[Prec. per data] [Succ. per data] [Prec. per argomento] [Succ. per argomento] [Indice per data] [Indice per argomento]
La nonviolenza e' in cammino. 1000
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 1000
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Sat, 23 Jul 2005 00:26:39 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1000 del 23 luglio 2005 Sommario di questo numero: 1. Una lettera da Viterbo a Verona 2. Monica Lanfranco: La guerra contro le donne 3. Giuliana Sgrena: In Iraq si prepara una Costituzione contro le donne 4. Mindy Kay Bricker: Le donne di Srebrenica 5. Diana Sartori: La "Dichiarazione dei sentimenti" di Seneca Falls, 1848 6. Il 9 agosto un pellegrinaggio in ricordo di Franz Jaegerstaetter 7. Presentazione di "Prospettiva persona" 8. La "Carta" del Movimento Nonviolento 9. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. UNA LETTERA DA VITERBO A VERONA Scriviamo queste righe qualora la nostra parola potesse trovare ascolto tra quante e quanti questo sabato 23 luglio manifesteranno a Verona contro il fascismo e la violenza. E cio' che vogliamo dire e' che solo la scelta della nonviolenza invera l'antifascismo, il fascismo contrasta, salva le vite, promuove la convivenza, difende e realizza l'umana dignita'. Chi pensa di poter ancora usare la violenza contro il corpo o contro l'anima di una persona agisce da criminale fascista quale che sia il colore del mantello che indossa. * Negli ultimi mesi anche a Viterbo si sono verificati ripetuti episodi di intimidazioni, aggressioni e pestaggi da parte di giovani neofascisti. La Viterbo democratica ha risposto con una manifestazione convocata con il motto "contro la violenza e il neofascismo", che si e' tenuta il 24 giugno scorso, con un corteo snodatosi per le vie cittadine. La manifestazione e' stata promossa dal centro sociale occupato autogestito "Valle Faul", dal collettivo giovanile e studentesco "Cantiere aperto", dal circolo Arci "Orizzonte" che da anni e' luogo di incontro e amicizia di persone provenienti da molti diversi paesi e culture; hanno aderito molte associazioni e rappresentanti delle istituzioni, vi hanno preso parte non solo persone gia' impegnate ed abitualmente disposte a scendere in piazza in difesa dei diritti di tutti, ma anche ragazzi e genitori che per la prima volta partecipavano a un corteo. Nell'appello di convocazione era scritto testualmente: "L'unica risposta che vogliamo praticare e' la nonviolenza". * Questo e' cio' che va detto, ora e sempre: contro la violenza e il neofascismo, l'unica risposta che vogliamo praticare e' la nonviolenza. Questa e' l'eredita', la consegna, ineludibile il legato che ci lasciano le vittime di tutte le guerre e di tutte le dittature: contro la violenza e il neofascismo, l'unica risposta che vogliamo praticare e' la nonviolenza. Questa e' l'alternativa dell'epoca presente, di questo momento apocalittico dell'umanita': o la nonviolenza o il fascismo. Questa e' la resistenza che occorre: la resistenza nonviolenta. Questo teniamo per vero. E alle persone tutte che a Verona manifesteranno questo sabato contro il fascismo, questa preghiera rivolgere vogliamo: sia la condotta vostra antifascista, sia quindi la vostra condotta nonviolenta. 2. RIFLESSIONE. MONICA LANFRANCO: LA GUERRA CONTRO LE DONNE [Ringraziamo Monica Lanfranco (per contatti: mochena at village.it) per averci messo a disposizione come anticipazione questo suo articolo che apparira' prossimamente sul periodico "Carta". Monica Lanfranco, giornalista professionista, nata a Genova il 19 marzo 1959, vive a Genova; collabora con le testate delle donne "DWpress" e "Il paese delle donne"; ha fondato il trimestrale "Marea"; dirige il semestrale di formazione e cultura "IT - Interpretazioni tendenziose"; dal 1988 al 1994 ha curato l'Agendaottomarzo, libro/agenda che veniva accluso in edicola con il quotidiano "l'Unita'"; collabora con il quotidiano "Liberazione", i mensili "Il Gambero Rosso" e "Cucina e Salute"; e'' socia fondatrice della societa' di formazione Chance. Nel 1988 ha scritto per l'editore PromoA Donne di sport; nel 1994 ha scritto per l'editore Solfanelli Parole per giovani donne - 18 femministe parlano alle ragazze d'oggi, ristampato in due edizioni. Per Solfanelli cura una collana di autrici di fantasy e fantascienza. Ha curato dal 1990 al 1996 l'ufficio stampa per il network europeo di donne "Women in decision making". Nel 1995 ha curato il libro Valvarenna: nonne madri figlie: un matriarcato imperfetto nelle foto di fine secolo (Microarts). Nel 1996 ha scritto con Silvia Neonato, Lotte da orbi: 1970 una rivolta (Erga): si tratta del primo testo di storia sociale e politica scritto anche in braille e disponibile in floppy disk utilizzabile anche dai non vedenti e rintracciabile anche in Internet. Nel 1996 ha scritto Storie di nascita: il segreto della partoriente (La Clessidra). E' stato pubblicato recentemente il suo libro, scritto insieme a Maria G. Di Rienzo, Donne disarmanti, Intra Moenia, Napoli 2003. Cura e conduce corsi di formazione per gruppi di donne strutturati (politici, sindacali, scolastici) sulla storia del movimento delle donne e sulla comunicazione] "Non vedo come si possa essere femministe e non pensare alla condizione degli uomini. Un grossolano errore che si fa sul femminismo e' pensare che riguardi solo il genere femminile. Per vivere libere le donne hanno bisogno che anche gli uomini lo siano; i movimenti delle donne hanno mostrato che cio' che viene definito come femminile e' stato storicamente, e lo e' anche adesso, deciso dai messaggi culturali veicolati da precise agende politiche, le stesse che stabiliscono cosa e' maschile. Essere femminista apre gli occhi su come, allo stesso modo donne e uomini, siamo imprigionati dentro stereotipi culturali". Correva l'anno 1992, e proprio mentre negli Stati Uniti sembrava esserci un momento di revival del conflitto di genere, con l'elezione del democratico Clinton, votatissimo dall'elettorato femminile, e il paese veniva attraversato dal caso di molestie sessuali subite da Anita Hill da parte di Clarence Thomas (che ebbe come esito misure piu' incisive per le