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La nonviolenza e' in cammino. 959
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 959
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Sun, 12 Jun 2005 00:51:02 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 959 del 12 giugno 2005 Sommario di questo numero: 1. Gerard Lutte: Rifugi e alberghi di transizione per i giovani di strada in Guatemala 2. Maria G. Di Rienzo: Un appello dalle Filippine 3. Alcune associazioni di donne veneziane: Le ragioni e i valori del si' al referendum 4. Nanni Salio: Una breve riflessione 5. Enrico Peyretti: Bonhoeffer e le rose di Berlino e di Monaco 6. Raniero La Valle presenta "Anche il cielo e' di Dio" di Giovanni Franzoni 7. Con "Qualevita", la riflessione di Carla Dell'Aglio 8. Riletture: Angela Ales Bello, Edith Stein. La passione per la verita' 9. Riletture: Laura Boella, Annarosa Buttarelli, Per amore di altro. L'empatia a partire da Edith Stein 10. La "Carta" del Movimento Nonviolento 11. Per saperne di piu' 1. INIZIATIVE. GERARD LUTTE: RIFUGI E ALBERGHI DI TRANSIZIONE PER I GIOVANI DI STRADA IN GUATEMALA [Da: "Amistrada", rete di amiche ed amici delle ragazze e ragazzi di strada (per contatti: quetzalitas at tin.it) riceviamo e diffondiamo. Gerard Lutte, di origine belga, da molti anni in Italia, docente universitario di psicologia dell'eta' evolutiva, ha partecipato a Roma alla vita e alle lotte degli abitanti di una borgata di baraccati e di un quartiere popolare e ad un lavoro sociale con i giovani piu' emarginati; collabora con movimenti di solidarieta' ed esperienze di accoglienza; ha promosso iniziative mirate e concrete di solidarieta' internazionale dal basso e di auto-aiuto, con particolar riferimento alla situazione centroamericana, di impegno di liberazione con i giovani e soprattutto le bambine e i bambini di strada. Tra le opere di Gerard Lutte: Quando gli adolescenti sono adulti... I giovani in Nicaragua, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1984; Sopprimere l'adolescenza?, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1984; Psicologia degli adolescenti e dei giovani, Il Mulino, Bologna 1987; Dalla religione al vangelo, Kappa, Roma 1989; Cinquantanove ragazze e ragazzi di strada con Gerard Lutte, Principesse e sognatori nelle strade in Guatemala, Kappa, Roma 1994 (ne e' stata successivamente pubblicata una seconda edizione aggiornata). Il sito della Rete di amicizia con le ragazze e ragazzi di strada, che contiene progetti, testimonianze, ricerche, libri, bollettini e centinaia di foto, sezioni francese, italiana, spagnola ed inglese, e' www.reteamicizia.net] Care amiche ed amici delle ragazze e ragazzi di strada, gli assassinii recenti di Dionisio e di Elisabeth ci ricordano l'estrema urgenza di aprire rifugi notturni e case di accoglienza per le ragazze e ragazzi di strada organizzati nel movimento che appoggiamo in Guatemala. Il progetto globale, approvato dalle reti di amicizia dell'Italia e del Belgio prevedono questa iniziativa che finora non si e' potuto realizzare per mancanza di mezzi finanziari. Per proteggere la vita dei giovani di strada, aiutarli a reinserirsi nella societa', e' indispensabile aprire casse di accoglienza. Questi rifugi sono necessari non solo per proteggere bambini e giovani contro le violenze, gli stupri, i sequestri, gli assassinii di cui sono spesso vittime, ma anche per facilitare il reinserimento dei giovani che vogliono lasciare la strada, in particolare delle giovani madri che prendono questa decisione per amore per i loro figli. Non e' facile lasciare la strada per condurre una vita autonoma nella societa': bisogna volerlo liberamente, acquisire fiducia in se' e stabilita' emozionale, allontanarsi dalle droghe, diventare capace di vivere solo o in coppia, trovare un lavoro ed un alloggio. Oggi, dopo anni di lavoro del movimento, il numero delle ragazze e ragazzi che decidono di uscire dalla strada e' in continuo aumento, ma non sempre riusciamo a dar loro l'aiuto necessario al momento giusto perche' non abbiamo case di accoglienza che potrebbero facilitare la transizione dalla strada alla vita in societa'. A volte chiediamo ad altre istituzioni di accoglierli, ma le ragazze ed i ragazzi che sono abituati nel movimento a partecipare alle decisioni, non riescono a vivere in case dove gli adulti decidono per loro e non rispettano la loro liberta'. Poi alcune istituzioni offrono solo parcheggi senza possibilita' di studiare e di imparare un mestiere. E poi ci sono le emergenze: le madri che vogliono uscire dalla strada per partorire ed allevare i figli, quelli che rischiano di essere assassinati come Dionisio ed Elisabetta, quelli come Carla e il suo compagno che all'improvviso si ritrovano in strada senza volerlo. E' quindi indispensabile aprire due alberghi, uno per le ragazze ed i loro figli, l'altro per i ragazzi e le coppie. Prima di tutto per le ragazze, per difenderle dagli stupratori sempre in agguato e proteggere i bambini piccoli che rischiano di morire in strada o di essere rubati da loschi trafficanti. Apriremo rapidamente in memoria di Elisabetta e di Dionisio. * Tre esempi Jennifer, vedova a 17 anni Il 22 febbraio scorso e' stato scoperto il corpo senza vita di Dionisio in una casa abbandonata. La morte risaliva a due, tre giorni. Era stato pugnalato ed e' morto solo, senza che la sua compagna o un amico gli tenesse la mano. Aveva vent'anni. Era una speranza per il movimento: stava uscendo dalla strada, era assistente dell'officina di falegnameria e ne aveva la responsabilita' in assenza dell'istruttore che veniva solo due volte la settimana. Un amico fedele, che aiutava, del quale ci si poteva fidare. Amava la sua compagna Jennifer, adorava Vicky, la sua figliola di poco piu' di anno. Frequentava una scuola e faceva parte di "Nuova generazion", gruppo di aiuto muto dei ragazzi usciti dalla strada. Non si conoscono gli assassini, probabilmente sono consumatori di crack, questa droga terribile che aumenta i livelli di aggressivita' e di violenza. Una pugnalata ha spezzato una giovane vita, annientato anni di sforzi e di sogni, distrutto una famiglia, vanificato l'impegno del movimento. Jennifer, vedova a17 anni, rimane sola per allevare la loro figlia, per fare fronte al suo impegno di responsabile del movimento. Inesorabilmente aumenta il numero dei martiri della strada e troppo spesso la morte e' piu' rapida di noi. * Di lei rimane solo una chiazza rossa nella diciottesima strada Si chiamava Elisabetta. Aveva 17 anni