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La nonviolenza e' in cammino. 937
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 937
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Sun, 22 May 2005 01:23:09 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 937 del 22 maggio 2005 Sommario di questo numero: 1. Clementina, dell'umanita' 2. Lidia Campagnano e Pina Nuzzo: Ai margini e nel cuore 3. Marina Forti: Si intensifica la distruzione dell'Amazzonia 4. Il programma di oggi del convegno di Palermo su nonviolenza e lotta alla mafia 5. Anna Puglisi e Umberto Santino, Augusto Cavadi, Peppe Sini, Valeria Ando': In dialogo tra persone amiche 6. Con "Qualevita", all'ascolto di Lev Tolstoj 7. La "Carta" del Movimento Nonviolento 8. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. CLEMENTINA, DELL'UMANITA' [Clementina Cantoni, volontaria dell'associazione umanitaria "Care international", impegnata in Afghanistan nella solidarieta' con le donne, e' stata rapita alcuni giorni fa] Che torni libera, sana e salva. Che tutti si faccia quanto in nostro potere per questo. 2. EDITORIALE. LIDIA CAMPAGNANO E PINA NUZZO: AI MARGINI E NEL CUORE [Dal sito de "Il paese delle donne" (www.womenews.net) riprendiamo il seguente intervento. Lidia Campagnano e' una prestigiosa intellettuale femminista; in una breve presentazione autobiografica di qualche anno fa cosi' si descriveva: "ho 55 anni, ho studiato filosofia all'Universita' degli Studi di Milano. Dalla paura della storia, instillatami da piccola con i racconti della potenza e dell'orrore nazista che avevano preceduto la mia nascita, sono passata alla passione politica e a quella per la parola, scritta e parlata, come possibili attivita' di cura (forse anche di consolazione) inventate dall'umanita'. Dopo il Sessantotto e la scoperta del femminismo sono diventata giornalista presso la redazione del "Manifesto", dove ho lavorato per diciassette anni (i "quaderni del Golfo", durante "quella" guerra [del 1991], li ho ideati e curati io, pensando alle persone piu' giovani o a quelle piu' disarmate e sconcertate). Ho partecipato alla fondazione di due riviste di donne: "Orsaminore", a Roma, e "Lapis", a Milano. Adesso collaboro dove capita: al "Manifesto" alla "Rinascita della sinistra", all'"Unita'" qualche volta. In passato ho condotto varie trasmissioni radiofoniche (presso la Rai) dedicate alle donne, e due trasmissioni televisive (una settimana di commenti a una notizia del Tg Tre, una trasmissione culturale del mattino presso la Rete 2). Ogni anno, in varie citta' (Milano presso la Libera universita' delle donne, Roma prossimamente, presso la Casa internazionale delle donne, Torino in occasione del Forum "Native, immigrate, cittadine del mondo", Firenze mentre bombardavano Belgrado, Lucca, Catania, in un campeggio di giovani a Policastro, Valencia, presso l'Universita', e chissa' dove ancora) cerco e trovo modo di condurre seminari, dialoghi e riflessioni collettive, soprattutto tra donne, a volte anche con la partecipazione di uomini, sui temi simili a quelli che trattiamo in quest'occasione. Ricordo anche la partecipazione a "punto G, genere e globalizzazione", a Genova, con la conduzione insieme a Barbara Romagnoli e Lea Melandri del gruppo "l'ordine sentimentale della globalizzazione". Da allora collaboro qualche volta con la rivista "Marea" diretta da Monica Lanfranco. Ho scritto vari saggi e relazioni, pubblicate in vari luoghi, mi limito a segnalare due libri interamente miei: Gli anni del disordine, pubblicato dalla Tartaruga edizioni di Milano nel 1996, una meditazione per frammenti su cio' che la fine del mondo bipolare stava producendo, soprattutto in Jugoslavia ma anche altrove, e Un dopoguerra ancora, edito nel 2000 dalle edizioni Erga di Genova, in prosa poetica. Il terzo e' in cantiere, sulle ferite inflitte nel tessuto spaziale e in quello temporale, e nel senso biografico di una donna, dalle guerre di questi nostri tempi". Pina Nuzzo, apprezzata pittrice, e' una delle figure piu' prestigiose dell'Unione delle Donne in Italia (Udi)] Attorno alla procreazione assistita c'e' un spessore di tenebra. E' impastato di vari elementi. Del silenzio delle donne che hanno fatto esperienza di procreazione medicalmente assistita - o della moderazione che e' stata imposta alle loro testimonianze. Della sostanziale falsita' che circonda le intenzioni del legislatore, pressato tra l'obbedienza alle leggi non scritte sul funzionamento (e sul finanziamento) della ricerca scientifica e sulla pratica medica e l'adesione alle volonta' di potenza delle gerarchie ecclesiastiche. Del balbettio politico sulla dimensione (mondiale) di ogni questione (milioni di bambini e bambine nel mondo muoiono entro i primi cinque anni di eta'), dimensione che potrebbe anche indicare il vero rischio insito negli indirizzi della ricerca scientifica stessa: quello di rivoluzionare la nascita umana segnandola programmaticamente con la disuguaglianza nei diritti. Cosi' e' nata una legge crudele, bugiarda, inapplicabile, che esercita violenza sul corpo delle donne e pretende gia' da ora di imporre, in luogo della tutela dei neonati, comunque siano venuti al mondo, il modo "giusto" di venire al mondo (da una coppia eterosessuale convivente: come se nel mondo tutti nascessero tutelati da una coppia eterosessuale convivente). E c'e' una fonte di tenebra che riguarda tutte e tutti singolarmente: e' l'incapacita' di fare i conti con la distanza tra desideri profondi e realta'. Il primo e ottimo motivo per ridurre a zero la legge 40 sta nel bisogno di diradare coraggiosamente quelle tenebre cosi' da riaprire la strada per una convivenza migliore, una vita migliore, un pensiero piu' ricco sulla vita e sulla morte umana, mettendo al lavoro le coscienze che guardano lontano quanto vicino a se'. Perche' si faccia di meglio rispetto a cio' che propone il mercato e a cio' che prescrive il patriarcato ecclesiastico. Perche' si pensi laicamente, nel significato piu' democratico, aperto, creativo e responsabile di questa parola. A partire da un principio che si chiamo' autodeterminazione. * Nel momento in cui nuove tecniche consentono di produrre la fecondazione e il primissimo stadio dello sviluppo dell'embrione umano fuori dal corpo femminile, questo principio va approfondito nelle sue motivazioni. Esso nasceva da