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La nonviolenza e' in cammino. 958
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 958
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Sat, 11 Jun 2005 02:00:49 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 958 dell'11 giugno 2005 Sommario di questo numero: 1. Silvia Vegetti Finzi: Nel dialogo 2. Giuliana Sgrena: Una parte di me 3. Giancarla Codrignani: Clementina e noi 4. Alberto Trevisan: Al fianco delle vittime della guerra 5. Sergio Paronetto: Tutta la vita, tutte le vite 6. Un appello al voto di donne e uomini gia' impegnati nelle Acli 7. Un appello di giuriste e giuristi per il si' al referendum 8. Giannozzo Pucci, Carlo Ripa di Meana: Un appello a non votare i referendum 9. Peppe Sini, Tomas Stockmann: Un appello a votare i referendum 10. Angela Dogliotti Marasso presenta "Dov'e' la vittoria" di Enrico Peyretti 11. Pubblicati gli atti del seminario di Palermo su "Liberta' di critica e di ricerca" 12. Con "Qualevita", la lezione di Andre' Tocme' 13. Riletture: Silvia Lagorio, Lella Ravasi, Silvia Vegetti Finzi, Se noi siamo la terra 14. Riletture: Eleonora Missana, L'etica nel pensiero contemporaneo 15. Riletture: Jacqueline Russ, L'etica contemporanea 16. La "Carta" del Movimento Nonviolento 17. Per saperne di piu' 1. MAESTRE. SILVIA VEGETTI FINZI: NEL DIALOGO [Da Silvia Vegetti Finzi, Volere un figlio. La nuova maternita' fra natura e scienza, Mondadori, Milano 1997, 1999, p. 245. "Silvia Vegetti Finzi e' nata a Brescia il 5 ottobre 1938. Laureatasi in pedagogia, si e' specializzata in psicologia clinica presso l'Istituto di psicologia dell'Universita' cattolica di Milano. All'inizio degli anni '70 ha partecipato a una vasta ricerca internazionale, progettata dalle Associazioni Iard e Van Leer, sulle cause del disadattamento scolastico. Inoltre ha lavorato come psicoterapeuta dell'infanzia e della famiglia nelle istituzioni pubbliche. Dal 1975 e' entrata a far parte del Dipartimento di Filosofia dell'Universita' di Pavia ove attualmente insegna psicologia dinamica. Dagli anni '80 partecipa al movimento femminista, collaborando con la "Universita' delle donne Virginia Woolf" di Roma e con il Centro documentazione donne di Firenze. Nel 1990 e' tra i fondatori della Consulta (laica) di bioetica. Dal 1986 e' pubblicista del "Corriere della Sera" e successivamente anche di "Io donna" e di "Insieme". Fa parte del comitato scientifico delle riviste: "Bio-logica", "Adultita'", "Imago ricercae", nonche' dell'Istituto Gramsci di Roma, della "Casa della cultura" di Milano, della "Libera universita' dell'autobiografia" di Anghiari. E' membro dell'Osservatorio nazionale per l'infanzia e l'adolescenza, della Societa' italiana di psicologia; della Societe' internationale d'histoire de la psychoanalyse. Nel 1998 ha ricevuto, per i suoi scritti di psicoanalisi, il premio nazionale "Cesare Musatti", e per quelli di bioetica il premio nazionale "Giuseppina Teodori". Sposata con lo storico della filosofia antica Mario Vegetti, ha due figli adulti, Valentina e Matteo" (questa notizia biografica abbiamo estratto dal sito dell'Enciclopedia multimediale delle scienze filosofiche: www.emsf.rai.it). Opere di Silvia Vegetti Finzi: (a cura di), Il bambino nella psicoanalisi, Zanichelli, Bologna 1976; (con L. Bellomo), Bambini a tempo pieno, Il Mulino, Bologna 1978; (con altri), Verso il luogo delle origini, La Tartaruga, Milano 1982; Storia della psicoanalisi, Mondadori, Milano 1986; La ricerca delle donne (1987); Bioetica, 1989; Il bambino della notte. Divenire donna, divenire madre, Mondadori, Milano 1990; (a cura di), Psicoanalisi al femminile, Laterza, Roma-Bari 1992; Il romanzo della famiglia. Passioni e ragioni del vivere insieme, Mondadori, Milano 1992; (con altri), Questioni di Bioetica, Laterza, Roma-Bari 1993; (con Anna Maria Battistin), A piccoli passi. La psicologia dei bambini dall'attesa ai cinque anni, Mondadori, Milano 1994; Freud e la nascita della psicoanalisi, 1994; (con Marina Catenazzi), Psicoanalisi ed educazione sessuale, Laterza, Roma-Bari 1995; (con altri), Psicoanalisi ed identita' di genere, Laterza, Roma-Bari 1995; (con Anna Maria Battistin), I bambini sono cambiati. La psicologia dei bambini dai cinque ai dieci anni, Mondadori, Milano 1996; (con Silvia Lagorio, Lella Ravasi), Se noi siamo la terra. Identita' femminile e negazione della maternita', Il Saggiatore, Milano 1996; (con altri), Il respiro delle donne, Il Saggiatore, Milano 1996; Volere un figlio. La nuova maternita' fra natura e scienza, Mondadori, Milano 1997; (con altri), Storia delle passioni, Laterza, Roma-Bari 1997; Il fantasma del patriarcato, 1997; (con altri), Fedi e violenze, Rosenberg & Sellier, 1997; (con Anna Maria Battistin), L'eta' incerta. I nuovi adolescenti, Mondadori, Milano, 2000. Collabora inoltre con le riviste filosofiche: "Aut Aut" e "Iride". Molti suoi scritti sono stati tradotti in francese, inglese, tedesco e spagnolo] I luoghi di riflessione e di confronto non mancano, e' piuttosto la fiducia nel dialogo che fa difetto alla nostra societa'. 2. EDITORIALE. GIULIANA SGRENA: UNA PARTE DI ME [Dal quotidiano "Il manifesto" del 10 giugno 2005. Giuliana Sgrena, giornalista, intellettuale e militante femminista e pacifista tra le piu' prestigiose, e' tra le maggiori conoscitrici italiane dei paesi e delle culture arabe e islamiche; autrice di vari testi di grande importanza, e' stata inviata del "Manifesto" a Baghdad, sotto le bombe, durante la fase piu' ferocemente stragista della guerra tuttora in corso. A Baghdad e' stata rapita il 4 febbraio 2005; e' stata liberata il 4 marzo, sopravvivendo anche alla sparatoria contro l'auto dei servizi italiana in cui viaggiava ormai liberata, sparatoria in cui e' stato ucciso il suo liberatore Nicola Calipari. Opere di Giuliana Sgrena: (a cura di), La schiavitu' del velo, Manifestolibri, Roma 1995, 1999; Kahina contro i califfi, Datanews, Roma 1997; Alla scuola dei taleban, Manifestolibri, Roma 2002; Il fronte Iraq, Manifestolibri, Roma 2004. Clementina Cantoni, volontaria dell'associazione umanitaria "Care international", impegnata in Afghanistan nella solidarieta' con le donne, rapita a Kabul lo scorso mese, e' stata liberata il 9 giugno] Una sensazione di sollievo, di felicita' per la liberazione di Clementina Cantoni. Per chi ha sofferto la stessa sorte e' come sentirsi un po' piu' liberi, come se un'altra parte di te rimasta nascosta sia stata liberata, cosi' come ogni sequestro