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La nonviolenza e' in cammino. 961
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 961
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Tue, 14 Jun 2005 00:21:31 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 961 del 14 giugno 2005 Sommario di questo numero: 1. Peppe Sini: Dopo il non-voto 2. Un incontro alla Libreria delle donne di Milano (parte seconda e conclusiva) 3. Paola Cavallari: A proposito di liberta' femminile: una sola fecondita'? 4. Giulio Vittorangeli: Continua la lotta dei bananeros 5. Agnese Ginocchio: Il digiuno, parola di pace e di comunione 6. Stefano Longagnani: A cosa serve un digiuno 7. L'indice de "La democrazia nel Brasile di Lula. Tarso Genro: da esiliato a ministro" di Bruna Peyrot 8 L'indice di "Liberta' di informazione, di critica e di ricerca nella transizione italiana" a cura di Claudio Riolo 9. Con "Qualevita", all'ascolto di Michele Meomartino 10. La "Carta" del Movimento Nonviolento 11. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. PEPPE SINI: DOPO IL NON-VOTO Tralasciando per ora molti altri rilevanti argomenti di riflessione, allineo qui soltanto alcune immediate impressioni. E senza la pretesa di esprimere altro che le mie personali opinioni: molte persone amiche, e tra esse molte che scrivono su questo stesso foglio, so che sentono altrimenti. Rispetto le loro idee e i loro sentimenti; molto dovremo ancora dialogare su cio' che e' accaduto e su cio' che si dovra' fare, in ascolto reciproco, in condiviso esercizio ermeneutico, in libero e franco e leale confronto. * Il risultato della consultazione referendaria si presta a varie considerazioni e a diverse interpretazioni. Il dato obiettivo della non partecipazione al voto da parte dei tre quarti dei circa cinquanta milioni di aventi diritto ha come conseguenza che se anche il risultato non consente a rigore di affermare che la maggioranza del popolo italiano ha inteso difendere la legge 40/2004 sulla procreazione medicalmente assistita (poiche' non e' possibile determinare quanti tra i non votanti hanno effettuato questa scelta come forma di sostegno alla legge), consente tuttavia di affermare con certezza che la stragrande maggioranza del popolo italiano non ha sostenuto la proposta di modificare la legge cosi' come i quattro quesiti referendari proponevano. * Si puo' discutere su quanta parte dell'astensione dal voto sia di indifferenti o ignari; quanta parte sia di consapevoli oppositori dei quesiti referendari (e tra essi quanti siano anche sostenitori della legge cosi' com'e'); quanta parte sia di persone che non sono riuscite ad informarsi sufficientemente o a prendere una decisione certa e che hanno quindi rinunciato ad esprimersi o per ignoranza o per perplessita' o per scrupolo; quanta parte infine sia di persone che si siano sentite intimidite dalla mancanza del requisito fondamentale della segretezza del voto (poiche' e' evidente che quando una delle grandi agenzie della socializzazione chiede a chi in essa si riconosce di non recarsi alle urne, l'osservanza o l'inosservanza dell'indicazione data e' palesemente verificabile non solo da parte degli scrutatori e dei pubblici ufficiali che hanno accesso agli atti, non solo dall'occhiuto passante o dimorante alla finestra, ma anche da chiunque possa chiedere a un familiare o un amico di fargli vedere la sua tessera elettorale, sulla quale e' annotata la partecipazione al voto). Ma certo non si puo' contestare che una defezione dalle urne di tali dimensioni costituisca comunque un dato politico rilevante. * Tecnicamente, il fallimento del referendum non implica che la legge 40/2004 non possa essere modificata anche in un prossimo futuro. Non essendosi espressa una volonta' positivamente determinata e giuridicamente accertabile e cogente, la legge 40/2004 puo' essere modificata dal Parlamento in qualunque momento; essa puo' anche essere modificata da eventuali pronunciamenti della Corte costituzionale che potrebbe essere chiamata secondo le procedure previste dall'ordinamento a pronunciarsi sugli eventuali profili di incostituzionalita' di taluni suoi articoli, su cui da tempo alcuni autorevoli giuristi hanno espresso fondati rilievi. Ma politicamente il risultato e' inequivocabile, e - come si usa dire - "pesante". * Io che scrivo queste righe, sono tra gli sconfitti. E non mi consola affatto che la parte degli sconfitti piacque a Catone. Quella legge, piu' la rileggo, e piu' a me sembra che sia una pessima legge, una legge scandalosa, una legge intimamente e flagrantemente illogica e immorale, inetta e crudele. Ritenevo cosa buona e giusta che la popolazione italiana indicasse al Parlamento la necessita' e l'urgenza di modificare quella legge: cosi' non e' stato. E ritenevo cosa buona e giusta che su argomenti cosi' decisivi la popolazione si pronunciasse: credo che in buona misura cio' non sia accaduto (sarei lieto se mi si dimostrasse che la gran parte dei non partecipanti al voto abbiano assunto consapevolmente tale posizione al termine di un esame di merito dei quesiti referendari e della legge 40, ma mi sembra poco probabile che le cose siano andate cosi'). Sinceramente non credo che abbiano influito in misura preponderante gli appelli di singole personalita' o grandi soggetti collettivi a votare o non votare; credo che decisivo sia stato il fatto che in questa che era una grande occasione di discussione democratica, di partecipazione democratica, di decisione democratica, in cui l'intera popolazione veniva chiamata a riflettere e deliberare su temi importantissimi (certo assai impegnativi, ma e' bene che si venga chiamati a votare sulle cose serie), purtroppo si e' discusso relativamente poco e temo anche relativamente male. * A qualcuno puo' dispiacere, ma credo che l'unico soggetto che ha fatto uno sforzo concreto ed efficace per promuovere la riflessione, anche se con modalita' e finalita' che personalmente ritengo in parte dubbie ed in parte non condivisibili, e' stata la Conferenza episcopale italiana: e gliene sia dato merito. Non condivido gran parte delle posizioni da essa espresse, non apprezzo il modo in cui ha condotto la sua iniziativa, ritengo la scelta del non-voto per piu' motivi decisamente contestabile; ma riconosco ad essa ed al suo presidente che ne e' stato volto e voce di aver promosso una riflessione nel merito, di aver preso sul serio cio' su cui si votava, di essersi impegnati in una lotta decisa e appassionata, per opinioni e valori