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La nonviolenza e' in cammino. 991
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 991
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Thu, 14 Jul 2005 00:23:00 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 991 del 14 luglio 2005 Sommario di questo numero: 1. Enrico Peyretti: Davanti al terrorismo. Che cosa fare? Che cosa non fare? 2. Irshad Manji: L'islam contro il terrorismo 3. Farid Adly: Sui giornali arabi la condanna degli attentati 4. Ferdinando Tartaglia: Quattro epigrammi per Aldo Capitini, Primo Mazzolari, Lorenzo Milani 5. Franca D'Agostini: Un dialogo tra Habermas e Ratzinger 6. Libreria delle donne di Milano: Proposte di lettura 7. Riletture: Nadia Fusini, Mariella Gramaglia (a cura di), La poesia femminista 8. La "Carta" del Movimento Nonviolento 9. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. ENRICO PEYRETTI: DAVANTI AL TERRORISMO. CHE COSA FARE? CHE COSA NON FARE? [Ringraziamo Enrico Peyretti (per contatti: e.pey at libero.it) per questo intervento. Enrico Peyretti e' uno dei principali collaboratori di questo foglio, ed uno dei maestri piu' nitidi della cultura e dell'impegno di pace e di nonviolenza. Tra le sue opere: (a cura di), Al di la' del "non uccidere", Cens, Liscate 1989; Dall'albero dei giorni, Servitium, Sotto il Monte 1998; La politica e' pace, Cittadella, Assisi 1998; Per perdere la guerra, Beppe Grande, Torino 1999; Dov'e' la vittoria?, Il segno dei Gabrielli, Negarine (Verona) 2005; e' disponibile nella rete telematica la sua fondamentale ricerca bibliografica Difesa senza guerra. Bibliografia storica delle lotte nonarmate e nonviolente, ricerca di cui una recente edizione a stampa e' in appendice al libro di Jean-Marie Muller, Il principio nonviolenza, Plus, Pisa 2004 (libro di cui Enrico Peyretti ha curato la traduzione italiana), e una recente edizione aggiornata e' nei nn. 791-792 di questo notiziario; vari suoi interventi sono anche nei siti: www.cssr-pas.org, www.ilfoglio.org e alla pagina web http://db.peacelink.org/tools/author.php?l=peyretti Una piu' ampia bibliografia dei principali scritti di Enrico Peyretti e' nel n. 731 del 15 novembre 2003 di questo notiziario] Anzitutto, che cosa non fare: - non decidere sotto l'effetto del terrore: e' cio' che vogliono i terroristi; - non cadere nell'isteria della vendetta militare e poliziesca, che riproduce il terrorismo e ne conferma i metodi; - non ridurre le garanzie legali, se si vuole richiamare i violenti dalla illegalita' alla legalita'; - non lasciarsi terrorizzare: la vita continua; non e' il terrore la forza piu' grande; - non sottostare alle minacce di morte: questo da' forza a chi minaccia; - non temere di morire: questo da' forza a chi uccide; - non odiare chi odia: "ogni atomo di odio che si aggiunge al mondo lo rende ancora piu' inospitale" (Etty Hillesum. Lettere 1942-1943, Adelphi, Milano 1990, p. 51); - non rassegnarsi: la violenza del mondo si puo' ridurre, tendendo allo zero, se cominciamo ciascuno ad esaminare e rinnegare le proprie grandi o piccole violenze; - non vedere solo la violenza che ci colpisce da vicino: tutte le vittime hanno il volto di Abele, anche quelle nell'altro campo; - non vedere solo la violenza compiuta da altri: che differenza c'e' tra i nostri piloti che bombardano una citta' e chi mette una bomba nelle nostre citta'? Nessuna, in verita'; - non chiedere chi ha cominciato (perche' e' la storia dell'uovo e della gallina): il merito e la vera vittoria e' di chi smette per primo, e passa a metodi umani; - non confondere Bin Laden con l'islam, Bush col cristianesimo, la forza con la ragione, la ricchezza con la civilta', il benessere con la vita buona, il potere e la violenza con la giustizia, la critica col crimine e il crimine con la critica, il male col bene; - non dire che non sappiamo cosa e' male e cosa e' bene: in cio' che conta, lo sappiamo benissimo; - non separare le nostre ragioni (diritti, attese, esigenze, rivendicazioni) dalle ragioni (diritti, attese, esigenze, rivendicazioni) altrui; - non coprire i nostri torti enfatizzando i torti altrui; - non ammettere che ci siano parti di umanita' (popoli, culture, religioni, storie, interessi) che non possano comunicare, intendersi, trattare, accordarsi con le altre; - non pensare la propria sorte separata dalla sorte di tutti; - non usare le nostre vittime e il nostro dolore come arma di guerra morale; - non giudicare incorreggibile nessun essere umano: cio' e' confessare di essere incorreggibili nei nostri errori; - eccetera. * E poi, qualcosa da fare: - cercare i colpevoli, arrestarli, parlare all'infinito con loro, rispettandone la coscienza per quanto distorta (come faceva Borsellino coi mafiosi) per capire che cosa li ha mossi, con l'obiettivo di ricuperarli all'umanita'; - ricordare che "fare giustizia significa anzitutto risanare le ferite, correggere gli squilibri, ricucire le fratture dei rapporti, cercare di riabilitare tanto le vittime quanto i criminali, ai quali va data l'opportunita' di reintegrarsi nella comunita' che il loro crimine ha offeso" (Desmond Tutu, Non c'e' futuro senza perdono, Feltrinelli, Milano 2001, p. 46, cfr anche pp. 119-120, 149, 152, 161, 167); - la miglior difesa dal terrorismo e' un terrorista uscito dal terrorismo; - bloccare i canali finanziari, utilizzati anche da nostri interessi, a cui attinge l'organizzazione del terrore; - obbligare tutti i movimenti finanziari alla luce del sole e della legge: nei paradisi fiscali nascono gli inferni criminali; - fermare subito le guerre condotte dalle organizzazioni politiche che si dicono piu' civili e, tolti gli eserciti armati, andare, d'accordo coi popoli sconvolti dal disordine, con eserciti civili disarmati (Corpi Civili di Pace) a collaborare, fin quando e' da loro ritenuto necessario, nell'autoriorganizzazione civile ed economica; - rispettare e dare autorevolezza effettiva e pratica agli organismi politici internazionali planetari, perche' la causa dell'umanita' oggi e' unica; - favorire la conoscenza e il dialogo libero tra le culture, le religioni, le relative storie e linguaggi, come un interesse sociale primario, della stessa importanza della circolazione commerciale, mediatica, stradale, dell'elettricita', gas, acqua, ecc.; - sviluppare le possibilita' politiche mondiali, cioe' fare che ogni popolo e ogni cittadino del mondo senta di poter partecipare con la sua azione, nella legalita' e nella nonviolenza, a umanizzare il mondo: se mancano queste possibilita' crescono le scelte distruttive; - muovere decisamente verso la giustizia economica mondiale; - sapendo che nell'umanita' c'e' anche la malvagita', opporle il contrario: la convergenza delle buone volonta', pure universalmente presenti, nel prevenirla e bloccarla, senza contaminarsi ad opporle altra malvagita', che e' il modo certo per renderle invincibile; - conversare ciascuno col proprio vicino residenziale o occasionale per diffondere nella base popolare, prima che nei vertici, una capacita' e volonta' di risposta umana alla disumanita', sia quella del terrorismo sia quella delle ingiustizie remote e attuali; - eccetera. 