome, ed in nome della democrazia. Scrivete lettere aperte all'amministrazione Usa e ai suoi alleati, in special modo alla Gran Bretagna. Ricordate loro che i diritti delle donne non possono essere il prezzo che si paga per un'odiosa "democrazia" fatta di razzismo, divisioni etniche e religiose, settarismi e misoginia. Aiutateci a trovare una via d'uscita all'interminabile attacco alle nostre liberta' e alle nostre vite. 4. DIRITTI NEGATI. IAIA VANTAGGIATO: CENTO MILIONI DI EURO PER VIOLARE I DIRITTI UMANI [Dal quotidiano "Il manifesto" del 22 luglio 2005. Iaia Vantaggiato e' una prestigiosa intellettuale e giornalista impegnata per la pace e i diritti] Ammonta a 49,7 milioni di euro, circa cento miliardi di vecchie lire, l'"impegno" profuso nel corso del 2004 dal governo italiano - e in particolare dal ministero dell'interno - per il mantenimento dei centri di detenzione per immigrati: di questi, 40,8 milioni sono stati destinati alla gestione dei Centri di permanenza temporanea (in sigla: Cpt); 3,3 alla manutenzione ordinaria e altrettanti a quella straordinaria; 1,9 i milioni spesi per le voci economiche. Un "impegno"... cui si aggiungono i circa 26,3 milioni di euro resisi necessari per pagare gli 800 tra poliziotti, carabinieri e finanzieri impegnati nei compiti di vigilanza nei Cpt di Agrigento, Brindisi, Bologna, Caltanissetta, Catanzaro, Lecce, Milano, Modena, Roma, Torino e Trapani. Una geografia alfabetica che fa salire le voci di spesa a 76 milioni di euro. E - a questo punto - perche' non rilanciare e cercare di raggiungere quota cento? In realta' basta poco. Altro non serve se non che aggiungere alla lista i quasi 13 milioni di euro richiesti dalle operazioni di rimpatrio - leggasi espulsioni - degli immigrati nonche' i circa 8 milioni impiegati in missioni estere e internazionali (i dati, peraltro, si fermano al 30 settembre del 2004). All'Italia, lo scorso anno, la repressione del flusso migratorio sarebbe insomma costata duecento miliardi di vecchie lire. Senza contare che la cifra - resa nota da due differenti relazioni della Corte dei Conti - risulterebbe ancora mancante rispetto ai dati relativi alle spese sostenute dagli altri ministeri. La Corte dei conti, in proposito, non puo' che confermare "le difficolta' che si incontrano nel voler individuare compiutamente le risorse complessive che il bilancio dello stato destina alle politiche dell'immigrazione", stanti i numerosi soggetti istituzionali cui sono attribuite competenze in materia. Un'analisi da cui, comunque, resta fuori la spesa a carico del ministero degli affari esteri che pure opera nell'ambito delle politiche dell'immigrazione attraverso l'attivita' negoziale e la sottoscrizione di accordi di cooperazione. Di certo, al momento, c'e' solo che ben 15.647 "clandestini" sono stati trattenuti, nel 2004, all'interno delle strutture detentive e sono un totale di 59.965 gli stranieri respinti alle frontiere, espulsi o riammessi nel paese di provenienza. Quanto ai costi relativi ai due Cpt che l'Italia sta realizzando in Libia (uno sarebbe in costruzione, il secondo in procinto di esserlo) nella relazione della Corte dei Conti non c'e' traccia. Ma la notizia, mai resa nota dal governo al parlamento, suscita dure proteste: "Che l'Italia abbia iniziato la costruzione di questi Cpt - dice il deputato verde Mauro Bulgarelli - e' la conferma che questo governo, tra menzogne e azioni clandestine, continua a violare i diritti umani e quello internazionale. Il pacchetto concordato con la Libia, evidentemente, non contemplava soltanto la deportazione di migliaia di migranti verso un paese che viola sistematicamente i diritti umani, ma anche l'allestimento delle strutture dove sarebbero stati detenuti". Sconcerto esprime anche Filippo Miraglia, responsabile immigrazione dell'Arci: "Ancora una volta - e all'insaputa del parlamento - l'Italia stipula accordi segreti con la Libia. Il primo passo per affrontare il tema dell'immigrazione non puo' che essere la chiusura definitiva dei Cpt. Inutile parlare di una loro riforma". Non la pensa cosi' il sottosegretario all'interno Mantovano: "I Cpt sono un anello importante del sistema di contrasto all'immigrazione clandestina. Sarebbe interessante capire - e' la sua provocazione - se la contestazione dei presidenti regionali di centro sinistra riguarda le modalita' di trattamento all'interno dei centri o se si contesta comunque la loro presenza". 