e tanta voglia di vivere, di essere libera, rispettata, amata, ascoltata. Questo sogno l'aveva spinta in strada a soli otto anni. Lo stesso sogno le aveva fatto prendere la decisione, dopo nove anni, di uscire dalla strada. Faceva parte del movimento dei giovani di strada. Da tre mesi si era allontanata dalla droga. Un killer spietato ha assassinato Elisabeth nella notte tra il 22 e il 23 aprile scorso. Lei aveva respinto la sua proposta di rapporti sessuali. Il losco individuo e' tornato nella notte e con un'arma in dotazione all'esercito e agli squadroni della morte l'ha massacrata sparandole a bruciapelo nove pallottole. Ha gravemente ferito il suo compagno che si dibatte tra vita e morte in un ospedale. Le altre sette ragazze e ragazzi che dormivano con loro nella diciottesima strada sono fuggite, si nascondono perche' sanno che questi killer eliminano i testimoni dei loro crimini. Il vile assassino ha lasciato dlle tracce e potrebbe essere facilmente identificato. Ma gli assassini di questo tipo godono dell'impunita' anche oggi in Guatemala. Elisabetta non aveva fatto che fuggire la violenza maschile che si accaniva contro di lei fin dai primi anni della sua troppo breve vita. Anni di sforzi, di sogni, di voglia di vivere, distrutti in un istante. Un gruppo, ossia una famiglia di strada, disperso. Tutto il movimento sconvolto dalla tristezza e dalla rabbia. * Ritorno brutale in strada Carla e il suo compagno Alex erano usciti dalla strada nel 1998. Tutt'e due avevano quattordici anni. Anni di sforzi avevano permesso loro di aprire un'officina di falegnameria, non erano ricchi, ma avevano il necessario per vivere ed allevare il loro figliolo di due anni, aiutare i loro genitori. Risparmiavano per costruirsi una casetta. Si amavano e la vita per loro era bella. All'improvviso tutto si capovolse. Per punirli di aver rifiutato di nascondere armi e droga nella loro officina, i narcotrafficanti rubarono loro tutto e bruciarono la loro baracca. Ricomincia la vita di strada, ma stavolta con un figlio piccolo. Alex e' costretto a rubare perche' non trova lavoro e riceve solo l'aiuto dei giovani di strada che gli aprono le porte della casa abbandonata dove vivono. Una istituzione propone un posto solo per la madre e il bambino, ma loro non vogliono separarsi. Per fortuna, una ragazza del movimento li indirizza da noi e dopo una settimana ritrovano un appartamento e un lavoro. Sono stati fortunati di non essere stati arrestati durante le poche settimane passate in strada. Ora s'impegnano per aiutare con il movimento le loro compagne e compagni di strada. E' passato l'incubo e la vita sorride di nuovo. * Nostro progetto di case d'accoglienza A. Obiettivi Queste case, una per le ragazze sole e i loro bambini, l'altra per i ragazzi e le coppie, hanno un duplice obiettivo: offrire un rifugio in caso d'emergenza; proporre ai giovani che decidono di uscire dalla strada un periodo di preparazione alla vita autonoma nella societa'. Per questi ultimi la casa dovrebbe permettere di imparare a: 1. Imparare a vivere in una casa, a gestire le risorse per condurre una vita autonoma, a cucinare, a pagare i costi della luce, dell'acqua e del gas, e l'affitto della casa. 2. Trovare un lavoro che consenta di ottenere le risorse per condurre una vita autonoma. 3. Fornire un sostegno psicologico per vivere senza droghe e senza dipendere dal gruppo di cui facevano parte nella strada. 4. Occupare il tempo libero ed eventualmente migliorare i rapporti di coppia e quelli con i figli. B. Realizzazione del progetto 1. Durante il primo mese le ragazze e i ragazzi non pagano la rispettiva quota d'affitto della casa e per i pasti, durante il giorno lavorano e/o studiano e partecipano alle attivita' del movimento. 2. A partire dal secondo mese inizieranno a contribuire alle spese della casa. 3. Progressivamente impareranno a comprare i generi alimentari e i prodotti necessari per la casa, a fare da mangiare, a lavare e tenere pulita la casa, a mantenere in ordine la propria stanza, a lavarsi e stirare i vestiti. 4. I ragazzi faranno gli stessi lavori delle ragazze. 5. Ogni settimana si fara' il punto sulla vita della casa e si valuteranno i progressi di ogni abitante. 6. Si presume che la permanenza nella casa sia di tre mesi, periodo che potra' essere prolungato in funzione della valutazione dei progressi fatti da ciascun abitante. 7. Le regole della vita nella casa (distribuzione dei lavori, orari d'entrata e d'uscita, ecc.) sono decise da tutti. 8. In caso di gravi trasgressioni, gli abitanti della casa ne informeranno il comitato di gestione del movimento, che aiutera' gli abitanti a trovare una soluzione costruttiva. 9. Responsabili della casa: possibilmente una coppia che abbia allevato figlie e figli e che sia in grado di seguire e orientare i giovani. C. Numero di giovani all'anno Stimato intorno a 15-20. D. Stima del preventivo per il primo anno di una casa (non comprese le spese di mantenimento e d'alimentazione) Fitto: 4.800,00 Attrezzature: 3.200,00 Salario di due responsabili: 14.400,00 Totale: 22.400,00. Per le due case, sono necessari 44.800 euro per il primo anno: basterebbe che 374 persone, famiglie, associazioni, municipi, scuole dessero solo dieci euro al mese. * Ecco la proposta: che ne pensate? 2. APPELLI. MARIA G. DI RIENZO: UN APPELLO DALLE FILIPPINE [Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per questo intervento. Maria G. Di Rienzo e' una delle principali collaboratrici di questo foglio; prestigiosa intellettuale femminista, saggista, giornalista, regista teatrale e commediografa, formatrice, ha svolto rilevanti ricerche storiche sulle donne italiane per conto del Dipartimento di Storia Economica dell'Universita' di Sidney (Australia); e' impegnata nel movimento delle donne, nella Rete di Lilliput, in esperienze di solidarieta' e in difesa dei diritti umani, per la pace e la nonviolenza; e' coautrice dell'importante libro: Monica Lanfranco, Maria G. Di Rienzo (a cura di), Donne disarmanti, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2003] "Il nostro dolore e' un grido per la giustizia", questo e' l'appello dalle Filippine della coalizione Vow (Voci di donne per i diritti civili). Al lancio della coalizione, il 7 maggio 2005 all'Universita' di Quezon City, presenziarono 96 rappresentanti di altrettanti gruppi di donne provenienti da tutto il paese. La coalizione si e' formata per contrastare gli attacchi e la repressione senza precedenti che investono attivisti politici, lavoratori impegnati