2. RIFLESSIONE. IRSHAD MANJI: L'ISLAM CONTRO IL TERRORISMO [Dal sito di "Noi donne" (www.noidonne.org) riprendiamo il seguente articolo dell'8 luglio 2005 tratto dal sito personale di Irshad Manji (www.muslim-refusenik.com). Irshad Manji, giornalista e scrittrice, nata in Uganda, residente in Canada, e' un'intellettuale musulmana femminista fortemente impegnata per una "riforma" della ricezione ed interpretazione dell'islam nel senso di una maggiore consapevolezza e coerenza col senso profondo del messaggio originario dell'islam (l'"abbandono" alla volonta' sommamente buona, l'adesione fidente al sommo bene, la scelta dell'amore che unisce, l'apertura alla nonviolenza) in opposizione alle ricezioni ed interpretazioni maschiliste e violente, intolleranti e fanatiche, autoritarie e fin criminali che ne travisano e tradiscono il messaggio di pace e di rispetto della dignita' di tutti gli esseri umani. Opere di Irshad Manji: Quando abbiamo smesso di pensare?, Guanda, Parma 2004. Irshad Manji cura anche un sito: www.muslim-refusenik.com] Le esplosioni coordinate sotto le metropolitane londinesi sono avvenute di giovedi'. Il giorno piu' santo della settimana in Islam e' il venerdi'. Cioe' quando i sermoni piu' importanti - detti khutbas - vengono letti in tutte le moschee. Ovunque, di venerdi', i musulmani affrontano un test che dura diverse ore. Presumendo che "Islam" significhi davvero "Pace", dobbiamo sperare che i Khutbas di domani denuncino le esplosioni ed i terroristi con termini non ambigui ma ben argomentati. Quel che temo, invece, e' che i predicatori possano esprimere condoglianze per le vittime, condanne per i criminali, ma poi dire che la Gran Bretagna non avrebbe dovuto unirsi alle azioni militari americane in Iraq. Il pericolo e' che i terroristi trovino, in questa linea di pensiero, una giustificazione per le loro violente Jihad. Ci si deve invece chiedere cosa fosse l'Iraq nel 1993, quando i radicali islamici hanno tentato di far esplodere il World Trade Center. O nel 2000, quando l'Uss Cole fu attaccato. L'inferno si e' scatenato dopo l'intervento militare americano in Bosnia che, discutibile o no, ha comunque salvato milioni di musulmani. Rimanere fuori dall'Iraq non ha protetto nessuno dal terrorismo. Inoltre, perche' i fondamentalisti avrebbero rapito due giornalisti francesi dichiaratisi gia' da tempo contro l'intervento in Iraq? Ed erano anche tra i piu' accaniti oppositori di Bush. La solidarieta' di molti volontari che hanno portato il loro sostegno alla popolazione musulmana, non li ha protetti dalle violenze dei radicali, e che dire di Margaret Hassan? L'aver aiutato decine e decine di musulmani non l'ha salvata dall'assassinio. Questi sono i fatti che i fedeli devono portare ai loro predicatori ai sermoni del venerdi'. Un ripudio chiaro dei bombardamenti di Londra non restituira' i morti. Quello che pero' puo' aiutare e' creare una netta differenziazione tra i musulmani moderati ed i fondamentalisti. Nel parlamento inglese si attende l'approvazione di un documento che dichiari fuorilegge la critica estrema nei confronti dei musulmani moderati. Molti moderati hanno combattuto per quella norma dicendo che erano terrorizzati dal razzismo. Oggi molti dei loro vicini sono a loro volta terrorizzati da un dio islamico capriccioso; grazie ai fanatici. Ed ora i musulmani moderati cosa faranno? 3. MONDO. FARID ADLY: SUI GIORNALI ARABI LA CONDANNA DEGLI ATTENTATI [Dal quotidiano "Il manifesto" del 10 luglio 2005. Farid Adly (per contatti: anbamed at katamail.com), autorevole giornalista (apprezzato collaboratore del "Corriere della sera", "Il manifesto", Radio popolare di Milano, ed altre notissime testate) e prestigioso militante per i diritti umani, e' direttore dell'agenzia-stampa "Anbamed. Notizie dal Mediterraneo"; ai primi di aprile nel centro siciliano in cui vive e lavora ha subito una grave intimidazione mafiosa: e' stato minacciato di morte per impedirgli di svolgere il suo lavoro di inchiesta, documentazione e denuncia, con particolar riferimento alla sua concreta azione in difesa dell'ambiente, della legalita', dei diritti di tutti] La stampa araba condanna senza tentennamenti l'attentato di Londra, ma non dimentica l'atroce esecuzione dell'ambasciatore egiziano in Iraq. L'editoriale del primo quotidiano egiziano "Al Ahram", firmato da Ussama Siraya, abbina i due eventi in una riflessione sul terrorismo e sulle modalita' per combatterlo: "Malgrado la tristezza che ci ha colpito per i due crimini compiuti, andremo avanti nella nostra politica di lotta contro il terrorismo nero, che in Egitto abbiamo conosciuto molto prima dell'11 settembre... Secondo la nostra modesta visione delle cose, la vera lotta al terrorismo parte dall'aggiustare il tiro in Iraq: gli assassini-suicidi sono nati per effetto della guerra illegittima e destabilizzatrice dichiarata contro l'Iraq. La responsabilita' principale cade sicuramente sugli Stati Uniti che hanno portato il mondo a questo punto di una spaventevole tragedia. Chiediamo loro di rivedere la guerra al terrorismo, che non ha dato i risultati che annunciavano. Non ha prosciugato le sorgenti dell'estremismo come immaginavano, ma ha preparato il clima per una maggiore diffusione del terrorismo. Per limitare questi crimini si deve garantire una maggiore giustizia sociale e rispetto per la volonta' dei popoli: piu' liberta' e autonomia, meno egemonia e truppe straniere". Il moderato saudita "Asharq Al-Awsat" (con redazione centrale a Londra) propone "Una nuova politica di alleanze per far fronte agli estremismi". L'analista Arrekaby scrive: "Siamo tristi perche' a Londra e' stata colpita l'umanita'... sono stati colpiti