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La nonviolenza e' in cammino. 983
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 983
- From: nbawac at tin.it
- Date: Wed, 6 Jul 2005 13:21:56 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 983 del 6 luglio 2005 Sommario di questo numero: 1. Enrico Peyretti: La caduta. Riflessioni su un film 2. Manuela Cartosio ricorda Alexander Langer 3. Umberto Curi presenta "Dell'Iliade" di Rachel Bespaloff 4. Rosino Gibellini: Yves Congar (1904-1995) in memoriam. A dieci anni dalla morte (22 giugno 1995) 5. Con "Qualevita", la lezione di Aung San Suu Kyi 6. Riletture: Rosalba Campra, America Latina: l'identita' e la maschera 7. Riletture: Rosa Rossi, Ascoltare Cervantes 8. La "Carta" del Movimento Nonviolento 9. Per saperne di piu' 1. RIFLESSIONE. ENRICO PEYRETTI: LA CADUTA. RIFLESSIONI SU UN FILM [Ringraziamo Enrico Peyretti (per contatti: e.pey at libero.it) per questo intervento. Enrico Peyretti e' uno dei principali collaboratori di questo foglio, ed uno dei maestri piu' nitidi della cultura e dell'impegno di pace e di nonviolenza. Tra le sue opere: (a cura di), Al di la' del "non uccidere", Cens, Liscate 1989; Dall'albero dei giorni, Servitium, Sotto il Monte 1998; La politica e' pace, Cittadella, Assisi 1998; Per perdere la guerra, Beppe Grande, Torino 1999; Dov'e' la vittoria?, Il segno dei Gabrielli, Negarine (Verona) 2005; e' disponibile nella rete telematica la sua fondamentale ricerca bibliografica Difesa senza guerra. Bibliografia storica delle lotte nonarmate e nonviolente, ricerca di cui una recente edizione a stampa e' in appendice al libro di Jean-Marie Muller, Il principio nonviolenza, Plus, Pisa 2004 (libro di cui Enrico Peyretti ha curato la traduzione italiana), e una recente edizione aggiornata e' nei nn. 791-792 di questo notiziario; vari suoi interventi sono anche nei siti: www.cssr-pas.org, www.ilfoglio.org e alla pagina web http://db.peacelink.org/tools/author.php?l=peyretti Una piu' ampia bibliografia dei principali scritti di Enrico Peyretti e' nel n. 731 del 15 novembre 2003 di questo notiziario. Il film che ha dato occasione a queste considerazioni e' "La caduta" (Der Untergang), di Oliver Hirschbiegel, con Bruno Ganz, Alexandra Maria Lara, Corinna Harfouch (Germania 2004, 150 minuti) sugli ultimi giorni di Hitler. Sul film "Il leone del deserto", di Moustapha Akkad, e' disponibile in italiano il libro a cura di Alvaro Romei, Il leone del deserto. La guerriglia libica di Omar Muktar contro i fascisti italiani. La storia, la realta' e i dialoghi del film di Moustapha Akkad, Napoleone, Roma 1985, che tra vari altri utili materiali contiene anche la sceneggiatura. Sull'eroica figura di Omar al-Muktar e la lotta di liberazione contro il colonialismo italiano in Libia cfr. ovviamente Angelo Del Boca, Gli italiani in Libia, 2 voll., Laterza, Roma-Bari 1986-1988, poi anche Mondadori, Milano 1993-1994] Cosi' sprofonda un impero: nella distruzione delle citta' in fiamme, nella tragedia del popolo trascinato al fondo, nella serie di fughe o suicidi dei cortigiani, nell'auto-rogo dell'imperatore suicida, il piu' dannoso kamikaze della storia. Il racconto degli ultimi dodici giorni di Hitler nel bunker sotto la Kanzlei, pur attento ai dati storici, e' piu' paradigmatico che storico. Vale dunque per oggi e per domani, questa lezione del passato. La potenza violenta culmina, o s'inabissa, nella follia isterica del suo principale autore, e nella mortale impotenza dei suoi complici servili, lasciando dietro di se' la strage del loro popolo, insieme a tante altre vittime. Il film e' un atto dell'autocoscienza tedesca, come ha dichiarato lo sceneggiatore: "E' giunto il momento per i registi tedeschi di avere il coraggio di portare sulla scena gli eventi piu' cupi e traumatici della nostra storia". E' un contributo alla radioterapia delle metastasi naziste nel corpo tedesco. * Questo momento di radicale autocoscienza non e' ancora giunto per il cinema italiano. C'e' un grande film sul consenso complice degli italiani al fascismo? C'e' un grande film sui crimini di guerra italiani, dei nostri ufficiali e soldati, in Jugoslavia, Albania, Grecia? C'e' un grande film sul razzismo fascista tollerato ieri, per poter rinnegare quello leghista di oggi? C'e' un grande film sulle violenze coloniali e razziste degli "italiani brava gente" nella conquista e nel dominio coloniale, in Libia, in Etiopia? Buoni libri di storia ce n'e', ma grandi film no. Si', un film sulla resistenza libica guidata da Omar al-Muktar e ferocemente stroncata dai militari italiani obbedienti al generale Graziani, c'e', ma non e' italiano: The Lion of Desert (Il leone del deserto), diretto da Moustapha Akkad, film che non ha mai avuto una adeguata distribuzione in Italia per una sorta di autocensura dell'industria culturale italiana nel cinema, che manca l'occasione di un dibattito pubblico sui crimini del colonialismo italiano. Anche la cultura della sinistra non riesce a fare i conti con il passato coloniale italiano, non ha il coraggio di un tale esame di coscienza nazionale, necessario antidoto al nazionalismo e al razzismo che oggi tornano a infettare la salute civile italiana. Si da' rilievo (il libro di Pansa), fondatamente, agli aspetti violenti della Resistenza, ma sarebbe un rilievo piu' onesto se mettesse in luce che l'ubbidienza alle guerre fasciste fu la complicita' nazionale italiana con la violenza. Il Presidente Ciampi ha elogiato i combattenti e caduti di El Alamein, nella guerra fascista aggressiva, ma non ha elogiato i resistenti alla nostra violenza coloniale e bellica, come Omar al-Muktar, il Leone del deserto, oltraggiato e impiccato dai soldati di Graziani. * Torniamo a La caduta, di Oliver Hirschbiegel. Due sono gli scenari: il sotterraneo cemento aspro del bunker, e le vie di Berlino, martellate dalle cannonate russe. Tra i vivi sotto terra, le facce di Hitler e Goebbels sembrano staccate da un antico affresco dell'inferno nel Giudizio finale: sono le facce deformi dei dannati e dei diavoli. Ma ci sono anche i volti freschi e puliti di Junge Traudl, la segretaria di Hitler, ignara del peggio, e soprattutto dei sei bambini di Goebbels, che cantano, allegri e divertiti, incuriositi dal diversivo. C'e' anche il bel viso di Eva Braun, che rappresenta la fedelta' bella e ambigua della Germania obbediente, fedele al crimine per essere fedele all'uomo criminale. Al rimbombo dei passi vicini della disfatta, organizza una festa