Nonviolenza. Femminile plurale. 21



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NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE
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Supplemento settimanale del giovedi' de "La nonviolenza e' in cammino"
Numero 21 del 21 luglio 2005

In questo numero:
1. Chiara Zamboni presenta "Le matriarche" di Catherine Chalier
2. Presentazione di "Prospettiva Donna"
3. Marina Terragni: Riflettendo su procreazione assistita, tecniche,
biopolitica, a partire da Mary Daly
4. Luciana Percovich: Mary Daly
5. Pina La Villa: Una spinster, Mary Daly
6. Giuseppe Licandro presenta "Theano: una pitagorica attuale" di Daniela
Nistico'
7. Riletture: Gilbert Badia, Clara Zetkin
8. Riletture: Gabriele Raether, Aleksandra Kollontaj

1. LIBRI. CHIARA ZAMBONI PRESENTA "LE MATRIARCHE" DI CATHERINE CHALIER
[Dal sito "Donne contro il silenzio" (www.donne-cosi.org) riprendiamo questa
recensione, originariamente apparsa sul quotidiano "Il manifesto" del 18
maggio 2002.
Chiara Zamboni e' docente di filosofia del linguaggio all'Universita' di
Verona, partecipa alla comunita' filosofica femminile di "Diotima". Tra le
opere di Chiara Zamboni: Favole e immagini della matematica, Adriatica,
1984; Interrogando la cosa. Riflessioni a partire da Martin Heidegger e
Simone Weil, IPL, 1993; L'azione perfetta, Centro Virginia Woolf, Roma 1994;
La filosofia donna, Demetra, Colognola ai Colli (Vr) 1997.
Catherine Chalier, filosofa, allieva e interprete originale del pensiero di
Levinas, ha pubblicato diverse opere che esplorano i legami tra filosofia e
tradizione ebraica. Attualmente vive e insegna a Parigi all'Universita' di
Paris X - Nanterre. Tra le opere di Catherine Chalier: Sagesse des sens. Le
regard et l'ecoute dans la tradition hebraique (1995); L'inspiration du
philosophe. "L'amour de la sagesse" et sa source prophetique (1996), De
l'intranquillite' de l'ame (1999); Le matriarche. Sara, Rebecca, Rachele e
Lea, Giuntina, Firenze 2002]

L'autrice nell'introduzione ricambia l'attenzione della sua traduttrice,
riconoscendo il valore che una lettrice attenta da' ad un libro, perche' ne
rinnova la voce e soffia sulle sue lettere con l'effetto che lo spirito che
lo ha animato continua a vivere. Nel testo Chalier presenta le prime quattro
figure di matriarche della Bibbbia e ci invita a meditare sui loro
comportamenti, sui gesti e gli atti compiuti. Il libro puo' essere visto
come una successione di stazioni: di figure, di fronte alle quali fermarsi a
ragionare. Non c'e' una progressione dall'una all'altra ma l'articolarsi di
un tessuto.
La prima matriarca e' Sara, moglie di Abramo. La piu' gioiosa, segnata dalla
presenza vicino a lei della Shekhinah, cioe' del divino sulla terra,
dell'infinito nell'immanenza. La Shekhinah si percepisce sensibilmente,
eppure e' invisibile. Dove c'e' Sara essa c'e'. Ora la Bibbia dice che Sara
accetta la preghiera di Abramo in terra straniera a fare finta di essere sua
sorella. Ne ascolta la paura, l'angoscia e ne accoglie l'invito senza
pretendere una simmetria e un gesto reciproco da parte di Abramo. Chalier
invita a meditare a partire da questa figura, su che cosa significhi patire
la voce dell'altro, il suo invito, tanto da cambiare i propri comportamenti
e rinunciare ai propri diritti. Senza compromettere tuttavia la fedelta' a
qualche cosa di irrinunciabile, che e' la propria vocazione.
E' qui che si coglie il nucleo piu' importante del libro: e' il
comportamento di Sara a legare se' e gli altri religiosamente. Sono le sue
scelte, le sue rinunce, le parole dette, i silenzi a mostrare l'instaurarsi
di legami religiosi. E' il qui e ora di cio' che io faccio a fondare la
religione e non viceversa. Paradossale inversione rispetto all'abitudine a
pensare che sia la religione con la sua tradizione ad indicare invece le
azioni virtuose, prescrivendole come modelli da seguire.
Ed infatti il libro e' si' un testo di meditazione sui comportamenti delle
matriarche, ma non un libro che li indichi come modelli, come lo sono stati
invece le storie dei santi e delle sante nella tradizione cattolica. Chalier
lo dice: meditare sulle loro vite ci chiama piuttosto al senso non previsto
delle nostre esistenze, ci risveglia ad esso. Il ricordo del passato - in
questo caso delle figure femminili della Bibbia - e' scoperta della propria
vocazione nel presente. Singolare e non prescrivibile.
*
La vita di ogni matriarca e' intrecciata a quella di un uomo: Sara ad
Abramo, Rebecca ad Isacco, Rachele e Lea a Giacobbe. Chalier e'
particolarmente attenta a come la differenza dell'essere donna e uomo dia
una impronta determinante a questa unione. E' come se questa differenza
attirasse le potenze che generano orientamenti nel vivere. Innanzitutto Dio.
Dio si manifesta nella storia tra Rebecca e Isacco in modo diverso da come
e' presente nel legame tra Sara e Abramo. Cambiando i modi di rapportarsi
tra loro dell'uomo e della donna si trasforma il modo di esserci del divino.
Ma non si tratta soltanto di Dio: si modifica anche il rapporto con lo
straniero, con l'altro, l'estraneo. Lo straniero ha un certo legame con
l'uomo che dipende direttamente da come l'uomo intreccia la sua vita con la
donna.
In questo modo prende a delinearsi un centro rappresentato dal legame tra la
donna e l'uomo. Esso e' la figura matrice del modo storico di presentarsi di
Dio e dello straniero.
E' sicuramente molto forte il gesto simbolico di indicare nelle forme dello
scambio tra donna e uomo cio' che attrae il divino e orienta il rapporto con
l'estraneo, tanto che piu' volte mi sono chiesta leggendo il libro: e'
questa la speranza oggi a cui affidarsi? Il parlarsi secondo verita' tra
uomini e donne? Il rimettere in moto rapporti in molti casi irrigiditi? E la
violenza degli uomini sugli stranieri, che oggi si vede in tanti conflitti
diffusi, ha questo come origine, la rottura di uno scambio vivo tra donne e
uomini? E come conseguenza di essere posti di fronte ad un dio degli
eserciti, piuttosto che ad un dio dei legami?
Certo in questo modo Chalier affida alle donne la funzione della mediazione
simbolica: funzione non nuova, che pero', secondo Chalier, verrebbe giocata
come soggetto di un rapporto che ha effetti sul divino e sullo straniero. In
una posizione determinante e creativa.
Chalier individua un legame diverso degli uomini e delle donne con il
divino. Lo ricava dal fatto che il Dio della Bibbia parla direttamente ad
Abramo, ad Isacco, a Giacobbe. Le donne sanno della voce di Dio da colui che
e' loro prossimo, e che gliene parla. Non direttamente dunque, ma nella
relazione con l'altro. Quella che potrebbe essere vista come una lontananza,
un dispregio, e' letta invece da Chalier come la via propria che le donne
hanno di accedere all'infinito. A quell'infinito che chiamiamo Dio. Non si
tratta di un'esperienza solitaria ma l'evento centrale nel rapporto
d'elezione con chi ci e' vicino. Nell'esperienza femminile l'infinito si
presenta in una relazione.
Ora, avendo letto testi di donne che hanno raccontato la loro esperienza del
divino, ho presente che ci sono forme di esperienza di Dio diverse da quella
descritta da Chalier: vissute in un rapporto diretto tra se' e Dio, nel
silenzio di una stanza, nella percezione di una presenza vivente, nella voce
udita, in una esperienza mistica. So dunque che le esperienze femminili di
Dio sono molteplici e non riducibili ad una. Cio' che rimane costante e' che
nell'esperienza femminile l'infinito si presenta in una relazione, che pero'
ovviamente prende forme simboliche diverse.
*
Orietta Ombrosi osserva che la Chalier si discosta dal suo maestro Emanuel
Levinas proprio sulla concezione del femminile. Chalier riprende in effetti
da Levinas la tessitura teorica che vede l'idea di etica e di infinito
privilegiate in contrasto con la staticita' dell'essere, che si ripeterebbe
identico. Mentre pero' Levinas afferma che il femminile e' legato
all'interiorita', alla casa e al raccoglimento che essa permette, le
matriarche di Chalier sono invece donne esposte al fuori di se', alla
relazione con l'altro, di cui accolgono la presenza e ascoltano le parole,
trasformando percio' la propria vita.
Finito di leggere il libro, mi rimane una questione aperta. E' data, nel
testo, dalla centralita' della Alleanza tra Dio e il suo popolo, che e'
vista come la legge simbolica, che separa dalla naturalita' della vita,
accompagnata dal fatto, molto sottolineato nel testo, che le matriarche
scelgono di entrare in questa legge. Porto come esempio la storia di Rebecca
e Isacco. Rebecca acconsente di sposare Isacco, senza averlo mai conosciuto.
Accetta cosi' di allontanarsi dalla sua gente, dalla sua famiglia, da tutti
i legami naturali gia' dati, dai suoi dei, per entrare nell'Alleanza tra Dio
e il popolo ebraico. L'Alleanza e' vista come l'impegno simbolico a meditare
sul bene. Cio' crea un'inquietudine nelle nostre vite, che ci porta ad
andare oltre l'essere che ci e' gia' dato, immerso in una pienezza
ripetitiva. L'ordine della legge simbolica allontana dall'ordine naturale.
Ora, quel che io ho colto nell'espressione migliore del pensiero femminile
di questi anni e' stata la capacita' di dare un nuovo significato a cio' che
ci e' gia' dato, a quelle radici che ci fanno cio' che siamo: il corpo, i
legami affettivi, il dono della vita. Il gesto simbolico non sta
nell'oltrepassare tali radici, ma nel dare loro un significato nuovo
rispetto a quello ovvio e immediato. In questo modo i nostri legami con il
mondo, la vita, il corpo non vengono semplicemente oltrepassati,
dimenticati, tagliati via come radici inutili, ma trovano un loro senso
nelle nostre parole. Altrimenti si ricadrebbe in quella opposizione tra
natura e cultura che ha caratterizzato gran parte del pensiero maschile.