i musulmani nella loro tranquillita' nell'emigrazione e infangata l'immagine dell'Islam. Ma soprattutto perche' il mondo si presenta sempre meno sicuro... Gli autori di questi crimini credono di poter cambiare il mondo. Dobbiamo ricordare loro, in primis noi musulmani, che il loro disegno diabolico e' fallace, perche' prima di loro fascisti e nazisti lo hanno tentato con mezzi piu' potenti e hanno fallito". Dopo un'analisi delle varie teorie sullo scontro in corso, l'autore saudita conclude: "Per poter vincere la battaglia contro il terrorismo dobbiamo tutti riconoscere il fallimento delle politiche messe in campo negli ultimi quattro anni sotto la denominazione di 'guerra totale al terrorismo'... Le bugie che hanno portato alla guerra in Iraq e le menzogne che l'hanno seguita non hanno purificato il clima dal germe dell'estremismo e non hanno prodotto un mondo migliore... Per uscire dal pantano si deve creare un'alleanza islamico-occidentale per isolare le politiche aggressive e debellare le logiche dell'estremismo". "Al Quds Al-Arabi", quotidiano nazionalista arabo diretto da Londra dal giornalista palestinese Attwan, critica la dichiarazione di Blair che "anticipa un indirizzo politico all'inchiesta e rischia di incitare l'odio verso le comunita' islamiche in Gran Bretagna e in Europa. Il terrorismo non ha ne' fede ne' razza: e' un crimine. Molti di quelli che sono stati presi di mira da questi criminali sono persone che andavano al lavoro, gente semplice che chissa' quante volte e' scesa in piazza a manifestare contro le politiche di guerra e di sfruttamento delle potenze imperiali". Il libanese "Assafir" analizza la situazione da una visuale diversa. Il direttore Josef Samaha scrive: "Londra e' al centro dell'attenzione mondiale per le Olimpiadi 2012 e per il vertice dei G8. Manifestazioni e spettacoli con forti partecipazioni di massa hanno caratterizzato la citta' nei giorni scorsi. Le esplosioni terroristiche hanno falciato insieme alle vite umane innocenti anche le speranze e le lotte delle opposizioni alla globalizzazione. Oppositori che hanno sfidato la potenza dei grandi ma si sono arresi e ritirati di fronte alla violenza nichilista scatenata contro gli innocenti". Il quotidiano iracheno "Azzaman" scrive: "No alla cultura dell'odio: noi arabi e musulmani abbiamo bisogno di un movimento coraggioso di rinnovamento. Dobbiamo rispondere concretamente ai nostri accusatori in Occidente che la nostra realta' e' radicata nei concetti della pieta' e della concordia. Questa esigenza parte dallo stesso nostro interesse di tornare a contare a livello internazionale. Il terrorismo colpisce prima di tutto le nostre societa' e distrugge la nostra economia. Dobbiamo dire al mondo che il terrorismo non ha religione, ma per questo non bastano i comunicati. Ci vogliono politiche di liberta' e di autocritica". 4. MEMORIA. FERDINANDO TARTAGLIA: QUATTRO EPIGRAMMI PER ALDO CAPITINI, PRIMO MAZZOLARI, LORENZO MILANI [Da Ferdinando Tartaglia, Esercizi di verbo, Adelphi, Milano 2004, rispettivamente alle pp. 164, 196, 229, 240 (in un caso abbiamo normalizzato la grafia secondo le usanze odierne; Tartaglia scriveva la seconda persona singolare del presente indicativo del verbo avere nella forma "ai" con l'accento sulla a e senza l'acca - modalita' in uso ancora solo qualche decennio fa). Ferdinando Tartaglia, pensatore, riformatore e "scrittore di religione" (nel senso kierkegaardiano della formula, per cosi' dire), nato a Parma nel 1916, enfant prodige ("scrisse il nucleo essenziale della sua opera tra i dodici e i ventiquattro anni"), sacerdote cattolico, nel 1946 fu sospeso a divinis e scomunicato, per alcuni anni tenne conferenze e pubblico' scritti, poi cesso' ogni attivita' pubblica; liberato dalla scomunica nel 1987, e' deceduto a Firenze nel 1988. Opere di Ferdinando Tartaglia: "L'opera lasciata da Tartaglia e' immensa, e comprende oltre cinquantamila pagine per lo piu' inedite" (cosi' scrive Germaine Muehlethaler Tartaglia); segnaliamo alcune recenti pubblicazioni: Tesi per la fine del problema di Dio, Adelphi; Milano 2002 (pubblicato originariamente nel 1949, in questa nuova edizione e' accompagnato da un ampio saggio di Sergio Quinzio su Tartaglia del 1973); Esercizi di verbo, Adelphi, Milano 2004 (una silloge dal corpus poetico, curata da Adriano Marchetti). Opere su Ferdinando Tartaglia: fondamentale e' Giulio Cattaneo, L'uomo della novita', Adelphi, Milano 2002 (gia' apparso su "Paragone" nel 1967, poi in volume presso Garzanti nel 1968; nell'edizione adelphiana reca alcune ulteriori pagine scritte per l'occasione). Aldo Capitini e' nato a Perugia nel 1899, antifascista e perseguitato, docente universitario, infaticabile promotore di iniziative per la nonviolenza e la pace. E' morto a Perugia nel 1968. E' stato il piu' grande pensatore ed operatore della nonviolenza in Italia. Opere di Aldo Capitini: la miglior antologia degli scritti e' (a cura di Giovanni Cacioppo e vari collaboratori), Il messaggio di Aldo Capitini, Lacaita, Manduria 1977 (che contiene anche una raccolta di testimonianze ed una pressoche' integrale - ovviamente allo stato delle conoscenze e delle ricerche dell'epoca - bibliografia degli scritti di Capitini); recentemente e' stato ripubblicato il saggio Le tecniche della nonviolenza, Linea d'ombra, Milano 1989; una raccolta di scritti autobiografici, Opposizione e liberazione, Linea d'ombra, Milano 1991, nuova edizione presso L'ancora del Mediterraneo, Napoli 2003; e gli scritti sul Liberalsocialismo, Edizioni e/o, Roma 1996; segnaliamo anche Nonviolenza dopo la tempesta. Carteggio con Sara Melauri, Edizioni Associate, Roma 1991; e la recentissima antologia degli scritti Le ragioni della nonviolenza, Edizioni Ets, Pisa 2004. Presso la redazione di "Azione nonviolenta" (e-mail: azionenonviolenta at sis.it, sito: www.nonviolenti.org) sono disponibili e possono essere richiesti vari volumi ed opuscoli di Capitini non piu' reperibili in libreria (tra cui i fondamentali Elementi di un'esperienza religiosa, 1937, e Il potere di tutti, 1969). Negli anni '90 e' iniziata la pubblicazione di una edizione di opere scelte: sono fin qui apparsi un volume di Scritti sulla nonviolenza, Protagon, Perugia 1992, e un volume di Scritti filosofici e religiosi, Perugia 1994, seconda edizione ampliata, Fondazione centro studi Aldo Capitini, Perugia 1998. Opere su Aldo Capitini: oltre alle introduzioni