obbligatoria e balla sfrenata sul tavolo, fin quando lo permette la bomba successiva. Eva Braun e' la versione forzatamente allegra della stessa cecita' isterica che esplode cupa in Hitler alle notizie che le possibilita' di lotta sono finite. Il Fuehrer barcolla nella psiche, come nel fisico curvo e tremante, tra allucinazioni di potenza invincibile, attese irreali di capovolgimento della situazione disperata ("Appena avro' risolto l'attuale situazione..."), consapevolezza della fine, crisi furibonde e isteriche contro i suoi generali inetti e vigliacchi e contro il popolo tedesco, indegno di vivere senza di lui. Per lui, la fine dell'impero e' la fine personale e - estrema folle identificazione - fine della nazione e della storia: "Non possiamo farci scrupoli per i cosiddetti civili". "Se perdiamo la guerra non ha senso che il popolo tedesco sopravviva". Goebbels gli fa eco: "Non provo compassione per il popolo tedesco: ci ha detto si', ora deve lasciarsi tagliare la gola". Dice ancora Hitler: "La vita non permette debolezze. La pieta' e' contro natura". "Se il popolo tedesco soccombesse non verserei una lacrima". Eppure, quando prende commiato da Speer, una lacrima scende dal suo occhio. Niente e' totale, neppure la crudelta' hitleriana. Sfocato, su una parete di fondo, c'e' anche un quadro della Madonna col Bambino. Hitler e' gentile coi suoi ospiti, quanto feroce col mondo. Persino Goebbels piange, quando Hitler gli ordina di andare via, perche' non ha mai disobbedito al suo Fuehrer. Anche lui farnetica: "Risorgeremo al di sopra di tutti, puri e immacolati". Chi verra' dopo non dovra' poter toccare nemmeno le ossa del Fuehrer vinto, che non accettera' mai la resa. Il fuoco che predispone per se', dopo il veleno fulminante e la ben studiata "esplosione del cranio", e' simbolo del nulla che egli vede al di fuori di se'. Tutto e' travolto con lui, anche il bel cane, anche il fiore eroico nel buio cortile. La morte sembra vincere su tutto, sul senso violato del limite, sul futuro, che sono i bimbi, il popolo. Un'altra orrenda fedelta' infernale e' quella degli alti ufficiali, incapaci di imporre la realta' al capo folle, schiavi del giuramento ad una tale persona e non ad un valore. Salvo alcuni pochi, che tentano almeno una via di umanita' nella cura delle vittime, essi scioglieranno le fila sparpagliandosi tra il suicidio (anche a tavola, con l'intera famiglia) e la fuga. Il culmine drammatico del racconto e' quando la moglie di Goebbels, prima di morire col marito, uccide con metodo e calma i suoi sei bambini, perche' "Dopo Hitler non meritera' vivere". "Se l'ideale del nazismo muore non ci sara' un futuro". Il marito l'attende fuori dalla stanza. Lei rifiuta la mano che lui le tende, e va a giocare un solitario. In questa donna e' rappresentato il giudizio della morte sulla vita: la morte e' nella madre, la vita nella vivacita' soppressa dei bambini. Il passato vuole spegnere il futuro. Hitler l'aveva decorata come "la piu' eroica madre del Reich". * Il film di Oliver Hirschbiegel non e' solo una tragedia tedesca: il tema e' quello classico, della tensione fra la tracotanza che squilibra e la giustizia che quasi fatalmente e al caro prezzo di una distesa di morte, riequilibra le cose; e' un ultimo nuovo racconto della tragedia universale di ieri e di domani, se non la sapremo disinnescare con la presa di responsabilita'. Riconoscere questa tragedia nel presente, attorno e addosso a noi, non e' facile come vederla nel passato. Il futuro di quella Germania impazzita, che fucila e impicca come disertori i civili che non combattono, e dunque il futuro anche dell'umanita' oltre l'impazzimento della violenza, e' rappresentato in un altro bambino, nelle vie infuocate di Berlino. Il bimbo dapprima combatte contro i panzer russi, sfiora la morte, e' decorato da un Hitler ridotto a rottame, nell'angusto cortile del bunker, infine torna dai genitori, e quando anche loro saranno agganciati dalla morte, raggiunge per caso e prende per mano Junge, la giovane segretaria, e con lei evade dall'inferno e dalla guerra. Junge rappresenta la parte di Germania ignara, coinvolta, ma capace di ripensare. Lei e' protagonista della prima scena notturna, buia, e dell'ultima, luminosa, nella campagna, sulle vie e i ponti bombardati ma ancora percorribili a piedi o in bici. Il futuro negato da Hitler, esiste. Tanti anni dopo, carica di tempo, Junge si riconoscera' nella memoria della coetanea Sophie Scholl, volto della Germania libera e coraggiosa, la Rosa Bianca piu' forte della morte. Ho qui sette fili d'erba, che raccolsi sulla tomba di Sophie e Hans, a Monaco, l'8 agosto 2003. Quell'erba nasce ancora. Il fuoco cadaverico di tutti i Fuehrer della storia non la raggiunge. 2. MEMORIA. MANUELA CARTOSIO RICORDA ALEXANDER LANGER [Dal quotidiano "Il manifesto" del 3 luglio 2005. Manuela Cartosio e' giornalista e saggista, particolarmente attenta ai movimenti e alle lotte sociali. Alexander Langer e' nato a Sterzing (Vipiteno, Bz) nel 1946, e si e' tolto la vita nella campagna fiorentina nel 1995. Promotore di infinite iniziative per la pace, la convivenza, i diritti, l'ambiente. Per una sommaria descrizione della vita cosi' intensa e delle scelte cosi' generose di Langer rimandiamo ad una sua presentazione autobiografica che e' stata pubblicata col titolo Minima personalia sulla rivista "Belfagor" nel 1986 (poi ripresa in La scelta della convivenza). Opere di Alexander Langer: Vie di pace. Rapporto dall'Europa, Arcobaleno, Bolzano 1992; dopo la sua scomparsa sono state pubblicate alcune belle raccolte di interventi: La scelta della convivenza, Edizioni e/o, Roma 1995; Il viaggiatore leggero. Scritti 1961-1995, Sellerio, Palermo 1996; Scritti sul Sudtirolo, Alpha&Beta, Bolzano 1996; Die Mehrheit der Minderheiten, Wagenbach, Berlin 1996; Piu' lenti, piu' dolci, piu' profondi, suppl. a "Notizie Verdi", Roma 1998; The Importance of Mediators, Bridge Builders, Wall Vaulters and Frontier Crossers, Fondazione Alexander Langer Stiftung - Una Citta', Bolzano-Forli' 2005; Fare la pace. Scritti su "Azione nonviolenta" 1984-1995, Cierre - Movimento Nonviolento, Verona, 2005; Lettere dall'Italia, Editoriale Diario, Milano 2005. Opere su Alexander Langer: Roberto Dall'Olio, Entro il limite. La resistenza mite di Alex Langer, La meridiana, Molfetta 2000; AA. VV., Una vita piu' semplice. Biografia e parole di Alexander Langer, Terre di mezzo - Altreconomia, Milano 2005. Si sta ancora procedendo alla raccolta di tutti