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La nonviolenza e' in cammino. 977
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 977
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Thu, 30 Jun 2005 00:30:06 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 977 del 30 giugno 2005 Sommario di questo numero: 1. Assassinato Andres Arrojo Segura, difensore dell'ambiente e dei diritti umani 2. Martin Luther King: La scelta della nonviolenza 3. Umberto Santino: Mafie e Mediterraneo 4. Patricia Lombroso intervista Michael Ratner 5. Con "Qualevita", la lezione di Pedro Casaldaliga 6. Letture: AA. VV., Una vita piu' semplice. Biografia e parole di Alexander Langer 7. Letture: Susanna Ripamonti (a cura di), Prescrizione e corruzione 8. Riletture: Marthe Robert, L'antico e il nuovo 9. Riletture: Marthe Robert, Da Edipo a Mose' 10. Riletture: Marthe Robert, Solo come Kafka 11. La "Carta" del Movimento Nonviolento 12. Per saperne di piu' 1. ECUADOR. ASSASSINATO ANDRES ARROJO SEGURA, DIFENSORE DELL'AMBIENTE E DEI DIRITTI UMANI [Dalla redazione di "A Sud" (per contatti: redazione at asud.net) riceviamo e diffondiamo] La redazione di "A Sud" denuncia all'opinione pubblica l'ondata di violenza e le aggressioni contro ecologisti, leader indigeni e difensori dei diritti umani che in Ecuador lottano contro la costruzione dei megaprogetti e la violazione dei diritti umani. Lunedi' 20 giugno il leader comunitario Andres Arrojo Segura, membro della Red Nacional en Defensa de la Naturaleza, Vida y Dignidad, e' stato assassinato. L'autopsia ha confermato il decesso per aggressione violenta. Andres Arrojo Segura tentava di raggiungere la citta' costiera di Guajaquil per un incontro con l'avvocato Felix Rodriguez. Il corpo e' stato ritrovato nel Rio Baba nei pressi della comunita' Seiba, esattamente nel punto in cui e' stata progettata la costruzione di un'imponente diga. Andres Arrojo Segura era fortemente impegnato in una tenace lotta di resistenza contro l'esecuzione del progetto. Aveva iniziato una raccolta di firme tra le comunita' locali contro la diga sul Rio Baba, considerando la sua costruzione "disastrosa" sul piano ambientale e sociale: migliaia di ettari di terreno fertile delle comunita' contadine verrebbero sommersi dalle acque. La settimana passata aveva presentato una denuncia alla Comision Ecumenica de Derechos Humanos (Cedhu) per indagare sui reali interessi delle grandi imprese connesse alla costruzione della diga. La stessa Cedhu ha denunciato che in Ecuador, nella foresta amazzonica e nella zona costiera di Esmeraldas, vari leader indigeni, attivisti ed ecologisti impegnati nella difesa dell'ambiente e dei diritti umani dall'aggressione delle multinazionali, hanno gia' perso la vita in "circostanze misteriose" o sono stati minacciati e aggrediti. 2. MAESTRI. MARTIN LUTHER KING: LA SCELTA DELLA NONVIOLENZA [Ringraziamo Fulvio Cesare Manara (per contatti: philosophe0 at tin.it) per averci messo a disposizione l'antologia di scritti e discorsi di Martin Luther King da lui curata, Memoria di un volto: Martin Luther King, Dipartimento per l'educazione alla nonviolenza delle Acli di Bergamo, Bergamo 2002, che reca traduzioni di discorsi e scritti del grande maestro della nonviolenza. Il testo seguente e' tratto da La forza di amare, Torino, Sei, 1968, 1973 e successive ristampe, pp. 268-274 (la traduzione e' dell'indimenticabile padre Ernesto Balducci). Martin Luther King, nato ad Atlanta in Georgia nel 1929, laureatosi all'Universita' di Boston nel 1954 con una tesi sul teologo Paul Tillich, lo stesso anno si stabilisce, come pastore battista, a Montgomery nell'Alabama. Dal 1955 (il primo dicembre accade la vicenda di Rosa Parks) guida la lotta nonviolenta contro la discriminazione razziale, intervenendo in varie parti degli Usa. Premio Nobel per la pace nel 1964, piu' volte oggetto di attentati e repressione, muore assassinato nel 1968. Opere di Martin Luther King: tra i testi piu' noti: La forza di amare, Sei, Torino 1967, 1994 (edizione italiana curata da Ernesto Balducci); Lettera dal carcere di Birmingham - Pellegrinaggio alla nonviolenza, Movimento Nonviolento, Verona 1993; L'"altro" Martin Luther King, Claudiana, Torino 1993 (antologia a cura di Paolo Naso); "I have a dream", Mondadori, Milano 2001; cfr. anche: Marcia verso la liberta', Ando', Palermo 1968; Lettera dal carcere, La Locusta, Vicenza 1968; Il fronte della coscienza, Sei, Torino 1968; Perche' non possiamo aspettare, Ando', Palermo 1970; Dove stiamo andando, verso il caos o la comunita'?, Sei, Torino 1970. Presso la University of California Press, e' in via di pubblicazione l'intera raccolta degli scritti di Martin Luther King, a cura di Clayborne Carson (che lavora alla Stanford University). Sono usciti sinora cinque volumi (di quattordici previsti): 1. Called to Serve (January 1929 - June 1951); 2. Rediscovering Precious Values (July 1951 - November 1955); 3. Birth of a New Age (December 1955 - December 1956); 4. Symbol of the Movement (January 1957 - December 1958); 5. Threshold of a New Decade (January 1959 - December 1960); ulteriori informazioni nel sito: www.stanford.edu/group/King/ Opere su Martin Luther King: Arnulf Zitelmann, Non mi piegherete. Vita di Martin Luther King, Feltrinelli, Milano 1996; Sandra Cavallucci, Martin Luther King, Mondadori, Milano 2004. Esistono altri testi in italiano (ad esempio Hubert Gerbeau, Martin Luther King, Cittadella, Assisi 1973), ma quelli a nostra conoscenza sono perlopiu' di non particolare valore: sarebbe invece assai necessario uno studio critico approfondito della figura, della riflessione e dell'azione di Martin Luther King (anche contestualizzandole e confrontandole con altre contemporanee personalita', riflessioni ed esperienze di resistenza antirazzista in America). Una introduzione sintetica e' in "Azione nonviolenta" dell'aprile 1998 (alle pp. 3-9), con una buona bibliografia essenziale] Dopo aver letto Rauschenbusch [Cristianesimo e crisi sociale] mi volsi ad uno studio serio delle teorie sociali ed etiche dei grandi