e' come se ci rimettesse le catene. Una liberazione che non ci deve fare dimenticare altri ostaggi, come Florence Aubenas e Hussein Hanoun, chiusi da oltre cinque mesi in una stanza buia. E la sempre dimenticata giornalista colombiana Ingrid Betancourt, rapita tre anni fa. Dopo giorni di angoscia, di notizie contraddittorie sulla liberazione imminente, finalmente la buona notizia. Clementina non e' ancora tornata a casa e gia' si riaccende la polemica sulla trattativa. La trattativa insieme alla mobilitazione hanno salvato Clementina, come avevano salvato me, e altri prima di me. E non si puo' che essere grati a chi si e' adoperato per la nostra liberazione. All'insegnamento di Nicola Calipari che della trattativa aveva fatto il suo lavoro. Il sequesto di Clementina, le difficolta' per la sua liberazione, hanno messo in luce solo parzialmente le piaghe che dilaniano l'Afghanistan e che non sono solo la delinquenza diffusa, la corruzione e le rivalita' tra le varie fazioni al governo. Che mettono a repentaglio tutti coloro che stanno facendo lavoro umanitario in quel paese. Eppure le ong che lavorano in Afghanistan come in Iraq ribadiscono il loro impegno perche' "non possiamo, non vogliamo e non dobbiamo rassegnarci al numero impressionante delle vittime, dei feriti, dei rapiti in Afghanistan, in Iraq e negli altri paesi a cui la quotidianita' ci ha abituati". Non ci si puo' abituare alla tragedia quotidiana di tante donne che con molto coraggio sono scese in piazza a Kabul per chiedere la liberazione di Clementina. Donne coperte dal burqa, che solo raramente riescono a liberarsene perche' le afghane sono ancora convinte che solo annullando il loro corpo sotto quel manto azzurro che fa loro vedere il mondo a quadretti possano avere garantita la sicurezza. Ma spesso non basta il burqa a risparmiarle dalla violenza, dai soprusi, fino alla lapidazione, come e' avvenuto recentemente per Amina a Badakhshan. L'Afghanistan e' uno stato islamico dove vige la sharia, ma e' anche un paese dove il potere reale e' in mano ai signori della guerra che mantengono le loro milizie armate grazie ai proventi della coltivazione del papavero da oppio. Il traffico dell'eroina e' tornato ad essere la principale attivita' del paese rappresentando l'80 per cento del Prodotto interno lordo. Il presidente Hamid Karzai e' ostaggio dei signori della guerra e della droga, oltre che degli americani. Il progetto delle Nazioni Unite, sul quale per la verita' Karzai aveva puntato, che prevedeva il disarmo delle varie milizie private armate, e' miseramente fallito e con esso la possibilita' di avere il controllo del paese e garantirne la sovranita'. Ora sarebbe necessario che anche in Italia si ricominciasse a discutere della presenza delle truppe italiane in Afghanistan come in Iraq. 3. EDITORIALE. GIANCARLA CODRIGNANI: CLEMENTINA E NOI [Ringraziamo Giancarla Codrignani (per contatti: giancodri at libero.it) per questo intervento. Giancarla Codrignani, presidente della Loc (Lega degli obiettori di coscienza al servizio militare), gia' parlamentare, saggista, impegnata nei movimenti di liberazione, di solidarieta' e per la pace, e' tra le figure piu' rappresentative della cultura e dell'impegno per la pace e la nonviolenza. Tra le opere di Giancarla Codrignani: L'odissea intorno ai telai, Thema, Bologna 1989; Amerindiana, Terra Nuova, Roma 1992; Ecuba e le altre, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1994] Leggiamo la vignetta di Vauro sul "Manifesto" del 10 giugno: due mamme affiancate, una che apre le braccia a Clementina, una che fa uscire dal suo burqa un solido mattarello diretta verso Timor Shah... Tutti oggi sono contenti ed elogiano una donna intrepida e con lei le afgane che ne hanno preteso pubblicamente la liberazione. Finito cosi'? Noi che ci accingevamo al digiuno ripieghiamo il capino sotto l'ala? Ero decisa ad associarmi alla proposta di Mao Valpiana per il valore simbolico che gli sentivo collegato: non tanto per Clementina, ma per i molti che si abituano a tutto, anche ai sequestri di gente che ci rappresenta nei luoghi in cui persone come noi, donne, uomini, bambini subiscono i disastri che il mondo "civile" non riesce ne' a prevenire ne' a tamponare. Gli specialisti delle ong e i giornalisti costituiscono la rappresentanza di un volontariato che tenta di rimediare con una presenza costruttiva alla diffidenza suggerita dai corpi armati e dagli affaristi. Qunati lo capiscono? Neppure la morte di Calipari e' valsa a tenere desta a lungo la coscienza collettiva e le buone intenzioni di chi e' andato in piazza due o tre volte: poche le iniziative di questi giorni, le piu' stimolate dalle istituzioni a loro volta tallonate dal richiamo della stampa. E cio' significa che digeriamo tutto: la guerra, le droghe, la delinquenza di cui ignoriamo le cause; nel silenzio acconsentiamo a che tutto continui, purche' nessuno scomodi il tran-tran personale ed egoistico di un quieto vivere che non e' destinato a durare se vince l'indifferenza. Si vota dietro seduzioni insensate, non si vota per suggestione indotta, i figli non hanno lavoro ma li manteniamo perche' abbiamo due soldi piu' di un tempo, mettiamo i nonni negli istituti, la tv ci informa e ci educa, frodiamo il fisco, paghiamo in nero chi lavora per noi... Adesso viene fuori qualcuno a dire che "chi va in cerca di guai se li deve tenere" e noi non dobbiamo pagare. Tutti padroncini, sudditi e per giunta poco umani. Sotto un burqa piu' fitto di quello delle donne afgane che sanno farsi visibili e agire politicamente per una straniera amica, mentre nel nostro occidente anche all'umanita' piu' materna e sensibile viene additato l'esempio competitivo e armato maschile. Pochi pensano che nemmeno noi siamo al riparo, se continuiamo cosi'. E intanto anche in Francia non sono piu' cosi' tanti a ricordare Florence che e' ancora prigioniera... 