sinceramente sentiti. * Ahime', non mi e' sembrato che da parte del cosiddetto "fronte referendario" ci sia stata una capacita' ugualmente persuasa, appassionata e rigorosa di affrontare i temi su cui si discuteva. Ho trovato inadeguati ed elusivi del merito delle questioni molti pronunciamenti, finanche chiassosi, centrati su argomenti che con il vero nodo del contendere non c'entravano granche'. La Cei parlava della vita, del nascere, della dignita' umana: in troppi rispondevano parlando della separazione tra Stato e Chiesa, che e' cosa degnissima e cui plaudo con tutto il cuore, ma che in Italia e' stata gia' risolta da Camillo Benso conte di Cavour; o peggio ancora replicavano banalizzando e per cosi' dire reificando e fin mercificando questioni che afferiscono al cuore della dignita' umana e che non possono essere trattate come bigiotteria da mercatino politicante, o come noiosi intralci al lavoro dei laboratori huxleyani, o come fisime di vecchi barbogi che tediano la giuliva societa' dello spettacolo in cui tutto e' fungibile e sostituibile, l'essere umano e' cosa antiquata, la manipolazione del corpo umano e' indistinguibile da un videogioco, la dignita' della persona e' sussunta all'agire astratto e macchinistico di un desiderio equivalente psichico del capitale e del suo ciclo che non conosce limiti e che tutto omologa a merce e morte, valore di scambio ignaro del valore d'uso, principio egotista e consumista che desertifica quel regno dei fini della seconda critica kantiana. * Solo la riflessione femminista, nella sua ricchezza, profondita' e complessita', era all'altezza delle questioni poste; solo essa era adeguata, coerente anche nella sua dialogica pluralita', di straordinaria potenza euristica, non subalterna, non alienata. Ma non e' stata ascoltata. La riflessione femminista: che sola poteva persuadere non un astratto "corpo elettorale", ma cinquanta milioni di viventi concrete diverse persone (ciascuna con un nome e un cognome, una vita, un corpo e una mente, dei sentimenti e delle relazioni), alla riflessione e all'impegno, alla presa di coscienza, alla partecipazione democratica, alla responsabilita' condivisa, a decidere insieme, al voto. Ma non e' stata ascoltata. La riflessone femminista: che in questo ambito e' l'unico vero grande sapere morale e politico, il luogo piu' alto del pensiero umano contemporaneo. La presa di parola delle donne: che e' la corrente calda e l'esperienza storica trainante della nonviolenza in cammino. Ma non e' stata ascoltata. Anzi: e' stata silenziata. E non e' casuale che essa sia stata silenziata. E silenziata non tanto dalla gerarchia monosessuata vaticana, la cui autorita' in materia di generazione umana, ovvero di maternita', e' ipso facto di dimensioni ben meschine rispetto alla primazia materna, all'autorita' femminile, all'essere delle donne il potere di prolungare nel tempo la presenza umana, di "mettere al mondo il mondo", la potenza pro-creativa (creatrice e creaturale); ma silenziata altresi' e soprattutto dal consumismo onnivoro, dall'autoritarismo proprietario, dallo scientismo disumanato e dal maschilismo ad un tempo sempre piu' impotente e sempre piu' violatore di ogni limite e di ogni dignita', che anche nel campo cosiddetto "laico" e "di sinistra" tuttora trionfano tutto devastando, asfissiando, annichilendo. Anche questo credo significhi pur qualcosa. Anche di questo dovremo pur ragionare. 2. RIFLESSIONE. UN INCONTRO ALLA LIBRERIA DELLE DONNE DI MILANO (PARTE SECONDA E CONCLUSIVA) [Dal sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it) riprendiamo la trascrizione di questa profonda e appassionata conversazione svoltasi il 31 maggio 2005. La prima parte abbiamo pubblicato nel notiziario di ieri] Nerina Benuzzi Su alcune cose ho le idee chiare, su altre penso che i tempi della discussione sono diventati cosi' feroci e stretti che la devo mettere sul politico, perche' qualsiasi altra riflessione diventa molto personale. Molte di noi arrivano a questa discussione credendo che ci venga offerta un'occasione per ridiscutere delle nostre cose in positivo; l'impressione che ho io invece, e' che si tratta di un'occasione negativa, posta da altri soggetti per sottrarci cose su cui pensavamo di avere acquisito qualche diritto. Sui singoli temi trattati fin qui ci sarebbe molto da dire, da indagare. Io ho fatto il parto naturale, sono naturista, sono in menopausa da otto anni e non prendo gli ormoni: questo per dire che il mio atteggiamento e' "sul mio corpo, di meno". Pero' io non sono malata, ne' sono stata sterile. E qualcuno mi ha detto che considera anche la sterilita' come una malattia: credo che anche questa questione vada indagata, forse prima ancora del desiderio di maternita' e paternita'. Di fronte a un vissuto di malattia, di incapacita' attribuita alla donne, scatta un "debito" nei confronti dell'uomo, ci si sente "di meno". Il problema allora e' se si usano le tecniche, o come le si usa? Io non sono un medico, mi rendo conto che non saprei decidere cosa puo' far male... Per dire cosa non ci piace della scienza, delle cose che vengono fatte sul nostro corpo, sento che sarebbe importante avere un po' di competenza. Sento dire tutto e il contrario di tutto, e mi perdo. Invece un ragionamento convincente, un punto fermo da cui penso possiamo partire e' il discorso sul primato femminile, della donna, e sul passo indietro che devono fare gli uomini. Oltre al fatto che la legge e' una mediazione di morali, cosa che considero molto negativa, e che dietro a questa legge si vede gia' chiara in prospettiva l'intenzione di rimettere in discussione la legge 194. E' un argomento ormai gia' aperto, a prescindere dall'esito dei referendum. Pensando a questo, non mi viene da soffermarmi tanto sulle ragioni di questi si', sui dubbi che posso avere su alcune questioni, su alcuni aspetti. Perche' penso a uno schieramento che mi e' troppo ostile, e che voglio combattere. In questo senso, dicevo all'inizio, mi viene da metterla sul politico. * Luisa Muraro Faccio un breve intervento riprendendo il tema della paternita': e' la madre che dice all'uomo "questo e' tuo figlio", anche se sappiamo bene che il patriarcato si e' costruito per far saltare questo passaggio, per eliminarlo. Ma in un rapporto tra un uomo e una donna che e' andato bene, lei e' la garanzia per lui che quello e' suo figlio. E' lei che trasmette questo sentimento, e' la donna che continua a coinvolgere l'uomo perche' senta la sua paternita'. Quando si e' passati