pari opportunita'), la giornalista e saggista femminista Susan Faludi pubblicava un testo controtendenza rispetto al clima politico e culturale euforico, che in un'intervista sul prestigioso "Mother Jones" presentava con il ragionamento che avete appena letto: un testo, il suo "Contrattacco. La guerra non dichiarata contro le donne americane", per nulla ottimista. Apprezzata nel suo paese ma liquidata come eccessivamente Cassandra, in Italia il libro fu archiviato come interessante, interno alla realta' nordamericana, e quindi poco utile alla riflessione nazionale. Eppure il monito della Faludi sul compito delle generazioni impegnate nei movimenti di liberazione era profetico, e drammaticamente importante: se le donne che hanno costruito le liberta' femminili non insistono ad ogni livello per rendere centrali i diritti acquisiti, e se non si mette al primo posto il dialogo su queste priorita' tra le generazioni e i generi sara' la fine, era la tesi del libro. * Se guardiamo alla desolante realta' italiana cosi' e' stato: nel nostro paese, grazie anche alla sinistra, in meno di trent'anni sono stati demoliti non solo i contenitori dei diritti di cittadinanza e liberta' delle donne, che avevano iniziato a modificare il forte retaggio patriarcale della nostra cultura e quindi a incidere sugli uomini, ma e' stata interrotta la trasmissione di saperi e il vitale conflitto generazionale, che consente alle giovani generazioni di valutare le eredita' e farle proprie, attualizzandole. Il meccanismo di demolizione, rimozione e banalizzazione e' stato complesso e diversificato a seconda dei luoghi: nel mondo del lavoro attraverso il modello della donna in carriera invece della valorizzazione delle competenze femminili diffuse e meno eclatanti; nel dibattito culturale ritardando con codardia una rivoluzione semantica e simbolica, oggi attuata con coraggio dalla Spagna, che ha messo al centro l'etica laica dell'allargamento dei diritti; nella sfera privata sottovalutando gli effetti di frustrazione maschile che si andavano creando grazie all'emancipazione, alla consapevolezza del corpo, ai nuovi bisogni femminili. La politica, dopo la breve e turbolenta vicenda degli anni '70, ha censurato una delle poche novita' feconde di quella stagione: l'affermazione che il personale e' politico. Se lo sguardo si fosse centrato su questa semplice enunciazione, che in realta' e' stata, ed e', uno strepitoso e rivoluzionario programma politico, oggi non saremmo qui a soffocare, strette e piegate sotto le forche caudine di un neo-oscurantismo cattolico che, dopo la vittoria sul referendum, si prepara a smontare la legge 194; non saremmo senza strumenti di informazione per dire alle giovani generazioni che c'e' un'alternativa tra diventare carne da macello nelle mani di ideologie fondamentaliste o soldatine e soldatini nell'esercito consumistico. Non assisteremo alla recrudescente atroce epifania di violenze sessuali in branco dall'eta' media sempre piu' bassa, e alla reiterata follia frutto della solitudine dell'infanticidio; non saremmo sempre piu' impotenti davanti al leghismo che detta legge con i suoi disgustosi refrain tradizionali su mogli e buoi dei paesi tuoi, sulla virilita' valore assoluto nell'organigramma orribile della loro societa' ideale, in parte gia' in atto. * Ma non stiamo meglio noi, dentro alle nostre faticose prove di altro mondo possibile. Dobbiamo ammettere che le giovani donne e uomini nei movimenti hanno assimilato meglio i messaggi generali, neutri, e spesso acritici sulla lotta contro l'oppressione dei popoli e meno, molto meno, quelli sulla lotta contro l'oppressione patriarcale, che, a parte rare volte e rari luoghi, non e' mai al primo posto nella hit parade delle priorita'. Come conciliare, infatti, il silenzio dei movimenti sulla palese assenza di libera scelta da parte delle donne nei paesi governati da leggi religiose, come Iran, Iraq, Afghanistan, per la cui popolazione giustamente si chiede invece la fine delle guerre, dei saccheggi, delle minacce da parte di eserciti delle potenze laiche occidentali? Non c'e' una guerra contro le donne dentro alla guerra degli eserciti? Nei rari dibattiti su temi che ormai ci riguardano direttamente come poligamia, uso del velo o del burka in occidente, mutilazioni sessuali, introduzione della sharia accanto alla legge laica (come si sta proponendo in Canada) il fatto piu' inquietante e' che non sempre, in un paese come il nostro che si vanta della sua lontananza dalle catene tribali, si mettono al centro i diritti umani femminili, e si rifiutano senza appello le pratiche contro l'umanita': ci furono voci, a sinistra e nel mondo femminista, disposte a prendere in considerazione la proposta di puntura "simbolica" al clitoride nel "rispetto delle tradizioni", in un impeto di relativismo culturale impressionante e autolesionista. Ci sono prove storiche recenti, dall'assise ufficiale di Pechino del '95 fino alla recente replica di New York, che ci dicono come Usa e Iran si fanno la guerra per le risorse, ma si alleano per fare la guerra ai diritti delle donne se si toccano argomenti come la liberta' sessuale e riproduttiva. I fondamentalismi si danno la mano, sempre, se si tratta di soggiogare il genere femminile. Andarsi a rileggere il testo di Susan Moller Okin del 1997 "Il multiculturalismo danneggia le donne?" e' piu' che mai urgente. "Quando si producono argomentazioni liberali a favore dei diritti di gruppo, occorre una attenzione particolare per le disuguaglianze interne al gruppo, invita la studiosa. E' particolarmente importante considerare le disuguaglianze fra i sessi, perche' esse sono meno soggette ad essere rese pubbliche, e meno facilmente discernibili". Da anni Lidia Menapace, una delle veterane del movimento e non solo lei, ci invita ad aprire il conflitto sul patriarcato di sinistra dentro i luoghi dei movimenti, perche' solo cosi' si puo' combattere l'integralismo nostro e altrui rimettendo al centro la laicita', unico luogo collettivo dove agire liberta' e diritti. Quando si comincia? 