filosofi. Durante quel periodo, disperai quasi del potere dell'amore di risolvere i problemi sociali. La filosofia del porgere-l'altra-guancia e dell'amare-i-propri-nemici sono valide, pensavo, solo quando individui sono in conflitto con altri individui; ma quando sono in conflitto gruppi razziali e nazioni, e' necessario un comportamento piu' realistico. Allora, venni in contatto con la vita e con l'insegnamento del Mahatma Gandhi. Leggendo le sue opere, rimasi profondamente affascinato dalle sue campagne di resistenza nonviolenta. Tutto il concetto gandhiano di satyagraha (satya e' verita' che equivale ad amore e agraha e' forza; satyagraha, percio', significa verita'-forza, o amore-forza) era profondamente significativo per me. Via via che scavavo a fondo nella filosofia di Gandhi, il mio scetticismo riguardo al potere dell'amore diminuiva gradualmente, ed io arrivai a vedere per la prima volta che la dottrina cristiana dell'amore, operante attraverso il metodo gandhiano della nonviolenza, e' una delle armi piu' potenti a disposizione di un popolo oppresso nella sua lotta per la liberta'. A quel tempo, comunque, io acquistai solo una comprensione intellettuale ed una stima di quella posizione, e non avevo alcuna ferma decisione di organizzarla in una situazione socialmente effettiva. Quando, nel 1954, mi recai a Montgomery, Alabama, come pastore, non avevo la minima idea che piu' tardi mi sarei trovato coinvolto in una crisi in cui la resistenza nonviolenta avrebbe potuto essere applicabile. Dopo che ebbi vissuto in quella comunita' per circa un anno, ebbe inizio il boicottaggio degli autobus. I neri di Montgomery, esasperati dalle umilianti esperienze che avevano costantemente subito negli autobus, espressero con una massiccia azione di noncooperazione la loro decisione di essere liberi: giunsero ad accorgersi che, in fin dei conti, era piu' onorevole camminare dignitosamente per le strade che farsi trasportare in autobus in quella forma umiliante. All'inizio della protesta, essi si rivolsero a me perche' servissi loro da portavoce. Accettando tale responsabilita', il mio pensiero, consciamente o inconsciamente, veniva riportato al Discorso della Montagna e al metodo gandhiano della resistenza nonviolenta: questo principio divenne la luce che guidava il nostro movimento: Cristo forniva lo spirito e i motivi, Gandhi forniva il metodo. L'esperienza di Montgomery servi' a chiarire il mio pensiero riguardo alla questione della nonviolenza piu' di tutti i libri che avevo letti. Via via che i giorni si susseguivano, mi convincevo sempre piu' del potere della nonviolenza. La nonviolenza divenne piu' che un metodo a cui io davo il mio assenso intellettuale: divenne dedizione ad una forma di vita. Molte questioni che non avevo chiarito intellettualmente riguardo alla nonviolenza venivano ora risolte entro la sfera dell'azione pratica. Il privilegio che ebbi di fare un viaggio in India lascio' una grande impronta su di me personalmente, perche' era corroborante vedere di prima mano gli impressionanti risultati di una lotta nonviolenta per la conquista dell'indipendenza. La messe di odio e di risentimento che ordinariamente segue una campagna violenta non si riscontrava da nessuna parte in India, e un'amicizia reciproca, basata sulla completa uguaglianza, esisteva tra indiani e inglesi entro il Commonwealth. * Non vorrei dare l'impressione che la nonviolenza possa compiere miracoli da oggi a domani: gli uomini non si lasciano facilmente smuovere dai loro binari mentali o liberare dai loro sentimenti irrazionali, frutto di pregiudizi. Quando i non privilegiati chiedono liberta', i privilegiati dapprima reagiscono con risentimento e resistenza: anche quando le richieste sono presentate in termini nonviolenti, la risposta iniziale e' sostanzialmente la stessa. Io sono sicuro che molti dei nostri fratelli bianchi a Montgomery e attraverso il Sud sono ancora pieni di risentimento contro i dirigenti neri, anche se questi hanno cercato di seguire una via di amore e di nonviolenza. Ma l'azione nonviolenta ha un'influenza sui cuori e sulle anime di coloro che sono impegnati in essa: da' loro un nuovo rispetto di se stessi; suscita risorse di forza e di coraggio che essi non sapevano di possedere; infine, scuote a tal punto la coscienza dell'oppositore che la riconciliazione diviene una realta'. * Piu' recentemente, sono giunto a riconoscere la necessita' del metodo della nonviolenza nelle relazioni internazionali. Pur non essendo convinto della sua efficacia nei conflitti tra nazioni, io pensavo che, pur non potendo mai essere un bene positivo, la guerra potrebbe servirci come bene negativo, prevenendo la diffusione e la crescita di una forza malvagia: la guerra, per quanto orribile potrebbe essere preferibile all'arrendersi ad un sistema totalitario. Ora, pero', io vedo che la distruttivita' potenziale delle armi moderne elimina totalmente la possibilita' che la guerra rappresenti mai piu' un bene negativo. Se ammettiamo che l'umanita' ha il diritto di sopravvivere, allora dobbiamo trovare un'alternativa alla guerra ed alla distruzione. Nella nostra epoca di veicoli spaziali e di missili balistici telecomandati, la scelta e' tra la nonviolenza e la nonesistenza. Io non sono un pacifista dottrinario, ma ho cercato di abbracciare un pacifismo realistico, che considera la posizione pacifista come il male minore nelle circostanze attuali. Io non proclamo di essere libero dal dilemma morale che il cristiano non pacifista deve affrontare, ma sono convinto che la Chiesa non puo' rimanere in silenzio mentre il genere umano e' di fronte alla minaccia dell'annientamento nucleare. Se e' fedele alla sua missione, la Chiesa deve chiedere la fine della gara degli armamenti. * Alcune mie personali sofferenze di questi ultimi anni sono pure servite a formare il mio pensiero. Esito sempre a menzionare tali esperienze, per timore di suscitare una falsa impressione: una persona che continuamente richiama l'attenzione sulle sue prove e sofferenze, corre il rischio di acquistare un