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La nonviolenza e' in cammino. 975
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 975
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Tue, 28 Jun 2005 00:17:42 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 975 del 28 giugno 2005 Sommario di questo numero: 1. La domanda 2. Un appello contro la privatizzazione degli usi civici 3. Giulio Vittorangeli: Allarme rosso in Chiapas 4. Bruna Peyrot: L'esperienza e l'elaborazione del "Partito dei lavoratori" (Pt) brasiliano (parte terza) 5. Martin Luther King: Sogni non realizzati 6. Riletture: Margarete Buber-Neumann, Prigioniera di Stalin e Hitler 7. La "Carta" del Movimento Nonviolento 8. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. LA DOMANDA Cosa stiamo facendo per fermare la guerra in corso? Cosa stiamo facendo perche' il nostro paese esca dalla coalizione terrorista e stragista che ha invaso e occupato l'Iraq, dopo aver per decenni prima spalleggiato e armato un sanguinario dittatore, poi imposto un decennale embargo genocida, infine scatenato una guerra di cui non si vede la fine e che, scardinata ogni regola di civilta' e ogni criterio di umanita', minaccia l'umanita' intera? Cosa stiamo facendo per il ripristino del diritto internazionale e della legalita' costituzionale italiana? Cosa stiamo facendo per fermare e contrastare il terrorismo, il nostro e l'altrui che reciprocamente si alimentano? Cosa stiamo facendo per promuovere la convivenza e una solidarieta' autentica tra i popoli e tra le persone? Cosa stiamo facendo? Cosa siamo diventati? 2. APPELLI. UN APPELLO CONTRO LA PRIVATIZZAZIONE DEGLI USI CIVICI [Da vari interlocutori riceviamo, e volentieri diffondiamo] Premessa: Che cosa sono gli usi civici Per usi civici si intendono quei diritti proprietari, gravanti su notevoli estensioni di terre, che si sono venuti consolidando nel corso dei secoli a favore dei poveri e delle plebi contadine esclusi da ogni altro diritto, che da queste terre traevano le risorse necessarie alla sopravvivenza propria e delle loro famiglie, attraverso regole e statuti di prelievo e di coltivazione che garantivano la riproducibilita' e la tutela delle risorse naturali. Con la modernita' queste terre hanno subito un doppio processo di spopolamento e di abbandono da parte delle popolazioni contadine in via di proletarizzazione e di progressiva recinzione e privatizzazione che ne escludeva forzosamente i legittimi proprietari. Questa dinamica continua tutt'oggi con diverse motivazioni: le alienazioni e usurpazioni di queste terre si sono moltiplicate anche per iniziative discutibili e illegittime degli enti locali che hanno favorito alienazioni e trasformazioni urbanistiche su queste terre ad uso edificatorio e privatistico, senza tener alcun conto dei diritti dei proprietari e delle popolazioni locali. A questo si aggiunge lo spopolamento avvenuto dei piccoli centri agricoli e rurali per effetto dei processi di inurbamento con il conseguente abbandono delle terre civiche, divenute cosi' facile preda della speculazione privata, pur essendo soggette a tutela paesaggistica e in permanenza degli antichi diritti proprietari. Con questa iniziativa il Comitato che si e' costituito a difesa degli usi civici e delle proprieta' collettive, si propone di ostacolare l'approvazione di un testo di legge unificato sulla alienazione degli usi civici all'esame del Parlamento, e di promuovere un progetto alternativo di utilizzo delle terre civiche a sostegno di uno sviluppo locale e rurale partecipato e sostenibile, rispettoso dell'ambiente, delle risorse naturali e del territorio. * Appello Operando nelle istituzioni e nel sociale, siamo molto preoccupati dell'attuale orientamento culturale e politico che - in totale ed acritica subalternita' alla cultura neoliberista - fa perno su un individualismo proprietario dirompente, incapace di dare riconoscimento a quei valori comuni e condivisi, sui quali - anche per volonta' dei Costituenti - va fondato lo Stato e la societa' civile. Ci preoccupa in particolare il Disegno di Legge n. 1131, attualmente ancora in discussione al Senato, abrogativo delle proprieta' collettive, cioe' di quel vasto patrimonio di terre, tra i 5 e 10 milioni di ettari, nonche' di storie e di valori, che le popolazioni contadine hanno consegnato alla modernita' e che nell'attuale momento storico la crisi irreversibile del liberismo economico imporrebbe invece di valorizzare. Non ignoriamo che i beni comuni furono all'origine della riflessione socialista e libertaria, anche come bersaglio polemico per una nuova, piu' moderna organizzazione dello Stato e della societa' civile. Vorremmo evitare tuttavia che essi siano consegnati senza adeguata riflessione e senza apprezzabili riserve alla furia iconoclasta del libero mercato - cioe' in sostanza alla libera e incontrollata disponibilita' del capitale privato e di clientele politico-finanziarie ansiose di recuperare la propria capacita' di rendita e di profitto a spese della collettivita'. Gia' ora e' possibile per gli Enti di Gestione - Universita' o Associazioni agrarie, Amministrazioni comunali, ecc. - disporre la vendita, per quote limitate, dei demani civici di loro pertinenza, ma la disciplina vigente (La legge 1766/1927 e il relativo regolamento n. 332/1928) esige che tali vendite corrispondano non all'interesse economico dell'Ente che le dispone, bensi' a quello conservativo delle popolazioni proprietarie, cui le terre spettano; a tutela di questo interesse, esige che la proposta di vendita sia previamente autorizzata dalla Amministrazione Regionale territorialmente competente; esige infine che il corrispettivo stabilito tra le parti sia adeguato al valore delle terre, e acquisito al separato bilancio della Comunita', non a quello dell'Ente di gestione. Quest'ultimo punto e' di particolare delicatezza, perche' - nonostante l'obbligo di legge - mai o quasi mai i Comuni hanno provveduto a una gestione patrimoniale e finanziaria dei beni civici distinta da quella del loro patrimonio disponibile, sempre o quasi sempre si sono appropriati dei beni civici o del loro valore, si sono appropriati e si appropriano dei loro frutti o dei corrispettivi che ne derivano. La proposta legislativa in discussione non fa che convalidare e radicalizzare questa prassi illegittima. Infatti, la prospettiva della alienazione pura e semplice delle terre civiche, senza alcuna condizione ed