La nonviolenza e' in cammino. 955



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 955 del 9 giugno 2005

Sommario di questo numero:
1. Mao Valpiana: Un giorno di digiuno per chiedere la liberazione di
Clementina
2. Un appello nonviolento, una risposta corale
3. Peppe Sini: Dario
4. Riccardo Orioles ricorda Piergiorgio Maoloni
5. Rosa Filo e Haidi Giuliani: I nostri figli, uccisi dalla stessa violenza
6. Enrico Peyretti: Modernita', postmodernita', nonviolenza
7. Telefono Rosa di Torino: Si' ai quattro referendum
8. Giovanni Franzoni: Il tempo del confronto. Speriamo
9. Ida Dominijanni: Prima e dopo il 12 giugno
10. Giulio Vittorangeli: In vino veritas
11. Il "Cos in rete" di giugno
12. Con "Qualevita", all'ascolto di Edith Stein
13. La "Carta" del Movimento Nonviolento
14. Per saperne di piu'

1. APPELLO. MAO VALPIANA: UN GIORNO DI DIGIUNO PER CHIEDERE LA LIBERAZIONE
DI CLEMENTINA
[Ringraziamo di cuore Mao Valpiana (per contatti: mao at sis.it, o anche presso
la redazione di "Azione nonviolenta", via Spagna 8, 37123 Verona, tel.
0458009803, fax  0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito:
www.nonviolenti.org) per questa iniziativa, per questa proposta. Cui
invitiamo tutte le persone di volonta' buona ad associarsi.
Mao (Massimo) Valpiana e' una delle figure piu' belle della nonviolenza in
Italia; e' nato nel 1955 a Verona dove vive ed opera come assistente sociale
e giornalista; fin da giovanissimo si e' impegnato nel Movimento Nonviolento
(si e' diplomato con una tesi su "La nonviolenza come metodo innovativo di
intervento nel sociale"), e' membro del comitato di coordinamento nazionale
del Movimento Nonviolento, responsabile della Casa della nonviolenza di
Verona e direttore della rivista mensile "Azione Nonviolenta", fondata nel
1964 da Aldo Capitini. Obiettore di coscienza al servizio e alle spese
militari ha partecipato tra l'altro nel 1972 alla campagna per il
riconoscimento dell'obiezione di coscienza e alla fondazione della Lega
obiettori di coscienza (Loc), di cui e' stato segretario nazionale; durante
la prima guerra del Golfo ha partecipato ad un'azione diretta nonviolenta
per fermare un treno carico di armi (processato per "blocco ferroviario", e'
stato assolto); e' inoltre membro del consiglio direttivo della Fondazione
Alexander Langer, ha fatto parte del Consiglio della War Resisters
International e del Beoc (Ufficio Europeo dell'Obiezione di Coscienza); e'
stato anche tra i promotori del "Verona Forum" (comitato di sostegno alle
forze ed iniziative di pace nei Balcani) e della marcia per la pace da
Trieste a Belgrado nel 1991; un suo profilo autobiografico, scritto con
grande gentilezza e generosita' su nostra richiesta, e' nel n. 435 del 4
dicembre 2002 di questo notiziario.
Clementina Cantoni, volontaria dell'associazione umanitaria "Care
international", impegnata in Afghanistan nella solidarieta' con le donne, e'
stata rapita alcuni giorni fa]

Le ore passano e l'angoscia cresce. La liberta' di Clementina e' la liberta'
di tutti noi.
Dunque oggi siamo sotto sequestro. Contro questo orribile crimine, figlio
della guerra criminale, dobbiamo reagire. "Il nonviolento ha sempre qualcosa
da fare" diceva Aldo Capitini.
Ma che posso fare, oggi? Un giorno di digiuno, di pressione, di richiesta
d'aiuto, di testimonianza, di dialogo, di speranza.
Un digiuno per Clementina, per tutti noi, contro la guerra, per la
nonviolenza.
Se altri amici riterranno di aggiungersi a questo agire della non-azione,
potremo dar vita ad un digiuno a staffetta, per la vita e la liberta' di
Clementina.

2. EDITORIALE. UN APPELLO NONVIOLENTO, UNA RISPOSTA CORALE
Mao Valpiana, una delle piu' autorevoli personalita' della nonviolenza nel
nostro paese, promuove - cominciandola lui stesso questo giovedi' 9 giugno -
una iniziativa limpidamente nonviolenta: un digiuno, un digiuno che potrebbe
diventare un digiuno a staffetta, un giorno a testa, di tutte le persone che
vorranno partecipare, per esprimere la nostra angoscia per Clementina, la
nostra solidarieta' con Clementina, la nostra richiesta che Clementina sia
liberata al piu' presto, che tutte e tutti si faccia tutto il possibile
affinche' ci sia restituita sana e salva.
Esprimiamo sincera gratitudine e profonda ammirazione per questa iniziativa,
e persuaso sostegno; e proponiamo a tutte le lettrici e i lettori che
vorranno aderire di darcene comunicazione, inviandoci sia notizia del loro
giorno di digiuno e delle altre eventuali iniziative per la liberazione di
Clementina, sia messaggi e testimonianze.
Ci sarebbe assai grato che giorno dopo giorno sempre piu' persone in tutta
Italia si associassero all'iniziativa promossa da Mao Valpiana, che ovunque
nel digiuno e dal digiuno si levasse corale una voce, si esercitasse una
solidarieta', un'attenzione, una pressione nonviolenta, che possa giungere
fino a Kabul, fino alla liberazione di Clementina.

3. LUTTI. PEPPE SINI: DARIO
[Dario Paccino, intellettuale e militante del movimento operaio, nato ad
Albenga nel 1918, ha preso parte alla Resistenza ed ha continuato per
l'intera vita in uno strenuo impegno antifascista, di liberazione degli
oppressi, di difesa della biosfera; studioso ed educatore, ha praticato un
giornalismo e un saggismo di documentazione e di denuncia intervenendo
efficacemente per smascherare le ideologie dominanti e la violenza del
potere; generosamente costantemente presente nelle lotte sociali, nella
riflessione teorica, nella solidarieta' concreta; e' deceduto il 4 giugno
2005. Tra le opere di Dario Paccino: Arrivano i nostri, Edizioni Avanti!,
Milano 1956; Domani il diluvio, Calderini, Bologna 1970; L'imbroglio
ecologico, Einaudi, Torino 1972; L'ombra di Confucio, Einaudi, Torino 1976;
Il diario di un provocatore, I libri del no, Roma 1977; La teppa all'assalto
del cielo, I libri del no, Roma 1978; La trappola della scienza, La
Salamandra, Milano 1979; I colonnelli verdi e la fine della storia,
Pellicani, Roma 1990; La guerra chiamata pace, Pellicani, Roma 1992; Gli
invendibili, Datanews, Roma 1994; Manuale di autodifesa linguistica,
Arterigere - Il lavoratore oltre, Varese 1996; (con Luigi Josi e Gian Marco
Martignoni), Il libero schiavo di Maastricht, Arterigere - Il lavoratore
oltre, Varese 1997; (a cura di), L'ultima volta, Arterigere - Il lavoratore
oltre, Varese 1997; Euro kaputt, Odradek, Roma 2000; Il padrone.
L'apocalisse, Notiziario Cdp, Pistoia 2003]