4. EDITORIALE. ALBERTO TREVISAN: AL FIANCO DELLE VITTIME DELLA GUERRA [Ringraziamo Alberto Trevisan (per contatti: trevisanalberto at libero.it) per questa riflessione che estraiamo da una piu' ampia lettera personale. Alberto Trevisan, obiettore di coscienza al servizo militare prima che la legge riconoscesse questo diritto e per questo tre volte incarcerato, impegnato nel Movimento Nonviolento, e' da sempre una delle figure di riferimento della nonviolenza in Italia. Tra le opere di Alberto Trevisan: Ho spezzato il mio fucile. Storia di un obiettore di coscienza, Edizioni Dehoniane, Bologna 2005] ... proprio mentre leggevo il tuo messaggio Clementina veniva liberata... Inutile dire che avrei aderito all'iniziativa del digiuno: anzi... il primo giorno in cui sara' caduto il silenzio mediatico... per onorare Clementina e altri volontari, oltre ai pacifisti caduti nelle varie guerre a cominciare da quella nei territori della ex Jugoslavia , faro il mio atto di digiuno. Il movimento pacifista da quando sono iniziate le guerre vicine e lontane purtroppo piange alcuni fratelli morti; il movimento nonviolento e per la pace rinunciando a inutili manifestazioni e scegliendo di essere a fianco delle vittime della guerra recandosi negli stessi luoghi degli orrori ha fatto un grande salto di qualita'. E' giusto quindi non dimenticare. I grandi media non titolano piu' i loro articoli con "Dov'erano i pacifisti?", perche' sanno che molti sono ancora nei luoghi di guerra, nei campi profughi, a recare aiuto alle vittime, per un incontro tra i popoli. 5. RIFLESSIONE. SERGIO PARONETTO: TUTTA LA VITA, TUTTE LE VITE [Ringraziamo Sergio Paronetto (per contatti: paxchristi_paronetto at yahoo.com) per averci messo a disposizione questa sua riflessione apparsa su un giornale locale. Sergio Paronetto insegna presso l'Istituto Tecnico "Luigi Einaudi" di Verona dove coordina alcune attivita' di educazione alla pace e ai diritti umani. Tra il 1971 e il 1973 e' in Ecuador a svolgere il servizio civile alternativo del militare con un gruppo di volontari di Cooperazione internazionale (Coopi). L'obiezione di coscienza al servizio militare gli viene suggerita dalla testimonianza di Primo Mazzolari, di Lorenzo Milani e di Martin Luther King. In Ecuador opera prima nella selva amazzonica presso gli indigeni shuar e poi sulla Cordigliera assieme al vescovo degli idios (quechua) Leonidas Proano con cui collabora in programmi di alfabetizzazione secondo il metodo del pedagogista Paulo Freire. Negli anni '80 e' consigliere comunale a Verona, agisce nel Comitato veronese per la pace e il disarmo e in gruppi promotori delle assemblee in Arena suscitate dall'Appello dei Beati i costruttori di pace. In esse incontra o reincontra Alessandro Zanotelli, Tonino Bello, Ernesto Balducci, David Maria Turoldo, Desmond Tutu, Rigoberta Menchu', Perez Esquivel, Beyers Naude' e tanti testimoni di pace. Negli anni '90 aderisce a Pax Christi (che aveva gia' conosciuto negli anni Sessanta) del cui Consiglio nazionale fa parte. E' membro del Gruppo per il pluralismo e il dialogo e, ultimamente, del Sinodo diocesano di Verona. Opere di Sergio Paronetto, La nonviolenza dei volti. Forza di liberazione, Editrice Monti, Saronno (Va) 2004] E' possibile un dialogo per difendere la vita sempre e ovunque? Nei due schieramenti contrapposti riguardanti la legge 40 avverto la tendenza ad esasperare i toni, a dividersi in buoni e cattivi. E' possibile un'argomentazione dialogica senza frasi ultimative, senza contrapposizioni manichee? E rifiutare il modo di porre il problema da parte di entrambi? Nessuno puo' pretendere di "possedere la verita'" soprattutto se essa viene identificata con la conservazione o il superamento di una legge (o di parti di essa) su un argomento straordinariamente complesso e delicato come quello della vita nascente. Vorrei esprimere il mio disagio, la mia scheda bianca, verso il modo con cui molte persone difendono le proprie posizioni. 1. Da un lato, tra gli astensionisti trovo difensori di guerre unilaterali o di scontri di civilta', poco attenti alle vite gia' nate, alle vittime civili e "innocenti" (che possono, quindi, essere sacrificate in nome di un preteso bene superiore). Al mondo ogni sei secondi muore un bambino per fame, ogni minuto muore una donna per parto mentre si spendono cifre spaventose per sviluppare il sistema della guerra. Invocare i "valori cristiani" in riferimento solo all'embrione e' incredibile e strumentale. Molti, poi, ragionano in termini di schieramento politico, anzi prefigurano una sorta di ambigua "religione civile" contro un presunto "secolarismo" o "edonismo" senza tener conto dei problemi esistenziali, degli itinerari personali, delle vicende intime di molte donne e di molte coppie. La scelta di organizzare l'astensione mi pare dettata da un forma di furbizia politica rivolta ad annettersi la pigrizia o l'indifferenza di molti. La sento piu' come una manovra tattica che come affermazione di un valore. Posso solo augurare che la vicenda referendaria diventi l'occasione per arrivare a una visione piu' ampia e completa del tema della vita, come e' presente, ad esempio, nella "Evangelium vitae" del 1995. I credenti, in particolare, non possono annunciare il messaggio cristiano della vita con processi alle intenzioni, con giudizi perentori, a volte con insulti, offrendo divieti e condanne. A mio parere, un credente puo' annunciare la bellezza della vita solo in modo globale e gioioso valorizzando il decisivo contributo femminile e favorendo un clima di fiducia e di serenita' (nel libro del Sinodo Diocesano ci sono affermazioni interessanti rivolte alle giovani coppie e alle famiglie). La liberta' di coscienza (per tutti sempre in formazione) e' un bene da rispettare curando cammini di crescita comune e di corresponsabilita' ecclesiale. Democrazia e' partecipazione. Liberta' e' assumersi il rischio della scelta. * 2. Dall'altro lato, tra i laicisti ("laico" per me e' un termine sempre positivo, intrinseco anche alla fede cristiana) molti ripetono antichi pregiudizi verso una religione cattolica sempre antimoderna, clericale, intollerante, contraria alla scienza e alle donne. Difendono un'idea di liberta' totale e puramente individualistica senza riferimenti etici o vincoli giuridici. Alcuni comunicano l'idea che tutto e' possibile, senza regole; che la tecno-scienza sia sempre usata per il bene dell'umanita', come se non esistesse la mercificazione anche della vita nascente, come se non operassero da tempo ditte e multinazionali rivolte alla produzione e alla manipolazione degli embrioni a fini di lucro o per allarmanti sperimentazioni, come se non valesse in questo campo il principio di prudenza. Esiste anche la versione bioetica del liberismo assoluto o del potere imperiale. Chi lotta contro le guerre o respinge il pensiero unico del neoliberismo o rifiuta gli organismi geneticamente modificati o vuole difendere gli esseri viventi e le biodiversita' non puo' sottovalutare líimpegno per la difesa anche della vita nascente, per la cura di tutta la vita, di ogni vita, sempre e ovunque, secondo un'etica