La nonviolenza e' in cammino. 959



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 959 del 12 giugno 2005

Sommario di questo numero:
1. Gerard Lutte: Rifugi e alberghi di transizione per i giovani di strada in
Guatemala
2. Maria G. Di Rienzo: Un appello dalle Filippine
3. Alcune associazioni di donne veneziane: Le ragioni e i valori del si' al
referendum
4. Nanni Salio: Una breve riflessione
5. Enrico Peyretti: Bonhoeffer e le rose di Berlino e di Monaco
6. Raniero La Valle presenta "Anche il cielo e' di Dio" di Giovanni Franzoni
7. Con "Qualevita", la riflessione di Carla Dell'Aglio
8. Riletture: Angela Ales Bello, Edith Stein. La passione per la verita'
9. Riletture: Laura Boella, Annarosa Buttarelli, Per amore di altro.
L'empatia a partire da Edith Stein
10. La "Carta" del Movimento Nonviolento
11. Per saperne di piu'

1. INIZIATIVE. GERARD LUTTE: RIFUGI E  ALBERGHI DI TRANSIZIONE PER I GIOVANI
DI STRADA IN GUATEMALA
[Da: "Amistrada", rete di amiche ed amici delle ragazze e ragazzi di strada
(per contatti: quetzalitas at tin.it) riceviamo e diffondiamo.
Gerard Lutte, di origine belga, da molti anni in Italia, docente
universitario di psicologia dell'eta' evolutiva, ha partecipato a Roma alla
vita e alle lotte degli abitanti di una borgata di baraccati e di un
quartiere popolare e ad un lavoro sociale con i giovani piu' emarginati;
collabora con movimenti di solidarieta' ed esperienze di accoglienza; ha
promosso iniziative mirate e concrete di solidarieta' internazionale dal
basso e di auto-aiuto, con particolar riferimento alla situazione
centroamericana, di impegno di liberazione con i giovani e soprattutto le
bambine e i bambini di strada. Tra le opere di Gerard Lutte: Quando gli
adolescenti sono adulti... I giovani in Nicaragua, Edizioni Gruppo Abele,
Torino 1984; Sopprimere l'adolescenza?, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1984;
Psicologia degli adolescenti e dei giovani, Il Mulino, Bologna 1987; Dalla
religione al vangelo, Kappa, Roma 1989; Cinquantanove ragazze e ragazzi di
strada con Gerard Lutte, Principesse e sognatori nelle strade in Guatemala,
Kappa, Roma 1994 (ne e' stata successivamente pubblicata una seconda
edizione aggiornata).
Il sito della Rete di amicizia con le ragazze e ragazzi di strada, che
contiene progetti, testimonianze, ricerche, libri, bollettini e centinaia di
foto, sezioni francese, italiana, spagnola ed inglese, e'
www.reteamicizia.net]