un'esperienza divenuta coscienza, soggettivita': l'esperienza di una materia vivente al cui sviluppo una donna doveva dare un si' intimo assolutamente personale: il si' del corpo-mente-cuore che avverte o viene avvertito di quella materia, interna a se' eppure non del tutto "propria", corpo proprio toccato da altro, dall'altro. Un si' umano che puo' fallire. Puo' essere un no bio-fisiologico, un no in nome del modo in cui la fecondazione e' avvenuta, un no in nome di un futuro per qualunque motivo minaccioso. Attorno a quel si' e a quel no cosi' intimo si avvolge e radica molto della possibilita' di essere umane e umani, quando si "mette al mondo". Perche' e' nell'intimita', nell'individualita' protetta dal suo personale segreto (dalla sua inviolabilita') che puo' nascere o no un rapporto tra se' e l'altro che non debba rimontare volontaristicamente un abisso, un rapporto con il desiderio che non sia censorio o avido, un rapporto tra la forza e la debolezza che non sia imperialista, violento. Questa esperienza dell'intimita' generativa e' cosi' importante per la donna e potenzialmente per tutti che solo il pervicace impegno storico di alienare le donne, di tenerle lontane dalla parola e dalla pratica dell'autodeterminazione ha potuto a lungo isterilirla e renderla irrilevante: per il male di tutti. La minaccia continua e ripetuta a questa intimita' ha fatto si' che gli uomini considerassero l'intimita' in se stessa come una minaccia dalla quale tenersi lontani, per il pericolo del contagio. Cosi' che, mentre le donne molto hanno imparato dagli uomini, questi ultimi poco hanno imparato dalle donne sul piano della costruzione profonda di se'. * Ora che la scienza consente il portar fuori dall'intimita' la prima parte del processo generativo (ma in futuro sara' probabilmente tutto il processo generativo), la reazione della legge non e' quella di ripristinare in ogni modo l'intimita' della relazione donna-embrione, bensi' quella di "farla fuori" nominando immediatamente l'embrione come persona portatrice di diritti, anche contro il corpo femminile che ancora lo deve ospitare, e addirittura imponendo a quel corpo l'ospitalita'. Qui si incrociano due misoginie: quella dell'uomo prometeico e solipsista, che sogna semplicemente di fabbricare umani senza le donne, e quello del patriarca in nome di Dio (del patriarca-Dio) che ricolloca la donna nel luogo della materia inerte, della materia preumana che occorrera' poi e sempre salvare da se stessa donandole un'anima. Difficile dire chi dei due e' peggio. Si puo' invece dire che entrambe le categorie di misogini sono tra le meno adatte a parlare della tutela di quell'essere inerme, privo di segreto e di precisi confini col mondo che e' il neonato. E non per caso entrambe sono cosi' gravemente incapaci di fare qualcosa contro la violenza che tocca l'intimita' corporea, la violenza sessuale, principio e metafora di ogni tortura, di ogni violenza. Sul ristabilimento di quella intimita' molto ci sarebbe forse da fare, e ben oltre un referendum, ben oltre una legge. Perche' alle donne tocca di interrogarsi sulla propria parte, nella crescita di un quadro cosi' poco rassicurante. A cominciare da una domanda: che cosa e' avvenuto del desiderio di maternita'? Che cos'e', oggi? * In un paio di decenni e' avvenuta una lenta metamorfosi. Generazioni di donne sono passate dalla maternita' come destino indipendente da un desiderio che, se presente, era quasi muto, alla paura esplicita della maternita', al desiderio questa volta nominato e analizzato, reso consapevole, motivato in maniera multiforme. E adesso, a che punto sono le donne? E quali donne? E' difficile dirlo. Oggi in molte viviamo con fatica la gestione delle nostre liberta' e dei nostri desideri, che sono molteplici. E' forse la prima volta nella storia che in una parte del mondo, o in varie parti socialmente circoscritte del mondo, una generazione di donne si misura con l'intera progettazione di un'orizzonte di vita: studio, lavoro, amore e maternita', sulla base di desideri che non sono affatto facilmente conciliabili, che sono spesso ugualmente forti eppure non sono misurabili con la stessa unita' di misura (una mentalita' assolutamente maschile, benche' frequentata da molte donne, tenta invece di renderli commisurabili: oggi un lavoro, domani un figlio, piu' tardi la ricerca spirituale, e chissa' che altro). Sull'oggi del desiderio di maternita' facciamo qualche ipotesi. Le statistiche, molto poco diffuse, dicono che a richiedere la procreazione medicalmente assistita sono prevalentemente le donne che si avvicinano ai quarant'anni, quando cioe' si teme il calo naturale della fertilita' e quando si teme di piu' la nascita di una creatura con problemi di salute. L'avanzare dell'"eta' per fare un figlio" e' frutto dell'emancipazione classica (l'emancipazione essendo, a detta di tutti gli studi demografici internazionali, l'unico modo generalizzato ma non autoritario di ridurre gli eccessi di natalita' nel mondo). Ma l'emancipazione si sta convertendo in una condizione altra: la condizione della precarieta'. Il sogno dell'emancipazione classica era quello di programmare la maternita', l'incubo della precarieta' e' quello di non farcela nella corsa col tempo fertile. La programmazione e la "conciliazione dei tempi" sono state convertite in un unico tempo di vita non programmabile se non dall'"altro da se'", cioe' dalle intricate strade della percezione del reddito. La precarieta' totale sta per giunta cancellando la possibilita' (e forse anche il desiderio) di avere una percezione piu' intima del tempo che passa. Cioe' sta devastando un vissuto del tempo proprio che non sia semplicemente tempo libero bensi' tempo "di se' e per se'". Non solo il tempo del fai da te, dell'hobby, tempo da giovanotto scapolo, per cosi' dire, ma il tempo per l'ascolto di cio' che accade dentro di se', il tempo, anche, del "lasciar accadere, lasciare avvenire" qualcosa dentro di se', il tempo di un'attesa dunque. Tipico tempo fertile, in ogni senso. La perdita di questo specifico tempo e senso del tempo ha conseguenze oggi non innocentemente incalcolate sull'intero modo d'essere, dal pensiero all'amore alla maternita'. E nel contorto e affannoso tempo totalitario della precarieta' emergono, come funghi intatti, antichi desideri che la tecnica promette di soddisfare "chiavi in