complesso di martire e di dare agli altri l'impressione di cercare consapevolmente simpatia. E' possibile che uno sia egocentrico nel sacrificio di se'. Percio' sono sempre riluttante a citare i miei sacrifici personali. Mi sento, pero', in certo modo giustificato di menzionarli in questo saggio, a motivo dell'influenza che essi hanno avuto sul mio pensiero. A causa del mio impegno nella lotta per la liberta' della mia gente, in questi ultimi anni ho conosciuto ben pochi giorni tranquilli. Sono stato rinchiuso nelle prigioni dell'Alabama e della Georgia dodici volte; due volte la mia casa e' stata colpita dalle bombe. Raramente passa un giorno che la mia famiglia ed io non riceviamo minacce di morte; io sono stato vittima di un'aggressione quasi fatale: in senso molto reale, dunque, sono stato percosso dalle tempeste della persecuzione. Devo ammettere di aver pensato, a volte, che non potevo piu' sopportare un cosi' pesante fardello, e di essere stato tentato di ritirarmi ad una vita piu' tranquilla e serena. Ma, ogni volta che mi si e' presentata una tale tentazione, qualcosa veniva a rafforzare e a sorreggere la mia decisione. Ormai ho imparato che la soma del Maestro e' leggera precisamente quando noi prendiamo su di noi il suo giogo. Le prove personali mi hanno anche insegnato il valore di una immeritata sofferenza. Quando le mie sofferenze aumentarono, io mi resi subito conto che vi erano due maniere in cui potevo rispondere alla mia situazione: o reagire con risentimento, o cercare di trasformare la sofferenza in una forza costruttiva. Decisi di seguire la seconda maniera. Riconoscendo la necessita' della sofferenza, avevo cercato di fame una virtu': foss'anche solo per salvarmi dall'amarezza, avevo cercato di vedere le mie prove personali come un'occasione per trasfigurare me stesso e per salvare il popolo implicato nella tragica situazione che ora prevale. Ho vissuto questi ultimi anni con la convinzione che la sofferenza immeritata e' redentiva. Vi sono alcuni che ancora considerano la croce come un ostacolo, altri la considerano follia, ma io sono convinto, piu' di quanto lo sia mai stato prima, che essa e' la potenza di Dio per la salvezza sociale e individuale. Cosi', come l'apostolo Paolo, io posso dire, umilmente ma con fierezza: "Io porto nel mio corpo i segni del Signore Gesu'". * Gli angosciosi momenti che ho passati durante questi ultimi anni mi hanno anche portato piu' vicino a Dio. Piu' che mai prima, sono convinto della realta' di un Dio personale. Certo, ho sempre creduto nella personalita' di Dio: ma, in passato, l'idea di un Dio personale era poco piu' di una categoria metafisica che io trovavo teologicamente e filosoficamente soddisfacente; ora, essa e' una realta' vivente che e' stata convalidata dall'esperienza della vita quotidiana. Negli ultimi anni, Dio e' stato profondamente reale per me. In mezzo ai pericoli esterni, ho sentito una calma interiore; in mezzo a giorni desolati e a notti di terrore, ho udito una voce interiore che diceva: "Ecco, io saro' con te". Quando le catene della paura e i ceppi della frustrazione avevano quasi ridotto all'impotenza i miei sforzi, ho sentito la potenza di Dio che trasformava il travaglio della disperazione nell'allegria della speranza. Io sono convinto che l'universo e' sotto il controllo di un'intenzione amorosa e che nella lotta per la giustizia l'uomo ha alleati cosmici. Dietro le dure apparenze del mondo, vi e' un potere benigno. Dire che questo Dio e' personale non significa renderlo un oggetto finito accanto ad altri oggetti o attribuirgli le limitazioni della personalita' umana: significa prendere quello che vi e' di piu' alto e di piu' nobile nella nostra coscienza e affermarne la perfetta esistenza in lui. E' certamente vero che la personalita' umana e' limitata, ma la personalita' in quanto tale non implica necessariamente delle limitazioni: essa significa semplicemente autocoscienza e autodirezione. Cosi', nel piu' vero senso della parola, Dio e' un Dio vivente. In lui sono sentimento e volonta', responsivi alle piu' profonde emozioni del cuore umano: questo Dio evoca la preghiera e insieme vi risponde. * L'ultima decade e' stata quanto mai eccitante. A dispetto delle tensioni e incertezze di questo periodo, qualcosa di profondamente significativo si sta facendo strada. I vecchi sistemi di sfruttamento e di oppressione stanno scomparendo; nuovi sistemi di giustizia e di uguaglianza stanno nascendo. Realmente, questo e' un gran tempo per vivere. Percio', io non sono ancora scoraggiato riguardo al futuro. D'accordo che il facile ottimismo di ieri e' impossibile; d'accordo che ci troviamo di fronte ad un a crisi mondiale che cosi' spesso ci lascia eretti in mezzo al crescente mormorio dell'agitato mare della vita. Ma ogni crisi ha al tempo stesso i suoi rischi e le sue possibilita': puo' significare salvezza o condanna. In un mondo buio e confuso, il Regno di Dio puo' ancora regnare nel cuore degli uomini. 3. RIFLESSIONE. UMBERTO SANTINO: MAFIE E MEDITERRANEO [Dal sito del Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato" (per contatti: via Villa Sperlinga 15, 90144 Palermo, tel. 0916259789, fax: 091348997, e-mail: csdgi at tin.it, sito: www.centroimpastato.it) riprendiamo il testo della relazione di Umberto Santino su "Mafie e Mediterraneo" presentata il 16 giugno 2005 al seminario "Democrazia, giustizia sociale, diritti: costruire societa', contro le mafie e l'illegalita'" durante il Forum sociale del Mediterraneo svoltosi a Barcellona dal 16 al 19 giugno 2005. Umberto Santino (per contatti: csdgi at tin.it) ha fondato e dirige il Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato" di Palermo. Da decenni e' uno dei militanti democratici piu' impegnati contro la mafia ed i suoi complici. E' uno dei massimi studiosi a livello internazionale di questioni concernenti i poteri criminali, i mercati illegali, i rapporti tra economia, politica e criminalita'. Tra le opere di Umberto Santino: (a cura di), L'antimafia difficile, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1989; Giorgio