3. DIRITTI. GIULIANA SGRENA: IN IRAQ SI PREPARA UNA COSTITUZIONE CONTRO LE DONNE [Dal quotidiano "Il manifesto" del 21 luglio 2005. Giuliana Sgrena, giornalista, intellettuale e militante femminista e pacifista tra le piu' prestigiose, e' tra le maggiori conoscitrici italiane dei paesi e delle culture arabe e islamiche; autrice di vari testi di grande importanza, e' stata inviata del "Manifesto" a Baghdad, sotto le bombe, durante la fase piu' ferocemente stragista della guerra tuttora in corso. A Baghdad e' stata rapita il 4 febbraio 2005; e' stata liberata il 4 marzo, sopravvivendo anche alla sparatoria contro l'auto dei servizi italiana in cui viaggiava ormai liberata, sparatoria in cui e' stato ucciso il suo liberatore Nicola Calipari. Opere di Giuliana Sgrena: (a cura di), La schiavitu' del velo, Manifestolibri, Roma 1995, 1999; Kahina contro i califfi, Datanews, Roma 1997; Alla scuola dei taleban, Manifestolibri, Roma 2002; Il fronte Iraq, Manifestolibri, Roma 2004] L'introduzione della sharia in un sistema laico passa sempre attraverso il codice della famiglia. L'Iraq non fa eccezione. Saranno i diritti delle donne i primi ad essere sacrificati dalla Costituzione del dopo-Saddam, in nome dell'islam. E su questo si metteranno facilmente d'accordo sciiti, sunniti e kurdi, divisi quasi su tutto. Le bozze che stanno circolando del testo della nuova Costituzione, che dovrebbe essere varata il 15 agosto, non lasciano dubbi. L'articolo 14 stabilisce infatti che le materie relative al matrimonio, al divorzio e all'eredita' saranno regolate in base alla legge religiosa (sharia, secondo l'interpretazione sunnita o sciita). Quindi e' facilmente immaginabile l'introduzione del tutore (o permesso familiare) per il matrimonio, il diritto di ripudio per il marito e l'eredita' dimezzata per le donne. Poco importa se un altro articolo della stessa Costituzione stabilisce uguali diritti per le donne, perche' poi aggiunge: quando questi diritti "non violano la sharia". Anche l'escamotage e' classico, vedi Algeria, per fare un solo esempio. La sharia non e', finora, l'unica fonte della legislazione irachena, ma tutte le leggi - trattati internazionali compresi - non possono entrare in contraddizione con l'islam. Resta da vedere quali tribunali religiosi giudicheranno i cristiani, che peraltro sono sempre meno (erano circa 700.000) in Iraq vista la caccia che e' stata scatenata contro di loro. * La nuova costituzione dunque segnera' la fine di un codice della famiglia varato negli anni cinquanta che, per i diritti riconosciuti alle donne, era considerato uno dei piu' progressisti del mondo arabo-musulmano. Questo e' il risultato della guerra, dell'occupazione e delle elezioni di gennaio che hanno visto la vittoria della lista confessionale sciita sponsorizzata dal grande ayatollah Ali al Sistani, il quale ha indotto i suoi seguaci a recarsi alle urne con una fatwa (sentenza religiosa). Del resto quello che si sta realizzando con la nuova Costituzione non e' il primo tentativo di cancellare il codice della famiglia, considerato troppo permissivo dai leader religiosi - tutti, sciiti e sunniti - nonostante le modifiche introdotte negli ultimi tempi da Saddam, come l'obbligo per le donne di eta' inferiore ai 45 anni di essere accompagnate da un maschio nei viaggi all'estero. Gia' nel dicembre del 2003, Abdelaziz al Hakim, leader dello Sciiri (Consiglio superiore per la rivoluzione islamica in Iraq), durante il suo mese di presidenza del Consiglio governativo provvisorio, aveva varato la "misura 137" che aboliva il codice della famiglia e al suo posto introduceva la sharia. Solo una immediata e forte mobilitazione delle donne aveva impedito che la misura passasse. * Nel frattempo nell'Iraq senza legge la condizione delle donne e' notevolmente peggiorata, la violenza - rapimenti, stupri, minacce - e' all'ordine del giorno, e per le donne che hanno subito violenze l''onore' della famiglia viene salvato, in base a ordini impartiti da leader tribali e religiosi, con la morte della donna. I delitti d'onore, peraltro impuniti, sono aumentati notevolmente dopo la caduta di Saddam, come sostiene anche l'istituto di medicina legale di Baghdad. E non tutti i corpi delle donne uccise arrivano a questo istituto. Non solo delitti d'onore. Le donne sono minacciate da gruppi islamisti se non portano il velo, se si truccano, se escono per strada. Nonostante queste minacce le donne irachene abituate a una partecipazione alla vita politica, sociale ed economica del paese non si arrendono. Sfidando i problemi di sicurezza, martedi' hanno manifestato per i loro diritti in piazza Firdaus (che di "paradiso" ha solo il nome). Riusciranno a respingere i tentativi degli islamisti? Nel Comitato che sta preparando la costituzione, su 71 membri le donne sono meno di dieci e ad essere minacciata e' anche la quota del 25 per cento garantita alle donne negli organismi parlamentari dalla Costituzione provvisoria. Ipocritamente c'e' chi sostiene che essendo le donne oltre il 50 per cento, non e' giusto prevedere una presenza femminile del 25 per cento. E visto che la Costituzione prevede uguali diritti per uomini e donne... non servono le forzature, se non per far rispettare il Corano (naturalmente secondo l'interpretazione dei gruppi islamisti al potere). 4. MONDO. MINDY KAY BRICKER: LE DONNE DI SREBRENICA [Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per averci messo a disposizione nella sua traduzione il seguente articolo. Mindy Kay Bricker, corrispondente per "We News", giornalista freelance, vive a Praga] Srebrenica, Bosnia Erzegovina. Avvolta nella valle della Drina, la vecchia fabbrica arrugginita ed abbandonata fu il luogo dove staziono' il battaglione olandese sotto l'egida dell'Onu nel 1995. Cercando protezione dall'esercito serbo, migliaia di donne, uomini e bambini musulmani vennero qui da Srebrenica. L'esercito serbo, tuttavia, era molto piu' numeroso e riusci' a separare i maschi dalle femmine. Circa 8.000 uomini e ragazzi musulmani furono uccisi nello spazio di cinque giorni, nei dintorni della fabbrica. I corpi non identificati giacciono ancora in fosse comuni nella vicina foresta. Solo quattro anni fa, la terra attorno alla fabbrica di Potocari era quieta e vuota, solo un campo di grano. Ma poi un gruppo di donne coraggiose e determinate, le Donne di Srebrenica (Ong con base a Tuzla fondata nel marzo 1996), lottarono per questa terra dove avevano visto per l'ultima volta i loro mariti, figli e fratelli l'11 luglio 1995. Volevano che il luogo divenisse una lezione di storia, affinche' "Non accada mai piu' un'altra Srebrenica, a nessuno, e in nessun luogo". Lo scorso 11 luglio, circa 30.000 persone hanno testimoniato la vittoria delle donne visitando il cimitero, in cui 610 cadaveri da poco identificati sono stati cremati durante la cerimonia commemorativa del decennale del piu' vasto genocidio europeo dopo la seconda guerra mondiale. 