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La nonviolenza e' in cammino. 960
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 960
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Mon, 13 Jun 2005 00:15:54 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 960 del 13 giugno 2005 Sommario di questo numero: 1. Florence e Hussein 2. Un incontro alla Libreria delle donne di Milano (parte prima) 3. Con "Qualevita", all'ascolto di Etta Ragusa 4. Letture: Mohandas K. Gandhi, Una guerra senza violenza 5. Riletture: Umberto Galimberti, Il corpo 6. Riletture: Silvia Vegetti Finzi: Il bambino della notte 7. Riletture: Silvia Vegetti Finzi, con Anna Maria Battistin: A piccoli passi 8. Riletture: Silvia Vegetti Finzi: Volere un figlio 9. La "Carta" del Movimento Nonviolento 10. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. FLORENCE E HUSSEIN [Florence Aubenas e' la giornalista francese del quotidiano "Liberation", da sempre impegnata per la pace e i diritti umani, rapita il 5 gennaio 2005 in Iraq, e' stata liberata il 12 giugno. Tra le opere di Florence Aubenas: con Miguel Benasayag, Resistere e' creare, Mc editrice, Milano 2004. Hussein Hanoun e' il suo collaboratore iracheno rapito con lei e con lei liberato] Liberi, finalmente. 2. RIFLESSIONE. UN INCONTRO ALLA LIBRERIA DELLE DONNE DI MILANO (PARTE PRIMA) [Dal sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it) riprendiamo la trascrizione di questa profonda e appassionata conversazione] Martedi' 31 maggio 2005, Libreria delle Donne di Milano, Circolo della Rosa: incontro sulla procreazione medicalmente assistita in occasione dell'uscita del libro "Si puo'" (Manifestolibri) con Ida Dominijanni e Stefania Giorgi. Trascrizione di Silvia Marastoni, non rivista dalle intervenute. * Stefania Giorgi Sono contenta di essere qui con voi per poter discutere liberamente. Mi dispiace soltanto che nessuna di voi abbia avuto modo e tempo per leggere il libro, per cui un vero confronto sul questo non sara' possibile farlo. Pero' penso che sara' possibile lo stesso un discorso, e voglio provare a spiegarvi con che spirito Ida e io, insieme a Simona Bonsignori, che lavora alla casa editrice Manifestolibri, abbiamo deciso di fare questo libro. Non e' da oggi che mi occupo di procreazione medicalmente assistita: sono otto anni che seguiamo sul giornale le vicende della legge 40. Devo dire che sono stati otto anni molto duri, ma anche molto appassionanti, perche' quello che io e Ida abbiamo sempre cercato di fare, dentro al "Manifesto", e' stato non limitarci a seguire la cronaca parlamentare, che pure a ripensarci e' stata anche abbastanza divertente - nella tragedia, naturalmente -: assistere al dibattito parlamentare dal vivo, con questi signori, deputati e senatori, che si alzavano e concionavano su uteri, spermatozoi, ovuli... Ne ho sentito di ogni... Forse questa e' un'idea che ci e' mancata, perche' non sarebbe stato male mettere il dibattito in appendice al libro, proprio con "ipse dixit" (ad es.: Giovanardi, due punti, e la data). Pero' non abbiamo voluto fissarci sul discorso della legislazione, e soprattutto abbiamo voluto tenere aperto e vivo, dentro e fuori dal giornale, quella che per noi e' la posta in gioco della procreazione medicalmente assistita, e cioe' la domanda: noi dove siamo, il desiderio femminile dov'e', e cosa cambia la procreazione medicalmente assistita nelle relazioni tra uomini e donne. Questa e' la cosa che mi ha reso appassionante questo lavoro. L'esito finale dell'approvazione della legge e questa scadenza referendaria sono qualcosa che abbiamo davanti e che abbiamo subito, perche' sia io che Ida siamo tra le molte e i molti che avrebbero preferito non ci fosse una legge, su questa materia, e forse neanche il referendum. Pero' adesso la stretta e' abbastanza cruciale, e percio' siamo anima e corpo su questa vicenda, e il libro e' ampiamente schierato sui quattro si' referendari. Per quello che riguarda me - ed e' l'apporto che io ho cercato di dare sia in questi anni dentro al giornale, sia a questo libro -, quel che mi ha sempre appassionato e' l'occultamento della vera questione che sta dietro la cosiddetta infertilita', e cioe' il fatto che in realta' sia un problema che riguarda gli uomini, non le donne. I dati sull'infertilita' maschile e sullo sperma, che in questo momento e' il grande malato, sono allarmanti. E' difficilissimo trovare dei dati, e spesso ci sono delle differenze abbastanza notevoli tra un dato e l'altro (a seconda che a darlo sia l'andrologo X piuttosto che Y, che l'uno e l'altro sia italiano, o inglese...). Pero' diciamo che c'e' una tendenza a scaricare sulle spalle delle donne il problema dell'infertilita': questo e' molto evidente, in tutto il dibattito intorno alla legge 40, e naturalmente pone dei problemi. Il problema del grande occultamento del fatto che nella maggioranza dei casi la defaillance sia maschile, e non femminile; e quello che pero' ci sia in questo, nel rapporto di coppia (quando la coppia fa ricorso alle tecnologie riproduttive), da parte femminile, come una tendenza a coprire questo problema maschile. Questa e' l'altra grande domanda che mi pongo rispetto alla tecnologia riproduttiva, perche' non riesco ancora a capire che cosa muove una donna verso la tecnologia riproduttiva, e come gioca la disparita' di desiderio e la disparita' del problema, tra uomini e donne - nella coppia -, quando vi fanno ricorso. E' una grande domanda a cui posso tentare di dare delle risposte, ma sono ipotesi mie. Quello che manca e' esattamente questa esperienza, questo vissuto, questa restituzione di senso da parte delle donne in primo luogo, ma anche da parte degli uomini. Il libro vuole tenere aperte proprio queste domande, vuole posizionarsi nel dibattito referendario allargando le maglie di una tenaglia che viviamo come molto costrittiva, quella della logica binaria del referendum (si'/no). Stanno prevalendo, o rischiano di prevalere, da una parte (nel fronte del si'), quelle posizioni che vengono rappresentate dagli scienziati, dai biologi, dai tecnici della riproduzione, dai ginecologi, e dall'altra, (nel fronte del no, che si traveste anche da astensione), quelle dei bio-eticisti e dei sacerdoti. In entrambi i fronti, poi, troviamo anche