della responsabilita'. Chi invoca la tolleranza, non puo' confonderla con l'appiattimento delle identita' o con una ragione utilitaria e tracotante, priva del senso del limite. * 3. La contesa semplifica e offusca anche l'informazione. Temo che la faziosita' colpisca sia gli uni che gli altri. Faccio solo l'esempio dell'incontro tra la Conferenza Episcopale (Cei) e il papa, presentato unicamente come rilancio dell'iniziativa astensionistica promossa dal cardinal Ruini (la stampa di opposto orientamento ha messo in evidenza solo questo aspetto). E' vero che si e' parlato di referendum ma il ragionamento proposto durante l'incontro e' stato molto piu' ampio. Benedetto XVI, dopo aver chiesto "misure economiche e legislative che sostengano le giovani famiglie nella generazione e nell'educazione dei figli" e aver detto che "ogni essere umano non puo' mai venire ridotto a un mezzo, ma e' sempre un fine", ha aggiunto: "la stessa sollecitudine per il vero bene dell'uomo che ci spinge a prenderci cura delle sorti delle famiglie e del rispetto della vita umana si esprime nell'attenzione ai poveri che abbiamo tra noi, agli ammalati, agli immigrati, ai popoli decimati dalle malattie e dalla fame". Anche Ruini, ricordando le violazioni dei diritti umani e le vicende di Ossezia, Iraq, Libano, Afghanistan, Medio Oriente, Asia centrale e Africa, ha ricordato il primo discorso del papa al Corpo Diplomatico (25 maggio) volto a "difendere la causa della pace, a promuovere la giustizia, la fraternita' e il perdono reciproco, superando la tentazione di scontri tra culture, etnie e mondi diversi, e attingendo invece al patrimonio spirituale e culturale proprio di ciascun popolo i valori migliori, per andare incontro agli altri senza paura". L'incontro Cei-papa si poteva, dunque, titolare in vari modi: il papa chiama a un impegno completo a favore della vita. Oppure: manca una vera politica per la famiglia; il nostro impegno non e' unilaterale; la vita, la pace, la giustizia, la dignita' della persona sono inscindibili. Purtroppo una campagna elettorale semplifica all'eccesso ma la difesa della vita, di tutta la vita e di ogni vita sempre e ovunque, chiede un'iniziativa piu' ampia, piu' laica e piu' ecumenica. Un'azione costante e profetica. Spero che dopo il referendum si riprenda il cammino in questa direzione. 6. DOCUMENTAZIONE. UN APPELLO AL VOTO DI DONNE E UOMINI GIA' IMPEGNATI NELLE ACLI [Dal sito www.comitatoreferendum.it riprendamo questo appello al voto di donne e uomini che sono stati militanti e dirigenti delle Associazioni cristiane dei lavoratori italiani (Acli), una delle principali esperienze dell'associazionismo cattolico, i cui vertici attuali hanno invece condiviso la scelta del non voto] Noi, "nati" alla vita civile e sociale nelle Acli, invitiamo ad andare a votare. Siamo "nati" alla vita civile e sociale nelle Acli. Molti di noi hanno avuto responsabilita' rilevanti nell'Associazione. Siamo stati conquistati e motivati, giovanissimi, da un sistema di valori che aveva i suoi cardini nella partecipazione alla vita della comunita' e nell'autonoma assunzione di responsabilita' dei laici cristiani nelle concrete scelte sociali e politiche (Costituzione conciliare "Gaudium et spes", n. 75). Ci ha motivato l'idea che fosse bene spendere le nostre vite occupandoci anche "degli altri" e non solo di noi stessi. Una convinzione che ha segnato la nostra formazione e che ci ha accompagnato in tutto il nostro percorso personale e politico. Per questi motivi, l'indicazione della Conferenza Episcopale Italiana, fatta propria dalle Acli, di astenersi dal voto nel referendum sulla procreazione assistita, ci ha particolarmente stupito e amareggiato. Siamo stati abituati a pensare ad una Chiesa e a dei laici cristiani che si battono per promuovere i propri valori in una societa' pluralista, senza nascondersi dietro escamotages umilianti. Ci hanno spiegato che l'astensione e' legittima, ed in effetti non e' questo in discussione; ma dubitiamo che essa sia la scelta giusta dal punto di vista etico e civile. Oltretutto, ci sembra un pessimo messaggio per le nuove generazioni, di cui si lamenta spesso il disinteresse per la cosa pubblica. Ci dicono che l'astensione non e' disimpegno e fuga, ma essa non permette certo di distinguersi da coloro che non vanno a votare per apatia e disinteresse per la comunita'. Noi riteniamo che i Vescovi abbiano il dovere di richiamare i principi della dottrina cristiana, ma rivendichiamo ai singoli cristiani il diritto, nel rispetto della laicita' dello Stato, di compiere le scelte che essi, in coscienza, ritengono meglio corrispondere, in un determinato momento, alle esigenze della convivenza civile. Pur avendo, nel merito dei quesiti referendari, posizioni diverse, noi andremo a votare. * Andrea Amato, Pier Paolo Benedetti, Pinuccia Bertone, Gianna Bitto, Mariangela Bogliaccino, Geo Brenna, Francesco Calmarini, Anna Ciaperoni, Maria Coscia, Giovanna Cumino, Tom Dealessandri, Francesco De Falchi, Dolores Deidda, Antonietta De Santis, Costanza Fanelli, Marta Farinati, Toni Ferigo, Maria Filippi, Emilio Gabaglio, Maria Gallo, Angelo Gennari, Fiorella Ghilardotti, Sergio Graziosi, Renzo Innocenti, Lorenzo Loporcaro, Lucia Magnano, Anna Maria Marlia, Salvo Messina, Franco Passuello, Antonio Picchi, Carlo Pignocco, Sandra Ramadori, Giuseppe Reburdo, Lorenzo Scheggi Merlini, PierGiuseppe Sozzi, Fausto Tortora. 7. DOCUMENTAZIONE. UN APPELLO DI GIURISTE E GIURISTI PER IL SI' AL REFERENDUM [Dal sito www.comitatoreferendum.it riprendiamo il seguente appello promosso da giuriste e giuristi] Andremo a votare e risponderemo con il si' ai quesiti referendari. Per il rilievo delle questioni in gioco consideriamo l'astensione una fuga dalle nostre responsabilita' di cittadini e di giuristi. Intendiamo affermare e tutelare i diritti fondamentali oggi calpestati dalla legge 40 sulla fecondazione assistita. Le norme che riconoscono all'embrione, fin dal primo momento della sua formazione, la qualita' di soggetto titolare di diritti introducono una vistosa incoerenza nel nostro ordinamento che riconosce capacita' giuridica ai soggetti solo in seguito alla nascita. Viene rimesso in discussione il delicato equilibrio gia' fissato prima dalla giurisprudenza costituzionale e poi dalla legge 194 sulla interruzione volontaria di gravidanza, tra la tutela del processo vitale dell'embrione e i diritti della madre alla vita, alla salute e alla dignita'. Questi diritti vengono ora compressi restringendo