Sono molti anni che nelle ore in cui sei piu' solo e piu' stanco, e ti
guardi indietro e attraverso,  mi dico: devo scrivere quella lettera a
Dario.
Dario e' Dario Paccino, e quella lettera non gliela scrivero' piu' perche'
sabato e' morto.
Devo avere da qualche parte alcune sue lettere, lunghe, appassionate,
tumultuose, colme di idee e di proposte; devo averle da qualche parte, ma
forse le ho perse perche' come tutti quelli che hanno cambiato casa piu'
volte ogni volta qualcuna delle mie cose piu' care andava smarrita tra
quelle che lasciavo in custodia a qualche amico, o abbandonavo in qualche
scantinato o soffitta, o in qualche sede di partito o di movimento, cose
lasciate provvisoriamente che poi spariscono per sempre (di tutti i miei
antichi averi solo i libri ho ancora con me, e un ritratto di Marx - quel
ritratto di Marx rozzamente incorniciato che tutti coloro che sono stati
militanti nella nuova sinistra a Viterbo o che hanno preso parte nell'alto
Lazio alle grandi lotte contro le istituzioni totali, la penetrazione
mafiosa, le servitu' energetiche e militari ricordano: perche' da piazza
fontana grande, a via della quiete, fino alla sede della Lista alternativa,
quel ritratto era li').
Avrei voluto scrivergli ancora a Dario per dirgli la mia gratitudine per le
tante cose che mi ha insegnato, sia quando ero d'accordo, sia quando ero in
dissenso (e non di rado lo ero: e su questioni non marginali).
Caro compagno Dario, non ho dimenticato, non ho ceduto. Grazie ancora di
tutto.

4. LUTTI. RICCARDO ORIOLES RICORDA PIERGIORGIO MAOLONI
[Da "La Catena di San Libero", n. 287 del 7 giugno 2005 (per contatti:
riccardoorioles at libero.it).
Riccardo Orioles e' giornalista eccellente ed esempio pressoche' unico di
rigore morale e intellettuale (e quindi di limpido impegno civile);
militante antimafia tra i piu' lucidi e coraggiosi, ha preso parte con Pippo
Fava all'esperienza de "I Siciliani", poi e' stato tra i fondatori del
settimanale "Avvenimenti", cura attualmente in rete "Tanto per abbaiare - La
Catena di San Libero", un eccellente notiziario che puo' essere richiesto
gratuitamente scrivendo al suo indirizzo di posta elettronica; ha formato al
giornalismo d'inchiesta e d'impegno civile moltissimi giovani. Per gli
utenti della rete telematica vi e' anche la possibilita' di leggere una
raccolta dei suoi scritti (curata dallo stesso autore) nel libro elettronico
Allonsanfan. Storie di un'altra sinistra. Sempre in rete e' possibile
leggere una sua raccolta di traduzioni di lirici greci, ed altri suoi lavori
di analisi (e lotta) politica e culturale, giornalistici e letterari. Due
ampi profili di Riccardo Orioles sono in due libri di Nando Dalla Chiesa,
Storie (Einaudi, Torino 1990), e Storie eretiche di cittadini perbene
(Einaudi, Torino 1999)]

Persone. E' morto Piergiorgio Maoloni, il piu' grande grafico italiano.
Sessantottino, erede diretto di Abe Steiner, e' stato lui a rinnovare
completamente il linguaggio grafico - e non solo - dei quotidiani italiani:
ha ucciso l'articolessa e l'elzeviro e ha introdotto l'icona, la scheda, il
percorso grafico integrato al testo e i livelli coordinati di lettura. Dal
giornale di palazzo a quello dei lettori. Se i contenuti giornalistici
avessero seguito un'evoluzione altrettanto colta e coraggiosa, oggi in
Italia avremmo la stampa piu' leggibile, e dunque libera, del mondo.
Io lo ricordo con particolare affetto per due motivi precisi. Fu lui a
progettare - gratis - il bellissimo "Avvenimenti" dei primi anni Novanta,
esempio tuttora insuperato di magazine popolare, non palloso e non di
palazzo; ed e' stato ancora lui a progettare "I Siciliani Quotidiano" del
'93, che non arrivo' in edicola per defaillance di sostenitori - e poi per
la vittoria di Berlusconi, che fece terra bruciata degli imprenditori
impegnati - ma che, nel suo numero zero, resta lo stato dell'arte di quegli
anni (molte soluzioni poi riprese dai "grandi" quotidiani apparvero proprio
li' per la prima volta).
In entrambe le imprese, una vincente e l'altra no, Maoloni s'impegno' senza
riserve e a tempo pieno, apportandovi non solo le sue enormi capacita'
artistiche e professionali ma anche lo spirito militante di uno che
comprendeva benissimo le ragioni della liberta' e dell'antimafia. L'impegno
civile - "rivoluzionario", si diceva allora - per lui non era qualcosa da
aggiungere nei momenti liberi, un "entusiasmo", ma un terreno da affrontare
con la medesima serieta' e buonmestiere del lavoro "neutro"; che anche nei
momenti piu' tecnici ne veniva dunque inspessito e illuminato. Quando il
mondo tornera' sui suoi piedi, bisognera' imparare moltissimo da quei
professionisti - un altro e' il "pubblicitario" Baldoni - che hanno fatto
comunicazione modernissima senza mai rinunciare alle radici popolari e
umaniste della nostra sinistra. Lissitskij, i costruttivisti, Gropius,
l'altro Novecento.

5. RIFLESSIONE. ROSA FILO E HAIDI GIULIANI: I NOSTRI FIGLI, UCCISI DALLA
STESSA VIOLENZA
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 7 giugno 2005.
Rosa Filo e' la madre di Davide Cesari, detto Dax, ucciso a Milano nel 2003.
Haidi Giuliani e' la madre di Carlo, ucciso a Genova nel 2001]