i giuristi, gli uomini della legge. E' una tenaglia molto forte, che puo' essere micidiale perche' rischia di restar tagliata fuori quella che e' la posta in gioco di questa questione, e che e' il matricidio rappresentato da questa legge, come lo definisce Grazia Zuffa nel suo saggio all'interno del libro. Cioe' il matricidio che si compie, ai nostri occhi, separando l'embrione dal corpo della madre, rendendolo persona giuridica, allucinandosi che sia possibile la sua esistenza separata dal corpo-desiderio della madre, addirittura armandosi di questo embrione contro la madre. Questa legge fa esattamente questa cosa, quindi e' fondamentale combatterla anche oltre la battaglia referendaria (perche' naturalmente io spero che si raggiunga il quorum, che vincano i quattro si' e che la battaglia continui anche dopo). Alla presentazione del libro a Roma, ieri, Pietro Rescigno, che e' un giurista molto bravo, attento e sensibile, indicava la strada da percorrere, come che vada il referendum: questa legge, la legge 40, e' su molti punti una legge incostituzionale, piena di contraddizioni. Questa e' una carta che va giocata, che del resto era gia' stata indicata da molte giuriste, in alternativa al referendum, come molte di voi ricorderanno. * Ida Dominijanni Stefania ha detto del suo apporto a questo libro, che e' un apporto che io ho sempre giudicato di grande fedelta' a un asse di ragionamento che parte dal desiderio femminile e anche dall'analisi del desiderio maschile. Io, come spiego nel pezzo che ho scritto, ho dato un apporto piu' freddo a tutta questa vicenda. E' una cosa strana, quella che mi e' successa. Mi sono trovata a occuparmene per ragioni professionali: quando questa storia e' cominciata facevo la notista politica, e quindi l'ho presa in mano, nel '98, non per passione verso l'oggetto. Non ho nessuna passione verso l'oggetto di questa legge: in se', non mi interessa. Ripensandoci, quando c'era il movimento femminista ero una di quelle non tanto appassionate anche alla vicenda dell'aborto, che pure ho vissuto e ho riempita di tutti quei contenuti di cui l'abbiamo riempita, perche' si parlava di aborto, ma soprattutto di sessualita' e politica, e del rapporto tra sessualita' e politica. Questa volta, con questa legge, non si e' parlato del rapporto tra sessualita' e politica, e non si e' parlato ne' di sessualita', ne' di politica. La sessualita' e' completamente fuori scena, in questa vicenda, come se appunto l'immaginario sulle tecnologie riproduttive avesse gia' sopravanzato la loro realta': gia' nella realta' le tecnologie riproduttive fanno fuori la sessualita', ma l'immaginario sul loro funzionamento l'ha messa completamente fuori campo. D'altra parte, non si e' parlato neanche di politica, perche' alla prova della trasformazione eclatante della politica in bio-politica (cioe' di politica che si occupa della vita e della riproduzione della vita) la politica italiana ha abdicato, ha fatto solo compromessi mal riusciti, continuando a dire che la questione non era politica, ma di liberta' di coscienza, che non poteva impegnare i partiti, che era una questione etica, personale, etc. C'e' stata quindi un'abdicazione molto forte della politica tradizionale, e c'e' stata un'abdicazione della politica delle donne, perche' di questa questione non si e' molto discusso nelle sedi della riflessione femminile e femminista. Quanto alla politica ufficiale, e' stato fatto solo un lavoro molto negativo, di tentativo di compromesso tra le varie parti in campo. Dico molto negativo, e introduco un versante del tema che invece mi ha molto appassionato: quello che riguarda il diritto e la degenerazione del diritto che questa legge implica, perche' si e' cercato sempre di legiferare mediando tra diverse etiche, sulla base del convincimento comune (ai due poli, a destra, sinistra, centro...) che questa legge dovesse dare una risposta etica, mediare fra etiche diverse, obliterando il comandamento per cui diritto e morale, in uno Stato laico, debbano essere tenuti un po' separati... Non e' che io tenga allo statuto laico, perche' la laicita' dello Stato in questo momento mi sembra del tutto insufficiente a rispondere a certe domande, ma non voglio aprire qui, adesso, questo problema. Voglio dire che questa confusione tra diritto ed etica ha fatto si' che si arrivasse ad una legge molto moralista, molto normativa, che norma i comportamenti, laddove sarebbe bastata una legge molto piu' scarna, essenziale, che evitasse e sanzionasse alcuni abusi del mercato e della scienza. Questa legge invece pretende di normare tutto, mette insieme la normazione sulla procreazione e la normazione sulla scienza, che secondo me (e come diceva Maria Luisa Boccia ieri, nella presentazione di Roma) sono due ambiti che andavano tenuti separati, e invece fanno corto circuito. Come lo facciano, lo vedete dal dibattito che c'e' in corso: questo continuo rinvio all'eugenetica, ai pericoli di manipolazione... questioni che non e' che non ci siano, ma che rischiano di spostare il voto dalla questione di fondo (abolire una legge molto mal fatta, piena di contraddizioni interne, di punti di incostituzionalita' e di inapplicabilita') ad una specie di pronunciamento di fede sulla scienza, l'eugenetica e le manipolazioni, attraversato da fantasmi di ogni tipo. Un'altra questione che a me ha appassionato in questi anni e' stato il fatto che attraverso questa legge si e' visto benissimo, e con larghissimo anticipo sugli scontri tra Rutelli e Prodi, che la costruzione politica dei due poli, del centrodestra e del centrosinistra, in Italia, e' una costruzione totalmente fittizia, perche' appena si va su questioni piu' reali, piu' di fondo, questa divisione non funziona, le contraddizioni, i conflitti e le alleanze sono trasversali. Inoltre si e' visto che anche la contrapposizione laici/cattolici si da' oggi in una forma che non restituisce la realta' dei conflitti, e che e' diversa dal passato, perche' a mio avviso oggi c'e' un uso politico della religione - e su questo voglio sentire Luisa Muraro - totalmente diverso da quello a cui eravamo abituati: da quello, per esempio, della campagna sull'aborto. Come negli Stati Uniti, a questo uso politico della religione si legano delle forme di fondamentalismo