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La nonviolenza e' in cammino. 936
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 936
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Sat, 21 May 2005 00:19:45 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 936 del 21 maggio 2005 Sommario di questo numero: 1. Per la liberazione di Clementina Cantoni 2. Peppe Sini: Un messaggio di saluto al convegno di Palermo del 21-22 maggio 3. L'ordine dei lavori del convegno di Palermo 4. Danilo Dolci: Da chi 5. Benito D'Ippolito: Cantata per Danilo 6. Renate Siebert: Associate per amore 7. Virginia Woolf: Pensieri di pace durante un'incursione aerea 8. Associazione giuriste d'Italia: Sul referendum sulla legge 40 9. Con "Qualevita", all'ascolto di Pietro da Morrone 10. La "Carta" del Movimento Nonviolento 11. Per saperne di piu' 1. APPELLI. PER LA LIBERAZIONE DI CLEMENTINA CANTONI [Da Gabriella Gagliardo (per contatti: gabriella.gagliardo at fastwebnet.it) e da molte altre persone riceviamo il seguente appello che volentieri diffondiamo. Per maggiori informazioni si veda il sito dell'associazione Iemanja' (www.ecn.org/reds/donne/donne.html) ed ivi la pagina indipendente del coordinamento italiano di sostegno all'associazione delle donne afghane Rawa] Clementina Cantoni, una giovane cooperante italiana che collabora con "Care International" e' stata rapita la sera del 16 maggio nel centro di Kabul. Clementina era a Kabul da tre anni, attiva in un progetto a favore delle vedove, migliaia in Afghanistan, un paese attraversato da 25 anni di guerra e in cui per questi lunghi anni l'occupazione e' stata garantita quasi esclusivamente dall'economia di guerra, dove il tasso di analfabetismo raggiunge l'87%, dove le donne, usate a pretesto dalla "coalizione contro il terrorismo" di Bush, sono ancora pesantemente discriminate e non godono di alcuna sicurezza ne' garanzia. Noi che da anni lavoriamo a fianco di alcune associazioni di donne afghane democratiche e laiche conosciamo molto bene le condizioni di grave insicurezza che vigono nel paese, soprattutto a spese delle donne e dei civili, condizioni che abbiamo potuto verificare anche personalmente nel corso delle recenti delegazioni organizzate a marzo e aprile del 2005. Le donne delle associazioni afghane che sosteniamo, in questi anni non hanno mai smesso di denunciare, inascoltate, quali fossero le reali condizioni del paese, ben diverse da quelle propagandate dai governi e dai media occidentali, in particolare dai paesi che hanno sostenuto la guerra in Afghanistan. Il rapimento di Clementina dimostra che l'Afghanistan non e' pacificato e che non ci sono i presupposti perche' alcun processo di democratizzazione si realizzi. Infatti: - il presidente Karzai controlla a malapena il centro di Kabul e molti ministri del suo governo sono signori della guerra fondamentalisti che mantengono il potere anche grazie alle loro milizie private; - Karzai ha recentemente chiesto ai taleban (compreso il mullah Omar) di riappacificarsi e prendere parte alle prossime elezioni politiche; - la maggior parte delle province sono controllate sempre da signori della guerra che, a tutti i livelli, impongono le loro regole; - l'Afghanistan e' il primo produttore al mondo di papavero da oppio e questa attivita' copre l'80% del prodotto interno lordo del paese e serve a finanziare i signori della guerra che tengono sotto controllo il territorio con la forza delle armi e delle minacce; - i signori della guerra, alleati degli Usa nella guerra contro i taleban, sono tuttora finanziati e armati dai governi che fanno parte della "coalizione contro il terrorismo"; - la ricostruzione non e' di fatto ancora partita, perche' chi ha cacciato i taleban, di fatto, ha interesse soltanto di affermare il proprio controllo politico e militare in quest'area di forte interesse che viene chiamata "grande Medioriente"; la popolazione e i rifugiati continuano a vivere in povere case di fango, prive di acqua e di luce, mentre a Kabul, con i proventi del commercio dell'oppio, sorgono come funghi lussuosi alberghi e centri commerciali; - la corruzione e' un fenomeno dilagante, soprattutto all'interno delle istituzioni afghane; - il processo di disarmo delle milizie dei signori della guerra da parte del contingente internazionale non e' quasi neppure partito, anzi, i diversi signori della guerra sono di volta in volta alleati o avversari della coalizione delle forze occupanti; - la sharia (legge coranica) e' ancora vigente e i diritti delle donne non sono considerati; questo e' il piu' grave fallimento della presunta democratizzazione del paese. Ne sono un esempio la condanna a morte per lapidazione di Amina, una donna del Badakhshan "rea" di adulterio, lo stupro e omicidio di tre cooperanti afghane nella provincia di Baghlan e l'assassinio di una donna nella citta' di Pulikhumri. In vista delle prossime elezioni le donne delle ong afghane hanno firmato e sottoposto a Karzai un appello affinche' mantenga le promesse fatte riguardo alle garanzie minime di sicurezza per le donne afghane; le donne vedono nel burqa ancora una protezione, le bambine hanno paura ad andare a scuola, soprattutto fuori Kabul la situazione e' enormemente instabile, nell'ultimo anno centinaia di donne, in particolare nelle province di Herat e di Farah si sono suicidate per disperazione. Chiediamo che ogni sforzo possibile venga messo in atto per la liberazione di Clementina, ma anche che le condizioni minime di sicurezza vengano garantite a tutti i civili afghani, donne, uomini e bambini, in questo momento gravemente minacciati dalle condizioni di insicurezza e miseria in cui versa il paese, attraverso un processo democratico che sia davvero espressione della partecipazione delle donne e degli uomini afghane/i. * Tra le prime persone e associazioni firmatarie: Coordimanento italiano a sostegno di Rawa; Donne in Nero; Coordinamento Italiano a sostegno