Abbiamo paura e vorremmo gridare, ma l'indifferenza di una parte troppo
grande di questo paese ci fa disperare. "Odio gli indifferenti", scriveva
Gramsci nel 1917, "L'indifferenza e' il peso morto della storia.
L'indifferenza opera passivamente, ma opera... Cio' che succede, il male che
si abbatte su tutti, avviene perche' la massa degli uomini abdica alla sua
volonta', lascia promulgare leggi che solo la rivolta potra' abrogare,
lascia salire al potere uomini che poi solo un ammutinamento potra'
rovesciare. Tra l'assenteismo e l'indifferenza poche mani, non sorvegliate
da nessun controllo, tessono la tela della vita collettiva; e la massa
ignora, perche' non se ne preoccupa...".
La massa ignora oggi come ieri perche', in un'epoca in cui la comunicazione
sembra pervadere la nostra vita, c'e' una grande informazione che non
informa, che seleziona le notizie, o le nasconde, o stravolge i fatti.
La massa ignora perche' la gran parte dei politici che ha eletto e'
interessata esclusivamente al proprio meschino potere.
La massa ignora perche' si continuano a impoverire e umiliare la scuola
pubblica, la cultura; si criminalizzano i giovani che cercano gli spazi che
vengono loro negati, spazi di scambio culturale, di confronto, di crescita;
si accusano di illegalita' e si perseguono i giovani che denunciano le
infinitamente grandi illegalita' del mercato e degli altri poteri.
Abbiamo paura perche' e' successo di nuovo, continua a succedere,
nell'indifferenza della gente, nell'indifferenza di una classe politica che
si copre gli occhi, le orecchie, la bocca; non vuole vedere, non vuole
sapere, e forse pensa perfino di poter trarre qualche vantaggio da un senso
diffuso di paura.
Nel giro di due giorni, a Roma, ci sono stati feriti, feriti gravi: avrebbe
potuto anche "scapparci il morto". Il 2 giugno un piccolo corteo di
pacifisti, autorizzato, e' aggredito da carabinieri e poliziotti in assetto
antisommossa con una furia e una violenza incomprensibili per chi non ha
visto Genova, e Napoli, e Milano, e Torino. Le foto scattate documentano le
pozze di sangue sulle rotaie del tram.
Non e' la prima volta.
La notte del 3 una ventina di fascisti, con bastoni, bottiglie e coltelli,
la faccia coperta, aggredisce alcuni giovani del centro sociale al
Prenestino: una delle lame si ferma a mezzo centimetro dalla vita di un
ragazzo.
Non e' la prima volta.
A Roma, come a Milano, come in molte, troppe altre citta'.
Da mesi, da anni ormai, c'e' chi documenta e denuncia, inutilmente.
Abbiamo paura e vorremmo gridare: che cosa aspettate, che cosa volete
davvero?
Ecco: questi sono i nostri figli e le nostre figlie.
Violentati dalla stessa violenza, uccisi dalla stessa ignoranza, oggi come
ieri.
E voi, indifferenti, siete i complici e i mandanti.

6. RIFLESSIONE. ENRICO PEYRETTI: MODERNITA', POSTMODERNITA', NONVIOLENZA
[Ringraziamo Enrico Peyretti (per contatti. e.pey at libero.it) per questo
intervento. Enrico Peyretti e' uno dei principali collaboratori di questo
foglio, ed uno dei maestri piu' nitidi della cultura e dell'impegno di pace
e di nonviolenza. Tra le sue opere: (a cura di), Al di la' del "non
uccidere", Cens, Liscate 1989; Dall'albero dei giorni, Servitium, Sotto il
Monte 1998; La politica e' pace, Cittadella, Assisi 1998; Per perdere la
guerra, Beppe Grande, Torino 1999; Dov'e' la vittoria?, Il segno dei
Gabrielli, Negarine (Verona) 2005; e' disponibile nella rete telematica la
sua fondamentale ricerca bibliografica Difesa senza guerra. Bibliografia
storica delle lotte nonarmate e nonviolente, ricerca di cui una recente
edizione a stampa e' in appendice al libro di Jean-Marie Muller, Il
principio nonviolenza, Plus, Pisa 2004 (libro di cui Enrico Peyretti ha
curato la traduzione italiana), e una recente edizione aggiornata e' nei nn.
791-792 di questo notiziario; vari suoi interventi sono anche nei siti:
www.cssr-pas.org, www.ilfoglio.org. Una piu' ampia bibliografia dei
principali scritti di Enrico Peyretti e' nel n. 731 del 15 novembre 2003 di
questo notiziario]

Siamo tutti, non da ora, nella modernita' e post-modernita'. Apparteniamo e
respiriamo questa atmosfera, ma anche qui dobbiamo essere critici. La
modernita' e' fallita nella superviolenza (uno per tutti, il libro di
Revelli, La politica perduta, che non parla solo di politica, anzi), ed e'
precipitata, nonostante l'affermazione teorica e parziale dei diritti umani,
nell'odio pratico, incosciente e distruttivo, della vita e del mondo, del
futuro, presa nel delirio di potenza tecnologica. Inutile dire - anticipando
l'obiezione - che le tecnologie danno anche frutti buoni, umani, ma su una
strada insostenibile, diretta all'abisso. O abbiamo capito questo, e siamo
copernicani, o non lo abbiamo capito, e siamo tolemaici. Hiroshima e
l'impero capitalista sono il discrimine morale e intellettuale delle nostre
culture. Questi eventi hanno portato a perfezione imbellettata il destino
della modernita', anticipato nel Novecento da nazifascismo e stalinismo. Per
gli antichi - scrive Revelli - il male era mistero e problema, per i moderni
e' strumento. Inutile esecrare democraticamente nazifascismo e stalinismo
per cadere in bocca al capitalismo, Leviatano che divora la carne e anche lo
spirito dell'umanita'. Quanti altri come Gandhi capirono e dissero questo
fino dagli anni '30 e '40 del secolo scorso? (citazioni nel mio Dov'e' la
vittoria?, pp. 69-70). Percio' comprendiamo che la guerra del capitalismo al
terrorismo e' guerra del mostro al proprio clone, da cui uscira' vivo
soltanto chi si libera da entrambi.
La post-modernita' non ha capito quel discrimine, oppure lo ha capito ma
senza vedere alcuna via d'uscita, percio' non sa fare altro che cantare il
proprio disorientamento, facendone un'estetica.
Non e' un gran bel compito, per noi, ne' molto originale, fare eco allo
scetticismo imperante. Tutti soffriamo, dentro e attorno a noi, il buio
incombente sulla storia, dunque la difficolta' della speranza, come della
fede, e per conseguenza dell'amore. Non ci puo' bastare cantare la
difficolta'. Ci e' chiesto di piu'. Senza una scelta ideale positiva - per
quanto faticosa - non abbiamo ruolo.
*
Un'uscita c'e', l'alternativa c'e'. Non bella confezionata, chiavi in mano,
ma un reale inizio, che e' il privilegio storico del nostro tempo, da
coltivare con passione, consumandovi tutte le energie che ci restano. E' la
nonviolenza positiva e attiva.
La quale non e' il pacifismo (in cerca di legittima tranquillita', ma anche
di irrinunciabile giustizia), neppure la mitezza personale (spesso
irraggiungibile pur con tutta la nostra buona volonta'). E' un umanesimo,
una spiritualita', un "mito" (nel senso positivo di Panikkar) che accomuna
le religioni (ciascuna piu' fedele al meglio di se') e gli spiriti piu'
umani. E' la critica e il superamento, senza distruttivita', delle
"liberta'" borghesi, individualistiche, sfociate nel liberismo violento
possessivo e dissipatore, divoratore dei popoli come "vedove e orfani",
fattosi oggi dittatura mondiale.
La nonviolenza e' l'impresa offertaci dalla sapienza che guida i tempi, e'
la vocazione culturale, per ogni luogo di lavoro culturale, che cerca di
contribuire ad aprire un futuro possibile e umano. Non e' la fissa di
alcuni. Non e' solo politica o volontariato. La nonviolenza e' la cultura
della vita, cioe' della possibilita' di vivere. La vita senza morte -
aspirazione la piu' alta - comincia col non uccidere (dice in sostanza
Capitini), col rifiuto di rassegnarci ad essere complici del grande omicidio
celebrato e nobilitato come civilta'. Prosegue col far vivere, col non poter
vivere noi se non cerchiamo ostinatamente di far vivere come noi chi viene
ucciso di guerra, di economia, di fame, di abbandono.
La nonviolenza e' una cultura intera, una teoria della persona e della
societa', una prassi politica e quotidiana, che puo' permeare e germinare
nelle varie culture umane autentiche. I critici che la deridono e la
snobbano, fermi nel dogma che in definitiva e' la violenza che decide tutto
(in realta' non fa altro che produrre e riprodurre se stessa), per lo piu'
non hanno neppure provato a conoscerla e praticarla.