tradizionalista con le quali noi dobbiamo trovare una cifra di dialogo e di discussione, perche', per dirla con una formula che sottopongo al dibattito: nel fronte laico le questioni giuste non vengono neanche nominate; si va per una vaga intenzione di riduzione del danno, di moderatismo, di "buonsensismo", etc.; nel campo fondamentalista, invece, le questioni vengono nominate, i punti in discussione vengono individuati, dando risposte totalmente tradizionaliste e, per quello che a noi interessa, molto animate da uno spirito di rivalsa sulla rivoluzione femminile. Questo e' diventato ormai un punto non inconscio del dibattito pubblico, ma assolutamente dichiarato: c'e' una dichiarata volonta' di rimettere le donne in un qualche ordine. Questa mi pare una questione totalmente dispiegata. Ho lavorato molto bene su questo libro. L'abbiamo fatto molto in fretta, anche grazie a Simona, che non e' qui stasera: ci tengo a dire che il suo apporto e' stato decisivo, perche' lei e' stata molto volitiva nel mettere la casa editrice a disposizione di questa impresa. L'esperienza di lavoro su questa legge e' una buona esperienza anche all'interno del quotidiano in cui noi lavoriamo, che non gode ormai da anni - ma in questo momento in particolare, anche in seguito al trauma dovuto al sequestro di Giuliana questo inverno - di una rete di relazioni soddisfacente al suo interno. Questo lavoro sulla legge sulla procreazione medicalmente assistita invece ha messo al mondo dei rapporti molto buoni tra alcune di noi, e questo e' un risultato molto positivo. Sono contenta anche perche' - come credo si veda nel libro - c'e' un incrocio tra il punto di vista di chi ha seguito questa questione quotidianamente (Michela Bongi, che fa una ricostruzione della vicenda parlamentare molto accurata, ironica e divertente) e di chi invece, come Maria Luisa Boccia e Grazia Zuffa, si occupava di questa materia da tanto tempo: avevano gie' scritto un libro molto importante per chiunque l'avesse letto (L'eclissi della madre, Edizioni Pratiche) e hanno contribuito molto con il loro orientamento, non solo nella fattura del libro, ma nel corso di tutti questi anni. Che il punto principale sia la separazione dell'embrione dalla madre l'ha gia' detto Stefania. L'offuscamento del primato femminile sulla procreazione e' il primo punto, il primo problema politico che tutta questa vicenda porta a galla, pero' penso che non possiamo affrontarlo senza mettere le mani sulla reticenza della narrazione femminile, su questa vicenda di fronte alla quale non c'e' narrazione politica - e neanche non politica - femminile, che e' quella dell'accanimento del desiderio di maternita', che a me, per come sono fatta io, rimane piuttosto oscuro. Infine, penso che questa legge sia anche un'occasione per riaprire un dibattito tra di noi sulle questioni della scienza, che essendo l'Italia un paese di umanisti sono questioni che vengono sempre tenute un po' sottobanco. Trovo molto interessante che questa legge capiti in un momento in cui mi pare (e' un'idea che butto li', che avrei bisogno di verificare, anche se sono abbastanza sicura di quello che dico) che molto ottimismo tecnologico del femminismo americano - mi riferisco alle varie Haraway, alle cyborg-femministe, alla stessa Rosy Braidotti, eccetera - stia lasciando il posto ad una riconsiderazione piu' pacata dello statuto dell'umano, e di come in questo momento sia da rideclinare. E' questione in cui c'entra il rapporto tra tecnologia e biologia, ma c'entra soprattutto la guerra come azzeramento di una serie di posizioni di ottimismo progressista precedenti. * Luisa Muraro Ringrazio Ida Dominijanni e Stefania Giorgi per gli spunti che hanno dato, di cui riprendo qualcosa, sia per quello che interessa me, sia per dargli una risonanza (imperfetta, incompleta, ma risonanza). Avete toccato dei temi importantissimi: per esempio, la reticenza femminile in questo accanimento di desiderio di maternita' e' qualcosa che poche hanno osato tirare fuori, ma che molte abbiamo in mente. In verita', alla lettura del "Manifesto" - che e' un giornale sul quale entrambe scrivete, sul quale sicuramente contate, avete autorita' -, io e altre abbiamo sentito accenti meno problematici. Non voglio fare riferimenti allusivi, nomino una donna che stimo molto, Gloria, che e' un'amica di Chiara Zamboni. Anche in questo libro, in esordio, si parla di "quattro si' dati in tranquillita'". Dalle vostre parole, invece, non sembra altrettanto. E' una prima osservazione per dire, anche rispondendo a un invito di Ida, che secondo me la cultura laica ha letteralmente coltivato l'ignoranza religiosa, e adesso questa cosa la sta pagando. Nel senso che la cultura religiosa ha degli elementi problematici, degli orizzonti, dei linguaggi, un passato, delle tradizioni che non sono morti nella societa' moderna, e nella societa' moderna italiana in particolare, e che ora affiorano, seppure evocati di preferenza dalla destra in maniera per me sicuramente discutibile, e qualche volta anche gravemente urtante. Ma a parte questo, guardando verso il mondo laico, questa ignoranza sulla cultura religiosa si sconta, adesso. C'e' per esempio una superficialita' - non da parte vostra, non da parte del femminismo - nel considerare l'operare degli scienziati... Penso a quelle cose che sbeffeggiava gia' Leopardi ("le magnifiche sorti e progressive"), il quale era evidentemente preveggente, aveva l'occhio acuto e lungimirante. Abbiamo una campagna referendaria che ha i vizi che voi stesse lamentate e che sappiamo bene, quelli della contrapposizione e della polarizzazione, del "si' o no". Per uscire da questa stretta (tu, Ida, hai parlato di una tenaglia) si puo' e di deve uscirne fin da ora anche con il linguaggio e le vedute. Non sono quattro si' dati a cuor leggero. Ho con me un testo (che proporro' di pubblicare nel sito) di una donna che e' qui presente, Ida Fare', la quale addirittura e' orientata all'astensione. Spero che cambi idea, perche' su questo non sono d'accordo... Oggi dicevo a Radio Popolare che sono fiera di mia sorella, che e' cattolica, che ha detto "votero' no, ma vado a votare"; so che per lei ha contato la posizione di Rosy Bindi, perche' vede che e' una donna coerente sul tema della difesa del tema della