2. ESPERIENZE. PRESENTAZIONE DI "PROSPETTIVA DONNA"
[Dal sito www.prospettivapersona.it riprendiamo la seguente scheda di
presentazione dell'esperienza di "Prospettiva Donna"]

"Prospettiva Donna" nasce nel 1992 unitamente a "Prospettiva Persona". Si
pone in continuita' ideale con "Progetto Donna", un movimento culturale,
fondato da Tina Leonzi nel 1982, aggiungendo via via alcuni dei nomi
migliori della intellighentia femminile cattolica, tra cui: Gianna
Campanini, Marisa Bellenzier, Maria Dutto, Wilma Preti, Elisabetta
Fiorentini, Albertina Soliani, Tina Anselmi, Ida Bozzini, Maria Luisa
Cassanmagnago Cerretti, Sandra Codazzi, Paola Colombo Svevo, Cettina
Militello, Claudia Zanon Gilmozzi, Renata Livraghi, Carla Ricci, Giulia
Paola Di Nicola.
Le donne che si riconoscono in "Prospettiva Donna" sono consapevoli della
necessita' di una elaborazione culturale di ispirazione cristiana che possa
offrire un contributo serio e libero alla comune crescita della coscienza
femminile, fortemente sollecitata e inquietata dal femminismo e dal
neofemminismo. La rivista rappresenta uno strumento di mediazione fra il
livello culturale impegnato e le tante donne delle associazioni, gruppi e
movimenti del mondo cattolico, di solito diffidenti o disinteressate o
disinformate nei confronti delle tematiche femministe. "Prospettiva Donna"
segna la ripresa culturale del mondo cattolico femminile, il cui impegno
serio emerge dal sommerso, nel dialogo sereno con tutte le forze culturali e
sociali, ma anche nella piena dignita' del filone proprio, offrendo una
visione nuova e serena della condizione femminile.
Riportiamo qui di seguito l'elenco dei fortunati Convegni di "Progetto
Donna", che hanno rappresentato un appuntamento ineludibile per tutti coloro
che hanno puntato sull'importanza di una riflessione non solo su specifiche
tematiche femminili, ma anche sui temi di fondo della societa' attuale, temi
che, coinvolgendo uomini e donne (assidua sin dall'inizio la presenza di
alcuni uomini: Giorgio Campanini, Sergio Bellenzier, Piesandro Vanzan,
Attilio Danese), non possono fare a meno del contributo delle donne.
Ecco i temi scelti in ordine di tempo:
- Femminismo italiano: seconda fase (Brescia, 1983);
- Da donne nella societa' complessa (Brescia 1984);
- La felicita' come domanda politica (Brescia, 1985);
- Il sommerso e il nuovo nella politica delle donne (Brecia 1986);
- La storia incompiuta fra memoria e futuro (Parma, 1987);
- Dalla costola di Adamo. Riflessioni sulla differenza (Milano, 1988);
- Uguaglianza e differenza. Il nuovo soggetto etico femminile (Brescia
1989);
- La ricerca delle donne: una sfida europea (Roma, 1989);
- Il tempo dell'utopia (Teramo 1991);
- Donna-uomo: la dimensione cretiva del conflitto (Parma, 1992; atti
pubblicati da Demian, Teramo 1993);
- Tanti mondi un solo futuro. Quando le donne guardano al domani (Genova,
1993; atti pubblicati da Demian, Teramo 1994);
- Le donne dicono Dio (Milano, 1994; atti pubblicati da Edizioni Paoline,
Milano 1995);
- La difficile liberta' delle donne (Brescia, 1995; atti pubblicati da In
dialogo, Milano 1996);
- Comunicare nella Chiesa. Linguaggi maschili e femminili (Padova, 1996;
atti pubblicati da Edizioni del Messaggero di S. Antonio, Padova 1997);
- Una memoria mancata. Donne cattoliche nel Novecento (Milano, 1997; atti
pubblicati da Vita e Pensiero, Milano 1998);
- Donne e cinema nell'Europa 2000 (Roma, 1999);
- Donne e uomini per un futuro da costruire (Parma, aprile 2000; atti
pubblicati su "Prospettiva persona" dicembre 2000).