nel movimento per la giustizia sociale, attivisti per i diritti umani, avvocati e lavoratori dei media nelle Filippine. Fra le testimonianze ascoltate quella del fratello di Angelina Bisuna Ipong, notoria attivista pacifista, sessantenne, che e' stata rapita dall'esercito e tenuta in "incommunicado" per 11 giorni, durante i quali ha sofferto violenze fisiche e sessuali. * Il testo dell'appello recita: "Siamo le donne delle comunita' urbane e contadine impoverite, veniamo dai ranghi delle lavoratrici, delle studenti, delle professioniste, delle donne di chiesa. Esprimiamo la nostra angoscia e la nostra indignazione per le morti di attivisti, giornalisti e sacerdoti: tutti difensori dei diritti e del benessere di donne e bambini. Denunciamo la crescente militarizzazione delle comunita' rurali, l'arresto illegale di attivisti, gli arresti e la criminalizzazione dei prigionieri politici e le repressioni violente che hanno disperso assemblee e manifestazioni pacifiche. Protestiamo per le azioni dell'esercito tese a schedare individui ed organizzazioni come "nemici dello stato" e ad indicarli come bersaglio per l'aver levato le loro voci in dissenso rispetto a politiche impopolari. Ci leviamo a protestare contro tutte le mosse del governo Arroyo che intendono istituire ulteriori misure repressive e legittimare il terrorismo di stato. L'imposizione del "Sistema di identificazione nazionale" (decreto Arroyo n. 420) e le leggi antiterrorismo in discussione in entrambi i rami del parlamento, pongono gravi minacce all'esercizio dei nostri diritti civili. Oggi, in una sola voce collettiva, impegniamo noi stesse a difendere le liberta' civili e a lottare per i nostri diritti. Diciamo basta al militarismo ed alla cultura della violenza che sono stati impiegati dal governo Arroyo contro dissenzienti pacifici. Diciamo basta all'attacco alle nostre vite, ai nostri diritti, alle nostre liberta' civili". 3. DOCUMENTAZIONE. ALCUNE ASSOCIAZIONI DI DONNE VENEZIANE: LE RAGIONI E I VALORI DEL SI' AL REFERENDUM [Ringraziamo Tiziana Plebani (per contatti: plebani at marciana.venezia.sbn.it) per averci inviato il seguente documento. Tiziana Plebani, prestigiosa intelletuale, bibliotecaria e storica, e' attiva nella Rete di donne per la pace di Mestre e Venezia; tra le sue opere: Il genere dei libri, Angeli, Milano 2001; Corpi e storia, Viella, Roma 2002] Mobilitarci per il referendum, e prima ancora contro la legge 40, votata in Parlamento nel 2004, ci ha portato come donne ad interrogarci sul tema della maternita', della nascita, del mettere al mondo. Perche' di questo si tratta: mettere al mondo e non uccidere. Il 12 e 13 giugno si svolgera' il referendum su alcuni articoli della legge che detta "Norme in materia di procreazione medicalmente assistita". La materia e' indubbiamente delicata e complessa, ma il Parlamento, nella sua maggioranza, ha votato una legge superficiale e oscurantista che offende innanzitutto noi donne non considerandoci persone adulte, capaci di scelte meditate e responsabili. Il Parlamento, e chi ci governa, attraverso l'affermazione contenuta nell'articolo 1, riconosce l'embrione come soggetto portatore di diritti, imponendo un'autonomia giuridica, separando cosi', simbolicamente e materialmente, quell'unicum che e' dato dall'inscindibile relazione madrefiglio e opponendo i diritti del nascituro a quelli del vivente. Qualsiasi norma inerente a tale delicata materia non puo' invece che originarsi dal rispetto e dalla massima attenzione per cio' che e' insito in tale rapporto madre-figlio: il valore della relazione umana di cui le donne vogliono essere, consapevolmente, portatrici. C'e' molto altro per cui rifiutare questa legge che qualcuno presenta come "attenta" alla nostra salute. Con la pretesa di tutelare il concepito le donne dovranno per legge sottoporsi, se desiderano una maternita', all'impianto di tre embrioni senza sapere se sono sani o non sani e non potranno, se essi sono malati, rifiutare l'impianto. Il corpo femminile e' ridotto cosi' a contenitore, cancellato il diritto all'autodeterminazione, principio e valore fondamentale conquistato da noi donne negli anni '70 con la legge 194. E' una legge inoltre che vorrebbe mettere ordine a colpi di esclusioni e divieti, sancendo le forme accettabili di legami e di convivenza tra uomini e donne. Divieti che suonano in contrasto con quella che dovrebbe essere l'imparzialita' e la laicita' dello Stato. Si escludono dalla fecondazione assistita le coppie non sterili, ma portatrici di patologie genetiche che potrebbero trasmettere ai figli. La giusta preoccupazione ignora pero' che oggi, grazie alla scienza e alle sue applicazioni, e' possibile fare le diagnosi pre-impianto e stimolare ormonalmente diversi ovociti, scegliendo quello sano. Nell'altro divieto, riguardante la fecondazione eterologa, si esclude dalla fecondazione assistita chi ricorre all'impianto di un embrione esterno alla coppia: tale scelta viene giustificata chiamando in causa la difesa della famiglia quale istituto naturale, stabile, unito, intoccabile. Ci chiediamo pero' se il concetto di famiglia non possa essere in grado di accogliere tutte le realta' dei nostri tempi valorizzando e non penalizzando le altre forme di coppia e di amorosa e responsabile convivenza. Come possiamo porci nel rapporto con la scienza e le sperimentazioni genetiche? Come donne e come cittadine di questo paese esprimiamo il nostro interesse verso la ricerca scientifica quando non sottosta' ai poteri forti e ai liberi mercati; quando viene incontro alle vite umane, alle persone colpite da gravi mali per guarirle e lenirne le sofferenze. La scienza ci dice che le cellule all'atto del concepimento non sono ancora embrioni, ma pre-embrioni e che possono essere prelevate e congelate per guarire gravissime malattie. La Legge 40 ne vieta il congelamento sia per fecondare che per guarire. E' dunque necessario abrogare i quattro articoli di questa legge e riaprire l'iter legislativo che dovra' accogliere le riflessioni, i sentimenti e i bisogni delle donne e degli uomini in materia di fecondazione assistita. Andiamo a votare e cambiamo l'orizzonte dando veramente priorita' alla vita reale. Il 12 e 13 giugno donne andiamo a votare. * Rete di donne per la pace, Comitato Donne Marghera Catene, Comitato Donne XXV Aprile, Comitato Lido Donna, Guado, Donneconledonne, Matriosca, Sis Venezia, LIdRA Tecnopolis, Settima Stanza, Rossorosarosarosso, Donne per la citta', Donna Informazione, Le Calamite 4. RIFLESSIONE. NANNI SALIO: UNA BREVE RIFLESSIONE [Ringraziamo Nanni Salio (per contatti: info at cssr-pas.org) per questo intervento. Giovanni (Nanni) Salio, torinese, nato nel 1943, ricercatore nella facolta' di Fisica dell'Universita' di Torino, segretario dell'Ipri (Italian Peace Research Institute), si occupa da alcuni decenni di ricerca, educazione e azione per la pace, ed e' tra le voci piu' autorevoli della cultura nonviolenta in Italia; e' il fondatore e l'attuale presidente del Centro studi "Domenico Sereno Regis", dotato di ricca biblioteca ed emeroteca specializzate su pace, ambiente, sviluppo (sede: via Garibaldi 13, 10122 Torino, tel. 011532824 - 011549005, fax: 0115158000, e-mail: regis at arpnet.it, sito: www.cssr-pas.org). Opere di Giovanni Salio: Difesa armata o difesa popolare nonviolenta?, Movimento Nonviolento, II edizione riveduta, Perugia 1983; Ipri (a cura di Giovanni Salio), Se vuoi la pace educa alla pace, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1983; con Antonino Drago, Scienza e guerra: i fisici contro la guerra nucleare, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1984; Le centrali nucleari e la bomba, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1984; Progetto di educazione alla pace, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1985-1991; Ipri (introduzione e cura di Giovanni Salio), I movimenti per la pace, vol. I. Le ragioni e il futuro, vol. II. Gli attori principali, vol. III. Una prospettiva mondiale, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1986-1989; Le guerre del Golfo e le ragioni della nonviolenza, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1991; con altri, Domenico Sereno Regis, Satyagraha, Torino 1994; Il potere della nonviolenza: dal crollo del muro di Berlino al nuovo disordine mondiale, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1995; Elementi di economia nonviolenta, Movimento Nonviolento, Verona 2001; con D. Filippone, G. Martignetti, S. Procopio, Internet per l'ambiente, Utet, Torino 2001] Carissimi amici e carissime amiche, in tutta amicizia, senza presunzione alcuna ma anche con molta schiettezza espongo brevemente alcune delle molte ragioni per le quali non ritengo di aderire a un appello [l'"Appello a non votare i referendum" pubblicato nel notiziario di ieri - ndr -] che si autodefinisce, molto impropriamente, ecologista e invita a non votare al prossimo referendum. Avrei preferito tacere, ma l'adesione espressa da alcuni cari amici e amiche mi induce a esprimere il mio parere. Comincio innanzi tutto dalle ragioni di ordine generale: l'appello che ci e' stato proposto e' un'accozzaglia di affermazioni che spaziano dal Pil all'eutanasia, privo di concisione come invece dovrebbero essere appelli importanti, che devono avere carattere specifico, circostanziato e documentato. Gli appelli, soprattutto su questioni cosi' delicate, non si costruiscono con gli slogan e con affermazioni che suonano apertamente offensive per la controparte. Gandhi ci ha insegnato ad avere un grande rispetto per la posizione dell'avversario e a documentarci a fondo. Altra cosa e' se si vuole scrivere un pamphlet, un libello con stile provocatorio. Ma non e' questa la sede, ne' c'e' il tempo per queste operazioni. Vanno fatte al momento giusto e nei luoghi opportuni. * Cosa significano affermazioni generiche come "il principio di efficienza", che fino a prova contraria e' proprio il principio regolatore al quale ci richiamano, tra gli altri, Wolfgang Sachs e il Wuppertal Institute per uscire dall'attuale impasse energetica? Anche affermazioni come "schiavitu' sotto il microscopio" sono destinate a farci cadere nella sterile polemica e nel ridicolo. E si potrebbe continuare con gran parte delle altre affermazioni, come la subordinazione dell'umanita' alla tecnologia. Scusatemi, ma quanti di voi e di noi fanno a meno del computer, della rete internet, del telefonino, dell'automobile, dell'elettricita'? Altra cosa e' ragionare e riflettere seriamente e pacatamente sulle questioni oggetto del referendum, che non sono gli ogm, il Pil, il nucleare, l'agricoltura biologica o l'eutanasia (alla quale peraltro, con le dovute cautele, Gandhi era favorevole). * Capisco, e in larga misura condivido, molte delle perplessita' e dei dubbi espressi nel corso del dibattito. Ma una cosa e' certa: la legge c'e' gia' e le posizioni del no e dell'astensione non impediscono certo ne' la fecondazione artificiale, ne' altre forme di intervento e/o manipolazione. La questione e' dunque un'altra: migliorare la legge, nei punti in cui e' chiaramente vessatoria e sbagliata; oppure darsi da fare, per chi e' di questa opinione, per impedire totalmente ogni forma di manipolazione. Ma per far questo occorre un'altra procedura, che non e' quella di cui si discute. * Anche chi introduce nel dibattito il concetto di natura deve farlo consapevole del fatto che l'uomo e' egli stesso un prodotto della natura, ne fa parte e forse ha anche il compito di perfezionarla, di proseguirne la spinta evolutiva, con grande cautela, la' dove essa non e' certo madre benigna (non c'e' bisogno di essere leopardiani per accorgersene). E' un compito che anche Capitini adombrava, certamente assai difficile, ma che in linea di principio e' nell'ordine delle possibilita'. Altra cosa sono le storture del sistema di potere e del sistema economico, ma anche queste sono questioni che possiamo non solo denunciare, ma migliorare con interventi specifici, mirati e non generici. Di questo, e di altre cose ancora, avremmo dovuto parlare, entrando nel merito specifico delle argomentazioni e delle controargomentazioni, e non limitarci all'ultimo momento a stilare documenti francamente improponibili. Mi auguro di riparlarne con maggiore serenita' e profondita'. 