salute, e della salute pubblica. Sono d'accordo con voi che la legge e' tecnicamente molto difettosa, ma oltre a questo e' andata definendosi simbolicamente sia in maniera feticista, sia nel senso che ha rozzamente cercato di interpretare un sentire nei confronti della procreazione assistita che non veniva portato avanti nella cultura femminista. Una cultura che e' stata di diffidenza nei confronti dei limiti della scienza, ma che pero' era anche reticente, e sappiamo il perche': non e' che siamo state reticenti per ragioni di pigrizia, gli scritti ci sono, io ne ho trovati tanti riguardando il mio archivio... La reticenza riguardava questo desiderio esasperato di maternita', che forse occulta un problema di fecondita' maschile... ma a noi fa poco gioco smascherare il complesso maschile. I giornali, i medici lo dicono, la sterilita' maschile e' in grande aumento, per motivi di stress, di inquinamento, forse anche di desiderio, che ne sappiamo... Queste procedure della scienza, degli scienziati e del mercato che ci sta dietro, che sono degli sconfinamenti anche impropri, come voi dite, sono anche arrivati a scoprire, con le ricerche di manipolazione sugli embrioni, come determinare il sesso dei nascituri. E' una scoperta sciagurata, che non bisognava fare... pero' si e' fatta, ed e' temuta come una bomba demografica, perche' potrebbe squilibrare l'equilibrio che la natura (la natura, sottolineo) possiede: quella di far nascere fifty/fifty maschi e femmine (un po' piu' di maschi, veramente, perche' sono un po' piu' gracili, all'inizio della vita). Questo equilibrio la scienza l'ha gia' squilibrato, ed e' qualcosa che incombe sulla cultura umana. Davanti a queste cose, a queste ansie, paure, la cultura di sinistra e' stata povera. A cio' si e' sommato in modo imprevisto l'uso della religione: ma, diavolo, la politica e' politica! Sarebbe bello che l'avversario non approfittasse delle occasioni che ha... Ma sappiamo che nel momento in cui Bush ha vinto la rielezione con l'aiuto delle sette e delle credenze religiose (anche di quelle oneste) che si sono mobilitate per farlo vincere, qualcuno ha avuto anche da noi l'idea che si poteva fare. La politica e' questo: non si puo' adesso appellarsi alla separazione tra la cultura laica e quella religiosa. Nella testa della gente la cultura non e' separata, nella testa della gente c'e' tutto. E non saremo noi donne, o noi femministe, noi del pensiero della differenza, che invochiamo delle separazioni. Gia' abbiamo detto che non accettiamo la separazione pubblico/privato, e non accettiamo neanche che qua ci stia questo, di la' quello... Il pensiero femminile, per quello che conosco io nel XX secolo, ha continuato a lavorare per abbattere le separazioni. C'e' chi e' zompato sull'opportunita' di cui dicevo, e allora bisogna combattere, non a colpi di referendum, ma col pensiero, le mediazioni, le riflessioni in prima persona, e anche colmando delle terribili lacune di ignoranza da parte della cultura di sinistra circa la civilta' cristiana, che sono venti secoli di cultura... Ho detto le cose su cui sono piu' critica per favorire la discussione, perche' in verita' ci sono delle cose profonde e importanti su cui siamo d'accordo: noi sappiamo che ci orientiamo (come gia' e' stato con il tema dell'aborto) dicendo che la vita umana e' vita desiderata e accettata in primis da una donna, e poi da colui che vuole stare al suo fianco e di cui lei dice "e' lui il padre di questa creatura che mettero' al mondo". Gia' questo io lo considero inutile, aberrante: la tendenza maschile di voler mettere al posto del corpo vivo di una donna e della relazione viva di un uomo e una donna, della loro reciproca fiducia e del loro amore, la biologia. La prova di paternita' e quelle cose li' vanno gia' ampiamente in questa direzione: la paternita' non e' mai stata legata a una faccenda di sperma, e' invece sempre stata (e si e' sempre vantata di esserlo) qualcosa che si istituisce simbolicamente. Non accettiamo le istituzioni simboliche del patriarcato, ma accettiamo invece una relazione amorosa e di fiducia tra un uomo e una donna che progettano di mettere al mondo un bambino. Questo punto ci accomuna, e fa si' che qualche volta siamo guardate un po' male, come un po' eretiche, da un certo femminismo che guarda con favore a una tecnologia che distruggerebbe questa eredita' di cultura di uomini, donne e bambini, per metterci a disposizione altre possibilita'. Anche quella e' una battaglia che dobbiamo, dovremo fare. Ma la battaglia che ci tocca fare adesso io la vedo cosi': che ci sia un "dopo" di questi referendum. Che questo "dopo" ci veda, con autorita', ad esporre il pensiero che noi abbiamo guadagnato con la pratica politica delle donne. E che ci veda anche capaci di ascoltare quelle donne che sono state silenziose, e il cui silenzio noi abbiamo rispettato, qualche volta anche mettendoci a disagio. * Ida Dominijanni Mi ero dimenticata una cosa, e invece e' molto importante: questo e' un libro in cui si vede molto l'impronta mia e di Stefania, ma non e' (come avrebbe potuto essere) un libro totalmente autonomo e libero dal contesto politico in cui questo referendum e' maturato. E' una mediazione, secondo me una buona mediazione, che io valuto non solo rispetto al prodotto, ma anche rispetto alle persone che l'hanno fatta. Per questo prima dicevo che per me e' stata un'esperienza importante, perche' credo che io e Stefania abbiamo contaminato con un punto di vista, chiamiamolo della differenza, alcune colleghe che mai si sarebbero fatte toccare, se non fosse accaduto attraverso questa vicenda, la vicenda di questa legge. Sui quattro si' dati con troppa tranquillita' di cui parla Luisa, io capisco perfettamente cosa vuole dire, pero' non sono molto d'accordo. Provo a spiegare perche': se si accetta il piano di discussione che sta passando (e cioe' che e' tutto in ballo, in questa legge: il rapporto tra natura e artificio, il rapporto con la scienza, eccetera), allora si', i quattro si' paiono dati con troppa tranquillita'. Io pero' penso che i quattro si' sono quattro si' sulla norma, sulla legge. Non e' un aspetto secondario quello della qualita' della legiferazione che e' passato attraverso questa legge, della qualita' pessima di una legge troppo