1.372 corpi riesumati da oltre 60 fosse comuni sono gia' stati seppelliti qui. Parlando delle Donne di Srebrenica, Paddy Ashdown, l'Alto Rappresentante Onu, attribuisce la costruzione del monumento funebre, finanziato da privati e governi, alla loro instancabile pressione. Prima della guerra, Srebrenica aveva circa 37.000 abitanti, di cui il 73% erano bosniaci musulmani, ed il 23% serbi. Dieci anni dopo la popolazione e' di circa 10.000 persone, circa 4.000 musulmani ex profughi e 6.000 serbi. Delle 25.000 persone che risultano disperse nella ex Jugoslavia, 20.000 provenivano dalla Bosnia. Oltre 6.000 morti di Srebrenica devono ancora essere identificati, e chi ha perpetrato questa atrocita' e' ancora libero. Fino a che non trovano risposte sul passato le Donne di Srebrenica dicono che non possono guardare al futuro. Hajra Catic, la presidente del gruppo, racconta che il loro principale sforzo e' quello di trovare i corpi dei dispersi e di vedere giudicati i criminali di guerra. Il gruppo e rappresentato in Olanda da una squadra di avvocati che sta portando avanti un'azione legale contro l'Onu ed il governo olandese, giacche' le donne affermano che il battaglione olandese non fece nulla mentre migliaia di uomini venivano uccisi. Dopo dieci anni di attesa, Hajra Catic ha potuto infine seppellire il marito durante la cerimonia descritta sopra, ma sta ancora cercando il corpo di suo figlio. Nel 2000 i musulmani cominciarono a fare ritorno a Srebrenica, pur sapendo che i nazionalisti serbi che ci vivevano ancora avrebbero potuto metterli in pericolo. Quindici case da loro ricostruite furono bruciate, durante quell'anno. Sebbene il clima sia migliorato, Catic dice che "Non si sara' mai al sicuro, a Srebrenica". Ma ritornare a casa, per lei e per molte altre, valeva il rischio. Ora la citta' per i musulmani e' piu' tranquilla: il sindaco e' musulmano e lo e' il 40% delle forze di polizia. Oggi il problema piu' pressante e' trovare lavoro. In un paese in cui la disoccupazione si aggira attorno al 45%, le condizioni di Srebrenica sono ancora peggiori: la maggior parte delle infrastrutture e' andata in macerie sotto i bombardamenti, e lo e' ancora. Qui, il tasso di disoccupazione e' del 70%. Cambiare questa situazione e' divenuta un'altra missione delle Donne di Srebrenica e di altre ong femminili della zona. Dalla sua casa di Srebernica, Hajra Catic puo' vedere l'edificio restaurato dalla sua organizzazione, che presto diventera' una piccola fabbrica di pasta e dara' lavoro a 12 ex profughi. * BosFam e' invece un gruppo di Tuzla con un ufficio a Srebrenica, e fu fondato nel 1994 per dare aiuto psicologico e sociale agli ex profughi. Parte del loro approccio era dare alle donne qualcosa da fare, come annodare tappeti. Con il passare del tempo questo e' diventato il modo per rispondere a necessita' di base. "Non ci sono altri lavori", dice Munira Beba Hadzic, direttrice e fondatrice di BosFam. Il gruppo impiega oggi tessitrici e annodatrici di tappeti, e circa 300 di esse provengono dal progetto originario. I prodotti sono venduti in un negozio gestito dall'organizzazione a Tuzla, o consegnati individualmente ai clienti che ne hanno fatto richiesta. Circa il 20% del prezzo finale di un tappeto va alla lavoratrice, il resto va per l'acquisto delle materie prime e per il mantenimento dell'organizzazione, che non e' stata in grado di raccogliere abbastanza fondi nel 2004 per i propri programmi di sostegno. Le donne di BosFam stanno progettando di espandere il loro mercato e di vendere i tappeti anche all'estero. Il gruppo, per aiutare a restaurare le relazioni nella comunita', impiega lavoratrici che sono sia serbe sia bosniache. Munira Beba Hadzic diede inizio a questo quattro anni fa, con il progetto di fare 500 maglioni per i bambini di Srebrenica; le donne serbe e le donne musulmane lavoravano a maglia nella stessa stanza, e le istruzioni erano: non si parla di religione, politica e guerra. "Le donne hanno cominciato a parlare di se stesse, le une alle altre, ed e' stato molto bello", dice Hadzic. Ora, aggiunge, se una donna vuole partecipare a BosFam, nel progetto lavorativo o in qualsiasi altra attivita', deve rispondere solo ad una domanda: "Puoi stare nella stessa stanza con le altre, come serba e come bosniaca?". Se la risposta e' si', dice Hadzic, qualunque donna e' la benvenuta. * Per maggiori informazioni: - International Commission on Missing Persons: www.ic-mp.org - Women of Srebrenica: www.srebrenica.net/index.en.php - Gendercide Watch, The Srebrenica Massacre, July 1995: www.gendercide.org/case_srebrenica.html 5. MEMORIA. DIANA SARTORI: LA "DICHIARAZIONE DEI SENTIMENTI" DI SENECA FALLS, 1848 [Dal quotidiano "Il manifesto" del 23 luglio 2002. Diana Sartori e' filosofa e lavora da sempre con la comunita' filosofica femminile di Diotima; insieme a Barbara Verzini coordina la rivista on-line di Diotima "Per amore del mondo" (www.diotimafilosofe.it); fa parte anche della comunita' scientifica femminile "Ipazia". Ha contribuito a vari volumi collettanei, tra cui: Mettere al mondo il mondo, La Tartaruga, Milano 1990; Autorita' scientifica, autorita' femminile, Editori Riuniti, Roma 1992; Oltre l'uguaglianza, Liguori, Napoli 1995. Raffaella Baritono, storica e americanista, dell'Universita' di Bologna, e' presidente della Societa' italiana delle storiche. Tra le opere di Raffaella Baritono: Oltre la politica. La crisi politico-istituzionale negli Stati Uniti fra Otto e Novecento, Il