5. RIFLESSIONE. SENZA GIRARCI INTORNO Quando nel 1998 la legge Turco-Napolitano (in questo pienamente recepita nella successiva Bossi-Fini) istitui' i Centri di permanenza temporanea (in sigla: Cpt) in cui recludere persone senza processo - anche perche' di nessun reato accusate -, in Italia furono reintrodotti i campi di concentramento di funesta memoria. Luoghi di detenzione in cui si e' privati della liberta' senza essere accusati di alcun reato, luoghi che denegano radicalmente lo stato di diritto, l'ordinamento democratico, la legalita' costituzionale italiana, i diritti umani cosi' come definiti nella Dichiarazione del 1948. E cio' che piu' conta: luoghi che hanno gia' provocato la morte di esseri umani. Abolirli non dovrebbe essere argomento di dibattito, ma atto di civilta', obbligo giuridico, dovere morale, esigenza esistenziale. L'esistenza di questi campi rende il nostro paese colpevole di crimini contro l'umanita', rende l'intero popolo italiano complice di torture e omicidi. Sempre piu' persone se ne stanno accorgendo, in varie forme sempre piu' soggetti - singoli cittadini, movimenti ed associazioni, istituzioni - stanno finalmente premendo perche' questa infamia e questo orrore finisca. Non si perda altro tempo. 6. FORMAZIONE. GIOVANNI SCOTTO: UN SEMINARIO SULLA GESTIONE COSTRUTTIVA DEI CONFLITTI INTERNAZIONALI [DaL Centro studi difesa civile (per contatti: Centro studi difesa civile, c/o Associazione per la pace, via Salaria 89, 00198 Roma, tel. 068419672, fax: 068841749, e-mail: redazione at pacedifesa.org) riceviamo e diffondiamo. Giovanni Scotto (per contatti: giovanni_scotto at yahoo.de) e' uno dei piu' importanti studiosi italiani nell'ambito della peace research, studioso e amico della nonviolenza; gia' ricercatore presso il "Berghof Research Center for Constructive Conflict Management" di Berlino, collaboratore dell'"Institute for Peace Work and Nonviolent Settlement of Conflicts" di Wahlenau, e' docente all'Universita' di Firenze e presidente del "Centro studi difesa civile" di Roma. Tra le opere di Giovanni Scotto: con Emanuele Arielli, I conflitti, Bruno Mondadori, Milano 1998 (seconda edizione notevolmente ampliata: Conflitti e mediazione, Bruno Mondadori, Milano 2003); sempre con Emanuele Arielli, La guerra del Kosovo, Editori Riuniti, Roma 1999. Norbert Ropers ha diretto il "Berghof Research Center for Constructive Conflict Management" di Berlino dal 1993 al 2001, attualmente dirige la Berghof Foundation a Colombo (Sri Lanka); ttra le massime autorita' a livello mondiale negli studi sulla "Conflict Analisys", si e' occupato in particolare di progetti di dialogo e diplomazia di secondo livello in Europa Orientale ed ex Unione Sovietica, da 4 anni lavora in Sri Lanka] Ho il piacere di invitarvi a un importante seminario di alta formazione sulla gestione costruttiva dei conflitti internazionali. Il Centro Studi Difesa Civile in collaborazione con il corso di laurea Operazioni di pace, gestione e mediazione dei conflitti dell'Universita' di Firenze e il Cirpac (Centro interuniversitario di ricerca per la pace, l'analisi e la mediazione dei conflitti) organizzano nella settimana dal 20 al 23 settembre un laboratorio residenziale intensivo condotto dal dr. Norbert Ropers, direttore della Berghof Foundation a Colombo (Sri Lanka). Il titolo del laboratorio e' "Introduction to systemic conflict transformation - a workshop for practitioners". Il laboratorio si terra' presso la Casa per la pace di Pax Christi all'Impruneta. Norbert Ropers e' una delle massime autorita' a livello mondiale negli studi sulla "Conflict Analisys" e si e' occupato in particolare di progetti di dialogo e diplomazia di secondo livello in Europa Orientale ed ex Unione Sovietica, facilitando un processo di dialogo tra governo della Georgia e indipendentisti dell'Abchasia, e prima ancora avendo lavorato per il dialogo interetnico in Romania. Da 4 anni lavora in Sri Lanka alla difficile