7. REFERENDUM. TELEFONO ROSA DI TORINO: SI' AI QUATTRO REFERENDUM
[Dal sito www.girodivite.it riprendiamo e diffondiamo il seguente appello
dell'associazione "Telefono rosa" di Torino (per contatti: Associazione
Volontarie del Telefono Rosa, via Assietta 13/a, 10128 Torino, tel.
011530666-0115628314, fax 011549184, sito: www.mandragola.com/tel_rosa,
e-mail: tel_rosa at show.it o anche telefonorosa at mandragola.com)]

Tra pochi giorni donne e uomini italiani saranno chiamati ad esprimersi
consapevolmente sulla eventuale modifica di una legge estremamente discussa,
e per molti aspetti diversa dalle legislazioni di altri paesi europei.
L'appuntamento referendario e' complesso e delicato, particolarmente per la
commistione di profili giuridici, etici, religiosi e scientifici in cui si
inserisce; senza parlare del tecnicismo estremo dei quattro quesiti
referendari. Complessita' e tecnicismi che potrebbero con buona ragione
portare alla decisione di non recarsi alle urne.
Considerando i vasti schieramenti (politici, religiosi, di opinione) che in
fondo non chiedono di schierarsi per il si' o per il no ma, molto piu'
semplicemente, invitano a non recarsi alle urne, possiamo ragionevolmente
pensare che i dubbi e la disinformazione siano voluti.
La fecondazione assistita e le svariate polemiche legate all'uso
riproduttivo o terapeutico degli embrioni e' tema che colpisce le coscienze.
Non gli schieramenti e nemmeno le sole convinzioni politiche, etiche o di
fede: e' un argomento individuale. Ma se il dibattito sostituisse la ricerca
dell'inizio della vita con l'individuazione di quando un organismo diventa
persona, avremmo una prospettiva piu' concreta per chi cerca una risposta in
una dialettica fondata in senso epistemologico, scientifico o anche in
termini di convinzioni personali: per andare a votare consapevolmente.
L'Associazione Telefono Rosa di Torino ritiene innanzitutto che debbano
essere respinti gli inviti a non recarsi a votare. Ha senso infatti
esprimere, come da piu' parti viene sollecitato, un si' che, in fondo, non
chiude ne' le polemiche ne' le incertezze, ma che di certo, soprattutto per
le donne, e' fonte di liberta' e diritti.
Quattro si' anche per non sacrificare la possibilita' di ogni cittadino di
accedere nel proprio paese a tecnologie riproduttive; per non creare
inammissibili discriminazioni di censo fondate sulla possibilita' o meno di
cercare all'estero soluzioni vietate in patria; e per non ostacolare la
ricerca scientifica a fini terapeutici e diagnostici, con cui dare speranza
a persone ammalate.
Un invito a tutti i cittadini, e soprattutto alle donne, a recarsi a votare
e votare si' ai quattro quesiti referendari per difendere la liberta' di
tutti gli individui di assumere responsabilmente decisioni etiche ed
esistenziali, espressione della propria coscienza, nche grazie alla
possibilita' di utilizzo dei progressi positivi della scienza.

8. REFERENDUM. GIOVANNI FRANZONI: IL TEMPO DEL CONFRONTO. SPERIAMO
[Da Stefano Ciccone (per contatti: ciccone at romascienza.it) riceviamo
un'ampia raccolta di documenti di credenti delle tre religioni del libro
(ebraismo, cristianesimo e islam, e tra i cristiani in particolare di
cattolici) per la partecipazione al referendum. Tra vari altri utlissimi
materiali estraiamo dalla raccolta il seguente intervento di Giovanni
Franzoni. Giovanni Franzoni e' una delle figure piu' autorevoli della
spiritualita' contemporanea, della solidarieta' con le persone ed i popoli
oppressi, della pace e della nonviolenza; nato nel 1928 a Varna, in
Bulgaria, dove il padre toscano si era trasferito per lavoro, cresciuto a
Firenze, studente di teologia presso il Pontificio Ateneo di Sant'Anselmo di
Roma, viene ordinato prete nel 1955, e negli anni sessanta insegna storia e
filosofia nel Collegio di Farfa, monaco benedettino, nel marzo 1964 e'
eletto abate dell'abbazia di S. Paolo fuori le mura a Roma, e' padre
conciliare alle ultime due sessioni del Concilio Vaticano II; le sue prese
di posizione contro il Concordato, contro la guerra nel Vietnam, di
solidarieta' con le lotte operaie e popolari, gli procurano l'ostilita'
delle gerarchie vaticane; animatore di comunita' cristiane di base,
collabora dalla fondazione con la rivista ecumenica "Com-nuovi tempi" (poi
divenuta "Confronti"); ha sempre partecipato al dibattito sociale ed etico
intorno ai temi cruciali del nostro tempo da un punto di vista che tiene
conto del pensiero religioso in modo libero e autonomo; da oltre
quarant'anni la sua attivita' pratica e teorica e' rivolta alle popolazioni
piu' povere del pianeta, senza dimenticare le responsabilita' e i problemi
delle societa' avanzate. Dal sito www.cdbchieri.it riprendiamo la seguente
notizia biografica: "Giovanni Franzoni, (Varna, Bulgaria, 1928) ha trascorso
la sua giovinezza a Firenze, dove ha lavorato nella Dc. Maturata la
vocazione sacerdotale nell'Azione Cattolica, ha frequentato il Collegio
Capranica a Roma e ha poi studiato teologia al Sant'Anselmo. Rettore del
collegio di Farfa, nel marzo 1964 e' eletto abate dell'Abbazia di S. Paolo
fuori le mura a Roma. Partecipa come padre conciliare alle ultime due
sessioni del Concilio Vaticano II. Le sue prese di posizione contro il
concordato tra Stato e Chiesa e contro la guerra nel Vietnam, come la
solidarieta' espressa alle lotte operaie nel 1969 e nel 1970, gli procurano
l'ostilita' del Vaticano e nel 1973 e' costretto a dimettersi dalla carica
di abate. Nel 1974 prende posizione per la liberta' di voto dei cattolici
per il referendum sul divorzio e viene sospeso a divinis. In occasione delle
elezioni politiche del 1976, annuncia che votera' per il Pci e il 2 agosto
dello stesso anno viene ridotto allo stato laicale. Animatore di comunita'
cristiane di base, collabora, dalla fondazione con la rivista ecumenica
'Com-Nuovi tempi' (dal 1989 'Confronti'). E' redattore del mensile 'Input'".
Tra le opere di Giovanni Franzoni: Tra le opere di Giovanni Franzoni: La
terra e' di Dio, Com, Roma 1973 (recentemente riedita in edizione ampliata);
Il mio regno non e' di questo mondo, Com, Roma 1974; Omelie a S. Paolo fuori
le mura, Idoc-Mondadori, Milano 1974; Tra la gente, Com, Roma 1976; Il posto
della fede, Coines, Roma 1977; Il diavolo, mio fratello, Rubbettino, Soveria
Mannelli 1986 (tr. tedesca, Der Teufel mein Bruder, Koesel-Ver); Le
tentazioni di Cristo, Rubbettino, Soveria Mannelli 1990; La solitudine del
samaritano, Theoria, Roma-Napoli 1993; Farete riposare la terra, Edup, Roma
1996; Giobbe. L'ultima tentazione, Com - Nuovi Tempi, Roma 1997; Lo strappo
nel cielo di carta, Edup 1999; Anche il cielo e' di Dio, Edup, Roma 2000;
con Mario Manacorda, Le ombre di Wojtyla, 2000; La donna e il cerchio, 2001;
Ofelia e le altre, Datanews, Roma 2001; La morte condivisa, Edup, Roma;
Eutanasia. Pragmatismo, cultura, legge, Edup, Roma 2004]