Mulino, Bologna 1993; La democrazia vissuta. Individualismo e pluralismo nel pensiero di Mary Parker Follett, La Rosa, Torino 2001; (a cura di), Il sentimento delle liberta'. La Dichiarazione di Seneca Falls e il dibattito sui diritti delle donne negli Stati Uniti di meta' Ottocento, La Rosa, Torino 2002] Stagione calda quella del 1848, il fuoco della liberta' aveva fatto salire la temperatura politica fino al punto critico un po' dappertutto incendiando l'Europa. Ma doveva fare caldo anche in quel salotto borghese della cittadina di Waterloo N. Y., dove, prendendo il loro te', quattro virtuose signore, giudicando che la pazienza femminile fosse anch'essa giunta ad un punto critico, decisero di convocare una convenzione che ponesse all'ordine del giorno i diritti delle donne. Decisione rovente, caldo luglio americano nel cuore del "distretto ardente". Lucretia Mott, Elizabeth Cady Stanton, Martha Wright e Mary Ann McClintock si apprestavano cosi' a porre la loro firma sotto quello che era destinato a diventare testo canonico nella storia delle donne e vero e proprio monumento del femminismo americano. Il sentimento che dichiaravano era di essere "inette e senza speranza, come se all'improvviso fosse stato loro chiesto di costruire una macchina a vapore", ma la loro Dichiarazione dei sentimenti intendeva "inaugurare una ribellione quale il mondo non aveva mai visto". Tutt'altro che una tempesta in una tazza da te'. Il testo della Dichiarazione di Seneca Falls viene ora pubblicato, insieme al resoconto della successiva Convenzione di Rochester, in un volume curato da Raffaella Baritono con il suggestivo titolo Il sentimento delle liberta' (La Rosa Editrice, Torino 2002, euro 14,50). Sentimento di liberta' femminile che qui si esprime urgente, ma anche si agisce e si patisce insieme con le sue contraddizioni. Come quella di prendere si' la parola, ma proclamando "Quando nel corso degli eventi umani...". Ricorda Cady Stanton che di fronte ad un intento tanto nuovo ci si dovette rassegnare all'umiliazione di "leggere attentamente varie opere di uomini" e che trovando perlopiu' i discorsi politici correnti "troppo timidi e pacifici" solo la Dichiarazione di indipendenza sembro' loro all'altezza di cio' che si proponevano. La Dichiarazione dei sentimenti e' cosi' redatta sul quel solenne modello maschile, in una sorta di mimetismo che ricorda da presso il precedente di Olympe De Gouges e della sua Dichiarazione dei diritti della donna. "La storia dell'umanita' e' una storia di torti e di arbitrii ripetuti dell'uomo nei confronti della donna, che hanno avuto direttamente a oggetto la creazione di un'assoluta tirannia su di lei". Quindi, elencati i fatti che ad egli vanno imputati e "in considerazione del fatto che una meta' del popolo di questa nazione e' privata dei diritti politici e che e' socialmente e religiosamente degradata - nonche' in considerazione delle ingiuste leggi prima menzionate e dal momento che le donne si sentono offese, oppresse e fraudolentemente spogliate dei loro diritti piu' sacri, noi insistiamo che esse siano immediatamente ammesse a godere di tutti i diritti e i privilegi che appartengono loro come cittadine degli Stati Uniti". Primo atto, quindi, delle "magnifiche sorti e progressive" della lunga marcia femminile verso l'uguaglianza? Tappa cruciale di quella rivendicazione ad avere, con le parole di Walt Withman che la curatrice sceglie per aprire la sua introduzione, un eguale "posto nella processione"? Si', anche, certo (a Seneca Falls ora sorge un muro con incisi i nomi delle 300 firmatarie, e il monumento di Stanton, Mott e Susan Anthony sta all'U. S. Capitol), ma non solo. La storia della liberta' femminile non si lascia facilmente raccontare cosi'. Lo sa bene Baritono che giustamente riconosce qui in opera quello che Carole Pateman defini' il "dilemma di Wollstonecraft": la micidiale stretta nella quale si trovo' per prima presa l'autrice di A Vindication of the Rights of Woman tra la richiesta di accesso a eguali diritti di cittadinanza, e la valorizzazione di una differenza femminile cui rispondessero differenti diritti. La tormentata storia del suffragismo americano inaugurata a Seneca Falls, con le sue cocenti lezioni, su' fino alle vicende dell'Equal Rigth Amendment, e agli interminabili dibattiti degli anni '70-'80 sui diritti "eguali" o "differenti" sta a testimoniare di quanto tenace sia quella presa. Ma per quanto quella dell'alternativa "eguaglianza vs differenza" sia stata lungamente praticata come chiave di lettura nella storia delle donne, sempre piu' si e' andata dimostrando, come ebbe a dire Joan Scott, piuttosto un'altra trappola che una chiave. Di nuovo, la storia della liberta' femminile non si lascia intrappolare cosi', ma muove su linee di fuga impreviste. Soprattutto non necessariamente marcia sulle strade maestre segnate dalla politica dei diritti, ma apre vie traverse e scorciatoie che puntano diritte alla politica. Cosi' per stare sulle sue piste, occorre saperle riconoscere, ma ancor piu' intendersi su che senso ha "politica". Il che suggerisce forse un indizio per spiegare quello strano sentimento che alcune hanno avvertito a fronte di molta produzione di storia delle donne, che spesso si fosse mancato l'incontro con la liberta' femminile, fosse soggetto o oggetto dello sguardo. D'altra parte, direi, non e' mai un incontro scontato, visto che non da' appuntamenti e tantomeno nei luoghi stabiliti. Il caso di quella stagione di protagonismo femminile che ha al centro la Dichiarazione di Seneca Falls e' davvero esemplare in questo senso, e il lavoro storico di introduzione fatto da Raffaella Baritono e' prezioso per comprenderne i termini, in particolare per l'attenzione che pone a non chiudere la ricchezza e la complessita' degli eventi nelle griglie di lettura piu' consolidate, che fin troppo bene sono riuscite a fare di Seneca Falls e delle sue protagoniste un compiuto quadretto agiografico, fosse nella linea della storia degli eguali diritti delle donne, o in quella della sempiterna contraddizione eguaglianza/differenza. Gli ingredienti c'erano peraltro tutti: da una parte la presa