Chinnici, Umberto Santino, La violenza programmata. Omicidi e guerre di mafia a Palermo dagli anni '60 ad oggi, Franco Angeli, Milano 1989; Umberto Santino, Giovanni La Fiura, L'impresa mafiosa. Dall'Italia agli Stati Uniti, Franco Angeli, Milano 1990; Giorgio Chinnici, Umberto Santino, Giovanni La Fiura, Ugo Adragna, Gabbie vuote. Processi per omicidio a Palermo dal 1983 al maxiprocesso, Franco Angeli, Milano 1992 (seconda edizione); Umberto Santino e Giovanni La Fiura, Dietro la droga. Economie di sopravvivenza, imprese criminali, azioni di guerra, progetti di sviluppo, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1993; La borghesia mafiosa, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1994; La mafia come soggetto politico, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1994; Casa Europa. Contro le mafie, per l'ambiente, per lo sviluppo, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1994; La mafia interpretata. Dilemmi, stereotipi, paradigmi, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli 1995; Sicilia 102. Caduti nella lotta contro la mafia e per la democrazia dal 1893 al 1994, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1995; La democrazia bloccata. La strage di Portella della Ginestra e l'emarginazione delle sinistre, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli 1997; Oltre la legalita'. Appunti per un programma di lavoro in terra di mafie, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1997; L'alleanza e il compromesso. Mafia e politica dai tempi di Lima e Andreotti ai giorni nostri, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli 1997; Storia del movimento antimafia, Editori Riuniti, Roma 2000; La cosa e il nome. Materiali per lo studio dei fenomeni premafiosi, Rubbettino, Soveria Mannelli 2000. Su Umberto Santino cfr. la bibliografia ragionata "Contro la mafia. Una breve rassegna di alcuni lavori di Umberto Santino" apparsa su questo stesso foglio nei nn. 931-934] Premessa In questo intervento trattero' sinteticamente i seguenti temi: 1) mafia, gruppi criminali di tipo mafioso e globalizzazione; 2) ruolo dell'area mediterranea prima e dopo la caduta del muro di Berlino; 3) mafie e traffici illegali nell'area mediterranea; 4) esperienze e proposte. * 1. Dalla mafia alle mafie Il termine mafia prima usato solo per la criminalita' organizzata siciliana ormai da anni viene usato per designare anche altri gruppi criminali, per cui si rende necessaria una precisazione. La mafia siciliana e' una realta' complessa, risultato dell'interazione di vari aspetti: essa e' composta da un insieme di gruppi criminali organizzati, che svolgono attivita' illegali e legali al fine di accumulare ricchezza e acquisire e gestire posizioni di potere, che agiscono all'interno di un sistema di rapporti con vari soggetti (professionisti, imprenditori, amministratori, politici: borghesia mafiosa), si avvalgono di un codice culturale e godono di un certo consenso sociale. Si puo' parlare di mafie soltanto per i gruppi criminali anch'essi complessi che operano in un contesto di relazioni, che vanno dall'economia alla politica. Questi fenomeni si connotano per la loro capacita' di controllare il territorio (signoria territoriale) e per il loro polimorfismo. Le mafie si collocano negli spazi in cui i diritti o non sono riconosciuti o sono calpestati: diritto alla liberta', alla vita politica, a un reddito adeguato, al lavoro, all'istruzione, alla salute... Le mafie al contempo violano i diritti e ne ostacolano il riconoscimento e offrono canali e occasioni per l'arricchimento facile, per il conseguimento di posizioni di potere e il soddisfacimento con mezzi illegali di diritti-bisogni insoddisfatti, come quello di emigrare. Cio' spiega il loro proliferare e il loro potere nel contesto della globalizzazione neoliberista, che e' insieme una grande macchina di integrazione (per i paesi a economia forte, in grado di reggere la competizione del libero mercato) e di esclusione (per tutti gli altri), che condanna all'emarginazione intere aree del pianeta, per le quali l'unica accumulazione possibile e' quella illegale, svolta da soggetti criminali. La globalizzazione ha effetti criminogeni anche per un altro aspetto: la finanziarizzazione dell'economia, con la riduzione dell'attivita' produttiva di beni e servizi e il prevalere del capitale speculativo (alcune migliaia di miliardi di dollari sono ogni giorno in circuitazione) e le convenienze offerte al mescolarsi di capitali illegali e legali, per l'opacita' del sistema finanziario (con il segreto bancario, i paradisi fiscali, le innovazioni finanziarie), inefficacemente contrastata dalle misure antiriciclaggio (1). * 2. Il Mediterraneo: un mare piu' frontiera che ponte Come si colloca l'area mediterranea all'interno dei processi di globalizzazione? Come vedremo essa e' insieme teatro dell'integrazione e dell'esclusione. I continui sbarchi di immigrati sulle coste siciliane, spesso conclusi tragicamente con la morte di centinaia di persone, sono l'aspetto piu' eclatante di drammi personali e collettivi e di contraddizioni che tutto lascia prevedere si aggraveranno nei prossimi anni, se non ci sara' un drastico mutamento delle politiche dei Paesi europei, a cominciare dall'Italia che sull'argomento ha adottato una linea di esclusione e di intolleranza. Contrariamente alla retorica imperante, il Mare Mediterraneo e' piu' una frontiera che divide i paesi rivieraschi che un ponte che li unisce. La stessa espressione "Mare nostrum" non ha mai indicato uno spazio comune, una sorta di condominio tra eguali, ma un regime proprietario, in cui i Romani facevano da padroni e gli altri popoli erano o schiavi o sudditi. Gia' prima dell'implosione del socialismo reale, il Mediterraneo era ben lontano dall'essere una realta' unitaria o in via di unificazione. Ne facevano parte 18 paesi e si potevano individuare quattro subregioni: subregione europea-occidentale: Portogallo, Spagna, Francia, Italia; subregione europea orientale: Jugoslavia, Albania, Grecia, Turchia, Cipro; subregione