a scopo direttamente finanziario, con l'obiettivo di rimpinguare le casse comunali, ma anche indirettamente a scopo clientelare, rischia di diventare l'unica perseguibile dalla nuova legge. Non vi e' infatti alcuna ragione per rendere possibile l'immissione sul mercato, a disposizione del capitale finanziario e quindi della speculazione, di questo vasto patrimonio di terre, per se' suscettibili di utilizzo a vantaggio generale e in ogni caso gia' ora, in base alle leggi vigenti, vincolate a prospettive di conservazione ambientale ed ecologica, che con la nuova legge potrebbero andare sicuramente perdute. * Vi inviamo il presente appello non certo per denunciare genericamente questa prospettiva, ma per chiedere il sostegno necessario ad un approfondimento della situazione e alla individuazione di tutte le iniziative suscettibili di promuovere la conservazione, la difesa e l'implementazione dei beni civici - cioe' dei beni fondiari appartenenti in forma collettiva alle popolazioni locali, comunque essi si chiamino o si definiscano e a chiunque giuridicamente vadano imputati. In questo spirito, invitiamo gli Enti Locali (Comuni, Province e Regioni) a salvaguardare e difendere gli usi civici presenti nel loro territorio, garantendone in primo luogo l'inalienabilita' e la proprieta' collettiva, contro il moltiplicarsi degli abusi e delle usurpazioni di interesse esclusivamente privato che oggi vi allignano e, d'intesa con i legittimi proprietari e le comunita' locali, a favorire e promuovere forme innovative di gestione associata e cooperativa di questo patrimonio ai fini della salvaguardia e valorizzazione ambientale ed ecologica del territorio. * Primi firmatari: Umberto Bardella, Giacomo Bazzani, Paolo Beni, Paolo Berdini, Giovanni Berlinguer, Marco Bersani, Riccardo Bocci, Patrizia Bonelli, Mauro Bonaiuti, Elia Bosco, Antonio Bruno, Natalina Candelo, Franco Carletti, Francesco Chiriaco, Franco Cassano, Antonio Castronovi, Mario Cena, Marinella Correggia, Massimo Covello, Vezio De Lucia, Roberto Della Seta, Piero Di Siena, Benito Fiori, Pietro Folena, Giovanni Franzoni, Walter Mancini, Margherita Granero, Renato Grimaldi, Paolo Roberto Imperiali, Rosario Lembo, Athena Lorizio, Alberto Magnaghi, Stefania Magnani, Gloria Malaspina, Eliana Martoglio, Francesco Martone, Felice Mazza, Emilio Molinari, Sandro Morelli, Giorgio Nebbia, Luigi Nieri, Antonio Onorati, Fabio Parascandolo, Gaia Pallottino, Tonino Perna, Ciro Pesacane, Riccardo Petrella, Maurizio Picca, Anna Pizzo, Carlo Podda, Giuseppe Prestipino, Guglielmo Ragozzino, padre Ottavio Raimondi, Giovanna Ricoveri, Domenico Rizzuti, Gabriella Rossi Crespi, Franco Russo, Giulio Russo, Edoardo Salzano, Enzo Scandurra, Marisa Scioratto, Patrizia Sentinelli, Sabina Siniscalchi, Gianni Tamino, Riccardo Troisi, Valentino Tosatti, Sauro Turroni, Alex Zanotelli. * Chi ritiene di condividere le nostre preoccupazioni e i contenuti del presente appello, e' pregato di comunicare la sua adesione ad uno degli indirizzi sotto riportati: - fr.carletti at tiscali.it - acastronovi at lazio.cgil.it - segreteriagenerale at flai.it (Franco Chiriaco) - f.martone at senato.it - ricoveri2004 at libero.it 3. MONDO. GIULIO VITTORANGELI: ALLARME ROSSO IN CHIAPAS [Ringraziamo Giulio Vittorangeli (per contatti: g.vittorangeli at wooow.it) per questo intervento. Giulio Vittorangeli e' uno dei fondamentali collaboratori di questo notiziario; nato a Tuscania (Vt) il 18 dicembre 1953, impegnato da sempre nei movimenti della sinistra di base e alternativa, ecopacifisti e di solidarieta' internazionale, con una lucidita' di pensiero e un rigore di condotta impareggiabili; e' il responsabile dell'Associazione Italia-Nicaragua di Viterbo, ha promosso numerosi convegni ed occasioni di studio e confronto, ed e' impegnato in rilevanti progetti di solidarieta' concreta; ha costantemente svolto anche un'alacre attivita' di costruzione di occasioni di incontro, coordinamento, riflessione e lavoro comune tra soggetti diversi impegnati per la pace, la solidarieta', i diritti umani. Ha svolto altresi' un'intensa attivita' pubblicistica di documentazione e riflessione, dispersa in riviste ed atti di convegni; suoi rilevanti interventi sono negli atti di diversi convegni; tra i convegni da lui promossi ed introdotti di cui sono stati pubblicati gli atti segnaliamo, tra altri di non minor rilevanza: Silvia, Gabriella e le altre, Viterbo, ottobre 1995; Innamorati della liberta', liberi di innamorarsi. Ernesto Che Guevara, la storia e la memoria, Viterbo, gennaio 1996; Oscar Romero e il suo popolo, Viterbo, marzo 1996; Il Centroamerica desaparecido, Celleno, luglio 1996; Primo Levi, testimone della dignita' umana, Bolsena, maggio 1998; La solidarieta' nell'era della globalizzazione, Celleno, luglio 1998; I movimenti ecopacifisti e della solidarieta' da soggetto culturale a soggetto politico, Viterbo, ottobre 1998; Rosa Luxemburg, una donna straordinaria, una grande personalita' politica, Viterbo, maggio 1999; Nicaragua: tra neoliberismo e catastrofi naturali, Celleno, luglio 1999; La sfida della solidarieta' internazionale nell'epoca della globalizzazione, Celleno, luglio 2000; Ripensiamo la solidarieta' internazionale, Celleno, luglio 2001; America Latina: il continente insubordinato, Viterbo, marzo 2003. Per anni ha curato una rubrica di politica internazionale e sui temi della solidarieta' sul settimanale viterbese "Sotto Voce" (periodico che ha cessato le pubblicazioni nel 1997). Cura il notiziario "Quelli che solidarieta'"] Il 19 giugno l'Esercito zapatista di liberazione nazionale (Ezln) ha reso noto un comunicato urgente, sintetizzato in sette punti, molto preoccupante; confermato nella sostanza da un secondo comunicato del giorno successivo. Vi si annuncia, in pratica, una mobilitazione generale dei "regolari" dell'Ezln, la clandestinita' delle Giunte del buon governo che da due anni amministrano i municipi autonomi zapatisti; e altre misure d'urgenza. Tra le quali l'invito ai cooperanti internazionali ad abbandonare le comunita' indigene, o rimanervi a loro rischio; a coloro che hanno sostenuto in questi quasi dodici anni la lotta dei popoli indigeni si dice grazie, e li si "solleva da ogni responsabilita'" per eventuali future azioni dell'Ezln. Tutto lascia pensare ad una probabile offensiva dell'esercito federale messicano, che non ha mai allentato la presa sulla zona di conflitto in Chiapas. L'ultimo allarme di questo