mediazione tra guerriglieri indipendentisti Tamil e governo centrale, sostenendo il governo norvegese (mediatore a livello di diplomazia ufficiale) con progetti volti a rafforzare il ruolo della societa' civile nel processo di pace. Con lui ci sara' Luxshi Vimalarajah, formatrice della Berghof Foundation, laureata alla Freie Universitaet di Berlino e perfezionatasi con John Paul Lederach (Eastern Mennonite University, Harrisonburg, Pa). Il centro di ricerche Berghof (www.berghof-center.org/), con sede a Berlino, si occupa di gestione costruttiva dei conflitti internazionali gia' da molti anni ed e' stato diretto da Norbert Ropers dal 1993 al 2001, anno in cui e' passato a dirigere la "Fondazione Berghof" con sede a Colombo nello Sri Lanka (www.berghof-foundation.lk/). La Berghof Foundation e' impegnata a dare un sostegno concreto al processo negoziale nello Sri Lanka lavorando con un ampio arco di attori della societa' civile, enti locali, universita' e imprese per far si' che la pace abbia il sostegno piu' ampio possibile nella societa'. * Si tratta di un laboratorio residenziale indirizzato ad operatori della cooperazione allo sviluppo, e dell'emergenza; a funzionari pubblici (Ministero degli Affari Esteri, Forze Armate) impegnati in missioni all'estero, a funzionari di enti locali impegnati nella cooperazione decentrata e a docenti e studenti universitari. Obiettivo del laboratorio e' fornire un momento di aggiornamento e riflessione sulle strategie da perseguire per offrire sostegno ai processi di pace e per ottimizzare l'impatto dei progetti di assistenza umanitaria e di cooperazione in situazioni di conflitto. Crediamo che il laboratorio di Norbert Ropers possa fornire un importante contributo nella definizione di politiche concrete che tengano in adeguato conto il fattore violenza e la necessita' di lavorare consapevolmente per ridurne i devastanti effetti e per permettere ai conflitti di dispiegarsi in forme non distruttive. A tal fine e' necessario saper leggere i contesti conflittuali, gli interessi degli attori coinvolti e le dinamiche di escalation e de-escalation della violenza. Crediamo che l'ottica sistemica che propone Norbert Ropers, sostenuta dal suo grande patrimonio di esperienze, possa contribuire a rispondere ad alcune delle grandi sfide che vi trovate ad affrontare oggi nei vostri rispettivi ambiti di lavoro. * Il seminario si terra' in lingua inglese. Il costo di partecipazione (incluso il pernottamento da martedi' 20 a venerdi' 23 settembre) e' di 320 euro. Per ogni ulteriore informazione si puo' contattare l'ufficio di Roma del Centro Studi Difesa Civile, tel. 068419672. Ringraziamo la Fondazione Friedrich Ebert di Roma e la Casa della pace di Tavernuzze (Fi) per averci sostenuto in questo progetto. Cordiali saluti, Giovanni Scotto, presidente del Centro studi difesa civile 7. LIBRI. BRUNELLA CASALINI PRESENTA "LA DEMOCRAZIA VISSUTA. INDIVIDUALISMO E PLURALISMO NEL PENSIERO DI MARY PARKER FOLLETT" DI RAFFAELLA BARITONO [Dal sito http://bfp.sp.unipi.it riprendiamo la seguente recensione del libro di Raffaella Baritono, La democrazia vissuta. Individualismo e pluralismo nel pensiero di Mary Parker Follett, La Rosa, Torino 2001, pp. 248. Brunella Casalini (Orbetello, 1963) e' ricercatrice presso la facolta' di scienze politiche dell'Universita' di Firenze; ha conseguito il titolo di dottoressa di ricerca in filosofia politica presso l'Universita' di Pisa; dal 1999 al 2001 e' stata professoressa incaricata di storia delle dottrine politiche. Opere di Brunella Casalini: Antropologia, filosofia e politica in John Dewey, Morano, Napoli 1995; Nei limiti del compasso: Locke e le origini della cultura politica e costituzionale americana, Mimesis, 2002; I rischi del materno. Pensiero politico femminista e critica del patriarcalismo tra Sette e Ottocento, Plus, Pisa 2004; ha curato l'edizione di Mary Wollstonecraft, I diritti degli uomini. Risposta alle riflessioni sulla rivoluzione, Plus, Pisa 2002.. Raffaella Baritono, storica e americanista, dell'Universita' di Bologna, e' presidente della Societa' italiana delle storiche. Tra le opere di Raffaella Baritono: Oltre la politica. La crisi politico-istituzionale