3. RIFLESSIONE. MARINA TERRAGNI: RIFLETTENDO SU PROCREAZIONE ASSISTITA,
TECNICHE, BIOPOLITICA, A PARTIRE DA MARY DALY
[Dal sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it)
riprendiamo questo articolo apparso sul quotidiano "Il foglio" dell'8 luglio
2005.
Marina Terragni, giornalista, e' editorialista di "Io Donna" e scrive sul
"Corriere della Sera" e su "Il foglio". Opere di Marina Terragni: ha curato
il libro di Vittorino Andreoli, E vivremo per sempre liberi dall'ansia,
intervista di Marina Terragni, Rizzoli, Milano 1997.
Luciana Percovich vive e lavora a Milano, dove insegna inglese al Liceo
classico Manzoni; partecipa dall'inizio degli anni Settanta al movimento
delle donne (Gruppo femminista per una medicina delle donne, Libreria delle
Donne), collabora con la Libera Universita' delle Donne come docente e
membro del comitato di gestione; ha collaborato con La Tartaruga edizioni e
con diverse riviste, tra cui "Fluttuaria", "Lapis", "Madreperla", "Memoria",
"Orsaminore", "Reti", "Sottosopra"; suoi saggi sono apparsi in volumi
collettanei: Verso il luogo delle origini, La Tartaruga, Milano 1992; Donne
del Nord / donne del Sud, Angeli, Milano 1994; Figuras de la madre, Catedra,
Madrid 1996; ha diretto la collana di saggistica "Il Vaso di Pandora" per La
Salamandra edizioni.
Su Mary Daly riportiamo alcuni stralci da una breve nota di Luciana
Percovich del 2002: "Mary Daly e' tra le piu' potenti creatrici di pensiero,
linguaggio e visione generate dal Movimento Femminista degli anni '70.
Filosofa, teologa, femminista radicale, ha pubblicato fino ad oggi sette
libri: The Church and the Second Sex, 1968; Beyond God the Father: toward a
Philosophy of Women's Liberation, 1973; Gyn/Ecology: the Metaethics of
Radical Feminism, 1978; Pure lust: Elemental Feminist Philosophy, 1984;
Websters' First New Intergalactic Wickedary of the English Language, 1987;
Outcourse: the Be-Dazzling Voyage, 1992; Quintessence: Realizing the Archaic
Future, 1998. Per molti anni docente di Etica Femminista al Boston College,
Massachusetts, da cui e' stata licenziata e chiusa letteralmente fuori dal
suo ufficio". Per piu' ampie notizie si veda il profilo riportato in questo
stesso numero del notiziario]