alle prove di laboratorio, c'e' stato uno scadimento. Bisogna che noi riusciamo a parlare di queste cose con rigore di ordine simbolico; naturalmente, anche con cautela e prudenza, perche' le cose sono andate molto avanti, sono molto complesse. Di liberta' umana c'e' poca domanda, ma quella poca che c'e' non va certo schiacciata, ed e' l'ordine simbolico che la favorisce. Venendo al punto su cui ha esordito Nerina, credo davvero che parliamo su una questione la cui impostazione non ci aiuta per niente: ho sentito la difficolta' degli interventi, una certa confusione, dei salti logici... L'impostazione della legge, di questo dibattito, le ragioni per cui si e' voluta la legge (anche da parte del precedente governo) non ci aiutano a fare ordine... La procreazione assistita andava probabilmente lasciata com'era, perche' lo stato di cose esistente - come dice il documento delle cattoliche - aveva trovato un equilibrio: le cose andavano senza che ci fossero abusi gravi. Il problema della necessita' di una legislazione si pone per la commercializzazione degli embrioni, e per le scoperte sugli embrioni. Una scoperta importante sugli embrioni puo' voler dire una caterva di soldi che si muovono di qua o di la', perche' c'e' il mercato. Sappiamo bene che negli Stati Uniti, per quanto trionfi la bigotteria, la sperimentazione sulle staminali e' vincente, perche' sono un paese capitalista. Le cattoliche rimproverano a questa legge di aver mescolato due materie che erano di natura diversa: una, quella medica, stava trovando la sua strada; l'altra, quella scientifica, e' l'aspetto difficile, e su questo punto non bisogna avere fatalismo, anche se e' quasi sicuro, come diceva Lia, che la scienza va avanti lo stesso. Chissa' che un giorno l'umanita' si fermi e rifletta... Le leggi sono rese necessarie da un progresso scientifico i cui esiti noi non riusciamo a prevedere, e che ci fanno paura. Di fronte a questo, invochiamo qualcosa che ci tuteli. La questione per me e' essenzialmente quella di un'autorita' femminile che si e' gia' fatta intendere e che deve farlo ancora. La storia umana testimonia di cio' che le donne hanno fatto per la cura della vita. Noi dobbiamo farci forti di questo: di quanto lavoro, amore, di quanta avvedutezza e pazienza abbiamo messo nella cura della vita, in quella che comincia come in quella che finisce. Questa carta dobbiamo giocarla. Il coinvolgimento di un uomo nella paternita', o di uno scienziato nel superamento della sterilita' va fatto a partire da questa modalita': un passo dopo. * Lia Cigarini Sono d'accordissimo con Luisa su quello che le donne hanno fatto e continuano a fare per la vita: si vede anche nei paesi in guerra, come cercano di tenere un minimo di civilta'. Noi ci dobbiamo far forti di questo. Ida diceva: siamo state sole, in questa lotta. Non solo la relazione di maternita', ma anche questo lavoro per un minimo di civilta' non riesce ad essere relazione politica, agli occhi della maggior parte delle donne. Sappiamo che la relazione di maternita', se fosse giocata nella politica, sarebbe quella che farebbe fare quel passo indietro ai parlamentari di cui si parla (e sono d'accordo con l'idea di Stefania di pubblicare il dibattito parlamentare, di cui ho seguito delle parti, perche' e' assolutamente stupefacente quel che dicono questi uomini sul corpo della donna, da cui sono evidentemente ossessionati). Noi abbiamo un nodo che diventa un'impasse: la relazione di maternita' non viene percepita, sentita e rappresentata come una relazione politica. Il desiderio/non desiderio di maternita' non incontra la politica, viene invece percepito come scelta individualissima, tanto da non essere condivisa neppure con altre donne. Quello che io immagino, sia per quello che riguarda la scienza, sia per le altre questioni, e' un'autocoscienza femminile su queste questioni. Ho sentito che la relazione di maternita' sta fuori dal gioco della politica. Questa cosa mi appassiona perche' se le donne andassero a votare respingendo tutte le leggi fatte dal parlamento, continuando a rimetterle in discussione, sarebbe un sogno. Invece ho l'impressione che la posizione astensionista prenda piede, anche tra le donne. Mentre ho sentito che le donne stanno parlando politicamente del lavoro, la maternita' rimane qualcosa che sta al di fuori. Anch'io, come avvocata, faccio fatica a parlarne con le mie clienti. Di contro, c'e' una legislazione del patriarcato che e' passata, a cui invece le donne pensano di sfuggire con scelte individuali. Da li' la reticenza, che e' mancanza di politica, nient'altro. E' li' il punto: se la mettessimo in gioco come momento alto della politica, altro che passi indietro... Mi piacerebbe che risultasse una partecipazione delle donne al voto non in favore dell'uso dell'embrione, ma per respingere le leggi del parlamento su queste questioni. Questo e' il gioco politico che vedo io, non tanto quello "nel merito", su cui ci separiamo. Luisa aveva toccato il punto della cultura laica e di quella religiosa: secondo me e' un difetto di politica, piu' che altro. Non vedo una politica che non tiene conto della cultura religiosa, vedo piuttosto che non c'e' politica. (voci confuse): Certo che c'e' una strumentalizzazione, un uso della cultura religiosa da parte della destra. * Luisa Muraro Ho seguito qualche dibattito e le strafalcionerie, le involontarie eresie, le balordaggini che ho sentito da parte di questi che si riferiscono alla cultura religiosa sono incredibili... Ho consigliato, quando si vede un dibattito, di basarsi su quel che dira' l'ultimo dei preti, perche' sara' l'unico che dira' qualcosa di sensato, nel merito... (voci) sul fatto che la sinistra non stia facendo una politica laica sono d'accordissimo. Dicevo pero' che la cultura delle persone laiche e' sempre piu' povera, spogliata di tutto. La storia l'ha spogliata, la fine del comunismo e la messa in discussione del marxismo ha portato alla perdita di questi filoni: le case editrici, i giornali, gli intellettuali che c'erano oggi non ci sono, o ci sono molto meno... C'e' una specie di estremo impoverimento, aggravato dal fatto che queste persone, da quando si e' formato lo Stato laico italiano (e anche da prima, dal Settecento), avevano abbandonato la cultura religiosa. Penso in confronto con chi ce l'ha, e non mi riferisco certo alla destra, che e' ugualmente piena di ignoranti, se non peggio, cioe' con l'autorita', la gerarchia, ed i preti, le suore, i cattolici praticanti... Quando i