nordafricana: Marocco, Algeria, Tunisia, Libia, Egitto; subregione Vicino Oriente: Siria, Libano, Israele, Giordania. A meta' degli anni '80 Portogallo e Spagna erano appena usciti da dittature e avevano pesanti distacchi da Francia e Italia. La Jugoslavia era ancora a economia collettivistica e l'Albania era un'isola di comunismo ortodosso arroccata nella riproduzione della miseria, la Turchia era sotto un regime dittatoriale, Cipro era lacerata da contrasti tra greci e turchi. Il Vicino Oriente era insanguinato dalla guerra civile tra le varie componenti etnico-religiose libanesi e dal conflitto israelo-palestinese. Dopo il crollo del muro di Berlino sono nati nuovi Stati e si sono aggravate tensioni gia' presenti nell'area. Il cambiamento piu' vistoso si e' verificato nei Balcani, con la dissoluzione della Jugoslavia, le feroci guerre etniche e la formazione di cinque nuovi Stati: Slovenia, Croazia, Bosnia-Erzegovina, Serbia e Montenegro, Macedonia, mentre resta ancora irrisolto il problema dell'indipendenza del Kosovo. E' continuato ed e' ancora lontano da una ipotesi di possibile soluzione il conflitto israelo-palestinese. Si collocano nell'area mediterranea Paesi diversissimi, con differenze enormi, sia dal punto di vista economico che culturale, politico e religioso. I Paesi sono attualmente 22 e utilizzando la divisione in subregioni, rispetto alla situazione precedente riscontriamo che nella subregione europea-occidentale il Portogallo e la Spagna hanno colmato il distacco con i paesi piu' industrializzati, Francia e Italia. La subregione europea orientale e' piu' frammentata di prima, con la formazione dei nuovi Stati. Alcuni Paesi fanno parte dell'Unione europea, altri aspirano ad entrarvi (come per esempio la Turchia, uscita dalla dittatura ma con un governo in cui figurano uomini che facevano parte della banda politico-criminale dei Lupi grigi) e debbono fare i conti con una realta' in cui lo smantellamento del socialismo reale ha finito con il collocarli in un'area di poverta' e sottosviluppo, in cui la competitivita' con le aree di capitalismo maturo si gioca soprattutto sul terreno di un costo del lavoro piu' basso e di diritti non riconosciuti o malgarantiti. Nelle subregioni nordafricana e del Vicino Oriente abbiamo assistito negli ultimi anni alla diffusione del cosiddetto fondamentalismo islamico che lega vocazioni identitarie e fanatismo religioso: una miscela esplosiva che porta all'uso della violenza suicida-omicida contro un Occidente considerato come il nemico satanico e che si oppone a processi di modernizzazione occidentaleggiante in nome della legge coranica e della teocrazia. I diritti umani piu' elementari, a cominciare da quelli delle donne, vengono calpestati e la conflittualita' si configura come guerra permanente. * 3. Mutamento delle relazioni internazionali dopo la caduta del muro di Berlino e dopo l'11 settembre e conseguenze nell'area euro-mediterranea A livello internazionale dopo il crollo dell'impero sovietico si e' affermata una sola superpotenza e si e' scatenata la violenza, sotto forma di guerra etnica, preventiva e ricorso al terrorismo, con la crisi del diritto internazionale e una globalizzazione come sistema di esclusione e di marginalizzazione di gran parte del pianeta. L'attentato alle torri gemelle ha accentuato lo scontro guerra-terrorismo che rischia di generalizzare una conflittualita' permanente. In questo contesto, dal Forum di Seattle a quelli piu' recenti di Porto Alegre, si e' formata una societa' civile internazionale che si muove su una linea programmatica, non di mera opposizione ai processi in atto ma anche con l'indicazione di possibili alternative, ma siamo solo all'inizio di un cammino che non e' ne' breve ne' facile. Le conseguenze nell'area mediterranea sono evidenti: l'Europa accelera l'unita' mercantile e monetaria ma e' ben lontana dall'avere un ruolo internazionale sul piano politico, i divari con i Paesi rivieraschi piu' poveri si accentuano, i flussi migratori diventano sempre piu' massicci, nonostante o anzi in forza di proibizioni tanto odiose quanto inutili. A fronte di questi nodi strutturali si profilano i primi tentativi di una politica euromediterranea. Il 28 novembre del 1995 si e' svolta la Conferenza di Barcellona con i ministri degli esteri dei 15 Stati membri dell'Unione piu' quelli di Marocco, Algeria, Tunisia, Egitto, Israele, Giordania, Autorita' Palestinese, Libano, Siria, Turchia, Malta, Cipro e si e' innescato il cosiddetto "processo di Barcellona", che dovrebbe portare a un'area mediterranea di libero scambio nel 2010 e ha come obiettivi la collaborazione in campo politico e in materia di sicurezza e la cooperazione culturale, sociale, umanitaria. Si e' costituita una Fondazione euromediterranea per il dialogo fra le culture, che dovrebbe diffondere i valori e i principi d'azione del dialogo e gettare le basi per una coscienza civica allargata. Vengono poste delle condizioni per l'accesso ai Fondi europei: rafforzare la democrazia e lo Stato di diritto (in parecchi Paesi non sanno cosa siano), sviluppare i diritti umani, promuovere un'economia di mercato sostenibile. Come si vede, si tratta di una versione temperata del verbo neoliberista, sulla base del principio dato per scontato che non c'e' altro modello di sviluppo che quello euro-occidentale. Il richiamo alla sostenibilita' (che e' gia' concetto da problematizzare) non puo' impedire che sul terreno economico la penetrazione delle grandi imprese europee abbia un impatto devastante in economie poverissime e di mera sopravvivenza, mentre sui terreni sociale, ambientale, politico il modello euro-occidentale e' totalmente estraneo a molte realta'. I tentativi di esportazione potranno avere l'effetto di rinfocolare resistenze e avversioni. Democrazia e riconoscimento dei diritti umani non si esportano ne' con la guerra ne' per decreto: si tratta di processi che sono stati lunghissimi e costosissimi gia' in Occidente e non si vede perche' non debbano esserlo in altre aree del