Parlo con Luciana Percovich, femminista di quelle che negli anni Settanta
avevano fatto del corpo e dell'aborto territorio di pratica politica -
autovisite, speculum di plastica, self help - del fiducioso abbandono di
tante donne di oggi alle tecniche di procreazione assistita, che poi e'
l'esatto contrario del self help. Di tutte queste ragazze che rimandano e
rimandano il primo e spesso unico figlio, tanto, dicono con tranquilla
rassegnazione, "semmai mi faro' dare una mano", modello che sembra piuttosto
forte e pervasivo. Una fiducia nella scienza e una cedevolezza che hanno
l'aria di una resa di fronte alla difficolta' di tenere insieme tutto, di
fronte al precariato protratto e all'instabilita' delle relazioni. Ma forse
c'e' ben altro, dice Percovich: una specie di docile autocastrazione, una
rinuncia all'esercizio della propria potenza riproduttiva che viene posta
fuori di se', esternalizzata, consegnata a un tecnico terzo a cui e'
affidato il compito di attivare la scatola magica. Come se il conflitto
originario sulla potenza materna, madre di tutti i conflitti e sorgente di
tutte le culture, si fosse fatto insostenibile. Meglio cedere e stare al
mondo da neutri sterili, e in pace.
"Potrebbe sembrare che le Madri Maschili e la loro pseudo-creativita' stiano
vincendo": cosi' le chiama la teologa e filosofa americana Mary Daly con
sfolgorante estro linguistico. Madri Maschili, perche' quegli atti
riproduttivi "extracorporei" ed eterogestiti sono fortemente sbilanciati
verso il sesso maschile. Quei figli sono piu' figli degli uomini - della
loro tecnica, del loro ordine simbolico, del loro desiderio - che delle
donne, e lo saranno quasi del tutto una volta che sara' stato agguantato il
Graal dell'utero artificiale.
Si puo' anche ritenere che un discorso critico sulle tecniche di
procreazione medicalmente assistita (in sigla: Pma) abbia poco a che vedere
con la differenza e il conflitto tra i sessi, e che ci siamo tutti dentro,
maschi e femmine, con uguali responsabilita'. Mary Daly non la pensa cosi',
pensa che la narrazione sia quella che dicevamo, che il fatto di "dare una
mano" alle donne sterili sia assolutamente residuale. Lei crede che la Pma
sia un atto di guerra contro il genere femminile. Probabilmente la Soluzione
finale, predisposta dall'Impero Nec-Tec.
*
Mary Daly non e' certo tipo da mezzi termini. I termini in circolazione,
anzi, non le bastano neanche tutti interi, e allora ne inventa di sempre
nuovi, un vocabolario visionario e ironico che fa dell'etimologia, della
ricerca dei sensi nascosti, del disfare la tela del gia' detto e pensato,
delle parole risvegliate dal sonno dell'insignificanza e ricondotte alle
loro radici un vero e proprio lavoro politico. Le fonti di parole nuove sono
raccolte soprattutto nel suo "Wickedary" (wick= perverso, ma anche favoloso)
in contrapposizione ai dick-zionari in uso.
Mary Daly ha passato parecchi guai per il suo radicalismo e la sua lotta
contro l'"accadementia" e l'"invasione accademonica della psiche delle
donne". Autrice di testi spartiacque come "Al di la' di Dio padre" e "Pure
Lust", pioniera della ricerca sulla spiritualita' femminile, gia' nel 1968,
subito dopo il suo primo saggio femminista "La Chiesa e il Secondo Sesso",
venne messa alla porta dal gesuita Boston College. Dopo tanti anni passati a
studiare la filosofia aristotelica e in particolare Tommaso d'Aquino (un
vero e proprio "karate' della mente") aveva sentito la necessita' di colmare
la distanza che la separava da se', di trovarsi finalmente "d'accordo con il
mio Io". E' la fine della scuola e dell'imparare a memoria, la gioia della
vacanza per sempre, come Luisa Muraro descrive il libero pensiero, la
felicita' di un sapere che non e' rinuncia al piacere, che e' ricerca audace
dell'assoluto restando presso di se'.
Il viaggio-vacanza di Mary Daly dura ormai da quarant'anni. Ma oggi siamo un
po' tutti in vacanza, passato il referendum di fine anno scolastico sulla
questione delle nuove tecnologie riproduttive. Perfino noi che ci dovremmo
annoverare tra gli "sconfitti". Ora si puo' tornare a pensare e ricercare
liberamente. Luciana Percovich, di cui dicevo prima, legge la sconfitta del
fronte abrogazionista come una vittoria del buon senso femminile. Non il
buon senso di aver voluto difendere una brutta legge, ma quello, piu'
prospettico, di aver segnato la propria lontananza sia dalle
biomanipolazioni, sia da questo modo di fare la biopolitica, impantanandosi
in logiche come la contrapposizione tra cattolici e laici e cose simili.
Mary Daly chiama questa maggioranza di buon senso Maggioranza Biofila, e vi
iscrive d'ufficio animali e piante, antenate e postere.
Anche la filosofa Luisa Muraro, onorata in questi giorni a destra e a manca,
da Sandro Bondi a Toni Negri il quale, nel suo librino "La differenza
italiana", la annovera con Antonio Gramsci e Mario Tronti come raro fiore
nel deserto filosofico del nostro Novecento, racconta di essere in lotta con
le sue compagne per guadagnare una lettura piu' complessa dell'esito dei
referendum. Dice che, visto che l'embrione e' stato separato dal corpo della
madre, e' venuto il momento "di formarsi un pensiero. Perche' e' vero che
sulla vita non si vota, e invece si deve pensare. Bisogna che l'umanita' si
pensi".
La scuola - l'alfabetizzazione pubblica che e' stato il vero valore aggiunto
della campagna referendaria - e' finita, e comincia finalmente la vacanza
del pensiero libero.
*
Mary Daly e' una pensatrice libera fino alla vertigine. Il suo
"Quintessenza", da poco in libreria per Venexia, e' un trattato
etico-politico visionario, profezia "autoadempiente" per la costruzione di