invadente: il contrario esatto di quello che in questa sede si e' sempre detto sul diritto, sul passo indietro che il diritto deve fare rispetto al corpo, sul fatto che non si puo' normare sulla sessualita', eccetera. Allora i miei quattro si' sono tranquilli rispetto a questo. Secondo me questa legge va tolta di mezzo, per poi riaprire un discorso piu' libero e anche piu' marcato dalla nostra cultura femminista di quanto non abbiamo fatto finora. Pero' su questo io rispetto le posizioni come quella di Ida Fare', che anche a Roma sono state poste (per esempio da una nostra ex collega del giornale, Paola Tavella), in un incontro di donne che abbiamo avuto al Buon Pastore. Anche lei non va a votare. Rispetto i dubbi di Gloria, che non conosco, ma che mi posso immaginare. Pero' anch'io ho una sottolineatura da fare su questo: chi ha dovuto lavorare su questa legge si e' sentita molto sola, su questo, negli anni passati. Non sola rispetto al dibattito cosi' come veniva impostato, ma proprio rispetto alla provenienza delle amiche, delle amiche della differenza. Io so perfettamente che quando mi prendo la responsabilita' politica di indicare quattro si' la mia parola pesa. So che puo' apparire un "taglio" troppo facile, ma non lo e': c'e' dietro un lavoro, uno scavo... per me e' un'istanza fortissima quella di dire no a quel tipo di legiferazione, di diritto. Sara' che ho seguito la vicenda parlamentare, ed e' stata un'esperienza veramente molto allarmante. Io non voglio una legge cosi' su niente, non solo sulla procreazione medicalmente assistita. E quindi da questo punto di vista mi sento tranquilla. Dopo di che, pero', penso che il discorso si deve riaprire. Vorrei pero' anche che le compagne che sentono il rischio di un appiattimento della nostra posizione sulle ragioni del si', si chiedessero perche' per otto anni hanno taciuto. Questo silenzio, per me e Stefania, e' stato molto pesante, non ci ha aiutate. Avremmo potuto avere maggiore forza da una maggiore presa di parola, e avremmo anche potuto spingerci di piu' sulla radicalita' della nostra posizione. * Stefania Giorgi Naturalmente mi colpisce l'osservazione di Luisa sui quattro si' dati con troppa apparente tranquillita'. Per quel che mi riguarda, cogli nel segno nel senso che io mi sono occupata e appassionata di questa vicenda anche da un punto di vista professionale, e non solo. Pero' c'e' sempre stato, e continua ad esserci, un problema che mi fa ostacolo, nel senso che ho sempre pensato che io, per me, non avrei mai scelto, percorso quella strada: cioe' che non avrei mai fatto ricorso alla tecnologia riproduttiva, se non fossi riuscita a diventare madre per via "naturale". E non e' un discorso tanto astratto, perche' a un certo punto della mia vita ho avuto un problema, che e' stato temporaneo, ma che in quel momento mi ha portato a riflettere tra me e me, a concentrarmi su di me, e a dire "no, non lo voglio fare", per una serie di motivi, compreso anche il fatto che e' proprio della cultura femminista in senso ampio, profondo del termine, il non volermi consegnare nelle mani di una scienza medica molto maschile. Noi abbiamo lottato per un altro tipo di parto, per gestire il corpo in un altro modo, e non e' che queste cose poi sono state cancellate... Molte donne che parlano con me si astengono su queste posizioni, sulla base delle riflessioni che sono state fatte, da Cernobyl in poi, dall'idea dello "stop alla scienza", del fermarsi e riflettere, del non andar oltre, del pensare che non tutto quello che e' possibile si deve fare. Il silenzio di cui parla Ida certo ha pesato, forse sarebbe andata in modo diverso, certo avremmo potuto aprire prima il fronte. C'e' da parte nostra come una reticenza ad alzare il tiro. Eppure c'e' anche tutto questo discorso dell'attacco alla 194... io non ho il feticcio della 194, pero' sarei per alzare il tiro. All'epoca della 194 ero nell'Udi, avevo delle posizioni diverse da quelle che ho adesso. Oggi mi fa problema che sull'interruzione volontaria della gravidanza sia lo Stato a decidere come, quando e perche'. Guardate che la 194 e' una legge restrittivissima, non e' una legge aperta e libertaria. Su di noi si sta giocando una partita altissima, ed e' importante rigettare al mittente la legge 40, perche' la posta in gioco e' questa. La bussola che e' mancata alla sinistra nel nostro paese in questo momento, e' quella del primato femminile sulla procreazione. Noi abbiamo la vera cultura della vita, non monsignor Sgreccia. Io venti secoli di cultura cristiana la rispetto, tu Luisa su questo scrivi spesso anche su mia sollecitazione sul giornale... pero' la vera cultura della vita e' nelle nostre mani. Io su questo sento che c'e' molta reticenza ad alzare il tiro, ed anche a dire che e' un problema che ci sia un maschile cosi' depotenziato, e nello stesso tempo, ovviamente, cosi' aggressivo, in primo luogo nei nostri confronti. Che c'e' un'aggressivita', se non proprio un odio, nei nostri confronti, nei confronti del nostro corpo, delle nostre potenzialita', del nostro essere maestre di vita. Che si metta al mondo un figlio oppure no, non fa differenza: nei confronti della potenzialita' generativa del nostro corpo ci sono un odio, un'invidia, evidentissimi. Io non voglio dare la spallata finale a questi poveri uomini, che adesso hanno anche questo problema dell'infertilita', e cosi' sono proprio finiti nel nulla, ma... Tornando alla questione dell'aborto, penso che sia una ferita cosi' aperta per la cultura cattolica-romana, piu' che cristiana, che e' un po' come il Vietnam per gli Stati Uniti... qualcosa che sta sempre li', e dici "prima o poi riprendiamo in mano tutto e gliela facciamo pagare, anche a distanza di trent'anni...". * Giulia Ghilardini Reagisco d'impulso a quello che ha detto Stefania. Io non ho ragionato molto su questo tema, pero' non sono d'accordo con quello che hai detto, che la procreazione e la vera cultura della vita e', e deve essere, nelle nostre mani. Penso che potrebbe, dovrebbe, e desidererei che fosse anche nelle nostre mani. Prima dell'83, prima del pensiero della differenza, io ho avuto come confronto, neanche intenso, solo quello che veniva detto, portato, reclamizzato, e anche discusso, dalla Chiesa cattolica: sia quando vi ho