la libera scelta della donna e della coppia, rendendo arbitrariamente piu' arduo il ricorso a tecniche che possono favorire la procreazione e la vita. I divieti che negano la liberta' di decisione della donna in ordine alla sua gravidanza e al suo corpo contrastano con la legge 194 ed aprono la strada alla sua revisione. Limitando la fecondazione assistita alle coppie per le quali l'infertilita' o la sterilita' siano state sicuramente e definitivamente accertate, si introduce una irragionevole disparita' di trattamento, in contrasto con i principi costituzionali. Le norme che vietano di produrre piu' di tre embrioni, che proibiscono ogni diagnosi circa eventuali malattie ed obbligano al loro immediato impianto sono in contrasto con l'articolo 32 della Costituzione, laddove esso riconosce e tutela il diritto di ogni cittadino alla salute. Infatti i trattamenti sanitari obbligatori sono ammessi solo se disciplinati con legge e se finalizzati alla tutela della salute. In questo caso avviene il contrario: non solo viene messa a rischio la salute della donna, ma anche quella del nascituro, incentivando assurdamente il ricorso all'aborto terapeutico. Le norme che impediscono la ricerca scientifica sulle cellule staminali embrionali, finalizzate alla cura di gravi malattie come l'Alzheimer, il Parkinson, il diabete e la sclerosi comprimono irragionevolmente un altro diritto fondamentale: la liberta' della ricerca e della scienza fissata nell'articolo 33 della Costituzione. Il diritto della scienza e' qui ancora piu' forte e meritevole di tutela, poiche' esso non e' che un mezzo per favorire l'ampliamento del diritto alla salute. Infine, il divieto assoluto della cosiddetta fecondazione eterologa comprime la libera determinazione dei coniugi incidendo negativamente sui diritti della famiglia. Esso e' il prodotto di una visione materialistica della genitorialita', gia' ampiamente superata nel diritto italiano degli ultimi decenni. * Hanno aderito: le ed i professori universitari Michele Ainis, Salvatore Aloisio, Ernesto Bettinelli, Antonello Calore, Enzo Cheli, Adolfo Di Majo, Giovanni Fiandaca, Alfredo Galasso, Stefano Rodota', Tania Groppi, Carlo Federico Grosso, Enrico Grosso, Giorgio Pighi, Cesare Pinelli, Luisa Torchia, Maria Grazia Scacchetti, Alessandro Somma, Paolo Storchi, Gianfranco D'Alessio, Costantino Visconti, Vittorio Villa, Gragorio Arena, Paolo Ridola, Stefano Ceccanti, Marco Cammelli, Mauro Volpi, Gianmario Depuro, Silvio Gambino, Oreste Massari; le ed i parlamentari Massimo Brutti, Luciano Violante, Giuseppe Ayala, Franco Bassanini, Sandro Battisti, Francesco Bonito, Guido Calvi, Elvio Fassone, Anna Finocchiaro, Giacomo Mancini, Andrea Manzella, Riccardo Marone, Luigi Olivieri, Cesare Salvi, Vincenzo Siniscalchi, Francesco Carboni, Antonio Soda, Massimo Villone; Luigi Berlinguer, componente laica Csm; Augusto Barbera, costituzionalista; Mario Papa, Presidente Aiga; Massimo Pineschi, avvocato e presidente del Consiglio Regionale del Lazio; Oliviero Diliberto, docente universitario e segretario Pdci; Elena Paciotti, Fondazione Basso; Gianni Di Cagno, avvocato, Fondazione Italianieuropei. 8. DOCUMENTAZIONE. GIANNOZZO PUCCI, CARLO RIPA DI MEANA: UN APPELLO A NON VOTARE I REFERENDUM [Ringraziamo Giannozzo Pucci (per contatti: morottt at inwind.it) per questo intervento, cui si sono associate anche altre persone (tra cui alcune amiche ed amici molto cari). Giannozzo Pucci, amico della nonviolenza, saggista, tra i fondatori in Italia del movimento ambientalista ed antinucleare e del movimento per l'agricoltura organica, ha fondato ed e' presidente dell'Associazione di solidarieta' per la campagna italiana, ha promosso l'esperienza della Fierucola, e' presidente dell'Associazione internazionale "Fioretta Mazzei". Consigliere comunale di Firenze dal 1990, e' stato per sei anni presidente della Commissione urbanistica; ha collaborato a vari giornali e riviste; cura la collana editoriale dei "Quaderni d'Ontignano", ed anima attualmente la Libreria Editrice Fiorentina, la prestigiosa casa editrice che ha pubblicato le opere di Giorgio La Pira e Lorenzo Milani. Carlo Ripa di Meana (Marina di Pietrasanta, 1929), nel 1953-'56 dirige a Praga la rivista "World Student News". Nel 1957-'65 fa il libraio per la Feltrinelli, e in seguito il redattore per la Rizzoli. Negli anni Sessanta e' segretario del "Club Turati", poi consigliere regionale lombardo del Psi. Nel 1974-'78 e' presidente della Biennale di Venezia. Nel 1979-'84 e' deputato socialista al Parlamento europeo. Nel 1985-'92 e' commissario europeo alla Cultura e all'Ambiente nelle due commissioni Delors. Nel 1992-93 e' ministro dell'Ambiente nel governo Amato. Nel 1993-'96 e' il leader dei Verdi italiani. E' deputato europeo Verde fino al giugno 1999. Nel 2004 si e' candidato alle elezioni europee nella lista "Pri-Liberal Sgarbi". Tra le opere di Carlo Ripa di Meana: Sorci verdi, Kaos, Milano; Cane sciolto, Kaos, Milano] Ci rivolgiamo a coloro che hanno condiviso le battaglie ecologiste degli ultimi decenni a partire da quelle contro gli inquinamenti chimici, passando al nucleare fino alle ultimissime dedicate a contrastare le manipolazioni genetiche. Esemplificate, queste ultime, dagli organismi geneticamente modificati (ogm) per il mais e i pomodori transgenici e sul fronte delle modificazioni genetiche degli animali dalla fosca storia della pecora Dolly, una dura prova, riassunta dallo slogan ecologista "Non consegniamo il futuro a Frankenstein". Ogni civilta' ha dei limiti da non superare, pena il venir meno della sua ragion d'essere. Quando si eliminano i limiti e al loro posto si mette il solo principio di efficienza non siamo piu' uomini, ma una massa di bambini eternamente insoddisfatti che battono i piedi per avere mezzogiorno a mezzanotte e che percio' devastano la propria civilta' e l'intero pianeta. Le nostre battaglie hanno dimostrato l'inseparabilita' del risanamento della natura dalla cultura del limite, dal principio di precauzione, dalla giustizia fra nord e sud del mondo. Oggi, in coerenza e continuita' con questi lunghi anni di lavoro, chiediamo di non andare a votare il referendum sulla legge 40, la cosiddetta "procreazione assistita". Queste battaglie, a differenza di quelle sviluppiste della sinistra tradizionale, hanno distrutto il dogma dell'aumento del Prodotto interno lordo come indice di ben vivere e di giustizia fra i popoli. Infatti hanno reso evidente che i concimi chimici, i diserbanti, le biotecnologie