di parola pubblica per la rivendicazione del voto e dei diritti di cittadinanza, l'uscita dalla domesticita' e la rottura della mitologia delle "sfere separate" come dall'ideologia della "maternita' repubblicana", in nome dell'eguaglianza. Dall'altra la fedelta' all'idea di una "superiorita' morale" femminile, al maternalismo di speciali doveri e missioni delle donne, l'appello a differenti valori, alla dimensione dei sentimenti, in nome della differenza. La Dichiarazione parla insieme queste due lingue: dei sentimenti e dei diritti. Testo, quindi, paradigmatico del campo di tensione che la differenza produce quando investe il territorio delimitato dal monopolio maschile della politica. E che facilmente si presterebbe ad essere letto come punto critico del passaggio da una parola femminile "impolitica", "privata", carica di una "retorica della benevolenza", al maturo linguaggio pubblico e politico dei diritti. O ad una lettura che vada a pesare quale piatto della bilancia eguaglianza-differenza pesi di piu'. Esercizi comunque istruttivi, non discuto, ma ormai decisamente esauriti e anche condannati alla sterilita' di un dilemma bloccato dal modello dell'inclusione, se non addirittura fuorvianti. Piu' promettente mi pare allora la pista di lettura battuta da Baritono: quella di tenere si' viva la centralita' dell'evento di Seneca Falls, ma non di un processo di passaggio dall'esclusione dalla politica alla richiesta di inclusione politica, ma della storia piu' complessa e ampia di una politicita' anch'essa piu' ampia e complessa. Le quattro tempestose signore convenute per il te' venivano da una rete di relazioni estesa e attiva, e quel salotto "era l'approdo di almeno un decennio di attivismo e di partecipazione delle donne alla vita pubblica". Escluse dalla cittadinanza politica esse "nonostante questo, si appropriarono di quegli strumenti, individuati nelle pieghe del sistema politico americano, che potevano utilizzare per affermarsi come soggetti pubblici" e per perseguire interessi generali "preferivano l'utilizzo di canali 'privati' attraverso i quali comunicare e diffondere il loro operato per vari motivi, non ultimo quello di evitare le accuse di una condotta moralmente riprovevole, quale poteva essere quella di `parlare in pubblico'". Questa pratica intrecciava le maglie di un vasto attivismo sociale femminile e non, costruendo anche "legami e rapporti diretti con amministratori e legislatori, accedendo cosi' direttamente ai processi decisionali". Veniva insomma a costituire una "presenza nello spazio pubblico che pero' non aveva il significato di un'inclusione in quel 'political public' che si stava formando", e che d'altra parte non puo' che imporre "una rivisitazione del concetto tradizionale di un'esclusione tout court delle donne dalla sfera pubblica e anche da quella politica". A questo punto Baritono avanza l'ipotesi che sarebbe opportuno parlare piuttosto che di una sfera pubblica di "una pluralizzazione della sfera pubblica", dicotomizzata per linguaggio, luoghi e modi d'azione secondo "confini di genere (oltre a quelli di razza), da un lato, una sfera pubblica modellata sui rituali maschili propri dei nuovi partiti politici di massa e che comprendevano anche manifestazioni ad essi collegate - parate, cerimonie pubbliche, meeting politici ed elettorali; dall'altro una sfera pubblica 'femminile' che si costituiva sulla base di modalita' diverse, che si fondavano su reti e contatti personali, su incontri e meeting organizzati utilizzando canali privati, basati sulla condivisione di valori religiosi, appartenenze comunitarie o di ceto". Sfera pubblica femminile tanto efficace e vitale, questa, da riuscire anche ad esercitare autorita' e leadership sul variegato mondo delle associazioni filantropiche e abolizioniste maschili, al punto da tendere ad inglobarle. In questa luce la narrazione di un passaggio che segna alfine il mero accesso femminile alla politica appare del tutto inverosimile, e quella di una contraddizione eguaglianza-differenza mera palla al piede della liberta' femminile, altrettanto riduttiva. Piuttosto per queste donne, rileva la curatrice, "proprio la peculiarita' del loro essere allo stesso tempo dentro e fuori il patto politico, faceva si' che la loro riflessione imprimesse al discorso politico una torsione che lo modificava radicalmente", giungendo a qualificarsi come "espressione piena e consapevole di una 'womanhood', intesa non genericamente come insieme di qualita' 'tradizionalmente femminili', ma sempre piu' come una differenza che in alcuni casi sembrava preludere a un concetto di differenza sessuale". Come avvenne che quelle che, in questa luce, appaiono tutt'altro che quattro signore politicamente ingenue, e quelle che le seguirono poi, donne coraggiose, culturalmente agguerrite, strette da relazioni salde, estese e durature, e fedeli al sentimento che le aveva gia' portate diritte al cuore della politica, volsero il loro sguardo alla politica dei diritti e alla battaglia suffragista? Quale necessita' politica le spinse a questo passaggio? Quali guadagni ne ebbero, e quali prezzi pagarono? A quali fonti di energia politica e vitale attinsero prima e poi dopo, quando certo i mille rovesci della lotta suffragista fecero perdere loro, se mai l'avevano avuto, l'innocenza politica? Certo quelle lontane signore che in quell'estate calda parevano solo domandare il loro eguale "posto nella processione" mi sembrano ora piu' vicine alle domande di Virginia Woolf che quasi cent'anni piu' tardi dal ponte sul Tamigi guardava scorrere la "processione" dei figli degli uomini colti: "abbiamo voglia di unirci a quel corteo, oppure no? A quali condizioni ci uniremo ad esso? E, soprattutto, dove ci conduce il corteo degli uomini colti?". Piu' vicine, insomma, alle domande dell'estate calda presente. 