negli Stati Uniti fra Otto e Novecento, Il Mulino, Bologna 1993; La democrazia vissuta. Individualismo e pluralismo nel pensiero di Mary Parker Follett, La Rosa, Torino 2001; (a cura di), Il sentimento delle liberta'. La Dichiarazione di Seneca Falls e il dibattito sui diritti delle donne negli Stati Uniti di meta' Ottocento, La Rosa, Torino 2002] Mary Parker Follett (1868-1933) e' una pensatrice americana interessante - sebbene poco nota -, una pioniera nell'ambito delle relazioni e dell'organizzazione industriale, un'autrice progressista ed un'esponente della corrente di pensiero pluralista. Nata in Massachusetts, studio' ad Harvard negli anni in cui in quella prestigiosa universita' bostoniana insegnavano personaggi del calibro di George Santayana, Josiah Royce e William James. Nel 1896 pubblico' la sua prima monografia The Speaker of the House of Representatives. Si laureo' nel 1898 (summa cum laude). Nonostante l'ottima accoglienza che era stata riservata alla sua prima opera, non entro' mai a far parte del mondo accademico. Mantenne, tuttavia, stretti rapporti con un vasto numero di intellettuali, che andava "dal suo tutor Albert Bushnell Hart ai filosofi H. A. Overstreet e William Ernest Hocking a Roscoe Pound e Louis Brandeis e ad Harold Laski" e comprendeva "il gruppo di intellettuali che avevano fondato a New York la rivista progressista 'The New Republic' e in particolare Herbert Croly" (p. 79). Come tante altre donne bianche della classe media sue contemporanee, la Follett fu attratta dall'impegno nel lavoro di social worker e nel movimento per la riforma municipale. Spiega Raffaella Baritono: l'idea del social work femminile era il risultato di un ribaltamento dell'ideologia delle sfere separate, di quel cult of domesticity o cult of true womanhood con cui nell'Ottocento era stata giustificata l'esclusione delle donne dalla sfera pubblico-politica. L'appropriazione femminile di questa ideologia porto', a cavallo tra Otto e Novecento, ad un suo rovesciamento, che fini' col giustificare il ruolo delle donne nell'ambito delle attivita' sociali proprio in virtu' della titolarita' che era stata loro riconosciuta di valori quali la moralita', la spiritualita' e la dedizione all'altro. Cosi', scrive Baritono, "Il concetto di maternita' come valore sociale e quello della superiorita' morale della donna furono utilizzati per giustificare l'impegno delle donne per il miglioramento delle condizioni sociali, e in particolare per la tutela delle madri e dei bambini" (p. 72). Impegnato a combattere battaglie concrete sui temi della sanita', della maternita' e dell'infanzia - questioni per risolvere le quali le donne inventarono nuove professionalita' e anche un metodo nuovo -, l'associazionismo femminile crebbe all'inizio del Novecento al punto da divenire capace di influenzare non solo la politica municipale, ma piu' in generale il concetto stesso di public policy: "l'enfasi sulla motherhood, e sul 'materno', fu trasformata in politica pubblica" (E. Vezzosi, cit. a p. 88). Furono gettate cosi' le basi per lo sviluppo di uno stato sociale, che la storiografia piu' recente fa iniziare gia' dall'epoca progressista, e non piu' come si era ritenuto nel passato col New Deal (cfr. ivi). Nell'ambito dell'associazionismo femminile, che agiva essenzialmente - ed aveva sempre agito anche nel corso dell'Ottocento - attraverso forme di pressione sui politici e sugli amministratori, questa concezione "maternalista" si sposava talvolta con una visione negativa della politica tradizionale, e soprattutto della rappresentanza attraverso il voto. La stessa Follett in The New State sostenne che per le donne non era tanto importante il diritto di voto, quanto che venisse riconosciuto il contributo effettivo che esse potevano dare e avevano dato nel perseguimento del bene comune (cfr. p. 92). L'attivita' di social worker fu per la Follett una delle esperienze formative piu' significative per lo sviluppo delle sue idee politiche - idee che troveranno la loro piu' felice sistemazione in opere quali: The New State (1918) e Creative Experience (1924). Grazie al community center movement, in cui fu impegnata fin dal 1900, la Follett