delle donne afghane; Giuliana Sgrena, giornalista del "Manifesto"); Luisa Morgantini, presidente della Commissione Sviluppo del Parlamento Europeo; Luigia Pasi, segreteria nazionale Sin Cobas, Nadia de Mond, Marcia mondiale delle donne contro le violenze e la poverta'; Lidia Cirillo, Marcia mondiale delle donne contro le violenze e la poverta'; Monica Perugini, assessora del Comune di Mantova; redazione di "Guerre & Pace"; Comitato Bastaguerra, Milano; Sin Cobas; Salaam ragazzi dell'olivo, Comitato di Milano; Coordinamento pace di Cinisello Balsamo; Socialpress; Istituto per la cooperazione allo sviluppo di Alessandria; Casa per la pace, Milano; Lega obiettori di coscienza; Gruppo di azione diretta nonviolenta; Assopace, Milano; Pace e dintorni; Centro donna L.I.S.A., Roma; Associazione Saraj; Gruppo pace S. Angelo; Centro Documentazione "Rigoberta Menchu'", Sondrio; Associazione Italia-Nicaragua, circolo di Sondrio; Associazione 100 idee per la pace, Siena; Associazione Jemanja', Cologno Monzese; redazione di "Marea"; Attac Alessandria; Agenzia per la pace, Chiavenna; Confederazione Cobas; Comitato a difesa e sostegno delle donne afghane, Torino; Deborah Picchi, Comitato sostegno a Rawa, Firenze; Aldo Agosti, storico dell'Universita' di Torino; Marina Cassi, giornalista della "Stampa"; Forum delle donne del Prc; Archivio femminista "Rosa Luxemburg"; Elettra Deiana, deputata; Imma Barbarossa, segreteria nazionale Prc, Raffaella Chiodo, Sdebitarsi; Domenico Gallo, magistrato; Arci, Milano; Nerina Benuzzi, segreteria Camera del Lavoro di Milano; Luisa Di Gaetano, Donne in nero Roma; Alisa Del Re, Dipartimento studi storici e politici Universita' di Padova; Luisa Zanotelli, Rovereto; e molte e molti altri. 2. RIFLESSIONE. PEPPE SINI: UN MESSAGGIO DI SALUTO AL CONVEGNO DI PALERMO DEL 21-22 MAGGIO Carissime e carissimi, pur non essendo fisicamente presente a questo nostro convegno vorrei inviarvi un affettuoso saluto e i migliori auguri di buon lavoro. E consentitemi anche di rivolgere un trepidante pensiero, che so essere condiviso da tutte e tutti, a Clementina Cantoni, che vogliamo sia presto libera; e pensando a lei naturalmente pensiamo anche a tutte le altre persone vittime delle guerre, delle dittature, dei poteri criminali, del terrore, dell'oppressione, della violenza. E poiche' avrei piacere di mandarvi anche un minimo mio contributo ai lavori, ma non ignoro che un messaggio scritto deve essere assai breve per poter essere agevolmente ascoltato, mi limito a proporre all'attenzione dei partecipanti, senza argomentarle affatto, le seguenti sette tesi. * 1. La nonviolenza e' gia' il cuore della lotta contro la mafia, poiche' nella storia dei movimenti che contro la mafia si sono battuti e si battono la scelta della nonviolenza, le tecniche della nonviolenza, il progetto della nonviolenza, sono stati in vario modo e misura sempre e decisivamente presenti e operanti. Ed e' naturale che sia cosi', poiche' sistema di potere mafioso e azione nonviolenta sono del tutto antitetici, e quindi ogni progresso della riflessione e dell'azione nonviolenta e' uno scacco per il sistema di potere mafioso. * 2. La riflessione e le pratiche dei movimenti delle donne sono il cuore della nonviolenza e il cuore della lotta antimafia. Cosicche' chiunque si voglia impegnare nella lotta contro la mafia e chiunque si voglia accostare alla nonviolenza, e massime chi voglia operare contro la mafia con la scelta pienamente consapevole della nonviolenza, non puo' non far riferimento al pensiero e all'agire delle donne e dei movimenti delle donne. Ed e' naturale che sia cosi', poiche' il sistema di potere mafioso e' una delle manifestazioni piu' evidenti anche di quella forma di oppressione che e' il patriarcato, e non si da' lotta contro la mafia, come non si da' lotta contro la guerra, e contro ogni discriminazione ed ogni totalitarismo, se non si riconosce il nesso che queste forme di oppressione lega alla dominazione patriarcale. * 3. La nonviolenza e' scelta di lotta contro ogni violenza. Certo, essa e' anche sempre comprensione, comunicazione, riconoscimento di umanita': ma lo e' proprio specificamente in quanto e' lotta contro ogni violenza. Ed essendo la mafia un sistema di potere fondato sulla violenza, la nonviolenza e' sempre e comunque opposizione al potere mafioso. Ne consegue che essa combatte altresi' contro ogni complicita', ogni collusione, ogni ambiguita', ogni resa, ogni collaborazionismo coi poteri assassini. Ed e' naturale che sia cosi', poiche' la nonviolenza e' conflitto; non solo coscienza e denuncia ma opposizione pugnace ad ogni concrezione di violenza, di menzogna, di ingiustizia; e' insurrezione e rivolta contro il male e la morte. * 4. La nonviolenza sostiene anche senza esitazioni l'impegno delle istituzioni nella lotta contro la mafia: la nonviolenza invera la legalita' in quanto essa e' - e sempre dovrebbe essere - difesa dell'oppresso dalla violenza del potente; la nonviolenza sostiene lo stato di diritto contro la guerra di tutti contro tutti, l'ordinamento giuridico contro la barbarie, il sistema democratico contro ogni totalitarismo; la gestione pubblicamente condivisa di cio' che e' bene di tutti contro la rapina privata che per l'appunto altri priva di beni essenziali che devono essere comuni. La nonviolenza rafforza con la sua azione anche le istituzioni: sia fornendo alle istituzioni valori, strumenti, risorse, esempi; sia criticando e contrastando cio' che nel corpus legislativo e negli assetti istituzionali non fosse accettabile alla luce della dignita' umana; sia lottando per avere leggi ed istituzioni migliori, per cancellare ogni abuso e ogni arbitrio, per realizzare il potere di tutti, perche' a tutti gli esseri umani siano riconosciuti tutti i diritti umani. Ed e' naturale che sia cosi', poiche' la nonviolenza e' anche giuriscostituente, si fonda sul principio responsabilita', invera e adempie i