quello che lei chiama Futuro Arcaico.
Pensare liberamente sulle tecnologie riproduttive e' dire per esempio che i
cloni sono anti-angeli. Ricorda Daly che per Tommaso d'Aquino gli angeli "in
quanto sostanze immateriali, esistono in quantita' straordinaria, molto piu'
di tutta la massa materiale" (Summa teologica), e che ognuno di questi
miliardi di miliardi di miliardi di individui e' diverso dall'altro, tanto
quanto i cloni sono noiosamente l'uno la copia dell'altro. Da teologa
com'e', Daly racconta anche come la clonazione e il conseguente
annichilimento delle donne, mito fondante della religione della Pma, siano
stati a sua volta prefigurati dai miti di molte religioni. "Il sistema tulku
tibetano" dice "chiarisce meglio la diffusa sindrome della maternita'
maschile". Il tulku, il bambino scelto come reincarnazione del lama morto,
e' il figlio perfetto, nato da se stesso. La madre e' degradata a
contenitore del santo tulku, che a livello simbolico e' un clone. Il Lama, o
madre superiora (la-, superiore, -ma, madre) e' la piu' perfetta forma di
maternita', ed e' anche la mamma di se stesso. Anche Gesu' e' figlio di se
stesso. L'Agnus Dei e' imparentato con la pecora Dolly. Cristo e' suo Padre
giovane, cosi' come Dioniso e' la rigenerazione di Zeus. Entrambi
preesistono a se stessi e tanto piu' alle loro madri in affitto, Semele e
Maria, semplici "fattori ambientali" dei feti divini, annichilite da tanta
potenza autogenerativa.
Qui si capisce bene l'imbarazzo, io dico poco lungimirante, dei Gesuiti del
Boston College. Ma soprattutto diventa chiara la natura religiosa del
paradigma della Pma, che aggiorna e mette in pratica l'armamentario delle
mitologie religiose, perfezionando l'obiettivo dell'autosufficienza
maschile. Che in definitiva ruba al Signore le sue greggi, e anche per
questo non e' strano che la Chiesa abbia la Pma in grande antipatia.
Ognuno addomestica e annichila il sesso femminile a modo suo: di la' del
Muro (fondamentalismo islamico) si tratta di una distruzione prevalentemente
fisica, di qua e' microfisica, nel senso del lavoro sulla minutaglia
infinitesimale del materiale genetico (una "Auschwitz molecolare") e
simbolica. Come si capisce, Daly e' in viva lotta contro la Pma, ma senza
passare per la cruna dell'ago dei diritti dell'embrione.
*
Tutte queste cose che Daly dice, in verita', non le dice malamente come le
sto dicendo io. E' il "come", soprattutto nel suo caso - la sua lingua, la
sua estetica, le sue immagini, il suo Qui in Espansione, le sue Vegliarde
Incoraggianti, le sue Galassie, la sua Speranza saltellante, il suo senso
sincronico del tempo - a dare il ritmo e la misura di un programma politico
visionario cosi' splendente, che dopo che si e' stati sbatacchiati qua e la'
dal procedere spiraliforme del suo pensiero, si e' quasi convinti del fatto
che la politica delle donne non puo' essere ridotta a un mansueto esercizio
di bonta', come immagina il gentile Bondi, ma piu' facilmente sgorga da
pratiche estatiche e stranianti che fanno immediatamente essere cio' che si
vorrebbe che fosse.
"I nostri atti sono Metamorfici" scrive Mary Daly "e non possono quindi
essere descritti adeguatamente da espressioni come 'lottare per la
giustizia'". Sembra di sentire la mistica beghina Hadevijtch di Anversa,
grande amica di Dio, quando ammonisce la sua discepola impaziente di essere
notata dal Signore a tenere gli occhi ben fissi su Amore (Minne) e a non
lasciarsi distrarre dalla seduzione delle buone opere. L'idea dell'atto
metamorfico, dell'esperienza profondamente trasformativa, fa pensare al
crogiolo alchemico. Il vuoto creatore nel crogiuolo, una specie di Graal
alternativo, quel vuoto dove cio' che deve avvenire avviene senza
volontarismi e "buone opere", piu' luogo di un fare essere che di un
semplice fare, richiama alla mente il vuoto dell'esperienza mistica e
dell'estasi. Anche l'estatico non fa nulla, se non fare il vuoto in se' per
chiamare e contenere l'essere, per lasciarsi mettere incinto dall'essere.
Daly parla infatti di coraggio di far venire fuori dal vuoto apparente il
nuovo essere in divenire. In modo sorprendentemente simile, in "La mente
estatica" Elvio Fachinelli scriveva "cio' che si genera nel vuoto,
nell'estrema rarefazione, e' cio' che si e' cercato". La visionarieta'
allora non e' una fuga impolitica dalla realta', ma un atto di estrema
fiducia nella realta', di abbandono al contesto, di radicamento.
*
Intendo dire, in parole piu' correnti, che questa della biopolitica puo'
essere un'occasione straordinaria per generare una politica delle donne, o
una politica tout court, in cui le donne possano essere maestre, che non
blocchi il disorientamento e lo spaesamento ingenerati dall'aver toccato
l'intoccabile del bios con il gia' pensato e il gia' fatto, usando vecchie
tavole di valori come sbarramento, trincerandosi dietro parole come
"laicita'" e "fede", sminuzzando gli esseri umani in tristi e solitari
titolari di miriadi di diritti, come fa la bioetica. Una politica che invece
nello spaesamento si inoltri accettando il vuoto e facendone di altro,
ricercando con la piu' grande liberta' e fiducia, tenendo buone la visione e
la preghiera, la pratica dell'inconscio e l'estasi, i sensi e gli
extra-sensi, il corpo e lo spirito, il ragionamento e la fede. Mantenendoci
aperti come vasi ad accogliere la nuova parola che ci viene da Dio o da
quello che per comodita' chiamiamo tale. E tutto questo e' ben diverso da un
"si'", "no" o "me ne vado al mare", dal ping pong dei diritti contrapposti
che assolutizzano il relativo anziche' aprirci all'assoluto, mentre e' di
questa apertura mi pare, cosi' almeno dicono tutti, che oggi abbiamo piu'
bisogno.