Care amiche ed amici delle ragazze e ragazzi di strada,
gli assassinii recenti di Dionisio e di Elisabeth ci ricordano l'estrema
urgenza di aprire rifugi notturni e case di accoglienza per le ragazze e
ragazzi di strada organizzati nel movimento che appoggiamo in Guatemala.
Il progetto globale, approvato dalle reti di amicizia dell'Italia e del
Belgio prevedono questa iniziativa che finora non si e' potuto realizzare
per mancanza di mezzi finanziari.
Per proteggere la vita dei giovani di strada, aiutarli a reinserirsi nella
societa', e' indispensabile aprire casse di accoglienza.
Questi rifugi sono necessari non solo per proteggere bambini e giovani
contro le violenze, gli stupri, i sequestri, gli assassinii di cui sono
spesso vittime, ma anche per facilitare il reinserimento dei giovani che
vogliono lasciare la strada, in particolare delle giovani madri che prendono
questa decisione per amore per i loro figli.
Non e' facile lasciare la strada per condurre una vita autonoma nella
societa': bisogna volerlo liberamente, acquisire fiducia in se' e stabilita'
emozionale, allontanarsi dalle droghe, diventare capace di vivere solo o in
coppia, trovare un lavoro ed un alloggio.
Oggi, dopo anni di lavoro del movimento, il numero delle ragazze e ragazzi
che decidono di uscire dalla strada e' in continuo aumento, ma non sempre
riusciamo a dar loro l'aiuto necessario al momento giusto perche' non
abbiamo case di accoglienza che potrebbero facilitare la transizione dalla
strada alla vita in societa'. A volte chiediamo ad altre istituzioni di
accoglierli, ma le ragazze ed i ragazzi che sono abituati nel movimento a
partecipare alle decisioni, non riescono a vivere in case dove gli adulti
decidono per loro e non rispettano la loro liberta'. Poi alcune istituzioni
offrono solo parcheggi senza possibilita' di studiare e di imparare un
mestiere.
E poi ci sono le emergenze: le madri che vogliono uscire dalla strada per
partorire ed allevare i figli, quelli che rischiano di essere assassinati
come Dionisio ed Elisabetta, quelli come Carla e il suo compagno che
all'improvviso si ritrovano in strada senza volerlo. E' quindi
indispensabile aprire due alberghi, uno per le ragazze ed i loro figli,
l'altro per i ragazzi e le coppie.  Prima di tutto per le ragazze, per
difenderle dagli stupratori sempre in agguato e proteggere i bambini piccoli
che rischiano di morire in strada o di essere rubati da loschi trafficanti.
Apriremo rapidamente in memoria di Elisabetta e di Dionisio.
*
Tre esempi
Jennifer, vedova a 17 anni
Il 22 febbraio scorso e' stato scoperto il corpo senza vita di Dionisio in
una casa abbandonata. La morte risaliva a due, tre giorni. Era stato
pugnalato ed e' morto solo, senza che la sua compagna o un amico gli tenesse
la mano.
Aveva vent'anni. Era una speranza per il movimento: stava uscendo dalla
strada, era assistente dell'officina di falegnameria e ne aveva la
responsabilita' in assenza dell'istruttore che veniva solo due volte la
settimana. Un amico fedele, che aiutava, del quale ci si poteva fidare.
Amava la sua compagna Jennifer, adorava Vicky, la sua figliola di poco piu'
di anno. Frequentava una scuola e faceva parte di "Nuova generazion", gruppo
di aiuto muto dei ragazzi usciti dalla strada. Non si conoscono gli
assassini, probabilmente sono consumatori di crack, questa droga terribile
che aumenta i livelli di aggressivita' e di violenza.
Una pugnalata ha spezzato una giovane vita, annientato anni di sforzi e di
sogni, distrutto una famiglia, vanificato l'impegno del movimento.
Jennifer, vedova a17 anni, rimane sola per allevare la loro figlia, per fare
fronte al suo impegno di responsabile del movimento. Inesorabilmente aumenta
il numero dei martiri della strada e troppo spesso la morte e' piu' rapida
di noi.
*
Di lei rimane solo una chiazza rossa nella diciottesima strada
Si chiamava Elisabetta. Aveva 17 anni e tanta voglia di vivere, di essere
libera, rispettata, amata, ascoltata. Questo sogno l'aveva spinta in strada
a soli otto anni. Lo stesso sogno le aveva fatto prendere la decisione, dopo
nove anni, di uscire dalla strada. Faceva parte del movimento dei giovani di
strada. Da tre mesi si era allontanata dalla droga.
Un killer spietato ha assassinato Elisabeth nella notte tra il  22 e il 23
aprile scorso. Lei aveva respinto la sua proposta di rapporti sessuali. Il
losco individuo e' tornato nella notte e con un'arma in dotazione
all'esercito e agli squadroni della morte l'ha massacrata sparandole a
bruciapelo nove pallottole.
Ha gravemente ferito il suo compagno che si dibatte tra vita e morte in un
ospedale. Le altre sette ragazze e ragazzi che dormivano con loro nella
diciottesima strada sono fuggite, si nascondono perche' sanno che questi
killer eliminano i testimoni dei loro crimini. Il vile assassino ha lasciato
dlle tracce e potrebbe essere facilmente identificato. Ma gli assassini di
questo tipo godono dell'impunita' anche oggi in Guatemala.
Elisabetta non aveva fatto che fuggire la violenza maschile che si accaniva
contro di lei fin dai primi anni della sua troppo breve vita. Anni di
sforzi, di sogni, di voglia di vivere, distrutti in un istante. Un gruppo,
ossia una famiglia di strada, disperso. Tutto il movimento sconvolto dalla
tristezza e dalla rabbia.
*
Ritorno brutale in strada
Carla e il suo compagno Alex erano usciti dalla strada nel 1998. Tutt'e due
avevano quattordici anni. Anni di sforzi avevano permesso loro di aprire
un'officina di falegnameria, non erano ricchi, ma avevano il necessario per
vivere ed allevare il loro figliolo di due anni, aiutare i loro genitori.
Risparmiavano per costruirsi una casetta. Si amavano e la vita per loro era
bella.
All'improvviso tutto si capovolse. Per punirli di aver rifiutato di
nascondere armi e droga nella loro officina, i narcotrafficanti rubarono
loro tutto e bruciarono la loro baracca.
Ricomincia la vita di strada, ma stavolta con un figlio piccolo. Alex e'
costretto a rubare perche' non trova lavoro e riceve solo l'aiuto dei
giovani di strada che gli aprono le porte della casa abbandonata dove
vivono. Una istituzione propone un posto solo per la madre e il bambino, ma
loro non vogliono separarsi.
Per fortuna, una ragazza del movimento li indirizza da noi e dopo una
settimana ritrovano un appartamento e un lavoro. Sono stati fortunati di non
essere stati arrestati durante le poche settimane passate in strada. Ora
s'impegnano per aiutare con il movimento le loro compagne e compagni di
strada. E' passato l'incubo e la vita sorride di nuovo.
*
Nostro progetto di case d'accoglienza
A. Obiettivi
Queste case, una per le ragazze sole e i loro bambini, l'altra per i ragazzi
e le coppie, hanno un duplice obiettivo: offrire un rifugio in caso
d'emergenza; proporre  ai giovani che decidono di uscire dalla strada un
periodo di preparazione alla vita autonoma nella societa'.
Per questi ultimi la casa dovrebbe permettere di imparare a:
1. Imparare a vivere in una casa, a gestire le risorse per condurre una vita
autonoma, a cucinare, a pagare i costi della luce, dell'acqua e del gas, e
l'affitto della casa.
2. Trovare un lavoro che consenta di ottenere le risorse per condurre una
vita autonoma.
3. Fornire un sostegno psicologico per vivere senza droghe e senza dipendere
dal gruppo di cui facevano parte nella strada.
4. Occupare il tempo libero ed eventualmente migliorare i rapporti di coppia
e quelli con i figli.
B. Realizzazione del progetto
1. Durante il primo mese le ragazze e i ragazzi non pagano la rispettiva
quota d'affitto della casa e per i pasti, durante il giorno lavorano e/o
studiano e partecipano alle attivita' del movimento.
2. A partire dal secondo mese inizieranno a contribuire alle spese della
casa.
3. Progressivamente impareranno a comprare i generi alimentari e i prodotti
necessari per la casa, a fare da mangiare, a lavare e tenere pulita la casa,
a mantenere in ordine la propria stanza, a lavarsi e stirare i vestiti.
4. I ragazzi faranno gli stessi lavori delle ragazze.
5. Ogni settimana si fara' il punto sulla vita della casa e si valuteranno i
progressi di ogni abitante.
6. Si presume che la permanenza nella casa sia di tre mesi, periodo che
potra' essere prolungato in funzione della valutazione dei progressi fatti
da ciascun abitante.
7. Le regole della vita nella casa (distribuzione dei lavori, orari
d'entrata e d'uscita, ecc.) sono decise da tutti.
8. In caso di gravi trasgressioni, gli abitanti della casa ne informeranno
il comitato di gestione del movimento, che aiutera' gli abitanti a trovare
una soluzione costruttiva.
9. Responsabili della casa: possibilmente una coppia che abbia allevato
figlie e figli e che sia in grado di seguire e orientare i giovani.
C. Numero di giovani all'anno
Stimato intorno a 15-20.
D. Stima del preventivo per il primo anno di una casa (non comprese le spese
di mantenimento e d'alimentazione)
Fitto: 4.800,00
Attrezzature: 3.200,00
Salario di due responsabili: 14.400,00
Totale: 22.400,00.
Per le due case, sono necessari 44.800 euro per il primo anno: basterebbe
che 374 persone, famiglie, associazioni, municipi, scuole dessero solo dieci
euro al mese.
*
Ecco la proposta: che ne pensate?

2. APPELLI. MARIA G. DI RIENZO: UN APPELLO DALLE FILIPPINE
[Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per
questo intervento. Maria G. Di Rienzo e' una delle principali collaboratrici
di questo foglio; prestigiosa intellettuale femminista, saggista,
giornalista, regista teatrale e commediografa, formatrice, ha svolto
rilevanti ricerche storiche sulle donne italiane per conto del Dipartimento
di Storia Economica dell'Universita' di Sidney (Australia); e' impegnata nel
movimento delle donne, nella Rete di Lilliput, in esperienze di solidarieta'
e in difesa dei diritti umani, per la pace e la nonviolenza; e' coautrice
dell'importante libro: Monica Lanfranco, Maria G. Di Rienzo (a cura di),
Donne disarmanti, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2003]