principi giuridici in cui si traducono le istanze di giustizia e liberta'; ne' e' giammai "terza parte" o estranea spettatrice nella lotta tra chi uccide e chi salva le vite, ma sempre si colloca dalla parte delle vittime, dalla parte del diritto, sempre si batte contro chi uccide. * 5. La nonviolenza contrasta il sistema di potere mafioso gia' anche nell'affermare valori e metodi intesi alla piu' vasta solidarieta', la coerenza tra mezzi e fini, la consapevolezza che una e la stessa e' la lotta contro il patriarcato, lo sfruttamento, l'inquinamento, la guerra, il corrompere, il terrorizzare e l'uccidere. La nonviolenza afferma il nesso che lega un modello di sviluppo equo e solidale, con tecnologie appropriate e rispettoso della biosfera, la democrazia estesa a tutti gli esseri umani, la costruzione della pace intesa come relazioni di giustizia e di solidarieta' fra tutte e tutti, l'umanizzazione dei conflitti, la scelta della convivenza e della sicurezza per tutte e tutti. E promuove azioni e tecniche e strumenti e progetti con quei valori e metodi coerenti: come ad esempio la difesa popolare nonviolenta. Ed e' naturale che sia cosi', poiche' cosi' come, per dirlo con le esatte parole di Umberto Santino, "mafia e' un insieme di organizzazioni criminali, di cui la piu' importante ma non l'unica e' Cosa Nostra, che agiscono all'interno di un vasto e ramificato contesto relazionale, configurando un sistema di violenza e di illegalita' finalizzato all'accumulazione del capitale e all'acquisizione e gestione di posizioni di potere, che si avvale di un codice culturale e gode di un certo consenso sociale", ebbene, la nonviolenza ad essa si oppone sistemicamente ad un pari ed anzi superiore livello di complessita', con forza maggiore e invincibile - la forza della verita': satyagraha -, contrastando la dominazione del potere violento, oppressivo e distruttivo, in tutte le sue forme, e in tutti i gangli e fin alle radici. * 6. La nonviolenza non e' affare di pochi, e non e' affare di pochi la lotta contro la mafia. La nonviolenza, la lotta alla mafia, cosi' come la poesia, deve essere fatta da tutte e tutti. Ed e' naturale che sia cosi', poiche' tutte e tutti la mafia opprime, poiche' tutte e tutti la nonviolenza chiama alla lotta per la liberazione comune. * 7. La nonviolenza e' una scelta ardua e impegnativa. E quante persone amiche della nonviolenza sono state assassinate dagli oppressori: Mohandas Gandhi come Martin Luther King, Marianella Garcia come Chico Mendes, e quante e quanti altri ancora. Ma insieme puo' essere una scelta facile e gioiosa, come bere un bicchier d'acqua. La lotta contro il sistema di potere mafioso e' impegnativa e ardua. E quante persone impegnate contro la mafia sono state dalla mafia assassinate: il loro numero e' cosi' grande che a dire solo qualche nome non riesci. E tuttavia insieme e' scelta semplice e spontanea - come spiego' una volta per sempre Paolo Borsellino, come spiego' una volta per sempre Libero Grassi - se ascolti cio' che ti detta la voce che dal cuore ti chiede di spezzare le catene e conoscere il fiore vivo. Ed e' naturale che sia cosi'. * Un forte abbraccio dal vostro Peppe Sini 3. L'ORDINE DEI LAVORI DEL CONVEGNO DI PALERMO Il 21-22 maggio 2005 a Palermo, presso il Convento dei Frati Minori di Baida (via Convento 43, Baida - Palermo, tel. 091223595), si svolge il convegno sul tema "Superare il sistema mafioso. Il contributo della nonviolenza". Il convegno e' promosso da: Gruppo-laboratorio "Percorsi nonviolenti per il superamento del sistema mafioso"; Seminario Nonviolenza; Quaderni Satyagraha; Mosaico di Pace; Centro Siciliano di Documentazione G. Impastato; Arci Sicilia; Libera; Dipartimento di Studi "Politica, Diritto e Societa'" e Facolta' di Lettere e Filosofia dell'Universita' di Palermo; Corso di Laurea in Scienze per la Pace dell'Universita' di Pisa. * Programma Sabato 21 maggio 2005 Sessione mattutina: Analisi Moderatore: A. Cavadi, Scuola di Formazione Etico-Politica G. Falcone. Ore 9: Saluti degli enti promotori. Ore 9,30: relazioni: V. Sanfilippo, Movimento dell'Arca: "Nonviolenza e mafia: alcune indicazioni di percorso"; U. Santino, presidente Centro Siciliano di Documentazione G. Impastato, Palermo: "Nonviolenza, mafia, antimafia"; G. Scardaccione, Universita' di Chieti: "Il modello riparativo di giustizia: la sfida 'impossibile' dell'applicazione ai reati di mafia"; N. Salio, Centro Studi D. Sereno Regis, Torino: "Politiche di lotta nonviolenta contro i poteri senza volto"; don L. Ciotti, presidente Libera: "L'antimafia ripensata. Nonviolenza ed associazionismo". Ore 12: dibattito. Ore13,30: pranzo. Sessione pomeridiana: Esperienze Ore 15,30-19: Gruppi di lavoro: "Pratiche di mediazione e di giustizia rigenerativa", introduce: M. Cannito, esperta di 'giustizia rigenerativa' di Witness for Peace di Washington; "Pratiche di resistenza civile", introduce: G. Abbagnato, Libera-Palermo; "Difesa popolare nonviolenta, servizio civile, contrasto alla mafia", introducono: A. Cozzo, Universita' di Palermo, e N. Salio, Centro Studi D. Sereno Regis, Torino; "Ruolo delle donne", introduce: A. Puglisi, Centro Siciliano di Documentazione G. Impastato; "Strategie educative", introducono: A. Cavadi, Scuola di Formazione Etico-Politica G. Falcone, e S. Rampulla, Seminario Nonviolenza, Palermo; "Comunita' religiose e mafia", introduce: don F. M. Stabile, storico della Chiesa; "Percorsi di accompagnamento per vittime, testimoni, dissociati", introduce: don R. Bruno, cappellano del Carcere di Lecce; "Un'esperienza di Teatro dell'Oppresso", conduce: S. Di Vita, esperto di Teatro dell'Oppresso. Ore 20: cena. Ore 21: serata conviviale con musica e danze, a cura di L. Tedesco, musicista, Movimento dell'Arca. * Domenica 22 maggio 2005 Sessione conclusiva: Prospettive Moderatore: A. Foti, presidente Arci Sicilia. Ore 9,30: sintesi dei gruppi di lavoro. Ore 11,30: Ipotesi per un programma di