5. RIFLESSIONE. ENRICO PEYRETTI: BONHOEFFER E LE ROSE DI BERLINO E DI MONACO [Ringraziamo Enrico Peyretti (per contatti: e.pey at libero.it) per questo intervento.. Enrico Peyretti e' uno dei principali collaboratori di questo foglio, ed uno dei maestri piu' nitidi della cultura e dell'impegno di pace e di nonviolenza. Tra le sue opere: (a cura di), Al di la' del "non uccidere", Cens, Liscate 1989; Dall'albero dei giorni, Servitium, Sotto il Monte 1998; La politica e' pace, Cittadella, Assisi 1998; Per perdere la guerra, Beppe Grande, Torino 1999; Dov'e' la vittoria?, Il segno dei Gabrielli, Negarine (Verona) 2005; e' disponibile nella rete telematica la sua fondamentale ricerca bibliografica Difesa senza guerra. Bibliografia storica delle lotte nonarmate e nonviolente, ricerca di cui una recente edizione a stampa e' in appendice al libro di Jean-Marie Muller, Il principio nonviolenza, Plus, Pisa 2004 (libro di cui Enrico Peyretti ha curato la traduzione italiana), e una recente edizione aggiornata e' nei nn. 791-792 di questo notiziario; vari suoi interventi sono anche nei siti: www.cssr-pas.org, www.ilfoglio.org e alla pagina web http://db.peacelink.org/tools/author.php?l=peyretti Una piu' ampia bibliografia dei principali scritti di Enrico Peyretti e' nel n. 731 del 15 novembre 2003 di questo notiziario. Dietrich Bonhoeffer, nato a Breslavia nel 1906, pastore e teologo, fu ucciso dai nazisti il 9 aprile del 1945; non e' solo un eroe della Resistenza, e' uno dei pensatori fondamentali del Novecento. Opere di Dietrich Bonhoeffer: Resistenza e resa (lettere e scritti dal carcere), Paoline, Cinisello Balsamo (Mi) 1988; Etica, Bompiani, Milano 1969; presso la Queriniana di Brescia sono stati pubblicati molti degli scritti di Bonhoeffer (tra cui ovviamente anche Sanctorum Communio, Atto ed essere, Sequela, La vita comune). Opere su Dietrich Bonhoeffer: Eberhard Bethge, Dietrich Bonhoeffer, amicizia e resistenza, Claudiana, Torino 1995; Italo Mancini, Bonhoeffer, Morcelliana, Brescia 1995; AA. VV., Rileggere Bonhoeffer, "Hermeneutica" 1996, Morcelliana, Brescia 1996; Ruggieri (a cura di), Dietrich Bonhoeffer, la fede concreta, Il Mulino, Bologna 1996. Sulla Rosa Bianca: tra il 1942 ed il 1943 un gruppo di studenti ed un professore di Monaco realizzarono e diffusero una serie di sei volantini clandestini antinazisti. I primi quattro volantini si aprivano col titolo "Fogli volanti della Rosa bianca" ed erano diffusi in poche centinaia di copie; gli ultimi due intitolati "Fogli volanti del movimento di Resistenza in Germania" ciclostilati in qualche migliaia di copie. Scoperti, furono condannati a morte e decapitati gli studenti Hans Scholl, Sophie Scholl, Christoph Probst, Willi Graf, Alexander Schmorell ed il professor Kurt Huber. Opere sulla Rosa Bianca: Inge Scholl, La Rosa Bianca, La Nuova Italia, Firenze, 1966, rist. 1978 (scritto dalla sorella di Hans e Sophie Scholl, il volume - la cui traduzione italiana e' parziale - contiene anche i testi dei volantini diffusi clandestinamente dalla Rosa Bianca); Klaus Vielhaber, Hubert Hanisch, Anneliese Knoop-Graf (a cura di), Violenza e coscienza. Willi Graf e la Rosa Bianca, La nuova Europa, Firenze 1978; Paolo Ghezzi, La Rosa Bianca. Un gruppo di resistenza al nazismo in nome della liberta', Paoline, Cinisello Balsamo (Mi) 1993; Romano Guardini, La Rosa Bianca, Morcelliana, Brescia 1994; Paolo Ghezzi, Sophie Scholl e la Rosa Bianca, Morcelliana, Brescia 2003. Alcune piu' dettagliate notizie biografiche sui principali appartenenti al movimento di resistenza della "Rosa bianca" sono nel n. 909 di questo foglio (altri materiali ancora nei nn. 910 e 913)] Le donne della Rosenstrasse videro meglio di Bonhoeffer. Il teologo accetto' di collaborare al complotto per uccidere Hitler, in base all'etica della responsabilita': era meglio rendersi colpevoli dell'omicidio del tiranno, davanti a Dio, piuttosto di lasciare che questi continuasse a far morire tanti. Meglio della purezza personale, era il peccato necessario, fidando in Dio, per fermare un male piu' grande. Etica rispettabile e seria. Cosi' decidiamo tante volte. Eppure, alcuni alti ufficiali, congiurati nel vasto complotto militare contro Hitler, rifiutarono di eseguire l'attentato, "per non diventare come Hitler" uccidendolo. Non erano ne' pacifisti ne' nonviolenti, ma sentirono la contraddizione della violenza contro la violenza, che rinnova violenza. Von Stauffenberg si assunse la responsabilita' come esecutore, il 20 luglio 1944, analogamente a Bonhoeffer come collaboratore. E si' che era mutilato di diverse dita, e l'atto di innescare la bomba, con una scusa, nella stanza accanto, non gli fu facile. L'attentato (era circa il ventesimo tentativo) falli' per altri banali motivi, come si sa, e von Stauffenberg pago' con la vita, la sera stessa di quel giorno. * Le donne tedesche della Rosenstrasse (via delle Rose) di Berlino fecero meglio di Bonhoeffer e dei militari, senza riflessioni morali teoriche e teologiche. La loro azione aveva un obiettivo e un metodo. L'obiettivo era farsi restituire i propri mariti ebrei catturati per essere deportati ad Auschwitz. Il metodo era la loro protesta pubblica, in centinaia o migliaia, per strada, davanti all'edificio dove gli uomini erano rinchiusi, per diversi giorni e notti, a loro rischio, con coraggio determinato. Gridavano insieme: "Gebt uns unsere Maenner wieder", ridateci i nostri mariti. Ottennero la liberazione degli uomini (persino di alcuni gia' ad Auschwitz, riportati a Berlino) perche' la loro azione era talmente forte, che il potere tirannico temette una pericolosa estensione della rivolta popolare nonviolenta, specialmente a causa del momento difficile, dopo la disfatta di Stalingrado. Il governo fu costretto a riparare l'azione ingiusta con un atto giusto, secondo la volonta' imposta dalle donne con la forza della verita', senza violenza sulla vita dei violenti. Un successo parziale simile ottennero gli operai in sciopero nel nord-Italia nel marzo 1944. * Bonhoeffer accettava il peccato necessario, con fede in Dio, nella ricerca difficile della giustizia. Le donne della Rosenstrasse fecero quello che era giusto. Senza i mezzi e il tempo di teorizzare, imboccarono la strada migliore, piu' pura, piu' efficace (in questo caso almeno, come i fatti dimostrarono), piu' responsabile di tutte le conseguenze, piu' coraggiosa. I congiurati del 20 luglio non ottennero la morte di Hitler ma l'uccisione di von Stauffenberg e di vari altri, tra cui Bonhoeffer stesso, e l'indurimento ulteriore della Gewaltherrschaft, il potere violento. * I giovani studenti della Rosa Bianca, a Monaco, anche prima di Stalingrado, percorsero, con altra tattica, una loro via delle Rose, la stessa strategia delle donne di Berlino: risvegliare il popolo diffondendo in volantini forti critiche del nazismo. Ne' le donne ne' questi giovani riuscirono a svegliare il popolo. Nel caso della Rosenstrasse, la tirannia, per paura di questa arma nonviolenta totale, cedette. Nel caso della Rosa Bianca, vedendo che il popolo non minacciava di svegliarsi, ma anche preoccupata di scongiurare questo massimo pericolo, la dittatura schiaccio' senza clamore i giovani e il loro professore, ghigliottinandoli. Ma la via delle donne e degli studenti era, nei