"Il nostro dolore e' un grido per la giustizia", questo e' l'appello dalle
Filippine della coalizione Vow (Voci di donne per i diritti civili).
Al lancio della coalizione, il  7 maggio 2005 all'Universita' di Quezon
City, presenziarono 96 rappresentanti di altrettanti gruppi di donne
provenienti da tutto il paese.
La coalizione si e' formata per contrastare gli attacchi e la repressione
senza precedenti che investono attivisti politici, lavoratori impegnati nel
movimento per la giustizia sociale, attivisti per i diritti umani, avvocati
e lavoratori dei media nelle Filippine. Fra le testimonianze ascoltate
quella del fratello di Angelina Bisuna Ipong, notoria attivista pacifista,
sessantenne, che e' stata rapita dall'esercito e tenuta in "incommunicado"
per 11 giorni, durante i quali ha sofferto violenze fisiche e sessuali.
*
Il testo dell'appello recita:
"Siamo le donne delle comunita' urbane e contadine impoverite, veniamo dai
ranghi delle lavoratrici, delle studenti, delle professioniste, delle donne
di chiesa.
Esprimiamo la nostra angoscia e la nostra indignazione per le morti di
attivisti, giornalisti e sacerdoti: tutti difensori dei diritti e del
benessere di donne e bambini.
Denunciamo la crescente militarizzazione delle comunita' rurali, l'arresto
illegale di attivisti, gli arresti e la criminalizzazione dei prigionieri
politici e le repressioni violente che hanno disperso assemblee e
manifestazioni pacifiche.
Protestiamo per le azioni dell'esercito tese a schedare individui ed
organizzazioni come "nemici dello stato" e ad indicarli come bersaglio per
l'aver levato le loro voci in dissenso rispetto a politiche impopolari.
Ci leviamo a protestare contro tutte le mosse del governo Arroyo che
intendono istituire ulteriori misure repressive e legittimare il terrorismo
di stato. L'imposizione del "Sistema di identificazione nazionale" (decreto
Arroyo n. 420) e le leggi antiterrorismo in discussione in entrambi i rami
del parlamento, pongono gravi minacce all'esercizio dei nostri diritti
civili.
Oggi, in una sola voce collettiva, impegniamo noi stesse a difendere le
liberta' civili e a lottare per i nostri diritti.
Diciamo basta al militarismo ed alla cultura della violenza che sono stati
impiegati dal governo Arroyo contro dissenzienti pacifici.
Diciamo basta all'attacco alle nostre vite, ai nostri diritti, alle nostre
liberta' civili".

3. DOCUMENTAZIONE. ALCUNE ASSOCIAZIONI DI DONNE VENEZIANE: LE RAGIONI E I
VALORI DEL SI' AL REFERENDUM
[Ringraziamo Tiziana Plebani (per contatti: plebani at marciana.venezia.sbn.it)
per averci inviato il seguente documento. Tiziana Plebani, prestigiosa
intelletuale, bibliotecaria e storica, e' attiva nella Rete di donne per la
pace di Mestre e Venezia; tra le sue opere: Il genere dei libri, Angeli,
Milano 2001; Corpi e storia, Viella, Roma 2002]

Mobilitarci per il referendum, e prima ancora contro la legge 40, votata in
Parlamento nel 2004, ci ha portato come donne ad interrogarci sul tema della
maternita', della nascita, del mettere al mondo.
Perche' di questo si tratta: mettere al mondo e non uccidere.
Il 12 e 13 giugno si svolgera' il referendum su alcuni articoli della legge
che detta "Norme in materia di procreazione medicalmente assistita". La
materia e' indubbiamente delicata e complessa, ma il Parlamento, nella sua
maggioranza, ha votato una legge superficiale e oscurantista che offende
innanzitutto noi donne non considerandoci persone adulte, capaci di scelte
meditate e responsabili.
Il Parlamento, e chi ci governa, attraverso l'affermazione contenuta
nell'articolo 1, riconosce l'embrione come soggetto portatore di diritti,
imponendo un'autonomia giuridica, separando cosi', simbolicamente e
materialmente, quell'unicum che e' dato dall'inscindibile relazione
madrefiglio e opponendo i diritti del nascituro a quelli del vivente.
Qualsiasi norma inerente a tale delicata materia non puo' invece che
originarsi dal rispetto e dalla massima attenzione per cio' che e' insito in
tale rapporto madre-figlio: il valore della relazione umana di cui le donne
vogliono essere, consapevolmente, portatrici.
C'e' molto altro per cui rifiutare questa legge che qualcuno presenta come
"attenta" alla nostra salute. Con la pretesa di tutelare il concepito le
donne dovranno per legge sottoporsi, se desiderano una maternita',
all'impianto di tre embrioni senza sapere se sono sani o non sani e non
potranno, se essi sono malati, rifiutare l'impianto. Il corpo femminile e'
ridotto cosi' a contenitore, cancellato il diritto all'autodeterminazione,
principio e valore fondamentale conquistato da noi donne negli anni '70 con
la legge 194.
E' una legge inoltre che vorrebbe mettere ordine a colpi di esclusioni e
divieti, sancendo le forme accettabili di legami e di convivenza tra uomini
e donne. Divieti che suonano in contrasto con quella che dovrebbe essere
l'imparzialita' e la laicita' dello Stato.
Si escludono dalla fecondazione assistita le coppie non sterili, ma
portatrici di patologie genetiche che potrebbero trasmettere ai figli. La
giusta preoccupazione ignora pero' che oggi, grazie alla scienza e alle sue
applicazioni, e' possibile fare le diagnosi pre-impianto e stimolare
ormonalmente diversi ovociti, scegliendo quello sano.
Nell'altro divieto, riguardante la fecondazione eterologa, si esclude dalla
fecondazione assistita chi ricorre all'impianto di un embrione esterno alla
coppia: tale scelta viene giustificata chiamando in causa la difesa della
famiglia quale istituto naturale, stabile, unito, intoccabile. Ci chiediamo
pero' se il concetto di famiglia non possa essere in grado di accogliere
tutte le realta' dei nostri tempi valorizzando e non penalizzando le altre
forme di coppia e di amorosa e responsabile convivenza.
Come possiamo porci nel rapporto con la scienza e le sperimentazioni
genetiche?
Come donne e come cittadine di questo paese esprimiamo il nostro interesse
verso la ricerca scientifica quando non sottosta' ai poteri forti e ai
liberi mercati; quando viene incontro alle vite umane, alle persone colpite
da gravi mali per guarirle e lenirne le sofferenze.
La scienza ci dice che le cellule all'atto del concepimento non sono ancora
embrioni, ma pre-embrioni e che possono essere prelevate e congelate per
guarire gravissime malattie. La Legge 40 ne vieta il congelamento sia per
fecondare che per guarire.
E' dunque necessario abrogare i quattro articoli di questa legge e riaprire
l'iter legislativo che dovra' accogliere le riflessioni, i sentimenti e i
bisogni delle donne e degli uomini in materia di fecondazione assistita.
Andiamo a votare e cambiamo l'orizzonte dando veramente priorita' alla vita
reale.
Il 12 e 13 giugno donne andiamo a votare.
*
Rete di donne per la pace, Comitato Donne Marghera Catene, Comitato Donne
XXV Aprile, Comitato Lido Donna, Guado, Donneconledonne, Matriosca, Sis
Venezia, LIdRA Tecnopolis, Settima Stanza, Rossorosarosarosso, Donne per la
citta', Donna Informazione, Le Calamite