alle singole sezioni del sopra citato Il messaggio di Aldo Capitini, tra le pubblicazioni recenti si veda almeno: Giacomo Zanga, Aldo Capitini, Bresci, Torino 1988; Clara Cutini (a cura di), Uno schedato politico: Aldo Capitini, Editoriale Umbra, Perugia 1988; Fabrizio Truini, Aldo Capitini, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1989; Tiziana Pironi, La pedagogia del nuovo di Aldo Capitini. Tra religione ed etica laica, Clueb, Bologna 1991; Fondazione "Centro studi Aldo Capitini", Elementi dell'esperienza religiosa contemporanea, La Nuova Italia, Scandicci (Fi) 1991; Rocco Altieri, La rivoluzione nonviolenta. Per una biografia intellettuale di Aldo Capitini, Biblioteca Franco Serantini, Pisa 1998, 2003; AA. VV., Aldo Capitini, persuasione e nonviolenza, volume monografico de "Il ponte", anno LIV, n. 10, ottobre 1998; Antonio Vigilante, La realta' liberata. Escatologia e nonviolenza in Capitini, Edizioni del Rosone, Foggia 1999; Pietro Polito, L'eresia di Aldo Capitini, Stylos, Aosta 2001; Federica Curzi, Vivere la nonviolenza. La filosofia di Aldo Capitini, Cittadella, Assisi 2004; cfr. anche il capitolo dedicato a Capitini in Angelo d'Orsi, Intellettuali nel Novecento italiano, Einaudi, Torino 2001; per una bibliografia della critica cfr. per un avvio il libro di Pietro Polito citato; numerosi utilissimi materiali di e su Aldo Capitini sono nel sito dell'Associazione nazionale amici di Aldo Capitini: www.aldocapitini.it, altri materiali nel sito www.cosinrete.it; una assai utile mostra e un altrettanto utile dvd su Aldo Capitini possono essere richiesti scrivendo a Luciano Capitini: capitps at libero.it, o anche a Lanfranco Mencaroni: l.mencaroni at libero.it, o anche al Movimento Nonviolento: tel. 0458009803, e-mail: azionenonviolenta at sis.it Primo Mazzolari, nato nel 1890 a S. Maria di Boschetto (Cremona), ordinato sacerdote nel 1912, partecipo' alla prima guerra mondiale; parroco tra i poveri, antifascista e uomo della Resistenza, precursore del Concilio Vaticano II; nel 1949 fondo' la rivista "Adesso", svolse un'intensa attivita' di pubblicista e scrittore; e' morto a Cremona nel 1959. E' una delle figure piu' vive della nonviolenza in cammino. Opere di Primo Mazzolari: naturalmente nell'ambito che particolarmente ci interessa e' fondamentale Tu non uccidere, La Lucusta, Vicenza 1955, ora anche Edizioni Paoline, Cinisello Balsamo 1991; si veda anche La chiesa, il fascismo e la guerra, Vallecchi, Firenze 1966. Presso La Locusta di Vicenza sono state pubblicate decine di opere di Mazzolari. Vari volumi sono stati pubblicati dalle Edizioni Dehoniane di Bologna. Viaggio in Sicilia e' stato ripubblicato nel 1992 da Sellerio. Opere su Primo Mazzolari: A. Bergamaschi, Mazzolari, un contestatore per tutte le stagioni, Bologna 1969; L. Bedeschi, L'ultima battaglia di don Mazzolari, Morcelliana, Brescia; AA. VV., Don Primo Mazzolari, Servitium, Sotto il Monte (Bg) 1999. Per una piu' ampia nota biografica cfr. il n. 901 di questo foglio; per una bibliografia piu' ampia, il n. 898; molti utilissimi materiali sono reperibili naturalmente nel sito www.fondazionemazzolari.it Lorenzo Milani nacque a Firenze nel 1923, proveniente da una famiglia della borghesia intellettuale, ordinato prete nel 1947. Opera dapprima a S. Donato a Calenzano, ove realizza una scuola serale aperta a tutti i giovani di estrazione popolare e proletaria, senza discriminazioni politiche. Viene poi trasferito punitivamente a Barbiana nel 1954. Qui realizza l'esperienza della sua scuola. Nel 1958 pubblica Esperienze pastorali, di cui la gerarchia ecclesiastica ordinera' il ritiro dal commercio. Nel 1965 scrive la lettera ai cappellani militari da cui derivera' il processo i cui atti sono pubblicati ne L'obbedienza non e' piu' una virtu'. Muore dopo una lunga malattia nel 1967; era appena uscita la Lettera a una professoressa della scuola di Barbiana. L'educazione come pratica di liberazione, la scelta di classe dalla parte degli oppressi, l'opposizione alla guerra, la denuncia della scuola classista che discrimina i poveri: sono alcuni dei temi su cui la lezione di don Milani resta di grande valore. Opere di Lorenzo Milani e della scuola di Barbiana: Esperienze pastorali, L'obbedienza non e' piu' una virtu', Lettera a una professoressa, pubblicate tutte presso la Libreria Editrice Fiorentina (Lef). Postume sono state pubblicate le raccolte di Lettere di don Lorenzo Milani priore di Barbiana, Mondadori; le Lettere alla mamma, Mondadori; e sempre delle lettere alla madre l'edizione critica, integrale e annotata, Alla mamma. Lettere 1943-1967, Marietti. Altri testi sono apparsi sparsamente in volumi di diversi autori. La casa editrice Stampa Alternativa ha meritoriamente effettuato nell'ultimo decennio la ripubblicazione di vari testi milaniani in edizioni ultraeconomiche e criticamente curate. La Emi ha recentemente pubblicato, a cura di Giorgio Pecorini, lettere, appunti e carte varie inedite di don Lorenzo Milani nel volume I care ancora. Opere su Lorenzo Milani: sono ormai numerose; fondamentali sono: Neera Fallaci, Vita del prete Lorenzo Milani. Dalla parte dell'ultimo, Rizzoli, Milano 1993; Giorgio Pecorini, Don Milani! Chi era costui?, Baldini & Castoldi, Milano 1996; Mario Lancisi (a cura di), Don Lorenzo Milani: dibattito aperto, Borla, Roma 1979; Ernesto Balducci, L'insegnamento di don Lorenzo Milani, Laterza, Roma-Bari 1995; Gianfranco Riccioni, La stampa e don Milani, Lef, Firenze 1974; Antonio Schina (a cura di), Don Milani, Centro di documentazione di Pistoia, 1993. Un repertorio bibliografico sintetico e' in Peppe Sini, Don Milani e l'educazione alla pace, Centro di ricerca per la pace, Viterbo 1998. Segnaliamo anche l'interessante fascicolo monografico di "Azione nonviolenta" del giugno 1997. Segnaliamo anche il fascicolo Don Lorenzo Milani, maestro di liberta', supplemento a "Conquiste del lavoro", n. 50 del 1987. Tra i testi apparsi di recente: il testo su don Milani di Michele Ranchetti nel suo libro Gli ultimi preti, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1997; David Maria Turoldo, Il mio amico don Milani, Servitium, Sotto il Monte (Bg) 1997; Liana Fiorani, Don Milani tra storia e attualita', Lef, Firenze 1997, poi Centro don Milani, Firenze 1999; AA. VV., Rileggiamo don Lorenzo Milani a trenta anni dalla sua morte, Comune di Rubano 1998; Centro documentazione don Lorenzo Milani e scuola di