lavoro: interventi di R. Altieri, direttore Quaderni Satyagraha, Universita' di Pisa; A. Cozzo, Universita' di Palermo; G. Fiandaca, Universita' di Palermo; E. Villa, Libera-Palermo. Ore 13: chiusura dei lavori. * Iscrizioni e segreteria del convegno: e-mail: v.sanfi at virgilio.it, tel. 0916259789, fax: 091348997. Altre e-mail di riferimento: acozzo at unipa.it, csdgi at tin.it 4. MAESTRI. DANILO DOLCI: DA CHI [Da Danilo Dolci, Esperienze e riflessioni, Laterza, Roma-Bari 1974, p. 233. Danilo Dolci e' nato a Sesana (Trieste) nel 1924, arrestato a Genova nel '43 dai nazifascisti riesce a fuggire; nel '50 partecipa all'esperienza di Nomadelfia a Fossoli; dal '52 si trasferisce nella Sicilia occidentale (Trappeto, Partinico) in cui promuove indimenticabili lotte nonviolente contro la mafia e il sottosviluppo, per i diritti, il lavoro e la dignita'. Subisce persecuzioni e processi. Sociologo, educatore, e' tra le figure di massimo rilievo della nonviolenza nel mondo. E' scomparso sul finire del 1997. Di seguito riportiamo una sintetica ma accurata notizia biografica scritta da Giuseppe Barone (comparsa col titolo "Costruire il cambiamento" ad apertura del libriccino di scritti di Danilo, Girando per case e botteghe, Libreria Dante & Descartes, Napoli 2002): "Danilo Dolci nasce il 28 giugno 1924 a Sesana, in provincia di Trieste. Nel 1952, dopo aver lavorato per due anni nella Nomadelfia di don Zeno Saltini, si trasferisce a Trappeto, a meta' strada tra Palermo e Trapani, in una delle terre piu' povere e dimenticate del paese. Il 14 ottobre dello stesso anno da' inizio al primo dei suoi numerosi digiuni, sul letto di un bambino morto per la denutrizione. La protesta viene interrotta solo quando le autorita' si impegnano pubblicamente a eseguire alcuni interventi urgenti, come la costruzione di una fogna. Nel 1955 esce per i tipi di Laterza Banditi a Partinico, che fa conoscere all'opinione pubblica italiana e mondiale le disperate condizioni di vita nella Sicilia occidentale. Sono anni di lavoro intenso, talvolta frenetico: le iniziative si susseguono incalzanti. Il 2 febbraio 1956 ha luogo lo "sciopero alla rovescia", con centinaia di disoccupati - subito fermati dalla polizia - impegnati a riattivare una strada comunale abbandonata. Con i soldi del Premio Lenin per la Pace (1958) si costituisce il "Centro studi e iniziative per la piena occupazione". Centinaia e centinaia di volontari giungono in Sicilia per consolidare questo straordinario fronte civile, "continuazione della Resistenza, senza sparare". Si intensifica, intanto, l'attivita' di studio e di denuncia del fenomeno mafioso e dei suoi rapporti col sistema politico, fino alle accuse - gravi e circostanziate - rivolte a esponenti di primo piano della vita politica siciliana e nazionale, incluso l'allora ministro Bernardo Mattarella (si veda la documentazione raccolta in Spreco, Einaudi, Torino 1960 e Chi gioca solo, Einaudi, Torino 1966). Ma mentre si moltiplicano gli attestati di stima e solidarieta', in Italia e all'estero (da Norberto Bobbio a Aldo Capitini, da Italo Calvino a Carlo Levi, da Aldous Huxley a Jean Piaget, da Bertrand Russell a Erich Fromm), per tanti avversari Dolci e' solo un pericoloso sovversivo, da ostacolare, denigrare, sottoporre a processo, incarcerare. Ma quello che e' davvero rivoluzionario e' il suo metodo di lavoro: Dolci non si atteggia a guru, non propina verita' preconfezionate, non pretende di insegnare come e cosa pensare, fare. E' convinto che nessun vero cambiamento possa prescindere dal coinvolgimento, dalla partecipazione diretta degli interessati. La sua idea di progresso non nega, al contrario valorizza, la cultura e le competenze locali. Diversi libri documentano le riunioni di quegli anni, in cui ciascuno si interroga, impara a confrontarsi con gli altri, ad ascoltare e ascoltarsi, a scegliere e pianificare. La maieutica cessa di essere una parola dal sapore antico sepolta in polverosi tomi di filosofia e torna, rinnovata, a concretarsi nell'estremo angolo occidentale della Sicilia. E' proprio nel corso di alcune riunioni con contadini e pescatori che prende corpo l'idea di costruire la diga sul fiume Jato, indispensabile per dare un futuro economico alla zona e per sottrarre un'arma importante alla mafia, che faceva del controllo delle modeste risorse idriche disponibili uno strumento di dominio sui cittadini. Ancora una volta, pero', la richiesta di acqua per tutti, di "acqua democratica", incontrera' ostacoli d'ogni tipo: saranno necessarie lunghe battaglie, incisive mobilitazioni popolari, nuovi digiuni, per veder realizzato il progetto. Oggi la diga esiste (e altre ne sono sorte successivamente in tutta la Sicilia), e ha modificato la storia di decine di migliaia di persone: una terra prima aridissima e' ora coltivabile; l'irrigazione ha consentito la nascita e lo sviluppo di numerose aziende e cooperative, divenendo occasione di cambiamento economico, sociale, civile. Negli anni Settanta, naturale prosecuzione del lavoro precedente, cresce l'attenzione alla qualita' dello sviluppo: il Centro promuove iniziative per valorizzare l'artigianato e l'espressione artistica locali. L'impegno educativo assume un ruolo centrale: viene approfondito lo studio, sempre connesso all'effettiva sperimentazione, della struttura maieutica, tentando di comprenderne appieno le potenzialita'. Col contributo di esperti internazionali si avvia l'esperienza del Centro Educativo di Mirto, frequentato da centinaia di bambini. Il lavoro di ricerca, condotto con numerosi collaboratori, si fa sempre piu' intenso: muovendo dalla distinzione tra trasmettere e comunicare e tra potere e dominio, Dolci evidenzia i rischi di involuzione democratica delle nostre societa' connessi al procedere della massificazione, all'emarginazione di ogni area di effettivo dissenso, al controllo sociale esercitato attraverso la diffusione capillare dei mass-media; attento