mano": un prolungamento della vita potenzialmente illimitato; un prolungamento della vita fertile quasi altrettanto illimitato; una eta' giovane senza limiti, con eterne e sempre uguali possibilita' di successo, di seduzione, di potere. Un figlio quando il reddito e' divenuto sufficiente per fermarsi e per pagarselo. * Se questa, a grandi linee, e' la condizione materiale delle donne candidate alla procreazione medicalmente assistita, piu' difficile e forse piu' necessario e' capire come sta oggi una donna a tu per tu con un'ipotesi di procreazione. Qui, tra noi, in questa nostra societa' le donne giovani sono piu' libere, anche o soprattutto nel sentimento di se'. Questa liberta' si traduce in un sentimento di individualita', di fronte alle proprie possibilita' procreative, che e' stato una conquista molto alta, ma che rischia sempre, e forse oggi molto piu' di ieri, di diventare per lo piu' solitudine, impossibilita' o rifiuto a condividere con altre, oltre che con altri, il problema del se, del come, del quando e con chi inserire nella propria vita l'esperienza della maternita', in quali forme, secondo quali regole e priorita' liberamente scelte, affermando quali diritti e quali doveri. Tanto piu' di fronte ai nuovi modi "tecnologici" di mettere/venire al mondo. Modi attraverso i quali sembra che il bisogno di uscire dalla solitudine, di condividere e di comunicare un desiderio, prima ancora che di progettare una procreazione, si traduca in un rapporto asettico e profondamente disuguale tra donna e tecnico, tra donna e tecnica, sessualmente neutro, emotivamente buio. Modi che oscurano, tramite un'espropriazione visibilissima (di cellule, ovuli, embrioni ecc.) la nuova responsabilita' di ogni donna nei confronti del proprio corpo, delle proprie potenzialita', dei "prodotti" delle metamorfosi che dentro il corpo si verificano. Responsabilita' inedite, nel momento in cui un embrione puo' essere portato fuori e poi di nuovo dentro una donna. Inedite, anche dal punto di vista di una loro traduzione giuridica, per non parlare degli scenari che prefigurano, alcuni davvero inquietanti. Credere, o fingere di credere, come si fa, che l'evocazione di un presunto quanto astratto valore-famiglia possa arginare gli esiti di queste novita', piu' che essere ingenuo e' in malafede. Restringere o allargare la categoria della famiglia per garantirsi da esiti abissalmente disumani provenienti dall'estrazione e dalla manipolazione degli embrioni umani serve solo a ribadire l'irrilevanza dell'essere donne di fronte alla procreazione, e la cancellazione del loro campo di responsabilita'. La procreazione passa ad altre mani, anonime, spersonalizzate. * E' in questo intero quadro che si colloca la procreazione medicalmente assistita, ed e' su questo intero quadro che occorre pensare a fondo l'autodeterminazione. Questa idea, cosi' cara al pensiero delle donne, diventa innominabile se ogni momento della vicenda procreativa viene determinato da un meccanismo economico e sociale, e ancor piu' se questo meccanismo opera anche sul desiderio, lo plasma, lo rende adeguato alla tecnica. La quale a sua volta si adegua. L'idea della liberta' di ricerca scientifica infatti e' davvero messa in questione dal fatto evidente che questa presunta liberta' non parla affatto di se'. Sembrano spenti i dibattiti sul modo del conoscere scientifico (sulla sua originaria umilta' rispetto alla teologia) nel momento stesso in cui le scienze vanno a toccare il genoma umano. Nessuno piu' sembra interrogarsi sulla relazione scienza-tecnica, sulle finalita' delle tecniche e delle pratiche che sulla scienza si fondano: la medicina, per esempio, che cos'e'? Una pratica di prolungamento della vita umana? Una pratica di salvataggio della vita in pericolo? Una pratica di cura del dolore che la malattia infligge? Il dibattito e' cosi' poco diffuso e visibile che occorre interrogarsi sulla base di sintomi: come si producono le agonie o i coma che durano vent'anni? Come avviene che nascano e letteralmente sopravvivano in condizioni spesso penosissime, bambini nati in maniera terribilmente precoce? Come, perche', sulla base di quali decisioni e di chi, e a che prezzo vengono attivate e riattivate alcune funzioni vitali e non altre? Forse non si apriranno davvero dibattiti di questo genere se non se ne garantisce in qualche modo la finalita' propriamente umana. Se non si e' sicuri e sicure di non scivolare verso trattamenti della materia umana vivente, della vita umana inerme, di una disumanita' senza pari e peraltro in parte gia' sperimentata. Se non si diffonde una buona pratica di riconoscimento e quindi di governo dei propri desideri non solo all'interno delle vite personali, ma anche nella vita sociale, professionale. Politica. Forse non si apriranno, questa volta, simili dibattiti e simili pratiche senza una capacita' di interrogazione da parte delle donne, rivolta al mondo intero, a partire da un'esperienza intima della fertilita' che sia riabilitata e protetta, che faccia da bussola, alle donne prima di tutto. Ma occorrera' imporre anche un ascolto. 3. BIOSFERA. MARINA FORTI: SI INTENSIFICA LA DISTRUZIONE DELL'AMAZZONIA [Dal quotidiano "Il manifesto" del 20 maggio 2005. Marina Forti, giornalista particolarmente attenta ai temi dell'ambiente, dei diritti umani, del sud del mondo, della globalizzazione, scrive per il quotidiano "Il manifesto" sempre acuti articoli e reportages sui temi dell'ecologia globale e delle lotte delle persone e dei popoli del sud del mondo per sopravvivere e far sopravvivere il mondo e l'umanita' intera. Opere di Marina Forti: La signora di Narmada. Le lotte degli sfollati ambientali nel Sud del mondo, Feltrinelli, Milano 2004] Tra l'agosto del 2003 e lo stesso mese del 2004 e' scomparsa una porzione di foresta amazzonica brasiliana pari a 26.000 chilometri quadrati, un'area piu' estesa dell'intera Sicilia, o quanto la somma di Israele e i Territori Palestinesi occupati. Scomparsa, disboscata: lo ha annunciato mercoledi' il ministero dell'ambiente brasiliano. E' un dato allarmante, sia in assoluto che come tendenza. In assoluto e' un tasso di deforestazione secondo solo a quello verificato nell'anno 1994-'95, il record assoluto nella storia dell'Amazzonia, quando scomparvero 29.000 chilometri quadrati di foresta (come l'intero Belgio). Come tendenza e' un segno di