fatti, la stessa, ed era piu' potente e minacciosa del complotto militare; era, nell'etica delle responsabilita' lunga, piu' attenta e responsabile di tutti gli effetti e conseguenze; era piu' umana e coraggiosa, era praticabile da cittadini assolutamente comuni e disarmati, donne e studenti. * In tempi e situazioni mutate, contro altri poteri autoritari, i popoli della Germania e di altri paesi est-europei, dopo alcuni tentativi falliti ma non tutti sbagliati (Berlino 1953, Ungheria 1956, Cecoslovacchia 1968, Polonia 1981), arrivarono al successo nonviolento: nel 1989 deposero senza colpo ferire (unica eccezione la Romania) governi autoritari con la sola decisa, platealmente dichiarata, non-obbedienza di massa. Questa, per ogni potere non consensuale, e' dichiarazione efficace (enunciato performativo) di non-esistenza. Infatti, ogni potere consiste, in ultima analisi, nell'essere obbedito. La nonviolenza attiva e' la via giusta ed efficace per la giustizia. Se poi, come la stessa India di Gandhi, i popoli deviano e si assoggettano ad altri poteri (economico, capitalista, militare, consumista), cio' non inficia il valore umano reale delle rivoluzioni liberatrici nonviolente. Queste dicono le possibilita' della via giusta, le successive deviazioni dicono la debolezza della nostra umanita'. In questa debolezza, nessuna novita'. La bella vera novita' sono le possibilita' della lotta nonviolenta. 6. LIBRI. RANIERO LA VALLE PRESENTA "ANCHE IL CIELO E' DI DIO" DI GIOVANNI FRANZONI [Dal sito de "La rivista del manifesto" (www.larivistadelmanifesto.it) riprendiamo questo articolo apparso nel n. 9 del settembre 2000. Raniero La Valle (per contatti: raniero.lavalle at tiscalinet.it) e' nato a Roma nel 1931, prestigioso intellettuale, giornalista, gia' direttore de "L'avvenire d'Italia", direttore di Vasti - scuola di critica delle antropologie, presidente del Comitato per la democrazia internazionale, gia' parlamentare, e' una delle figure piu' vive della cultura della pace; autore, fra l'altro, di: Dalla parte di Abele, Mondadori, Milano 1971; Fuori dal campo, Mondadori, Milano 1978; (con Linda Bimbi), Marianella e i suoi fratelli, Feltrinelli, Milano 1983; Pacem in terris, l'enciclica della liberazione, Edizioni Cultura della Pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1987; Prima che l'amore finisca, Ponte alle grazie, Milano 2003. Giovanni Franzoni e' una delle figure piu' autorevoli della spiritualita' contemporanea, della solidarieta' con le persone ed i popoli oppressi, della pace e della nonviolenza; nato nel 1928 a Varna, in Bulgaria, dove il padre toscano si era trasferito per lavoro, cresciuto a Firenze, studente di teologia presso il Pontificio Ateneo di Sant'Anselmo di Roma, viene ordinato prete nel 1955, e negli anni sessanta insegna storia e filosofia nel Collegio di Farfa, monaco benedettino, nel marzo 1964 e' eletto abate dell'abbazia di S. Paolo fuori le mura a Roma, e' padre conciliare alle ultime due sessioni del Concilio Vaticano II; le sue prese di posizione contro il Concordato, contro la guerra nel Vietnam, di solidarieta' con le lotte operaie e popolari, gli procurano l'ostilita' delle gerarchie vaticane; animatore di comunita' cristiane di base, collabora dalla fondazione con la rivista ecumenica "Com-nuovi tempi" (poi divenuta "Confronti"); ha sempre partecipato al dibattito sociale ed etico intorno ai temi cruciali del nostro tempo da un punto di vista che tiene conto del pensiero religioso in modo libero e autonomo; da oltre quarant'anni la sua attivita' pratica e teorica e' rivolta alle popolazioni piu' povere del pianeta, senza dimenticare le responsabilita' e i problemi delle societa' avanzate. Dal sito www.cdbchieri.it riprendiamo la seguente notizia biografica: "Giovanni Franzoni, (Varna, Bulgaria, 1928) ha trascorso la sua giovinezza a Firenze, dove ha lavorato nella Dc. Maturata la vocazione sacerdotale nell'Azione Cattolica, ha frequentato il Collegio Capranica a Roma e ha poi studiato teologia al Sant'Anselmo. Rettore del collegio di Farfa, nel marzo 1964 e' eletto abate dell'Abbazia di S. Paolo fuori le mura a Roma. Partecipa come padre conciliare alle ultime due sessioni del Concilio Vaticano II. Le sue prese di posizione contro il concordato tra Sta to e Chiesa e contro la guerra nel Vietnam, come la solidarieta' espressa alle lotte operaie nel 1969 e nel 1970, gli procurano l'ostilita' del Vaticano e nel 1973 e' costretto a dimettersi dalla carica di abate. Nel 1974 prende posizione per la liberta' di voto dei cattolici per il referendum sul divorzio e viene sospeso a divinis. In occasione delle elezioni politiche del 1976, annuncia che votera' per il Pci e il 2 agosto dello stesso anno viene ridotto allo stato laicale. Animatore di comunita' cristiane di base, collabora, dalla fondazione con la rivista ecumenica 'Com-Nuovi tempi' (dal 1989 'Confronti'). E' redattore del mensile 'Input'". Tra le opere di Giovanni Franzoni: Tra le opere di Giovanni Franzoni: La terra e' di Dio, Com, Roma 1973 (recentemente riedita in edizione ampliata); Il mio regno non e' di questo mondo, Com, Roma 1974; Omelie a S. Paolo fuori le mura, Idoc-Mondadori, Milano 1974; Tra la gente, Com, Roma 1976; Il posto della fede, Coines, Roma 1977; Il diavolo, mio fratello, Rubbettino, Soveria Mannelli 1986 (tr. tedesca, Der Teufel mein Bruder, Koesel-Ver); Le tentazioni di Cristo, Rubbettino, Soveria Mannelli 1990; La solitudine del samaritano, Theoria, Roma-Napoli 1993; Farete riposare la terra, Edup, Roma 1996; Giobbe. L'ultima tentazione, Com - Nuovi Tempi, Roma 1997; Lo strappo nel cielo di carta, Edup 1999; Anche il cielo e' di Dio, Edup, Roma 2000; con Mario Manacorda, Le ombre di Wojtyla, 2000; La donna e il cerchio, 2001; Ofelia e le altre, Datanews, Roma 2001; La morte condivisa, Edup, Roma; Eutanasia. Pragmatismo, cultura, legge, Edup, Roma 2004] Il mondo sembra come quell'ubriaco che cercava la chiave sotto il lampione, invece di cercarla nel buio dove l'aveva perduta, e poiche' non la trovava, concludeva che la chiave non c'era. Spinte a confrontarsi col problema di tenere in piedi e sfamare un mondo ormai unificato ma flagellato dalla poverta', dallo sfruttamento, dall'ingiusta ripartizione delle risorse, le leadership mondiali si sono illuse di trovare la chiave del problema nello sviluppo promosso e gestito dal mercato; ma preso atto che per tale via il problema non ha soluzione (e anzi ad ogni rapporto annuale dell'Onu, della Banca Mondiale, dell'unicef e di innumerevoli altri