I referendum su cui siamo ora chiamati a votare hanno - come quasi sempre
accade in questo tipo di consultazioni - delle implicazioni politiche di
grande rilevanza. La speranza e' che si riesca invece a ragionare sui
contenuti dei quesiti posti e che ci sia una larga partecipazione al voto.
Tra breve voteremo su quattro referendum per modificare alcune parti della
legge 40 del 2004 sulla Procreazione medicalmente assistita (la Corte
costituzionale non ha dichiarato ammissibile il quesito che ne chiedeva
l'abrogazione totale); una consultazione che ci impegnera' su diversi piani:
nel merito, sulla partecipazione, sul tipo di dibattito che si sviluppera' e
sugli "effetti collaterali" nei riguardi del quadro politico generale.
*
Cominciando da questo ultimo punto, penso che spetti ai politologi dire come
un confronto su argomenti che toccano la vita, i sentimenti e i desideri
delle persone, rischi di essere strumentalizzato per tornaconti politici.
L'unica cosa che mi sento di dire e' che un uso improprio e strumentale
dell'esito dei referendum sarebbe offensivo per la sensibilita' di tanta
gente. Infatti, molte persone che vedono davanti a loro una via piuttosto
che un'altra, non accetterebbero che la risposta ai loro problemi fosse
condizionata da motivi di schieramento politico e di interesse elettorale.
La trasversalita', in questo caso, diviene percio' un fatto positivo. Una
risposta "di genere" (intendo del genere femminile) potrebbe venire
trasversalmente rispetto agli schieramenti politici ed essere istruttiva,
pensando anche al domani. Infatti anche dopo i referendum, comunque essi
vadano, avremo problemi per l'altro genere (quello maschile) che ha avuto in
passato, e ha tuttora, la tendenza ad affrontare i temi attinenti alla
sessualita' dall'altana del potere patriarcale piuttosto che dal campo
aperto dove emergono i bisogni ed i desideri delle persone.
Se quindi la materia dei referendum attiene strettamente alla vita e alle
speranze della gente, ne consegue che il dibattito debba essere rispettoso e
partecipato. Non sembra possa esserci spazio per la rissa e tanto meno per
l'astensione.
*
Chi ha degli scrupoli sull'uso dell'embrione umano per la ricerca
scientifica o pone limiti al successo di un procedimento di inseminazione
artificiale (eterologa) non deve essere immediatamente e drasticamente
considerato un retrivo ed un oscurantista. Ma non deve essere considerato un
assassino chi invece questi scrupoli non li ha perche', rispetto alla vita
biologicamente intesa nella sua fase incipiente, sente di dover dare la
priorita' alla vita nei suoi aspetti psicologici e relazionali.
Per approdare ad un dialogo pacato e rispettoso e' giusto che il confronto
avvenga e le urne non vengano disertate. In fin dei conti, abrogando alcuni
articoli della legge che ai promotori del referendum sembrano repressivi e
castranti, non si fa altro che mantenere vivo il confronto auspicando un
chiarimento e promovendo dei miglioramenti, non solo palliativi, nella
legge. Il problema della vita umana, nel suo inizio, nella sua collocazione
nel mondo animale e nella sua dignita' particolare dovuta alla mentazione
(formazione autonoma della mente) non e', infatti, una cosa che ci
toglieremo di dosso in poco tempo.
Andando a votare, si tiene aperto il problema e si evita l'impressione che
l'astensione dal voto copra l'ostilita' da parte di poteri ecclesiastici
(quali la presidenza della Conferenza episcopale italiana) che influenzano
il confronto politico dall'esterno, accontentandosi di insabbiare i discorsi
e di cavalcare la grigia via del "minor male".
*
Il punto piu' delicato che resta da affrontare e' circa il merito dei
problemi sottoposti a interrogativo e che, secondo i promotori del
referendum, non sono correttamente affrontati dalla legge 40 che, pertanto,
dovrebbe essere, almeno parzialmente, abrogata.
Tale legge impone infatti inaccettabili restrizioni alla ricerca scientifica
e ai protocolli di fecondazione assistita che vengono in soccorso di molti
casi di sofferenza per mancanza di prole. Le obiezioni contro il cambiamento
della legge vengono, per lo piu', da parte di coloro che si ergono a
difensori a oltranza della vita umana "fin dall'inizio".
Pero', credo si debba rispondere, e' filosoficamente erroneo parlare di
inizio della vita umana dissociandola dall'inizio della vita degli altri
animali. Aristotele definisce l'uomo "animal rationale", un animale dotato
di ragione, e questa definizione ce la davano per buona, cinquant'anni fa,
alla Pontificia Universita' Gregoriana. Ma qual e' il principio attivo che
fa essere l'uomo, e perche' no anche la donna e l'indio, razionale? Forse
l'anima? Su questo oggi, anche da parte di molti credenti, si avanzano
dubbi. E' del tutto arbitrario, e lesivo perfino nei confronti degli esseri
umani, separare il mondo animale - dotato di una grande e differenziata
ricchezza di pulsioni accrescitive, di simpatie e di relazioni, fra animali
della stessa specie o di altre specie, e spesso, notano alcuni, dotato di
empatia, cioe' di capacita' di percepire cio' che avviene in un altro
individuo, gioia o tristezza, piacere o dolore - separarlo, dico, dal mondo
umano solo perche' in questo e' emersa la possibilita' dell'astrazione, del
linguaggio articolato e della strategia sociale. La specie umana e' emersa
in continuita' con altre specie animali e, in una visione olistica, ha il
suo senso proprio perche' responsabile della propria dignita' e di quella
degli altri esseri viventi. Togliere all'umanita' questo "seno" in cui e'
nata significa tagliare alla radice i vasi di comunicazione che la immergono
nella Terra madre.
Miti illustri - come il mito della caverna di Platone; o la dottrina del
dolce Marcione che, nel suo amore per l'uomo, lo volle considerare
"straniero" e "gettato" in questo "mondo tutto posto nel maligno" - possono
essere ancora oggetto di meditazione, ma comportano una scissione insanabile
e, in fin dei conti, finiscono col concedere le attenuanti generiche alla
specie umana, sempre chiamata ad una salvezza "altra", e col devastare la
foresta, la montagna, i mari e quanto vive in questi.
Ritengo che, quando i nostri giovani ci gridano che "un altro mondo e'
possibile", a tutto pensano fuorche' ad una scissione fra natura e specie
umana e ad una salvezza dell'umanita' che si concretizzi in una fuga dal
mondo.
Nell'area del pensiero ecologista ed animalista e' emerso, da tempo, il
problema dei diritti degli animali e dei diritti della natura. Per uscire
dall'antropocentrismo e vedere l'animale non semplicemente come mero
"oggetto" o human context (ossia semplice contesto della vita umana), si e'
avanzata l'ipotesi che anche gli animali e la natura stessa fossero soggetto
di diritto. Di fronte alle difficolta' inerenti alla enunciazione di diritti
senza che vi sia un sistema perche' questi siano autogestiti, alcuni
pensatori, nell'area del femminismo ecologista e della teologia della
liberazione, hanno indicato la via dell'interdipendenza e della collocazione
olistica. Non siamo sopra la natura ma siamo natura che pensa e che
riconosce la dignita' e la positivita' di ogni essere.
*
Ponendosi in questo quadro rappresentativo emerge la necessita' di trovare
un altro criterio per rispettare in modo differenziato gli esseri viventi,
dal momento che possedere o non possedere un'anima, destinata magari
all'eternita', introduce una scissione violenta nel tutto (olis).
Un criterio che, in altre sedi, ho avanzato, puo' essere quello della
capacita' di sofferenza, e per sofferenza non intendo solo la sofferenza
fisica, ma anche quella sociale. E' noto che i delfini, ma pure gli elefanti
e i primati e gli uccelli, soffrono anche socialmente e che la cura, in
molte specie, oltrepassa il confine ben conosciuto della cura parentale per
farsi grooming (cura per la pulizia e per il benessere) nel gruppo.
Nel creare una nuova visione nel rispetto dei viventi bisognera' tutelare
rigorosamente i diritti acquisiti e quindi, nell'estendere la cura al mondo
animale, non si possono calpestare i diritti umani gia' conosciuti ma,
nell'estendere nell'olis i diritti al rispetto, anche al rispetto per
l'embrione umano che comunque gli e' dovuto in quanto fatto vitale in corso
di sviluppo, bisognera' guardare alla capacita' di sofferenza di ogni
vivente. Pero', a questo punto, non comprendo come persone che ammettono la
caccia sportiva, la corrida e la vivisezione si agitino tanto per lo
scongelamento o l'uso scientifico dell'embrione umano che, allorche'
perisce, almeno nei primi quattordici giorni, quando ancora non vi e'
traccia di sistema nervoso, non e' soggetto a sofferenza. Forse perche' ha
un'anima spirituale?