laici usano la religione per i loro scopi escono delle cose... come in parte e' questa legge, fatta da uomini che volevano compiacere il Vaticano con una dottrina molto discutibile. Io ho imparato il catechismo all'Universita' Cattolica, ed e' molto discutibile che si possa considerare l'embrione una persona: anzi, non si puo' in verita'... La Chiesa cattolica insegnava soltanto che moralmente, davanti a un essere gia' concepito lo dovessimo considerare un essere umano (ma proprio con un "come se"), rispettandolo; ma non diceva che lo era, e d'altra parte nemmeno avrebbe potuto, non sapendo che ne era degli embrioni... Diceva: bisogna comportarsi come se lo fosse, perche' certamente ha davanti a se' la possibilita' di diventarlo. Questi politici di destra, invece, per favorire la loro politica, hanno portato avanti questa cosa qui, e il Vaticano gli ha dato appoggio... Anche sull'aborto, la storia della strage degli innocenti non e' dottrina cattolica, ma ignoranza religiosa... ed e' un problema, perche' adesso la religione va, e' una cosa che interessa sempre di piu' una civilta' che sembrava invece averle voltato le spalle. Qual e' il problema per chi, correttamente, dice: "io non so, ma neanche voglio usare la religione"? La poverta' culturale della sinistra, che e' sempre piu' grande. Lia diceva che i giornali sono diventati illeggibili. Secondo me fino a vent'anni fa erano leggibili perche' c'era la cultura di sinistra che nutriva tutto il panorama culturale italiano. Io non sono mai stata comunista, ma so bene che fin che c'e' stata una sinistra con un forte progetto (aberrante, stalinista, anche, d'accordo...) c'e' stata cultura. Da quando questa cosa e' tramontata, la sinistra non ha cose da dire, e' senza anima, senza grandezza. * Ida Dominijanni Riprendo per punti alcune cose. Comincio il mio pezzo del libro scrivendo che io non avrei mai fatto una procreazione assistita, e che pero' non potrei mai non combattere qualunque Stato impedisca a una donna di farlo. Io terrei questa bussola, e insisto sulla questione della legge e del diritto: i miei si' sono contro questa legge e questo tipo di legislazione, questa invasivita' della legge sul desiderio e sul corpo femminile. Credo sia importantissimo capire che si vota su questo, e non sull'insieme delle questioni, su cui invece il dibattito deve restare aperto. Credo che questa legge, piu' di quella sull'aborto, metta in primo piano il fatto che alcune questioni, oggi, sono indecidibili in punto di diritto e normativita'. Questo porta acqua al mulino della nostra politica, che e' una politica che si fa sulla base della liberta', lasciando vuoto di legge su alcune questioni, come quelle che hanno a che fare con il corpo e la sessualita'. Sulle questioni piu' di merito: io non e' che sono contro la scienza, io rasento proprio il primitivismo, da questo punto di vista. Pero', attenzione: sono le donne che stanno facendo da sole, talvolta, le tecniche di fecondazione assistita, esattamente come abbiamo fatto con l'aborto; lo fanno con la cannula... E, cosi' come facemmo con l'aborto, sono le donne che si stanno inventando i modi per inseminarsi da sole... Rispetto alla scienza, io sono l'ultima abilitata a parlarne, ma mi piacerebbe aprire un capitolo di tipo epistemologico, su quel che sta succedendo ai paradigmi scientifici e a quelli umanistici. So pochissime cose, ma non possiamo cascare nella trappola che dalla Fivet alla clonazione e' tutto uguale, perche' non e' cosi'; pure, tengo presente la questione della manipolazione del corpo femminile, ma non eludo il problema della cura di certe malattie... * Nota di Silvia Marastoni, curatrice della trascrizione degli interventi La cassetta finisce qui, ma ricordo altri due temi che in chiusura hanno suscitato acceso dibattito e che mi sono sembrati - in generale, e sicuramente in modo personale - importanti e molto toccanti. a) Quello relativo al perche' le donne facciano figli cosi' tardi, o li facciano da sole, o non li facciano: diversamente da chi lo imputava alle questioni lavoro/welfare/famiglia mononucleare, a scelte diverse di realizzazione, etc., Ida D. si riferiva anche alla difficolta' con cui si scontrano molte donne (e piu' frequente quanto piu' consapevoli, autonome...) nel trovare/costruire una relazione soddisfacente con un uomo, all'inadeguatezza maschile nel "reggere la sfida", nell'essere all'altezza di donne che vivono collocandosi fuori e contro il modello patriarcale, impegnate nella costruzione di un proprio ordine simbolico femminile, dotate di autorita'. Problema trasversale a destra e sinistra (per gli uomini), ma certamente piu' lacerante e conflittuale a sinistra, sia in relazione alle donne (quelle di destra al patriarcato, in generale, ci stanno dentro), sia per gli uomini: se il problema non se lo pongono, vivono in una scissione totale tra il personale e il politico (almeno nel registro del consapevole e del dichiarato, perche' in realta' spesso le loro pratiche politiche sono assai "informate" da questo, giocano la politica attraverso pratiche di potere, non di relazione); se se lo pongono, vivono nel conflitto tra il voler essere e quel che riescono effettivamente a mettere in campo, a giocarsi in termini di cambiamento. Un conflitto che faticano a reggere, nel tempo, e un percorso di cambiamento che raramente portano avanti. In entrambi i casi, spesso la "soluzione" per loro e' il rimosso, e la rabbia verso le donne e il ripiegamento verso un femminile subalterno; per le donne, la solitudine. b) Quello che riguarda la separazione tra sessualita' e procreazione (Stefania Giorgi): una dimensione del tutto nuova, nell'esperienza umana, complessa e imprevedibile negli esiti che avra', in generale e nel rapporto tra i sessi. Una problematica che si innesta su un'altra, gia' in atto da tempo: l'evidente caduta del desiderio maschile, il suo depotenziamento, la sua frustrazione e incapacita' di incontrare ed amare le donne (vedi sopra) di giocarsi in una relazione profonda, autentica, coinvolgente di cercare altre strade per la relazione, fuori dall'ordine del patriarcato. (Parte seconda - fine) 3. RIFLESSIONE. PAOLA CAVALLARI: A PROPOSITO DI LIBERTA' FEMMINILE: UNA SOLA FECONDITA'? [Dal sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it) riprendiamo questo intervento, scritto (e pubblicato nel sito) ovviamente prima del referendum del 12-13 giugno. Paola Cavallari e' un'acuta saggista femminista] Sono una cristiana cattolica (ma mi piacerebbe