pianeta. Il rischio e' che queste politiche possano essere ulteriore fonte di emarginazione. Per intanto gia' nell'Europa a 25 notiamo il profilarsi di contraddizioni: entrano Paesi ex socialisti e filoamericani, con aree piu' povere di altre aree "assistite", come il Mezzogiorno italiano, che saranno escluse dai benefici di cui finora hanno goduto, spesso senza nessun reale giovamento. * 4. Mafie e traffici illegali Negli anni scorsi ha lavorato proficuamente sul terreno dei traffici illegali l'Ogd (Observatoire Geopolitique des Drogues) con sede centrale a Parigi, e in Italia aveva avviato un lavoro di analisi e ricerca soprattutto sui flussi migratori, che faceva tutt'uno con il suo impegno politico, Dino Frisullo. L'Ogd si e' sciolto per problemi economici e Dino ci ha lasciato. Immigrazione e tratta degli esseri umani, traffici di droghe, di armi, di rifiuti tossici, di organi, spesso vanno a braccetto, seguono le stesse rotte e sono gestiti dalle stesse organizzazioni criminali ma vanno sempre piu' emergendo nuovi soggetti. Per cio' che riguarda in particolare uno dei traffici piu' odiosi ma anche piu' dotati di futuro, se persistono le condizioni attuali, cioe' la tratta di esseri umani, Frisullo in un suo articolo pubblicato su "Narcomafie", nel settembre del 1997, poneva al centro la mafia turca, affiancata da greci, pakistani, irakeni, albanesi, maltesi, ciprioti. Avrebbe avuto un ruolo marginale la mafia italiana, interessata solo quando la tratta si accompagnava al traffico di droga. I traffici di clandestini, di armi e droga approdavano in Sicilia e Calabria e in vista delle coste siciliane com'e' noto si e' consumata una delle tragedie dell'immigrazione clandestina: il naufragio della Yohan nel Natale del 1996, con la morte di circa trecento persone (2). Successivamente i flussi di emigrazione clandestina sono continuati e sono destinati a intensificarsi. Una Relazione della Commissione parlamentare antimafia italiana del dicembre del 2000 considerava l'emigrazione clandestina sotto un duplice profilo: il favoreggiamento all'emigrazione (smuggling) e lo sfruttamento degli immigrati (trafficking), con il lavoro nero o la prostituzione. Il numero dei moderni schiavi oscillerebbe tra i 27 e i 200 milioni di persone e i profitti criminali sarebbero compresi tra i 7 e i 13 miliardi di dollari l'anno. L'emigrazione clandestina sarebbe gestita da un sistema criminale integrato, formato da organizzazioni etniche che operano al livello piu' alto e da altre organizzazioni che agiscono al livello intermedio e al livello piu' basso. Connesso con questi traffici sarebbe il traffico d'organi (3). Le porte d'ingresso in Europa degli immigrati clandestini sono molteplici: in Italia, la Sicilia, la Puglia, Gorizia; le coste spagnole, i paesi dell'Est. Sulla produzione e sul traffico di droghe un rapporto dell'Unodc (United Nations Office on Drugs and Crime) del dicembre 2003 indicava il Marocco come il maggior produttore di hashish e la Spagna come porta d'ingresso della sostanza in Europa. Anche per la cocaina che si consuma in Europa Marocco e Spagna hanno un ruolo decisivo. L'eroina europea continua ad arrivare principalmente dall'Afghanistan che ha intensificato le coltivazioni del papavero da oppio (nel 2004 la produzione e' aumentata del 6% e le terre coltivate a papavero sono cresciute dell'8% rispetto all'anno precedente) (4). La produzione e l'uso di droghe sintetiche negli ultimi anni sono aumentati e anche la produzione e commercializzazione di queste sostanze e' sotto il controllo di gruppi criminali. Una recente ricerca su tre citta' europee (Amsterdam, Barcellona, Torino) ha rilevato la presenza a Barcellona di trafficanti locali in connessione con altri soggetti operanti a livello nazionale e internazionale (5). Com'e' noto, le droghe procurano la moneta per l'acquisto di armi e esplosivi usati nelle guerre in corso e nelle azioni terroristiche (6). Sui rifiuti tossici indagava Ilaria Alpi, la giornalista uccisa in Somalia nel 1994, e Legambiente in Italia pubblica ogni anno un rapporto sulle "ecomafie", in gran parte impegnate nella raccolta e nello smaltimento dei rifiuti tossici e pericolosi. E' un traffico in espansione per la crescente produzione di rifiuti pericolosi che non si riesce a smaltire per le vie legali, offrendo nuove convenienze alle organizzazioni criminali. Nel recente passato la Spagna e' stata coinvolta in questo traffico: fin dalla prima meta' degli anni '90 in Catalogna, in Galizia e in Andalusia arrivavano rifiuti speciali provenienti dalla Germania; a tale traffico erano interessati imprenditori spagnoli collegati con soggetti che formavano una rete internazionale (7). * 5 Proposte Se vogliamo raccogliere le informazioni necessarie per avere un quadro adeguato e produrre analisi che ci permettano di capire i processi in atto, da cui ricavare indicazioni concrete di azioni possibili, dobbiamo costituire una rete informativa, diffusa in tutta l'area euro-mediterranea e in collegamento con altre strutture internazionali. Non so se e' possibile costituire un Osservatorio euromediterraneo sul crimine organizzato e se, e fino a che punto, si possono utilizzare le strutture esistenti, come l'Emcdda (European Monitoring Centre for Drugs and Drug Addiction) o in corso di formazione, come la Fondazione euromediterranea per il dialogo fra le culture e i Centri di studi euro-mediterreanei della Rete Braudel-Ibn Khaldoun. Anche a Catania si e' formato un Centro Braudel ma non so se sia attivo e disponibile. Nel dicembre 2004 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione sulla strategia antidroga dal 2005 al 2012 che dovrebbe segnare un'inversione di rotta nella politica rigidamente proibizionista perseguita fin qui. Non c'e' da farsi illusioni, pero' possono aprirsi spazi utili, se siamo in grado di dare vita o rivitalizzare strutture e organismi di analisi e di proposta. Penso in particolare all'Encod (European Ngo Council on Drugs & Development), un organismo che raggruppa Organizzazioni non governative, finora privo