capi' molto presto l'importanza che, nella risoluzione dei problemi sociali, emergenti quotidianamente all'interno della vita di quartiere, aveva il coinvolgimento diretto delle persone interessate, la loro responsabilizzazione. Per la Follett si doveva lavorare per loro con loro; anche perche' il ruolo dell'esperto - ruolo che approfondira' in Creative Experience in contrapposizione alla visione platonizzante di Lippmann - non poteva avere un senso se non in quanto agito all'interno del processo sociale (cfr. pp. 142-145). Le attivita' comunitarie nelle quali si lascio' coinvolgere furono per lei una sorta di ricerca sul campo, da cui maturarono intuizioni fondamentali circa l'importanza di incarnare la democrazia, di calarla nel concreto della vita comunitaria, di vederla alla luce della realta' dei processi sociali e delle potenzialita' che essa poteva fornire nella risoluzione dei conflitti, piuttosto che come ideale astratto, traducibile in termini numerici. Il lavoro di riformatrice e operatrice sociale le servi' inoltre ad entrare in contatto con la realta' del mondo industriale e con le trasformazioni che in esso erano intervenute in seguito alla crescita delle grandi corporations. Da quella realta' ella fu talmente colpita che a partire dal 1925 dedico' quasi ogni suo sforzo teorico proprio all'elaborazione di una scienza manageriale, cui diede un'impostazione decisamente anti-taylorista, privilegiando i concetti di integrazione e cooperazione. Per la sorprendente sensibilita' ed attualita' che essa rivela nell'intuire l'importanza delle relazioni sociali all'interno dell'impresa, la sua scienza del management ha ricevuto anche in tempi recenti una qualche attenzione da parte degli esperti del settore. * Attraverso la ricostruzione del pensiero della Follett, la Baritono tenta in questo denso e accurato volume anche un recupero di una riflessione, quale quella sul pluralismo, che - a suo avviso - e' oggi troppo semplicisticamente identificata con la visione consensualista proposta dalla interest group theory di Robert Dahl e David Truman. "Questa identificazione del pluralismo con la teoria dei gruppi di interesse - scrive la Baritono - ha oscurato e marginalizzato quello che era non una sua variante, bensi' il suo nucleo originario: il pluralismo politico degli anni Venti che aveva come punti di riferimento il dibattito europeo - in particolare inglese - sulla crisi del liberalismo classico, sul rifiuto della concezione monistica della sovranita', sulla necessita' di trovare forme di riconoscimento politico della realta' dei gruppi e delle associazioni senza negare pero' la soggettivita' individuale, sulla critica, quindi, all'individualismo atomistico e, piu' in generale, alla crisi del concetto monistico di stato" (p. 30). Pensatori quali Harold Laski, Herbert Croly, John Dewey e la stessa Mary Parker Follett si impegnarono nel tentativo di trovare una terza via tra liberalismo e socialismo e immaginarono modi alternativi per rendere possibile una democratizzazione dei processi decisionali, che fosse compatibile con la complessita' delle societa' industriali avanzate. Contro le visioni della democrazia incentrate sui processi di redistribuzione della ricchezza, che erano destinate a trionfare dopo la seconda guerra mondiale, i pluralisti americani, e piu' in particolare - come ha sottolineato anche Lasch - autori come Croly e la Follett cercarono di immaginare nuove forme di partecipazione coinvolgendo gli operai nella gestione delle imprese. Un coinvolgimento, quello dell'operaio nell'autogoverno democratico industriale, ritenuto necessario anche per trovare una forma pacifica di superamento del conflitto di classe ed evitare, dunque, soluzioni piu' distruttive per l'ordine sociale e politico. Secondo questi autori - scrive la Baritono - "Di fronte al pericolo del conflitto sociale, del socialismo rivoluzionario e del comunismo l'unica strada percorribile per il liberalismo era quella di accogliere le istanze di giustizia sociale e di riconoscimento di una pluralita' sociale che non poteva essere ricompresa nelle categorie di individuo e stato cosi' come il liberalismo le aveva intese fino ad allora" (p. 