6. INCONTRI. IL 9 AGOSTO UN PELLEGRINAGGIO IN RICORDO DI FRANZ JAEGERSTAETTER [Da Giampiero Girardi dell'associazione "Franz Jaegerstaetter - Italia" (per contatti: franzitalia at infinito.it) riceviamo e diffondiamo la newsletter dell'associazione del 19 luglio 2005. Giampiero Girardi e' animatore di "Franz Jaegerstaetter Italia" e curatore dell'edizione italiana del libro di Erna Putz su Jaegerstaetter, autore e curatore di ricerche e pubblicazioni per una cultura della pace, attivo nella promozione della nonviolenza. Erna Putz, storica e amica della nonviolenza, e' biografa, studiosa e animatrice delle iniziative in memoria di Franz Jaegerstaetter. Tra le opere di Erna Putz: Franz Jaegerstaetter. Un contadino contro Hitler, Berti, Piacenza 2000. Franz Jaegerstaetter, contadino cattolico, condannato a morte ed ucciso il 9 agosto 1943 per essersi rifiutato di prestare servizio militare nell'esercito nazista. Opere su Franz Jaegerstaetter: Gordon Zahn, Il testimone solitario. Vita e morte di Franz Jaegerstaetter, Gribaudi, Torino 1968, poi: Franz Jaegerstaetter, il testimone solitario, Editoria Universitaria, Venezia 2002; Erna Putz, Franz Jaegerstaetter. Un contadino contro Hitler, Berti Piacenza, 2000; segnaliamo anche l'articolo di Enrico Peyretti riprodotto sul n. 637 di questo notiziario, articolo che segnalava anche i seguenti materiali: Alfons Riedl, Josef Schwabeneder (Hg), Franz Jaegerstaetter - Christlicher Glaube und politisches Gewissen [Fede cristiana e coscienza politica], Verlag Taur, 1997; videocassetta Franz Jaegerstaetter: un contadino contro Hitler, (27 minuti, in vhs) prodotta dall'Associazione Franz Jaegerstaetter, via Endrici 27, 38100 Trento (tel. 0461233777, oppure 810441); il capitolo Un nemico dello Stato (pp. 76-86), in Thomas Merton, Fede e violenza, prefazione di Ernesto Balducci, Morcelliana, Brescia 1965; una nota di Paolo Giuntella in "Adista", n. 11, 13 febbraio 1993, pp. 9-10] 9 agosto 2005: sessantaduesimo anniversario della morte di Franz Jaegerstaetter. Il gruppo di St. Radegund (guidato dalla dottoressa Erna Putz) ha predisposto il programma delle celebrazioni. Ecco l'invito, che contiene anche alcune notizie dall'Austria. La traduzione e' stata gentilmente curata dalla traduttrice "ufficiale" degli scritti di e su Franz Jaegerstaetter, la dottoressa Lucia Togni. * L'invito di Erna Putz Care amiche e cari amici di Franz Jaegerstaetter, i punti salienti del programma sono stabiliti da mesi, ma solo ora posso annunciare gli ospiti d'onore. In questi giorni ho avuto la conferma della partecipazione all'incontro per ricordare Franz Jaegerstaetter del presidente della repubblica austriaca, dottor Heinz Fischer, che sara' accompagnato dalla moglie, signora Margit. Per Franziska cio' significa un'importante attestazione di apprezzamento e stima. Sono in preparazione le relazioni degli oratori: il prof. Niewiadomski e il prof. Innerhofer, di Bolzano, che presentera' l'esperienza di Josef Mayr-Nusser nel sessantesimo anniversario della morte. L'ora di preghiera sara' arricchita dalla musica di Albin Zainingers, su testi di Franz Jaegerstaetter. Lo scorso ottobre Franziska ed io abbiamo compiuto un pellegrinaggio in Italia; in inverno una polmonite l'ha debilitata non poco. Ora si e' abbastanza ripresa. Nell'anno passato e' andato aumentando l'interesse per Franz Jaegerstaetter da parte di studenti ed insegnanti. Molto belli sono stati gli incontri nel Voralberg, a Bregenz e Voecklabruck. Momento culminante dell'anno sono state le rappresentazioni del testo teatrale "Testimone oculare" di Joshua Sobold a S. Gallo e Linz. In Svizzera l'autore stesso ha curato la regia, sottolineando maggiormente i conflitti e le problematiche a tutt'oggi attuali. A Linz si e' notata una maggiore attenzione alla figura storica di Franz Jaegerstaetter. In marzo sono stata a Roma. Il mausoleo dedicato ai martiri del XX secolo, curato dalla Comunita' di Sant'Egidio, mi ha molto colpita: e' certamente importante mantenere i contatti anche per valorizzare la figura di Franz Jaegerstaetter. Vi aspetto con gioia alla giornata di ricordo. Per coloro che non ci saranno, spero che queste notizie possano mantenere vivo il legame tra noi. Vostra Erna Putz * Programma Martedi' 9 agosto 2005 Presso la chiesa parrocchiale di Ostermiething - ore 9.30: Momento musicale di benvenuto. - ore 9.40: Saluto del Presidente della Repubblica austriaca, dott. Heinz Fischer. - ore 10.30: prof. Niewiadomski, Innsbruck. "Questo treno porta a... Sollecitazioni per l'umanita' di oggi". - ore 11.30: prof. Josef Innerhofer, Bolzano: "Rimase fedele a se stesso. Josef Mayr-Nusser: guida per i giovani, fratello della S. Vincenzo, testimone della fede". - ore 12.30: pausa pranzo. - ore 14.30: Tavola rotonda: "Stimoli cristiani per la vita nella societa' di oggi". Partecipa il vescovo di Innsbruck, mons. Manfred Scheuer, insieme ai relatori del mattino. - ore 15.30: Ora di commemorazione della morte di Franz Jaegerstaetter: "Contro la corrente". Musica su testi di Franz Jaegerstaetter per marimba, percussioni, clarinetto di Albin Zaininger. Pellegrinaggio a piedi a St. Radegund. - ore 19.30: Chiesa parrocchiale di St. Radegund, Santa Messa celebrata da mons. Manfred Scheuer. Rito dei ceri sulla tomba del martire. Un pullman sara' disponibile per il ritorno a Ostermiething. * Note tecniche Per la marcia da Ostermiething a St. Radegund (circa 10 km) portare scarpe comode, zainetto con maglione, ombrello o kway, cambio di vestiario. Chi e' interessato a partecipare (con mezzi propri) si metta in contatto con Giampiero Girardi, via del Forte 44/B, 38040 Martignano (Trento), tel. 3474185755, e-mail: gia.gir at tin.it * E' imminente l'uscita del volume con gli scritti di Franz Jaegerstaetter Si intitola Scrivo con le mani legate, consta di 235 pagine e viene edito da Berti, l'editore piacentino che ha pubblicato anche la biografia. Il testo e' curato da Giampiero Girardi e tradotto da Lucia Togni. E' previsto in libreria per i primi di settembre. Sara' inviata comunicazione ufficiale. * Materiale disponibile Cassetta vhs: Franz Jaegerstaetter, un contadino contro Hitler. Vita e morte di un uomo che ha agito secondo coscienza, durata 27 min., costo 15 euro. Richiedere a: Caritas diocesana, via Endrici 27, 38100 Trento, tel. 0461261166, fax: 0461266176, e-mail: caritas at arcidiocesi.trento.it. Volumi : - Franz Jaegerstaetter, un contadino contro Hitler, di Erna Putz, edizione italiana a cura