9. REFERENDUM. IDA DOMINIJANNI: PRIMA E DOPO IL 12 GIUGNO
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 5 giugno 2005. Ida Dominijanni,
giornalista e saggista, e' una prestigiosa intellettuale femminista]

Milano, Libreria delle donne, luogo autorevole del femminismo della
differenza. Si presenta "Si puo'", il libro sulla procreazione assistita che
stiamo distribuendo con "Il manifesto", ma e' l'occasione per discutere non
solo e non tanto del referendum quanto di quello che c'e' dietro, a lato,
sopra, sotto, di quello che ci sara' dopo, di quello che le donne dicono e
non dicono, hanno detto e non hanno detto durante l'iter della legge.
Parole e vuoti di parola cosi' diversi da quelli che accompagnarono l'iter
della legge sull'aborto. Eppure sempre di regolarsi sul criterio del
desiderio femminile - di maternita' e di non maternita' - si tratta. Come
mai allora? Forse perche', come sostiene qualcuna, e' stato difficile, per
un pensiero abituato alla pratica del partire da se', entrare in un
dibattito predeterminato: dai codici della scienza, dai codici del diritto,
dalle manovre della politica istituzionale. Non si tratta del solito alibi
dell'estraneita' femminile: e' difficile "tagliare" creativamente questa
rete discorsiva a maglie strette, osserva Lia Cigarini, anche per quelle che
sono animate da passione politica forte e sincera. Bisognerebbe allora
ripercorrere la genesi della legge 40 dall'inizio, da quando furono alcune
donne della sinistra a mettersi in testa di normare la procreazione
assistita, affidandosi a quei codici neutri in nome delle donne ma senza
prima ascoltarle: mossa tipica della rappresentanza femminile, tipicamente
deleteria come s'e' visto nel seguito della vicenda. Si' che ora siamo di
fronte a quei quattro quesiti e all'urgenza di parlare a partire da la',
invece che da se'. E allora?
Allora ci sono quattro si', ma non scontati e non per tutte tranquilli;
qualcuna lascera' una casella bianca sul quesito sulla liberta' di ricerca,
per segnalare distanza e diffidenza rispetto alla volonta' di potenza della
scienza; qualcuna - pochissime - in nome di questa distanza e diffidenza non
andra' a votare, neanche scheda bianca come tutte le chiedono di fare per
non dare una mano a chi sta sabotando il quorum. Sono tranquillissimi
invece, i quattro si', per quelle che della legge 40 considerano
soprattutto, com'e' giusto, l'impresentabilita' giuridica: forma di legge
invasiva, prescrittiva e inaccettabile su questa come su qualunque materia,
"vorrei che le donne respingessero leggi fatte cosi' dal parlamento", dice
Cigarini.
*
Ma c'e' chi teme l'onnipotenza della scienza piu' di quella del diritto; chi
(Ida Fare') ricorda di aver cominciato a far politica su Seveso e contro la
diossina, e non e' disposta a fare credito alla ricerca sulle staminali; o
chi teme che rafforzando il codice della scienza si finisca con il portare
acqua anche a quello del diritto (Stefania Giannotti). Chiaro e' che la
legge 40 piomba su un deficit di elaborazione. A causa anche della poverta'
del discorso della sinistra su scienza e progresso, dice Luisa Muraro, che
pari poverta' rimprovera alla cultura laica rispetto alla religiosita': "la
cultura laica ha coltivato l'ignoranza religiosa e ora la paga". Il pensiero
femminile puo' e deve fare la sua parte, lavorando contro l'opposizione
laici-credenti come ha saputo lavorare contro altri binarismi della nostra
cultura.
Orientandosi su altri criteri e altre misure, primo fra tutti quello del
primato femminile nella procreazione: "la vita umana e' vita desiderata e
accettata, da una donna in primis e da chi vuole starle a fianco" (Muraro),
criterio che rifa' ordine in un dibattito troppo disordinato che gioca a
palla con i ruoli parentali. Desiderio femminile al centro del discorso,
dunque. Ma anch'esso da reinterrogare: ne sappiamo troppo poco della cogenza
del desiderio di maternita' che porta le donne in laboratorio. O meglio,
come precisa Cigarini: c'e' troppa privatizzazione della maternita', in
tutti i casi; la forza della relazione materna non riesce a esprimersi in
parola politica - se ci riuscisse, respingerebbe il fiume di parole maschili
che deborda sulla legge 40 e dintorni.
*
E c'e' anche troppa privatizzazione, quando non silenzio ostinato, sulla
sessualita', grande assente dal dibattito pubblico (Stefania Giorgi). Che
fine fa la sessualita', femminile e maschile, quando la provetta la
sostituisce? O forse bisognerebbe ribaltare la questione, e chiedersi se la
provetta non sia intervenuta su un cambiamento gia' in corso delle relazioni
eterosessuali: fine del patriarcato, liberta' femminile, crisi del
desiderio, erotismo della maternita' staccato dall'avventura incerta del
rapporto con l'altro. Se cosi' fosse, come tanti segnali non da oggi dicono
che e', quello che si fa in laboratorio apparirebbe meno staccato dal
mutamento sociale di quanto possa sembrare. Un merito, comunque vada, il
referendum ce l'ha, riapre un campo di questioni da aggiornare. Comunque
vada, anche dopo, e perche' una legge come la n. 40 non sia piu'
concepibile.