tipo fu lanciato nel febbraio del 1995, alla vigilia dell'attacco dell'esercito federale, che tento' di annientare con la forza l'Esercito zapatista di liberazione nazionale. Anche il Centro per i diritti umani "Fray Bartolome' de Las Casas" ha diramato un comunicato in cui cerca di ricostruire le cause della decisione dell'Ezln. Tra gli eventi il Centro denuncia che "da due mesi si sono registrati movimenti dell'esercito messicano", si tratta del "maggiore movimento militare dalla rimozione delle sette postazioni richiesta dall'Ezln nel 2001"; sottolineando il nesso tra la riattivazione dell'esercito messicano e il congelamento dei conti di Enlace Civil, l'organizzazione non governativa che da anni opera nei territori zapatisti e che viene accusata di "riciclaggio di denaro sporco". Da parte sua il governo messicano dapprima ha annunciato che l'esercito aveva distrutto 44 piantagioni di marijuana in territorio sotto controllo zapatista nel Chiapas; poi ha fatto frettolosamente marcia indietro, affermando che le 44 piantagioni non si trovano nella zona d'influenza dell'Ezln, ed ha anche auspicato che riprendano i negoziati con l'Ezln. A sua volta il subcomandante Marcos, che non revocato l'"allarme rosso", ha annunciato che non e' nei piani dell'Ezln di riprendere l'attivita' armata, ed ha garantito che neanche un centesimo degli aiuti e contributi ricevuti per la causa zapatista e' stato speso per l'acquisto di armi. La realta' e' che, nell'indifferenza ormai quasi generale, continua la guerra a bassa intensita' dei paramilitari contro le popolazioni indigene. Sono sempre in circolazione e purtroppo in azione, i paramilitari come quelli del gruppo "Paz Y Justicia", che nel dicembre del 1997 uccisero 45 persone. Uomini, donne e bambini indigeni della comunita' di Acteal. * C'e' evidente un limite nella solidarieta' internazionale, per quanto assorbita dalle emergenze della guerra globale, se non riesce a dare continuita' ai suoi progetti; se la denuncia degli orrori del neoliberismo non viene accompagnata da un impegno concreto e quotidiano con chi in prima persona subisce questi orrori. Ricordiamo tutti come la societa' civile mondiale, smarrita davanti alle nuove questioni globali, accolse con straordianria gratitudine il movimento zapatista al suo apparire nel 1994; all'indomani della introduzione del Nafta, l'accordo di libero scambio tra Stati Uniti, Canada e Messico. L'accordo mirava a espandere l'economia di questi paesi basandosi sul mercato e la totale liberta' di commercio, con conseguenze disastrose per le fasce piu' oppresse della popolazione, primi fra tutti gli indios. Sarebbe seguita, per tutti gli anni '90, la ricca analisi offerta dallo zapatismo; come non ricordare il famoso scritto del subcomandante Marcos, "La quarta guerra mondiale e' cominciata": siamo all'inizio di una nuova epoca buia, in cui si agitano sette pezzi di un rompicapo prodotto dal nuovo ordine mondiale, imposto dal neoliberismo. Tante le domande poste dall'esperienza zapatista, ma alcune rimaste senza risposta; o peggio lasciate cadere. Come si realizza il "trapianto" delle esperienze di liberazione, democrazia partecipativa, ecc., fatte nella foresta del Chiapas nelle regioni urbane in Europa; nonostante il legame oggettivo che esiste a causa della globalizzazione economica ed ecologica? Ed ancora, sul versante, degli interrogativi: quale rapporto esiste tra prospettiva nonviolenta e cultura della liberazione? E' compatibile con la prospettiva nonviolenta una scelta strategica di resistenza "violenta" da parte degli oppressi, dal momento che la cultura della nonviolenza ha affermato in modo definitivo l"esigenza della coerenza tra i mezzi ed il fine? Su questo interrogativo certamente ritorneremo, per il momento ci preme sottolineare che comunque non e' possibile rispondere a questa domanda ad un livello generale, astratto. E' invece possibile farlo solo in concreto, cioe' in rapporto a una lotta determinata, e al progetto che essa persegue. Come appunto l'esperienza zapatista, o quella sandinista con il ruolo determinante giocato dai cristiani. 4. ESPERIENZE. BRUNA PEYROT: L'ESPERIENZA E L'ELABORAZIONE DEL "PARTITO DEI LAVORATORI" (PT) BRASILIANO (PARTE TERZA) [Ringraziamo Bruna Peyrot (per contatti: brunapeyrot at terra.com.br) per averci messo a disposizione il capitolo quinto, "Scrivere la democrazia", del suo libro La democrazia nel Brasile di Lula. Tarso Genro: da esiliato a ministro, Citta' Aperta Edizioni, Troina (En) 2004. Bruna Peyrot, torinese, scrittrice, studiosa di storica sociale, conduce da anni ricerche sulle identita' e le memorie culturali; collaboratrice di periodici e riviste, vincitrice di premi letterari, autrice di vari libri; vive attualmente in Brasile. Si interessa da anni al rapporto politica-spiritualita' che emerge da molti dei suoi libri, prima dedicati alla identita' e alla storia di valdesi italiani, poi all'area latinoamericana nella quale si e' occupata e si occupa della genesi dei processi democratici. Tra le sue opere: La roccia dove Dio chiama. Viaggio nella memoria valdese fra oralita' e scrittura, Forni, 1990; Vite discrete. Corpi e immagini di donne valdesi, Rosenberg & Sellier, 1993; Storia di una curatrice d'anime, Giunti, 1995; Prigioniere della Torre. Dall'assolutismo alla tolleranza nel Settecento francese, Giunti, 1997; Dalla Scrittura alle scritture, Rosenberg & Sellier, 1998; Una donna nomade: Miriam Castiglione, una protestante in Puglia, Edizioni Lavoro, 2000; Mujeres. Donne colombiane fra politica e spiritualita', Citta' Aperta, 2002; La democrazia nel Brasile di Lula. Tarso Genro: da esiliato a ministro, Citta' Aperta, 2004. Per richiedere il libro alla casa editrice: Citta' Aperta Edizioni, via Conte Ruggero 73, 94018 Troina (En), tel. 0935653530, fax: 0935650234. Segnaliamo ai lettori che per esigenze grafiche legate alla diffusione per via informatica del nostro foglio, i termini brasiliani sono stati semplificati abolendo tutti gli accenti all'interno delle parole e sostituendo tutti i caratteri con particolarita' grafiche non tipiche della lingua italiana; questo rende la trascrizione di quei termini non fedele ma semplicemente orientativa. I conoscitori della soave lingua portoghese-brasiliana sapranno intuire le soluzioni adeguate, con tutti gli altri ci scusiamo] Socialismo Ogni qualvolta la via socialista ha voluto imboccare scorciatoie da Palazzo d'Inverno, con la presa rapida