chiamarmi "cristiana" e basta), e sono una donna di 55 anni che ha militato molto e con passione nel femminismo (con alcuni contributi nella rivista "Lapis"). Sono una donna che ha patito la ferita della sterilita'. Le mie angustie e tribolazioni a questo proposito le ho raccontate tempo fa in un articolo della rivista "Esodo" ( n. 2, aprile-giugno 2002), e non mi attardero' ora su questi aspetti, perche' come si puo' immaginare occorrerebbe molto tempo per non mortificare questo vissuto, custodito dentro di me come un ricordo essenziale. Ora e' oramai sopraggiunta la menopausa. Ma la svolta soprattutto mi stata "guadagnata", meglio, donata dalla fede in Dio, un convincimento e una grazia che fino a pochi anni fa non sapevo cosa fossero. La cultura delle donne, cui ho partecipato con grande coinvolgimento negli anni passati, dice ancora che sono i corpi, non i linguaggi dis-tratti dalla loro origine, i veri protagonisti di una cultura simbolica, ed io concordo pienamente, tanto piu' ora che mi confesso cristiana, cioe' appartenente a una Chiesa che professa l'Incarnazione di Dio, quindi dice del corpo tutta la sua bramosa potenzialita' divina. E poiche' quasi tutti parlano (ingenuamente?) di aiuto alle coppie sterili e di salute delle donne, e' opportuno forse che una come me non taccia la propria opinione in merito ai quattro referendum. Anche perche' non ho mai sentito espresso pubblicamente il parere di donne non fertili, e che "non sono poi guarite" dopo questo o quell'intervento. Io votero' no ai quattro quesiti: perche' sono (stata?) sterile, perche' sono una cristiana, perche' sono una donna, perche' - come diceva Etty Hillesum - nonostante tutto amo la vita. Trovo stranissimo che molti pronunciamenti dei movimenti delle donne in Italia, sempre cosi' attenti - soprattutto dopo il disastro di Cernobyl - alle implicazioni legate alla ingerenza del potere tecnico-scientifico e medico sul corpo femminile e alla valenza simbolica che il corpo rappresenta (corpo non scomponibile nelle due parti del binomio mente/corpo; corpo quale frontiera preziosa per la consapevolezza del valore del limite) - diano alla opzione del si' il merito di rappresentare il rifiuto a "logiche aberranti che riducono il padre e la madre a fatto genetico" e parlino con estrema ingenuita' sulle garanzie (neutre?) della "liberta' scientifica" (da una lettera del 26 maggio 2005 dell'associazione Orlando di Bologna). In merito alle questioni dei quattro referendum mi esprimero' molto sinteticamente, perche' non posso abusare della vostra pazienza. Quando una donna diventa madre, diventa una sorta di ossimoro in natura, perche' e' una unita'-di-due, unita' duale. La sua identita' viene completamente sobbalzata. Questa unita' e' un indecidibile (perche' fusione di due) che la conoscenza positivistica, anche sofisticata, non puo' onestamente suddividere in due entita' chiare e distinte: la madre e l'embrione - o il feto -. Perche' sarebbe una forzatura dal punto di vista ontologico ed epistemologico. Oltre che una violenza al senso del sacro. Se e' vero che il feto ora puo' essere separato (ad esempio messo in una incubatrice o cose del genere), e' anche vero che a quel punto lo abbiamo gia' condizionato, manipolato in un senso. Ma soprattutto sarebbe ridicolo negare la irriducibile necessita' di fusione con la madre cui il feto/neonato, sottosta' nella sua primissima vita, fusione che non e' possibile separare senza un atto comunque arbitrario. Ogni donna, quando diventa madre, lascia una identita' e ne assume una nuova. E' una sorta di morte-resurrezione molto faticosa, ma anche molto costitutiva per l'essenza della soggettivita'. Questa conquista e' dura compierla con una maternita' adottiva - perche' il corpo ne e' meno implicato- ma e' assolutamente possibile. Chi non compie questo simbolico passaggio, non compie una metanoia centrale nella vita, non si trascende. Questo esodo da una vecchia identita' a una nuova e' possibile anche che si attualizzi in altri eventi - come lo e' stato per le mistiche del medioevo e oltre -, ma farlo senza figli e' forse molto piu' arduo. In fondo il desiderio di maternita' e' un desiderio di trascendersi. Ma dobbiamo dire che questo trascendimento e' un gesto - piu' simbolico che biologico - che non ha solo quella opportunita'. E alle donne che stritolano se stesse e comprimono la loro vita per avere comunque un figlio biologico, questo orizzonte altro non solo non e' stato svelato dal simbolico in cui siamo immersi, ma oltretutto viene a tutti i costi occultato o sottratto dalle "speranze infinite" della fecondazione assistita. La non fertilita' e' aumentata esponenzialmente in questi ultimi decenni. Non vedere e non assumere questo dato come un fenomeno che chiede di essere ascoltato per quel che adombra e a cui rimanda, riconoscerlo insomma come un sintomo in piena regola, mi pare una vera sordita' o idiozia, una delle tante della nostra vita contemporanea. Il sintomo non puo' essere violentato con la medicalizzazione arrogante e saccente. Come cristiani, poi, le considerazioni da fare sul dolore della sterilita' sarebbero tante, cosi' come lo sono sul dolore umano in generale e sulla condizione di creatura. Ma anche in questa materia le riflessioni sulla tragicita' della condizione umana non possono essere tacitate in nome del ricatto: dare aiuto a chi ne ha bisogno. E' l'aiuto migliore quello della procreazione medicalmente assistita? Perche' non pensare che, anche in questo caso doloroso come in tanti altri, la durezza della realta' non sia un segno, o un ostacolo che addita un destino? Fare del caso un destino: non e' questo che dice in fondo il discorso della montagna? la chiamata che ci e' stata rivolta, lo e' stata proprio a noi, noi, con quel neo, quella mancanza, quella imperfezione, quella sconfinata inadeguatezza... Diventare persone, diventare uomini e donne, significa del resto incontrare il male. Nella Bibbia troviamo tracciato questo faticoso cammino, e qualcuno dice che questo sforzo di cambiamento e' il vero significato della frase: Una vita piena. E' un cammino in cui la necessita' del reale irrompe nella vita, e questa ne viene dapprima schiacciata, offesa; poi a poco a poco ne scopre il senso, il quale allora dischiude un orizzonte ancora piu' vasto: non piu' felice, ma piu' aperto. Forse piu' divino. 