4. PROFILI. LUCIANA PERCOVICH: MARY DALY
[Dal sito www.venexia.it riprendiamo il seguente profilo di Mary Daly
scritto da Luciana Percovich. Sull'una e sull'altra cfr. le brevi notizie
biobibliografiche nella nota introduttiva all'articolo precedente]

Possiamo provare ad avvicinarci a Mary Daly e al suo pensiero "vulcanico"
attraverso alcuni passaggi di una presentazione di Diane Rae Schultz: "Mary
Daly e' una di quelle autrici i cui libri io attendo con la stessa brama con
cui attendo la rinascita della primavera. Il suo ultimo libro, Quintessenza,
Realizzare il Futuro Arcaico, e' ben valso l'attesa. Dopo Outcourse,
pubblicato nel 1992, mi chiedevo: Cosa fara' poi? E' possibile riuscire a
spingere i lettori e le lettrici ancora piu' in avanti, a portarli a
guardare ancora piu' a fondo cio' che sta dietro al loro essere?".
E' possibile, e lo ha fatto andando non solo indietro ma contemporaneamente
in avanti, nel futuro. Quintessenza e' una complessa tessitura di realta' e
filosofia, che impiega il viaggio nel tempo e una conversazione che
attraversa un periodo di cinquanta anni, dal presente al 2048 (dell'Era
Biofila), in una terra chiamata "il Continente Perduto e Ritrovato".
E' utile avere una idea dei suoi libri precedenti prima di leggerlo.
Personalmente, ho partecipato avidamente al suo viaggio, a cominciare dalla
scoperta di Gyn/Ecology, the Metaethics of Radical feminism (1992) alcuni
anni fa. Come faccio spesso quando sono molto presa da un libro, cerco tutto
quello che l'autore/autrice ha pubblicato e lo leggo di seguito: nel caso di
Daly il mio entusiasmo aumentava di pari passo alla crescita della sua
esposizione "ontologica", che si e' dispiegata in modo sempre piu' preciso e
godibile ad ogni successivo libro. Daly infatti non e' solo un'esperta
tessitrice di parole, ma una vera e propria creatrice di linguaggio,
sostenuta da una logica ferrea, tutte qualita' che soddisfano appieno il mio
desiderio intellettuale.
In Outcourse l'autrice descrive l'aprirsi della sua comprensione alla
partecipazione conscia dell'essere, in ogni stadio della sua vita. Questo
suo "viaggio metafisico" comincia da molto giovane, quando si trova ad
attraversare, in modo accidentato ma bellissimo, varie scuole e poi varie
universita', fino a realizzare il desiderio di ottenere due dottorati, uno
in filosofia e uno in teologia, all'eta' di 35 anni. Prodezza che era
impossibile negli Stati Uniti degli anni '60, quando fu costretta a
trasferirsi in Svizzera, per frequentare l'Universita' di Friburgo. Tornata
negli Usa, divenne insegnante al Boston College, posizione che ha mantenuto
fino a quando e' stata chiusa fuori dal suo ufficio e licenziata.
Il suo primo libro, La Chiesa e il Secondo Sesso (1968, tr. it. Rizzoli,
Milano 1982), era una dura critica alla religione patriarcale, ma scritta
con la speranza di modificare la struttura della chiesa e non di rigettarla.
Quando capi' che il cambiamento dall'interno non era possibile, si mosse
verso un approccio piu' radicale alla questione scrivendo Al di la' di Dio
Padre (1973, tr. it; Editori Riuniti, Roma 1985). Parlando di quest'ultimo
libro in Outcourse, spiega che "Il tema portante di Al di la' di Dio Padre
e' la comprensione che la rivoluzione delle donne riguarda la Partecipazione
all'Essere. Il che significa essere un Movimento Ontologico. Poiche' sono
tenute al di fuori, in disparte, le donne sono meglio equipaggiate per
analizzare la struttura malefica del Patriarcato... Le donne sono chiamate,
in un certo senso, ad essere le portatrici del Coraggio Esistenziale nella
societa'... Il Coraggio di Essere e' la chiave".
Il libro successivo, Gyn/Ecology, richiese la creazione di un linguaggio
completamente nuovo: lo scopo quello di "tessere connessioni fra i mondi in
cui mi stavo muovendo a spirale, all'interno dell'integrita' del mio essere
e del mio conoscere, sperimentando vertigini e camminando in territori
sconosciuti". Nel periodo in cui scriveva questo libro, Daly fece un viaggio
a Creta, a Cnosso. Fu la' che vide per la prima volta il simbolo della
labrys, l'antica e sacra doppia ascia, simbolo della Grande Dea
mediterranea. La doppia ascia assunse un grande significato, divenne la
sferzata di Gyn/Ecology, il taglio sul mondo necessario per smascherare la
verita' dietro alla parola.
Essenziali in questo lavoro, per imparare a vedere e a muoversi tra due
piani della realta', i concetti di background (retroscena, sfondo) e di
foreground (primo piano, avanscena): il suo viaggio e la sua ricerca, come
quella delle donne in movimento, si spostano in continuazione dalla realta'
mondana e distorta dell'avanscena - un set stagnante di "verita'" coperte
dalla polvere di idee morte, che il patriarcato ha costruito nei secoli su
bugie sempre piu' squallide, imponendo a ciascuno una sola, stabile e
permanente verita' - al retroscena, messo fuori scena e diventato
innominabile, il luogo delle energie primarie e vitali in movimento, in un
continuo processo di modificazione e creazione. "Ho visto Gyn/Ecology come
parte di questo movimento, un movimento che continua nel farsi continuo del
processo di nominazione, del dirsi delle parole... Perche' io sono un verbo,
non un nome". Poiche' questo e' il tema di fondo del Movimento delle Donne
Radicali (e di quanti vivono con disagio e sofferenza il tempo presente):
immaginare un futuro totalmente diverso dalla presente realta' di
oppressione, costruire la realta' a partire dalla propria esperienza del
mondo.
Nel libro successivo, Pure Lust, pubblicato nel 1984, Daly nomina i sette
peccati della Sindrome Sadico-Rituale, mostrando il processo attraverso il
quale l'Eredita' delle donne e' tenuta nascosta e come le donne siano usate
come "capri espiatori e torturatrici simboliche" e forzate a seguire la
cultura dominante. Daly esorta le donne a nominare la figura della Maga, che
incarna l'attiva presenza del potere femminile: "Lei e' sostanza
scintillante, presenza reale che riluce attraverso le apparenze... In
termini mitici, nominare la Maga e' nominare la Triplice Dea".
Cio' che e' accaduto nel tempo e' stata la graduale appropriazione di questo
archetipo da parte della chiesa cattolica nella forma di Maria e la sua
cancellazione da parte della fede protestante. Immagini stereotipate della
femminilita' l'hanno rimpiazzata (vittima, puttana, vergine, madre
dolorosa). Generalmente le donne non sono nemmeno coscienti di star
recitando questi ruoli, a causa della perdita di contatto con Lei, con
queste energie del Retroscena. Eppure Maria e' una reminiscenza viva della
Dea. La si puo' collegare al simbolo della croce e a quello ebraico
dell'albero della vita, un altro dei simboli antichi della Dea. Poiche' sono
trasfigurazioni di simboli precedenti, in essi permane una sorta di "potere
magico" che evoca le memorie del passato.
Daly fornisce molti esempi, a partire dalle "madonne nere" che si trovano in
tutta Europa e America Latina: il nero e' il colore della fertilita' e della
terra, oltre che della nostra origine africana. Molto spesso Maria e'
rappresentata in piedi su una luna crescente e rimanda a Iside, la cui
venerazione fu coeva al primo cristianesimo. Iside era madre, guaritrice,
stabiliva le leggi, garantiva la giustizia... La capacita' di smascherare i
miti fa parte della potenza femminile: mentre ricordiamo e diamo corpo al
nostro passato come donne, scopriamo di avere molto in comune e che "la
nostra eredita' primaria, pre-patriarcale, non e' perduta, ma nascosta nel
mare subliminale".
Il trionfo finale della riflessione sull'attivita' creatrice del nominare,
interdetto alle donne, e' nel suo libro successivo, Websters' First New
Intergalactic Wickedary of the English Language (1987), scritto insieme a
Jane Caputi: parole nuove, nuove definizioni di vecchi termini, il tutto
dalla natura ironicamente "stregata".
Avendo come retroscena i libri suddetti, Quintessenza e' per Mary Daly la
parola che mostra cio' che "le Donne Selvagge hanno sempre cercato:
significa conoscere la vita il piu' possibile", conoscere ed entrare in
contatto con l'energia non vista che, come la mitica Quinta provincia
d'Irlanda, e' generatrice non visibile degli elementi dell'universo.
Siamo addolorate/i per le nostre Antenate e per le Sorelle contemporanee
perdute in una diaspora oltre il tempo e lo spazio. Siamo addolorate/i per
quelle che furono bruciate vive e per quelle i cui libri furono
simbolicamente bruciati prima ancora che avessero la possibilita' di
scriverli. Siamo addolorate/i per quelle che sono state violentate, di cui
si e' abusato e si abusa, che sono molestate, picchiate, condotte a
impazzire e al suicidio, mutilate, uccise. Soffriamo per gli animali che
sono torturati nei laboratori, cacciati, mostrificati dal business
agroalimentare. Soffriamo per gli alberi che sono estirpati, per il mare, i
laghi e i fiumi che sono inquinati e per l'aria riempita di veleni.
Ma tale dolore e la "giusta rabbia" che genera in noi, possiamo trasformarli
alchemicamente in un'altra passione fondamentale, la speranza. "La speranza
ispira gli atti di 'giusta rabbia'. Se fossimo state senza speranza non
saremmo riuscite a continuare a combattere", dice Mary Daly a Kate, una
delle sue interlocutrici nel "futuro" di Quintessence.
Mary Daly avra' 90 anni nel 2018, anno in cui nel suo libro comincia il
viaggio verso il continente ritrovato. Ma il suo messaggio e' che il viaggio
e' gia' in corso e tutti ne siamo parte integrante. Non c'e' piu' molto
tempo da perdere se vogliamo trasformare l'incubo presente in un futuro
positivo che onori la forza della Vita.