del potere, ha fallito, regredendo a situazioni peggiori di quelle di partenza. "La dittatura del proletariato e' un'impotenza pratica e teorica" mentre "la politica e' il supremo movimento mediatore di tutte le tensioni sociali, spirituali e morali e costituisce, pertanto, la base della democrazia" (38). Per un nuovo progetto socialista occorre il mantenimento delle conquiste delle rivoluzioni cosiddette borghesi, come i diritti civili, indispensabili per un progetto socialista umanista. "La costruzione del socialismo e' una decisione della volonta' umana e non una scadenza naturale della storia umana". Il socialismo, decisione etica del soggetto, puo' essere solo "frutto di un nuovo consenso democratico", con l'applicazione del pluralismo dentro il partito e fuori, anche con forze non socialiste. Infine, "Il cammino verso il socialismo sara', allo stesso tempo, e con la stessa intensita', una battaglia culturale, etica e morale" (39). Tarso riconosce che nella storia del socialismo sono stati aperti molti dissidi, dalla disputa fra Marx e Bakunin al tempo della prima Internazionale, alla polemica sulla socialdemocrazia durante la prima guerra mondiale, fino alle contrapposizioni fra sindacalismo burocratico e rivoluzionario negli ultimi anni venti e alla crisi attuale di una sinistra nazionale e internazionale senza progetto utopico capace di sedurre l'immaginario popolare. Ciononostante egli insiste perche' la sinistra abbia un progetto senza perdere la propria tradizione di emancipazione sociale e riconosca i riferimenti, dentro la storia del marxismo, utili alla costruzione di una teoria socialista e democratica della societa', inesistente, perche' nella pratica il socialismo ha vissuto storture. Tarso, che media direttamente i classici al pubblico del suo partito, afferma che il marxismo porta con se' la capacita' teorica di interpretare il movimento del mondo, della societa' e delle relazioni umane, confermandosi strumento della prassi liberatrice degli uomini. Quando invece ricade, come e' accaduto, in ideologia giustificatoria di uno Stato totalitario, allora l'inganno deve essere denunciato da chi crede nel marxismo che non ha esaurito le sue potenzialita' nel realizzare forme di "umanesimo rivoluzionario". Cosi' come il cristianesimo non puo' essere identificato solo con le Crociate, neanche il marxismo puo' essere identificato solo con i suoi fallimenti. Tarso invita dunque a rispettare lo spirito di Marx che da' valore all'uomo. Se il marxismo e' una scienza, di quest'ultima deve subire le trasformazioni, i dubbi e gli errori. Se invece si considera solo un metodo politico, allora diventa pericoloso strumento del dogmatismo totalitario, in cui qualsiasi dubbio o errore diventa subito un "tradimento", incarnato da un "agente nemico". Tarso si sofferma a lungo sul ruolo dell'individuo nel marxismo che propose un'antifilosofia del soggetto, privo di diritti rispetto alla supremazia del collettivo. Essendo il diritto campo privilegiato del singolo, nel quale si riflette la vita sociale ed economica, ed essendo lo stesso subordinato alla classe, e' chiaro come il marxismo non abbia potuto cogliere pienamente tutte le questioni suscitate dalla democrazia rappresentativa. Il marxismo ha sempre liquidato il diritto come campo d'azione della classe borghese, disconoscendone l'universalita'. Neppure il socialismo reale ritenne necessario sviluppare il diritto, perche' il partito si autopromosse garante del proletariato, identificandosi con uno Stato che, in nome di queste ragioni, aveva proclamato: "Il diritto sono io" (40). A corollario di questa convinzione, ne derivava che, al lato opposto, il militante rivoluzionario bastava a se stesso come garanzia di essere nel giusto. Ma senza un corpo del diritto che stabilisse le norme di una gestione collettiva, il socialismo "reale" resto' solo reale e il socialista divento' burocrate, perche' "la grandezza etico-morale del soggetto rivoluzionario, nei momenti di lotta per l'uguaglianza, non si mantiene come etica del potere" (41), quando il potere e' conquistato. Il passaggio, fra la testimonianza individuale del militante e le regole del potere che si deve gestire, deve essere regolamentato dal diritto, altrimenti degenera in sclerosi burocratica e privilegi personali. Ciononostante il marxismo, tuttavia, e' ancora valido. I pensatori neoliberali, che considerano la persona un consumatore passivo, incontrano in questa filosofia il loro principale avversario, perche' e' la teoria che meglio spiega l'alienazione del soggetto. Il progetto socialista per Tarso intende l'utopia come quell'altro luogo in cui "la vita materiale e morale nega e supera il male presente e realizza la pienezza umana, orientata in modo permanente verso la felicita'" (42). L'utopia e' il legame fra il desiderio di essere felice come individuo e la volonta' di non accettare l'infelicita' del prossimo. Per questo motivo Tarso si ostina a difendere la possibilita' dell'utopia: "non quella assoluta, che esclude per l'arroganza delle certezze o per il settarismo politico o religioso l'interlocutore dissenziente. Ma l'utopia che e' capace di opporre, con sentimento di rivolta e indignazione, un progetto concreto e immediato di riscatto dalla barbarie. Un progetto modesto, che possa incorporare milioni di persone, per recuperare nella quotidianita' i valori della solidarieta' umana, dello spirito pubblico, dell'idea del collettivo, del rispetto dei diritti delle donne, dei neri, dell'infanzia e dell'adolescenza. Un'utopia modesta, che intenda porre entro l'orizzonte di ogni latitudine della vita il semplice principio del rispetto dell'essere umano, che qui in Brasile significherebbe creare rapidamente le condizioni per la ripresa della crescita, per redistribuire il reddito, per dare accesso alla terra a chi la vuole lavorare. Creare, di nuovo, una prospettiva di futuro, che oggi e' stata soffocata e che mai e' stata cosi' minacciata dall'impunita' di coloro che fanno mercato della disgrazia dei propri fratelli" (43). Le condizioni per una nuova strategia socialista, guidata dall'"utopia modesta" sono tre: un progetto nazionale di sviluppo; relazioni internazionali che rispettino la sovranita' nazionale, e nuove istituzioni repubblicane, fra le quali, oltre al Bilancio Partecipato, Tarso propone un Conselho Permanente de Democratizacao da Informacao perche' nell'era informatica i mezzi di informazione sono