46). Il pluralismo americano dei primi decenni del Novecento - che era in stretto dialogo col pluralismo europeo, con pensatori quali George Herbert Cole e Leon Duguit - contribui' a ripensare e rinnovare il linguaggio liberale. Esso propose, innanzitutto, una nuova immagine dell'individuo; valorizzo' la realta' dei gruppi e delle associazioni, che considerava un tassello necessario a spiegare tanto i processi sociali (v. in particolare i lavori di Cooley, Ross e Park) quanto i processi politici (v. in particolare il lavoro di Arthur Bentley); avanzo', attraverso le opere di autori quali Lasky, Duguit, Dewey, una critica radicale del concetto di sovranita' statale, della sua assolutezza e monoliticita'. * Tutti questi temi trovarono una lucida sintesi in The New State, nel quale la Follett giunge a delineare una terza posizione tra il pluralismo di Laski e il neoidealismo di Bosanquet: "Cio' che differenziava la Follett sia da Laski sia da Bosanquet (per citare gli esponenti piu' rappresentativi delle due posizioni filosofiche) era il concetto pragmatista della relazione come dato fondamentale del processo sociale. Essa cioe' - spiega Baritono - poteva in fondo far convivere la pluralita' della vita associativa con l'idea di stato perche' entrambi erano inseriti in un flusso continuo, in un processo relazionale infinito che doveva impedire la ipostatizzazione di entrambi e soprattutto non annullare l'individualita' del singolo ne' nella volonta' superiore dello stato ne' in quella del gruppo" (p. 127). Al centro della sua analisi era posto non l'individuo o il gruppo, ma la "dinamica relazionale individuo-gruppo" vista alla luce delle scoperte operate dalla contemporanea sociologia e psicologia sociale (p. 101). Scriveva la Follett: "non esiste una cosa come 'l'individuo', cosi' come non esiste 'la societa''; vi e' solo il gruppo e l'unita' di gruppo [group unit] - l'individuo sociale" (cit., p. 102). L'attenzione alla relazione e alle dinamiche creative del gruppo portava la Follett a parlare di "new individualism". Un termine che Dewey utilizzera' solo a cominciare dagli anni venti - come giustamente osserva Baritono -, ma la cui idea era gia' stata ampiamente espressa nelle sue opere precedenti. In Democracy and Education (1916), criticando l'idea della mente "come cosa puramente individuale", Dewey evidenziava i limiti del vecchio individualismo con argomenti che verranno ampiamente ripresi (insieme a concetti quali "esperienza creativa") dalla Follett. Scriveva, per esempio: "Quando si nega il carattere sociale delle attivita' mentali individuali, diventa un problema trovare i nessi che uniscono un individuo con i suoi simili. L'individualismo etico... [ha] le sue radici nell'idea che la conoscenza di ognuno e' del tutto privata, un continente in se' circoscritto, intrinsecamente indipendente dalle idee, dai desideri, dai propositi di tutti gli altri. Ma quando gli uomini agiscono insieme agiscono in modo pubblico e comune" (J. Dewey, Democrazia e educazione, Firenze 1990 (prima edizione: 1949), p. 381). L'idea di "individuo sociale" del nuovo individualismo (che in molti autori dell'epoca, da Dewey a James alla stessa Follett, derivava dall'influenza di T. H. Green, cfr. pp. 110-111, e la cui massima espressioni a livello filosofico si trova, probabilmente, nel pragmatismo di Mead), come sottolinea Baritono, era il fulcro intorno a cui ruotava l'intero progetto di riforma sociale dell'epoca progressista: era il presupposto sul quale poggiava la possibilita' di sperimentare una strada diversa sia dal collettivismo statalistico sia dal liberismo, o piu' in generale da un liberalismo fondato su un individualismo atomistico (cfr. p. 109). La rivalutazione della vita associativa, della vita di gruppo, come esperienza creativa tale da consentire insieme la crescita dell'individuo e della societa', era la risposta che la psicologia sociale americana e le teorie politiche pluraliste trovarono sia alla crisi della societa' di massa denunciata dalla psicologia delle folle di Tarde e Le Bon, sia alla degenerazione partitica della politica, alla trasformazione del partito in machine, in macchina organizzativa interessata