al punto di vista della "scienza della complessita'" e alle nuove scoperte in campo biologico, propone "all'educatore che e' in ognuno al mondo" una rifondazione dei rapporti, a tutti i livelli, basata sulla nonviolenza, sulla maieutica, sul "reciproco adattamento creativo" (tra i tanti titoli che raccolgono gli esiti piu' recenti del pensiero di Dolci, mi limito qui a segnalare Nessi fra esperienza etica e politica, Lacaita, Manduria 1993; La struttura maieutica e l'evolverci, La Nuova Italia, Scandicci (Fi) 1996; e Comunicare, legge della vita, La Nuova Italia, Scandicci (Fi) 1997). Quando la mattina del 30 dicembre 1997, al termine di una lunga e dolorosa malattia, un infarto lo spegne, Danilo Dolci e' ancora impegnato, con tutte le energie residue, nel portare avanti un lavoro al quale ha dedicato ogni giorno della sua vita". Tra le molte opere di Danilo Dolci, per un percorso minimo di accostamento segnaliamo almeno le seguenti: una antologia degli scritti di intervento e di analisi e' Esperienze e riflessioni, Laterza, Bari 1974; tra i libri di poesia: Creatura di creature, Feltrinelli, Milano 1979; tra i libri di riflessione piu' recenti: Dal trasmettere al comunicare, Sonda, Torino 1988; La struttura maieutica e l'evolverci, La Nuova Italia, Firenze 1996. Tra le opere su Danilo Dolci: Giuseppe Fontanelli, Dolci, La Nuova Italia, Firenze 1984; Adriana Chemello, La parola maieutica, Vallecchi, Firenze 1988 (sull'opera poetica di Dolci); Antonino Mangano, Danilo Dolci educatore, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1992; Giuseppe Barone, La forza della nonviolenza. Bibliografia e profilo critico di Danilo Dolci, Libreria Dante & Descartes, Napoli 2000, 2004] I prepotenti, gli sfruttatori, i veri fuorilegge, difficilmente possono resistere nelle loro posizioni se non sono sostenuti e difesi da chi si vende loro. 5. MEMORIA. BENITO D'IPPOLITO: CANTATA PER DANILO [Riproponiamo ancora una volta questa cantata scritta qualche anno fa dal nostro collaboratore Benito D'Ippolito] Giunse Danilo da molto lontano in questo paese senza speranza ma la speranza c'era, solo mancava Danilo per trovarcela nel cuore. Giunse Danilo armato di niente per vincere i signori potentissimi ma non cosi' potenti erano poi, solo occorreva che venisse Danilo. Giunse Danilo e volle essere uno di noi, come noi, senza apparecchi ma ci voleva di essere Danilo per averne la tenacia, che rompe la pietra. Giunse Danilo e le conobbe tutte le nostre sventure, la fame e la galera. Ma fu cosi' che Danilo ci raggiunse e resuscito' in noi la nostra forza. Giunse Danilo inventando cose nuove che erano quelle che sempre erano nostre: il digiuno, la pazienza, l'ascolto per consiglio e dopo la verifica in comune, il comune deliberare e il fare. Giunse Danilo, e piu' non se ne ando'. Quando mori' resto' con noi per sempre. 6. RIFLESSIONE. RENATE SIEBERT: ASSOCIATE PER AMORE [Da Renate Siebert, La mafia, la morte e il ricordo, Rubbettino, Soveria Mannelli 1995, p. 39. Renate Siebert, sociologa di origine tedesca, nata a Kassel nel 1942, allieva di Theodor W. Adorno, vive e lavora nell'Italia meridionale, dove insegna Sociologia del mutamento presso l'Universita' di Calabria. Opere di Renate Siebert: oltre a Frantz Fanon e la teoria dei rapporti tra colonialismo e alienazione, Feltrinelli, Milano 1970, e ad Interferenze, Feltrinelli, Milano 1979 (in collaborazione con Laura Balbo), tra le opere recenti segnaliamo: E' femmina pero' e' bella, Rosenberg & Sellier, Torino 1991; Le donne, la mafia, Il Saggiatore, Milano 1994, poi Est, Milano 1997; La mafia, la morte e il ricordo, Rubbettino, Soveria Mannelli 1995; Mafia e quotidianita', Il Saggiatore, Milano 1996; Andare ancora al cuore delle ferite, La Tartaruga, Milano 1997 (intervista ad Assia Djebar); Cenerentola non abita piu' qui, Rosenberg & Sellier, Torino 1999; (a cura di), Relazioni pericolose, Rubbettino, Soveria Mannelli 2000; Il razzismo. Il riconoscimento negato, Carocci, Roma 2003] Le donne colpite nei loro affetti dalla prepotente violenza mafiosa, in modo diverso secondo i propri modi di essere e le proprie radici culturali, hanno elaborato forme di resistenza civile e di denuncia, sia con gesti che con parole; si sono "associate per amore". 7. MAESTRE. VIRGINIA WOOLF: PENSIERI DI PACE DURANTE UN'INCURSIONE AEREA [Dal sito dell'Universita' delle donne di Milano (www.universitadelledonne.it) riprendiamo il seguente testo, scritto nell'agosto 1940 per una raccolta statunitense di saggi su argomenti di attualita' riguardanti la donna; pubblicato in Virginia Woolf, Per le strade di Londra, Il Saggiatore, Milano 1963. Virginia Woolf, scrittrice tra le piu' grandi del Novecento, nacque a Londra nel 1882, promotrice di esperienze culturali ed editoriali di grande rilievo, oltre alle sue opere letterarie scrisse saggi di cui alcuni fondamentali per una cultura della pace. Mori' suicida nel 1941. E' uno dei punti di riferimento della riflessione dei movimenti delle donne, di liberazione, per la pace. Opere di Virginia Woolf: le sue opere sono state tradotte da vari editori, un'edizione di Tutti i romanzi (in due volumi, comprendenti La crociera, Notte e giorno, La camera di Jacob, La signora Dalloway, Gita al faro, Orlando, Le onde, Gli anni, Tra un atto e l'altro) e' stata qualche anno fa pubblicata in una collana ultraeconomica dalla Newton Compton di Roma. Tra i saggi due sono particolarmente importanti per una cultura della pace: Una stanza tutta per se', Newton Compton, Roma 1993; Le tre ghinee, Feltrinelli, Milano 1987. Numerosissime sono le opere su Virginia Woolf: segnaliamo almeno Quentin Bell, Virginia Woolf, Garzanti, Milano 1974; Mirella Mancioli Billi, Virginia Woolf, La Nuova Italia, Firenze 1975; Paola Zaccaria, Virginia Woolf, Dedalo, Bari 1980. segnaliamo anche almeno le pagine di Erich Auerbach, "Il calzerotto marrone", in Mimesis, Einaudi, Torino 1977] I tedeschi sono passati