gli scritti e gli interventi (Langer non fu scrittore da tavolino, ma generoso suscitatore di iniziative e quindi la grandissima parte dei suoi interventi e' assai variamente dispersa). Si vedano comunque almeno i fascicoli monografici di "Azione nonviolenta" di luglio-agosto 1996, e di giugno 2005; l'opuscolo di presentazione de La Fondazione Alexander Langer - Stiftung, suppl. a "Una citta'", Forli' (per richieste: tel. 054321422; fax 054330421, e-mail: unacitta at unacitta.it, sito: www.unacitta.it), ed il nuovo fascicolo edito dalla Fondazione nel maggio 2000; una nuova edizione ancora e' del 2004 (per richieste: tel. e fax 00390471977691, e-mail: info at alexanderlanger.org, sito: www.alexanderlanger.org); la Casa per la nonviolenza di Verona ha pubblicato un cd-rom su Alex Langer (per informazioni: tel. 0458009803; fax 0458009212; e-mail: azionenonviolenta at sis.it, sito: www.nonviolenti.org). Indirizzi utili: Fondazione Alexander Langer Stiftung, via Portici 49 Lauben, 39100 Bolzano-Bozen, tel. e fax 00390471977691; e-mail: info at alexanderlanger.org, sito: www.alexanderlanger.org] Questa non e' la storia di Alex Langer, la figura piu' eccentrica, poliedrica, mite e tragica della generazione del '68 italiano e dell'ambientalismo europeo. L'autoritratto che consegno' nel 1986 alla rubrica Minima personalia di "Belfagor" e' un capolavoro cosi' perfetto per profonda brevita' da far sembrare impari qualsiasi aggiornamento di mano esterna. Qui, piu' modestamente, raccontiamo attraverso le testimonianze di alcuni compagni di viaggio un'assenza-presenza che oggi compie dieci anni. Dura dal 3 luglio 1995. Quel giorno a Pian dei Giullari - archetipo delle amene colline fiorentine persino nel nome - Alex l'infaticabile si diede la morte impiccandosi a un albicocco. "I pesi mi sono divenuti insostenibili", lascio' scritto, "non siate tristi, continuate in cio' che era giusto". * A quei "pesi" in molti attribuimmo per istinto il nome della Bosnia. A maggio, sulla piazza di Tuzla una bomba serba aveva fatto strage di giovani (70 morti). Il 26 giugno, a un vertice di capi di stato riuniti a Cannes, Langer con altri europarlamentari aveva lanciato per l'ultima volta il suo appello: "L'Europa nasce o muore a Sarajevo". Il massacro su scala industriale di Srebrenica, il 12 luglio, sembro' dare una giustificazione postuma allo strappo di Alex: lui pacifista integrale si era convinto che per fermare l'orrore fosse necessario l'intervento della Nato. Il disastro nella ex Jugoslavia certo peso', dice il bolzanino Edi Rabini, il piu' stretto e assiduo collaboratore di Langer, l'ombra di un uomo che preferiva il minuto lavoro sul campo alle luci della ribalta. E pero' l'angoscia, la fatica, la stanchezza si erano insinuate nelle vita di Alex da prima. Nel 1993 pensa di ritirarsi dall'attivita' politica, "per ragioni che non intendo rendere pubbliche", scrive nella bozza di una lettera di dimissioni che resta nel cassetto. Due anni dopo, Alex si dimette dalla vita. "Un lutto che non finisce mai" per Edi che ha riempito il vuoto lavorando a tempo pieno alla Fondazione Langer. Ha ordinato carte, raccolto scritti sparsi in rivistine scolastiche e parrocchiali, organizzato festival e incontri internazionali, assegnato premi a chi opera per la convivenza interetnica, la pace, la giustizia, il rispetto dell'ambiente. Le carte d'archivio - 1.911 fascicoli che riempivano 187 scatolini - sono state da poco ordinate su "206 metri lineari di scaffalature". Il mitico indirizzario di Alex - diecimila nomi schedati in ordine alfabetico, per citta' e per ambito tematico - era stato travasato dalla carta al "computerino" che negli ultimi anni il "viaggiatore leggero" aveva aggiunto allo zainetto. Scriveva dappertutto, "in treno, in aereo, nelle stazioni". Articoli, interventi, promemoria, domande a se stesso e una valanga di cartoline, perche' i diecimila erano persone da ricordare "una ad una". Viaggiatore leggero, anima nomade, visionario concreto, costruttore di ponti, saltatore di muri, facitore di paci. In tanti hanno cercato di stringere in una definizione la complessita' di Langer. Edi resta affezionato a quella preferita da Alex: hoffnungstraeger, portatore di speranza. Si', speranza, anche se si e' ucciso "piu' disperato che mai". L'attualita' di Alex, secondo l'amico Edi, non consegue banalmente dal persistere dei problemi su cui si e' arrovellato. Deriva dalla "durata" e dalla "profondita'" del suo scrivere e pensare. "Per questo possiamo usare Alex come un angelo custode segreto (bella e involontaria definizione, ndr), anche se la responsabilita' di quel che vien dopo e' tutta nostra". * Guido Viale, militante di Lotta continua e ambientalista senza collare, la definizione ce l'ha pronta: "Un grande statista senza Stato". Statista perche' Alex non andava in giro ad acchiappare farfalle, era una persona "molto concreta", un "realista". Solo i fessi o i disinformati credono che il "limite" e la "conversione ecologica" siano cose da anime belle. La profonda ispirazione etico-religiosa in Alex era coniugata con una forte inclinazione al fattibile. La conversione ecologica, il "pentimento" dei ricchi e dei sazi, non puo' essere imposta d'autorita'. "Va resa socialmente desiderabile", ripeteva Langer. Smetto d'usare l'automobile se ho un "guadagno" andando in autobus. Spetta alla politica creare le condizioni perche' il guadagno risulti evidente. Altrimenti, il pentimento resta per forza esercizio solo di minoranze sensibili, avvedute, meritevoli. La "voce" di Alex, aggiunge Viale, manca in Italia e manca in Europa. "Non mi azzardo a dire che sarebbe seguita, ma ascoltata si'". Il tragitto di Franco Travaglini, un altro della covata di Lotta continua, ha incrociato di nuovo quello di Langer alla la Fiera delle utopie concrete di Citta' di Castello. Il bello di Alex? "Era una persona con cui si poteva non andare d'accordo. La differenza non era un muro invalicabile, non uscivi dal suo orizzonte perche' la pensavi diversamente". Io, spiega Travaglini, non sono mai stato pacifista e nonviolento in senso stretto ed integrale, "alla Capitini". Alex lo era. Questa differenza, invece che allontanarci, ci ha resi reciprocamente piu' interessanti. Chiedere l'intervento armato in Bosnia fu un trauma che ad Alex costo' parecchio nel rapporto con se stesso. "Il movimento pacifista italiano lo considero' un traditore, temo che molti lo pensino ancora". Traditore, nel lessico di Langer, era una parola