Barbiana, Progetto Lorenzo Milani: il maestro, Firenze 1998; Liana Fiorani, Dediche a don Milani, Qualevita, Torre dei Nolfi (Aq) 2001; Edoardo Martinelli, Pedagogia dell'aderenza, Polaris, Vicchio di Mugello (Fi) 2002; Marco Moraccini (a cura di), Scritti su Lorenzo Milani. Una antologia critica, Il Grandevetro - Jaca Book, Santa Croce sull'Arno (Pi) - Milano 2002] Don Mazzolari Prima ti sembra miele su l'aceto poi lo diresti aceto sopra il miele. Non so mai se nel dolce o ne l'amaro e' il destino o la scelta che presiede. Diciamo: e' un melodramma, con le parti. * Aldo Capitini Pagina bella, bianca. Tutti impariamo, molto. Non ti offendere caro Aldo se poi su questo bianco altre cose una mattina scriviamo. Non e' contraddizione: e', come il sale, un'aggiunta. * Don Milani Di don Milani solo questo ricordo che in tempo di guerra nei pomeriggi d'agosto fra bombe e strazi veniva in via de le Campora da me e diceva "parliamo del mistero de la Trinita'". Era un seccatore, ma lo benedico. * "O Capitini..." O Capitini! hai ragione. Il punto piu' bello d'occidente e' San Francesco. Il momento piu' dolce d'occidente e' San Francesco. Ci sara' ancora fra Perugia e Spello e Assisi e Trevi e Citta' de la Pieve. Ci sara' ancora un bello cosi' bello un dolce anche piu' dolce a nostre sere? 5. LIBRI. FRANCA D'AGOSTINI: UN DIALOGO TRA HABERMAS E RATZINGER [Dal quotidiano "Il manifesto" del 9 luglio 2005. Dispiace un tono eccessivamente polemico, banalizzante e pubblicistico, che non rende giustizia ai due autori considerati, alla densita' dei temi trattati, ed alla stessa autrice di questo articolo, solitamente meno frettolosa. L'intervento di Joseph Ratzinger abbiamo pubblicato anche su questo foglio, nel n. 919. Franca D'Agostini e' autrice di fondamentali ricognizioni sulla riflessione filosofica contemporanea europea ed americana, ed ha particolarmente tematizzato la differenza di approccio tra "continentali" (area europea) ed "analitici" (area angloamericana). Juergen Habermas, sociologo e filosofo tedesco, nato nel 1929, e' attualmente tra i piu' influenti pensatori contemporanei. Opere di Juergen Habermas: nella sua enorme produzione segnaliamo almeno Conoscenza e interesse (1968, tr. it. Laterza); Teoria dell'agire comunicativo (1981, tr. it. Il Mulino); Etica del discorso (1983, tr. it. Laterza); Il discorso filosofico della modernita' (1984, tr. it. Laterza). Opere su Juergen Habermas: un'agile introduzione e' il volumetto di Walter Privitera, Il luogo della critica. Per leggere Habermas, Rubbettino, Soveria Mannelli 1996; una recente assai utile monografia complessiva di taglio introduttivo e' quella di Stefano Petrucciani, Introduzione a Habermas, Laterza, Roma-Bari 2000. Joseph Ratzinger, all'epoca del colloquio ricordato nell'articolo cardinale e prefetto della "Congregazione per la dottrina della fede" della Chiesa cattolica apostolica romana, e' oggi di quella Chiesa pontefice col nome di Benedetto XVI] La bibliografia di e su Joseph Ratzinger si e' infittita in modo impressionante negli ultimi mesi, dopo la nomina a pontefice. Si tratta soprattutto di riedizioni, interviste, rapide biografie e colloqui con vari personaggi dell'attualita' politica e culturale. Ma ha un particolare interesse, perche' va al cuore della questione, il confronto del cardinale Ratzinger con Juergen Habermas avvenuto a Monaco nel gennaio del 2004, sui "Fondamenti etici prepolitici di uno Stato liberale" (piu' semplicemente: il ruolo pubblico della religione). Non deve dunque sorprendere che i testi dell'incontro siano usciti simultaneamente in due edizioni: con il titolo Etica, religione e Stato liberale, a cura di Michele Nicoletti, con una premessa di Florian Schuller (Morcelliana, pp. 57, 6 euro), e con il titolo Ragione e fede in dialogo, a cura di Giancarlo Bosetti e con una postfazione di Massimo Rosati (Marsilio, pp. 93, 7,50 euro). Il lettore non trovera', in queste pagine, un aperto annuncio delle idee di fondo che ispirano il nuovo catechismo cattolico (con le imbarazzanti affermazioni su guerra giusta e pena di morte), ne' trovera' traccia delle convinzioni che hanno guidato l'ex prefetto dell'ex Sant'Uffizio nel cogliere al balzo con elegante prontezza, all'indomani dell'ascesa al soglio pontificio, la palla del referendum. Non si troveranno neppure presagi impliciti o espliciti dello sventurato accenno alla natura "anticristiana" del terrorismo. Ratzinger qui non e' il risoluto tradizionalista che abbiamo imparato a conoscere, ma un intellettuale libero e neutrale, interessato all'accordo con il suo interlocutore, pronto a sottolineare i motivi di convergenza a scapito delle ragioni di disaccordo. Habermas d'altra parte non e' qui (solo) il laico difensore di un'idea di Stato autosufficiente, libero da tradizioni religiose e metafisiche, ma il teorico di una filosofia politica attenta al ruolo sociale e "motivazionale" delle credenze religiose. Eppure, a una lettura attenta, nei due brevi discorsi ci sono le premesse di tutto questo, e sono leggibili chiaramente, come cerchero' di evidenziare, tanto in quel che separa i due interlocutori (qualcosa di piu' decisivo di quanto sembri all'apparenza, e stando alle loro parole reciprocamente gentili), quanto in quel che li unisce piu' profondamente (al di la' dell'accordo politico). In particolare, sullo sfondo dell'intero dibattito c'e' una trappola segreta: come una botola, in cui inavvertitamente precipita il laico Habermas, ma su cui vacilla, in bilico, anche il razionalismo cattolico di Ratzinger. * Quel che hanno in comune Ratzinger e Habermas hanno molti punti di contatto: la stessa eta' (Habermas e' nato nel 1929, Ratzinger nel 1927), la stessa nazionalita', una formazione analoga. Entrambi coltivano una precisa opinione circa l'uso pubblico delle idee. Habermas e' notoriamente un teorico della filosofia come attivita' (anche o principalmente) orientata al confronto con la "sfera pubblica"; Ratzinger e' lo studioso e il teologo che ha riversato nel potente apparato mediatico predisposto da Wojtyla i contenuti della sua ricerca sull'ortodossia cattolica, facendo della silenziosa Congregazione per la Dottrina della Fede una voce capace di intervenire nei dibattiti politici e culturali (e' stato da lui lanciato, pare, l'uso delle conferenze stampa per divulgare acquisizioni dottrinarie di interesse sociale). Wojtyla era un papa-filosofo, certamente, ma non come