sopra questa casa ieri sera e la sera prima. Eccoli un'altra volta. E' una strana esperienza, questa di stare sdraiata nel buio e ascoltare il ronzio di un calabrone che in qualsiasi momento puo' pungerci mortalmente. E' un rumore che non permette di pensare freddamente e coerentemente alla pace. Eppure e' un rumore che dovrebbe costringerci - assai piu' che non gli inni e le preghiere - a pensare alla pace. Poiche' se non riusciamo, a forza di pensare, a infondere esistenza a questa pace, continueremo per sempre a giacere - non questo corpo in questo letto bensi' milioni di corpi non ancora nati - nello stesso buio, ascoltando lo stesso rumore di morte sulla testa. Facciamo tutto il possibile per creare il solo rifugio antiaereo efficace, mentre la' sul colle sparano i cannoni e i riflettori tastano le nuvole; e qua e la', a volte vicino, a volte lontano, cade una bomba. Lassu' in cielo combattono giovani inglesi contro giovani tedeschi. I difensori sono uomini, gli attaccanti sono uomini. Alla donna inglese non vengono consegnate armi, ne' per combattere il nemico ne' per difendersi. Ella deve giacere disarmata, questa sera. Eppure se ella crede che quel combattimento lassu' in cielo e' una lotta da parte degli inglesi per proteggere la liberta', da parte dei tedeschi per distruggere la liberta', ella deve lottare, con tutte le sue forze, dalla parte degli inglesi. Ma come puo' lottare per la liberta' senza armi? Fabbricandole, oppure fabbricando vestiti e alimenti. Ma c'e' un altro modo di lottare senza armi per la liberta'. Possiamo lottare con la mente; fabbricare delle idee, le quali possano aiutare quel giovane inglese che combatte lassu' in cielo a vincere il nemico. Ma perche' le idee siano efficaci, dobbiamo essere in grado di accendere la loro miccia. Dobbiamo metterle in azione. E quel calabrone in cielo mi sveglia un altro calabrone nella mente. Ce n'era uno questa mattina, che ronzava nel "Times"; era la voce di una donna che protestava: "Le donne non possono dire una parola sulle questioni politiche". Non c'e' nessuna donna nel Governo; ne' in nessun posto di responsabilita'. Tutti i fabbricanti di idee, in grado di attuare queste loro idee, sono uomini. Ecco un pensiero che soffoca il pensiero, e incoraggia invece l'irresponsabilita'. Perche' non sprofondare allora la testa nel cuscino, otturarsi le orecchie e abbandonare questa futile attivita' di fabbricare idee? Poiche' ci sono altri tavoli, oltre ai tavoli dei militari, e i tavoli delle conferenze. Potrebbe darsi che se noi rinunciamo al pensiero privato, al pensiero del tavolo da te', perche' esso ci sembra inutile, stiamo privando quel giovane inglese di un'arma che potrebbe essergli utile. Non stiamo esagerando la nostra incapacita', solo perche' la nostra capacita' ci espone forse all'insulto, al disprezzo? "Non cessero' di lottare mentalmente", scrisse Blake. Lottare mentalmente significa pensare contro la corrente, e non a favore di essa. E quella corrente scorre veloce e violenta. Straripa in parole dagli altoparlanti e dai politici. Ogni giorno ci dicono che siamo un popolo libero il quale combatte per difendere la liberta'. Quella e' la corrente che ha trascinato nei suoi turbini quel giovane aviatore fino al cielo, e che lo fa girare incessantemente tra le nuvole. Quaggiu', protetti da un tetto, con una maschera antigas sotto le mani, e' nostro dovere sgonfiare questi palloni d'aria e scoprire qualche germe di verita'. Non e' vero che siamo liberi. Questa sera siamo tutti e due prigionieri: lui nella sua macchina con un'arma accanto, noi sdraiati nel buio con una maschera antigas accanto. Se fossimo liberi saremmo all'aperto, a ballare, o in un teatro, o seduti davanti alla finestra, conversando. Che cosa ce lo impedisce? "Hitler!" esclamano unanimi gli altoparlanti. Chi e' Hitler? Che cosa e' Hitler? L'aggressivita', la tirannia, l'amore forsennato del potere, rispondono. Distruggetelo, e sarete liberi. * Ora sulla mia testa gli aerei rombano come se segassero il ramo di un albero. Gira e gira, segando e segando quel ramo proprio sopra la mia casa. E nel cervello un altro suono comincia ad aprirsi, anch'esso segando, una galleria. "Le donne capaci" - cosi' diceva Lady Astor nel "Times" di questa mattina - "vengono ostacolate in tutte le carriere a causa dell'inconscio hitlerismo nel cuore dell'uomo". E' vero, siamo ostacolate. E questa sera siamo tutti prigionieri: gli inglesi nei loro aerei, le inglesi nei loro letti. Ma se lui smette un attimo di pensare, possono ucciderlo; e anche noi. Pertanto, pensiamo per lui. Cerchiamo di fare conscio l'inconscio hitlerismo che ci opprime. E' il desiderio di aggressione; il desiderio di rendere schiavi. Perfino nel buio possiamo vederlo chiaramente. Vediamo le vetrine dei negozi illuminati a giorno, e le donne che guardano; donne incipriate; donne travestite; donne dalle labbra rosse e dalle unghie rosse. Sono schiave che cercano di rendere schiavi gli altri. Se potessimo liberarci dalla schiavitu', avremo liberato gli uomini dalla tirannia. Gli Hitler sono generati dagli schiavi. * Cade una bomba. Tutte le finestre tremano. I cannoni antiaerei entrano in azione. La', sull'alto del colle, sotto una rete con pezzi appiccicati di stoffa verde e bruna, imitando i colori delle foglie d'autunno, si nascondono i cannoni. Ora sparano tutti insieme. Il giornale radio delle nove ci dira': "Questa sera sono stati abbattuti quarantaquattro aerei nemici, dieci dei quali dal fuoco antiaereo". E una delle condizioni della pace, dicono gli altoparlanti, sara' il disarmo. Non ci saranno piu' armi, ne' esercito, ne' marina, ne' forza aerea nell'avvenire. I giovani non saranno piu' addestrati a combattere con le armi. Quello sveglia un altro calabrone nelle camere del cervello, un'altra citazione: "Combattere contro un nemico reale, meritare eterno onore e gloria uccidendo dei perfetti sconosciuti, e tornare a casa