solo al numero dei voti e soggetta alle pressioni del big business (cfr. pp. 116-117). La Follett, tuttavia, si distaccava - come sottolineato sopra - dalle posizioni pluraliste quando arrivavano a proporre una forma di rappresentanza funzionale. Cosa che le sembrava rischiare semplicemente di "sostituire la tirannia dei gruppi alla tirannia dello stato" (p. 128). I gruppi, la vita associativa, a cominciare da quella a livello locale, di quartiere, di vicinato, avrebbero irrorato di nuova linfa vitale lo stato federale, coinvolgendo il cittadino in una rete di molteplici relazioni e di fedelta' multiple. La diffusione capillare dei momenti di aggregazione e di comunicazione - come avrebbe suggerito anche John Dewey in The Public and its Problems (1927) -, per la Follett avrebbe dovuto portare ad una rivitalizzazione del processo democratico. Una speranza che doveva apparire venata di un certo utopismo, soprattutto, se vista alla luce dell'inizio di quel processo di trasformazione dei centri urbani che avrebbe portato negli Stati Uniti d'America al loro progressivo svuotamento dopo la seconda guerra mondiale. * La parte forse piu' interessante ancora oggi del pensiero politico della Follett - per come emerge dalla ricca e penetrante analisi che ne fornisce questo volume - mi pare costituita dalla sua analisi del conflitto e delle forme in cui puo' essere risolto, analisi che ella poi applico' alle relazioni industriali e al management. "La Follett individuava, infatti, quattro modi di risoluzione del conflitto: 1) la subordinazione di una parte all'altra; 2) la lotta e la vittoria di una parte sull'altra; 3) il compromesso; infine, 4) l'integrazione" (p. 157). La prima e la seconda soluzione erano inaccettabili in quanto forme di dominio; la terza in quanto soluzione destinata a non durare e foriera di future divisioni. L'unica positiva era l'integrazione, una forma di risoluzione del conflitto che prevedeva una complessa sequenza. Dopo un'articolazione delle diverse posizioni in campo, la fase piu' importante consisteva nel "rompere i blocchi" attraverso una scomposizione del problema nelle sue componenti al fine di aprire un processo di discussione in cui ad incontrarsi e confrontarsi non fossero individui astratti, ma "attivita'" (dato che i fatti altro non erano, per lei, che attivita' di persone in interazione tra loro). L'idea di "integrazione" come forma di soluzione del conflitto presupponeva, come ovvio, una peculiare concezione del potere in cui la dimensione del "potere su" (power over) si dissolveva in quella del "potere con" (power with): di un potere che esisteva solo nella relazione circolare costitutiva del processo sociale. "Questo significava - spiega Baritono - che il potere entrava nel circolo virtuoso del processo di integrazione come 'potere con' qualcuno e non 'su' qualcuno" (p. 159). Cio', tuttavia, porta chi scrive ad una conclusione diversa da quella sostenuta dall'autrice di questo interessante e stimolante lavoro: se la Follett ha il merito di proporre una visione non meramente distributiva della democrazia, di superare l'idea di una "ballot box democracy", la sua visione del pluralismo, proprio per la concezione del potere teste' esaminata, anticipa l'idea che tornera' nel pluralismo di Truman e Dahl per cui il confronto tra i gruppi funziona all'interno del processo democratico nella misura in cui sussiste un terreno di valori condivisi e i conflitti non sono conflitti di valore. * Riferimenti in rete La Mary Parker Foundation ha messo a disposizione degli utenti di internet molte opere della Follett al seguente indirizzo: www.follettfoundation.org/writings.htm 8. STRUMENTI. IL SETTIMO VOLUME DEI "QUADERNI SATYAGRAHA" E' stato pubblicato il settimo volume della prestigiosa rivista scientifica nonviolenta "Quaderni satyagraha". Il volume e' curato da Marina Pignatti Morano ed e' monografico sul tema "Il peace-keeping non armato", con saggi di Marina Pignatti Morano, Rodolfo Venditti, Antonino Drago, Giancarlo Perego, Enzo Di Taranto e Stefania di Paola, Liam Mahony e Luis Enrique Eguren, Natascia Berlincioni, Alberto Capannini, Jan Oberg, Karin Abram e Salvatore Saltarelli, Giulia