positiva. Per fare le paci, diceva, servono "traditori" delle rispettive appartenenze che si parlino. Il "metodo" Alex l'aveva pensato e sperimentato per il suo Sud Tirolo - Alto Adige e voleva esportarlo nel mondo. * E' il 1962, "l'anno dei fuochi" in Alto Adige, quando Lidia Menapace, insegnante al liceo italiano di Bolzano, nota tra le facce giovani che organizzano una contromanifestazione per il 4 novembre - "anniversario della Vittoria con fanfare nazionaliste" - quella di Alex, studente al liceo tedesco dei francescani. "Un grillo che saltava di qua e di la', parlando in tutte le lingue, citando tutte le letterature e tutte le teologie. Faceva gia' impressione. Non era un cattolico per caso, perche' nato sotto un campanile. Lo era per scelta". Amibile, gentile, dolce con gli altri. Forte e fragile con se stesso per la durezza che si imponeva. "Non si perdonava niente". Con quel ragazzo fattosi adulto Lidia ricorda d'aver "litigato parecchio". Per la posizione sui Baschi e sull'aborto, prima ancora che sull'intervento armato in Bosnia. "Invito' Ratzinger a Bolzano per un dibattito sull'aborto. Senza contraddittorio! Noi femministe insorgemmo. Il cardinale rifiuto' il confronto e resto' a casa". Il suicidio di Alex suggella tragicamente una sconfitta individuale e collettiva? La parola sconfitta non piace a Lidia, "la storia ha un andamento carsico". Sceglie per ricordare Langer una frase di Pascoli, antieroica per eccellenza: "Mi dispiace morire, sono pieno di semi come una zucca". Anche qui, un coincidenza: "la semina verde" era una delle espressioni ricorrenti di Alex. * Le buone idee possono "andare in letargo" come gli animali, ma poi si risvegliano al cambio di stagione. Pensa positivo anche Wolfgang Sachs, del Wuppertal Institut, prestigiosa fucina dell'ambientalismo tedesco. "Un traduttore infaticabile", e' la sua definizione di Alex. "L'ho pensato la prima volta che l'ho incontrato, un dibattito a Trento nel 1983. Io parlavo e lui traduceva, instancabile nel mettersi al servizio, anche se aveva sulle spalle un viaggio massacrante". La metafora del "traduttore" vale per l'intera vita di Alex. Traduttore da una lingua all'altra, "ogni lingua e' una vita", diceva. Il mestiere del traduttore come "carta di riserva" da giocare nei momenti difficili (sua la traduzione in tedesco di Lettera a una professoressa, sua la traduzione simultanea di Dario Fo che recita Mistero Buffo in Germania). Traduttore nel senso anche di "traghettatore". Come San Cristoforo, il santo particolare di Alex, che non disdegna l'umile compito di portare sulle spalle da una sponda all'altra del fiume un Bambinello che si rivelera' molto speciale. Il Sud Tirolo non sara' un paradiso, ammette Sachs, ma poteva finire molto male senza il ruolo positivo dei traghettatori, dei saltatori di muri come Alex. "Almeno qui, un parziale successo l'abbiamo avuto". * Gianni Saporetti, che a Forli' con un gruppo di amici-compagni edita "Una citta'", mensile molto langeriano che dalla "provincia" guarda al mondo, ci sorprende. Definisce Alex "un grandissimo militante". Non e' una parolaccia, dice, da consegnare alla pattumiera della storia. Alex era flessibile, disponibile, pluralista, aperto. "Pero' militava con dedizione. Magari ce ne fossero altri". Il contrasto tra percezione della finitezza ambientale e illimitata abnegazione di se' e' il tratto che piu' colpi' Mario Agostinelli nell'incontro "tardo, ma amicale e stimolante" con Langer. Ad Alex interessava il sindacalista perche' aveva ben chiaro che il lavoro e' "parte rilevante di ogni trasformazione". Al segretario della Cgil lombarda interessava il Verde perche' il lavoro deve rispettare l'ambiente. "Alex era un mite frenetico, il suo tempo era troppo denso". Aveva rovesciato il motto olimpico "piu' veloce, piu' alto, piu' forte" nel motto verde "piu' lento, piu' profondo, piu' dolce". Profondo e dolce lo era. Ma l'unica cosa lenta che aveva "era la Dyane rossa". * Postilla: Due libri e un video per Alex, "uno che non trovava mai pace" Quando arriva il '68, Alex Langer e' gia' un "adulto". Non tanto per eta' anagrafica, era nato nel 1946 a Sterzing (Vipiteno) da padre ebreo viennese non praticante e da madre cattolica sudtirolese, ma per formazione culturale e politica. Il "muro etnico", il "locale" - anche se allora non si diceva cosi' - detta a Langer le scelte fondamentali che terra' ferme per tutta la vita: parlare piu' lingue, costruire ponti, attraversare confini, senza pero' perdere identita', memoria, radici. I primi viaggi li fa in motorino, attraversa a nuoto il lago di Garda, segue un corso di stenografia. E' lo stesso ragazzino con i denti da coniglio che legge in latino, padroneggia l'antico e il nuovo testamento, sforna rivistine a getto continuo, organizza gruppi di discussione tra giovani di lingua italiana e tedesca. La prima laurea la prende a Firenze (dove frequenta i cattolici del dissenso), la seconda a Trento. Insegna in varie citta', milita in Lotta continua, lavora tra gli immigrati in Germania dove vede affacciarsi il movimento pacifista. Nel 1978 in Sud Tirolo viene eletto consigliere regionale nella lista Nuova Sinistra. Al censimento dell'81 rifiuta la schedatura etnica nominativa. Fara' lo stesso nel '91 e il rifiuto gli impedira' di candidarsi sindaco di Bolzano nel '95. Negli anni Ottanta promuove in Italia e in Europa il movimento politico dei Verdi, l'ambientalismo, il consumo equo e solidale. E' eletto piu' volte europarlamentare verde a Strasburgo. Negli anni Novanta si impegna nella Campagna "Nord-Sud: biosfera, debito e sopravvivenza dei popoli" e si butta anima e corpo nell'Est terremotato dalla caduta del muro di Berlino: ex Jugoslavia, Albania, Cecenia. Nel decennale della morte di Langer, due libri si aggiungono all'ormai classico Il viaggiatore leggero, curato da Edi Rabini per Sellerio. Terre di mezzo pubblica Una vita piu' semplice, biografia e parole di Alexander Langer. "Era speciale, ma non unico", scrive nella prefazione Giuseppina Ciuffreda. Il settimanale "Diario" ha raccolto in Lettere dall'Italia una scelta delle corrispondenze (una al mese per undici anni) inviate da Langer alla rivista "Kommune" di Francoforte. In quel caso, Alex traduceva noi italiani per i tedeschi. Un cortometraggio, realizzato da due giornalisti tedeschi, ricorda Alex Langer tramite interviste ad Adriano Sofri e a Daniel Cohn-Bendit. Ne abbiamo visto uno spezzone sottotitolato e ci e' rimasta impressa una domanda dell'intervistatrice a Sofri: "Dunque, era uno che non trovava mai la pace?". Proprio cosi', risponde Adriano Sofri, "non si puo' amare la pace senza sentirne la mancanza". 