monopolizzati dai poteri dominanti. * La rivoluzione in cui crede Tarso, "pensata dal soggetto" (44), ha i riferimenti teorici nei marxisti non ortodossi: Rosa Luxemburg, Ernst Bloch, Gyorgy Lukacs, e soprattutto due italiani: Antonio Gramsci e Norberto Bobbio. Gramsci arrivo' in America Latina, a fine anni Cinquanta, mediato da intellettuali come Hector Agosti (1911-1984), il primo editore delle sue opere in Argentina, Pancho Arico' e Juan Carlos Portantiero. Manuel Sacristan in Messico pubblico' poi un'antologia dei suoi scritti con le edizioni Siglo XXI. A Cuba la notorieta' di Gramsci, anche se duro' poco, apparve a fine anni Cinquanta, quando si diffuse la rivista "Pensamiento Critico" del Dipartimento di filosofia dell'Universita' de La Habana che pubblico' oltre a lui, Sartre, Lukacs, Korsch, Marcuse... Un'altra onda di interesse verso Gramsci in Sudamerica si verifico' negli anni Ottanta, specie nel cono sud, con il processo di socialdemocratizzazione dei gruppi socialisti di Cile e Argentina. In ultimo, Gramsci si incontro' con la teologia della liberazione in cerca di concetti sociologici in cui tradurre il proprio impegno. In Brasile, tradotto da Carlos Nelson Coutinho, con successivi contributi, fra gli altri, di Dora Kanoussi e Nestor Kohan, ha interessato soprattutto l'analisi della societa' civile. Se per Marx, lo Stato eredita la divisione in classi della societa' civile, per Gramsci, che vive la complessita' dello Stato della prima meta' del Novecento, la societa' civile comprende tutte le organizzazioni preposte alla formazione culturale e ideologica (chiesa, partiti, sindacati, sistema scolastico, editoria, ecc.). La societa' civile per Gramsci e' la sede dell'egemonia, luogo dove si tessono relazioni di potere legate alla societa' politica che e' dentro lo Stato. L'idea e' stata molto dibattuta nel Brasile degli anni settanta, quando dire "societa' civile" significava tutto cio' che si contrapponeva allo Stato dittatoriale, identificazione facilitata dal portoghese brasiliano, in cui "civile" significa il contrario di "militare" (45). Dire "societa' civile", in continuita' con Gramsci, permetteva di cogliere la societa' brasiliana in modo omogeneo, nonostante le diversita' dei vari movimenti, unificati dall'impegno antidittatoriale. Gramsci e' per l'America Latina il riferimento di un marxismo alternativo a quello stalinista e marxista-leninista, ispirati dal bolscevismo, nei quali i valori della Rivoluzione francese non erano penetrati. Per decenni relegato dalla cultura marxista ufficiale, aveva invece ispirato una via nazionale italiana al comunismo, gettando le premesse per l'apertura del distacco da Mosca prima con Palmiro Togliatti e Luigi Longo, poi con Enrico Berlinguer che riconobbe a Gramsci di essere il vero "teorico della rivoluzione in Occidente", portatore di un "comunismo innervato d'egemonia, che vuol dire consenso, cioe' democrazia" (46). Sin dal dopoguerra i dirigenti del Partito comunista italiano avevano avviato processi interni e proposte politiche in cui la democrazia non fu considerata un semplice mezzo per arrivare al socialismo, bensi' il riconoscimento di un valore universale. Lo fecero nel travaglio di eventi internazionali (invasione dell'Ungheria nel 1956 e della Cecoslovacchia nel 1968 da parte dell'Unione Sovietica) e nel confronto con la religiosita' di un'Italia pervasa da valori cattolici. Sia il compromesso storico, nato anche dallo sgomento per il golpe cileno del 1973 e il fallimento di Unidad Popular di Salvator Allende, sia l'eurocomunismo, hanno avuto origine dalla convinzione che in questo paese il socialismo non poteva essere raggiunto che per via democratica, "come rivoluzione della grande maggioranza della popolazione" (47). In ultima analisi, si puo' dire che Gramsci viene scoperto e valorizzato quando, a poco a poco, il comunismo scopre la necessita' di pluralismo, per comporre le diverse posizioni di quella societa' civile, spazio sempre piu' privilegiato di consolidamento dell'egemonia politica, teorizzata da Gramsci stesso. In Brasile, il suo nome viene accostato a un altro filosofo politico contemporaneo: Norberto Bobbio, che sembra farsi mediatore anche di Marx. Certo e' un'eclettica analogia, ma proprio da questo tenere insieme Gramsci e Bobbio, e' nata la via al socialismo teorizzata da Tarso Genro: un socialismo umanista che coniuga i diritti individuali con una giustizia sociale collettiva. "L'elaborazione di un progetto democratico socialista per l'umanita', se questo e' ancora possibile, si realizza attraverso una fraternizzazione di Karl Marx con Norberto Bobbio. Essi sono l'incontro di due culture. I due filosofi hanno alcune affinita' utopiche. Direi che l'utopia di Bobbio e' piu' vicina perche' e' utopia della democrazia, e quella di Marx piu' lontana perche' utopia dell'uguaglianza. Marx pensava che la politica avrebbe potuto sparire a favore di una specie di tecnologia sociale non conflittuale, Bobbio crede che la politica sia... una relazione eterna dell'uomo con la propria socialita' e la sua eterna diseguaglianza" (48). Norberto Bobbio (1909-2004) fu tradotto in America Latina prima in Argentina, all'universita' di Tucuman, alla fine degli anni Trenta, dal giurista Luis Jimenez de Asua, poi in Messico, Brasile e Cile, paesi dove lo studioso strinse legami con giuristi, politologi e filosofi. In Brasile alcuni dei suoi interlocutori furono Carlos Henrique Cardim, giurista della dittatura militare, e Celso Lafer, politico liberale e ministro degli esteri di Cardoso. Questo per dire che, come tutti i grandi del Novecento, Bobbio ha interrogato quanti lo sapevano ascoltare sull'imprescindibile nesso fra liberta' e giustizia, base fondante la sua idea di sinistra, la quale deve saper assumere nella sua identita' costituiva la lotta contro ogni forma di schiavitu' materiale e morale. Bobbio ha vissuto cio' che ha teorizzato. Ha saputo tradurre in teoria politica la sua irriducibile intransigenza contro ogni forma di totalitarismo, perche' ha sperimentato la dittatura fascista: "Lo stato totalitario era la nostra ossessione. La democrazia, oltre che la nostra speranza, il nostro impegno" (49). Sono parole che i dirigenti attuali del Pt, a distanza di una generazione, hanno colto, e Tarso propone ai brasiliani. La centralita' della democrazia e' un'idea, teorizzata in Europa da Bobbio, che ha ispirato profondamente Tarso. La consapevolezza che "la