5. RIFLESSIONE. PINA LA VILLA: UNA SPINSTER, MARY DALY
[Dal sito di "Giro di vite" (www.girodivite.it) riprendiamo il seguente
testo. Pina La Villa, acuta saggista, e' redattrice di "Giro di vite", dove
in particolare cura la rubrica "Segnali di fumo" ed ha pubblicato vari
materiali sul pensiero delle donne]

Spinster (zitella): "una donna la cui occupazione e' quella di filare
(spin)... Colei che ha scelto il proprio Se', che definisce il proprio Se',
per propria scelta e non in relazione ai figli o all'uomo, e si da' la
propria identita', e' una spinster, una turbinante derviscia che
fila/volteggia in un tempo/spazio nuovo" (Mary Daly, Gin/Ecology. The
Metaethics of Radical Feminism (1978).
Mary Daly ha scritto nel 1968 uno dei primi testi di teologia femminista,
The Church and the Second Sex (La Chiesa e il secondo sesso, trad. ital.
Rizzoli, Milano 1982). Per poter studiare teologia, l'americana Mary Daly
aveva dovuto trasferirsi in Europa, alla facolta' teologica di Friburgo, la
quale, essendo statale, non poteva legalmente escludere le donne.
Frequentare questa citta' e questa universita' fu una esperienza
particolare: "Per esempio significava sedere in un'aula ad ascoltare lezioni
in latino impartite da preti domenicani in lunghi abiti bianchi, le cui
lezioni talvolta avevano piu' senso quando non si capiva la lingua che
quando la si capiva. E la stranezza di questa situazione era accresciuta dal
fatto che quasi tutti i miei compagni di classe erano preti o seminaristi...
e che nelle aule affollate avveniva spesso che intorno a me restassero dei
posti vuoti, perche' i miei 'compagni' avevano paura delle tentazioni che
avrebbe potuto suscitare in loro lo star seduti vicino a una femmina".
In questo suo primo, e fondamentale, testo, Mary Daly si interroga sulla
questione posta da Simone de Beauvoir ne Il secondo sesso, secondo la quale
l'ideologia cristiana ha contribuito non poco alla schiavitu' della donna.
L'autrice, pur partendo da prospettive opposte a quelle di Simone de
Beauvoir, ha dovuto concludere che la storia del cristianesimo e' una storia
di contraddizioni e che, se la Chiesa non attua una profonda trasformazione,
"non ci sara' piu' risposta al crescente sospetto di molti che il
cristianesimo, particolarmente come si esprime nella chiesa cattolica, e'
inevitabilmente ostile al progresso umano".
Il libro di Mary Daly e' centrale nella teologia femminista, e mi sembra
oggi di particolare interesse, considerando anche il percorso dell'autrice.
La tradizione della teologia femminista ha inizio negli Stati Uniti con
Elizabeth Cady Stanton (insieme ad altre religiose di area protestante
pubblico' tra il 1895 e il 1898 la Woman's Bible, letta in una prospettiva
critica che denunciava l'androcentrismo del testo sacro). Poi, nel decennio
1956-'65, anche in Europa la maggior parte delle chiese protestanti
tradizionali, generalizzando una prassi diffusa nelle chiese libere
d'America sin dal 1853, decisero di ammettere le donne al sacerdozio. Da qui
una serie di iniziative, di studi e di stimoli che culminano nell'opera di
Mary Daly.
A partire da questo libro le teologhe femministe si muovono in due
direzioni. La prima e' quella del femminismo cristiano, la seconda quella
del femminismo radicale post-cristiano, che parte dall'impossibilita' di
conciliare il femminismo con la Chiesa cristiana.
In quest'area ritroviamo, anni dopo, la stessa Mary Daly che rivede le sue
posizioni in direzione appunto del femminismo post-cristiano, pubblicando
nel 1975 la nuova edizione del suo libro. Particolare interessante:
l'autrice vi premette una Prefazione autobiografica (presente nell'edizione
italiana) ed una Introduzione post-cristiana (assente, non si sa perche',
nell'edizione italiana).
In queste avvertenze la filosofa avanzava il dubbio che il cosiddetto
femminismo cristiano fosse una sorta di mostro logico e sosteneva che ogni
pretesa di conciliare cristianesimo e femminismo si riduceva, in fondo, ad
una illusione soggettiva destinata a tradursi in mistificazione oggettiva.
Da cio' il rifiuto delle posizioni da lei stessa espresse nel suo libro del
1968 e la denuncia del carattere utopistico di ogni tentativo volto a
liberare le donne in nome di un'ideologia (il cristianesimo) e di una
struttura (la Chiesa) che le hanno oppresse per secoli.
"Andai nel mio studio e presi il libro dallo scaffale. Aprendolo con
riluttanza, ebbi l'impressione che si trattasse del diario di un'antenata
ormai pressoche' dimenticata, un diario la cui eccentricita' doveva essere
vista nel suo contesto storico e trattata con il dovuto rispetto. Aprendo a
caso il libro... vidi che l'autrice proponeva che si arrivasse alla parita'
tra uomini e donne nella Chiesa (sic, con la C maiuscola). E mi domandai
perche' mai qualcuno potesse desiderare la parita' nella Chiesa. In una
dichiarazione che avevo rilasciato alla stampa solo tre o quattro anni
donna/luce prima, avevo spiegato che una donna che chiedesse la parita'
nella Chiesa avrebbe potuto essere paragonata a un nero che chiedesse la
parita' nel Ku Klux Klan. Come aveva potuto essere tanto ottusa, l'autrice
di quel libro?".
Anche per quanto riguarda la Bibbia, dice Mary Daly, tutti gli sforzi -
compiuti dalle teologhe femministe in quegli anni - di reinterpretarne i
testi, non possono modificarne "il carattere prevalentemente patriarcale":
non e' possibile distinguere fra la presunta "essenza" o "sostanza" della
parola sacra e gli accadimenti storico-contingenti e mitico-oppressivi che
ne veicolano il messaggio" perche' "quando si tratta di miti, il veicolo e'
il messaggio".
L'idea che il cristianesimo abbia contribuito a tenere soggiogate le donne
non per cause esterne ed accidentali, ma in virtu' della sua congenita
visione sessista del mondo, costituisce il filo conduttore del secondo libro
di Mary Daly, Beyond God the Father. Toward a Philosophy of Women's
Liberation (1975). La polemica e' contro uno dei simboli qualificanti del
cristianesimo: la fede in Dio Padre: "Se Dio e' maschio, allora il maschio
e' Dio". Si', certo, le espressioni maschili della teologia sono simboliche
e analogiche. Ma, in quanto simboli determinano l'immaginario collettivo, e
agiscono a livello conscio, e soprattutto inconscio, generando
inevitabilmente una mentalita' androcentrica. "Il patriarca divino continua
a castrare le donne finche' gli si consente di vivere nell'immaginazione...
Il problema consiste nel trasformare l'immaginario collettivo in modo che
questa deformazione dell'aspirazione umana alla trascendenza perda
credibilita'".
Mary Daly, come altre teologhe post-cristiane, ha trovato altre forme di
spiritualita', legate ad una ricerca di una diversa simbologia, di una
diversa storia.
E nella critica del linguaggio ha trovato il suo successivo approdo
(Gin/Ecology. The Metaethics of Radical Feminism, 1978).
*
Poscritto: Ho proposto questa pensatrice perche' mi pare che la ripresa,
anzi la "presa", del discorso religioso oggi (vedi gli Stati Uniti
protestanti di Bush e il rilancio cattolico nella versione della difesa
dell'occidente) sia da contrastare in tutti i modi, non ultimo la messa in
circolazione delle idee del pensiero critico femminista, cristiano ma non
solo.
Una cosa curiosa, ma non troppo: leggendo lo studio da cui ho tratto alcune
delle cose dette fin qui - Franco Restaino e Giovanni Fornero, nella Storia
della filosofia fondata da Nicola Abbagnano, vol. IV, Utet, Torino, poi
anche Tea, Milano - ho scoperto che la bibliografia sul pensiero femminista
e' tutta in lingua inglese, compreso un testo fondamentale che raccoglie la
storia dei luoghi, delle iniziative e degli scritti delle femministe
italiane, Italian Feminist Thought. A Reader, pubblicato a Londra
dall'editore Blackwell, a cura di Paola Bono e Sandra Kemp, e che non e'
ancora (dal 1991!) stato tradotto in italiano.
Diverso il caso delle femministe cristiane, a cui in Italia l'editoria
cattolica ha prestato maggiore attenzione, e su cui quindi possediamo in
italiano alcuni testi importanti, raccolte, documenti.