4. DIRITTI. GIULIO VITTORANGELI: CONTINUA LA LOTTA DEI BANANEROS [Ringraziamo Giulio Vittorangeli (per contatti: g.vittorangeli at wooow.it) per questo intervento. Giulio Vittorangeli e' uno dei fondamentali collaboratori di questo notiziario; nato a Tuscania (Vt) il 18 dicembre 1953, impegnato da sempre nei movimenti della sinistra di base e alternativa, ecopacifisti e di solidarieta' internazionale, con una lucidita' di pensiero e un rigore di condotta impareggiabili; e' il responsabile dell'Associazione Italia-Nicaragua di Viterbo, ha promosso numerosi convegni ed occasioni di studio e confronto, ed e' impegnato in rilevanti progetti di solidarieta' concreta; ha costantemente svolto anche un'alacre attivita' di costruzione di occasioni di incontro, coordinamento, riflessione e lavoro comune tra soggetti diversi impegnati per la pace, la solidarieta', i diritti umani. Ha svolto altresi' un'intensa attivita' pubblicistica di documentazione e riflessione, dispersa in riviste ed atti di convegni; suoi rilevanti interventi sono negli atti di diversi convegni; tra i convegni da lui promossi ed introdotti di cui sono stati pubblicati gli atti segnaliamo, tra altri di non minor rilevanza: Silvia, Gabriella e le altre, Viterbo, ottobre 1995; Innamorati della liberta', liberi di innamorarsi. Ernesto Che Guevara, la storia e la memoria, Viterbo, gennaio 1996; Oscar Romero e il suo popolo, Viterbo, marzo 1996; Il Centroamerica desaparecido, Celleno, luglio 1996; Primo Levi, testimone della dignita' umana, Bolsena, maggio 1998; La solidarieta' nell'era della globalizzazione, Celleno, luglio 1998; I movimenti ecopacifisti e della solidarieta' da soggetto culturale a soggetto politico, Viterbo, ottobre 1998; Rosa Luxemburg, una donna straordinaria, una grande personalita' politica, Viterbo, maggio 1999; Nicaragua: tra neoliberismo e catastrofi naturali, Celleno, luglio 1999; La sfida della solidarieta' internazionale nell'epoca della globalizzazione, Celleno, luglio 2000; Ripensiamo la solidarieta' internazionale, Celleno, luglio 2001; America Latina: il continente insubordinato, Viterbo, marzo 2003. Per anni ha curato una rubrica di politica internazionale e sui temi della solidarieta' sul settimanale viterbese "Sotto Voce" (periodico che ha cessato le pubblicazioni nel 1997). Cura il notiziario "Quelli che solidarieta'"] Nicaragua: e' passato un mese (13 maggio) da quando e' stato firmato l'accordo preliminare in 21 punti tra i bananeros (ex lavoratori delle piantagioni di banane ammalati per l'uso del pesticida Nemagon) e il governo. A seguito di questi primi accordi la maggior parte delle persone e' tornata a casa; ma non si e' trattato della fine della lotta, quanto di evitare di esporre persone gia' gravemente malate all'arrivo dell'inverno, cosa che avrebbe provocato un vistoso peggioramento delle situazioni sanitarie e un aumento della mortalita'. A presidiare l'accampamento di Managua, davanti all'Assemblea Nazionale, sono rimaste piu' di 400 persone (sono oltre 100 i giorni da quando sono partite da Chinandega), con lo scopo di mantenere la pressione sul governo e sui deputati e verificare l'esecuzione degli accordi firmati; mentre i propri delegati continuano le negoziazioni con il governo. Stanno affrontando, giorno dopo giorno, le piogge e il freddo dell'inverno. Hanno rinforzato le tende con nuovi teli di plastica nera e continuano i turni, l'attivita'; mantenendo costantemente il contatto con la gente che e' tornata a casa, la quale e' sempre pronta a ritornare nel caso insorgessero problemi. E' continuata anche la solidarieta' da parte della societa' civile nicaraguense e a livello internazionale, anche se in forma ridotta. Per tutte le informazioni visitate il sito dell'Associazione Italia-Nicaragua (www.itanica.org). Allo stato attuale, tutti i punti contenuti negli accordi firmati lo scorso 13 maggio sono stati rispettati e, pur con gli inevitabili ritardi e contrattempi, si stanno affrontando i punti in sospeso. Sull'aspetto sanitario e' prevista l'assistenza medica sia per le persone rimaste a Managua, sia per quelle tornate a casa. In ritardo, invece, i progetti legati all'ambiente: riforestazione, controllo dello stato delle acque, eliminazione dei pesticidi della cosiddetta 'maledetta dozzina", elaborazione di un piano per utilizzare metodi organici per la coltivazione delle banane e della canna da zucchero, ecc. Resta ancora in sospeso il tema piu' delicato, il dialogo con l'Assemblea Nazionale, che dovrebbe ratificare tutti gli accordi raggiunti tra il governo ed i bananeros: riconoscimento della malattia professionale, inderogabilita' della legge speciale 364 sul Nemagon, pensione vitalizia per gli ammalati, accettazione della somma per le spese mediche, ecc. Infine, sono stati consegnati tutti i passaporti per le persone che dovranno andare negli Stati Uniti per la prima udienza del processo contro le multinazionali. * E' importante ricordare che la lotta di questi ultimi tre mesi, resta alla base della campagna "Bananeras No chemicals" per la rivendicazione del diritto a un indennizzo da parte delle multinazionali. Quello che si e' realizzato con gli accordi, e' da inquadrare in una strategia piu' ampia da parte di questi settori che, con l'importante appoggio e consulenza di varie organizzazioni della societa' civile, hanno saputo riunirsi ed insieme affrontare una lotta a livello nazionale che affrontasse tematiche che spettano alle istituzioni nicaraguensi come la salute, l'ambiente, l'inquinamento, l'uso di pesticidi e i diritti acquisiti dopo tanti anni di lavoro massacrante. In una recentissima intervista, Victorino Espinales (Presidente dell'Asotraexdan: Associazione degli ex lavoratori e lavoratrici del banano colpiti dagli effetti del Nemagon), ha dichiarato: "Questi primi risultati che abbiamo raggiunto li consideriamo molto positivi e con buone prospettive per il futuro. Sono pero' prospettive sempre soggette all'incertezza di vedere se il governo rispettera' o meno gli accordi. Abbiamo coniato un motto che dice che "i diritti devono essere esercitati ogni giorno per poterli ottenere e difenderli", e in questo senso la nostra soddisfazione per gli accordi c'e', ma sappiamo che davanti a noi abbiamo ancora un cammino e una lotta quotidiana affinche' vengano rispettati. Voglio rimarcare l'importanza di molti passi che sono stati fatti con questi accordi che hanno a che fare con la vita stessa e la salvaguardia dell'ambiente, che alla fine rappresenta l'essenza dell'essere umano sulla terra. Senza questo elemento la vita non e' possibile e il mondo non ha possibilita' di sopravvivere. Credo che per il momento abbiamo raggiunto un risultato storico che, se riusciremo a mantenerlo, portera' all'inizio della risoluzione non solo delle nostre problematiche personali come persone ammalate, ma soprattutto al riscatto di altri settori sociali. Questa lotta sta introducendo un nuovo elemento per il Nicaragua che e' di fondamentale importanza: il recupero dell'ambiente". Per concludere, ricordiamo che l'Associazione Italia-Nicaragua continua la sua campagna in appoggio ai bananeros presenti nell'accampamento di managua e piu' in generale alla loro lotta, con aiuti concreti a livello sanitario (medicine) e soprattutto di alimenti, utilizzando i fondi raccolti in tutta Italia. Dal giorno dell'inizio della marcia ad oggi, sono stati spesi quasi 8.500 dollari. 