democrazia ha la domanda facile e la risposta difficile; l'autocrazia, al contrario, e' in grado di rendere la domanda piu' difficile e dispone di una maggiore facilita' nel dare le risposte" (50) lo accompagna nel suo lavoro di ministro ogni giorno. Sempre Bobbio sostiene che, nel processo di democratizzazione del novecento, la scommessa e' stata nel passaggio dalla democrazia politica a quella sociale piu' che dalla democrazia rappresentativa a quella diretta, "ovvero nell'estensione del potere ascendente, che sinora aveva occupato quasi esclusivamente il campo della grande societa' politica e delle piccole, minuscole, spesso politicamente irrilevanti associazioni volontarie, al campo della societa' civile nelle sue varie articolazioni, dalla scuola alla fabbrica" (51). Con questo riferimento Tarso affronta la cosiddetta "inclusione sociale", la proposta del Bilancio Partecipato e soprattutto elabora la categoria di "spazio pubblico non statale". * Spazio pubblico non statale Nelle attuali societa' il problema del soggetto sociale non e' "essere uguale", quanto piuttosto essere incluso nel flusso informativo che apre opportunita' di vita e di lavoro. Alla base della democrazia non c'e' solo lo sviluppo dell'uguaglianza, ma la liberta' del singolo di intraprendere qualsiasi cammino. In questo contesto, i territori sono diventati ambiti elettivi in cui le parti sociali cercano una coerente rappresentativita' dei propri interessi, perche' le persone si incontrano dove si incontrano, non hanno bisogno di sedi fuori del loro abituale frequentarsi. Riscattare la dignita' dell'incontrarsi comune significa valorizzare spazi di costruzione della cittadinanza dei soggetti in spazi pubblici non statali. La democrazia vera per Tarso e' legata a questo "spazio" che e' "una relazione fra gli individui stessi, che si riconoscono come capaci di proporre alternative differenti da quelle che sono emanate dallo Stato" (52). Lo spazio pubblico rivela non solo le differenze fra classi ma quelle dentro le classi stesse. E' una sfera per "dispute e consensi" che sa dare identita' recuperandola dal frazionamento della societa' attuale, da quel vuoto dove prospera lo Stato autoritario, per ricomporla oltre le esigenze dei singoli. Da questo spazio sorgono decisioni che si fanno politiche dello Stato. "Lo spazio pubblico non statale e' il luogo dove lo Stato recupera la sua legittimita' e si afferma. E la societa' civile esprime la sua identita' e si rafforza" (53). In questi spazi e' possibile dare visibilita' agli interessi corporativi prima sopiti, affinche' si (ri)conoscano e lo Stato possa esercitare la funzione di regolatore. Ogni gruppo sociale deve capire che compone un insieme piu' grande, la societa', dove le sue domande entrano in concorrenza con quelle di altri, pur essendo ugualmente legittime. Ma, al contrario di cio' che accadde nel socialismo reale, dice Tarso, in cui si statalizzo' la societa', distruggendo la societa' civile, quando si accoglie la "densita' pubblica" (54), si scatena una "sperimentazione localizzata come momento di fondazione di nuove istituzioni pubbliche capaci di creare elementi di una nuova politica" che crea una "via democratica 'plebeia'" (55). Negli spazi pubblici non statali - associazioni, sindacati, comunita', gruppi sportivi e culturali, enti vari e singoli - si generano nuove individualita' che possono diventare nuovi leader, non nati nei partiti ne' nelle clientele burocratiche. L'idea primigenia dei teorici del socialismo, poi trasmutato in totalitarismo, partiva dalla premessa che era necessaria un'economia collettivistica statalizzata per suscitare un nuovo stile di vita. Oggi invece "e' necessario partire dal modo di vita che vogliamo per disegnare nuove forme di produzione" (56). Tarso insiste molto sulla cura delle soggettivita', sulle quali influisce lo stile neoliberale: apologia del consumismo, diseguaglianza considerata naturale, specializzazione del lavoro, carrierismo individuale, comportamenti che definisce "nuova barbarie", possibile a essere arginata solo da quegli spazi non statali dove e' possibile proporre "un modo di vita coscientemente orientato", in un contesto in cui i cittadini possano decidere cosa li riguarda. Gli spazi non statali sono, infine, gli ambiti nei quali, esercitando l'egemonia in forma culturale, germinano nuove alleanze, altro concetto chiave della teoria politica di Tarso. * Alleanze Fondamentali per l'avanzare dell'emancipazione sociale, le alleanze, sostiene Tarso, si ottengono tramite il dibattito e il consenso, facilitati da una societa' diventata globale grazie all'informatica e alle tecniche digitali. Le alleanze corrispondono a uno stile democratico che si esercita fuori e dentro al partito. Nel "fuori" e' auspicabile che siano costruite soprattutto fra le nuove "punte" tecniche dei lavoratori del settore informatico e gli esclusi che reclamano terra e lavoro: due estremi della societa' brasiliana che bisogna saper conciliare. Tarso ribadisce questa convinzione anche dopo la vittoria di Lula: il Pt "dovrebbe incorporare la divergenza dentro il partito e nella relazione complessa con la societa'". Non si riferisce solo all'ala sinistra, nella quale milita la figlia Luciana, espulsa con altri sette compagni dal Pt, dopo un anno di duro dibattito interno, bensi' a settori dei partiti di centro, come il Pmdb e il Psdb, che "potrebbero convivere con la maggioranza del Pt" (57). Le alleanze non impediscono il mutamento, anche se, e' fuor di dubbio, devono essere cercate dal centro verso la sinistra. Gli alleati sono da trascinare nel movimento democratico di cui il Pt si fa carico sin dai tempi della dittatura, perche' "e' necessario capire la democrazia come processo, movimento, mezzo e spazio: comprenderla come un processo di legittimazione di conflitti; comprendere la democrazia come un'azione che riduce i poteri invisibili nella societa'; comprendere la democrazia come mezzo della socializzazione della politica e della ricchezza materiale socialmente prodotta; comprendere la democrazia come uno spazio di creazione di un modo di vita democratico e creazione di un modo di vita coscientemente orientato" (58). Se, dunque, si sceglie la pratica democratica che ha al centro il protagonismo del soggetto, se il Pt ha scelto questa strada dai tempi della dittatura, se questo impegno si e' sedimentato nelle grandi campagne democratiche di massa per l'elezione diretta del