10. RIFLESSIONE. GIULIO VITTORANGELI: IN VINO VERITAS
[Ringraziamo Giulio Vittorangeli (per contatti: g.vittorangeli at wooow.it) per
questo intervento. Giulio Vittorangeli e' uno dei fondamentali collaboratori
di questo notiziario; nato a Tuscania (Vt) il 18 dicembre 1953, impegnato da
sempre nei movimenti della sinistra di base e alternativa, ecopacifisti e di
solidarieta' internazionale, con una lucidita' di pensiero e un rigore di
condotta impareggiabili; e' il responsabile dell'Associazione
Italia-Nicaragua di Viterbo, ha promosso numerosi convegni ed occasioni di
studio e confronto, ed e' impegnato in rilevanti progetti di solidarieta'
concreta; ha costantemente svolto anche un'alacre attivita' di costruzione
di occasioni di incontro, coordinamento, riflessione e lavoro comune tra
soggetti diversi impegnati per la pace, la solidarieta', i diritti umani. Ha
svolto altresi' un'intensa attivita' pubblicistica di documentazione e
riflessione, dispersa in riviste ed atti di convegni; suoi rilevanti
interventi sono negli atti di diversi convegni; tra i convegni da lui
promossi ed introdotti di cui sono stati pubblicati gli atti segnaliamo, tra
altri di non minor rilevanza: Silvia, Gabriella e le altre, Viterbo, ottobre
1995; Innamorati della liberta', liberi di innamorarsi. Ernesto Che Guevara,
la storia e la memoria, Viterbo, gennaio 1996; Oscar Romero e il suo popolo,
Viterbo, marzo 1996; Il Centroamerica desaparecido, Celleno, luglio 1996;
Primo Levi, testimone della dignita' umana, Bolsena, maggio 1998; La
solidarieta' nell'era della globalizzazione, Celleno, luglio 1998; I
movimenti ecopacifisti e della solidarieta' da soggetto culturale a soggetto
politico, Viterbo, ottobre 1998; Rosa Luxemburg, una donna straordinaria,
una grande personalita' politica, Viterbo, maggio 1999; Nicaragua: tra
neoliberismo e catastrofi naturali, Celleno, luglio 1999; La sfida della
solidarieta' internazionale nell'epoca della globalizzazione, Celleno,
luglio 2000; Ripensiamo la solidarieta' internazionale, Celleno, luglio
2001; America Latina: il continente insubordinato, Viterbo, marzo 2003. Per
anni ha curato una rubrica di politica internazionale e sui temi della
solidarieta' sul settimanale viterbese "Sotto Voce" (periodico che ha
cessato le pubblicazioni nel 1997). Cura il notiziario "Quelli che
solidarieta'"]