accelerazione, perche' rappresenta un aumento del 6% rispetto all'anno precedente e segue altri anni di deforestazione in aumento - in effetti e' dal 2001 che il ritmo continua a salire. Gli ultimi dati inoltre sono una delusione per il governo, che sperava di aver contenuto l'aumento della deforestazione entro il 2%. La ministra brasiliana dell'ambiente Marina Silva ha commentato che le azioni prese dal governo federale per proteggere la foresta amazzonica richiedono tempo per sortire effetti: "Continueremo a combattere la deforestazione in modo sistematico e strutturato, coinvolgendo tutti i settori della societa' in azioni efficaci e durature", ha detto la ministra. L'ultimo dato "dimostra che la deforestazione non e' una priorita' per il governo di Lula", ha tuonato invece Greenpeace Brasile. Ma sarebbe troppo facile prendersela con il presidente Luiz Ignacio da Silva, Lula. Il governo federale in effetti ha adottato l'anno scorso un piano per proteggere l'Amazzonia dalla distruzione ambientale in se' ineccepibile. Un progetto di legge sulla gestione delle foreste pubbliche e' in discussione al Congresso nazionale (il parlamento federale); il ministero dell'ambiente fa la sua parte creando nuove aree protette. Si va facendo strada una strategia di gestione multipla delle risorse forestali, con esperimenti di "uso della biodiversita'" combinata alla conservazione dell'ecosistema, di uso collettivo e tentativi di valorizzare le attivita' tradizionali. Questa primavera il governo federale ha completato la demarcazione della riserva degli indigeni Xavantes, concludendo una vicenda annosa. Ma le forze che premono sulla foresta amazzonica sono molte, e potenti. I dati diffusi dal governo brasiliano, guardati piu' da vicino, lo confermano. Dei sette stati considerati nel rapporto governativo, cinque in effetti hanno rallentato la deforestazione (Para', Amazonas, Acre, Maranhao e Tocantins). Altri due, il Mato Grosso e Rondonia, hanno invece registrato un balzo in avanti tale da annullare i progressi visti altrove. Sono la parte piu' consistente di quello che veniva chiamato "l'arco di fuoco", la zona di sfruttamento piu' intensivo e selvaggio della foresta, del commercio illegale di legno e soprattutto delle grandi piantagioni industriali - soprattutto la soia. Da qualche anno poi la vera forza trainante della deforestazione e' l'allevamento del bestiame. E' la "hamburger connection": l'export di carne brasiliana e' triplicato tra il 1995 e il 2002 e continua a crescere, e tre quarti dell'aumento si registrano nella regione amazzonica. Allevare bovini su scala massiccia (nel 2002 se ne contavano 175 milioni di capi) significa creare nuovi pascoli, dunque tagliare alberi in zone vergini, finche' il pascolo si esaurisce e si va a tagliare altrove. E questo si somma ai mali cronici - traffico illegale di legname tropicale, occupazione abusiva di grandi estensioni di foresta da parte di coloni che si "ritagliano" grandi piantagioni, l'espansione della soia... La stampa brasiliana ieri metteva bene in risalto che il capo del governo dello stato del Mato Grosso, Blairo Maggi, e' anche il maggior produttore di soia del mondo - e che quasi meta' della deforestazione registrata nell'anno e' avvenuta proprio nel suo stato. Greenpeace lo ha definito "il re della deforestazione". Vincere le forze che premono sulla foresta amazzonica non e' cosa semplice. Resta l'allarme: il Wwf stima che ormai il 17% della copertura forestale dell'Amazzonia brasiliana e' scomparsa. 4. INCONTRI. IL PROGRAMMA DI OGGI DEL CONVEGNO DI PALERMO SU NONVIOLENZA E LOTTA ALLA MAFIA Si conclude oggi, 22 maggio 2005, presso il Convento dei Frati Minori di Baida, Palermo (via Convento 43, Baida - Palermo, tel. 091223595) il convegno sul tema "Superare il sistema mafioso. Il contributo della nonviolenza". Il convegno e' promosso da: Gruppo-laboratorio "Percorsi nonviolenti per il superamento del sistema mafioso"; Seminario Nonviolenza; Quaderni Satyagraha; Mosaico di Pace; Centro Siciliano di Documentazione G. Impastato; Arci Sicilia; Libera; Dipartimento di Studi "Politica, Diritto e Societa'" e Facolta' di Lettere e Filosofia dell'Universita' di Palermo; Corso di Laurea in Scienze per la Pace dell'Universita' di Pisa. * Programma della giornata di domenica 22 maggio: Sessione conclusiva: Prospettive Moderatore: A. Foti, presidente Arci Sicilia. Ore 9,30: sintesi dei gruppi di lavoro. Ore 11,30: Ipotesi per un programma di lavoro: interventi di R. Altieri, direttore "Quaderni Satyagraha", Universita' di Pisa; A. Cozzo, Universita' di Palermo; G. Fiandaca, Universita' di Palermo; E. Villa, Libera-Palermo. Ore 13: chiusura dei lavori. * Per ulteriori informazioni: e-mail: v.sanfi at virgilio.it, tel. 0916259789, fax: 091348997. Altre e-mail di riferimento: acozzo at unipa.it, csdgi at tin.it 5. RIFLESSIONE. ANNA PUGLISI E UMBERTO SANTINO, AUGUSTO CAVADI, PEPPE SINI, VALERIA ANDO': IN DIALOGO TRA PERSONE AMICHE [La "lettera di alcune donne di Palermo sul convegno su mafia e nonviolenza" pubblicata anche su questo foglio nel n. 935 del 20 maggio ha promosso alcune ulteriori riflessioni che qui di seguito in parte vengono documentate. Ringraziamo ancora di cuore le autrici e firmatarie di quella lettera (Valeria Ando', Rosalba Bellomare, Giusi Catalfamo, Cettina D'Onofri, Daniela Dioguardi, Piera Fallucca, Giovanna Fiume, Simona Mafai, Maria Maniscalco, Gisella Modica, Daniela Musumeci, Bice Salatiello, Francesca Vassallo; alcuni nomi si sono aggiunti quando la lettera era stata gia' pubblicata sul nostro foglio) e crediamo che la riflessione ulteriore che essa ha promosso sia proficua per tutte e tutti, e dara' buoni frutti ancora. Del resto anche quella lettera e' stata a sua volta uno dei frutti del convegno di cui si parla. Cosicche' in un unico ringraziamento accomuniamo anche promotori e promotrici del convegno. C'e' un racconto di Borges, "I teologi", che rivela come spesso le persone che discutono talora con toni anche aspri e con qualche evidente forzatura e fin fraintendimento, ad uno sguardo piu' attento appaiono essere molto piu' affini di quanto forse non sembri. Nel nostro caso ci sembra di poter dire che fortunatamente tutti gli interlocutori sono consapevoli di essere persone amiche, e compagne e compagni di lotta contro i poteri criminali, per la pace e la dignita' umana