con il petto coperto di medaglie e di decorazioni, quello era il colmo delle mie speranze... A questo era stata dedicata, finora, tutta la mia vita, la mia educazione, la mia preparazione, tutto...". Queste sono le parole di un giovane inglese combattente nell'ultima guerra. Davanti a queste parole, possono credere onestamente i pensatori dell'accennata corrente che scrivendo "disarmo" su un pezzo di carta in una conferenza di ministri, avranno fatto tutto cio' che si doveva fare? Otello non avra' piu' occupazione, ma egli sara' sempre Otello. Quel giovane aviatore in cielo non e' spinto soltanto dalle voci degli altoparlanti; e' spinto anche dalle voci che ascolta in se', antichi istinti, istinti incoraggiati e nutriti dall'educazione e dalla tradizione. Glieli dobbiamo forse rimproverare? Si potrebbe forse sopprimere l'istinto materno, perche' cosi' ha voluto un gruppo di politici? Supponiamo che fra le condizioni di pace ci fosse questa, imperativa: "L'esercizio della maternita' sara' ristretto a una classe ridotta di donne accuratamente selezionate", forse sarebbe accettata? Piuttosto diremmo: "L'istinto materno e' la gloria della donna. A questo e' stata dedicata finora la mia vita, la mia educazione, la mia preparazione, tutto...". Ma se fosse necessario, per il benessere dell'umanita', per la pace del mondo, che l'esercizio della maternita' venisse ristretto, e l'istinto materno messo a tacere, forse le donne non si rifiuterebbero. Gli uomini le aiuterebbero. Onorerebbero queste donne per il loro rifiuto di generare. Aprirebbero altre possibilita' al loro potere creativo. E anche questo deve essere parte della nostra lotta per la liberta'. Dobbiamo aiutare i giovani inglesi a togliere dai loro cuori l'amore delle medaglie e delle decorazioni. Dobbiamo creare attivita' piu' onorevoli per coloro i quali cercano di dominare in se stessi l'istinto combattivo, l'inconscio hitlerismo. Dobbiamo compensare l'uomo per la perdita delle sue armi. * Il rumore di sega sulle nostre teste aumenta. Tutti i riflettori puntano in alto, verso un punto sito esattamente sopra questo tetto. In qualunque momento puo' cadere una bomba in questa stanza. Uno due tre quattro cinque sei... passano i secondi. La bomba non e' caduta. Ma durante quei secondi di attesa, l'attivita' del pensiero e' cessata. E anche e' cessato ogni sentimento, tranne un opaco timore. Un chiodo fissava tutto l'essere a un'asse di legno duro. L'emozione della paura e dell'odio e' pertanto sterile, non fertile. Non appena la paura scompare, la mente affiora di nuovo e istintivamente cerca di rivivere creando. Siccome la stanza e' al buio, puo' creare soltanto con la memoria. Si protende verso il ricordo di altri agosti, a Bayreuth, ascoltando Wagner; a Roma, passeggiando per la campagna romana; a Londra. Ritornano le voci degli amici; frammenti di poesia. Ognuno di questi pensieri, anche nella memoria, era assai piu' positivo, rinfrescante, consolatore e creativo di quanto non lo fosse quell'opaco spavento, fatto di paura e di odio. Percio', se vogliamo compensare quel giovane della perdita della sua gloria e della sua arma, gli dobbiamo aprire l'accesso ai sentimenti creativi. Dobbiamo fabbricare felicita'. Dobbiamo liberarlo dalla macchina. Dobbiamo tirarlo fuori dalla sua prigione, all'aperto. Ma a che cosa serve liberare il giovane inglese, se il giovane tedesco e il giovane italiano rimangono schiavi? * I riflettori, ondeggiando sulla pianura hanno trovato finalmente l'aereo. Da questa finestra si puo' vedere un piccolo insetto argentato che gira e si contorce nella luce. I cannoni sparano e sparano. Poi smettono. Probabilmente l'attaccante e' stato colpito, dietro il colle. L'altro giorno, uno dei piloti riusci' ad atterrare in un campo qui vicino. In un inglese abbastanza tollerabile, disse ai suoi catturatori: "Come sono contento che la lotta sia finita!". Poi un inglese gli diede una sigaretta, e una inglese gli offri' una tazza di te'. Questo starebbe a dimostrare che se si riesce a liberare l'uomo dalla macchina, il seme non cade in un suolo completamente sterile. Il seme puo' essere ancora fertile. * Finalmente tutti i cannoni hanno smesso di sparare. Tutti i riflettori si sono spenti. Il buio naturale della notte d'estate ritorna. Si sentono nuovamente gli innocenti rumori della campagna. Una mela cade per terra. Un gufo grida, spostandosi da un albero all'altro. E qualche parola quasi dimenticata di un vecchio scrittore inglese mi viene in mente: "I cacciatori si sono alzati in America...". Mandiamo dunque queste note frammentarie ai cacciatori che si sono alzati in America, agli uomini e alle donne il cui sonno non e' stato ancora interrotto dal rumore della mitragliatrice, con la speranza che vengano ripensate, generosamente e caritatevolmente, e forse rimaneggiate fino a diventare qualcosa di utile. E adesso, in questa meta' buia del mondo, a dormire. 8. RIFLESSIONE. ASSOCIAZIONE GIURISTE D'ITALIA: SUL REFERENDUM SULLA LEGGE 40 [Dal sito dell'Universita' delle donne di Milano (www.universitadelledonne.it) riprendiamo il seguente intervento dell'Associazione giuriste d'Italia - in siga: Giudit - (per contatti: e-mail: giudit at giudit.it, sito: www.giudit.it)] La legge 40/2004 e' una legge autoritaria e disumana. Impedisce a molte di realizzare il loro desiderio di maternita'. Gia' sta costringendo singole donne e coppie ad andare all'estero per interventi di inseminazione cosiddetta eterologa o per altri interventi di procreazione assistita vietati dalla nostra legge e consentiti invece in altri Paesi. Ma solo chi ha i mezzi finanziari per affrontare questi costosi soggiorni puo' permetterselo; per altre/i, tutto cio' e' impossibile. Autoritarismo, negazione dell'autodeterminazione delle donne e discriminazione vanno di pari passo, in un disegno eticamente e socialmente reazionario. Il principio di laicita' dello Stato non consente ingerenze nelle