partecipato, fino ai 16 anni circa, sia dopo. Oggi mi arrivano mail da un centro di preghiera di Milano, che si e' costruito intorno alla questione della guerra, e da un altro circolo - la Rosa Bianca -: in questi giorni hanno fatto circolare degli scritti che mi sembrano un riferimento per poter dire che la cultura della vita non e' solo nelle nostre mani. Anche loro, che fanno parte della cultura cattolica, ponevano la questione della procreazione medicalmente assistita abbastanza criticamente, facendomi pensare che ci possono essere punti di confronto. * Lia Cigarini Sono d'accordo con Ida Dominijanni sui quattro si' dati con tranquillita' perche' e' una pessima legge. Siccome il referendum e' fatto su questa legge, non c'e' dubbio sui quattro si' tranquilli. Che il sistema referendario sia assolutamente manchevole non toglie che ci sia un si' o un no su una legge, che e' pessima: invece di dare delle regole sulle questioni igienico-sanitarie e organizzative, moraleggia a man bassa, facendo affermazioni incredibili. Anche se nessuno pensa che il referendum sia uno strumento adatto, arrivati a questo punto non lo e' neanche il parlamento; e non lo e' stato non solo con questo governo, ma anche col precedente (e' Marida Bolognesi che ha messo mano alla questione). Allora la legge la togli di mezzo... Sarebbe stato meglio un referendum che la cassava tutta, ma non e' stato possibile: non ricordo bene le argomentazioni della Corte, ma si diceva che bisognava tenere in piedi qualcosa. Sulla questione del desiderio femminile: non avendo fatto figli, io sono stata sempre impressionata da questo accanimento delle donne a voler esser madri. Ho una segretaria che per dieci anni non ha fatto figli, e mentre io ero tutta contenta pensando che fosse una scelta, ho scoperto all'improvviso che erano dieci anni che ci tentava in tutti i modi. E' una persona estremamente equilibrata, che semplicemente voleva essere madre. Ci sono anche gli eccessi, pero' chiederei a quelle che portano delle argomentazioni anti-scientifiche, o che sono critiche su questo eccesso femminile: quale criterio abbiamo, se non il desiderio femminile? Poi possiamo criticare, ma non posso sopportare che lo critichino alcuni... A quelle che non vanno a votare, vorrei dire che se questa legge rimane la discussione e' chiusa. Quelle che vogliono continuare a discutere devono votare, perche' la continuita' della discussione e' affidata a questo referendum. Per continuare a parlare di queste questioni, anche dell'invadenza della scienza (che nessuno peraltro ha mai fermato), e' necessario votare. Se pensiamo che le donne siano pazze, che non ci sia mediazione possibile, non abbiamo piu' nessun criterio. Si puo' cercare un confronto, fare autocoscienza su questo desiderio o accanimento, ma non si puo' liquidare la questione dicendo che sono eccessive. Senza seguire il desiderio femminile non c'e' politica delle donne, non c'e' il simbolico delle donne. * Rosaria Guacci Sembra curioso che chi piu' vuole votare si' al referendum siano le donne che non hanno voluto e fatto figli... e' singolare che siamo proprio noi ad essere sicure che questa e' la cosa da fare oggi. Se il referendum perde, non ci sara' modo di fare gli approfondimenti giusti e necessari, diventeranno sofismi... e' una responsabilita' pesante. * Maria Benvenuti Ho cominciato ad interrogarmi perche' avevo sei amiche che sono passate dal desiderio di avere un figlio e non ci sono riuscite. Ho ascoltato il loro desiderio, ho sentito la loro sofferenza... Io sono stata fortunata, ho avuto due gemelle subito. Non trovo risonanza in uno dei vostri argomenti-chiave, quello della separazione tra la madre e l'embrione: non trovo che sia stata la legge 40 a crearla, sono state le tecniche di procreazione medicalmente assistita. Uno degli argomenti che ritorna nel dibattito, perche' e' un argomento potente, e' quello secondo cui non c'e' vita se non c'e' accettazione del corpo materno. Io l'ho conosciuto solo qualche mese fa, quando sono arrivata qui, alla Libreria delle donne, e capisco benissimo, pensando all'aborto, che se un essere e' nel corpo di una donna e' lei che deve avere l'ultima parola, che deve accettarlo. In questo caso, viceversa, se questo essere e' fuori non si capisce perche' bisogna crearlo e poi distruggerlo. Bisogna interrogarsi anche sui contenuti a livello "alto", la legge e' fatta male dal punto di vista della tecnica legislativa, ma ci sono anche elementi di sostanza che non si possono eliminare... Uno di questi snodi, su cui confrontarsi, e anche dividersi, e' quello del congelamento degli embrioni: con i limiti posti dalla legge, la ricaduta negativa e' che c'e' una riduzione delle possibilita' di successo e che la donna deve sottoporsi ad un nuovo ciclo di stimolazione, ma ce n'e' anche una positiva riguardo alla salute della donna, perche' la stimolazione ovarica e' piu' soft. Un altro tema su cui interrogarsi e' perche' si arriva a fare figli cosi' tardi. Credo che dipenda da motivi legati sia al lavoro, sia al welfare, e la situazione andra' peggiorando (sempre maggiore forme di flessibilita' all'ingresso nel lavoro, riduzione del welfare). Altri punti critici sulla legge, secondo me, sono invece la diagnosi pre-impianto nel caso dei portatori di malattie gravi e l'eterologa (ho dei dubbi sul divieto assoluto). Su quest'ultima pero' mi piacerebbe che ci fosse anche un dibattito pacato sull'anonimato, sul fatto che sia giusto o no consentire che il bambino conosca il donatore/la donatrice, che e' un punto che mi preme. * Emanuela Mariotto Quando e' partita la campagna per il referendum ero abbastanza sicura di votare quattro si'. Poi ho cominciato a riflettere e mi sono resa conto che quei quattro si' erano molto piu' problematici di quel che credevo. Mi sono interrogata, ho cercato di trovare dentro di me un criterio, un orientamento che mi guidasse. Sicuramente andro' a votare, pero' non sono ancora certa sul voto. Sto riflettendo, lavorando su due cose che per me valgono, e che potrebbero essere discusse: - innanzitutto, un figlio per me e' sempre figlio di un rapporto d'amore con un uomo. Non esiste l'idea che un figlio possa essere qualcosa di diverso; - l'essere umano nasce e cresce nel corpo di una donna, quindi e' essere