di tutti gli esseri umani. Ringraziamo di tutto cuore Valeria Ando', Augusto Cavadi, Anna Puglisi ed Umberto Santino sia per aver contribuito a questa riflessione, sia per lo straordinario lavoro che da tanti anni svolgono, sia per l'amicizia che ci hanno donato e di cui non solo assai siamo onorati ma oltre ogni dire felici. Valeria Ando' (per contatti: andov at tele2.it), docente di Cultura greca all'Universita' di Palermo, e' tra le promotrici ed animatrici presso quell'ateneo di un gruppo di riflessione e di pratica di nonviolenza di genere; direttrice del Cisap (Centro interdipartimentale di ricerche sulle forme di produzione e di trasmissione del sapere nelle societa' antiche e moderne), autrice di molti saggi, ha tra l'altro curato l'edizione di Ippocrate, Natura della donna, Rizzoli, Milano 2000. Opere di Valeria Ando': (a cura di), Saperi bocciati: riforma dell'istruzione, discipline e senso degli studi, Carocci, Roma 2002; con Andrea Cozzo (a cura di), Pensare all'antica. A chi servono i filosofi?, Carocci, Roma 2002. Augusto Cavadi (per contatti: acavadi at lycos.com), prestigioso intellettuale ed educatore, collaboratore del Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato" di Palermo, e' impegnato nel movimento antimafia e nelle esperienze di risanamento a Palermo, collabora a varie qualificate riviste che si occupano di problematiche educative e che partecipano dell'impegno contro la mafia. Opere di Augusto Cavadi: Per meditare. Itinerari alla ricerca della consapevolezza, Gribaudi, Torino 1988; Con occhi nuovi. Risposte possibili a questioni inevitabili, Augustinus, Palermo 1989; Fare teologia a Palermo, Augustinus, Palermo 1990; Pregare senza confini, Paoline, Milano 1990; trad. portoghese 1999; Ciascuno nella sua lingua. Tracce per un'altra preghiera, Augustinus, Palermo 1991; Pregare con il cosmo, Paoline, Milano 1992, trad. portoghese 1999; Le nuove frontiere dell'impegno sociale, politico, ecclesiale, Paoline, Milano 1992; Liberarsi dal dominio mafioso. Che cosa puo' fare ciascuno di noi qui e subito, Dehoniane, Bologna 1993, nuova edizione aggiornata e ampliata Dehoniane, Bologna 2003; Il vangelo e la lupara. Materiali su chiese e mafia, 2 voll., Dehoniane, Bologna 1994; A scuola di antimafia. Materiali di studio, criteri educativi, esperienze didattiche, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1994; Essere profeti oggi. La dimensione profetica dell'esperienza cristiana, Dehoniane, Bologna 1997; trad. spagnola 1999; Jacques Maritain fra moderno e post-moderno, Edisco, Torino 1998; Volontari a Palermo. Indicazioni per chi fa o vuol fare l'operatore sociale, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1998, seconda ed.; voce "Pedagogia" nel cd- rom di AA. VV., La Mafia. 150 anni di storia e storie, Cliomedia Officina, Torino 1998, ed. inglese 1999; Ripartire dalle radici. Naufragio della politica e indicazioni dall'etica, Cittadella, Assisi, 2000; Le ideologie del Novecento, Rubbettino, Soveria Mannelli 2001; Volontariato in crisi? Diagnosi e terapia, Il pozzo di Giacobbe, Trapani 2003; Gente bella, Il pozzo di Giacobbe, Trapani 2004. Vari suoi contributi sono apparsi sulle migliori riviste antimafia di Palermo. Indirizzi utili: segnaliamo il sito: http://www.neomedia.it/personal/augustocavadi (con bibliografia completa). Anna Puglisi (per contatti: csdgi at tin.it), prestigiosa studiosa e militante antimafia, e' impegnata nell'esperienza del Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato" di cui e' una delle fondatrici. Tra le opere di Anna Puglisi: con Umberto Santino (a cura di), La mafia in casa mia, intervista a Felicia Bartolotta Impastato, La Luna, Palermo 1986; con Antonia Cascio (a cura di), Con e contro. Le donne nell'organizzazione mafiosa e nella lotta antimafia, Centro siciliano di documentazione Giuseppe Impastato, Palermo 1988; Sole contro la mafia, La Luna, Palermo 1990; Donne, mafia e antimafia, Centro Impastato, Palermo 1998, Di Girolamo, Trapani 2005; con Umberto Santino (a cura di), Cara Felicia. A Felicia Bartolotta Impastato, Centro siciliano di documentazione Giuseppe Impastato, Palermo 2005. Umberto Santino (per contatti: csdgi at tin.it) ha fondato e dirige il Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato" di Palermo. Da decenni e' uno dei militanti democratici piu' impegnati contro la mafia ed i suoi complici. E' uno dei massimi studiosi a livello internazionale di questioni concernenti i poteri criminali, i mercati illegali, i rapporti tra economia, politica e criminalita'. Tra le opere di Umberto Santino: (a cura di), L'antimafia difficile, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1989; Giorgio Chinnici, Umberto Santino, La violenza programmata. Omicidi e guerre di mafia a Palermo dagli anni '60 ad oggi, Franco Angeli, Milano 1989; Umberto Santino, Giovanni La Fiura, L'impresa mafiosa. Dall'Italia agli Stati Uniti, Franco Angeli, Milano 1990; Giorgio Chinnici, Umberto Santino, Giovanni La Fiura, Ugo Adragna, Gabbie vuote. Processi per omicidio a Palermo dal 1983 al maxiprocesso, Franco Angeli, Milano 1992 (seconda edizione); Umberto Santino e Giovanni La Fiura, Dietro la droga. Economie di sopravvivenza, imprese criminali, azioni di guerra, progetti di sviluppo, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1993; La borghesia mafiosa, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1994; La mafia come soggetto politico, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1994; Casa Europa. Contro le mafie, per l'ambiente, per lo sviluppo, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1994; La mafia interpretata. Dilemmi, stereotipi, paradigmi, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli 1995; Sicilia 102. Caduti nella lotta contro la mafia e per la democrazia dal 1893 al 1994, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1995; La democrazia bloccata. La strage di Portella della Ginestra e l'emarginazione delle sinistre, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli 1997; Oltre la legalita'. Appunti per un programma di lavoro in terra di mafie, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1997; L'alleanza e il compromesso. Mafia e politica dai tempi di Lima e Andreotti ai giorni nostri, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli 1997; Storia del movimento antimafia, Editori