e gli altri inquinanti aumentano il Pil, l'agricoltura naturale no. La fecondazione artificiale tecnologica aumenta il Pil, quella naturale no. Tutte le attivita' che devastano il pianeta aumentano il Pil, quelle sane, di autonomia locale, no. Questa contraddizione e' risolvibile soltanto ricostruendo l'economia sostenibile del bene comune sulla cura dei guasti naturali. La parte del progresso artificiale dominata dagli investimenti delle multinazionali si contrappone a tale cambiamento con novita' e scoperte spesso reazionarie. La fertilita' umana e' diminuita nei paesi sviluppati (quella maschile anche del 20%) soprattutto a causa dell'inquinamento alimentare e ambientale. La soluzione sarebbe vietare l'agricoltura chimica e l'emissione in atmosfera di nuove sostanze incontrollate. Invece si sceglie la protesi reazionaria, la fecondazione artificiale extracorporea, che apre ai grandi gruppi farmaceutici un nuovo immenso spazio di speculazioni e profitti. I grandi interessi economici che provocano l'infertilita' forniscono, allo stesso tempo, il rimedio artificiale. Non a caso proprio gli scienziati piu' finanziati dalle grandi case farmaceutiche sono in prima linea per il referendum. E abbiamo imparato che ogni nuova tecnologia che compare in un mondo diviso fra ricchi e poveri non fara' altro che aumentare il baratro fra i primi e i secondi. Una delle campagne ecologiste di lunga durata e' quella per la liberazione della donna dal dominio della medicalizzazione. Abbiamo sostenuto i movimenti delle donne per la nascita senza violenza e l'allattamento al seno, passato di moda perche' era l'ultima forma di produzione domestica: non si poteva convincere una madre a comprare il proprio latte. Nel frattempo sono arrivati a oltre il 30% i parti cesarei, mentre l'industria promuove il farmaco per abolire il mestruo (e rendere la donna adatta ai ritmi frenetici del lavoro), commercializza i cerotti ormonali per abolire la menopausa, le tecniche per trasformare la post menopausa in una gioventu' artificiale in cui si puo' ancora partorire, le nonne puerpere. Gia' oggi si diffondono anche fra i giovani dei kit per la fecondazione artificiale in modo da separare, nella mentalita' comune, la sessualita' dalla fertilita' e dalla procreazione. E' evidente che la fecondazione extracorporea e' l'estrema erosione dei poteri della donna sulla maternita'. Nella storia c'e' stata la schiavitu', ma mai la disponibilita' dei gameti maschili e femminili da parte di altri. Solo una tecnologia reazionaria ha reso possibile il ritorno della schiavitu' sotto il microscopio. Dal punto di vista ecologico il referendum e' illegittimo perche' la fecondazione naturale, come l'acqua potabile e i semi delle piante alimentari, e' un diritto comune originario che nessuna legge puo' violare. Votare si' al referendum significa mettersi contro la donna e la natura, dalla parte dei gruppi farmaceutici e dei loro interessi. Cio' in coscienza e' assolutamente impossibile. Votare no significa, in nome di un politicamente corretto malinteso e in nome di un senso civico fuori luogo, difendere attivamente la legge 40 che legifera sull'embrione fuori dal suo ambiente naturale e ammette la fecondazione tecnologica della donna, seppure con soli tre embrioni. Ma c'e' piu' distanza fra zero e tre embrioni che fra tre e tremila. Fuori dalla natura c'e' solo l'assurdo, almeno nel 99% dei casi e quell'1% accettera' di buon grado il sacrificio che hanno sempre accettato le generazioni passate. Non si dovrebbe oggi essere disposti a sacrificare il desiderio di aver figli, violentando artificialmente la natura, per rispetto della propria dignita' e per il bene comune? L'infertilita', come altre menomazioni, fa parte dell'identita' personale. La tecnologia non risolve alla base il problema dell'infertilita', non rende alla coppia umana la sua serenita' e bellezza, ma aumenta l'impotenza e dipendenza della donna. Per quanto riguarda la presa di posizione dei vescovi, mentre i cattolici possono essere fieri di una Chiesa che difende la procreazione naturale condannando la fecondazione extracorporea in quanto contro natura, resta pur sempre aperta la contraddizione di non aver ancora esplicitamente condannato, in quanto contro natura, la fabbricazione e stoccaggio delle armi di distruzione di massa e degli inquinanti chimici che provocano l'infertilita'. Altra contraddizione dei vescovi e' quella di non condannare anche la fecondazione tecnologica e l'allevamento industriale degli animali, come attentato alla natura. Chi, in linea con la tradizione ecologista, e' contro la manipolazione della fertilita', la subordinazione dell'umanita' alla tecnologia, agli inquinamenti e agli interessi dei grandi gruppi economici, per esprimere la sua scelta ha a disposizione una chiara manifestazione di volonta' legittima anche in precedenti prove referendarie: non andare a votare. 9. DOCUMENTAZIONE. PEPPE SINI, TOMAS STOCKMANN: UN APPELLO A VOTARE I REFERENDUM Proviamo ancora una volta ad esprimere nel modo piu' succinto (ed anche, ahinoi, inevitabilmente frettoloso) cio' che sentiamo, cio' che pensiamo. Sapendo che possiamo sbagliarci, e nel dubbio scegliendo la responsabilita', la prudenza, il rispetto per le altre persone e la solidarieta' con l'umanita' intera incarnata nelle concrete, singole persone umane. * 1. Una legge che ci sembra scandalosa La legge 40/2004 ci sembra una legge inetta e crudele. Pressoche' tutti ammettono che meriti di essere modificata, non pochi ritengono che meriti di essere del tutto abolita, quasi nessuno ritiene che sia adeguata. La sua insostenibilita' etica e' pari alla sua insostenibilita' giuridica e alla sua insostenibilita' logica. Ma il Parlamento, per pusillanimita' di troppi, dapprima l'ha approvata come atto di forza pur tra mille promesse di successive modifiche, poi - ovviamente - non l'ha ancora modificata, ne' sembra intenzionato a farlo, paralizzato da interessi di bottega di spudorate camarille elettorali. Ed ora si prospetta la possibilita' che una "minoranza organizzata" (Gaetano Mosca), facendo leva sull'apatia di tanti, ne imponga la cronicizzazione. E' gia' accaduto per altre ignobili leggi, e' gia' accaduto per altri referendum: come quello sul veleno in agricoltura e negli alimenti, il veleno che grazie agli astensionisti di allora abbiamo continuato a mangiare, ha continuato ad uccidere, a maggior gloria (e profitto) delle multinazionali. * 2. Un referendum parzialmente abrogativo Per modificare