5. RIFLESSIONE. AGNESE GINOCCHIO: IL DIGIUNO, PAROLA DI PACE E DI COMUNIONE [Ringraziamo Agnese Ginocchio (per contatti: e-mail: agnese.musica at katamail.com, sito: www.agneseginocchio.it) per queste riflessioni che estraiamo da una piu' ampia lettera di alcuni giorni fa con la quale esprimeva anche la sua adesione al digiuno proposto da Mao Valpiana per chiedere la liberazione di Clementina Cantoni. Ora che Clementina e' stata liberata - e dopo lei anche Florence e Hussein - e' ancora piu' bello leggere queste appassionate e serene parole. Agnese Ginocchio, "cantautrice per la pace, la nonviolenza, contro tutte le guerre e le mafie", e' generosamente impegnata in molte iniziative di pace, di solidarieta', per i diritti umani e la nonviolenza] La pace richiede impegno, comunione e segni forti: di fronte alle guerre ed alle ingiustizie che si susseguono senza sosta nel mondo, le nostre parole a volte sembrano sterili, impotenti, inefficaci. Ecco che allora occorre dare un aiuto affinche' queste parole si possano levare nell'aria ed echeggiare da un capo all'altro della terra e unire infine come ponti arcobaleno le donne e gli uomini di tutto il mondo. Il digiuno e' sicuramente un'azione molto forte, decisiva, controcorrente, che sfida la logica di questo tempo di morte. Il digiuno ci insegna a capire, discernere e scegliere la parte migliore della vita, il senso del distacco dalle cose, a non essere schiavi di noi stessi, specie di certe abitudini o tendenze che deviano il nostro sentire interiore dalla comprensione della verita' e del senso della nostra esistenza. Il digiuno, gia' adottato dai grandi profeti della pace, ci libera da ogni paura, da ogni angoscia, da ogni catena che imprigiona l'essere umano: e' senz'altro un'azione maestra, un'azione diretta, il linguaggio di cui si serve madre nonviolenza per innalzarsi a sua volta nel silenzio della natura, del cosmo, sulle ali della bianca colomba, piu' eloquente di ogni discorso. 6. RIFLESSIONE. STEFANO LONGAGNANI: A COSA SERVE UN DIGIUNO [Riportiamo uno stralcio da una lettera di Stefano Longagnani (per contatti: longagnani at yahoo.it), scritta alcuni giorni fa, con la quale comunicava la sua adesione al digiuno per chiedere la liberazione di Clementina Cantoni. La lettera ci e' pervenuta dopo la felice liberazione di Clementina, cosicche' queste acute considerazioni possono essere ascoltate e meditate ormai liberi dall'angoscia per la sua sorte. Stefano Longagnani e' impegnato nei movimenti di solidarieta', per la pace e la nonviolenza, nell'educazione alla pace e ai diritti umani, ed e' una delle persone piu' sagge e miti e generose che abbiamo avuto l'immensa fortuna di conoscere] Stasera mi e' stato chiesto a cosa serva un digiuno, un digiuno a staffetta, un digiuno fatto qui in Italia, mentre Clementina Cantoni e' ostaggio in Afghanistan. Ho risposto, con fatica ma persuaso, che un tale digiuno e' utile, anzi indispensabile, per diversi buoni motivi: - per iniziare: e' ovvio che fare qualcosa e' meglio che non fare assolutamente nulla; gia' il fatto che mi si chieda a cosa serve un digiuno per Clementina Cantoni e' un indice, concreto e reale, di come un obiettivo minimo sia gia' stato raggiunto: si e' iniziata la lotta contro la cappa opprimente di indifferenza che si stava pericolosamente creando in questi ultimi giorni, contro il senso di impotenza che monta di ora in ora in sempre piu' persone; - inoltre non si sta scrivendo qui di un dieta dimagrante, ma di un digiuno-preghiera-riflessione, un digiuno-sacrificio che permette simultaneamente ai partecipanti di farsi attivamente pietra dello scandalo, come pure di immergersi in se stessi per ricaricarsi, per purificarsi, per trovare dentro di se' quelle energie interiori che possono consentire di non farsi trascinare via dalla corrente tumultuosa e vorticosa dell'indifferenza collettiva; - questo digiuno contribuisce certamente a tenere viva la speranza che presto Clementina Cantoni sara' di nuovo libera; mi piace citare una frase di Vaclav Havel: "La speranza non e' ottimismo. La speranza non e' la convinzione che cio' che stiamo facendo avra' successo. La speranza e' la certezza che cio' che stiamo facendo ha un significato, che abbia successo o meno". "Tutto e' collegato" ripete il poeta da secoli. Tutto e' collegato ci insegna la scienza moderna. Tutto e' collegato, sentiamo dentro di noi, e come potrebbe essere altrimenti? 7. LIBRI. L'INDICE DE "LA DEMOCRAZIA NEL BRASILE DI LULA. TARSO GENRO: DA ESILIATO A MINISTRO" DI BRUNA PEYROT [Ringraziamo Bruna Peyrot (per contatti: brunapeyrot at terra.com.br) per averci messo a disposizione l'indice del suo libro La democrazia nel Brasile di Lula. Tarso Genro: da esiliato a ministro, Citta' Aperta Edizioni, Troina (En) 2004. Bruna Peyrot, torinese, scrittrice, studiosa di storica sociale, conduce da anni ricerche sulle identita' e le memorie culturali; collaboratrice di periodici e riviste, vincitrice di premi letterari, autrice di vari libri; vive attualmente in Brasile. Si interessa da anni al rapporto politica-spiritualita' che emerge da molti dei suoi libri, prima dedicati alla identita' e alla storia di valdesi italiani, poi all'area latinoamericana nella quale si e' occupata e si occupa della genesi dei processi democratici. Tra le sue opere: La roccia dove Dio chiama. Viaggio nella memoria valdese fra oralita' e scrittura, Forni, 1990; Vite discrete. Corpi e immagini di donne valdesi, Rosenberg & Sellier, 1993; Storia di una curatrice d'anime, Giunti, 1995; Prigioniere della Torre. Dall'assolutismo alla tolleranza nel Settecento francese, Giunti, 1997; Dalla Scrittura alle scritture, Rosenberg & Sellier, 1998; Una donna nomade: Miriam Castiglione, una protestante in Puglia, Edizioni