Riuniti, Roma 2000; La cosa e il nome. Materiali per lo studio dei fenomeni premafiosi, Rubbettino, Soveria Mannelli 2000. Peppe Sini di questo foglio e' postino e cuciniere, come quel Long John Silver rivelatoci da Stevenson una seconda volta in quella sua favola o botola dal titolo "I personaggi del racconto" (in Robert Louis Stevenson, Romanzi racconti e saggi, Mondadori, Milano 1982, pp. 1773-1776) pensata come intermezzo tra il XXXII e il XXXIII capitolo dell'Isola del tesoro] I. Anna Puglisi e Umberto Santino: Donne, antimafia e nonviolenza In merito alla lettera pubblicata sul giornale del 19 maggio, dal titolo "Il ruolo delle donne nella lotta alla mafia" desideriamo precisare quanto segue. Il gruppo-laboratorio "Percorsi nonviolenti per il superamento del sistema mafioso" si e' costituito nel dicembre del 2003 come spazio aperto a chiunque fosse interessato. Le adesioni al gruppo sono individuali ma come Centro Impastato abbiamo avuto un ruolo attivo nella riflessione su queste tematiche, contribuito alla promozione di varie iniziative, regolarmente pubblicizzate a mezzo stampa e con altri mezzi. I materiali prodotti dal gruppo sono ospitati sul sito del Centro (www.centroimpastato.it). Nessuna delle firmatarie della lettera si e' mai fatta viva e ha partecipato alle iniziative, pertanto non si capisce come potessero essere coinvolte nell'organizzazione del convegno, alla cui preparazione hanno partecipato gli aderenti al gruppo-laboratorio e gli altri soggetti che si sono mostrati interessati. Per cio' che riguarda la partecipazione femminile, al convegno nazionale "Superare il sistema mafioso" intervengono: Gilda Scardaccione, Marinetta Cannito, Anna Puglisi, Simona Rampulla, Liliana Tedesco. In merito alle affermazioni contenute nella lettera, ci limitiamo a osservare: che la mafia sia soltanto maschile e che le donne siano soltanto vittime e' uno stereotipo smentito dalla letteratura piu' avvertita, dalla storia e dalla cronaca quotidiana. Comunque, nel convegno si parlera' ampiamente del ruolo delle donne, dalle lotte contadine all'Associazione delle donne siciliane nella lotta contro la mafia, ignorate dalle autrici della lettera, alle donne del digiuno. Attendiamo le firmatarie della lettera al convegno. Un'occasione per riflettere sulle teorie e pratiche nonviolente, finora solo episodicamente sperimentate in Sicilia, e senza una riflessione adeguata, se si toglie la lunga militanza di Danilo Dolci. * II. Augusto Cavadi: Su una lettera che lascia l'amaro in bocca Undici donne palermitane hanno inviato una lettera aperta, a proposito del convegno "Superare il sistema mafioso. Il contributo della nonviolenza" (Baida, 21-22 maggio), che e' stata ospitata dall'edizione palermitana de "La Repubblica' (del 19 maggio) e da "La nonviolenza e' in cammino" (del 20 maggio). In essa, sostanzialmente, si invitavano gli organizzatori del convegno a riflettere su due errori: che il "ruolo delle donne" sia oggetto di un laboratorio tra otto proposti (col rischio che cio' possa implicitamente significare il misconoscimento della centralita' del soggetto femminile nella lotta alla mafia), e che non siano state "coinvolte con un ruolo attivo" quelle donne siciliane che, "nella terribile estate del '92, dopo le stragi di Capaci e di via D'Amelio, (...) si sono rese protagoniste di una straordinaria mobilitazione nonviolenta: un digiuno in pubblico, in piazza Politeama, per manifestare il loro dolore e il loro fermo rifiuto dell'accaduto". Poiche' non sono stato tra gli organizzatori del convegno, suppongo di avere la serenita' interiore e la distanza critica per contribuire alla riflessione con qualche considerazione supplementare. La prima e' di metodo. Poiche' sono legato da sentimenti di fraterna amicizia con alcune firmatarie della lettera, non sarei leale con loro se nascondessi un certo stupore - e una certa amarezza - nel constatare che una questione delicata si e' voluta sottoporre all'attenzione non solo, opportunamente, di un certo ambito di persone sensibilizzate (come i lettori di questo notiziario quotidiano) ma anche, meno opportunamente, di persone assai distanti dalle tematiche della nonviolenza (come non pochi tra i lettori di "Repubblica"). La cosa mi addolora tanto piu' perche' chi ha redatto la lettera aveva gia', privatamente, espresso al responsabile dell'organizzazione del convegno certe sue perplessita' circa la scarsa presenza femminile; e ne aveva ricevuto in risposta un messaggio rispettoso e pacato in cui, dati alla mano, si evidenziava come i numeri deponessero in senso diverso (essendo le donne, implicate a diversi livelli, di gran lunga piu' numerose degli uomini)... Sui rilievi, telegraficamente, tre considerazioni di merito. Prima: non e' vero che la donna ha avuto storicamente un ruolo centrale nella lotta alla mafia. E non l'ha avuto per la stessa ragione per cui non ha avuto un ruolo centrale nella gestione del potere mafioso: perche', sociologicamente, le donne nel Meridione, e in Sicilia in particolare, hanno esercitato una presenza pubblica secondaria rispetto ai maschi. Purtroppo. Seconda: questa disputa storico-sociologica non c'entra niente con la scelta degli organizzatori di dedicare un seminario su otto al ruolo delle donne... Terza: si potevano invitare le donne del digiuno del 1992 (digiuno a cui alcuni maschi abbiamo partecipato in prima persona)? Certamente. Infatti, da due anni, quanti ci riuniamo periodicamente su "Mafia e nonviolenza" abbiamo comunicato con ogni mezzo (compresi vari articoli su questo notiziario e su "Repubblica") l'invito a partecipare ai nostri incontri (dai quali e' germinata l'idea di questo appuntamento nazionale). Del tutto legittimamente, nessuna delle firmatarie della lettera di ieri ha deciso di accettare l'invito. Infatti non si puo' fare tutto cio' che si ritiene interessante. Ci aspettavamo che partecipassero almeno al convegno di Baida per portare la loro esperienza, ben piu' corposa e durevole di quell'episodio, per altro significativo. Ce lo aspettavamo e ce lo aspettiamo con il massimo dell'apertura e dell'accoglienza... * III. Peppe Sini: Alcuni frammenti da una lettera personale Rinviando ad altro momento una piu' adeguata riflessione, trascrivo qui alcuni frammenti da una lettera a un amico assai caro (col quale mi scuso per l'ineleganza di "riciclare" qui alcune frasi nate come comunicazione epistolare ad personam). ... alcune tradizioni della nonviolenza a me sembra non si siano accorte che l'apartheid di genere, proprio ad esempio di talune tradizioni religiose, in qualche modo e misura le tocchi, e che non siano quindi neppure consapevoli di un fatto di cui io almeno sono persuaso: che le esperienze dei movimenti femministi e il pensiero e la prassi delle donne siano la corrente centrale e decisiva della nonviolenza come movimento storico (con una rilevanza a mio avviso maggiore di quella di esperienze e figure assai piu' riconosciute e sovente citate). ... chi come me ha letto il programma dei due giorni [del convegno] per cosi' dire dall'esterno, coglie non il dato della maggior partecipazione di donne (e' sempre cosi' nelle iniziative nonviolente, tra chi partecipa le donne sono sempre di piu': e significhera' pur qualcosa) ma del massimo rilievo (... del ruolo dominante) dato ai maschi; e se posso permettermi l'ineleganza di metterlo in chiaro: i moderatori delle plenarie sono solo maschi; i relatori in plenaria del sabato mattina sono quattro uomini e una donna; i quattro relatori della domenica sono tutti maschi; i coordinatori dei gruppi di lavoro sono tre donne e sette uomini. ... Se posso aggiungere una nota personale per farti sorridere: da molto tempo non partecipo piu' ad iniziative in cui non vi sia un uguale numero di relatori dei due sessi. Puo' sembrare una buffa idiosincrasia, ma io l'intendo invece come un piccolo contributo a combattere il maschilismo che e' anche in noi, militanti maschi che pure vorremmo opporci al fascista che ci portiamo dentro (parlo naturalmente solo per me). ... che il contributo delle donne sia relegato ad un gruppo di lavoro, mentre a me sembrerebbe ovvio che nell'analizzare il contributo della nonviolenza alla lotta contro la mafia il pensiero e le esperienze delle donne e dei movimenti delle donne e' centrale. ... [e] sarebbe utile avviare un percorso di ricerca sul nesso tra patriarcato e sistema di potere mafioso, muovendo dalla ricchissima analisi del potere patriarcale che da Virginia Woolf in qua il pensiero delle donne ha elaborato magnificamente. E' questione decisiva, e lo e' ancor piu' alla luce della cecita' su questo ad esempio da parte di persone molto care e molto autorevoli... Vorrei anche aggiungere... che personalmente credo anche che le donne abbiano un ruolo decisivo non solo nella nonviolenza (...) ma anche nella lotta da condurre contro il sistema di potere mafioso, e su piu' versanti di fondamentale importanza. Ahime', non ho tempo ed agio di argomentarlo qui, ma particolarmente nei libri di Anna [Puglisi] e curati da lei e da Umberto [Santino], ed in quelli di Renate Siebert (alcuni dei quali a mio avviso utilissimi), mi pare di poter indicare alcune delle fonti principali che suffragano questa tesi... Accenno soltanto che faccio riferimento anche ad ambiti (ad esempio quelli detti dei "mondi vitali quotidiani") che non sono ricompresi nella formula della "presenza pubblica" [intesa] in specifico riferimento alle forme di dominio politiche, sociali e istituzionali maschili, ma io penso appunto ad altri ambiti: la memoria, il lavoro di cura, la sfera della riproduzione, le trame relazionali che fondano la socializzazione e la convivenza anche se non trovano riconoscimento nell'universo simbolico patriarcale... * IV. Valeria Ando': Una risposta difficile, sofferta, e spero distensiva Provo a formulare una risposta ai testi di Anna Puglisi e Umberto Santino e di Augusto Cavadi in merito alle lettera di un gruppo di donne di Palermo, firmata anche da me. Rispondo a titolo personale, mettendoci dentro le mie opinioni, la mia visione della vicenda, la mia sensibilita'; le altre amiche potranno fornire altre risposte, magari adottando un altro linguaggio. Dal tono dei due testi mi rendo conto delle forti incomprensioni suscitate dalla nostra lettera, il cui intento non era muovere accuse ma sollevare un problema che ci sta a cuore, aprire una riflessione con tono pacato, ampliare il dibattito e moltiplicare i punti di vista. Che questa azione abbia provocato amarezza o sofferenza, lo considero un grave limite della nostra comunicazione, di cui mi rincresce. Mi piacerebbe invece che traessimo spunto da questo episodio per avviare una riflessione ampia sul rapporto tra donne e nonviolenza, riflessione che non mi sembra piu' rinviabile e su cui mi sto personalmente impegnando, tanto la ritengo di vitale importanza. Non posso non osservare innanzi tutto che il tono del testo di Anna Puglisi e Umberto Santino risulta, alla mia lettura, aggressivo, segnala errori e omissioni, nella volonta' di difesa sembra volere attaccare. Perche' dire che considerare la mafia un fenomeno maschile e' uno stereotipo smentito dalla storia e dalla cronaca? Nella nostra lettera la partecipazione storica delle donne alla mafia era riconosciuta esplicitamente. Dunque stavamo parlando di altro: cioe' del carattere patriarcale della mafia, della sua iscrizione all'interno dell'ordine simbolico maschile, allo stesso modo della guerra, nonostante Condoleeza Rice, le kamikaze, le aguzzine. Comunque esprimevamo un punto di vista, per altro non isolato, e dunque rispettabile e da prendere in considerazione nel dibattito. Nel loro testo ricordano poi, come fa anche Augusto Cavadi, che il laboratorio su mafia e nonviolenza e' stato uno spazio aperto, cui si poteva accedere da parte di chiunque. E' vero, certo. Dunque ancora una volta non e' questo il punto: si trattava invece, a mio avviso, se diversa fosse stata l'ottica, di considerare il contributo femminile non come opzionale, affidato quindi alla casualita' delle donne interessate a partecipare ai lavori, ma come essenziale nel percorso. Dunque le donne impegnate negli anni passati in associazioni, gruppi e esperienze di lotta antimafia sarebbero state coinvolte fin dal principio a partecipare all'elaborazione, in quanto "soggetti politici". Per questo, il richiamo ai numeri e ai nomi delle donne attive nel convegno non mi sembra cogliere lo spirito e la sostanza della nostra osservazione. Augusto Cavadi contesta poi il metodo di comunicazione, nel senso che gli sembra opportuno l'invio al foglio "La noviolenza e' in cammino", meno opportuno l'invio al quotidiano "La Repubblica" i cui