umano fin dall'inizio nel corpo della madre. Il fatto che l'embrione sia stato portato fuori dalla scienza, dalle bio-tecnologie, e' un fatto molto forte su cui io mi sto interrogando e che mi pare crei disordine. Per me il principio d'ordine e' che la vita nasce e cresce nel corpo di una donna. Cercando di orientarmi in base a questi due elementi, sono piu' sicura sul votare no all'eterologa, perche' per quanto possa comprendere il desiderio di una donna di avere comunque un figlio, non riesco ad accettare, a capire fino in fondo che non sia fatto attraverso una relazione d'amore... Per me e' un punto di domanda grosso, e vorrei che le donne che vivono questa situazione la spiegassero. Ho parlato con donne che hanno tentato la fecondazione assistita, una in particolare mi ha raccontato un'esperienza che mi fa pensare: c'era il desiderio di fare un figlio con suo marito, e lei ha tentato solo con le tecniche che operavano sul suo corpo. Nel momento in cui doveva fare il salto alla fecondazione in vitro si e' fermata, ha scelto di non farlo. * Laura Lepetit Andro' a votare si' perche' voglio che questa legge venga scardinata, svuotata, resa praticamente nulla, almeno per quel che e' possibile... Lo faro' pur essendo contraria alla manipolazione del corpo femminile in questo modo. Il vostro libro, che ho appena sfogliato, mi ha dato anche altri dati importanti: ho scoperto che la riuscita di queste tecniche e' minima (18-20% massimo), che ci sono 30.000 donne che si sono sottoposte a questi pesantissimi bombardamenti di cui non sappiamo gli effetti... tutti ci dicono che i bambini nati cosi' stanno benissimo, ma nessuno ci parla delle madri, degli scompensi o delle malattie a cui vanno incontro col tempo. Penso che una donna non debba essere cosi' preda di qualsiasi innovazione scientifica, specie se cosi' pesante. Personalmente voterei no, ma voto si' perche' politicamente penso che si debba combattere questa legiferazione, soprattutto perche' contiene la minaccia che l'embrione diventi piu' importante della donna, piu' importante di tutto, e se questo passa portera' a delle orribili recrudescenze. Rispetto all'eterologa, credo bisognerebbe spostare l'attenzione su altri parametri. L'eterologa e' un po' come l'adozione, anche un bambino adottivo non sai da dove viene; l'importante e' che qualsiasi bambino ha diritto di essere amato, cresciuto. Adesso siamo pressate da questa scadenza, ma dopo farei degli spostamenti d'attenzione su altre problematiche, che oggi non sono considerate. Anche la perdita di potenza, efficacia degli spermatozoi a me sembra questione su cui riflettere: forse vuol dire che la natura ha capito che questo mondo, cosi' come l'abbiamo fatto, non e' adatto ad avere tanti bambini... Sono tutte questioni che "spostano" il discorso da questa strettissima forbice del si' e del no a problematiche che pero' vengono accantonate. Il libro ci dice che ci sono 5.000 bambini che nascono con la procreazione medicalmente assistita (su 30.000 donne bombardate), e 6-7.000 adottati: il desiderio di adozione e' altrettanto forte, e andrebbe aiutato semplificandola, rendendola piu' accessibile... Questi spostamenti d'interesse andrebbero assolutamente fatti, dopo il referendum, in modo da non restare chiusi dentro a una minima liberta' che produce pochissimo. * Antonella Nappi Io continuo a non avere le idee chiare. Sono andata a firmare per il referendum sollecitata da Maria Grazia Campari, ma mi sono chiesta, allora e oggi, perche' mai dovevamo fare questa lotta con i referendum, quando tutte le questioni rimangono in piedi comunque. Il desiderio di maternita' io lo valuto moltissimo - non avendo fatto figli - anche se detesto questa connivenza tra il desiderio di onnipotenza delle persone e la scienza, la tecnologia, perche' l'assenza di limiti promessa dalla tecnologia e desiderata dalle persone e' la cosa piu' pericolosa che ci sia, un abbinamento sul quale si deve fare politica. Al primo quesito vorrei votare no: permettere all'embrione di passare nelle mani dei ricercatori e della scienza perche' ne facciano quello che vogliono per me e' una cosa insopportabile. Questo essere tra gli innestatori di specie e i matricidi e' una situazione mostruosa che va affrontata, analizzata, rispetto ai danni e benefici dello sviluppo della tecnologia, di quello che chiamano il progresso economico. E' una campagna di educazione importante. Che l'embrione sia o quel soggetto piu' importante delle donne, o quel niente che possiamo sfruttare per ogni desiderio di cura e di ricambio d'organo, mi fa propendere per il no. * Stefania Giannotti Vorrei rispondere ad alcune delle cose che sono state dette. All'idea che il figlio sia il prodotto dell'amore con un uomo, io rispondo che il figlio e' il prodotto dell'amore con la madre, e rimaniamo qua: o andiamo avanti a parlarne, o le due frasi non hanno senso... Vorrei tranquillizzare Rosaria dicendole che non e' vero, in base alla mia esperienza, che le donne che non hanno avuto figli sono piu' sensibili all'argomento. Oggi ho fatto in tempo a leggere tre pagine del libro, e mi sono fermata alla prima frase, che mi sembrava un po' troppo garibaldina: mi ha talmente irritata che sono andata avanti e mi sono messa a leggere la parte di Ida Dominijanni. Io questa legge non l'avrei voluta, e quando l'ho vista non l'avrei voluta cosi'. Ida dice: "avrei voluto un referendum che l'abrogasse completamente", e io anche; dice: "visto che una legge ci deve essere (e anche questo lo sottoscrivo) dovendola fare avrei voluto una legge che registrasse la situazione che c'e'". Ci sono delle forzature in questo discorso, perche' non e' cosi' semplice, con una legge, registrare e basta. Pero' c'e' una situazione sociale e c'e' un desiderio femminile che si esprime, e una legge, se viene fatta, deve dire questo. Senza dimenticare che chi la fa, e tutti gli uomini in generale, un passettino indietro dovrebbero farlo. Rispetto alla maternita' e al desiderio femminile non c'e' dubbio che uomini, parlamento, leggi, giuristi, scienziati etc. questo passo indietro dovrebbero farlo. Io votero' si' a cuor leggero a tre quesiti. Ho qualche dubbio sulla questione della ricerca scientifica: non per rispetto per l'embrione, ma per l'impressione che quel