4. RIFLESSIONE. NANNI SALIO: UNA BREVE RIFLESSIONE
[Ringraziamo Nanni Salio (per contatti: info at cssr-pas.org) per questo
intervento. Giovanni (Nanni) Salio, torinese, nato nel 1943, ricercatore
nella facolta' di Fisica dell'Universita' di Torino, segretario dell'Ipri
(Italian Peace Research Institute), si occupa da alcuni decenni di ricerca,
educazione e azione per la pace, ed e' tra le voci piu' autorevoli della
cultura nonviolenta in Italia; e' il fondatore e l'attuale presidente del
Centro studi "Domenico Sereno Regis", dotato di ricca biblioteca ed
emeroteca specializzate su pace, ambiente, sviluppo (sede: via Garibaldi 13,
10122 Torino, tel. 011532824 - 011549005, fax: 0115158000, e-mail:
regis at arpnet.it, sito: www.cssr-pas.org). Opere di Giovanni Salio: Difesa
armata o difesa popolare nonviolenta?, Movimento Nonviolento, II edizione
riveduta, Perugia 1983; Ipri (a cura di Giovanni Salio), Se vuoi la pace
educa alla pace, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1983; con Antonino Drago,
Scienza e guerra: i fisici contro la guerra nucleare, Edizioni Gruppo Abele,
Torino 1984; Le centrali nucleari e la bomba, Edizioni Gruppo Abele, Torino
1984; Progetto di educazione alla pace, Edizioni Gruppo Abele, Torino
1985-1991; Ipri (introduzione e cura di Giovanni Salio), I movimenti per la
pace, vol. I. Le ragioni e il futuro,  vol. II. Gli attori principali, vol.
III. Una prospettiva mondiale, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1986-1989; Le
guerre del Golfo e le ragioni della nonviolenza, Edizioni Gruppo Abele,
Torino 1991; con altri, Domenico Sereno Regis, Satyagraha, Torino 1994; Il
potere della nonviolenza: dal crollo del muro di Berlino al nuovo disordine
mondiale, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1995; Elementi di economia
nonviolenta, Movimento Nonviolento, Verona 2001; con D. Filippone, G.
Martignetti, S. Procopio, Internet per l'ambiente, Utet, Torino 2001]

Carissimi amici e carissime amiche,
in tutta amicizia, senza presunzione alcuna ma anche con molta schiettezza
espongo brevemente alcune delle molte ragioni per le quali non ritengo di
aderire a un appello [l'"Appello a non votare i referendum" pubblicato nel
notiziario di ieri - ndr -] che si autodefinisce, molto impropriamente,
ecologista e invita a non votare al prossimo referendum.
Avrei preferito tacere, ma l'adesione espressa da alcuni cari amici e amiche
mi induce a esprimere il mio parere.
Comincio innanzi tutto dalle ragioni di ordine generale: l'appello che ci e'
stato proposto e' un'accozzaglia di affermazioni che spaziano dal Pil
all'eutanasia, privo di concisione come invece dovrebbero essere appelli
importanti, che devono avere carattere specifico, circostanziato e
documentato. Gli appelli, soprattutto su questioni cosi' delicate, non si
costruiscono con gli slogan e con affermazioni che suonano apertamente
offensive per la controparte. Gandhi ci ha insegnato ad avere un grande
rispetto per la posizione dell'avversario e a documentarci a fondo. Altra
cosa e' se si vuole scrivere un pamphlet, un libello con stile provocatorio.
Ma non e' questa la sede, ne' c'e' il tempo per queste operazioni. Vanno
fatte al momento giusto e nei luoghi opportuni.
*
Cosa significano affermazioni generiche come "il principio di efficienza",
che fino a prova contraria e' proprio il principio regolatore al quale ci
richiamano, tra gli altri, Wolfgang Sachs e il Wuppertal Institute per
uscire dall'attuale impasse energetica?
Anche affermazioni come "schiavitu' sotto il microscopio" sono destinate a
farci cadere nella sterile polemica e nel ridicolo. E si potrebbe continuare
con gran parte delle altre affermazioni, come la subordinazione
dell'umanita' alla tecnologia. Scusatemi, ma quanti di voi e di noi fanno a
meno del computer, della rete internet, del telefonino, dell'automobile,
dell'elettricita'?
Altra cosa e' ragionare e riflettere seriamente e pacatamente sulle
questioni oggetto del referendum, che non sono gli ogm, il Pil, il nucleare,
l'agricoltura biologica o l'eutanasia (alla quale peraltro, con le dovute
cautele, Gandhi era favorevole).
*
Capisco, e in larga misura condivido, molte delle perplessita' e dei dubbi
espressi nel corso del dibattito. Ma una cosa e' certa: la legge c'e' gia' e
le posizioni del no e dell'astensione non impediscono certo ne' la
fecondazione artificiale, ne' altre forme di intervento e/o manipolazione.
La questione e' dunque un'altra: migliorare la legge, nei punti in cui e'
chiaramente vessatoria e sbagliata; oppure darsi da fare, per chi e' di
questa opinione, per impedire totalmente ogni forma di manipolazione. Ma per
far questo occorre un'altra procedura, che non e' quella di cui si discute.
*
Anche chi introduce nel dibattito il concetto di natura deve farlo
consapevole del fatto che l'uomo e' egli stesso un prodotto della natura, ne
fa parte e forse ha anche il compito di perfezionarla, di proseguirne la
spinta evolutiva, con grande cautela, la' dove essa non e' certo madre
benigna (non c'e' bisogno di essere leopardiani per accorgersene). E' un
compito che anche Capitini adombrava, certamente assai difficile, ma che in
linea di principio e' nell'ordine delle possibilita'.
Altra cosa sono le storture del sistema di potere e del sistema economico,
ma anche queste sono questioni che possiamo non solo denunciare, ma
migliorare con interventi specifici, mirati e non generici.
Di questo, e di altre cose ancora, avremmo dovuto parlare, entrando nel
merito specifico delle argomentazioni e delle controargomentazioni, e non
limitarci all'ultimo momento a stilare documenti francamente improponibili.
Mi auguro di riparlarne con maggiore serenita' e profondita'.