3. LIBRI. UMBERTO CURI PRESENTA "DELL'ILIADE" DI RACHEL BESPALOFF [Dal quotidiano "Il mattino di Padova" del 23 novembre 2004 riprendiamo il seguente articolo. Dal sito dell'Enciclopedia multimediale delle scienze filosofiche (www.emsf.rai.it) riprendiamo la seguente scheda: "Umberto Curi, nato a Verona il 4 settembre 1941, e' professore ordinario di storia della filosofia moderna e contemporanea e professore incaricato di filosofia della scienza presso la facolta' di lettere e filosofia dell'Universita' di Padova. E' membro del Comitato direttivo della Biennale internazionale di Venezia e dell'International Society of Art and Science; fa parte del Comitato di iniziativa delle Giornate delle genti e delle regioni d'Europa, e del Comitato per i rapporti tra Veneto e Slovenia. Ha tenuto seminari e conferenze presso le Universita' di Barcellona, Boston, Buenos Aires, Lima, Rio de Janeiro e corsi di lezioni presso la Scuola di specializzazione in psicologia dell'Universita' Statale di Milano e presso la Scuola di perfezionamento in metodologia delle scienze dell'Universita' di Padova. E' membro del Comitato scientifico delle Venice Conferences on philosophy and cosmology. Giornalista pubblicista, collabora con numerosi quotidiani e periodici nazionali. Umberto Curi ha sviluppato la sua ricerca lungo tre direttrici principali. In primo luogo ha analizzato gli aspetti fondamentali dell'epistemologia contemporanea e i rapporti tra filosofia e scienza nel pensiero del '900; in secondo luogo ha delineato una ricostruzione storica del rapporto tra modelli di razionalita' e pratiche scientifiche nel pensiero filosofico-scientifico da Platone ad Einstein; in tempi piu' recenti, l'interesse dell'autore si e' concentrato su alcune tematiche fondamentali del pensiero classico quali il rapporto amore-conoscenza, la relazione tra politica e guerra e il nesso conoscenza-dolore. Opere di Umberto Curi: fra le numerose pubblicazioni dedicate prevalentemente ad argomenti di carattere storico-scientifico ed epistemologico, si segnalano: Il problema dell'unita' del sapere nel comportamentismo, Cedam, Padova, 1967; Analisi operazionale e operazionismo, Cedam, Padova, 1977; La ricerca in America, Marsilio, Venezia, 1978; Katastrophe'. Sulle forme del mutamento scientifico, Marsilio, Venezia, 1982; La linea divisa, De Donato, Bari 1983, 1988; Pensare la guerra, Dedalo, Bari, 1985; Dimensioni del tempo, Franco Angeli, Milano, 1987; L'opera di Einstein, Corbo, Ferrara, 1988; La cosmologia oggi tra scienza e filosofia, Corbo, Ferrara, 1988; The antropic principle, Cambridge, 1991; Metamorfosi del tragico tra classico e moderno, Bari, 1991. Sul sistema politico italiano, Curi ha pubblicato alcuni volumi particolarmente originali: La politica sommersa, Franco Angeli, Milano, 1989; Lo scudo di Achille, Franco Angeli, Milano, 1990; La repubblica che non c'e', Franco Angeli, Milano,1992". Rachel Bespaloff, musicista e filosofa, nata nel 1895 da una famiglia ebraica in Ucraina, figlia del pensatore e militante sionista Daniel Pasmanik; nel 1897 la famiglia si trasferi' a Ginevra, in Svizzera; visse poi in Francia - a Parigi nel 1922 si sposo' con Shraga Nissim Bespaloff - e, dal 1942, esule negli Stati Uniti, a New York, dove lavoro' alle trasmissioni radiofoniche in francese a sostegno della lotta contro il nazifascismo, e fu poi docente universitaria; si tolse la vita nel 1949. Brillante allieva del musicista Ernest Bloch, nel 1925 l'incontro con Lev Sestov la oriento' a privilegiare la filosofia rispetto alla musica. Fu in fecondo contatto intellettuale anche con Daniel Halevy, Gabriel Marcel, Jean Wahl (con cui ebbe un rilevante carteggio). Nel 1935 pubblica Cheminements et carrefours; nel 1943 Dell'Iliade; e nel corso del tempo numerosi rilevanti saggi prevalentemente di argomento filosofico e letterario. Opere di Rachel Bespaloff: Cheminements et carrefours, 1935; Dell'Iliade, 1943; Lettres a' Jean Wahl 1937-1947] Con un catalogo ormai ricco di quasi 200 titoli, pubblicati nell'arco degli ultimi cinque anni, la casa editrice "Citta' aperta" si sta ormai imponendo come una realta' fra le piu' innovative e intraprendenti nel panorama editoriale italiano. Oltre che per la quantita' ormai ragguardevole, l'offerta di libri si segnala soprattutto per due caratteristiche. Da un lato una limpida "linea" editoriale, perseguita con grande coerenza, nella valorizzazione di testi della ricerca teorica contemporanea attenta alle problematiche del sociale. In secondo luogo, un notevole acume nella individuazione di autori ingiustamente trascurati o addirittura del tutto sconosciuti in Italia (fra gli altri, Roger Caillois e Louis Massignon, Osip Mandel'stam e Maria Zambrano). Il merito principale di questa encomiabile iniziativa editoriale va riconosciuto ad un intellettuale veneto, Mario Bertin, il quale ha fondato e ora dirige questa giovane casa editrice a Troina, un paese della provincia di Enna, dopo aver compiuto una proficua esperienza presso le Edizioni Lavoro, la casa editrice della Cisl. E' di questi giorni l'uscita in libreria del volume piu' recente, destinato a proporsi come un vero e proprio "caso" editoriale, vale a dire il saggio di Rachel Bespaloff, Dell'Iliade (90 pp., 10 euro). Nata nel 1895 in Ucraina, da famiglia ebrea, allieva di Lev Sestov a Ginevra, stimata da autori come Gabriel Marcel e Jean Wahl, i quali ne lodano "la bellezza e la grande intelligenza", dopo aver lasciato l'Europa nel 1942, l'autrice si trasferisce negli Stati Uniti, dove insegna letteratura francese fino al 1949, anno in cui pone fine ai suoi giorni col suicidio. Nessuno di coloro che le erano vicini pote' comprendere le ragioni di un gesto che rimase inspiegabile. Come e' ormai noto, il Novecento e' stato un secolo che ha visto alla ribalta numerose figure di filosofe donne: da Hannah Arendt a Simone Weil, da Edith Stein a Maria Zambrano, da Etty Hillesum fino a Martha Nussbaum (tuttora vivente), si puo' dire che nella filosofia contemporanea la presenza del pensiero femminile costituisce uno degli aspetti di piu' spiccata novita' e anche di maggiore incisivita'. Non si tratta, infatti, solo di un dato puramente anagrafico, relativo al sesso delle autrici, ma di un aspetto che tocca direttamente lo stile, il taglio, i contenuti della riflessione, nel senso che il pensiero