6. LIBRI. GIUSEPPE LICANDRO PRESENTA "THEANO: UNA PITAGORICA ATTUALE" DI
DANIELA NISTICO'
[Dalla rivista on-line www.scriptamanent.net, anno II, n. 14, agosto 2004,
riprendiamo questa recensione.
Giuseppe Licandro e' saggista e docente di storia e filosofia.
Daniela Nistico' e' dottoressa in filosofia. Opere di Daniela Nistico':
Theano: una pitagorica attuale, Rubbettino, Soveria Mannelli 2003]

Com'e' ampiamente noto, Pitagora, nato a Samo intorno al 570 a. C., ha svolt
o la sua attivita' filosofica in prevalenza nelle colonie della Magna
Grecia. Oltre che a Kroton - che e' stata la sede principale del
pitagorismo - altre scuole pitagoriche sono, infatti, sorte tra i secoli V e
IV a. C. in varie citta' dell'Italia meridionale (Taras, Sybaris, Lokroi,
Rhegion, Catane, Akragas), esercitando un influsso politico e religioso
sulle popolazioni locali e portando avanti gli ideali aristocratici, che
esprimevano gli interessi dei nuovi ceti commerciali in ascesa.
E sembra che la morte del filosofo di Samo sia avvenuta agli inizi del
secolo V a. C., in seguito ad una rivolta dei crotoniati, i quali, stanchi
di sottostare al dominio pitagorico, avrebbero incendiato il palazzo presso
cui egli risiedeva (anche se alcune fonti sostengono che Pitagora, in questa
circostanza, sarebbe riuscito a fuggire, rifugiandosi a Metaponto, dove
sarebbe morto in seguito).
*
La dottrina pitagorica
L'insegnamento pitagorico si inserisce nella grande corrente naturalistica
da cui ha preso avvio il pensiero filosofico greco, con modalita' pero'
molto peculiari rispetto alle altre scuole degli jonici e degli eleati.
Pitagora, infatti, ha individuato nei numeri l'"arche'", ossia il principio
primo di tutte le cose, la cui ricerca ha costituito l'argomento centrale
delle prime scuole filosofiche. Le entita' numeriche sono state da lui
concepite, tuttavia, non come astrazioni mentali o essenze convenzionali,
bensi' come microscopici enti reali, rappresentabili sotto forma di punti o
di sassolini (da cui sarebbe in seguito derivato il termine latino
"calculus").
I pitagorici, immaginando che la natura sia costituita da figure geometriche
e regolate da leggi matematiche, sono giunti alla conclusione che la realta'
ha in se' un ordine intrinseco, per designare il quale hanno coniato il
termine "cosmos" (a questa teoria non e' certamente estranea la scoperta, da
loro fatta, che i suoni musicali sono quantificabili attraverso
determinazioni numeriche).
La dottrina pitagorica imponeva altresi' una rigida condotta di vita,
prevedendo norme e riti particolari per i rapporti sociali, la cura del
corpo, l'alimentazione, il matrimonio, ecc. Gli adepti erano suddivisi in
due gruppi: gli "acusmatici", che avevano l'obbligo del silenzio e potevano
soltanto ascoltare il maestro, e i "matematici", cui era consentito porre
domande ed esprimere opinioni.
I membri della setta, oltre a praticare la comunione dei beni, avevano
l'obbligo di fedelta' sia agli dei, sia agli amici e dovevano mantenere il
piu' assoluto riserbo sugli insegnamenti ricevuti; inoltre, non potevano
mangiare carne o fave, ne' spezzare il pane, ne' accendere il fuoco col
metallo, ne' indossare abiti di lana o anelli.
Pitagora stesso era venerato dentro la comunita' come una sorta di divinita'
e di lui si parlava sempre con la massima reverenza, utilizzando la fatidica
espressione: "Autos epha" ("Lo ha detto lui").
Il fine ultimo della vita per i pitagorici era quello di "ritornare a vivere
presso gli dei", interrompendo la lunga sequenza di reincarnazioni a cui, a
causa di una colpa originaria, e' stata condannata ogni anima - secondo una
nota teoria di derivazione orfica (detta "metempsicosi" o, piu'
propriamente, "metemsomatosi").
A differenza degli orfici, che ricorrevano a pratiche religiose molto severe
per mortificare il corpo ed espiarne le colpe, i pitagorici prediligevano la
ricerca filosofica e praticavano la cosiddetta "vita contemplativa",
finalizzata alla purificazione dello spirito attraverso la conoscenza delle
leggi e dei misteri della natura.
*
Le donne della comunita' pitagorica
Poco conosciuta, tuttavia, e' la circostanza secondo la quale le prime donne
ad occuparsi di filosofia siano state proprio alcune discepole di Pitagora.
Giamblico, uno tra i piu' importanti biografi del filosofo di Samo,
riferisce che la scuola pitagorica ha ospitato ben 17 allieve. La piu'
famosa tra loro e' stata certamente Theano, la cui figura, in verita', e'
avvolta dalla leggenda.
Secondo alcune fonti, ella sarebbe stata la moglie di Pitagora, insieme a
cui avrebbe generato dei figli; secondo altre, invece, sarebbe stata solo
una discepola o, addirittura, la figlia del grande filosofo.
Di Theano ci sono pervenute sette lettere, tre delle quali sono considerate
autentiche; inoltre, diverse fonti riportano alcuni suoi apoftegmi a
carattere morale, rivolti alle donne di Kroton, che si collegano alle
sentenze pitagoriche raccolte nei cosiddetti "Versi aurei".
Un bel lavoro di Daniela Nistico', recentemente pubblicato con il contributo
della Fondazione Pucci di Catanzaro, Theano: una pitagorica attuale
(Rubbettino, pp. 70, euro 6,50), fornisce un contributo prezioso per far
luce sull'esistenza e sulle meditazioni di questa filosofa.
L'autrice chiarisce nell'introduzione che la sua analisi si snoda
"attraverso i fili tematici della storia, della filosofia e della leggenda",
sia utilizzando le biografie di Pitagora scritte da Diogene Laerzio,
Porfirio, Giamblico e dall'Anonimo Foziano, sia prendendo in considerazione
studi piu' recenti. La sua ricerca consente anche di focalizzare meglio la
mentalita', gli usi e i costumi piu' caratteristici della scuola pitagorica,
mettendo in rilievo la funzione che in essa svolgevano le donne, in senso
sociale, culturale e morale.
La Nistico' asserisce che la comunita' pitagorica ha in parte rinnovato le
consuetudini consolidate nel mondo greco antico, affermando per la prima
volta che "la donna, in altri termini, ha il riconoscimento di un proprio
mondo interiore". Pitagora, infatti, rendendo dotte le sue allieve sulle
questioni filosofiche, ha modificato la "forma mentis" a lui precedente, che
attribuiva un ruolo molto marginale alla donna, relegata solitamente nella
sfera delle attivita' domestiche (anche se, a dire il vero, i pitagorici
ritenevano preminenti per le donne le mansioni di moglie e di madre, ed
erano ben lontani da una visione paritaria dei sessi).
Il saggio, inoltre, pone in risalto un altro aspetto del pitagorismo, in
genere poco considerato: la centralita' e la sacralita' della famiglia, che
nella societa' pitagorica assurge a "organismo vivente capace di crescere ed
arricchirsi ed anche di arrestare bruscamente il suo cammino, qualora non
vengano rispettate le sue leggi interne".
Theano diventa cosi' l'emblema della donna sapiente, ma insieme fedele e
ligia ai suoi doveri, attorno a cui si edifica e si consolida il nucleo
familiare.
*
L'attualita' di Theano
Il secondo capitolo del libro, interamente dedicato all'epistolario di
Theano, contiene un'appendice degna di attenzione, in cui si riporta il
testo greco delle sue tre lettere ritenute autentiche, insieme alla
riproduzione di un papiro egiziano, dove si puo' leggere un frammento di una
delle epistole.
Le lettere contengono osservazioni e consigli - rivolti ad alcune amiche -
sull'educazione dei figli, sui rapporti coniugali e sul contegno da tenere
verso i domestici, in cui si ribadisce l'ideale pitagorico della ricerca
della "giusta misura" tra eccessi e difetti, che poi sara' il fondamento
delle dottrine etiche di molti pensatori greci posteriori (in particolare di
Aristotele).
La Nistico' fa poi risaltare la modernita' di alcune teorie attribuite dalle
fonti critiche a Theano, sostenendo che "e' certamente vicina alle posizioni
filosofico-scientifiche degli autori contemporanei". Difatti, in contrasto
con il realismo matematico di Pitagora, in un frammento attribuito alla
filosofa "viene descritta in modo chiaro e sintetico la concezione
convenzionale del sistema numerico". Inoltre, l'autrice prova a stabilire un
singolare parallelo fra l'interpretazione convenzionalista dei numeri
fornita dalla pensatrice greca e le teorie del filosofo austriaco
contemporaneo Ludwig Wittgenstein.
Similmente a quanto sostenuto da quest'ultimo nel suo famoso Tractatus
logico-philosophicus ("Su cio', di cui non si puo' parlare, si deve
tacere"), una delle fonti critiche ci riferisce, infatti, che anche per
Theano "ci sono cose di cui e' turpe parlare, altre di cui e' preferibile
tacere". In entrambi gli aforismi si puo' cogliere, percio', un analogo
riferimento "a quella parte dell'uomo che sfugge ad ogni classificazione, ad
ogni ordine, allo schema del precedente e del conseguente".
Nella conclusione della sua ricerca la Nistico', nel ribadire l'attualita'
di Theano e piu' in generale della filosofia pitagorica, ci rammenta,
infine, che i pitagorici sono stati "i primi filosofi ad averci mostrato che
mente e corpo in equilibrio tra loro sono per l'uomo un'indispensabile e
corretta guida nel mondo".
In un'epoca come la nostra, che ha riscoperto il valore della corporeita',
la riproposizione della filosofia pitagorica acquista un significato ancora
piu' pregnante e riveste una valenza plurima. Significa, per un verso,
"riappropriarsi sia di una parte di storia e della cultura della Calabria,
sia degli inizi della civilta' occidentale", ma anche, per altro, recuperare
lo "stupore" dei primi filosofi di fronte ai misteri della vita, secondo una
visione non piu' dicotomica, che tenga finalmente conto "dei desideri, dei
bisogni del nostro corpo e non solo della nostra mente".

7. RILETTURE. GILBERT BADIA: CLARA ZETKIN
Gilbert Badia, Clara Zetkin, Erre Emme, Roma 1994, pp. 320, lire 20.000 (ora
nel catalogo di Massari Editore, Bolsena (Vt), euro 10,33). Una bella
monografia di un autorevole studioso su una delle protagoniste del movimento
operaio, del movimento per la pace e del movimento delle donne tra Ottocento
e Novecento.

8. RILETTURE. GABRIELE RAETHER: ALEKSANDRA KOLLONTAJ
Gabriele Raether, Aleksandra Kollontaj, Erre Emme, Pomezia (Roma) 1996, pp.
192, lire 16.000 (ora nel catalogo di Massari Editore, Bolsena (Vt), euro
8,26). Un'utile monografia di una acuta e simpatetica studiosa tedesca sulla
grande rivoluzionaria russa (1872-1952).

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NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE
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Supplemento settimanale del giovedi' de "La nonviolenza e' in cammino"
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it
Numero 21 del 21 luglio 2005