5. RIFLESSIONE. ENRICO PEYRETTI: BONHOEFFER E LE ROSE DI BERLINO E DI MONACO
[Ringraziamo Enrico Peyretti (per contatti: e.pey at libero.it) per questo
intervento..
Enrico Peyretti e' uno dei principali collaboratori di questo foglio, ed uno
dei maestri piu' nitidi della cultura e dell'impegno di pace e di
nonviolenza. Tra le sue opere: (a cura di), Al di la' del "non uccidere",
Cens, Liscate 1989; Dall'albero dei giorni, Servitium, Sotto il Monte 1998;
La politica e' pace, Cittadella, Assisi 1998; Per perdere la guerra, Beppe
Grande, Torino 1999; Dov'e' la vittoria?, Il segno dei Gabrielli, Negarine
(Verona) 2005; e' disponibile nella rete telematica la sua fondamentale
ricerca bibliografica Difesa senza guerra. Bibliografia storica delle lotte
nonarmate e nonviolente, ricerca di cui una recente edizione a stampa e' in
appendice al libro di Jean-Marie Muller, Il principio nonviolenza, Plus,
Pisa 2004 (libro di cui Enrico Peyretti ha curato la traduzione italiana), e
una recente edizione aggiornata e' nei nn. 791-792 di questo notiziario;
vari suoi interventi sono anche nei siti: www.cssr-pas.org, www.ilfoglio.org
e alla pagina web http://db.peacelink.org/tools/author.php?l=peyretti Una
piu' ampia bibliografia dei principali scritti di Enrico Peyretti e' nel n.
731 del 15 novembre 2003 di questo notiziario.
Dietrich Bonhoeffer, nato a Breslavia nel 1906, pastore e teologo, fu ucciso
dai nazisti il 9 aprile del 1945; non e' solo un eroe della Resistenza, e'
uno dei pensatori fondamentali del Novecento. Opere di Dietrich Bonhoeffer:
Resistenza e resa (lettere e scritti dal carcere), Paoline, Cinisello
Balsamo (Mi) 1988; Etica, Bompiani, Milano 1969; presso la Queriniana di
Brescia sono stati pubblicati molti degli scritti di Bonhoeffer (tra cui
ovviamente anche Sanctorum Communio, Atto ed essere, Sequela, La vita
comune). Opere su Dietrich Bonhoeffer: Eberhard Bethge, Dietrich Bonhoeffer,
amicizia e resistenza, Claudiana, Torino 1995; Italo Mancini, Bonhoeffer,
Morcelliana, Brescia 1995; AA. VV., Rileggere Bonhoeffer, "Hermeneutica"
1996, Morcelliana, Brescia 1996; Ruggieri (a cura di), Dietrich Bonhoeffer,
la fede concreta, Il Mulino, Bologna 1996.
Sulla Rosa Bianca: tra il 1942 ed il 1943 un gruppo di studenti ed un
professore di Monaco realizzarono e diffusero una serie di sei volantini
clandestini antinazisti. I primi quattro volantini si aprivano col titolo
"Fogli volanti della Rosa bianca" ed erano diffusi in poche centinaia di
copie; gli ultimi due intitolati "Fogli volanti del movimento di Resistenza
in Germania" ciclostilati in qualche migliaia di copie. Scoperti, furono
condannati a morte e decapitati gli studenti Hans Scholl, Sophie Scholl,
Christoph Probst, Willi Graf, Alexander Schmorell ed il professor Kurt
Huber. Opere sulla Rosa Bianca: Inge Scholl, La Rosa Bianca, La Nuova
Italia, Firenze, 1966, rist. 1978 (scritto dalla sorella di Hans e Sophie
Scholl, il volume - la cui traduzione italiana e' parziale - contiene anche
i testi dei volantini diffusi clandestinamente dalla Rosa Bianca); Klaus
Vielhaber, Hubert Hanisch, Anneliese Knoop-Graf (a cura di), Violenza e
coscienza. Willi Graf e la Rosa Bianca, La nuova Europa, Firenze 1978; Paolo
Ghezzi, La Rosa Bianca. Un gruppo di resistenza al nazismo in nome della
liberta', Paoline, Cinisello Balsamo (Mi) 1993; Romano Guardini, La Rosa
Bianca, Morcelliana, Brescia 1994; Paolo Ghezzi, Sophie Scholl e la Rosa
Bianca, Morcelliana, Brescia 2003. Alcune piu' dettagliate notizie
biografiche sui principali appartenenti al movimento di resistenza della
"Rosa bianca" sono nel n. 909 di questo foglio (altri materiali ancora nei
nn. 910 e 913)]

Le donne della Rosenstrasse videro meglio di Bonhoeffer. Il teologo accetto'
di collaborare al complotto per uccidere Hitler, in base all'etica della
responsabilita': era meglio rendersi colpevoli dell'omicidio del tiranno,
davanti a Dio, piuttosto di lasciare che questi continuasse a far morire
tanti. Meglio della purezza personale, era il peccato necessario, fidando in
Dio, per fermare un male piu' grande. Etica rispettabile e seria. Cosi'
decidiamo tante volte.
Eppure, alcuni alti ufficiali, congiurati nel vasto complotto militare
contro Hitler, rifiutarono di eseguire l'attentato, "per non diventare come
Hitler" uccidendolo. Non erano ne' pacifisti ne' nonviolenti, ma sentirono
la contraddizione della violenza contro la violenza, che rinnova violenza.
Von Stauffenberg si assunse la responsabilita' come esecutore, il 20 luglio
1944, analogamente a Bonhoeffer come collaboratore. E si' che era mutilato
di diverse dita, e l'atto di innescare la bomba, con una scusa, nella stanza
accanto, non gli fu facile. L'attentato (era circa il ventesimo tentativo)
falli' per altri banali motivi, come si sa, e von Stauffenberg pago' con la
vita, la sera stessa di quel giorno.
*
Le donne tedesche della Rosenstrasse (via delle Rose) di Berlino fecero
meglio di Bonhoeffer e dei militari, senza riflessioni morali teoriche e
teologiche. La loro azione aveva un obiettivo e un metodo. L'obiettivo era
farsi restituire i propri mariti ebrei catturati per essere deportati ad
Auschwitz. Il metodo era la loro protesta pubblica, in centinaia o migliaia,
per strada, davanti all'edificio dove gli uomini erano rinchiusi, per
diversi giorni e notti, a loro rischio, con coraggio determinato. Gridavano
insieme: "Gebt uns unsere Maenner wieder", ridateci i nostri mariti.
Ottennero la liberazione degli uomini (persino di alcuni gia' ad Auschwitz,
riportati a Berlino) perche' la loro azione era talmente forte, che il
potere tirannico temette una pericolosa estensione della rivolta popolare
nonviolenta, specialmente a causa del momento difficile, dopo la disfatta di
Stalingrado. Il governo fu costretto a riparare l'azione ingiusta con un
atto giusto, secondo la volonta' imposta dalle donne con la forza della
verita', senza violenza sulla vita dei violenti. Un successo parziale simile
ottennero gli operai in sciopero nel nord-Italia nel marzo 1944.
*
Bonhoeffer accettava il peccato necessario, con fede in Dio, nella ricerca
difficile della giustizia. Le donne della Rosenstrasse fecero quello che era
giusto. Senza i mezzi e il tempo di teorizzare, imboccarono la strada
migliore, piu' pura, piu' efficace (in questo caso almeno, come i fatti
dimostrarono), piu' responsabile di tutte le conseguenze, piu' coraggiosa. I
congiurati del 20 luglio non ottennero la morte di Hitler ma l'uccisione di
von Stauffenberg e di vari altri, tra cui Bonhoeffer stesso, e l'indurimento
ulteriore della Gewaltherrschaft, il potere violento.
*
I giovani studenti della Rosa Bianca, a Monaco, anche prima di Stalingrado,
percorsero, con altra tattica, una loro via delle Rose, la stessa strategia
delle donne di Berlino: risvegliare il popolo diffondendo in volantini forti
critiche del nazismo. Ne' le donne ne' questi giovani riuscirono a svegliare
il popolo. Nel caso della Rosenstrasse, la tirannia, per paura di questa
arma nonviolenta totale, cedette. Nel caso della Rosa Bianca, vedendo che il
popolo non minacciava di svegliarsi, ma anche preoccupata di scongiurare
questo massimo pericolo, la dittatura schiaccio' senza clamore i giovani e
il loro professore, ghigliottinandoli.
Ma la via delle donne e degli studenti era, nei fatti, la stessa, ed era
piu' potente e minacciosa del complotto militare; era, nell'etica delle
responsabilita' lunga, piu' attenta e responsabile di tutti gli effetti e
conseguenze; era piu' umana e coraggiosa, era praticabile da cittadini
assolutamente comuni e disarmati, donne e studenti.
*
In tempi e situazioni mutate, contro altri poteri autoritari, i popoli della
Germania e di altri paesi est-europei, dopo alcuni tentativi falliti ma non
tutti sbagliati (Berlino 1953, Ungheria 1956, Cecoslovacchia 1968, Polonia
1981), arrivarono al successo nonviolento: nel 1989 deposero senza colpo
ferire (unica eccezione la Romania) governi autoritari con la sola decisa,
platealmente dichiarata, non-obbedienza di massa. Questa, per ogni potere
non consensuale, e' dichiarazione efficace (enunciato performativo) di
non-esistenza. Infatti, ogni potere consiste, in ultima analisi, nell'essere
obbedito.
La nonviolenza attiva e' la via giusta ed efficace per la giustizia. Se poi,
come la stessa India di Gandhi, i popoli deviano e si assoggettano ad altri
poteri (economico, capitalista, militare, consumista), cio' non inficia il
valore umano reale delle rivoluzioni liberatrici nonviolente. Queste dicono
le possibilita' della via giusta, le successive deviazioni dicono la
debolezza della nostra umanita'. In questa debolezza, nessuna novita'. La
bella vera novita' sono le possibilita' della lotta nonviolenta.