femminile si distingue talora nettamente dall'elaborazione filosofica al maschile, quasi sempre per la capacita' di atteggiare nuove modalita' di ricerca e di riflessione. Ne abbiamo una conferma proprio leggendo questo denso e penetrante libro della Bespaloff, qui alle prese con un tema - l'interpretazione dell'Iliade - sul quale si era cimentata, all'incirca negli stessi anni, anche Simone Weil, che al poema omerico aveva dedicato uno scritto di grande suggestione, quale e' L'Iliade poema della forza. D'accordo nel sottolineare la centralita' della forza nell'Iliade (ma il testo della Bespaloff e' anteriore di tre anni, rispetto a quello della Weil), le due autrici divergono nel giudizio complessivo, perche' mentre nella scrittrice francese vi e' una condanna assoluta della forza, secondo Rachel la forza e' un assoluto instabile che ha scritto in se stesso la propria condanna. Il riferimento polemico piu' esplicito per la filosofa ucraina e' tuttavia Nietzsche: per lei, infatti, Omero non e' il poeta dei trionfi e delle apoteosi, ma il poeta dell'infelicita'; inoltre, a differenza di quanto si puo' leggere negli scritti nietzscheani, secondo la Bespaloff nell'autore dell'Iliade troviamo non gia' la scissione fra apollineo e dionisiaco, ma piuttosto il loro accordo, mediante il quale si attua altresi' la confluenza fra etica ed estetica. Autrice vigorosa e originale, capace di reinterpretare in maniera spiccatamente innovativa i temi piu' rilevanti del filone esistenzialistico francese, da Marcel allo stesso Wahl, Rachel Bespaloff merita di essere conosciuta e studiata come una fra le figure piu' significative della filosofia del Novecento. 4. PROFILI. ROSINO GIBELLINI: YVES CONGAR (1904-1995) IN MEMORIAM. A DIECI ANNI DALLA MORTE (22 GIUGNO 1995) [Dal sito della casa editrice Queriniana (www.queriniana.it) riprendiamo il n. 52 del 23 giugno 2005 di "Teologi@/Internet. Forum teologico a cura di Rosino Gibellini". Rosino Gibellini, illustre teologo e straordinario promotore della conoscenza della riflessione teologica di tutto il mondo; riteniamo fondamentale il suo contributo al dibattito filosofico oltre che teologico contemporaneo (ma anche, aggiungiamo, all?impegno per la pace, di liberazione, per i diritti umani), contributo estrinsecatosi particolarmente con quell'impegno monumentale che e' la stupenda collana "Giornale di teologia" edita dalla Queriniana di Brescia. Opere di Rosino Gibellini: fondamentale e' La teologia del XX secolo, Queriniana, Brescia 1995, ma dovremmo citare numerosi altri suoi volumi, ed almeno i seguenti tutti editi dalla Queriniana: (a cura di), Breviario teologico dell'Avvento; (a cura di), Prospettive teologiche per il XXI secolo; Teilhard De Chardin: l'opera e le interpretazioni; La teologia di Juergen Moltmann; (a cura di), La nuova frontiera della teologia in America Latina; (a cura di), Teologia nera; Teologia e ragione. Itinerario e opera di Wolfhart Pannenberg; Il dibattito sulla teologia della liberazione; (a cura di), Percorsi di teologia africana; con Gilberto Gillini, Patrizio Rota Scalabrini, Mariateresa Zattoni Gillini, Alternativa; con Mary Hunt (a cura di), La sfida del femminismo alla teologia; con Dean Peerman (a cura di), Teologia dal Nordamerica; con Giorgio Penzo (a cura di), Dio nella filosofia del Novecento; con Marie Therese Van Lunen-Chenu, Donna e teologia. Opere su Rosino Gibellini: in suo onore (per festeggiarne i settant?anni) è stato pubblicato il volume di AA. VV., Cammino e visione, Queriniana, Brescia 1996. Yves Congar (1904-1995), illustre teologo, una delle grandi voci del movimento ecumenico e uno dei grandi protagonisti del Concilio Vaticano II. Nacque a Sedan nel 1904, nel 1921 entra nel seminario diocesano di Parigi, nel 1925 inizia il noviziato domenicano ad Amiens, continua gli studi teologici a Le Saulchoir sotto la guida di Chenu, ordinato sacerdote nel 1930, inizia nel 1931 a insegnare a Le Saulchoir dove restera' fino al 1954 (con l'interruzione della guerra e degli anni di prigionia di guerra a Colditz); dalle misure repressive della gerarchia contro il rinnovamento teologico fu ripetutamente colpito, fino alla sospensione dall'insegnamento nel 1954; si dedico' allora agli studi all'Ecole biblique di Gerusalemme, poi a Cambridge; riprese il ministero pastorale e teologico a Strasburgo nel 1956. Con Giovanni XXIII la svolta; Congar diede un fondamentale contributo al Concilio Vaticano II, successivamente ebbe vari rilevanti incarichi, e nel 1994 fu elevato cardinale. Dopo molti anni di grave malattia mori' a Parigi nel 1995. Una bibliografia completa delle opere di Congar fino al 1966, curata da P. Quattrocchi, e' in J. P. Jossua, Le p. Congar. La teologie au service di peuple de Dieu, Paris 1966 (tr. it., Queriniana, Brescia 1969); per gli anni successivi: A. Nichols, An Yves Congar bibliography 1967-1987, in "Angelicum", n. 66, 1989] Ho incontrato personalmente il padre Congar per la prima volta nell'ottobre del 1965, verso la fine del concilio Vaticano II, a Roma, e precisamente nella sala delle conferenze del Centro pro Unione, che durante il concilio funzionava da agora' dei periti conciliari e dei teologi presenti nell'urbe, in occasione dell'assemblea generale della rivista internazionale di teologia "Concilium", che aveva iniziato le sue pubblicazioni nel gennaio del 1965. L'assemblea di "Concilium" era a numero chiuso, e dunque vi partecipavano solo gli addetti ai lavori. Voglio qui ricordare solo alcune presenze di quel giorno d'autunno di quarant'anni fa: Benoit per le scienze bibliche, Aubert per la storia della chiesa, Schillebeeckx per la dogmatica, Rahner per la teologia pratica, Metz per la teologia fondamentale, Boeckle per la morale, Duquoc per la spiritualita', Congar e Kueng per l'ecumenismo. Dirigeva la discussione il giovane Kueng, di cui si ammirava il talento linguistico, ma la conclusione di quell'incontro internazionale, che si sarebbe ripetuto ogni anno fino all'ultima assemblea finora celebrata, a Budapest nel gennaio di quest'anno, 2004, fu tenuta da Congar: un Congar sessantenne, elegante nell'abito domenicano anche se gia' appoggiato ad un bastone di sostegno, splendido nel suo francese, intenso nella sua espressivita'. Nella sua allocuzione conclusiva Congar invitava tutti (non erano presenti donne teologhe, mentre nell'attuale direttivo di "Concilium" esse rappresentano circa la meta') a trasmettere la "grazia del concilio" (la grace du concile). Quest'espressione