filosofo, bensi' come sacerdote e uomo di chiesa, mirava all'incontro con i media; questo invece e' un papa-intellettuale pubblico, sara' bene ricordarlo. L'avvio della discussione e' cio' che Habermas chiama il "teorema di Boeckenfoerde": un teorema che giudica potenzialmente "pericoloso", e strettamente collegato al neopositivismo giuridico. In base a tale teorema, lo Stato non sarebbe in grado di legittimare se stesso e i propri presupposti, e necessiterebbe dunque di "potenze di supporto" extrarazionali, per esempio: la religione. Ora per Habermas non e' precisamente cosi': la ragione puo' fornire qualche giustificazione al diritto, in particolare avvalendosi di "assunti deboli" sul "contenuto normativo della costituzione comunicativa di forme di vita socioculturali"; ossia: la ragione laica vede quel che succede nel mondo, ne formula una descrizione preliminare idealtipica, e lo traduce in diritto. Sussistono pero' due problemi: il primo e' che la ragione si riconosce come potenza formale super partes, e dunque non puo' entrare nel merito di scelte metafisiche particolari. Essa resta e deve restare neutrale, precisa Habermas, rispetto all'antagonismo tra immagini naturalistiche e immagini religiose del mondo. Il secondo problema e' che quella stessa ragione non puo' fornire motivazioni alla vita politica: nello Stato liberale i cittadini pur essendo consapevoli sul piano cognitivo della necessita' del bene comune, possono mantenersi freddi sul piano motivazionale circa l'opportunita' di prescindere dai propri interessi individuali. Quale e' dunque la soluzione a simili difficolta'? In realta' il teorema di Boeckenfoerde non trova in Habermas vere eccezioni: Habermas ne propone solo una versione attenuata. Per lui infatti la religione fornisce "una potenza di sostegno", una forza a cui e' possibile riferirsi, sul piano motivazionale, anche se non sul piano cognitivo; e d'altra parte la filosofia non deve privilegiare l'immagine scientifica del mondo a scapito di quella religiosa: questa anzi puo' fornire un correttivo alla tendenziale dominanza, nelle societa' liberali, di un "agire orientato al successo". Ecco dunque il motivo dichiarato di incontro tra i due interlocutori. Nelle comunita' religiose, al di la' del dogmatismo e della "coercizione delle coscienze", scrive Habermas, resta intatto un "contenuto prezioso" a cui lo Stato laico deve riferirsi come risorsa vitale per l'acquisizione dei suoi fondamenti prepolitici. Cio' pero' non autorizza a teorizzare una sorta di "plusvalore" che acquisterebbero gli intellettuali orientati a difendere la religione rispetto all'intellettuale laico. Piuttosto, suggerisce che la filosofia, nell'ascoltare le ragioni della fede, non si limita al "rispetto" per le altrui convinzioni, ma si colloca in una posizione di partecipe "disponibilita' ad apprendere". E' una tesi che piace particolarmente al suo interlocutore, il quale insiste solitamente contro la tiepidezza del "cosmopolitismo religioso", e discute la tendenza del cosiddetto logos tecnico-scientifico a ridurre il pensiero religioso in una specie di "riserva", vedendolo come rispettabile quanto irrilevante eccezione al pensiero razionale, buona al piu' per consolare gli umani tecnologici della loro solitudine metafisica. D'altra parte pero', continua ancora Habermas, anche la religione dovrebbe aprirsi all'insegnamento della ragione laica, cosicche' si trattera' di un "doppio apprendimento", di una reciproca disponibilita' all'ascolto. Ratzinger a questo punto e' ben volentieri pronto ad accogliere il bouquet di fiori che gli viene teso, e a ricambiarlo: "sono in forte accordo su quanto ha esposto Habermas... sulla disponibilita' ad apprendere e sull'autolimitazione da entrambi i lati". Perfetto. Tutto dovrebbe procedere ottimamente, con la filosofia che offre contributi cognitivi neutrali e universali al diritto planetario, e la religione che da' contenuti metafisici (rispetto ai quali la ragione filosofica si astiene prudentemente dal giudizio) e offre la forza motivante della vita associata (forza di cui lo Stato puo' agevolmente avvalersi, senza perdere la sua autonomia). Ma posto che sia cosi': come dovrebbe mai configurarsi in pratica il "doppio apprendimento" habermasiano? Per esempio, di fronte al problema della definizione di natura umana in stati protoembrionali, il pensiero religioso dovrebbe interpellare la metafisica laica (posto che una simile metafisica esista)? Oppure: di fronte all'eventualita' di ammettere le donne al sacerdozio, la Chiesa cattolica dovrebbe adattarsi ai criteri della societa' civile, che permette alle donne (beninteso: in linea di principio) di svolgere qualsiasi attivita'? O anche: posto che la Chiesa legittimi l'obiezione di coscienza nel caso dell'aborto, e condanni chi discrimina un operatore sanitario perche' si rifiuta di partecipare al delitto, condannera' anche (per amore di coerenza razionale) chi licenzia un funzionario delle carceri in Florida perche' si rifiuta di partecipare a un'esecuzione capitale? Correlativamente, posto che il laico debba imparare dal pensiero cristiano, da chi dovra' trarre insegnamento, da Leonardo Boff o dal cardinale Ruini? Da Hans Kueng o da Henri de Lubac? Da don Ciotti, o da don Giussani? * Una teoria ingegnosa In realta', non sembra che secondo Ratzinger il pensiero tradizionale della Chiesa cattolica abbia qualcosa da imparare, su temi di interesse sociale. "Io parlerei - cosi' si conclude il discorso ratzingeriano - di una necessaria correlativita' tra ragione e fede, ragione e religione, che sono chiamate alla reciproca purificazione e al mutuo risanamento, e che hanno bisogno l'una dell'altra e devono riconoscersi l'una nell'altra". Eppure, la ragione che ha ispirato la catechesi di Ratzinger non sembra sia stata una ragione secolare, ma piuttosto la ratio tradizionale della Chiesa, nella sua effettivita' piu' antica e intellettualmente stanca, dominata - come si dice - dalla paura della liberta' e della novita' piu' che dal coraggio della carita'. Giancarlo Bosetti nella sua introduzione offre una spiegazione a questa evidente non-consequenzialita': "la bivalenza dell'ex Prefetto della fede sarebbe inspiegabile solo agli occhi di chi non riesce a distinguere tra la dimensione dottrinaria del cattolicesimo e la dimensione pubblica del discorso dei cristiani in quanto partecipi di una 'polifonia' che e' quella della vita