osservatori internazionali risulta che la situazione si aggrava sempre piu', che la poverta' cresce piu' della ricchezza e che il punto di crisi si avvicina rapidamente), hanno concluso che la chiave non c'e': il mondo non puo' andare a posto, le distanze non possono essere colmate, le risorse non bastano, il mercato non produce equita' ma d'altra parte nulla puo' sottrarsi al mercato, l'unica cosa da fare e' accettare la realta' di un mondo diviso, in cui la parte piu' piccola, ma piu' ricca ed armata, si fa il mondo a propria misura, e si coalizza per difendersi con ogni mezzo dalla parte piu' numerosa ed estesa, ma ancora troppo debole e dipendente per ribellarsi. E' una scelta disperata, perche' rompe l'unita' di destino del mondo, e sconta che solo una parte sopravviva; essa non bastera' a garantire la "sicurezza" ai prescelti per tutto il XXI secolo, come promette ai 19 Stati membri la Nato rigenerata dalla guerra jugoslava, ma nel breve termine sembra efficace ed altre ipotesi non sono contemplate. Il libro di Giovanni Franzoni, "Anche il cielo e' di Dio. Il credito dei poveri", or ora uscito nelle Edizioni dell'universita' Popolare, (Edup, pp. 119, lire 16.000), rompe questa spirale d'impotenza e di disperazione, e dice che la chiave c'e'. Dunque il suo valore dipende tutto dalla verifica di questa tesi, e percio' da una discussione volta ad accertare se questa chiave esista davvero, e se si possano suscitare forze sufficienti ad azionarla per aprire un varco a un'altra prospettiva; una discussione che e' dunque insieme di teoria economica e di agibilita' politica. Lasciamo stare per ora tutto il riferimento al giubileo e all'inizio di millennio che costituiscono l'occasione e il contesto in cui il libro si colloca. Diciamo solo che esso riprende un discorso avviato in vista di un altro giubileo, quello del 1975, da Giovanni Franzoni, allora abate di San Paolo fuori le Mura, con una lettera pastorale intitolata "La terra e' di Dio", in cui gia' si affermava che l'unico senso possibile del giubileo fosse quello biblico del fare giustizia, e si sosteneva la tesi della terra come eredita' di Dio per tutti gli uomini e le donne, intendendosi la terra anche come terreni fabbricabili con speciale riguardo alla speculazione edilizia a Roma. Anche dell'attuale giubileo Franzoni scopre "due anime", e naturalmente ne sceglie quella rimossa, del fare giustizia, ma si fa forte di una citazione di papa Wojtyla che, riprendendo un testo del Concilio Vaticano II, aveva indicato come prioritari "gli obblighi di giustizia", i quali comportano che "non si offra come dono di carita' cio' che gia' e' dovuto a titolo di giustizia". Ma la novita' del ragionamento di Franzoni, che va ben al di la' della passeggera contingenza giubilare, sta nell'estendere ai "cieli" (il che vuol dire, per il futuro, le risorse della luna e dei pianeti, ma intanto le bande elettromagnetiche, le orbite satellitari, l'ossigeno e la fascia dell'ozono) quel regime di pertinenza collettiva e di uso comune che aveva perorato per la terra; con la differenza che mentre la terra e' stata appropriata in secoli di conquiste, acquisizioni, spartizioni e dominio proprietario, e quindi i fatti sono largamente compiuti, per i cieli, e per i fondi marini, per l'Antartide, la corsa per l'appropriazione, lo sfruttamento intensivo e la commercializzazione e' appena cominciata, ed anzi, dice Franzoni, "mentre siamo invitati a godere lo spettacolo dei fuochi artificiali di fine millennio, una lesta mano si appropria di cio' che e' bene comune dell'umanita'", ragione per cui occorre guardare, per un "imperativo morale", "dentro i meccanismi di espropriazione della vita e di spoliazione dei poveri che sono attualmente in corso, sotto i nostri occhi, proprio in questo passaggio di millennio". La questione che mette in movimento la riflessione di Franzoni e' quella classica e senza uscita del debito dei Paesi poveri. L'analisi di come si e' andato formando questo debito, in forza di prestiti concessi praticamente ad usura, i cui interessi non pagati sono stati via via capitalizzati, per cui un debito totale di 603 miliardi di dollari nel 1980 ha raggiunto la somma di 2.465 miliardi di dollari nel 1998, dimostra che per quanto possano essere condonate singole poste del debito (come ha fatto l'Italia), il problema non si risolve; i condoni parziali sono selettivi, privilegiano i meritevoli e puniscono i "discoli" ne', con l'aria che tira, si puo' fare affidamento sulla generosita' di tutti i creditori; inoltre un debito condonato, e' fonte di nuova sottomissione; occorre percio' un modo di uscire dal debito che sia nello stesso tempo uscita dalla tenaglia della poverta' e da quella della dipendenza. La proposta di Franzoni e' di riconoscere ai Paesi debitori un credito non puramente "morale", ma reale, equivalente alla loro quota di partecipazione ai beni comuni dell'umanita' (cielo, fondi marini, atmosfera, ecc.), Non piu' lasciati all'appropriazione dei primi che se ne impossessano (governi, compagnie telefoniche ed informatiche, imprese multinazionali), ma mantenuti indivisi per l'uso comune, ed il cui uso venga pagato dai concessionari con dei canoni, delle tasse, delle royalties. In tal modo debiti e crediti dei Paesi indebitati si compenserebbero; i crediti verrebbero in parte trasferiti su un Fondo internazionale comune, nel quale confluirebbero anche i canoni e le tasse legati all'uso dei beni comuni, e le stesse banche sarebbero ben contente di essere pagate da debitori solvibili. Benche' congegnato in funzione della soluzione del problema del debito, il sistema proposto, dietro il quale ci sono numerosi studi elaborati in diverse parti del mondo dalla cultura alternativa, ha una portata assai piu' generale. Il presupposto teorico e' che il "il cielo e' di Dio" e percio', non senza solidi fondamenti biblici, pontifici e conciliari, o di testi appartenenti alle altre tradizioni religiose, e' da considerare eredita' comune di tutta l'umanita', common heritage, come dicono gli anglosassoni, ovvero, in termini non dipendenti da visioni religiose, "bene comune", inteso come "massa di risorse convertibile in ricchezza da fruire in forma egualitaria da parte di tutti i titolari di questa preziosa eredita'"; viene invece evitata l'espressione "proprieta' comune", per non ricadere nella gabbia del diritto proprietario e delle sue aberrazioni. Una di tali aberrazioni e' il principio che finora ha presieduto all'estensione universale della proprieta' e all'appropriazione