presidente della repubblica e per una maggiore equita' sociale degli anni ottanta, se la costanza e poi la vittoria di Lula hanno dato una sanzione simbolica a questo lungo percorso e se, infine, il Pt ha scelto sin dall'inizio della sua costituzione la nonviolenza come arma di risoluzione dei conflitti, allora, e' necessario un confronto diretto con lo Stato, "gigante inerte, incapace di rispondere minimamente alle domande sociali di base" (59). Il capitolo sullo Stato e' costante nel pensiero di Tarso perche' e' convinto che non possa esserci diritto senza democrazia, ne' democrazia senza diritto. Se la democrazia richiede una costruzione giuridica per la sua applicazione, egli vi riflette a partire dalla tradizione marxista, poi, come abbiamo visto, attraverso il suo mestiere di avvocato del lavoro, infine analizzando la politica di Cardoso, il fallimento delle socialdemocrazie occidentali e gli effetti della globalizzazione che nella "nuova barbarie" ha prodotto un'umanita' che non ha risolto i problemi piu' elementari della sopravvivenza degli individui. * Note 38. Genro T., Na contramao da pre-historia, Porto Alegre, Artes e Oficios, 1992, pp. 96-97. 39. Genro T., Utopia possivel, Porto Alegre, Artes e Oficios, 1992, pp. 108-109. 40. Ivi, p. 49. 41. Ivi, p. 53. 42. Ivi, p. 138. 43. Ivi, pp. 139-140. 44. Genro T., Politica & Modernidade, Porto Alegre, Editora Tche', 1990, p. 12. 45. Kanoussi D. (a cura di), Gramsci en America. II Conferencia Internacional de estudios gramscianos, Mexico, Universidad Autonoma de Puebla, International Gramsci Society, Plaza y Valdes Editores, 2000, p. 36. 46. Fiori G., Vita di Enrico Berlinguer, Bari, Laterza, 1989, p. 258. 47. Ivi, p. 235. 48. Genro T., Na contramao da pre-historia, Porto Alegre, Artes e Oficios, 1992, pp. 15-16. 49. Bobbio N., Il futuro della democrazia, Torino, 1995 (quarta edizione), p. IX. 50. Ivi, p. 26. 51. Ivi p. 50. 52. Genro T., Politica & Modernidade, cit., p. 49. 53. Genro T., Reinventar el futuro, Barcelona, Ediciones del Serbal, 2000. 54. Genro T., Uma experiencia democratica, "Jornal do Brasil", 29 aprile 2002. 55. Genro T., Reinventar el futuro, Barcelona, Ediciones del Serbal, 2000, p. 56. 56. Ivi, pp. 45-46. 57. Intervista a Tarso Genro di Reinaldo Azevedo, "Primeira Leitura", gennaio 2004. 58. Genro T., A dinamica dos conflitos, "Folha de Sao Paulo", 25 febbraio 2001. 59. Genro T., Reinventar el futuro, cit., p. 33. (Parte terza - Segue) 5. MAESTRI. MARTIN LUTHER KING: SOGNI NON REALIZZATI [Ringraziamo Fulvio Cesare Manara (per contatti: philosophe0 at tin.it) per averci messo a disposizione l'antologia di scritti e discorsi di Martin Luther King da lui curata, Memoria di un volto: Martin Luther King, Dipartimento per l'educazione alla nonviolenza delle Acli di Bergamo, Bergamo 2002, che reca traduzioni di discorsi e scritti del grande maestro della nonviolenza. Il testo seguente e' quello del sermone pronunciato nella chiesa battista di Ebenezer, ad Atlanta, il 3 marzo 1968. Martin Luther King, nato ad Atlanta in Georgia nel 1929, laureatosi all'Universita' di Boston nel 1954 con una tesi sul teologo Paul Tillich, lo stesso anno si stabilisce, come pastore battista, a Montgomery nell'Alabama. Dal 1955 (il primo dicembre accade la vicenda di Rosa Parks) guida la lotta nonviolenta contro la discriminazione razziale, intervenendo in varie parti degli Usa. Premio Nobel per la pace nel 1964, piu' volte oggetto di attentati e repressione, muore assassinato nel 1968. Opere di Martin Luther King: tra i testi piu' noti: La forza di amare, Sei, Torino 1967, 1994 (edizione italiana curata da Ernesto Balducci); Lettera dal carcere di Birmingham - Pellegrinaggio alla nonviolenza, Movimento Nonviolento, Verona 1993; L'"altro" Martin Luther King, Claudiana, Torino 1993 (antologia a cura di Paolo Naso); "I have a dream", Mondadori, Milano 2001; cfr. anche: Marcia verso la liberta', Ando', Palermo 1968; Lettera dal carcere, La Locusta, Vicenza 1968; Il fronte della coscienza, Sei, Torino 1968; Perche' non possiamo aspettare, Ando', Palermo 1970; Dove stiamo andando, verso il caos o la comunita'?, Sei, Torino 1970. Presso la University of California Press, e' in via di pubblicazione l'intera raccolta degli scritti di Martin Luther King, a cura di Clayborne Carson (che lavora alla Stanford University). Sono usciti sinora cinque volumi (di quattordici previsti): 1. Called to Serve (January 1929 - June 1951); 2. Rediscovering Precious Values (July 1951 - November 1955); 3. Birth of a New Age (December 1955 - December 1956); 4. Symbol of the Movement (January 1957 - December 1958); 5. Threshold of a New Decade (January 1959 - December 1960); ulteriori informazioni nel sito: www.stanford.edu/group/King/ Opere su Martin Luther King: Arnulf Zitelmann, Non mi piegherete. Vita di Martin Luther King, Feltrinelli, Milano 1996; Sandra Cavallucci, Martin Luther King, Mondadori, Milano 2004. Esistono altri testi in italiano (ad esempio Hubert Gerbeau, Martin Luther King, Cittadella, Assisi 1973), ma quelli a nostra conoscenza sono perlopiu' di non particolare valore: sarebbe invece assai necessario uno studio critico approfondito della figura, della riflessione e dell'azione di Martin Luther King (anche contestualizzandole e confrontandole con altre contemporanee personalita', riflessioni ed esperienze di resistenza antirazzista in America). Una introduzione sintetica e' in "Azione nonviolenta" dell'aprile 1998 (alle pp. 3-9), con una buona bibliografia essenziale] Immagino che uno dei grandi tormenti della vita sia che non smettiamo mai di cercare di terminare quel che non puo' essere terminato. Ci viene imposto di farlo. E cosi' anche noi, come Davide, in tante circostanze della vita dobbiamo arrenderci ai fatti: i nostri sogni non si sono realizzati. La vita ' una serie continua di sogni infranti. Il Mahatma Gandhi si e' adoperato per anni e anni per l'indipendenza del suo popolo. Ma Gandhi ha dovuto arrendersi al fatto di essere stato assassinato e di morire con il cuore spezzato, perche' il paese che voleva unificare alla fine e' stato diviso fra India e Pakistan, in conseguenza del conflitto fra indu' e musulmani. Woodrow Wilson sognava una Lega delle Nazioni, ma e' morto prima che la promessa fosse esaudita. Paolo apostolo a un certo punto dice di voler andare in Spagna. Era il suo sogno piu' grande, portare il vangelo in quella regione. Paolo non e' mai andato in Spagna; e' finito