6. LIBRI. RANIERO LA VALLE PRESENTA "ANCHE IL CIELO E' DI DIO" DI GIOVANNI
FRANZONI
[Dal sito de "La rivista del manifesto" (www.larivistadelmanifesto.it)
riprendiamo questo articolo apparso nel n. 9 del settembre 2000.
Raniero La Valle (per contatti: raniero.lavalle at tiscalinet.it) e' nato a
Roma nel 1931, prestigioso intellettuale, giornalista, gia' direttore de
"L'avvenire d'Italia", direttore di Vasti - scuola di critica delle
antropologie, presidente del Comitato per la democrazia internazionale, gia'
parlamentare, e' una delle figure piu' vive della cultura della pace;
autore, fra l'altro, di: Dalla parte di Abele, Mondadori, Milano 1971; Fuori
dal campo, Mondadori, Milano 1978; (con Linda Bimbi), Marianella e i suoi
fratelli, Feltrinelli, Milano 1983; Pacem in terris, l'enciclica della
liberazione, Edizioni Cultura della Pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1987;
Prima che l'amore finisca, Ponte alle grazie, Milano 2003.
Giovanni Franzoni e' una delle figure piu' autorevoli della spiritualita'
contemporanea, della solidarieta' con le persone ed i popoli oppressi, della
pace e della nonviolenza; nato nel 1928 a Varna, in Bulgaria, dove il padre
toscano si era trasferito per lavoro, cresciuto a Firenze, studente di
teologia presso il Pontificio Ateneo di Sant'Anselmo di Roma, viene ordinato
prete nel 1955, e negli anni sessanta insegna storia e filosofia nel
Collegio di Farfa, monaco benedettino, nel marzo 1964 e' eletto abate
dell'abbazia di S. Paolo fuori le mura a Roma, e' padre conciliare alle
ultime due sessioni del Concilio Vaticano II; le sue prese di posizione
contro il Concordato, contro la guerra nel Vietnam, di solidarieta' con le
lotte operaie e popolari, gli procurano l'ostilita' delle gerarchie
vaticane; animatore di comunita' cristiane di base, collabora dalla
fondazione con la rivista ecumenica "Com-nuovi tempi" (poi divenuta
"Confronti"); ha sempre partecipato al dibattito sociale ed etico intorno ai
temi cruciali del nostro tempo da un punto di vista che tiene conto del
pensiero religioso in modo libero e autonomo; da oltre quarant'anni la sua
attivita' pratica e teorica e' rivolta alle popolazioni piu' povere del
pianeta, senza dimenticare le responsabilita' e i problemi delle societa'
avanzate. Dal sito www.cdbchieri.it riprendiamo la seguente notizia
biografica: "Giovanni Franzoni, (Varna, Bulgaria, 1928) ha trascorso la sua
giovinezza a Firenze, dove ha lavorato nella Dc. Maturata la vocazione
sacerdotale nell'Azione Cattolica, ha frequentato il Collegio Capranica a
Roma e ha poi studiato teologia al Sant'Anselmo. Rettore del collegio di
Farfa, nel marzo 1964 e' eletto abate dell'Abbazia di S. Paolo fuori le mura
a Roma. Partecipa come padre conciliare alle ultime due sessioni del
Concilio Vaticano II. Le sue prese di posizione contro il concordato tra Sta
to e Chiesa e contro la guerra nel Vietnam, come la solidarieta' espressa
alle lotte operaie nel 1969 e nel 1970, gli procurano l'ostilita' del
Vaticano e nel 1973 e' costretto a dimettersi dalla carica di abate. Nel
1974 prende posizione per la liberta' di voto dei cattolici per il
referendum sul divorzio e viene sospeso a divinis. In occasione delle
elezioni politiche del 1976, annuncia che votera' per il Pci e il 2 agosto
dello stesso anno viene ridotto allo stato laicale. Animatore di comunita'
cristiane di base, collabora, dalla fondazione con la rivista ecumenica
'Com-Nuovi tempi' (dal 1989 'Confronti'). E' redattore del mensile 'Input'".
Tra le opere di Giovanni Franzoni: Tra le opere di Giovanni Franzoni: La
terra e' di Dio, Com, Roma 1973 (recentemente riedita in edizione ampliata);
Il mio regno non e' di questo mondo, Com, Roma 1974; Omelie a S. Paolo fuori
le mura, Idoc-Mondadori, Milano 1974; Tra la gente, Com, Roma 1976; Il posto
della fede, Coines, Roma 1977; Il diavolo, mio fratello, Rubbettino, Soveria
Mannelli 1986 (tr. tedesca, Der Teufel mein Bruder, Koesel-Ver); Le
tentazioni di Cristo, Rubbettino, Soveria Mannelli 1990; La solitudine del
samaritano, Theoria, Roma-Napoli 1993; Farete riposare la terra, Edup, Roma
1996; Giobbe. L'ultima tentazione, Com - Nuovi Tempi, Roma 1997; Lo strappo
nel cielo di carta, Edup 1999; Anche il cielo e' di Dio, Edup, Roma 2000;
con Mario Manacorda, Le ombre di Wojtyla, 2000; La donna e il cerchio, 2001;
Ofelia e le altre, Datanews, Roma 2001; La morte condivisa, Edup, Roma;
Eutanasia. Pragmatismo, cultura, legge, Edup, Roma 2004]