di mezzi. Possiamo chiedere un suo adeguato potenziamento come pure possiamo avviare delle campagne che diffondano conoscenze e contribuiscano all'elaborazione di progetti alternativi. Esempi: la ripubblicazione del volume Dietro la droga, pubblicato dal Ciss (Cooperazione internazionale Sud-Sud) e dal Centro Impastato nel 1993, destinato alle scuole e agli operatori sociali, e una mostra sugli effetti delle varie sostanze psicoattive, illegali e legali. Una risposta seria alla totale mancanza di scientificita' dei progetti di legge in corso di approvazione in Italia, fondati sulla demonizzazione delle droghe e sulla criminalizzazione dei tossicodipendenti. Dal punto di vista istituzionale la legislazione italiana a cominciare dagli anni '80, dopo i grandi delitti e le stragi di mafia, ha registrato significativi passi in avanti: la legge antimafia del 1982 e le leggi sulla confisca dei beni. Queste norme sono entrate a far parte del testo della Convenzione internazionale sul crimine transnazionale presentata a Palermo nel dicembre del 2000, che ancora attende la firma di molti Stati, tra cui l'Italia. I limiti della legislazione italiana e dell'attivita' giudiziaria degli ultimi anni: non si affrontano le cause del crimine (questo e' anche il limite della Convenzione internazionale), che possono essere affrontate solo con politiche adeguate, necessariamente radicali, ed e' rimasto irrisolto il problema dei rapporti tra mafia e politica. Significative le esperienze della societa' civile: lavoro nelle scuole, costituzione di associazioni antimafia, contro il racket, uso sociale dei beni confiscati, con la formazione di cooperative giovanili. Su queste basi possiamo lavorare a un progetto europeo, che coniughi analisi, educazione, rispetto dei diritti umani, diritto al lavoro, uso razionale delle risorse, partecipazione democratica. Un progetto che rilanci l'Europa dei cittadini, in alternativa all'Europa dei governi e delle burocrazie. * Note 1. Su questi temi rimando a U. Santino, Modello mafioso e globalizzazione, www.centroimpastato.it 2. D. Frisullo, Mafia & immigrazione, in "Narcomafie", Anno V, n. 9, settembre 1997, pp. 3-9. 3. Commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno della mafia e delle altre organizzazioni criminali similari, Relazione sul traffico degli esseri umani, dicembre 2000. 4. Cfr. L. Vastano, Dossier Asia centrale, in "Narcomafie", Anno XII, n. 9, settembre 2004, pp. 3-21. 5. Cfr. Gruppo Abele, Syntetic Drug Trafficking in Three European Cities: major trends and the involvement of Organised Crime, edizioni Gruppo Abele, Torino 2003, pp. 97-165. 6. L. Vastano, op. cit. 7. Cfr. Dossier Traffico di rifiuti, in "Narcomafie", Anno XII, n. 1, gennaio 2004, pp. 3-17. 4. DIRITTI. PATRICIA LOMBROSO INTERVISTA MICHAEL RATNER [Dal quotidiano "Il manifesto" del 26 giugno 2005. Patricia Lombroso e' corrispondente da New York del quotidiano; ha pubblicato in volume una raccolta di sue interviste a Noam Chomsky dal 1975 al 2003: Noam Chomsky, Dal Vietnam all'Iraq. Colloqui con Patricia Lombroso, Manifestolibri, Roma 2003. Michael Ratner e' il presidente del Center for Constitutional Rights] "Il mandato d'arresto spiccato dal giudice di Milano nei confronti di 13 agenti della Cia per il 'sequestro aggravato' di Abu Omar, rappresenta un gesto inedito e importante da parte della magistratura italiana. Pur rimanendo l'Italia uno dei piu' fedeli alleati di George Bush nella guerra in Iraq, la sua magistratura ha ora stabilito che la guerra globale al terrorismo condotta dal governo Usa non comporta l'impunita' per gli agenti americani che violano le leggi italiane - per esempio sequestrando e facendo scomparire delle persone come nel caso di Abu Omar". Cosi' esordisce, nell'intervista al "Manifesto", il presidente del Center for Constitutional Rights, Michael Ratner, visibilmente compiaciuto per il modo in cui la Procura milanese ha impresso una svolta all'inchiesta sulla scomparsa di Abu Omar. * - Patricia Lombroso: Lei era al corrente del rapimento di Abu Omar da parte degli americani e del suo trasferimento in Egitto, dove e' stato torturato? - Michael Ratner: Conosco bene il caso di Abu Omar. La nostra organizzazione, creata per la protezione costituzionale dei diritti umani, denuncia da anni il comportamento dell'amministrazione Usa e chiede un'inchiesta indipendente del Congresso sulle gravi illegalita' dei metodi usati nella "lotta globale al terrorismo" lanciata dopo l'11 settembre da George Bush, Donald Rumsfeld, Alberto Gonzales (il nuovo segretario alla giustizia). Sono metodi che il nostro governo ha adottato e continua sistematicamente a utilizzare in violazione delle piu' elementari norme del diritto internazionale e dello stesso sistema giudiziario americano. Normali cittadini vengono rapiti e fatti sparire nelle prigioni segrete dell'Afghanistan, a Guantanamo, oppure trasferiti in Egitto, Marocco, Arabia Saudita, dove vengono interrogati e sottoposti a torture nel tentativo di estorcere informazioni su collegamenti con terroristi di al Qaeda. Molto spesso si tratta di cittadini innocenti che nulla hanno a che fare con il terrorismo. * - Patricia Lombroso: Dov'e' ora Abu Omar? - Michael Ratner: Nessuno lo sa. Potrebbe essere morto in seguito alle torture. E' possibile che sia stato riconsegnato agli americani, o spostato in un altro paese per essere nuovamente torturato in qualche prigione segreta. L'unica certezza che abbiamo e' che Abu Omar e' scomparso quando era in Egitto. Personalmente ritengo che sia ancora la'. * - Patricia Lombroso: Che cosa sapete, per certo, della vicenda di Abu Omar? - Michael Ratner: La Cia lo ha sequestrato il 17 febbraio 2003 a Milano. Lo ha caricato su un furgone e portato segretamente nella base militare di Aviano. Da li', con un aereo commerciale noleggiato dal governo americano, e' stato trasportato in Germania e quindi in Egitto, uno dei paesi terzi dove i nostri servizi segreti trasferiscono i sospetti che si vogliono interrogare o far collaborare usando "tecniche" illegali negli Usa, cioe' torture ancora piu' abominevoli di quelle in uso a Guantanamo, ad Abu Ghraib o in Afghanistan. Dalla nostra documentazione risulta che Omar sia riuscito a chiamare sua moglie, in Italia, dall'Egitto dove nel marzo 2004 era stato messo in semiliberta' per ragioni mediche. Alla moglie disse che era stato torturato; e in seguito a quella telefonata, nel maggio 2004 e' stato di nuovo preso e fatto sparire dalle autorita' egiziane, su pressioni Usa. Da allora non ne sappiamo piu' niente. * - Patricia Lombroso: E' un cittadino egiziano? - Michael Ratner: E' di origine egiziana, ma viveva da molti anni in Italia. In quanto residente aveva diritto ad essere protetto dalle autorita' italiane, e l'intervento da parte della magistratura milanese serve a mettere in chiaro le norme legali internazionali ignorate dal nostro governo. Anche Svezia e Germania hanno timidamente mostrato qualche opposizione alla prassi del nostro governo di riternersi al di sopra di ogni sistema giuridico, nazionale e internazionale. * - Patricia Lombroso: Perche' ritiene che questa vicenda costituisca una svolta importante per la lotta globale di Bush al terrorismo? - Michael Ratner: Perche' la presa di posizione del magistrato italiano evidenzia la bancarotta democratica degli Stati Uniti: di fronte alla quale invece, in America, molti magistrati preferiscono cooperare in pieno con i servizi segreti mettendo in atto norme assolutamente illegali e al di fuori dei principi fondamentali del diritto e della stessa Costituzione del nostro paese. * - Patricia Lombroso: Il sequestro in Italia di Abu Omar non fa pensare a una complicita' di Roma nelle illegalita' compiute dagli americani? - Michael Ratner: Senza dubbio. Ma, anche se ritengo possibile che il governo italiano fosse stato messo al corrente del rapimento, non ne ho la certezza. I servizi segreti di un paese agiscono ed hanno relazioni con altri servizi segreti in modo autonomo. Senza che gli organi governativi vengano messi al corrente. A volte questi sequestri avvengono davvero senza che i governi lo sappiano. * - Patricia Lombroso: Come si dovrebbe procedere ora in Italia verso gli agenti della Cia incriminati? - Michael Ratner: Dovrebbero essere portati in Italia e processati per sequestro, come si farebbe ovunque. 5. RIVISTE. CON "QUALEVITA", LA LEZIONE DI PEDRO CASALDALIGA Abbonarsi a "Qualevita" e' un modo per sostenere la nonviolenza. Ponendosi all'ascolto della lezione di Pedro Casaldaliga. * "Tutti i popoli della terra hanno una vocazione profetica, qualcosa di originale da dire nella storia, perche' hanno una loro identita' e possono e debbono contribuire al bene, alla crescita, alla pienezza degli altri popoli" (Pedro Casaldaliga, Il volo del quetzal, La Piccola Editrice, Celleno (Vt) 1989, p. 36). * "Qualevita" e' il bel bimestrale di riflessione e informazione nonviolenta che insieme ad "Azione nonviolenta", "Mosaico di pace", "Quaderni satyagraha" e poche altre riviste e' una delle voci piu' qualificate della nonviolenza nel nostro paese. Ma e' anche una casa editrice che pubblica libri appassionanti e utilissimi, e che ogni anno mette a disposizione con l'agenda-diario "Giorni nonviolenti" uno degli strumenti di lavoro migliori di cui disponiamo. Abbonarsi a "Qualevita", regalare a una persona amica un abbonamento a "Qualevita", e' un'azione buona e feconda. Per informazioni e contatti: Edizioni Qualevita, via Michelangelo 2, 67030 Torre dei Nolfi (Aq), tel. 3495843946, o anche 0864460006, o ancora 086446448; e-mail: sudest at iol.it o anche qualevita3 at tele2.it; sito: www.peacelink.it/users/qualevita Per abbonamenti alla rivista bimestrale "Qualevita": abbonamento annuo: euro 13, da versare sul ccp 10750677, intestato a "Qualevita", via Michelangelo 2, 67030 Torre dei Nolfi (Aq), specificando nella causale "abbonamento a 'Qualevita'". 6. LETTURE. AA. VV.: UNA VITA PIU' SEMPLICE. BIOGRAFIA E PAROLE DI ALEXANDER LANGER AA. VV., Una vita piu' semplice. Biografia e parole di Alexander Langer, Terre di Mezzo - Altreconomia, Milano 2005, pp. 168, euro 10. Realizzato in collaborazione con la Fondazione Alexander Langer Stiftung di Bolzano, il libro comprende una prefazione di Giuseppina Ciuffreda, una biografia scritta da Giulia Allegrini, un'intervista di Adriano Sofri, un'antologia di scritti, interventi e interviste di Alexander Langer, un intervento di Gianni Tamino, una notizia sulla Fondazione a cura di Edi Rabini. Per richieste alla casa editrice: e-mail: segreteria at altreconomia.it, sito: www.altreconomia.it 7. LETTURE. SUSANNA RIPAMONTI (A CURA DI): PRESCRIZIONE E CORRUZIONE Susanna Ripamonti (a cura di), Prescrizione e corruzione. Il processo Sme-Ariosto, suppl. a "L'Unita'", Roma 2005, pp. 202, euro 5,90. Alcuni atti del processo Sme, il dispositivo della sentenza di primo grado con riferimento all'imputato Silvio Berlusconi, ampi estratti della requisitoria del pubblico ministero Ilda Boccassini, e delle arringhe degli avvocati di parte civile (Giuliano Pisapia, Domenico Salvemini) e della difesa (Gaetano Pecorella, Niccolo' Ghedini). Una lettura assai istruttiva. 8. RILETTURE. MARTHE ROBERT: L'ANTICO E IL NUOVO Marthe Robert, L'antico e il nuovo, Rizzoli, Milano 1969, pp. 288. Una straordinaria, finissima, illuminante lettura del Chisciotte cervantino e del Castello di Kafka. Un libro che vivamente raccomandiamo. 9. RILETTURE. MARTHE ROBERT: DA EDIPO A MOSE' Marthe Robert, Da Edipo a Mose'. Freud e la coscienza ebraica, Sansoni, Firenze 1981, pp. 176. Sigmund Freud letto da Marthe Robert, una festa dello spirito. 10. RILETTURE. MARTHE ROBERT: SOLO COME KAFKA Marthe Robert, Solo come Kafka, Editori Riuniti, Roma 1982, pp. X + 214. Una delle piu' belle monografie disponibili su Kafka. 11. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 12. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at inwind.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 977 del 30 giugno 2005 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione).
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