nella cella di un carcere a Roma. Cosi' e' la vita. Tanti fra i nostri antenati cantavano canti di liberta'. E sognavano il giorno in cui sarebbero potuti uscire dalla schiavitu', dalla lunga notte dell'ingiustizia. E cantavano certe piccole canzoni: "Nessuno sa i guai che ho patito, nessuno lo sa, soltanto Gesu'". Pensavano a giorni migliori e accarezzavano il loro sogno. E dicevano: "Sono tanto felice, perche' i dolori non durano per sempre. Tra poco, tra poco, potro' deporre il mio pesante fardello" (1). E cantavano cosi' perche' avevano un sogno grande e potente; ma molti di loro sono morti senza vederlo realizzato. E ciascuno di voi, in un certo modo, sta costruendo una specie di tempio. La lotta c'e' sempre. Ogni tanto ci fa perdere di coraggio. Ogni tanto diventa molto deludente. Alcuni di noi cercano di costruire un tempio della pace. Facciamo dichiarazioni contro la guerra, protestiamo, ma e' come se con la testa volessimo abbattere un muro di cemento. Sembra che non serva a niente. E molto spesso, mentre si cerca di costruire il tempio della pace si rimane soli; si resta scoraggiati; si resta smarriti. Ebbene, cosi' e' la vita. E quel che mi rende felice e' che attraverso la prospettiva del tempo riesco a sentire una voce che grida: "Forse non sara' per oggi, forse non sara' per domani, ma e' bene che sia nel tuo cuore. E' bene che tu ci provi". Magari non riuscirai a vederlo. Il sogno puo' anche non realizzarsi, ma e' comunque un bene che tu abbia un desiderio da realizzare. E' bene che sia nel tuo cuore. * Adesso, lasciatemi aggiungere un altro punto. Ogni volta che vi accingete a costruire un tempio creativo, di qualunque genere sia, dovete accettare il fatto che nel cuore dell'universo esiste una tensione tra bene e male. L'induismo descrive questa situazione come una lotta fra illusione e realta'. La filosofia platonica la descriveva come una lotta fra il corpo e l'anima. Lo zoroastrismo, una religione antichissima, la descriveva come una tensione fra il dio della luce e il dio delle tenebre. Il giudaismo tradizionale e il cristianesimo la descrivono come una tensione fra Dio e Satana. Comunque vogliate chiamarla, nell'universo esiste la lotta fra il bene e il male. Ebbene, non si tratta di una lotta collocata da qualche parte laggiu', nelle forze esterne dell'universo, e' una lotta strutturale alla nostra stessa vita. Gli psicologi hanno cercato di affrontare la questione alla loro maniera, e quindi la descrivono in vari modi. Secondo Freud, questa tensione e' la tensione fra quelli che egli chiama Es e Super-io. Alcuni di noi pensano che sia una tensione fra Dio e l'uomo. Comunque, in ciascuno di noi, c'e' una guerra in corso. E' una guerra civile. Non conta chi sei, non conta dove vivi, nella tua vita c'e' una guerra civile in corso. E ogni volta che tu ti disponi a essere buono, qualcosa ti strattona, ti dice di essere malvagio. Succede nella tua vita. Ogni volta che ti predisponi ad amare, qualcosa comincia a tirarti dalla sua parte, cercando di farti arrivare a odiare. Ogni volta che vorresti essere buono e dire cose gentili sugli altri, qualcosa ti spinge a essere geloso e invidioso e a diffondere malignita' sul loro conto. C'e' una guerra civile in corso. In tutti noi esiste una sorta di schizofrenia, come la chiamerebbero gli psicologi e gli psichiatri. E a volte tutti noi in qualche modo sappiamo di avere dentro un mister Hyde e un dottor Jekyll. E alla fine dobbiamo esclamare, insieme a Ovidio, il poeta latino: "Vedo le cose migliori della vita e le approvo, ma quelle che faccio sono le cose malvagie". Alla fine ci tocca essere d'accordo con Platone, e dire che l'indole dell'uomo e' come un uomo che guida un carro con due cavalli testardi, ciascuno dei quali vuole andare in una direzione diversa. Oppure, a volte ci tocca esclamare addirittura, come fa sant'Agostino nelle Confessioni: "Signore, purificami, ma non subito" [Confessioni, lib. VIII, cap. 7]. Alla fine, ci tocca esclamare con l'apostolo Paolo: "E cosi' non faccio quel bene che voglio; faccio invece il male che non voglio" [Rm, 7, 19]. Oppure, alla fine dobbiamo dire con Goethe che "in me c'e' stoffa sufficiente per un galantuomo e per un farabutto". Nel cuore della natura umana esiste una tensione: e ogni volta che ci disponiamo a sognare i nostri sogni o a costruire i nostri templi, dobbiamo essere cosi' onesti da riconoscerlo. * In ultima analisi, Dio non ci giudica per i singoli incidenti o per i singoli errori che commettiamo, ma per la tendenza generale della nostra vita. In ultima analisi, Dio sa che i suoi figli sono deboli e sono fragili. In ultima analisi, quel che Dio chiede e' che il vostro cuore sia retto. E' la questione che vorrei sollevare con voi: il vostro cuore e' retto? Se non lo e', raddrizzatelo oggi; chiedete a Dio di raddrizzarlo. Fate che di voi si possa dire: "Magari non avra' raggiunto la vetta piu' alta, magari non avra' realizzato tutti i suoi sogni, pero' ha tentato". Non e' forse meraviglioso che si possa dire di voi una cosa simile? "Ha tentato di essere un uomo buono. Ha tentato di essere un uomo giusto. Ha tentato di essere un uomo onesto. Aveva buon cuore". E mi sembra di sentire una voce che attraverso l'eternita' grida: "Io ti accetto. Tu hai ricevuto la mia grazia perche' era nel tuo cuore. Ed e' molto bene che fosse nel tuo cuore". Non so per quanto riguarda voi, ma io posso rendere una testimonianza. Non e' il caso che andiate a dire in giro che Martin Luther King e' un santo. No davvero. Stamani voglio che sappiate che sono un peccatore come tutti i figli di Dio. Pero' voglio essere un uomo buono. E un giorno voglio sentire una voce che mi dice: "Ti accolgo e ti benedico, perche' hai tentato. E' bene che cio' fosse nel tuo cuore". * Note 1. King cita due celebri esempi della tradizione spiritual: Nobody Knows e By and By. 6. RILETTURE. MARGARETE BUBER-NEUMANN: PRIGIONIERA DI STALIN E HITLER Margarete Buber-Neumann, Prigioniera di Stalin e Hitler, Il Mulino, Bologna 1994, 2005, pp. XVIII + 424, euro 14. Pubblicato nel 1948, un libro fondamentale di una decisiva testimone della dignita' umana. 7. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 8. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at inwind.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 975 del 28 giugno 2005 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione).
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