Il mondo sembra come quell'ubriaco che cercava la chiave sotto il lampione,
invece di cercarla nel buio dove l'aveva perduta, e poiche' non la trovava,
concludeva che la chiave non c'era.
Spinte a confrontarsi col problema di tenere in piedi e sfamare un mondo
ormai unificato ma flagellato dalla poverta', dallo sfruttamento,
dall'ingiusta ripartizione delle risorse, le leadership mondiali si sono
illuse di trovare la chiave del problema nello sviluppo promosso e gestito
dal mercato; ma preso atto che per tale via il problema non ha soluzione (e
anzi ad ogni rapporto annuale dell'Onu, della Banca Mondiale, dell'unicef e
di innumerevoli altri osservatori internazionali risulta che la situazione
si aggrava sempre piu', che la poverta' cresce piu' della ricchezza e che il
punto di crisi si avvicina rapidamente), hanno concluso che la chiave non
c'e': il mondo non puo' andare a posto, le distanze non possono essere
colmate, le risorse non bastano, il mercato non produce equita' ma d'altra
parte nulla puo' sottrarsi al mercato, l'unica cosa da fare e' accettare la
realta' di un mondo diviso, in cui la parte piu' piccola, ma piu' ricca ed
armata, si fa il mondo a propria misura, e si coalizza per difendersi con
ogni mezzo dalla parte piu' numerosa ed estesa, ma ancora troppo debole e
dipendente per ribellarsi.
E' una scelta disperata, perche' rompe l'unita' di destino del mondo, e
sconta che solo una parte sopravviva; essa non bastera' a garantire la
"sicurezza" ai prescelti per tutto il XXI secolo, come promette ai 19 Stati
membri la Nato rigenerata dalla guerra jugoslava, ma nel breve termine
sembra efficace ed altre ipotesi non sono contemplate.
Il libro di Giovanni Franzoni, "Anche il cielo e' di Dio. Il credito dei
poveri", or ora uscito nelle Edizioni dell'universita' Popolare, (Edup, pp.
119, lire 16.000), rompe questa spirale d'impotenza e di disperazione, e
dice che la chiave c'e'. Dunque il suo valore dipende tutto dalla verifica
di questa tesi, e percio' da una discussione volta ad accertare se questa
chiave esista davvero, e se si possano suscitare forze sufficienti ad
azionarla per aprire un varco a un'altra prospettiva; una discussione che e'
dunque insieme di teoria economica e di agibilita' politica.
Lasciamo stare per ora tutto il riferimento al giubileo e all'inizio di
millennio che costituiscono l'occasione e il contesto in cui il libro si
colloca. Diciamo solo che esso riprende un discorso avviato in vista di un
altro giubileo, quello del 1975, da Giovanni Franzoni, allora abate di San
Paolo fuori le Mura, con una lettera pastorale intitolata "La terra e' di
Dio", in cui gia' si affermava che l'unico senso possibile del giubileo
fosse quello biblico del fare giustizia, e si sosteneva la tesi della terra
come eredita' di Dio per tutti gli uomini e le donne, intendendosi la terra
anche come terreni fabbricabili con speciale riguardo alla speculazione
edilizia a Roma. Anche dell'attuale giubileo Franzoni scopre "due anime", e
naturalmente ne sceglie quella rimossa, del fare giustizia, ma si fa forte
di una citazione di papa Wojtyla che, riprendendo un testo del Concilio
Vaticano II, aveva indicato come prioritari "gli obblighi di giustizia", i
quali comportano che "non si offra come dono di carita' cio' che gia' e'
dovuto a titolo di giustizia".
Ma la novita' del ragionamento di Franzoni, che va ben al di la' della
passeggera contingenza giubilare, sta nell'estendere ai "cieli" (il che vuol
dire, per il futuro, le risorse della luna e dei pianeti, ma intanto le
bande elettromagnetiche, le orbite satellitari, l'ossigeno e la fascia
dell'ozono) quel regime di pertinenza collettiva e di uso comune che aveva
perorato per la terra; con la differenza che mentre la terra e' stata
appropriata in secoli di conquiste, acquisizioni, spartizioni e dominio
proprietario, e quindi i fatti sono largamente compiuti, per i cieli, e per
i fondi marini, per l'Antartide, la corsa per l'appropriazione, lo
sfruttamento intensivo e la commercializzazione e' appena cominciata, ed
anzi, dice Franzoni, "mentre siamo invitati a godere lo spettacolo dei
fuochi artificiali di fine millennio, una lesta mano si appropria di cio'
che e' bene comune dell'umanita'", ragione per cui occorre guardare, per un
"imperativo morale", "dentro i meccanismi di espropriazione della vita e di
spoliazione dei poveri che sono attualmente in corso, sotto i nostri occhi,
proprio in questo passaggio di millennio".
La questione che mette in movimento la riflessione di Franzoni e' quella
classica e senza uscita del debito dei Paesi poveri. L'analisi di come si e'
andato formando questo debito, in forza di prestiti concessi praticamente ad
usura, i cui interessi non pagati sono stati via via capitalizzati, per cui
un debito totale di 603 miliardi di dollari nel 1980 ha raggiunto la somma
di 2.465 miliardi di dollari nel 1998, dimostra che per quanto possano
essere condonate singole poste del debito (come ha fatto l'Italia), il
problema non si risolve; i condoni parziali sono selettivi, privilegiano i
meritevoli e puniscono i "discoli" ne', con l'aria che tira, si puo' fare
affidamento sulla generosita' di tutti i creditori; inoltre un debito
condonato, e' fonte di nuova sottomissione; occorre percio' un modo di
uscire dal debito che sia nello stesso tempo uscita dalla tenaglia della
poverta' e da quella della dipendenza.
La proposta di Franzoni e' di riconoscere ai Paesi debitori un credito non
puramente "morale", ma reale, equivalente alla loro quota di partecipazione
ai beni comuni dell'umanita' (cielo, fondi marini, atmosfera, ecc.), Non
piu' lasciati all'appropriazione dei primi che se ne impossessano (governi,
compagnie telefoniche ed informatiche, imprese multinazionali), ma mantenuti
indivisi per l'uso comune, ed il cui uso venga pagato dai concessionari con
dei canoni, delle tasse, delle royalties. In tal modo debiti e crediti dei
Paesi indebitati si compenserebbero; i crediti verrebbero in parte
trasferiti su un Fondo internazionale comune, nel quale confluirebbero anche
i canoni e le tasse legati all'uso dei beni comuni, e le stesse banche
sarebbero ben contente di essere pagate da debitori solvibili.
Benche' congegnato in funzione della soluzione del problema del debito, il
sistema proposto, dietro il quale ci sono numerosi studi elaborati in
diverse parti del mondo dalla cultura alternativa, ha una portata assai piu'
generale.
Il presupposto teorico e' che il "il cielo e' di Dio" e percio', non senza
solidi fondamenti biblici, pontifici e conciliari, o di testi appartenenti
alle altre tradizioni religiose, e' da considerare eredita' comune di tutta
l'umanita', common heritage, come dicono gli anglosassoni, ovvero, in
termini non dipendenti da visioni religiose, "bene comune", inteso come
"massa di risorse convertibile in ricchezza da fruire in forma egualitaria
da parte di tutti i titolari di questa preziosa eredita'"; viene invece
evitata l'espressione "proprieta' comune", per non ricadere nella gabbia del
diritto proprietario e delle sue aberrazioni.
Una di tali aberrazioni e' il principio che finora ha presieduto
all'estensione universale della proprieta' e all'appropriazione dei beni
comuni. E' il principio che dal diritto romano si e' trasmesso immutato fino
ad ora, secondo il quale le cose "di nessuno" (cioe', rovesciando il punto
di vista, le cose di tutti), sono del "primo occupante". In pratica e' lo
"ius predae" che e' stato invocato per legittimare l'acquisto spagnolo delle
Americhe (in base al concetto che le terre degli Indios fossero res nullius)
come le conquiste nelle Indie e nell'Africa; uno sviluppo di tale dottrina
e' stato formulato da Locke con l'affermazione che "quando uno trae qualcosa
dallo stato naturale con il proprio lavoro", acquisisce, salve alcune
condizioni di equita', la proprieta' delle cose; e una singolare
modernissima filiazione di questa dottrina si trova nel principio in base a
cui la Uit (International Communication Union), agenzia dell'Onu incaricata
di assegnare le orbite satellitari e le bande di frequenza, distribuisce
tali risorse agli Stati e alle imprese, il principio cioe' che "il primo
arrivato e' il primo servito" (first come, first served), che non e' che una
variante dello "ius primi occupantis".
Contro questa filosofia e questa prassi si tratterebbe di far emergere,
sviluppandone i semi gia' presenti nell'attuale diritto internazionale, un
nuovo diritto del patrimonio comune dell'umanita', non suscettibile di
alienazione e di appropriazione da parte di alcuno.
Di questo patrimonio farebbero parte i beni gia' citati (il cielo, con tutte
le sue pertinenze materiali e immateriali, risorse minerarie dei corpi
celesti, vie di comunicazione, bande di frequenza, orbite ecc., i fondi
marini, le piattaforme glaciali) ma pure altri beni essenziali come l'acqua
(contro la sete che avanza), le fonti energetiche alternative e anche,
secondo alcuni, le conoscenze scientifiche e le relative realizzazioni
tecnologiche prodotte dalle generazioni precedenti e lasciate in eredita'
alle future, e cosi' via.
L'uso di tali risorse, da chiunque messe a frutto, produrrebbe un gettito
finanziario che, convogliato in un Fondo internazionale comune, dovrebbe
assicurare a tutta la popolazione della terra almeno quei beni vitali e quei
servizi essenziali che nei Paesi sviluppati sono (o erano) garantiti dal
welfare. E questa, appunto, sarebbe la "chiave": Alla politica naturalmente
toccherebbe il compito difficilissimo di girare questa chiave nella toppa,
ma sarebbe una politica finalmente tornata a misurarsi con il problemi dei
bisogni reali dell'umanita' e del suo destino.
Ma c'e' un aspetto di piu' lungo periodo e di portata piu' generale di
questa proposta. Essa ha il valore di rompere, almeno in un punto, il
sistema d'appropriabilita' universale che ha governato il corso storico fino
ad ora, ed ha condotto all'attuale crisi. E non si allude solo alla crisi
economica, all'impossibilita' ormai di provvedere ai bisogni materiali
dell'intera umanita', ma alla crisi di universale alienazione a cui
l'universale appropriazione ha condotto. E' il tema lungamente analizzato da
Claudio Napoleoni nella fase finale della sua vita, soprattutto a partire
dal "Discorso sull'economia politica". Napoleoni collocava la causa
dell'alienazione, ben oltre Marx, nel rapporto dell'uomo con le cose, con la
natura, con le altre persone, come con cio' che puo' essere prodotto, che e'
"producibile", si' che in questa producibilita' generale lo stesso soggetto
diventa prodotto e percio' perde la sua soggettivita'. Ma questa alienazione
interviene in forza del fatto che cio' che e' producibile e' anche
appropriabile, e percio' il soggetto, divenuto prodotto, e' anche
appropriato, perde la sua identita'; tutto e' prodotto, e' appropriato, e
percio' negato nella sua identita' e irriducibile alterita', divenuto
fungibile; e cosi' e' dell'umanita' stessa. Rompere questo cerchio, non
attraverso il mero passaggio dalla proprieta' privata alla proprieta'
collettiva, che non muta la natura del rapporto, ma affermando che c'e' cio'
che non e' appropriabile, cose, beni, natura e persone, e' il punto di fuga
teorico, e non solo materiale, dalla crisi profonda a cui tutto il corso
storico e' pervenuto.