scelte fondamentali della vita. Come donne il nostro giudizio e' netto: di questa legge non c'e' niente da salvare. Come giuriste siamo inoltre convinte che la legge e', sotto vari aspetti, contraria alla Costituzione. L'autodeterminazione e' un principio fondamentale dell'ordinamento, riconducibile a un complesso di norme costituzionali, in primo luogo l'art. 2 che sancisce il rispetto dei diritti inviolabili della persona, e l'art. 13 che contiene la garanzia della liberta' personale, da intendersi anche come garanzia dell'habeas corpus femminile, cioe' della signoria delle donne sull'uso del corpo a fini procreativi. Questa legge, al contrario, prevede una regolamentazione feroce del corpo femminile. Impone divieti e limiti che espongono a gravi rischi la salute delle donne, e riducono drasticamente le potenzialita' insite nella liberta' procreativa. Come tutti i diritti inviolabili, l'autodeterminazione deve considerarsi sottratta alle decisioni di maggioranza. Questa legge e' un attacco evidente e senza precedenti all'autodeterminazione, e, almeno nelle intenzioni dei suoi sostenitori, dovrebbe preludere a una modifica della legge 194 sull'aborto. Voteremo "si'" ai referendum, anche se non li abbiamo promossi, e anche se alcune di noi non li avrebbero voluti. Non da ora, abbiamo sostenuto che, quando si tratta di autodeterminazione delle donne, nessuna maggioranza, ne' parlamentare ne' popolare, puo' legittimamente legiferare per limitarla o annullarla. Tuttavia voteremo quattro "si'" con convinzione, perche' i referendum, pur essendo espressione di un'agenda politica scandita senza un reale ascolto di quanto detto e pensato dalle donne, sono diventati il simbolo della resistenza contro l'attacco ad un nostro libero e responsabile esercizio di signoria sull'uso del corpo a fini procreativi, nonche' momento di coagulo di tutte le forze progressiste contrarie a questa legge. In concreto, la vittoria dei "si'" eliminera' alcuni tra gli aspetti piu' odiosi della legge, tra cui il divieto della inseminazione eterologa, la limitazione dell'uso delle tecniche ai casi di sterilita', il divieto di produrre piu' di tre embrioni e l'obbligo di impianto. Ma il nostro impegno di donne giuriste non potra' dirsi concluso anche nel caso di esito positivo del referendum abrogativo parziale. Restera' infatti la limitazione dell'accesso alle tecniche alla coppia eterosessuale, che stabilisce un unico modello di genitorialita'. Resteranno anche tutte le altre norme di divieto, che hanno la finalita' di porre limiti alle scelte individuali, e dal punto di vista culturale sono espressione di un bisogno di controllo volto a tacitare il senso di incertezza e a mettere paletti a tutto cio' che e' frutto della diversita' dei percorsi individuali. Sbaglia, ha sempre sbagliato, chi parla di "far west" procreativo. A parte qualche eccezione - da cui nessuna legge potra' mai metterci al riparo - le donne hanno sempre affrontato le scelte procreative con senso di responsabilita'. Come abbiamo detto a proposito dell'aborto, nessuno, neanche lo Stato, puo' sostituirsi alla scelta della donna interessata. Nessuno potra' mai decidere meglio di lei stessa se, e come, essere madre. La legge non deve porre limiti ne' regolamentare l'accesso alle tecniche di riproduzione assistita. Per questa ragione l'unica decisione politica accettabile e coerente era ed e' l'abrogazione totale della legge. Riteniamo tuttavia che la vittoria dei "si'" rendera' di fatto inapplicabile la legge, e obblighera' il Parlamento a un ripensamento complessivo della materia. Vogliamo lavorare, insieme con altre associazioni e movimenti che condividono questa impostazione, alla costruzione di una proposta normativa che si astenga dal regolare aspetti connessi con l'autodeterminazione - in particolare l'accesso alle tecniche - e si limiti a prevedere norme volte a prevenire l'uso speculativo delle tecniche di procreazione assistita e a garantire la salute delle donne, attraverso il controllo sui centri che effettuano gli interventi di procreazione assistita. 9. RIVISTE. CON "QUALEVITA", ALL'ASCOLTO DI PIETRO DA MORRONE Abbonarsi a "Qualevita" e' un modo per sostenere la nonviolenza. All'ascolto di Pietro da Morrone. * "Non si puo' ammazzare a fin di bene. A fin di bene si puo' soltanto fare il bene, amare, aiutarci l'un l'altro, perdonarci" (cosi' il personaggio di Pier Celestino, in Ignazio Silone, L'avventura d'un povero cristiano, Mondadori, Milano 1968, ora anche in Idem, Romanzi e saggi, Mondadori, Milano 1999, vol. II, p. 724). * "Qualevita" e' il bel bimestrale di riflessione e informazione nonviolenta che insieme ad "Azione nonviolenta", "Mosaico di pace", "Quaderni satyagraha" e poche altre riviste e' una delle voci piu' qualificate della nonviolenza nel nostro paese. Ma e' anche una casa editrice che pubblica libri appassionanti e utilissimi, e che ogni anno mette a disposizione con l'agenza-diario "Giorni nonviolenti" uno degli strumenti di lavoro migliori di cui disponiamo. Abbonarsi a "Qualevita", regalare a una persona amica un abbonamento a "Qualevita", e' un'azione buona e feconda. Per informazioni e contatti: Edizioni Qualevita, via Michelangelo 2, 67030 Torre dei Nolfi (Aq), tel. 3495843946, o anche 0864460006, o ancora 086446448; e-mail: sudest at iol.it o anche qualevita3 at tele2.it; sito: www.peacelink.it/users/qualevita Per abbonamenti alla rivista bimestrale "Qualevita": abbonamento annuo: euro 13, da versare sul ccp 10750677, intestato a "Qualevita", via Michelangelo 2, 67030 Torre dei Nolfi (Aq), specificando nella causale "abbonamento a 'Qualevita'". 10. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 11. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at inwind.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 936 del 21 maggio 2005 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione).
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