mi ha colpito, in quanto essa dava il senso, teologico e spirituale, dell'evento in corso. Poi si sarebbe parlato di "svolta" operata dal concilio, di "interruzione" e di "nuovo inizio" nella storia della chiesa cattolica; si e' pure parlato, da fronti opposti, di "tradimento" del concilio; ma la categoria di "grazia" del concilio introdotta da Congar in quell'occasione ne evidenzia la dimensione spirituale e il personale intenso coinvolgimento del teologo francese, di cui ricorre quest'anno il centenario della nascita (13 aprile 1904). E, del resto, tra i grandi periti conciliari presenti a Roma, Congar era il piu' sintonizzato, biograficamente culturalmente e spiritualmente, sul tema del concilio, che era focalizzato sulla Chiesa (e' celebre la domanda di Paolo VI che sintetizza la tematica conciliare: "Chiesa, che cosa dici di te stessa?"). * Credo che Congar avesse presagito il concilio. Nella prefazione alla riedizione nel 1968 del sospetto libro del 1950, Vera e falsa riforma nella Chiesa, il teologo domenicano scriveva: "Giovanni XXIII, in meno di qualche settimana, e in seguito il concilio, hanno creato un clima ecclesiale nuovo. L'apertura maggiore e' venuta dall'alto. Di colpo, delle forze di rinnovamento che stentavano a manifestarsi apertamente, hanno potuto svilupparsi". E, con riferimento alle innovazioni portate dal concilio, scrive: "Ma i due grandi fatti che incidono gia' e incideranno sempre piu' sul clima della vita ecclesiale sono: una ecclesiologia del popolo di Dio e l'ecumenismo". Nel grande discorso di Strasburgo - la citta' che lo ha accolto "dopo gli esili di Gerusalemme, Roma e Cambridge che lo hanno profondamente scoraggiato" (Tillard) - del 23 gennaio 1979, in occasione del ventesimo anniversario dell'indizione del concilio, il padre Congar partecipava ancora l'emozione dell'evento conciliare. In quel discorso egli ricorreva ad una formulazione incisiva: il concilio aveva operato "un decentramento dell'Urbs sull'Orbis, in quanto l'Orbis prendeva possesso dell'Urbs" (e' una formulazione convergente con quella di Karl Rahner, che nel discorso commemorativo della stessa data, introduceva la categoria di Weltkirche, chiesa mondiale). * Ha scritto il suo discepolo Jean-Pierre Jossua nel profilo che ha dedicato alla teologia di Congar (1967): "Volentieri definirebbe se stesso come 'servitore dottrinale del popolo di Dio'". La categoria centrale dell'ecclesiologia di Congar e' quella di "popolo di Dio", e a questo tema dedica un articolo di largo respiro - che segue ad un importante saggio ecclesiologico del 1961 - apparso sul primo numero della rivista "Concilium" nel gennaio del 1965 (e del quale si e' scritto che avrebbe convinto definitivamente il papa Paolo VI della viabilita' ecclesiologica di questo concetto). Congar mostra il molteplice valore di questa categoria: il valore storico, in quanto sottolinea la continuita' della chiesa con Israele e introduce un elemento dinamico nella comprensione della chiesa, che e' vista come un popolo che ha una vita ed e' in cammino verso un termine fissato da Dio. Il valore antropologico: la chiesa non e' una unita' astratta che passa sulle nostre teste, ma e' fatta dagli uomini che si convertono al vangelo; il valore di storicita': se il concetto di riforma non e' facilmente applicabile alla chiesa istituzionale, e' invece applicabile alla chiesa come popolo di Dio; il valore ecumenico e missionario, in quanto permette il dialogo, soprattutto con le chiese della Riforma, che diffidano sia dell'istituzionalismo, sia del romanticismo della concezione biologica del corpo di Cristo; il valore dialogico in quanto permette il confronto con le teologie della storia. Ma l'ecclesiologo francese e' pure consapevole dei limiti della categoria di popolo di Dio, che deve essere completata con quella di corpo di Cristo: "sotto la nuova alleanza, quella delle promesse realizzate dall'incarnazione del Figlio e dal dono dello Spirito, il popolo di Dio riceve un suo statuto che non si puo' esprimere se non nella categoria del corpo di Cristo". Nel primo fascicolo di "Concilium" del 1965, al quale collaboro' anche Congar con l'articolo gia' citato, La Chiesa come popolo di Dio, collaborava anche un altro teologo domenicano, Edward Schillebeeckx, con l'articolo Chiesa e Umanita': questi due articoli nella loro tematica, evidenziano i diversi profili dei due grandi teologi domenicani del XX secolo. * Nel settembre del 1970, a cinque anni dalla conclusione del concilio, la rivista internazionale di teologia "Concilium" celebrava nel Palazzo dei Congressi di Bruxelles un congresso internazionale sul tema L'avvenire della Chiesa. Congar era presente, anche se non era tra i relatori. Era presente anche uno sconosciuto (a me, e a molti) Gustavo Gutierrez, che era venuto da Lima come uditore (cosi' come era presente come uditore anche Harvey Cox, allora molto noto per il suo libro La citta' secolare del 1965). Congar, indicandoci Gutierrez, ce lo segnalo' come un acuto interprete dei fenomeni ecclesiali e sociali in corso in America Latina. Il suo libro Teologia della liberazione apparira' a Lima, solo un anno dopo Bruxelles, nel dicembre del 1971. Da qui i contatti con Gutierrez, da cui la Queriniana ha poi ricevuto nell'estate del 1971 il manoscritto: il libro epocale del teologo peruviano apparira' in una pronta edizione italiana nel marzo del 1972 nella "Biblioteca di teologia contemporanea". Congar, nel suo libro Un popolo messianico (1975), dove mostra come la chiesa, come popolo messianico, e' germe di unita' e di speranza per tutto il genere umano e deve avere anche una sua efficacia storica, fa riferimento nell'introduzione alla teologia militante latino-americana con queste partecipi parole: "Io invidio coloro che - come un Gustavo Gutierrez, un Joseph Comblin e tanti altri - tentano la stessa sintesi partendo da un impegno oneroso, effettivo e concreto nei movimenti di liberazione. Ciascuno ha la sua vocazione e la sua sorte! Le mie sono quelle che sono, appesantite in piu' dalla malattia... Io vivo in tutta liberta', abito la chiesa, ma voglio che effettivamente sia il segno dell'amore liberatore di Dio nell'itinerario cosi' spesso drammatico degli uomini". * Nella settimana di pentecoste del 1975 si tenne alla katholische Akademie di Monaco di Baviera una settimana teologica, che si concluse con un'affollatissima conferenza stampa. Sul podio tre teologi: Congar, Kueng e Metz, intervistati da due noti giornalisti della