Fra le tante cose lasciate da mio padre c'e' anche il vigneto, che richiede
molto lavoro, come sa ogni contadino, e che alla fine produce il tanto
sospirato vino. Definito fin dai tempi antichi, se non sbaglio, come il
nettare consacrato agli dei.
Strano prodotto, importantissimo per la nostra tavola. Strano, perche' non
contiene sostanze indispensabili alla nutrizione e secondo i fisiologi pare
che nemmeno faciliti la digestione. Eppure se invitiamo qualcuno a mangiare
ci preoccupiamo che ci sia il vino. Il vino puo' mancare in un pasto frugale
di tutti i giorni, ma non in un pranzo e tanto meno in un banchetto di nozze
o in una festa.
Perche' il vino soprattutto se e' bevuto (sempre nella giusta quantita') con
gli amici allevia la tensione delle nostre preoccupazioni, le sfuoca, aiuta
a comunicarle e a condividerle con gli altri. Basta ricordare per esempio, a
livello cinematografico, l'effetto prodotto sui commensali nel pranzo di
Babette: di come il vino riesce a sciogliere le rigidita' e i rancori di
quella intransigente comunita'.
Tanti i significati che si possono dare al vino; ma fondamentalmente sulle
nostre mense ha il senso di letizia e di festa e probabilmente il suo
significato metaforico e' lo stesso. Come dire, il vino esprime la gioia che
due persone si danno reciprocamente e che le porta a vivere insieme. Quando
la coppia, infatti, ha gioia, la convivenza e' come un banchetto; quando
invece la gioia manca, la vita insieme e' come un pasto, qualche volta
appena sufficiente, altre volte scarso o addirittura misero.
*
Come non ricordare, anche da un punto di vista squisitamente laico, le Nozze
di Cana e l'accorato appello "Non hanno piu' vino". Su questo, c'e' un
bellissimo saggio (vecchio di dieci anni, ma attualissimo) di Clotilde
Masina (per il convegno del 1995 delle Equipes Notre Dame), che rilegge il
brano delle nozze di Cana non da un punto di vista sociologico, cioe'
considerando la variazione dei costumi, ma dal punto di vista di una
psicologa che si occupa dei meccanismi dell'inconscio.
Da questo saggio, riproponiamo una brevissima trascrizione dal capitolo "Il
vino che si fa sangue".
"Nella vita di una coppia puo' capitare che l'alimento vino non significhi
aiuto a percorrere una vita ordinata in una gioia continuamente ritrovata,
ma significhi bere un vino che e' diventato sangue, non soltanto nel senso
eucaristico dell'immagine. Questo avviene quando uno dei coniugi offre la
sua vita intera all'amore per l'altro e la fedelta' diventa allora
sacrificio di se'. I casi in cui cio' si puo' verificare li conosciamo
tutti: sono, per esempio, quelli in cui uno dei due coniugi si ammala in
modo grave, fisicamente o psichicamente, e l'altro non lo abbandona. Queste
situazioni che a noi paiono eccezionali, eroiche, sono assai piu' abituali
tra i poveri del Terzo Mondo... Anche fra loro, comunque, questo atto di
offerta viene onorato, considerato con rispetto a prescindere dalle credenze
religiose. Purtroppo, da noi, invece, una certa psicologia becera, nata
nell'alveo della cultura occidentale che ha esaltato esageratamente l'Io nei
confronti del 'noi', dimenticando l'inconscio e le sue dimensioni unitive
(cosa che eminenti psicoanalisti come Matte Blanco ritengono pericolosa), ha
confuso con il masochismo l'amore per l'altro fino al suo limite estremo.
In realta' c'e' una enorme differenza tra il masochismo e l'atto ablativo:
il masochismo e' generato dall'aggressivita' che la persona, nell'infanzia,
impara a rivolgere contro se stessa per paura delle ritorsioni del genitore,
nel caso che sia rivolta all'esterno. Il masochismo non produce gioia ma
solo miseria psichica. L'atto ablativo, invece, e' una espansione della
capacita' di amore fino a oltrepassare i limiti del Se' (come noi psicologi
definiamo la persona nella sua interezza psichica e corporea)".
*
Per tutto questo, siamo tutti e tutte comprese in quel "noi" (frutto di una
lunga storia comune di vicinanza e relazioni che da' senso a gran parte
delle nostre vite), un pronome plurale denso di significato, fatto di un
impasto sedimentato nel tempo e nelle/dalle pratiche delle nostre relazioni,
quelle dirette ma anche quelle mediate dalla parola scritta.
Un "noi" che spesso confina/sconfina in altre dimensioni dell'identita'
collettiva (come la professione); ma che e', per molti e molte, il nostro
modo di stare al mondo, il luogo formidabile da cui, e attraverso il quale,
guardare e sentire e capire cio' che accade e dargli senso e misura.
Parlare di tutto questo, di sentimenti (non sono dettagli, ma il motore
potente di una politica alta), non e' facile sapendo che e' terreno
scivoloso, a rischio (la deriva sentimentalistica puo' sfociare nella
peggiore retorica); ma non si tratta di quel territorio dell'irrazionale e
dell'incontrollato che secondo la vulgata corrente dovrebbe essere tenuto
sotto controllo dalla mente lucida e vigile. Si tratta, semplicemente, di
impegnarsi a prenderci cura della vita, del suo senso piu' profondo,
cercando di mantenerla integra.
Mantenere il senso dell'umano nella vita, nei suoi termini essenzialissimi:
quelli della cura della vita quotidiana, di cura delle relazioni primarie
tra le persone.

11. STRUMENTI. IL "COS IN RETE" DI GIUGNO
[Dall'Associazione nazionale Amici di Aldo Capitini (per contatti:
l.mencaroni at libero.it) riceviamo e diffondiamo]

Vi segnaliamo l'ultimo aggiornamento di giugno 2005 del "C.O.S. in rete"
(sito: www.cosinrete.it).
Nello spirito del Cos di Capitini, le nostre e le vostre risposte e
osservazioni a quello che scrive la stampa sui temi capitiniani:
nonviolenza, difesa della pace, liberalsocialismo, partecipazione al potere
di tutti, controllo dal basso, religione aperta, educazione aperta,
antifascismo, tra cui: Bush e Capitini; Don Milani e i comunisti; Mazzini e
Capitini; Cofferati e l'ordine nuovo; La rivoluzione nonviolenta di
Ackerman; Liberta' senza dogmi; L'onore della patria; I giovani di
Nordadipace; Fede ragionata; Scribi e farisei; Il relativismo e la destra;
La liberta' comincia dalle donne; Il futuro della nazione; Sono finiti i
soldi per il carnevale;  ecc., piu' scritti di e su Capitini utili secondo
noi alla riflessione attuale sugli stessi temi.
Ricordiamo che sui temi capitiniani sopra citati la partecipazione al
"C.O.S. in rete" e' libera e aperta a tutti mandando i contributi
all'indirizzo e-mail: capitini at tiscali.it, come pure la discussione nel sito
blog del Cos: http://cos.splinder.com
Ricordiamo che il sito con scritti di e su Aldo Capitini ha cambiato
indirizzo in: www.aldocapitini.it

12. RIVISTE. CON "QUALEVITA", ALL'ASCOLTO DI EDITH STEIN
Abbonarsi a "Qualevita" e' un modo per sostenere la nonviolenza. Ponendosi
all'ascolto di Edith Stein.
*
"La generazione di oggi e' passata attraversio molte crisi e non ci puo'
piu' capire. Siamo noi che dobbiamo cercare di capirla e forse allora
potremo aiutarla un po'..." (Da una lettera di Edith Stein del 20 ottobre
1932, in Eadem, La scelta di Dio, Citta' Nuova, Roma 1974, Mondadori, Milano
1997, p. 47).
*
"Qualevita" e' il bel bimestrale di riflessione e informazione nonviolenta
che insieme ad "Azione nonviolenta", "Mosaico di pace", "Quaderni
satyagraha" e poche altre riviste e' una delle voci piu' qualificate della
nonviolenza nel nostro paese. Ma e' anche una casa editrice che pubblica
libri appassionanti e utilissimi, e che ogni anno mette a disposizione con
l'agenza-diario "Giorni nonviolenti" uno degli strumenti di lavoro migliori
di cui disponiamo.
Abbonarsi a "Qualevita", regalare a una persona amica un abbonamento a
"Qualevita", e' un'azione buona e feconda.
Per informazioni e contatti: Edizioni Qualevita, via Michelangelo 2, 67030
Torre dei Nolfi (Aq), tel. 3495843946, o anche 0864460006, o ancora
086446448; e-mail: sudest at iol.it o anche qualevita3 at tele2.it; sito:
www.peacelink.it/users/qualevita
Per abbonamenti alla rivista bimestrale "Qualevita": abbonamento annuo: euro
13, da versare sul ccp 10750677, intestato a "Qualevita", via Michelangelo
2, 67030 Torre dei Nolfi (Aq), specificando nella causale "abbonamento a
'Qualevita'".

13. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

14. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it,
luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at inwind.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 955 del 9 giugno 2005

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