sociale". E' una teoria della doppia verita', per cosi' dire, che e' senza dubbio ingegnosa. Ma non so quanto lo stesso Ratzinger possa avallarla: e' essa stessa, peraltro, una teoria profondamente laica; per un credente, che dovrebbe vivere il dogma e non teorizzarci sopra, la distinzione tra "dimensione dottrinaria" e vita non puo' funzionare: per esempio come potra' un credente che si trova a non poter condividere sul piano dottrinale le teorie del suo papa infallibile, partecipare alla messa e al rito dell'eucarestia senza inquietudine, perplessita' e imbarazzo? In ogni caso, il principio formale stabilito da Habermas fa acqua da tutte le parti: la questione in gioco non e' certo una questione di buona volonta' e apertura reciproca. Questo stesso principio peraltro non spiega certamente ne' dissolve il legame strutturale e storico tra integralismo religioso e violenza terroristica che preoccupa Ratzinger ("incute paura il fatto che il terrorismo si legittimi, almeno in parte, con ragioni morali"), e neppure l'attuale alleanza mondiale tra le forze della destra liberista e il tradizionalismo cattolico (che verosimilmente non lo preoccupa affatto). Quale religione e quale pensiero laico dovrebbero confrontarsi? E che cosa realmente avrebbero da imparare l'uno dall'altro? Il fatto e' che Ratzinger e' intimamente persuaso che ci sia poco o nulla da imparare, al di fuori del cattolicesimo. Su questo punto si gioca la vera divergenza con il suo interlocutore, ed e' una divergenza filosofica, che configura Habermas come un pensatore moderno, tipicamente kantiano, e Ratzinger come un pensatore antico, anche se forse in qualche modo piu' vicino agli anacronismi del pensiero globale (e alla sua razionalita' "postsecolare"). Per Habermas infatti ragione e religione sono e devono mantenersi distinte, anche se le forme di vita ispirate alla fede non sono di per stesse "irrazionali", ma per Ratzinger, come per i padri della Chiesa, non e' affatto cosi'. "Vi sono nella religione patologie estremamente pericolose, che rendono necessario considerare la luce divina della ragione, per cosi' dire, come organo di controllo, muovendo dal quale la religione deve necessariamente farsi purificare e ordinare continuamente". L'indizio essenziale e' che la ragione e' "luce divina": dunque a ben guardare la limitazione e' un'autolimitazione. Mentre per Habermas "il discorso secolare e il discorso religioso, dipendente dalle verita' di fede" vanno distinti, e il presupporre questa distinzione e' una delle condizioni per garantire la pace sociale, per Ratzinger c'e' una sola ragione, che si manifesta identicamente nei laici e nei cristiani, salvo sperimentare in piu', nel secondo caso, le dolcezze dell'amore di Dio, e la gioia razionale della completezza della verita'. L'affinita' sostanziale di Illuminismo e Cristianesimo (un punto di vista quasi-hegeliano, anche se Ratzinger teme fortemente Hegel, in cui vede il padre dei padri del comunismo) e' svolta in varie opere dell'attuale pontefice, e in particolare in un libro molto consigliabile, in cui si capiscono bene i percorsi argomentativi di questo papa: Fede, verita', tolleranza. Il Cristianesimo e le religioni del mondo (Cantagalli, Siena, 2003, naturalmente ripubblicato nel marzo di quest'anno). Ma se cosi' e', se la ragione e' una e si esprime come laicita' e verita' divina, non si tratta affatto di reciproca limitazione e doppio apprendimento, bensi' di un esercizio unilaterale dell'intelligente cattolico, che pone rimedio da se' ai propri eccessi ed errori. E se ascolta il discorso laico, non e' per imparare ma per vedere dove il suo antagonista sbaglia, e porre rimedio ai suoi errori epocali. Sembra che Habermas, insistendo sull'astensione della filosofia su temi metafisici sul "debole contenuto normativo" delle ricostruzioni filosofiche, non offra alternative davvero rilevanti per un pensiero religioso in ascolto. Come dire: non c'e' da sorprendersi se la religione ascolta poco, visto che c'e' ben poco da ascoltare, almeno e se la ragione filosofica si autodescrive cosi'. Questa ragione neutrale e disarmata, un po' saccente ma priva di potere motivante, piace in fondo a Ratzinger perche' gli consente comunque di coltivare segretamente l'idea del plusvalore dell'intellettuale religioso (uomo di contenuti, oltre che di forme). Ed e' questo il vero e non dichiarato punto di convergenza tra i due autori. D'altra parte, pero', la sfida allora si ripropone per lo stesso Ratzinger. Sara' davvero pronto Habermas o chi per lui ad ascoltare di buon grado la metafisica e la sociologia della catechesi ratzingeriana, con le sue idee sulle donne, la persona umana, la guerra e l'ordine mondiale? Come si vede, le condizioni per il doppelter Lernprozess sono scarse o nulle, da entrambe le parti. * Poco da imparare e molto da fare C'e' chi ritiene, pero', che l'incontro tra ragione e fede non sia affatto formale, ma sostanziale, e che ci possano essere principi laici che sono perfettamente condivisibili dal pensiero religioso, specie di stampo cristiano. Per esempio, Asor Rosa ha ricordato recentemente il piu' noto e classico: la solidarieta' con gli oppressi, la difesa dei poveri e dei deboli. Suscita un certo imbarazzo tra i credenti un pontefice che si fa presentare il libro da chi, come Marcello Pera, crede, ripete e ribadisce che queste idee sono "la retorica politically correct". Puo' ripeterlo a Joseph Ratzinger, forse, ma non a chi soffre sulla sua pelle o vede le discriminazioni e le ingiustizie subite dalla parte piu' debole della societa' e del mondo (peraltro il giovane Ratzinger che attiro' l'attenzione di Paolo VI scriveva: "Dio, attraverso l'intero processo storico, non e' mai stato dalla parte delle istituzioni, ma sempre dalla parte di chi soffre, dei perseguitati"). Un altro principio semplicemente razionale che la ragione cristiana dovrebbe essere pronta a condividere e' che la difesa della vita umana diventa impraticabile la' dove non c'e' piu' vita umana: se dunque si logorano le condizioni del futuro, se si disperdono le risorse del pianeta, non ci sara' piu' vita da difendere. Molte altre idee, del tutto laiche, immanenti, "secolari", legano il Cristianesimo alle esigenze del mondo attuale, facendone una religione particolarmente adatta alla compatibilita' con un pensiero razionale semplicemente consapevole del presente. Ma questo e' solo un punto di partenza, e non dice ancora nulla sulle scelte effettive che laici e cattolici potrebbero in seguito insieme intraprendere, se mai alla luce dell'unica ragione che dovrebbe illuminare gli uni e gli altri. E' solo un punto di partenza, ma forse gia' permette di capire che c'e' poco da imparare e molto lavoro filosofico da fare, dall'una parte e dall'altra. 