si' rafforzi la legge e la possibilita' di legiferare su questa materia. Sono convintissima come Lia che la ricerca scientifica andra' avanti lo stesso, ma io non mi sento di premiare questa cosa. Non se se quel si' significhi rafforzare qualcosa che e' fuori da me, dal mio desiderio, dal sentire comune che ho percepito. * Ida Fare' Parto da lontano: sono nata alla politica, essendo laureata in biologia, con la lotta per la salute, con la questione operaia dentro le fabbriche. Il primo articolo che ho scritto per il "Manifesto" era su Seveso e la diossina. Poi c'e' stata la medicina delle donne, ci sono state tutta una serie di prese di coscienza che facevano parte di quel che allora si chiamava "essere contro la medicina del capitale", cioe' una messa in discussione profonda di tecniche e pratiche che fino ad allora venivano date per scontate. Penso a Maccacaro, alla vicenda di Medicina Democratica, di Psichiatria Democratica: una stagione molto interessante, che ha messo in discussione certi principi e ne ha presi a riferimento altri. Del referendum mi importa poco. Quello che invece mi turba in tutta questa vicenda e' la mancanza di riflessione (ad esempio da parte del partito a cui sono piu' vicina, i Ds), di messa in discussione di questo tipo di scienza, di tecnica, che entra nel corpo delle donne, che ti fa fare un figlio, che ti prende la morula... E' l'idea della medicina come progresso, come dice Veronesi che secondo me si e' venduto l'anima al diavolo, perche' dieci anni fa parlava in modo molto diverso; oggi deve aver avuto suoi interessi, economici e politici, che l'hanno portato da un'altra parte. Una volta parlava contro i surgelati, e invece adesso va bene tutto... Anche sul desiderio femminile mi viene da dire: calma! Rispetto alla scienza, a quello che viene chiamato progresso, in passato noi donne abbiamo fatto molto. La medicina delle donne ha cercato tecniche rispettose del loro corpo (ad esempio nel caso dell'aborto, la tecnica dell'aspirazione l'hanno inventata le donne), ha richiamato all'attenzione, alla prudenza. Invece oggi vedo donne che si gettano nelle mani di queste tecnologie, che si fanno fare scariche ormonali di cui non conosciamo gli effetti... Il mio e' un invito ad essere prudenti, attente a tutto quello che stanno facendo sui nostri corpi. Cosa diciamo di questa tendenza a modificare tutti i processi naturali (anche la menopausa, la vecchiaia), di questo dominio tecnologico del nostro corpo? A me personalmente di questa legge non importa niente, ma mi domando cosa implica per le giovani generazioni essere gettate in una condizione in cui la tecnologia domina tutte le fasi naturali della vita. Saranno le giovani a porsi questa domanda, ma anche noi donne non piu' giovani possiamo porgliela, perche' siamo le loro madri. (Parte prima - Segue) 3. RIVISTE. CON "QUALEVITA", ALL'ASCOLTO DI ETTA RAGUSA Abbonarsi a "Qualevita" e' un modo per sostenere la nonviolenza. All'ascolto di Etta Ragusa. * "Anche dopo la ferocia della guerra e' possibile riscoprire il valore della riconciliazione" (Etta Ragusa, in "Qualevita" n. 89, ottobre 1999). * "Qualevita" e' il bel bimestrale di riflessione e informazione nonviolenta che insieme ad "Azione nonviolenta", "Mosaico di pace", "Quaderni satyagraha" e poche altre riviste e' una delle voci piu' qualificate della nonviolenza nel nostro paese. Ma e' anche una casa editrice che pubblica libri appassionanti e utilissimi, e che ogni anno mette a disposizione con l'agenza-diario "Giorni nonviolenti" uno degli strumenti di lavoro migliori di cui disponiamo. Abbonarsi a "Qualevita", regalare a una persona amica un abbonamento a "Qualevita", e' un'azione buona e feconda. Per informazioni e contatti: Edizioni Qualevita, via Michelangelo 2, 67030 Torre dei Nolfi (Aq), tel. 3495843946, o anche 0864460006, o ancora 086446448; e-mail: sudest at iol.it o anche qualevita3 at tele2.it; sito: www.peacelink.it/users/qualevita Per abbonamenti alla rivista bimestrale "Qualevita": abbonamento annuo: euro 13, da versare sul ccp 10750677, intestato a "Qualevita", via Michelangelo 2, 67030 Torre dei Nolfi (Aq), specificando nella causale "abbonamento a 'Qualevita'". 4. LETTURE. MOHANDAS K. GANDHI: UNA GUERRA SENZA VIOLENZA Mohandas K. Gandhi, Una guerra senza violenza. La nascita della nonviolenza moderna, Libreria editrice fiorentina, Firenze 2005, pp. XVIII + 308, euro 16. Prima traduzione italiana del primo (e decisivo) libro di Gandhi: Satyagraha in South Africa. Infelice la scelta del titolo italiano. Con una presentazione di Rocco Altieri, direttore di "Quaderni satyagraha", l'eccellente rivista che ha promosso questa pubblicazione. Per contattare la casa editrice: Libreria editrice fiorentina, via Giambologna 5, 50132 Firenze, tel. 055579921, e-mail: editrice at lef.firenze.it, sito: www.lef.firenze.it; per contattare i "Quaderni satyagraha", c/o Centro Gandhi, via Santa Cecilia 30, 56127 Pisa, tel. 050542573, e-mail: pdpace at interfree.it, sito: pdpace.interfree.it 5. RILETTURE. UMBERTO GALIMBERTI: IL CORPO Umberto Galimberti, Il corpo, Feltrinelli, Milano 1983, 2002, pp. 604, euro 15. Un libro ancora utilissimo. 6. RILETTURE. SILVIA VEGETTI FINZI: IL BAMBINO DELLA NOTTE Silvia Vegetti Finzi: Il bambino della notte. Divenire donna divenire madre, Mondadori, Milano 1990, 1998, pp. VI + 282, lire 15.000. Un volume straordinariamente affascinante. 7. RILETTURE. SILVIA VEGETTI FINZI, CON ANNA MARIA BATTISTIN: A PICCOLI PASSI Silvia Vegetti Finzi, con Anna Maria Battistin: A piccoli passi. La psicologia dei bambini dall'attesa ai cinque anni, Mondadori, Milano 1994, 2001, pp. VIII + 364, euro 8,26. Un dialogo che accompagna i genitori a divenire tali ed a crescere insieme con i loro bambini. 8. RILETTURE. SILVIA VEGETTI FINZI: VOLERE UN FIGLIO Silvia Vegetti Finzi: Volere un figlio. La nuova maternita' fra natura e scienza, Mondadori, Milano 1997, 1999, pp. VI + 306, lire 14.000. Una lettura necessaria. 9. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 10. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at inwind.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 960 del 13 giugno 2005 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione).
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