Lavoro, 2000; Mujeres. Donne colombiane fra politica e spiritualita', Citta' Aperta, 2002; La democrazia nel Brasile di Lula. Tarso Genro: da esiliato a ministro, Citta' Aperta, 2004. Per richiedere il libro alla casa editrice: Citta' Aperta Edizioni, via Conte Ruggero 73, 94018 Troina (En), tel. 0935653530, fax: 0935650234] Premessa Un incontro speciale * Capitolo primo: Storie di frontiera Una famiglia, tante tradizioni Getulio Vargas: il "dittatore in difesa della democrazia" Santa Maria: la citta' dei tre poteri Le ribellioni di Rio Grande do Sul * Capitolo secondo: Una generazione sotto la dittatura Caudillos comunisti Lottare con la poesia Un golpe quasi a sorpresa Un Sessantotto sfortunato Resistenze profonde * Capitolo terzo: Nelle tenebre dei generali Le "frange rosse" dei sovversivi La tortura: metodo di governo I teologi scalzi La ricerca dell'alba Tarso, avvocato del lavoro * Capitolo quarto: La scelta della politica Il contropotere dei movimenti La lunga marcia nelle istituzioni Porto Alegre: l'"invenzione" di una citta' Porto Alegre: una citta' "partecipata" Porto Alegre: una cittadinanza simbolica * Capitolo quinto: Scrivere la democrazia "Essere" del Pt Democratizzare la democrazia * Capitolo sesto: La mudanca di fine secolo Un colosso mondiale Elezioni 2002: Lula paz e amor Primo anno di governo La politica della rete Italia-Brasile: non solo calcio "Ho conosciuto Lula inseguendo la Fiat" * Capitolo settimo: Per "um Brasil decente" Lula e Tarso: il narratore e il teorico Fra etica e politica: costruire nuove soggettivita' Tarso uomo e politico: il percorso di un militante * Scritti di Tarso Genro Bibliografia 8. LIBRI. L'INDICE DI "LIBERTA' DI INFORMAZIONE, DI CRITICA E DI RICERCA NELLA TRANSIZIONE ITALIANA" A CURA DI CLAUDIO RIOLO [Da Claudio Riolo (per contatti: clriolo at tin.it) riceviamo e diffondiamo l'indice del volume: Claudio Riolo (a cura di), Liberta' di informazione, di critica e di ricerca nella transizione italiana, La Zisa, Palermo 2004, in cui sono stati pubblicati gli atti del seminario su "liberta' di critica e di ricerca" svoltosi a Palermo nel dicembre 2003 (aggiornati al dicembre 2004). Claudio Riolo, nato ad Agrigento nel 1951, autorevole militante e dirigente politico ed acuto studioso, gia' direttore del Cepes (Centro studi di politica economica in Sicilia), e' politologo presso l'Universita' di Palermo; collabora a vari periodici. Tra le opere di Claudio Riolo: L'identita' debole, La Zisa, Palermo 1989; (a cura di), Liberta' di informazione, di critica e di ricerca nella transizione italiana, La Zisa, Palermo 2004. Il volume e' reperibile a Roma presso la libreria Paesi Nuovi (piazza Montecitorio); puo' essere ordinato presso Bardi Editore, via Piave 7, 00187 Roma; tel. 064817656, fax: 0648912574, e-mail: bardied at tin.it] Premessa * Parte prima Introduzione Diritto di cronaca, diritto di critica e liberta' di ricerca tra interesse pubblico e tutela della persona, di Claudio Riolo Relazioni Il travagliato iter parlamentare della legge sulla diffamazione a mezzo stampa, di Sergio Cola I punti qualificanti per una riforma delle norme sulla diffamazione, di Vincenzo Siniscalchi Manifestazione del pensiero e valori costituzionali in gioco, di Mario Dogliani Tutela civile e tutela penale: le implicazioni di una scelta, di Giovanni Fiandaca Liberta' di critica e liberta' di ricerca tra principi e regole, di Vittorio Villa Interventi La ragionevolezza e il prudente arbitrio del giudice, di Antonello Miranda Giornali e giornalisti: comunicazioni pensate in una giungla di regole stravolte, di Claudia Mirto Il diritto del magistrato alla libera manifestazione del pensiero, di Luigi Cavallaro Le possibili storture del giudizio civile in materia di diffamazione, di Alfredo Galasso Il magistrato come soggetto debole di fronte al potere dell'informazione, di Antonio Ingroia La riforma della legge sulla diffamazione tra passi avanti e passi indietro, di Paolo Serventi Longhi * Parte seconda Introduzione Le verita' della ricerca e le verita' delle istituzioni, di Salvatore Lupo Relazioni La verita' storica e la verita' giudiziaria, di Alfredo Galasso Liberta' di ricerca e di espressione in una dittatura mediatica. Esperienze recenti, di Nicola Tranfaglia La verita' giornalistica e le verita' ufficiali, di Marco Travaglio La forza della verita' e la verita' della forza, di Roberto Scarpinato Interventi La riforma del mercato del lavoro tra uso politico e liberta' di critica, di Alessandro Bellavista La verita' negata sulla strage di Portella della Ginestra, di Giuseppe Casarrubea L'erosione delle liberta' democratiche, di Enrico Fontana La crisi del pensiero critico e l'egemonia del mercato, di Giuseppe Carlo Marino La campagna per la liberta' di stampa nella lotta contro la mafia, di Umberto Santino 9. RIVISTE. CON "QUALEVITA", ALL'ASCOLTO DI MICHELE MEOMARTINO Abbonarsi a "Qualevita" e' un modo per sostenere la nonviolenza. Ponendosi all'ascolto di Michele Meomartino. * "Abbiamo iniziato dal passo piu' semplice, quello di riflettere insieme" (Michele Meomartino, in "Qualevita", n. 107, giugno 2004). * "Qualevita" e' il bel bimestrale di riflessione e informazione nonviolenta che insieme ad "Azione nonviolenta", "Mosaico di pace", "Quaderni satyagraha" e poche altre riviste e' una delle voci piu' qualificate della nonviolenza nel nostro paese. Ma e' anche una casa editrice che pubblica libri appassionanti e utilissimi, e che ogni anno mette a disposizione con l'agenza-diario "Giorni nonviolenti" uno degli strumenti di lavoro migliori di cui disponiamo. Abbonarsi a "Qualevita", regalare a una persona amica un abbonamento a "Qualevita", e' un'azione buona e feconda. Per informazioni e contatti: Edizioni Qualevita, via Michelangelo 2, 67030 Torre dei Nolfi (Aq), tel. 3495843946, o anche 0864460006, o ancora 086446448; e-mail: sudest at iol.it o anche qualevita3 at tele2.it; sito: www.peacelink.it/users/qualevita Per abbonamenti alla rivista bimestrale "Qualevita": abbonamento annuo: euro 13, da versare sul ccp 10750677, intestato a "Qualevita", via Michelangelo 2, 67030 Torre dei Nolfi (Aq), specificando nella causale "abbonamento a 'Qualevita'". 10. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 11. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at inwind.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 961 del 14 giugno 2005 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione).
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