6. LIBRI. LIBRERIA DELLE DONNE DI MILANO: PROPOSTE DI LETTURA [Dalla Libreria delle donne di Milano (per contatti: e-mail: info at libreriadelledonne.it, sito: www.libreriadelledonne.it) riceviamo e volentieri diffondiamo] Care amiche, cari amici, spesso in vacanza ci piace leggere piu' che in altri momenti dell'anno. Vi proponiamo dunque qualche idea per le letture estive. Potete acquistare i libri consigliati direttamente in Libreria o scriverci per ordinarli e riceverli per posta in contrassegno. Vi ricordiamo che dopo il 19 luglio non si fanno piu' spedizioni. Buone vacanze. * Consigli di Luisa Muraro - Serena Zoli, La generazione fortunata. Lo speciale destino toccato a chi e' nato tra il 1935 e il 1955, Longanesi, Milano 2005, euro 15. Tutto vero, la storia e' fatta anche cosi'. E divertente. Alle invidiose nate dopo: consolatevi pensando che siete piu' giovani di noi. Tutto vero? A p. 124 trovate una nuova puntata della leggenda metropolitana messa in giro da Silvia Vegetti Finzi sulle pagine del "Corriere della sera", secondo cui l'entrata alla Libreria delle donne, nei primi anni, era vietata agli uomini, bambini compresi. La mia pacata smentita non e' servita a niente, pace. - Giuliana Carugati, Il ragionare della carne. Dall'anima mundi a Beatrice, Manni, San Cesario di Lecce 2004, euro 18. L'autrice e' una fine studiosa di Dante e una conoscitrice di mistica; il libro e' per quelle che vogliono conoscere Dante teologo in lingua materna, e hanno il gusto della ricerca erudita. - Valeria Ando', L'ape che tesse. Saperi femminili nella Grecia antica, Carocci, Roma 2005, euro 21,30. Anche questo e' un libro per chi ama tornare alla cultura imparata sui banchi di scuola e vederla illuminata dal pensiero femminile. * Consigli di Renata Dionigi - Magda Szabo', La porta, Einaudi, Torino 2005, euro 17. Il libro racconta il rapporto tra due donne molto diverse, Magda, una scrittrice di successo, e Emerenc, la donna che l'aiuta nelle faccende domestiche; rapporto difficile e conflittuale che si protrae per quasi vent'anni, fatto di duri confronti e rappacificazioni a volte drammatiche a volte comiche, ma con alla base rispetto e fiducia reciproca. Emerenc e' una infaticabile lavoratrice, aspra, poco loquace, fanatica zoofila, ma anche "passionalmente generosa" e per questo molto amata dalla gente del suo quartiere che accetta le sue stravaganze e l'alone di mistero che sta dietro alla porta della sua casa, porta che nessuno puo' oltrepassare. Quando la scrittrice, credendo Emerenc in pericolo e "credendo di essere saggia" apre la porta vietata e approda al segreto della sua vita, paghera' duramente la sua incapacita' di seguire l'amica nelle sue scelte cosi' estreme. Magda Szabo' e' la piu' grande scrittrice ungherese, La porta e' considerato il suo capolavoro. * Consigli di Donatella Massara - Cynthia Ozick, Eredi di un mondo lucente, Feltrinelli 2005, euro 16,50. E' la mia autrice preferita. In questo romanzo colloca una storia completamente immaginaria in un contesto a spennellate di storia culturale. Il risultato e' una trappola dorata di cui e' difficile perdere per strada la memoria, perche' fatta di sapori, di idee, di invenzioni geniali che Ozick e' bravissima a costruire con naturalezza e originalita'. Inoltre qui campeggiano grandi figure, giovani e non, lotte fra uomini e donne che non si risparmiano colpi, e in cui l'autrice ha il coraggio di mostrare la decadenza dei padri con tenerezza e la vittoria delle madri con un raffinato spirito critico. * Consigli di Annabella Bassani - Lydia Flem, Come ho svuotato la casa dei miei genitori, Archinto, euro 9,50. Capita a tutte, prima o poi, e per tutte o quasi e' sempre una esperienza dolorosa e spesso scioccante. Per fortuna, dopo una elaborazione faticosa, dopo aver superrato i sensi di colpa per dover disperdere oggetti che i genitori hanno raccolto con amore, "scelti con cura, o accumulati per caso, conservati per abitudine o perche' non si puo' mai sapere..." ci si sente quasi sempre piu' leggere. Fa bene a chi ha gia' vissuto l'esperienza e servira' a chi ancora deve affrontarla. * Consigli di Vita Cosentino - Amelie Nothomb, Biografia della fame, Voland 2005, euro 13. Anche quest'ultimo libro di Amelie Nothomb non delude chi, come me, ama la sua scrittura allo stesso tempo cinica e aperta al mutamento. L'inizio e' sfolgorante e contiene un pensiero raffinato. - Jeanne Hersch, Primo amore, Baldini Castoldi Dalai 2005, euro 13,60. Quello che potrebbe essere un romanzo di formazione, assume uno spessore filosofico, pur mantenendo uno stile limpido e lieve. Coinvolge e stimola il pensiero di chi legge. * Consigli di Giulia Rinaldi Mariolina De Angelis, Citta' d'aria, Joker 2005, euro 10. Con la complicita' delle calde, serene sere d'estate, questo libro di poesia concilia la discesa nelle profondita' di se stessi, pur mantenendo la leggerezza propria dell'aria estiva. * Consigli di Laura Colombo - Daniela Padoan, Le pazze. Un incontro con le Madri di Piazza de Mayo, Bompiani 2005, euro 9,50. Come trasformare la sofferenza in lotta? E' questa la sfida di uno straordinario gruppo di donne, le Madres argentine, che Daniela Padoan intervista in modo fine e coinvolgente, regalandoci le loro vive parole. I brevi approfondimenti storico-politici rendono magistralmente il contesto dei racconti. Un libro imperdibile. 7. RILETTURE. NADIA FUSINI, MARIELLA GRAMAGLIA (A CURA DI): LA POESIA FEMMINISTA Nadia Fusini, Mariella Gramaglia (a cura di), La poesia femminista, Savelli, Roma 1974, pp. 304. Un'antologia di poesie di autrici americane, inglesi e francesi impegnate nel movimento femminista o comunque sentite vicine o interne alla sua riflessione, con testo originale a fronte e traduzione delle curatrici. 8. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 9. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at inwind.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 991 del 14 luglio 2005 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione).
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