Allegrini, Rainer Girardi, Elisa Grazzi e Veronica Fratelli, Yeshua Moser-Puangsuwan, Giovanna Providenti, e recensioni di Leila Lisa D'Angelo, Sandro Mazzi, Alessia Mori. Il volume e' di pp. 320, euro 16, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze 2005. Per informazioni e contatti con la direzione e la redazione: via Santa Cecilia 30, 56127 Pisa, tel. 050542573, e-mail: roccoaltieri at interfree.it, sito: pdpace.interfree.it Abbonamento annuo (due volumi): euro 30, da versare sul ccp 19254531, intestato a Centro Gandhi, via Santa Cecilia 30, 56127 Pisa, specificando nella causale "Abbonamento Quaderni Satyagraha". 9. LETTURE. FERDINANDO TARTAGLIA: TESI PER LA FINE DEL PROBLEMA DI DIO Ferdinando Tartaglia, Tesi per la fine del problema di Dio, Adelphi, Milano 2002, pp. 164, euro 8. Pubblicato nel 1949, sul finire dell'intensa stagione pubblica e pubblicistica tartagliana, un saggio assai caratteristico della ricerca e dello stile dell'autore, nella sua concentrazione e nella sua dispersione, nella sua spinta e fin ossessione di rovesciamento e apertura e nel suo scacco inesorabile ed inesauribile, nel suo esito aporetico e nel suo chiudersi enigmatico. La "novita'", il "puro dopo" di Tartaglia: restano spina nella carne o vuoto cartoccio, viluppo senza centro o frattura che libera? sono allusione, catastrofe, apocalisse? O mero equivoco, smarrimento, gesticolazione verbale che enuncia e denuncia una crisi - personale e storica - ma non ha risorse linguistiche e culturali per andare oltre questo tremendum, questa agnizione e questa parola originaria e ultimativa? Allo stato attuale della pubblicazione degli scritti resta un mistero Ferdinando Tartaglia. Il testo e' accompagnato in questa edizione adelphiana dall'ampio saggio dedicato a Tartaglia da Sergio Quinzio nel 1973 (nitido e acuminato, franco e compassionevole, estremo e generoso, come sempre Quinzio - che a Tartaglia dedicando nel 1996 la nuova edizione del suo primo libro Diario profetico del 1958 scrive che "fu per me il primo esempio di un pensiero religiosamente audace"), e da una breve notizia biobibliografica scritta da Germaine Muehlethaler Tartaglia. 10. LETTURE. FERDINANDO TARTAGLIA: ESERCIZI DI VERBO Ferdinando Tartaglia, Esercizi di verbo, Adelphi, Milano 2004, pp. 300, euro 14. A cura di Adriano Marchetti, una silloge dell'opera poetica di Tartaglia. Spesso un sovraccarico di gesto espressionista, d'inseguimento delle suggestioni del significante, di spinta verso l'onomaturgia, d'ipnosi ecolalica, di acredine e d'istrionismo, e il peso delle reminiscenze malcelate e malesibite, indeboliscono e frantumano l'onda del pensiero e delle emozioni; ma restano alcune risolte minature, da cui s'intuisce qualcosa della persona autentica e vulnerabile, dell'animo gentile e dell'impavido ricercatore: ad esempio diremmo Pianto primo (p. 37), A se stesso (p. 59), Dopoguerra (p. 98), Pietre (p. 213), Ancora Monti (p. 219). Era certo superiore alla sua opera Tartaglia, i suoi scritti - quelli fin qui editi - senza la sua voce, senza la sua persona (nel denso e duplice e triplice significato latino del termine), non sembrano rendergli giustizia. 11. LETTURE. GIULIO CATTANEO: L'UOMO DELLA NOVITA' Giulio Cattaneo, L'uomo della novita', Garzanti, Milano 1968, Adelphi, Milano 2002, pp. 124, euro 7,50. Pubblicata in rivista nel 1967 e in volume nel 1968, questa testimonianza personale su Tartaglia a Firenze negli anni immediatamente successivi alla fine della seconda guerra mondiale coglie il momento decisivo dell'operare pubblico tartagliano, e ricostruisce un periodo e un ambiente con grande finezza. Per le persone amiche della nonviolenza e' anche un'occasione per leggere una testimonianza non banale sull'esperienza del Cos a Firenze, sul Movimento di religione, sulla collaborazione fra Tartaglia e Capitini. Una lettura che vivamente raccomandiamo. 12. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 13. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at inwind.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1002 del 25 luglio 2005 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione).
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