lettori, mediamente, potrebbero non saper nulla di nonviolenza. I lettori di Palermo, a differenza dei lettori de "La nonviolenza e' in cammino", hanno vissuto la stagione delle stragi, il dolore di quei mesi e' segnato in modo indelebile nella loro memoria, sicche' ricordare loro che l'esperienza delle donne del digiuno e stata una pratica di lotta nonviolenta puo' essere un utile e doveroso riconoscimento. Augusto Cavadi dice poi, giustamente, che non e' vero che la donna ha avuto storicamente un ruolo centrale nella lotta alla mafia. E' vero, ma nella nostra lettera non si diceva questo. Il richiamo al ruolo della donne siciliane in prima fila riguardava le molte esperienze, richiamate dal testo di Anna Puglisi e Umberto Santino, di cui abbiamo ricordato solo quella delle donne del digiuno perche' maggiormente paradigmatica di un metodo di lotta nonviolenta. Anche in questo caso c'e' stato un fraintendimento, che trae origine dall'assunto non condiviso da Anna Puglisi e Umberto Santino sul carattere patriarcale della mafia. Provo a ripeterlo: se, dal nostro punto di vista, la mafia e' un fenomeno del patriarcato, allora, cambiando ordine simbolico, non piu' patriarcale ma materno e femminile, si avvia una rivoluzione culturale che prepara "un altro mondo possibile", senza mafia ne' guerre. Tralascio l'umorismo su un possibile laboratorio sul "ruolo degli uomini" per non discriminare gli uomini [il riferimento e' alla penosa boutade di uno sconosciuto, di cui si dava notizia in una lettera, qui non riportata - ndr -]. Vorrei solo che riflettessimo su quanto appare ridicola e grottesca una tale ipotesi, mentre sembra del tutto normale e apprezzabile un laboratorio sul "ruolo delle donne". Questa idea umoristica mi fa capire quanto cio' che la nostra lettera esprime sia rimasto purtroppo del tutto incompreso: considerando centrale il ruolo delle donne, come potenzialita' e non come dato storico, si tratta di fare attraversare le discussioni, nella loro interezza, da un'ottica di genere, in cui cioe' la differenza sessuale sia considerata "non indifferente". Vorrei aggiungere qualche osservazione sul patriarcato, precisando che la mia rifessione su questo tema e' cio' che mi ha indotto a firmare il documento, dal momento che, rispetto alla lotta alla mafia, non ho esperienze alle spalle come le altre amiche. Il patriarcato e' il dominio secolare di meta' del genere umano sull'altra meta'. A questo dominio il femminismo, quello storico emancipazionista, quello della differenza degli anni '70 e '80, ha cercato di opporsi. Ritengo che molta strada si sia fatta ma che molta debba ancora essere compiuta. Il patriarcato attuale, a parte la guerra ormai permanente e le altre forme vistose di violenza, ha un volto piu' nascosto, non evidente, ma per cio' stesso piu' insidioso: si insinua nelle dinamiche di potere, nelle relazioni interpersonali, nelle modalita' comunicative, nelle strutture pubbliche e private. In quanto abbattimento della struttura Maggiore-minore e la sua sostituzione con una relazione di Equivalenza, la lotta contro il patriarcato e' una lotta che puo' essere interpretata e assunta dalla nonviolenza. Intendo dire che se finora il femminismo e' stato, come dice Lidia Menapace, una grande rivoluzione nonviolenta della storia, adesso mi sembra tempo che non solo le donne, ma tutti gli amici della nonviolenza assumano la lotta contro il patriarcato come "la" lotta da condurre a fianco delle donne, perche' dalla sua riuscita dipende l'esito del nostro tempo, devastato da una vera e propria crisi di civilta'. Femminilizzare la noviolenza significa per me avere una speranza di costruire un mondo di pace, governato dall'etica della cura, in cui prevalgano i valori dell'umanita' contro la disumanita' e la barbarie della violenza, della guerra e della mafia. Naturalmente sono consapevole che molte donne incarnano, assumono e trasmettono i valori patriarcali; sicche' la mia non e' una visione mitica e idealizzata delle donne e del femminile. Il mio e' un progetto che richiede produzione di pensiero, valorizzazione della filosofia femminile e delle pratiche politiche delle donne. Per favore, facciamo di questa vicenda un'occasione per riflettere su tutto questo, al di la' di incomprensioni e amarezze: trasformiamo questo conflitto che si e' aperto in un gioco a somma positiva, senza vincitori ne' vinti ma con un arricchimento per tutti/e... 6. RIVISTE. CON "QUALEVITA", ALL'ASCOLTO DI LEV TOLSTOJ Abbonarsi a "Qualevita" e' un modo per sostenere la nonviolenza. Sulla via di Lev Tolstoj. * "Sappiamo che un esercito e' uno strumento d'omicidio e che il costituire e il comandare un esercito - ovverosia cio' di cui si occupano appunto con tanta disinvoltura i re, gli imperatori, i presidenti - e' soltanto una preparazione all'omicidio" (Lev Tolstoj, in "Non uccidere" (8 agosto 1900), in Idem, Perche' la gente si droga? e altri saggi su societa', politica, religione, Mondadori, Milano 1988, p. 255). * "Qualevita" e' il bel bimestrale di riflessione e informazione nonviolenta che insieme ad "Azione nonviolenta", "Mosaico di pace", "Quaderni satyagraha" e poche altre riviste e' una delle voci piu' qualificate della nonviolenza nel nostro paese. Ma e' anche una casa editrice che pubblica libri appassionanti e utilissimi, e che ogni anno mette a disposizione con l'agenza-diario "Giorni nonviolenti" uno degli strumenti di lavoro migliori di cui disponiamo. Abbonarsi a "Qualevita", regalare a una persona amica un abbonamento a "Qualevita", e' un'azione buona e feconda. Per informazioni e contatti: Edizioni Qualevita, via Michelangelo 2, 67030 Torre dei Nolfi (Aq), tel. 3495843946, o anche 0864460006, o ancora 086446448; e-mail: sudest at iol.it o anche qualevita3 at tele2.it; sito: www.peacelink.it/users/qualevita Per abbonamenti alla rivista bimestrale "Qualevita": abbonamento annuo: euro 13, da versare sul ccp 10750677, intestato a "Qualevita", via Michelangelo 2, 67030 Torre dei Nolfi (Aq), specificando nella causale "abbonamento a 'Qualevita'". 7. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 8. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at inwind.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 937 del 22 maggio 2005 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione).
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