di Giampiero Girardi, Berti, Piacenza 2000, 252 pagine, 13 euro. Rintracciabile in libreria (a Trento: Ancora, via S. Croce 35) oppure presso l'Editrice Berti, via Legnano 1, 29100 Piacenza, tel. 0523321322; fax: 0523335866; e-mail: info at bertilibri.it - Franz Jaegerstaetter, il testimone solitario, di Gordon Zahn, Editoria universitaria, Venezia 2002, 200 pagine. Rintracciabile presso l'Editore Albert Gardin, c. p. 570, 30100 Venezia, tel. 0415246242, sito: www.editoriauniversitaria.com, e-mail: euvenezia at libero.it - Non giuro a Hitler. La testimonianza di Josef Mayr-Nusser, di Francesco Comina, prefazione di Albert Mayr, San Paolo, Alba 2000, 116 pagine. - Sophie Scholl e la Rosa Bianca, di Paolo Ghezzi, Morcelliana, Brescia 2003, 230 pagine. - La Rosa Bianca: un gruppo di resistenza al nazismo in nome della liberta', di Paolo Ghezzi, Paoline, 1993, 307 pagine. * Per ricevere la newletter dell'associazione "Franz Jaegerstaetter - Italia" Chi desidera ricevere questa newsletter (o segnalare indirizzi di persone interessate) la richieda a: franzitalia at infinito.it Il rilancio in altre mailing list e' consentito: si prega di darne cenno a: franzitalia at infinito.it La newsletter dell'associazione "Franz Jaegerstaetter - Italia" e' a cura di Giampiero Girardi, via del Forte 44/B, 38040 Martignano (Trento), tel. +39 3474185755 (mobile), +39 0461829526 (fisso). 7. RIVISTE. PRESENTAZIONE DI "PROSPETTIVA PERSONA" [Dal sito www.prospettivapersona.it riportiamo la seguente scheda di presentazione della rivista] La rivista "Prospettiva Persona" nasce nel 1992 a Teramo ad opera di Attilio Danese e Giulia Paola Di Nicola, in ideale continuita' con la rivista francese "Esprit", nel sessantesimo anniversario della fondazione ad opera di Emmanuel Mounier. "Prospettiva Persona" intende rappresentare nella cultura contemporanea il punto di vista del bene della persona. La presidenza del Comitato scientifico internazionale affidata al filosofo francese Paul Ricoeur [recentemente scomparso - ndr] garantisce l'orizzonte di un impegno in difesa della persona e dei diritti umani, della crescita della democrazia e della qualita' della vita. Il Comitato scientifico comprende 47 studiosi di 10 nazioni che rappresentano 24 atenei. La rete di collaborazione comprende 66 studiosi che s'ispirano al personalismo e appartengono a 12 nazioni e 40 universita'. Caratteristica originale della rivista e' quella di contenere in ogni numero un'altra rivista: "Prospettiva Donna", diretta da Giulia Paola Di Nicola, un inserto costante che da' spazio alla voce delle donne nella riformulazione della cultura contemporanea e affronta i diversi temi in esame dall'angolatura femminile. Avvenimenti, attualita' culturale, libri, saggi sulle diverse problematiche dibattute nel mondo e che attengono in particolar modo alla qualita' della vita, dalla parte della donna, consentono un aggiornamento e un confronto senza frontiere. La rete scientifica di collaborazione di "Prospettiva Donna" comprende 150 studiose, con qualche presenza maschile, di 15 nazioni che rappresentano 31 atenei. La rivista ha due redazioni centrali a Teramo, una generale e l'altra di "Prospettiva Donna", e diversi centri redazionali. * La rivista si occupa di filosofia, bioetica, economia, etica, politica, pedagogia, sociologia, religione, storia delle idee, arte, musica, letteratura, cinema; e lo fa attraverso studi, dibattiti, confronti, recensioni, interventi, profili, interviste. Queste le principali rubriche: - Pensiero e Persona. In questa rubrica vengono proposti approfondimenti su autori che si riconoscono nel filone della filosofia personalista (come Mounier, Maritain, Buber, Rosmini, Sturzo...) o il cui pensiero presenta significativi richiami alla centralita' della persona. - Studi. Si propongono studi su autori il cui pensiero viene messo a confronto con la filosofia della persona, o approfondimenti su argomenti che attengono alla umanizzazione della vita. - Profili. Si presentano profili di personaggi eccellenti, sul piano del pensiero o del vissuto esistenziale, perche' possano essere meglio conosciuti e collocati in un contesto culturale e sociale. - Interviste. Si propongono interviste a personaggi, noti o meno noti, attraverso le quali far emergere la loro posizione in ordine ai temi cruciali della convivenza e della cultura. - Confronti. Partendo da un tema o da un libro, emersi all'attenzione dell'opinione pubblica, si mettono a confronto posizioni differenti. - Angolo della musica. E' lo spazio, a cura di Giacomo Danese, riservato a interventi di estetica musicale, di attualita', di storia, allo scopo di offrire una finestra su quanto emerge di nuovo in questo settore. - Angolo del teatro. Curato da Maffino Redi Maghenzani, questo spazio propone prevalentemente piccoli pezzi di teatro, riproducibili anche da laboratori teatrali sperimentali, o anche commenti e interpretazioni relative al settore. - Angolo dell'arte. Curata da Giovanni Corrieri, la rubrica offre una panoramica delle opinioni e delle mostre d'arte piu' importanti in Italia o all'estero. - Attualita'. E' uno sguardo attento agli eventi culturali, quali conferenze, dibattiti, convegni. - Ricordando. Si presentano profili di persone eccellenti scomparse, che hanno avuto rapporto con "Prospettiva Persona" o con la cultura personalista. - Corrispondenza. E' lo spazio riservato ai lettori. Si ricevono e pubblicano lettere firmate, sugli argomenti piu' vari, di taglio culturale. - Recensioni e segnalazioni. Si ospitano recensioni a libri recenti o segnalazioni, piu' ridotte, che consentano ai lettori di orientarsi nel vasto campo della pubblicistica contemporanea. 8. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 9. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at inwind.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1000 del 23 luglio 2005 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione).
- Prev by Date: La nonviolenza e' in cammino. 999
- Next by Date: La nonviolenza e' in cammino. 1001
- Previous by thread: La nonviolenza e' in cammino. 999
- Next by thread: La nonviolenza e' in cammino. 1001
- Indice: