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La nonviolenza e' in cammino. 997
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 997
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Wed, 20 Jul 2005 00:21:54 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 997 del 20 luglio 2005 Sommario di questo numero: 1. Movimento Nonviolento: Con la nonviolenza, contro l'aggressione fascista a Verona 2. Giuliano Pontara: La globalizzazione della violenza e la violenza della globalizzazione (1997) 3. Un appello per il ritiro dei soldati italiani dall'Iraq 4. Sara Ongaro: Ora 5. Adrienne Rich: Essenziale 6. Una notizia biobibliografica su Osvaldo Gnocchi-Viani 7. Riletture: bell hooks, Elogio del margine 8. Riletture: bell hooks, Tutto sull'amore. Nuove visioni 9. Riletture: Anna Maria Mori, Il silenzio delle donne e il caso Moro 10. La "Carta" del Movimento Nonviolento 11. Per saperne di piu' 1. APPELLI. MOVIMENTO NONVIOLENTO: CON LA NONVIOLENZA, CONTRO L'AGGRESSIONE FASCISTA A VERONA [Da Mao Valpiana, direttore di "Azione nonviolenta" ed animatore della "Casa della nonviolenza" di Verona, riceviamo e diffondiamo il seguente appello del Movimento Nonviolento (per contatti: e-mail: azionenonviolenta at sis.it, sito: www.nonviolenti.org). Mao (Massimo) Valpiana (per contatti: mao at sis.it, e anche presso la redazione di "Azione nonviolenta", via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org) e' una delle figure piu' belle e autorevoli della nonviolenza in Italia; e' nato nel 1955 a Verona dove vive ed opera come assistente sociale e giornalista; fin da giovanissimo si e' impegnato nel Movimento Nonviolento (si e' diplomato con una tesi su "La nonviolenza come metodo innovativo di intervento nel sociale"), e' membro del comitato di coordinamento nazionale del Movimento Nonviolento, responsabile della Casa della nonviolenza di Verona e direttore della rivista mensile "Azione Nonviolenta", fondata nel 1964 da Aldo Capitini. Obiettore di coscienza al servizio e alle spese militari ha partecipato tra l'altro nel 1972 alla campagna per il riconoscimento dell'obiezione di coscienza e alla fondazione della Lega obiettori di coscienza (Loc), di cui e' stato segretario nazionale; durante la prima guerra del Golfo ha partecipato ad un'azione diretta nonviolenta per fermare un treno carico di armi (processato per "blocco ferroviario", e' stato assolto); e' inoltre membro del consiglio direttivo della Fondazione Alexander Langer, ha fatto parte del Consiglio della War Resisters International e del Beoc (Ufficio Europeo dell'Obiezione di Coscienza); e' stato anche tra i promotori del "Verona Forum" (comitato di sostegno alle forze ed iniziative di pace nei Balcani) e della marcia per la pace da Trieste a Belgrado nel 1991; nello scorso mese di giugno ha promosso il digiuno di solidarieta' con Clementina Cantoni, la volontaria italiana rapita in Afghanistan e poi liberata. Un suo profilo autobiografico, scritto con grande gentilezza e generosita' su nostra richiesta, e' nel n. 435 del 4 dicembre 2002 di questo notiziario] I fatti Nelle primissime ore di domenica 17 luglio 2005 nel pieno centro di Verona una trentina di persone armate di bastoni, catene, cinghie, caschi e coltelli stavano rincorrendo tre persone colpendole con calci e pugni; in quel momento cinque giovani, di cui tre donne, una delle quali minorenne, a bordo di un'autovettura che stava transitando per Corso Porta Nuova, vista l'aggressione, si sono fermate gridando di smetterla, ma, riconosciute come "di sinistra", sono state estratte a forza dalla macchina, devastata a colpi di calci e di caschi delle moto, e vigliaccamente colpite. Una persona e' stato ripetutamente accoltellata, ha riportato gravissime lesioni, tra cui una coltellata a una gamba che ha sfiorato l'arteria femorale, rimarginata con oltre 80 punti di sutura, e un colpo alla base del collo a pochi centimetri dalla giugulare; un'altra persona e' stata raggiunta da numerose bastonate e calci che le hanno causato fratture tra cui quella della mandibola ed e' ancora ricoverata in ospedale per traumi alla testa e alle costole; una delle ragazze e' stata violentemente colpita con calci e cinghiate. Si e' trattato, come dimostrano le armi trovate in possesso dei violenti e le gravissime ferite riportate dagli inermi aggrediti, di un tentato omicidio perpetrato a freddo; la vile aggressione e' durata alcuni minuti prima che le forze dell'ordine intervenissero, e all'arrivo degli agenti, nel fuggi fuggi generale, del branco iniziale sono rimaste solo sei persone, di cui cinque arrestati (due della provincia di Verona e tre di altre provincie) e un minorenne denunciato (e trovato in possesso di coltello a serramanico e manganello telescopico), tutti estremisti di destra provenienti dalla festa della "Curva Sud" tenuta sabato sera nel piazzale antistante il Palazzetto dello Sport in zona Stadio di Verona e a passeggio per la citta' con spranghe, bastoni e coltelli a caccia degli indesiderati di turno. Questo episodio dimostra una volta di piu' lo stretto legame tra frange del tifo organizzato dell'Hellas Verona ed estrema destra, come piu' volte denunciato dalla Verona democratica. * La risposta Reagire con la nonviolenza all'aggressione fascista: la manifestazione di sabato 23 luglio sia pacifica e di popolo. La nonviolenza e' l'unica possibile risposta alla brutale violenza scatenata da un branco di fanatici ai danni di alcuni giovani veronesi. La reazione violenta innescherebbe una spirale senza fine, e metterebbe le persone solidali con gli aggrediti sullo stesso piano degli aggressori. Il silenzio e la paura sarebbero conniventi con la violenza, e la legittimerebbero. Dunque, la nonviolenza e' l'unica via per affrontare il crimine commesso. Reagire e' giusto e doveroso. La citta' deve svegliarsi e non voltare le spalle a questo cancro violento che si porta dentro. Reagire, si', ma non con gli stessi metodi. Reagire con la denuncia, con la moralita', con la cultura, con la civilta', con la parola, con il pensiero... strumenti che i teppisti non conoscono e non sanno contrastare. La manifestazione antifascista convocata a Verona per sabato 23 luglio sia pacifica, composta, silenziosa. Essa deve servire a dialogare con la citta', per richiamare i veronesi tutti a condannare ed isolare le frange pericolose dell'estremismo fascista e violento. Sia una manifestazione di dialogo. Musiche e letture per ricollegarsi idealmente a quella Resistenza che sconfisse il mostro nazifascista. Vengano manifestati lo sdegno e l'indignazione, non la rabbia o la vendetta. Niente slogan urlati, ma solo testimonianze ragionate. Nessuno strumento, se non le mani nude e le bocche per parlare e cantare. Una manifestazione che sappia esprimere una reazione civile, nonviolenta. * Le bella poesia scritta da Martin Niemoeller [pastore e teologo animatore della "Chiesa confessante" che si oppose al nazismo], potrebbe essere il manifesto di convocazione della manifestazione: "Essi vennero contro i comunisti e io nulla obiettai perche' non ero comunista; essi vennero contro i socialisti e io nulla obiettai perche' non ero socialista; essi vennero contro i dirigenti sindacali e io nulla obiettai perche' non ero dirigente sindacale; essi vennero contro gli ebrei e io nulla obiettai perche' non ero ebreo; essi vennero contro di me ma ormai non era rimasto nessuno ad obiettare". * La risposta alla violenza deve essere corale. Tutti i veronesi devono sentirsi interpellati. Sia una manifestazione con la presenza di tutte le generazioni. Venga il sindaco a rappresentare la citta'. 2. RIFLESSIONE. GIULIANO PONTARA: LA GLOBALIZZAZIONE DELLA VIOLENZA E LA VIOLENZA DELLA GLOBALIZZAZIONE (1997) [Da "Azione nonviolenta" di ottobre 1997 (disponibile anche nel sito www.nonviolenti.org) riprendiamo il testo della prolusione di Giuliano Pontara al V corso internazionale dell'Unip-Iupip, Rovereto, 22 settembre 1997. Giuliano Pontara (per contatti: giuliano.pontara at philosophy.su.se) e' uno dei massimi studiosi della nonviolenza a livello internazionale, riproduciamo di seguito una breve notizia biografica gia' apparsa in passato su questo notiziario (e nuovamente ringraziamo di tutto cuore Giuliano Pontara per avercela messa a disposizione): "Giuliano Pontara e' nato a Cles (Trento) il 7 settembre 1932. In seguito a forti dubbi sulla eticita' del servizio militare, alla fine del 1952 lascia l'Italia per la Svezia dove poi ha sempre vissuto. Ha insegnato Filosofia pratica per oltre trent'anni all' Istituto di filosofia dell'Universita' di Stoccolma. E' in pensione dal 1997. Negli ultimi quindici anni Pontara ha anche insegnato come professore a contratto in varie universita' italiane tra cui Torino, Siena, Cagliari, Padova, Bologna, Imperia, Trento. Pontara e' uno dei fondatori della International University of Peoples' Institutions for Peace (Iupip) - Universita' Internazionale delle Istituzioni dei Popoli per la Pace (Unip), con sede a Rovereto (Tn), e dal '94 e' coordinatore del Comitato scientifico della stessa e direttore dei corsi [si e' ora dimesso, insieme all'intero comitato scientifico - ndr]. Dirige per le Edizioni Gruppo Abele la collana "Alternative", una serie di agili libri sui grandi temi della pace. E' membro del Tribunale permanente dei popoli fondato da Lelio Basso e in tale qualita' e' stato membro della giuria nelle sessioni del Tribunale sulla violazione dei diritti in Tibet (Strasburgo 1992), sul diritto di asilo in Europa (Berlino 1994), e sui crimini di guerra nella ex Jugoslavia (sessioni di Berna 1995, come presidente della giuria, e sessione di Barcellona 1996). Pontara ha pubblicato libri e saggi su una molteplicita' di temi di etica pratica e teorica, metaetica e filosofia politica. E' stato uno dei primi ad introdurre in Italia la "Peace Research" e la conoscenza sistematica del pensiero etico-politico del Mahatma Gandhi. Ha pubblicato in italiano, inglese e svedese, ed alcuni dei suoi lavori sono stati tradotti in spagnolo e francese. Tra i suoi lavori figurano: Etik, politik, revolution: en inledning och ett stallningstagande (Etica, politica, rivoluzione: una introduzione e una presa di posizione), in G. Pontara (a cura di), Etik, Politik, Revolution, Bo Cavefors Forlag, Staffanstorp 1971, 2 voll., vol. I, pp. 11-70; Se il fine giustifichi i mezzi, Il Mulino, Bologna 1974; The Concept of Violence, Journal of Peace Research , XV, 1, 1978, pp. 19-32; Neocontrattualismo, socialismo e giustizia internazionale, in N. Bobbio, G. Pontara, S. Veca, Crisi della democrazia e neocontrattualismo, Editori Riuniti, Roma 1984, pp. 55-102; tr. spagnola, Crisis de la democracia, Ariel, Barcelona 1985; Utilitaristerna, in Samhallsvetenskapens klassiker, a cura di M. Bertilsson, B. Hansson, Studentlitteratur, Lund 1988, pp. 100-144; International Charity or International Justice?, in Democracy State and Justice, ed. by. D. Sainsbury, Almqvist & Wiksell International, Stockholm 1988, pp. 179-93; Filosofia pratica, Il Saggiatore, Milano 1988; Antigone o Creonte. Etica e politica nell'era atomica, Editori Riuniti, Roma 1990; Etica e generazioni future, Laterza, Bari 1995; tr. spagnola, Etica y generationes futuras, Ariel, Barcelona 1996; La personalita' nonviolenta, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1996; Guerre, disobbedienza civile, nonviolenza, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1996; Breviario per un'etica quotidiana, Pratiche, Milano 1998; Il pragmatico e il persuaso, Il Ponte, LIV, n. 10, ottobre 1998, pp. 35-49. E' autore delle voci Gandhismo, Nonviolenza, Pace (ricerca scientifica sulla), Utilitarismo, in Dizionario di politica, seconda edizione, Utet, Torino 1983, 1990 (poi anche Tea, Milano 1990, 1992). E' pure autore delle voci Gandhi, Non-violence, Violence, in Dictionnaire de philosophie morale, Presses Universitaires de France, Paris 1996, seconda edizione 1998. Per Einaudi Pontara ha curato una vasta silloge di scritti di Gandhi, Teoria e pratica della nonviolenza, Einaudi, nuova edizione, Torino 1996, cui ha premesso un ampio studio su Il pensiero etico-politico di Gandhi, pp. IX-CLXI". Una piu' ampia bibliografia degli scritti di Giuliano Pontara (che comprende circa cento titoli) puo' essere letta nel n. 380 del 10 ottobre 2002 di questo notiziario] Il nostro secolo e' cominciato con un processo di rapida globalizzazione della violenza che e' sfociato in due guerre mondiali e l'invenzione e costruzione in massa di armi termonucleari con le quali e' possibile obliterare l'intero genere umano; si sta chiudendo con un processo di rapida globalizzazione violenta. La globalizzazione comporta l'integrazione in un unico mercato mondiale dei flussi internazionali del commercio, del capitale, della finanza e dell'informazione. Questo processo di globalizzazione avviene in nome del nuovo paradigma neoliberista - l'ideologia che dalla caduta dei sistemi comunisti e' uscita enormemente rafforzata. Di ideologia infatti si tratta, perche' non e' mica da credere che il mercato mondiale sia libero; al contrario, esso e controllato da circa 750 onnicomprensive corporazioni multinazionali e da potentissime forze finanziarie, e risente pesantemente delle politiche interventiste del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale. Queste due istituzioni sono il braccio lungo dei potenti interessi economici che "regolano il processo di accumulazione del capitale a livello globale". Da esse emanano gli imperativi delle privatizzazioni, della deregolamentazione dei mercati globali, dei movimenti di capitale, e degli aggiustamenti strutturali - imperativi oggi accettati dalla stragrande maggioranza dei governi, quale che sia la loro composizione politica. * In conseguenza di questi imperativi, ed in particolar modo dei processi di deregolamentazione, i flussi finanziari hanno raggiunto proporzioni incredibili: ogni ventiquattro ore, oltre mille miliardi di dollari si spostano in cerca di profitti massimi su un mercato finanziario globale che non conosce frontiere. Le forze che agiscono su questo mercato finanziario globale sono potentissime: esse sono in grado di condizionare pesantemente le politiche finanziarie degli stati, anche dei piu' forti, limitando il loro potere di determinazione dei tassi di interesse e dei tassi di cambio. Per farsi un'idea del potere di queste forze si pensi che nel 1994 il totale delle vendite di ciascuna delle tre maggiori multinazionali del mondo - nell'ordine, la General Motors, la Ford e la Toyota - superava il Prodotto interno lordo [in sigla: Pil] di molti paesi, inclusi Danimarca, Africa del Sud, Norvegia, Polonia, Portogallo, Venezuela, Pakistan, Egitto e molti altri. Il totale delle vendite delle cinque maggiori multinazionali - General Motors, Ford, Toyota, Exxon e Royal Dutch / Shell - fu, nel 1994, 871 miliardi di dollari: vale a dire piu' del triplo del Pil di tutti i paesi dell'Africa sub-sahariana presi assieme (246 miliardi di dollari) e quasi il doppio del Pil aggregato di tutti i Paesi dell'Asia del Sud (451 miliardi). * La globalizzazione nell'ambito del nuovo paradigma neoliberista e' strettamente correlata con un acuirsi delle disuguaglianze e della poverta', sia a livello globale, sia a livelli regionali e nazionali. Infatti, dal 1960 in poi la disuguaglianza economica globale non ha fatto che aumentare e, come denunciato nel Rapporto sullo sviluppo umano per il 1997 (pubblicato dall'Undp), ha raggiunto oggi "una soglia mai sperimentata in passato". I dati che corroborano questo giudizio sono moltissimi. Ne indico subito alcuni a solo titolo di esempio: altri verranno fuori man mano che procedo nel mio discorso. - Dal 1960 al 1990 i paesi poveri con una popolazione complessiva pari al 20% della popolazione mondiale hanno registrato un calo nella loro parte del commercio mondiale da un gia' basso 4% ad un misero 1%. Parallelamente, nello stesso trentennio, il 20% piu' ricco della popolazione mondiale ha visto la propria quota del reddito globale salire dal 70 all'85%, mentre la quota del reddito globale del 20% piu' povero della popolazione mondiale ha subito una caduta da un gia' misero 2,3% ad un miserrimo 1,4%. Cio' significa che dal 1960 ad oggi la proporzione del reddito del 20% piu' ricco rispetto al reddito del 20% piu' povero della popolazione mondiale non ha fatto che aumentare: da 30 a 1 nel 1960, a 61 ad 1 nel 1991, per giungere alla proporzione di 78 a 1 nel 1994. - Negli ultimi quindici anni lo sviluppo economico nel mondo si e' verificato in modo estremamente disuguale. In 15 paesi esso e stato molto forte ed ha portato ad un rapido aumento di reddito per vari settori del miliardo e mezzo di persone che costituiscono la popolazione complessiva di questi paesi. Ma nello stesso quindicennio stagnazione o recessione economica hanno colpito piu' di cento paesi di cui fanno parte vari stati dell'Europa orientale ex comunista e gran parte dei paesi in via di sviluppo. Non a caso si tratta spesso di paesi con un grande debito estero e quindi sottoposti in modo molto duro al "programma di aggiustamenti strutturali" imposto dalla Banca Mondiale e dal Fondo Monetario Internazionale. In questi cento paesi, che complessivamente hanno un quarto della popolazione mondiale, il reddito medio e' caduto al di sotto di quello che era nel 1980. Nel frattempo, il numero delle persone piu' ricche del mondo - i miliardari del dollaro - e' salito da 157 nel 1989 a 358 nel 1996. L'anno scorso, questi 358 miliardari avevano assieme un reddito netto pari al reddito complessivo del 45% piu' povero della popolazione mondiale, costituito da 2 miliardi e mezzo di persone. Nel giro dell'ultimo anno il numero di miliardari e' ulteriormente aumentato di 89, giungendo a 447: la ricchezza netta dei dieci piu' ricchi di questo gruppo e' stata stimata a 133 miliardi di dollari, cifra che supera di una volta e mezzo il reddito complessivo di tutti i paesi meno avanzati. * Forte aumento di disuguaglianza economica si registra anche a livelli regionali. Qui i dati piu' drammatici riguardano i paesi ex comunisti dell'Europa dell'Est e dell'ex Unione Sovietica - le cosiddette "economie in transizione". In questa regione del mondo dall'89 in poi le disuguaglianze nella distribuzione dei redditi sono cresciute vertiginosamente: e - e' importante notarlo - questo aumento di disuguaglianza coincide in tutti i paesi di questa regione con un aumento di ricchezza per una classe di nuovi ricchi e un drammatico aumento di poverta' per strati molto vasti di popolazione. Posta una soglia di poverta' di reddito pari a 4 dollari al giorno, in tutti i paesi dell'Est ex comunista si e' registrata una fortissima crescita della percentuale di popolazione al di sotto di questa soglia; dal 4% del 1988 al 32% del 1994, ossia da 14 milioni di individui a 119 milioni. All'interno di questa enorme massa di poveri, i piu' colpiti, quelli la cui poverta' di reddito e' molto al di sotto dei 4 dollari giornalieri, sono le donne, i bambini e gli anziani. Va aggiunto che l'introduzione dell'economia di mercato in chiave neoliberista e la politica degli "aggiustamenti strutturali" hanno portato in tutti questi paesi a grossi ridimensionamenti della spesa pubblica per i servizi sociali e alla drastica diminuzione dei sussidi familiari: tutto cio', assieme alla grande disoccupazione, ha condotto ad un aumento di malnutrizione e sottonutrizione, specie tra i bambini, e ad un aumento di malattie, morti, suicidi e criminalita'. In Russia, la speranza di vita per i maschi, che tra il 1950-'60 era salita da 58 a 63 anni, e' oggi caduta di nuovo a 58 anni, ed e' piu' bassa di quella dell'India. * Anche nei paesi industrializzati, la deregolamentazione finanziaria, lo smantellamento del settore pubblico, le privatizzazioni e gli altri "aggiustamenti strutturali" segnano la fine del welfare state e sono dovunque accompagnati da un forte aumento di disuguaglianza e poverta'; tutti questi fattori, assieme alla rivoluzione informatica, stanno anche rimodellando il mercato del lavoro con un conseguente forte aumento di disoccupazione che colpisce soprattutto i giovani, le donne, gli immigrati e le minoranze etniche. Anche i salari reali sono stati tagliati, introducendo lavori part-time ed occupazioni temporanee, insicure e malpagate. A causa di questa nuova poverta', dell'incertezza per il posto di lavoro, dell'emarginazione sociale cui la disoccupazione di lungo periodo conduce, milioni di persone stanno fisicamente e psichicamente male: ma le parcelle dei medici cui si rivolgono vanno ad ingrossare il Pil e incidono positivamente sull'indice di crescita economica! Superficiale e' la tesi che la nuova poverta' nei paesi industrializzati sia in gran parte dovuta ad una debole crescita economica. E falsa e' la tesi che la crescita economica comporti necessariamente un miglioramento per tutti ed in modo particolare per gli strati piu' poveri. Dipende piuttosto dai modelli di crescita e dalle politiche distributive adottate. A questo proposito e' assai istruttivo un paragone tra Inghilterra e Svezia. Nel ventennio che va dal 1968 al 1988, in tutti e due questi paesi il Pil reale pro capite aumenta del 2,2%. In Inghilterra, pero', il reddito pro capite del 20% piu' povero della popolazione in questo periodo aumenta soltanto dello 0,3%, mentre in Svezia, invece, aumenta del 6%. Ma in Svezia in questo periodo la socialdemocrazia e' impegnata nella "politica solidale dei salari", mentre in Inghilterra fiorisce e si consolida il tatcherismo. Quasi nello stesso periodo (1971-1989), il Costarica, con un tasso di crescita del Pil pro capite inferiore a quello inglese (meno dell'1%), vede pero' il reddito pro capite del 20% piu' povero della sua popolazione crescere del 5%. In Norvegia, invece, nonostante una crescita economica del 3,4%, recenti dati mostrano che per il settore piu' povero della popolazione la situazione economica e sociale sta peggiorando. * La globalizzazione dell'economia nell'ambito del nuovo paradigma neoliberista e' fondata sullo sfruttamento ed e' intrisa di violenza strutturale. Esiste sfruttamento quando si traggono iniquamente vantaggi da altri; esiste violenza strutturale quando la gente muore di fame o conduce una vita grama a causa dei meccanismi e della logica delle strutture economiche, sociali, politiche dominanti. Si consideri, ad esempio, la sovvenzione delle esportazioni agricole ed i sussidi concessi all'agricoltura negli Stati Uniti e in Europa che dominano il mercato globale dei prodotti agricoli. Questa politica di sovvenzioni crea una concorrenza iniqua per i paesi poveri e in via di sviluppo i quali si vedono esclusi dai grandi mercati agricoli dei paesi ricchi. Nel 1995 i paesi industrializzati hanno speso un totale di 182 miliardi di dollari in sussidi e sovvenzioni alla propria agricoltura. E' stato calcolato che una riduzione del 30% delle sovvenzioni dei paesi industrializzati alla propria agricoltura comporterebbe un guadagno per i paesi in via di sviluppo di 45 miliardi di dollari all'anno. Lo sfruttamento e la violenza strutturale insiti nella logica della globalizzazione in chiave neoliberista si colgono forse meglio di tutto nel sistema globale dei prestiti agli stati in via di sviluppo e dell'incasso degli interessi da parte dei grandi creditori del Nord. Il debito estero totale di tutti i paesi in via di sviluppo - tra cui vengono fatti rientrare anche la Russia e gli altri paesi ex comunisti - e' giunto oggi alla cifra astronomica di due bilioni di dollari. I tassi di interesse imposti ai paesi piu' poveri sui prestiti loro concessi dal grande capitale internazionale sono stati, per tutti gli anni Ottanta, il quadruplo degli interessi sui prestiti concessi ai paesi ricchi. In conseguenza di questa politica da usurai, il debito estero di molti paesi poveri e' diventato un circolo vizioso che li dissangua e li rende preda delle condizioni poste dai grandi creditori del Nord e delle politiche neoliberiste di "aggiutamento strutturale" da essi imposte. Un esempio particolare ne sono i paesi dell'Africa sub-sahariana: questi paesi hanno tutti assieme un debito estero di 150 miliardi di dollari, per il quale continuano a pagare ai grandi creditori del Nord una somma superiore di quattro volte a quella che congiuntamente impiegano nel settore sociale per la tutela della salute delle loro popolazioni. Secondo calcoli dell'Unicef, con una spesa addizionale di 9 miliardi di dollari all'anno si potrebbe far fronte ai bisogni essenziali di tutta la popolazione dei paesi sub-sahariani nei settori della nutrizione e dell'istruzione: ma gli interessi sul debito estero costano a questi paesi 13 miliardi di dollari all'anno. In molti dei paesi indebitati soltanto una piccola parte dei crediti ottenuti viene investita in progetti favorevoli alla crescita economica nazionale; notevole parte e' invece spesa nell'importazione di beni di consumo dai paesi industrializzati per una minoritaria classe agiata di consumatori locali e nell'acquisto di armi; armi poi usate in guerre civili e conflitti armati interni che aumentano maggiormente la poverta' tra le popolazioni colpite. Dalla Somalia al Peru', dal Rwanda alla ex Yugoslavia, alla base dei conflitti violenti, delle guerre civili, dei massacri etnici, dello sfascio della societa' civile, vi e' il tracollo delle economie locali travolte dal debito estero e dalle politiche destabilizzanti imposte dai grandi creditori del Nord. E su questi conflitti i mercanti - legali e illegali - di armi fanno affari d'oro. * Il grande mercato delle armi - che come ogni mercato ha le sue lobby, e la sua pubblicita', e le sue grandi fiere internazionali, e le sue tangenti - e' oggi dominato al 51% dagli Stati Uniti, che nel 1995 hanno venduto armi per quasi 10 miliardi di dollari (9 miliardi 894 milioni). Segue, a distanza, la Russia che nel 1995 rispondeva del 13% delle esportazioni mondiali (3.905 miliardi); ma e' di questi giorni la notizia che la Russia prevede nuove esportazioni di armi per circa 7 miliardi di dollari. Al terzo posto nei paesi esportatori di armi si colloca la Germania la quale con l'8% delle esportazioni globali supera l'Inghilterra che risponde del 6% e la Francia che risponde del 5%. L'Italia, nel 1995, ha venduto armi per 324 milioni di dollari equivalenti al 2% delle esportazioni globali. Assieme, i paesi industrializzati rispondono del 94% delle esportazioni di armi nel mondo. Una delle conseguenze di questo enorme mercato di armi - e una delle dimensioni della globalizzazione della violenza - e' che in una settantina di paesi martoriati da conflitti violenti si trovano oggi sparse piu' di cento milioni di mine anti-uomo: ogni venti minuti un essere umano inciampa in una di esse e viene ucciso o invalidizzato, e le altre sono li' in attesa di uccidere, storpiare, invalidizzare altre decina di migliaia di persone, molte di esse oggi non ancora nate. Sino ad oggi il numero delle mine non ha fatto che crescere; ogni anno ne vengono disinnescate centomila, ma ne vengono piazzate due milioni di nuove. E abbiamo tutti letto in questi giorni come il presidente Clinton si e' rifiutato di apporre la sua firma al patto anti mine approvato alla conferenza di Oslo da cento paesi. * La globalizzazione nel contesto del nuovo paradigma neoliberista ha dunque i suoi vincitori e i suoi vinti - ma in un processo ed in una gara che sono iniqui, perche' sono dominati dallo strapotere delle forze congiunte del grande capitale e della grande finanza internazionale (Club di Parigi, Club di Londra) alleati con i gruppi piu' potenti dei paesi piu' ricchi e piu' forti (i G 7). Quale che sia il principio della giustizia con cui la si giudica, l'attuale distribuzione delle risorse mondiali risulta profondamente ingiusta. Risulta ingiusta in base al principio utilitarista che prescrive la massimizzazione del benessere generale: questo principio richiede, infatti, una ridistribuzione molto ugualitaria delle risorse, in base alla legge di diminuzione dell'utilita' marginale di esse: in parole povere, sottraendo parte della loro ricchezza ai ricchi e ridistribuendola ai poveri si diminuisce di poco il benessere dei ricchi ma si aumenta di molto quello dei poveri, e conseguentemente il benessere generale risulta massimizzato. Parimenti, l'attuale distribuzione mondiale delle risorse e' incompatibile con i principi in cui si articola la concezione liberale della giustizia. Questi principi - come formulati dal filosofo americano John Rawls, il maggiore esponente odierno della concezione liberale della giustizia - richiedono l'affermazione dei diritti e delle liberta' democratiche fondamentali a livello mondiale; richiedono altresi' una ridistribuzione delle risorse economiche tale da massimizzare le aspettative di vita decente delle popolazioni piu' povere del pianeta. Si consideri anche la concezione libertaria della giustizia - di cui uno dei piu' noti fautori e' il filosofo americano Robert Nozick: questa concezione insiste sui diritti fondamentali alla vita, alla salute, alla liberta'; inoltre, essa fa valere un diritto pressoche' assoluto di proprieta' su cio' di cui si e' entrati in possesso, a patto che non si siano violati i diritti fondamentali di altri. Vale a dire a patto che non si sia usata frode, violenza o coercizione. Ma l'attuale distribuzione delle risorse a livello mondiale e' in gran parte proprio il risultato di politiche colonialiste e neocolonialiste di conquista, sfruttamento, violenza, coercizione e frode: e' dunque ingiusta. E la dottrina libertaria della giustizia esige che tali ingiustizie siano rettificate - appunto attraverso una ridistribuzione delle risorse mondiali a favore delle vittime o dei discendenti piu' poveri, piu' deboli e piu' indifesi di esse. Nel mondo d'oggi i piu' deboli e i piu' vulnerabili sono il miliardo e 300 milioni di esseri umani che vivono in condizioni di poverta' assoluta, con meno dell'equivalente di un dollaro al giorno - seguiti da quell'altro miliardo e 700 milioni che si trova in condizioni di grande poverta'. Ai grandi attori del mercato, alle grosse multinazionali, al capitale e alla finanza internazionale, questi tre miliardi di esseri umani senza alcuna capacita' di acquisto non interessano, neanche come riserva di forza lavoro a costi minimi; al Mercato basta quell'altra meta' della popolazione mondiale, ed in particolare quel 15% di essa che ha i mezzi economici per consumare quei beni sempre piu' di lusso verso cui la produzione nell'economia capitalista globale e' sempre piu' indirizzata. Se poi, in seguito all'introduzione dell'economia di mercato in Cina, 250 milioni di cinesi - meno di un quarto della popolazione di quel paese - si arricchiscono e diventano efficaci consumatori, le "magnifiche sorti e progressive" del Mercato sono piu' che assicurate. Mezza umanita' basta - una parte minore di essa come grande mostro consumatore, e una parte maggiore di essa come grande serbatoio di forza lavoro a basso costo. L'altra meta' puo' morire nella miseria: e cosi, infatti, e' - per usare il titolo di un validissimo libro di Susan George - "come muore l'altra meta del mondo" ("How the Other Half Dies"). L'alternativa al processo di globalizzazione violenta in corso e' costituita dalle politiche di sviluppo umano sostenibile, pace positiva e uguaglianza reale di opportunita'. La realizzazione di queste politiche - che sono interdipendenti e si rinforzano tra di loro - comporta una strenua lotta contro gli enormi interessi finanziari che oggi governano il mondo: la lotta e' globale, e' essenzialmente dal basso e passa necessariamente attraverso l'empowerment dei poveri della terra. A questa lotta stanno dando un fondamentale apporto decine di migliaia di organizzazioni popolari non governative e di movimenti sociali di promozione umana impegnati per l'implementazione dei diritti umani fondamentali, per le economie alternative, per il disarmo globale, per la protezione dell'ambiente e gli interessi vitali delle generazioni future... E' nell'ambito di questo sistema - diverso da quello interstatale e veramente internazionale - che si elabora e verifica la nuova cultura della pace per il ventunesimo secolo. Ed e' in questo ambito che opera l'Unip, impegnata per la diffusione a livello locale, nazionale e globale della nuova cultura della pace, e per la formazione a quei ruoli attivi di diplomazia popolare e di lotta nonviolenta dal basso essenziali per bloccare la violenza della globalizzazione e la globalizzazione della violenza. * Bibliografia - Undp, Rapporti sullo sviluppo umano, 1996 e 1997. - Aiken,W., La Folette, H. (a cura di), World Hunger and Moral Obligation, Prentice Hall, Englewood Cliffs, N. J. 1977. - Chossudosky, M., The Globalization of Poverty, Third World Network, Penang, Malaysia, 1997. - Dalla Costa, M., Dalla Costa, G. (a cura di), Donne e politiche del debito, Franco Angeli, Milano 1993. - Fondazione Internazionale Lelio Basso (a cura di), Violazioni dei diritti dei bambini, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1995. - Gandhi, M. K., Teoria e pratica della nonviolenza, a cura di G. Pontara, Einaudi, Torino 1996. - George, S., How the Other Half Dies. - George, S., Il debito del Terzo Mondo, Edizioni Lavoro, Roma 1988. - Nozick, R., Anarchy, State and Utopia, Basil Blackwell, Oxford 1974, tr. it. Anarchia, stato e utopia, Le Monnier, Firenze 1980. - Pontara, G., Etica e generazioni future, Laterza, Roma-Bari 1995. - Pontara, G., Il pensiero etico-politico di Gandhi, in Gandhi, M. K, Teoria e pratica della nonviolenza, Einaudi, Torino 1996, pp. IX-CXXXII. - Pontara, G., La personalita' nonviolenta, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1996. - Rawls, J., A theory of Justice, Harvard University Press, Cambridge, Mass. 1971, tr. it. Una teoria della giustizia, Feltrinelli, Milano 1982. - Sath-Anand, C., Islam e nonviolenza, Edizioni Gruppo Abele, Torino. - Sharoni, S., La logica della pace, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1997. 3. APPELLI. UN APPELLO PER IL RITIRO DEI SOLDATI ITALIANI DALL'IRAQ [Da varie associazioni e persone amiche riceviamo e diffondiamo il seguente appello. Per adesioni: www.paceiniraq.org Ancora un appello doveroso e corretto, ma rituale e reticente: non basta chiedere che l'Italia cessi di partecipare all'occupazione militare straniera in iraq, e quindi alla guerra duplicemente terroristica in corso in quel teatro di combattimenti; non basta chiedere che l'Italia rientri nella legalita' costituzionale e nel diritto internazionale; occorre anche aggiungere che si deve muovere subito verso i Corpi civili di pace, verso la scelta dell'intervento nonviolento alternativo al militare, verso il disarmo, verso una politica inrernazionale, della cooperazione e della sicurezza comune fondata sulla scelta della nonviolenza; altrimenti anche una scelta giusta e necessaria, come la cessazione della partecipazione italiana all'occupazione militare straniera in Iraq restera' un gesto simbolico, certo importante come gia' quello spagnolo, ma non sara' utile per contrastare il terrorismo dei governi e degli eserciti, dei gruppi criminali, dei singoli: perche' per contrastare la guerra globale attuale non basta una ritirata - comunque doverosa, necessaria, urgente - che alcuni interpreteranno come meramente tattica e altri come ennesima ignominiosa fuga determinata da pura vilta', occorre invece la scelta della nonviolenza come proposta politica che ridefinisca le relazioni internazionali, come modello di difesa e cooperazione tra i popoli e le persone in un nuovo patto fondato sulla consapevolezza che il destino dell'umanita' e' ormai unificato, e che l'alternativa e' ancora una volta quella che con terminologia del secolo scorso fu detta tra socialismo o barbarie, e nei termini adeguati alla situazione odierna e' ormai quella tra nonviolenza o guerra onnicida. Finche' negli appelli si continuera' ad essere reticenti sulla necessita' della scelta - anche politica e istituzionale, giuriscostituente - della nonviolenza, essi purtroppo serviranno a ben poco, resteranno subalterni e quindi inani poiche' non indicheranno la via dell'alternativa necessaria: questa via e' la nonviolenza. E' da un bel pezzo che ce ne stiamo accorgendo tutte e tutti, peche' si continua a non dirlo? Quale complesso di colpa o di inferiorita', quale pusillanimita' ce lo impedisce? Non e' a tutte e tutti evidente che finche' non proclamiamo gridandola dai tetti la necessita' e l'urgenza della scelta nonviolenta (da parte delle persone, dei movimenti, delle organizzazioni, delle istituzioni e degli stati, e soprattutto da parte degli stati), restiamo comunque complici dei signori della guerra? (severino vardacampi)] Da mesi le nostre Forze Armate sono in Iraq. Questa presenza non ha prodotto nessun risultato concreto per la costruzione della pace e la lotta al terrorismo, ha invece assimilato il nostro Paese alle forze responsabili del conflitto. La supposta funzione "umanitaria" della nostra missione militare e' vanificata dalla decisione di tutte le Ong italiane di rifiutare ogni collaborazione con le truppe e le autorita' di occupazione. La guerra prosegue tragicamente ogni giorno con il suo tributo di sangue e di lutti. Lutti e sangue che non hanno risparmiato neanche i soldati italiani dei quali piangiamo il sacrificio e anche in nome dei quali ribadiamo con ancora piu' forza il nostro "mai piu'". Ritirare il nostro contingente militare non e' un atto di codardia o una fuga davanti al terrorismo. E' un atto che puo' ridare la parola alla diplomazia, all'Onu, a quella "risoluzione di conflitti con altri mezzi" solennemente sancita dall'articolo 11 della nostra Costituzione. E' un atto di coraggio. Il piu' nobile perche' rompe il fronte di coloro che hanno eletto la guerra infinta e preventiva a moderno paradigma di governo del pianeta. E' un atto di civilta' contro la barbarie, perche' svuota i giacimenti di odio e conseguentemente contrasta in modo efficace la follia dei terroristi. E' un atto di giustizia, perche' ripropone l'urgenza di edificare un diverso ordine economico basato sull'equa e solidale ripartizione delle risorse. E' un atto di pace, il solo che puo' costruire il futuro estirpando dalla storia guerre e terrorismi. Al Parlamento, chiediamo di non restare sordo e di compiere con convinzione questo atto. * Primi firmatari: don Luigi Ciotti, monsignor Raffaele Nogaro, Massimiliano Fuksas, Raniero La Valle, Michele Santoro, Piero Sansonetti, Rossana Rossanda, Edoardo Sanguineti, Mario Tronti, Marco Revelli, Haidi Giuliani, Teresa De Sio, Dario Vergassola, Leo Gullotta, Alessandro Curzi, Valentino Parlato, Alex Zanotelli, Lidia Menapace, Lisa Clark 4. RIFLESSIONE. SARA ONGARO: ORA [Da Sara Ongaro, Le donne e la globalizzazione, Rubbettino, Soveria Mannelli 2001, p. 85. Sara Ongaro "e' nata a Lodi nel 1971, si e' laureata in filosofia con indirizzo antropologico a Siena e ha conseguito un master in Women and Development a York. Vive e sogna in Sicilia dove si e' trasferita per amore del Sud e dove lavora intorno alle tematiche della globalizzazione insieme ad altre antropologhe, riunite nella cooperativa Daera, e al suo compagno. Ha pubblicato Le donne e la globalizzazione, Domande di genere all'economia globale della ri-produzione, Rubbettino, Soveria Mannelli 2001"] Credo tuttavia che per lavorare con le donne e per la liberazione di tutte sia imprescindibile oggi in primo luogo lavorare contro l'esternalizzazione e la delega della propria riproduzione ad altri, cioe' innescare un processo di riappropriazione della nostra vita e del nostro tempo contro l'espropriazione cui lo stile di vita contemporaneo, i ritmi della produzione e la tecnologia pervasiva ci costringono. Questa e' probabilmente anche la via per ridare valore sociale al lavoro di riproduzione e di cura. Restituire centralita' ad esso significa promuovere il rispetto del ciclo della vita, privilegiando cioe' le attivita' che si autorigenerano, che creano socialita', che non sfruttano la natura, che hanno una dimensione locale; da queste strategie puo' svilupparsi il nuovo legame sociale ora che possiamo dire e' tramontato il modello nel quale esso era garantito dall'alleanza fra la fabbrica e lo Stato sociale. 5. MAESTRE. ADRIENNE RICH: ESSENZIALE [Da Adrienne Rich, Nato di donna, Garzanti, Milano 1977, 2000, p. 398. Adrienne Rich e' una grandissima poetessa e saggista femminista americana, di straordinaria intensita' e profondita'. Tra le sue opere: Nato di donna, Garzanti, Milano 1977, 2000; Esplorando il relitto, Savelli, Roma 1979; Segreti silenzi bugie, La tartaruga, Milano 1982] Ricercare visioni, sognare sogni, e' essenziale, come pure essenziale e' tentare nuovi modi di vivere, lasciar spazio a seri esperimenti, rispettare i tentativi anche quando falliscono. 6. PROFILI. UNA NOTIZIA BIOBIBLIOGRAFICA SU OSVALDO GNOCCHI-VIANI [Dal sito www.unacitta.it riprendiamo la seguente scheda bio-bibliografica su Osvaldo Gnocchi-Viani tratta da: Osvaldo Gnocchi-Viani. Dieci anni di Camere del lavoro, con un saggio di Pino Ferraris, Ediesse, Roma] 1837. Osvaldo Gnocchi-Viani nasce ad Ostiglia (Mantova) da Giuseppe Gnocchi e Teresa Viani. 1859. Iscritto alla facolta' di Giurisprudenza dell'Universita' di Padova, partecipa attivamente a una manifestazione anti-austriaca. Ricercato dalla polizia fugge a Pavia. 1861. Si laurea in Giurisprudenza a Pavia, dove aveva animato l'attivita' dei circoli studenteschi progressisti. 1863. Si trasferisce a Genova. Inizia a collaborare con il giornale mazziniano "Il Dovere" e aderisce alla "Consociazione operaia genovese". La "questione operaia" e' al centro delle sue riflessioni e della sua attivita'. Incominciano i dissensi con l'"ortodossia" mazziniana soprattutto sul problema dello sciopero. 1868. Diventa direttore de "Il Dovere". 1870. Nel mese di novembre parte per la Francia al seguito di Garibaldi nella "campagna dei Vosgi" contro i prussiani e in difesa della Repubblica francese. 1871. Ritorna dalla Francia e si trasferisce a Roma. Organizza e partecipa, pur dissentendo, al XII Congresso delle Societa' operaie mazziniane. 1872. Lavora come correttore di bozze. E' tra i fondatori della Lega operaia di arti e mestieri che, nel mese di luglio, aderisce alla Prima Internazionale. Entra in contatto con la Societa' dei compositori tipografi con i quali prepara il loro primo sciopero stroncato dall'intervento della polizia. 1873. La Lega, oltre che tra i tipografi, si attiva tra i muratori romani. Gnocchi-Viani prepara una piattaforma rivendicativa per i muratori. L'8 marzo e' espulso dalle Societa' mazziniane per aver aderito alla Prima Internazionale. Il 15 maggio e' arrestato per "cospirazione contro la sicurezza interna dello Stato". Ottiene la liberta' provvisoria il 9 agosto. Da Roma inizia la collaborazione con la "Plebe" di Bignami. Si scontra con gli anarchici e trasferisce il suo impegno nella Societa' dei compositori tipografi; e' redattore del periodico "Il Tipografo". Prende collegamenti con la Lega universale delle corporazioni operaie di Ginevra. 1876. Lascia Roma e si trasferisce a Milano. Diventa redattore-capo della "Plebe". 1877. E' relatore al Congresso della Federazione dell'Alta Italia dell'Internazionale (Milano 17-18 febbraio). 1882. Sostiene e presenta all'opinione pubblica la prima sezione del Partito operaio italiano di cui e' l'ispiratore. Accetta la candidatura alle elezioni politiche in opposizione al candidato "democratico" Antonio Maffi. Appoggia attivamente la formazione della Lega per la tutela degli interessi femminili. 1883. Si "guadagna il pane" come redattore del giornale "Il Sole", organo della Camera di commercio di Milano. Collabora con giornali socialisti, anarchici e operai di tutta Italia. 1884-1885. Si impegna nella preparazione del I Congresso del Partito operaio italiano. Elabora progetti, allarga i contatti politici, soprattutto con gruppi anarchici di Romagna e Veneto. 1886. E' candidato a Milano, Parma e Reggio Emilia nelle elezioni politiche. Con Turati difende e sostiene gli "operaisti" colpiti dalla repressione. Ha contatti con i primi organizzatori dei Fasci siciliani. 1887-1889. Come redattore del giornale "Il Sole" si reca in Francia dove studia le forme dell'associazione operaia e le relazioni industriali. Segue soprattutto la nascita delle Borse del lavoro francesi. 1890. E' nominato dal Comune di Milano presidente della commissione incaricata di esaminare i problemi della disoccupazione. E' eletto il 23 giugno consigliere comunale di Milano. Lancia un "Appello agli operai siciliani". 1891. Con iniziative del Consiglio comunale, con una intensa attivita' pubblicistica e con un lavoro di raccordo e di mediazione tra forze politiche e sindacali, promuove la fondazione della Camera del lavoro di Milano. Porta avanti un preciso progetto per estendere la nuova istituzione operaia a livello nazionale. 1892. Da' la sua adesione critica al nuovo Partito dei lavoratori italiani. E' candidato alle elezioni politiche ad Ostiglia, Parma e Milano. La sua attivita' e' soprattutto rivolta ad estendere la presenza delle Camere del lavoro in tutta Italia. A questo fine propone e sostiene la Federazione nazionale delle Camere del lavoro da costituire con il Congresso che si terra' l'anno successivo. 1893. Gnocchi-Viani fonda la Societa' Umanitaria di Milano. Ricopre la carica di segretario della Societa' che conservera' sino al 1908. 1899. E' eletto al Consiglio comunale di Milano. Stila la "memoria" da inviare al ministro Fortis per la riapertura delle disciolte Camere del lavoro. 1900. E' relatore al III Congresso della Federazione delle Camere del lavoro. Avanza, con una iniziativa pubblica, la proposta di costituire a Milano l'Universita' popolare. 1901. Fonda, con Filippetti, a Milano, l'Universita' popolare. 1905. E' membro del Comitato esecutivo per soccorrere le vittime del terremoto in Calabria. 1906. Sostiene attivamente la Societa' pro-suffragio femminile; sara' consigliere delegato della Lega per la tutela degli interessi femminili. 1910. Con i socialisti "intransigenti" sottoscrive un manifesto contro il militarismo e il nazionalismo 1914. Prende ferma e pubblica posizione contro la guerra. 1917. Da tempo malato e sofferente, muore a Milano l'8 gennaio. * Gli scritti piu' importanti di Osvaldo Gnocchi- Viani - La Comune di Parigi e l'Internazionale, Piacenza, 1874. - Le tre Internazionali, Lodi, 1875. - I nostri contadini, Milano, 1879. - Il collettivismo nel socialismo, Milano, 1879. - Citta' e campagna, Milano, 1880. - La rivoluzione nei partiti, Ravenna, 1884. - Il Partito operaio italiano (1882-1885), Milano, 1885. - Il socialismo moderno, Milano, 1886. - Il proletariato e noi, Milano, 1888. - I partiti politici e il Partito operaio, Alessandria, 1888. - Le Borse del lavoro, Alessandria, 1889. - Il socialismo e le sue scuole, Milano, 1892. - Dal mazzinianesimo al socialismo, Colle Val d'Elsa, 1893. - L'influenza economica della classe lavoratrice, Firenze, 1895. - La marcia delle fasi, in "Critica sociale", 1895-1896. - Dieci anni di Camere del lavoro, Bologna, 1899. - L'Umanitaria e la sua opera, Milano, 1906. - Coscienza nuova, Cusano sul Seveso, 1909. - Ricordi di un internazionalista (a cura di L. Briguglio), Padova. * Alcune opere su Osvaldo Gnocchi-Viani: - Giovanna Angelini, Il socialismo del lavoro, Franco Angeli, Milano. - Giovanna Angelini, Oltre la politica, Franco Angeli, Milano. - Osvaldo Gnocchi-Viani. Dieci anni di Camere del Lavoro, con un saggio di Pino Ferraris, Ediesse, Roma. 7. RILETTURE. BELL HOOKS: ELOGIO DEL MARGINE bell hooks, Elogio del margine. Razza, sesso e mercato culturale, Feltrinelli, Milano 1998, pp. 160, lire 32.000. Una raccolta di saggi della pensatrice femminista americana di cui sarebbe bene finalmente tradurre le molte opere - come dire - di pensiero e di poesia. 8. RILETTURE. BELL HOOKS: TUTTO SULL'AMORE. NUOVE VISIONI bell hooks, Tutto sull'amore. Nuove visioni, Feltrinelli, Milano 2000, 2003, pp. 176, euro 6,50. Questo libro, tu lo rileggi, e lo apprezzi ancor piu'. 9. RILETTURE. ANNA MARIA MORI: IL SILENZIO DELLE DONNE E IL CASO MORO Anna Maria Mori, Il silenzio delle donne e il caso Moro, Lerici, Cosenza 1978, pp. 84. Dopo la tragedia del rapimento di Aldo Moro, della strage delle persone della scorta, della detenzione e dell'omicidio dello statista, l'autrice dialoga con Ida Magli, Maria Magnani Noya, Rossana Rossanda, Mariella Gramaglia, Sandra Bonsanti e Silvana Mazzocchi, invitandole a riflettere insieme sul dramma consumatosi e sul dibattito svoltosi nel mondo politico e giornalistico nei cinquantacinque giorni della tragedia e del ricatto terroristico, ma anche sulla disumanita' dominante nella discussione pubblica e nella cultura diffusa; e chiedendo loro: "cosa avrebbero detto le donne se fossero state chiamate a parlare, a scegliere, a decidere?". In appendice la sintesi (estrema) di una ricerca sugli interventi di donne apparsi sui principali quotidiani italiani nei cinquantacinque giorni tra il rapimento e l'assassinio di Moro. 10. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 11. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at inwind.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 997 del 20 luglio 2005 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione).
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