7. RIVISTE. CON "QUALEVITA", LA RIFLESSIONE DI CARLA DELL'AGLIO
Abbonarsi a "Qualevita" e' un modo per sostenere la nonviolenza. Ponendosi
all'ascolto della riflessione di Carla Dell'Aglio.
*
"La questione di fondo da cui tutti si deve partire e' come ci rapportiamo
con i poveri" (Carla Dell'Aglio, Se il nostro lievito non sara' diverso...,
nell'agenda "Giorni nonviolenti 2005", Edizioni Qualevita).
*
"Qualevita" e' il bel bimestrale di riflessione e informazione nonviolenta
che insieme ad "Azione nonviolenta", "Mosaico di pace", "Quaderni
satyagraha" e poche altre riviste e' una delle voci piu' qualificate della
nonviolenza nel nostro paese. Ma e' anche una casa editrice che pubblica
libri appassionanti e utilissimi, e che ogni anno mette a disposizione con
l'agenza-diario "Giorni nonviolenti" uno degli strumenti di lavoro migliori
di cui disponiamo.
Abbonarsi a "Qualevita", regalare a una persona amica un abbonamento a
"Qualevita", e' un'azione buona e feconda.
Per informazioni e contatti: Edizioni Qualevita, via Michelangelo 2, 67030
Torre dei Nolfi (Aq), tel. 3495843946, o anche 0864460006, o ancora
086446448; e-mail: sudest at iol.it o anche qualevita3 at tele2.it; sito:
www.peacelink.it/users/qualevita
Per abbonamenti alla rivista bimestrale "Qualevita": abbonamento annuo: euro
13, da versare sul ccp 10750677, intestato a "Qualevita", via Michelangelo
2, 67030 Torre dei Nolfi (Aq), specificando nella causale "abbonamento a
'Qualevita'".

8. RILETTURE. ANGELA ALES BELLO: EDITH STEIN. LA PASSIONE PER LA VERITA'
Angela Ales Bello, Edith Stein. La passione per la verita', Edizioni
Messaggero di Sant'Antonio, Padova 1998, 2003, pp. 142, euro 11. Una bella
ed agile monografia introduttiva della piu' illustre studiosa italiana di
Edith Stein.

9. RILETTURE. LAURA BOELLA, ANNAROSA BUTTARELLI: PER AMORE DI ALTRO.
L'EMPATIA A PARTIRE DA EDITH STEIN
Laura Boella, Annarosa Buttarelli, Per amore di altro. L'empatia a partire
da Edith Stein, Raffaello Cortina Editore, Milano 2000, pp. 118, lire
16.000. Un appassionante saggio all'ascolto della grande pensatrice
assassinata ad Auschwitz.

10. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

11. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it,
luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at inwind.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 959 del 12 giugno 2005

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