dei beni comuni. E' il principio che dal diritto romano si e' trasmesso immutato fino ad ora, secondo il quale le cose "di nessuno" (cioe', rovesciando il punto di vista, le cose di tutti), sono del "primo occupante". In pratica e' lo "ius predae" che e' stato invocato per legittimare l'acquisto spagnolo delle Americhe (in base al concetto che le terre degli Indios fossero res nullius) come le conquiste nelle Indie e nell'Africa; uno sviluppo di tale dottrina e' stato formulato da Locke con l'affermazione che "quando uno trae qualcosa dallo stato naturale con il proprio lavoro", acquisisce, salve alcune condizioni di equita', la proprieta' delle cose; e una singolare modernissima filiazione di questa dottrina si trova nel principio in base a cui la Uit (International Communication Union), agenzia dell'Onu incaricata di assegnare le orbite satellitari e le bande di frequenza, distribuisce tali risorse agli Stati e alle imprese, il principio cioe' che "il primo arrivato e' il primo servito" (first come, first served), che non e' che una variante dello "ius primi occupantis". Contro questa filosofia e questa prassi si tratterebbe di far emergere, sviluppandone i semi gia' presenti nell'attuale diritto internazionale, un nuovo diritto del patrimonio comune dell'umanita', non suscettibile di alienazione e di appropriazione da parte di alcuno. Di questo patrimonio farebbero parte i beni gia' citati (il cielo, con tutte le sue pertinenze materiali e immateriali, risorse minerarie dei corpi celesti, vie di comunicazione, bande di frequenza, orbite ecc., i fondi marini, le piattaforme glaciali) ma pure altri beni essenziali come l'acqua (contro la sete che avanza), le fonti energetiche alternative e anche, secondo alcuni, le conoscenze scientifiche e le relative realizzazioni tecnologiche prodotte dalle generazioni precedenti e lasciate in eredita' alle future, e cosi' via. L'uso di tali risorse, da chiunque messe a frutto, produrrebbe un gettito finanziario che, convogliato in un Fondo internazionale comune, dovrebbe assicurare a tutta la popolazione della terra almeno quei beni vitali e quei servizi essenziali che nei Paesi sviluppati sono (o erano) garantiti dal welfare. E questa, appunto, sarebbe la "chiave": Alla politica naturalmente toccherebbe il compito difficilissimo di girare questa chiave nella toppa, ma sarebbe una politica finalmente tornata a misurarsi con il problemi dei bisogni reali dell'umanita' e del suo destino. Ma c'e' un aspetto di piu' lungo periodo e di portata piu' generale di questa proposta. Essa ha il valore di rompere, almeno in un punto, il sistema d'appropriabilita' universale che ha governato il corso storico fino ad ora, ed ha condotto all'attuale crisi. E non si allude solo alla crisi economica, all'impossibilita' ormai di provvedere ai bisogni materiali dell'intera umanita', ma alla crisi di universale alienazione a cui l'universale appropriazione ha condotto. E' il tema lungamente analizzato da Claudio Napoleoni nella fase finale della sua vita, soprattutto a partire dal "Discorso sull'economia politica". Napoleoni collocava la causa dell'alienazione, ben oltre Marx, nel rapporto dell'uomo con le cose, con la natura, con le altre persone, come con cio' che puo' essere prodotto, che e' "producibile", si' che in questa producibilita' generale lo stesso soggetto diventa prodotto e percio' perde la sua soggettivita'. Ma questa alienazione interviene in forza del fatto che cio' che e' producibile e' anche appropriabile, e percio' il soggetto, divenuto prodotto, e' anche appropriato, perde la sua identita'; tutto e' prodotto, e' appropriato, e percio' negato nella sua identita' e irriducibile alterita', divenuto fungibile; e cosi' e' dell'umanita' stessa. Rompere questo cerchio, non attraverso il mero passaggio dalla proprieta' privata alla proprieta' collettiva, che non muta la natura del rapporto, ma affermando che c'e' cio' che non e' appropriabile, cose, beni, natura e persone, e' il punto di fuga teorico, e non solo materiale, dalla crisi profonda a cui tutto il corso storico e' pervenuto. 7. RIVISTE. CON "QUALEVITA", LA RIFLESSIONE DI CARLA DELL'AGLIO Abbonarsi a "Qualevita" e' un modo per sostenere la nonviolenza. Ponendosi all'ascolto della riflessione di Carla Dell'Aglio. * "La questione di fondo da cui tutti si deve partire e' come ci rapportiamo con i poveri" (Carla Dell'Aglio, Se il nostro lievito non sara' diverso..., nell'agenda "Giorni nonviolenti 2005", Edizioni Qualevita). * "Qualevita" e' il bel bimestrale di riflessione e informazione nonviolenta che insieme ad "Azione nonviolenta", "Mosaico di pace", "Quaderni satyagraha" e poche altre riviste e' una delle voci piu' qualificate della nonviolenza nel nostro paese. Ma e' anche una casa editrice che pubblica libri appassionanti e utilissimi, e che ogni anno mette a disposizione con l'agenza-diario "Giorni nonviolenti" uno degli strumenti di lavoro migliori di cui disponiamo. Abbonarsi a "Qualevita", regalare a una persona amica un abbonamento a "Qualevita", e' un'azione buona e feconda. Per informazioni e contatti: Edizioni Qualevita, via Michelangelo 2, 67030 Torre dei Nolfi (Aq), tel. 3495843946, o anche 0864460006, o ancora 086446448; e-mail: sudest at iol.it o anche qualevita3 at tele2.it; sito: www.peacelink.it/users/qualevita Per abbonamenti alla rivista bimestrale "Qualevita": abbonamento annuo: euro 13, da versare sul ccp 10750677, intestato a "Qualevita", via Michelangelo 2, 67030 Torre dei Nolfi (Aq), specificando nella causale "abbonamento a 'Qualevita'". 8. RILETTURE. ANGELA ALES BELLO: EDITH STEIN. LA PASSIONE PER LA VERITA' Angela Ales Bello, Edith Stein. La passione per la verita', Edizioni Messaggero di Sant'Antonio, Padova 1998, 2003, pp. 142, euro 11. Una bella ed agile monografia introduttiva della piu' illustre studiosa italiana di Edith Stein. 9. RILETTURE. LAURA BOELLA, ANNAROSA BUTTARELLI: PER AMORE DI ALTRO. L'EMPATIA A PARTIRE DA EDITH STEIN Laura Boella, Annarosa Buttarelli, Per amore di altro. L'empatia a partire da Edith Stein, Raffaello Cortina Editore, Milano 2000, pp. 118, lire 16.000. Un appassionante saggio all'ascolto della grande pensatrice assassinata ad Auschwitz. 10. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 11. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at inwind.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 959 del 12 giugno 2005 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione).
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