televisione tedesca. Al termine della lunga e articolata intervista, il giornalista intervistante pose - a sorpresa - un'ultima pertinente domanda: "Perche' siamo sulla terra?". E' la domanda classica del Catechismo Romano, che nell'edizione italiana suona: "Per quale fine Dio ci ha creato?", e che in lingua tedesca suona piu' discreta: "Per quale fine siamo sulla terra?". Ciascun teologo era chiamato a dare una breve e puntuale risposta. Congar rispose, citando la risposta del Catechismo Romano: "Siamo sulla terra per conoscere, amare e servire Dio sulla terra, per goderlo poi in cielo". Ma, soggiunse, la risposta e' ancora vera ma incompleta. E la completo' con tre osservazioni: a) Alla risposta classica manca il riferimento agli altri, e cosi' e' caratterizzata da un certo individualismo; b) La risposta classica soffre di un certo dualismo, che contrappone terra e cielo; c) La risposta classica si mantiene sul terreno di una teologia naturale e le manca il riferimento cristologico e pneumatologico. La risposta articolata di Congar alla domanda dell'intervistatore fu l'occasione di un numero della rivista "Concilium" dal titolo: Per quale fine siamo stati creati?, edito nel 1977/'78 a cura di Walter Kasper e Hans Kueng. * Questa discussione del 1975-1977 sulla risposta alla domanda classica del Catechismo Romano mi porta a un altro testo del padre Congar, alle sue Conversazioni d'autunno, del 1987, raccolte dall'amico Bernard Lauret, allora direttore letterario delle Editions du Cerf, intervista che abbiamo concordato insieme. Il padre Congar, che era ospedalizzato dal 9 ottobre 1984, cosi' si esprime in quelle Conversazioni: "Ritirato dalla vita attiva, sono unito al corpo mistico del Signore Gesu' di cui ho parlato tante volte. Lo sono, di giorno e di notte, con la preghiera di un uomo che ha anche la sua parte di sofferenza. Ho una coscienza acuta delle immense dimensioni del corpo mistico. Con e nello Spirito santo sono presente ai vari membri conosciuti (da me) o sconosciuti. L'ecumenismo vi ha evidentemente la sua parte. E' intercessione, consolazione, azione di grazie, finche' il Signore vorra'". E, ancora, e qui c'e' un'eco del dibattito teologico segnalato, sulla incompletezza della risposta del Catechismo Romano: "La mia visione di Dio e' sempre stata biblica. E' il Dio vivente: colui al quale si puo' dire 'Mio Dio', ma non in un senso individualista, perche' l'io dei Salmi non e' quello di un individuo isolato, e' un io rappresentativo del popolo di Dio che ciascuno realizza in una certa maniera. E' il Dio vivente che ha un disegno sul mondo. Sono convinto che le nostre vite sono guidate, cioe' che noi dobbiamo discernere una chiamata, una occasione. Penso spesso anche alla vita eterna. Credo di averla gia' fin d'ora. Cio' e' ripetuto in tutte le lettere in s. Giovanni. Ma io lo penso in modo esistenziale, reale". Abbiamo qui le linee di una spiritualita' che attende ancora di essere esplorata in tutte le sue sfaccettature. * Opere di Yves Congar - Un popolo messianico. La chiesa sacramento di salvezza. La salvezza e la liberazione, Queriniana, Brescia 1976, 1982 terza edizione. - Credo nello Spirito Santo, Queriniana, Brescia 1998, 1999 seconda edizione. - La crisi nella Chiesa e Mons. Lefebvre, Queriniana, Brescia 1976. - Spirito dell'uomo, Spirito di Dio. Breve trattato sullo Spirito Santo, Queriniana, Brescia 1987, 2000 seconda edizione. - Conversazioni d'autunno, Queriniana, Brescia 1987. - Ecco la Chiesa che amo!, Queriniana, Brescia 1969, 1970 seconda edizione. - Una Chiesa contestata, Queriniana, Brescia 1969. - Ai miei fratelli, Queriniana, Brescia 1969. - La risposta dei teologi, Queriniana, Brescia 1969. - La Pentecoste, Queriniana, Brescia 1973, 1989 terza edizione. - Una visitatrice scomoda. Riflessioni sulla malattia, Queriniana, Brescia 1993. - L'esperienza dello Spirito. In onore di Edward Schillebeeckx, Queriniana, Brescia 1974. 5. RIVISTE. CON "QUALEVITA", LA LEZIONE DI AUNG SAN SUU KYI Abbonarsi a "Qualevita" e' un modo per sostenere la nonviolenza. Ponendosi all'ascolto della lezione di Aung San Suu Kyi. * "L'autentico sviluppo degli esseri umani comporta molto piu' che la mera crescita economica. Deve essere motivato dalla consapevolezza di contare e da un senso di completamento interiore" (Aung San Suu Kyi, Libera dalla paura, Sperling & Kupfer, Milano 1996, 1998, p. 277). * "Qualevita" e' il bel bimestrale di riflessione e informazione nonviolenta che insieme ad "Azione nonviolenta", "Mosaico di pace", "Quaderni satyagraha" e poche altre riviste e' una delle voci piu' qualificate della nonviolenza nel nostro paese. Ma e' anche una casa editrice che pubblica libri appassionanti e utilissimi, e che ogni anno mette a disposizione con l'agenda-diario "Giorni nonviolenti" uno degli strumenti di lavoro migliori di cui disponiamo. Abbonarsi a "Qualevita", regalare a una persona amica un abbonamento a "Qualevita", e' un'azione buona e feconda. Per informazioni e contatti: Edizioni Qualevita, via Michelangelo 2, 67030 Torre dei Nolfi (Aq), tel. 3495843946, o anche 0864460006, o ancora 086446448; e-mail: sudest at iol.it o anche qualevita3 at tele2.it; sito: www.peacelink.it/users/qualevita Per abbonamenti alla rivista bimestrale "Qualevita": abbonamento annuo: euro 13, da versare sul ccp 10750677, intestato a "Qualevita", via Michelangelo 2, 67030 Torre dei Nolfi (Aq), specificando nella causale "abbonamento a 'Qualevita'". 6. RILETTURE. ROSALBA CAMPRA: AMERICA LATINA: L'IDENTITA' E LA MASCHERA Rosalba Campra, America Latina: l'identita' e la maschera, Editori Riuniti, Roma 1982, pp. 228, lire 8.000. Nella prima parte del libro l'autrice formula alcune rilevanti piste di ricerca nella letteratura latinoamericana, messe a verifica nella seconda parte in una serie di conversazioni con alcuni dei principali scrittori ispanoamericani. 7. RILETTURE. ROSA ROSSI: ASCOLTARE CERVANTES Rosa Rossi, Ascoltare Cervantes, Editori Riuniti, Roma 1987, pp. 80, lire 6.000. Un nitido e denso "saggio biografico" di straordinario acume ermeneutico. 8. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell?ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell?uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 9. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at inwind.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 983 del 6 luglio 2005 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione).
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