al piu' presto la legge 40/2004 sembra esservi oggi quindi ragionevolmente una sola via: votare si' ai referendum (lo strumento giuridico attraverso cui il popolo italiano puo' abrogare una legge o parti di essa). Referendum che intendono modificare la legge, non aprire le cateratte al dottor Frankenstein. Al dottor Frankenstein le cateratte le apre proprio questa legge e la logica che la sottende; una logica disumanata e dereistica, fallocratica e sessuofobica, scientista e totalitaria (lo stato etico di gentiliana memoria, in questa inedita combinazione col neoliberismo egotista e narcisista, consumista e violentatore, machista e sfruttatore, inquinatore e guerriero, nichilista e onnivoro, ed insieme filosofatore col manganello - e con le bombe all'uranio impoverito). * 3. Non cambiamo discorso, per favore Si possono avere tutte le opinioni del mondo sui quesiti referendari, e si puo' liberamente votare o non votare. Ma barare non e' serio. Ed e' mentire far credere che si voti su altro da cio' su cui effettivamente si vota. Non si vota tout court e genericamente sull'etica, sulla religione, sulla scienza, sulla tecnica, sulla natura. Si vota semplicemente e precisamente su quattro quesiti che propongono di abolire alcune parti della legge 40/2004. Quattro quesiti gia' abbastanza impegnativi (e dalle molteplici e non univoche conseguenze e implicazioni, su cui interrogarsi e' assolutamente doveroso), senza bisogno di far credere che sia in gioco l'orbe terraqueo. Quattro quesiti su cui esprimersi (o non esprimersi) secondo ragione e coscienza, e sapendosi fallibili. I diktat e gli anatemi, cosi' come le banalizzazioni e i sofismi, da qualunque parte provengano ed a qualunque fine siano orientati, lasciamoli perdere. * 4. La prudenza, la misericordia La prudenza, all'ascolto della coscienza e della ragione; la misericordia, all'ascolto del volto e del dolore degli altri. Il valore del limite e la scelta dell'amore. La responsabilita'. Questo occorre. Merita questa legge di restare cosi' com'e'? Se e' questo che si pensa la si difenda: con il non voto se si mira a far fallire il referendum (ma e' difesa intrinsecamente fragile, poiche' comunque giuridicamente non vincolante), con il no ai quesiti se si pensa di voler esprimere il proprio voto. Merita questa legge di essere modificata? Se e' questo che si pensa si voti si' a quei quesiti che introducono le modifiche con cui si concorda, che abrogano specifiche parti della legge. Per l'appunto, noi voteremo si'. Secondo scienza e coscienza, ed insieme in timore e tremore, con ragionevole persuasione e ragionevole perplessita'. E nel rispetto pieno delle opinioni altrui e del diritto di tutti ad esprimersi, a discutere, a deliberare insieme su cio' che tutti riguarda. 10. LIBRI. ANGELA DOGLIOTTI MARASSO PRESENTA "DOV'E' LA VITTORIA?" DI ENRICO PEYRETTI [Ringraziamo Angela Dogliotti Marasso (per contatti: maradoglio at libero.it) per averci messo a disposizione come anticipazione questa recensione scritta per il bimestrale "Qualevita". Angela Dogliotti Marasso, rappresentante autorevolissima del Movimento Internazionale della Riconciliazione e del Movimento Nonviolento, svolge attivita' di ricerca e formazione presso il Centro studi "Sereno Regis" di Torino e fa parte della Commissione di educazione alla pace dell'International peace research association; studiosa e testimone, educatrice e formatrice, e' una delle figure piu' nitide della nonviolenza in Italia. Tra le sue opere segnaliamo particolarmente Aggressivita' e violenza, Edizioni Gruppo Abele, Torino; il saggio su Domenico Sereno Regis, in AA. VV., Le periferie della memoria, Anppia - Movimento Nonviolento, Torino - Verona 1999; e il recente volume in collaborazione con Maria Chiara Tropea, La mia storia, la tua storia, il nostro futuro, Edizioni Gruppo Abele, Torino 2003. Enrico Peyretti e' uno dei principali collaboratori di questo foglio, ed uno dei maestri piu' nitidi della cultura e dell'impegno di pace e di nonviolenza. Tra le sue opere: (a cura di), Al di la' del "non uccidere", Cens, Liscate 1989; Dall'albero dei giorni, Servitium, Sotto il Monte 1998; La politica e' pace, Cittadella, Assisi 1998; Per perdere la guerra, Beppe Grande, Torino 1999; Dov'e' la vittoria?, Il segno dei Gabrielli, Negarine (Verona) 2005; e' disponibile nella rete telematica la sua fondamentale ricerca bibliografica Difesa senza guerra. Bibliografia storica delle lotte nonarmate e nonviolente, ricerca di cui una recente edizione a stampa e' in appendice al libro di Jean-Marie Muller, Il principio nonviolenza, Plus, Pisa 2004 (libro di cui Enrico Peyretti ha curato la traduzione italiana), e una recente edizione aggiornata e' nei nn. 791-792 di questo notiziario; vari suoi interventi sono anche nei siti: www.cssr-pas.org, www.ilfoglio.org e alla pagina web http://db.peacelink.org/tools/author.php?l=peyretti Una piu' ampia bibliografia dei principali scritti di Enrico Peyretti e' nel n. 731 del 15 novembre 2003 di questo notiziario] "La vittoria e' un equilibrio di sua natura instabile, perche' e' disuguaglianza" (p. 94). E', questa, una delle perle di saggezza disseminate nell'agile libretto che Enrico Peyretti ha da poco pubblicato, aggiornando una sua precedente ricerca, per i tipi de Il Segno dei Gabrielli (Enrico Peyretti, Dov'e' la vittoria?, Piccola antologia aperta sulla miseria e la fallacia del vincere, Il Segno dei Gabrielli, Negarine di San Pietro in Cariano (Vr) 2005; per richieste alla casa editrice: scrivimi at gabriellieditori.it). Il libro e' "una raccolta di testi autorevoli, accompagnati da note e pensieri miei, sulla vacuita' della vittoria in guerra e nei rapporti quotidiani", come scrive lo stesso autore nell'introduzione. Perche' attaccare la vittoria? Perche' attraverso di essa si veicola un modello di relazioni umane che, mutuato dal militarismo, si riflette su tutti i rapporti umani, vissuti, sotto la cifra della competizione, come gioco a somma zero: mors tua, vita mea; io vinco se tu perdi; per sopravvivere devo avere il dominio su di te. "Se non sei piu' malvagio del tuo nemico non puoi fare a lui piu' male di quello che lui fa a te, percio' non puoi vincere, perche' la vittoria e' di colui che fa piu' male" (38), scrive Peyretti commentando una affermazione di Mussolini ("Se non si odia non si puo' fare la guerra", discorso del 3 maggio 1943). Ma "se uccidi con la guerra il violento, diventi come lui, e' lui che vince" (91). Dunque la "vittoria" e' "l'illusione degli stupidi" perche' non fa che alimentare un ciclo di violenza senza fine che oggi, nell'era atomica, puo' portare solo all'autodistruzione. "La luce atomica illumina la guerra in cio' che e' sempre stata: un'atroce stoltezza, in cui la morte vince sulla vita" (62). In questo percorso di smascheramento e demitizzazione dell'ideologia violenta della vittoria si delinea pero' anche un diverso paradigma di relazione, il modello alternativo della cultura della pace e della nonviolenza che, cambiando alla radice la cultura dei conflitti umani, interpreta la "vittoria" solo come "successo comune, conseguito insieme, non l'uno contro l'altro" (23). E il filo rosso della cultura di pace si puo' rintracciare in tempi e ambiti molto diversi: dalla massima buddista secondo cui "una vittoria puo' dirsi tale soltanto se tutti in egual misura sono vincitori e nessuno e' vinto" (61), alla lucida affermazione di Erich Fromm: "Obiettivo della strategia della pace deve essere, in antitesi con la strategia della guerra - ed e' questa la cosa sostanziale - quello di impedire la sconfitta del nemico" (72); dal comportamento di soldati che, come il tedesco Josef Schiffer, hanno "disfatto" la guerra gettandovi dentro semi di umanita' e di giustizia (80), a quelli che, come Alex Langer, hanno proposto il motto "lentius, profundius, suavius" (con piu' calma, piu' profondita', piu' dolcezza) per contrastare il "modello della gara", che informa il modo di vita dominante segnato dalla competizione ed espresso dal motto "citius, altius, fortius" (piu' veloce, piu' alto, piu' forte). Questo diverso modello, seppur soffocato da quello della cultura violenta dominante, ha gia' fatto parecchia strada, approdando, con lo Statuto dell'Onu del 1945, a fondare un nuovo diritto internazionale volto a "salvare le future generazioni dal flagello della guerra" e con l'articolo 11 della nostra Costituzione a ripudiare la guerra, non solo come offesa, ma anche come "strumento di risoluzione delle controversie internazionali", aprendo cosi' la strada alla ricerca e alla sperimentazione di forme di difesa non armata e nonviolenta che sono state recepite anche nella nostra legislazione ordinaria (legge 230/1998). Certo molte di queste affermazioni a livello istituzionale restano per ora solo sulla carta, mentre l'esperienza che viviamo in questi anni e' di una rilegittimazione della guerra come mezzo per "realizzare la democrazia" e "costruire la pace". Ma diventa sempre piu' evidente, a chi ha occhi per vedere, che, come ci ricorda Gandhi, "La democrazia e la violenza non possono coesistere. Gli stati che oggi sono formalmente democratici, o sono destinati a divenire apertamente totalitari, oppure se vogliono divenire veramente democratici devono avere il coraggio di divenire nonviolenti" (citato a pag. 70) Non la vittoria, dunque, ma la nonviolenza e' il "varco attuale della storia" (Aldo Capitini). 11. LIBRI. PUBBLICATI GLI ATTI DEL SEMINARIO DI PALERMO SU "LIBERTA' DI CRITICA E DI RICERCA" [Da Claudio Riolo (per contatti: clriolo at tin.it) riceviamo e diffondiamo. Claudio Riolo, nato ad Agrigento nel 1951, autorevole militante e dirigente politico ed acuto studioso, gia' direttore del Cepes (Centro studi di politica economica in Sicilia), e' politologo presso l'Universita' di Palermo; collabora a vari periodici. Tra le opere di Claudio Riolo: L'identita' debole, La Zisa, Palermo 1989] Sono stati pubblicati gli atti del seminario su "liberta' di critica e di ricerca" organizzato a Palermo nel dicembre 2003 (aggiornati al dicembre 2004) nel volume: Claudio Riolo (a cura di), Liberta' di informazione, di critica e di ricerca nella transizione italiana, La Zisa, Palermo 2004. Il volume e' reperibile a Roma presso la libreria Paesi Nuovi (piazza Montecitorio); puo' essere ordinato presso Bardi Editore, via Piave 7, 00187 Roma; tel. 064817656, fax: 0648912574, e-mail: bardied at tin.it 12. RIVISTE. CON "QUALEVITA", LA LEZIONE DI ANDRE' TROCME' Abbonarsi a "Qualevita" e' un modo per sostenere la nonviolenza. Ponendosi all'ascolto della lezione di Andre' Trocme'. * "Gesu' sceglie la rivoluzione nonviolenta" (Andre' Trocme', in Magda e Andre' Trocme', Una scuola, un villaggio contro il nazismo, Edizioni Qualevita, Torre dei Nolfi (Aq) 1999, p. 66). * "Qualevita" e' il bel bimestrale di riflessione e informazione nonviolenta che insieme ad "Azione nonviolenta", "Mosaico di pace", "Quaderni satyagraha" e poche altre riviste e' una delle voci piu' qualificate della nonviolenza nel nostro paese. Ma e' anche una casa editrice che pubblica libri appassionanti e utilissimi, e che ogni anno mette a disposizione con l'agenza-diario "Giorni nonviolenti" uno degli strumenti di lavoro migliori di cui disponiamo. Abbonarsi a "Qualevita", regalare a una persona amica un abbonamento a "Qualevita", e' un'azione buona e feconda. Per informazioni e contatti: Edizioni Qualevita, via Michelangelo 2, 67030 Torre dei Nolfi (Aq), tel. 3495843946, o anche 0864460006, o ancora 086446448; e-mail: sudest at iol.it o anche qualevita3 at tele2.it; sito: www.peacelink.it/users/qualevita Per abbonamenti alla rivista bimestrale "Qualevita": abbonamento annuo: euro 13, da versare sul ccp 10750677, intestato a "Qualevita", via Michelangelo 2, 67030 Torre dei Nolfi (Aq), specificando nella causale "abbonamento a 'Qualevita'". 13. RILETTURE. SILVIA LAGORIO, LELLA RAVASI, SILVIA VEGETTI FINZI: SE NOI SIAMO LA TERRA Silvia Lagorio, Lella Ravasi, Silvia Vegetti Finzi, Se noi siamo la terra. Identita' femminile e negazione della maternita', Il Saggiatore, Milano 1996, pp. 128, lire 18.000. Un'acuta, appassionante riflessione a piu' voci. 14. RILETTURE. ELEONORA MISSANA: L'ETICA NEL PENSIERO CONTEMPORANEO Eleonora Missana, L'etica nel pensiero contemporaneo, Paravia, Torino 2000, pp. 212, lire 12.000. Una panoramica e un'antologia che vivamente consigliamo per un avvio alla conoscenza. 15. RILETTURE. JACQUELINE RUSS: L'ETICA CONTEMPORANEA Jacqueline Russ, L'etica contemporanea, Il Mulino, Bologna 1997, pp. XII + 104, lire 15.000. Un'agile introduzione originariamente apparsa nel 1994 nella collana "Que sais-je?" delle Presses Universitaires de France (Puf). 16. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 17. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at inwind.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 958 dell'11 giugno 2005 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione).
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