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La nonviolenza e' in cammino. 935
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 935
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Fri, 20 May 2005 00:12:12 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 935 del 20 maggio 2005 Sommario di questo numero: 1. Peppe Sini: Per Clementina 2. Una lettera di alcune donne di Palermo sul convegno su mafia e nonviolenza 3. Il programma del convegno di Palermo del 21-22 maggio 4. Umberto Santino: Riflessioni sul Forum antimafia 2005 5. Maria Rosa Cutrufelli: Mirmidoni 6. Referendum: un appello di religiose, religiosi e laici 7. Servizio civile volontario al Movimento nonviolento 8. Sandro Mezzadra: Studi postcoloniali 9. La "Carta" del Movimento Nonviolento 10. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. PEPPE SINI: PER CLEMENTINA Vi e' il rischio che convinti dai mass-media che la liberazione di Clementina Cantoni avverra' facilmente e in breve tempo, non si attivi una solidarieta' adeguata, non si levi anche in italia nitida e forte la voce di tante e di tanti a dire la nostra prossimita', la nostra ansia, il nostro desiderio che sia liberata subito ed incolume. E invece dobbiamo dirlo, dobbiamo farci vedere e sentire, con tutta l'evidenza pubblica che a questa richiesta siamo in grado di dare, sapendo che la nostra sollecitudine per Clementina vale anche per tutte le altre rapite, per tutti gli altri rapiti; che vale a dire che unica e' l'umanita', vale a dire che ogni vita e' tutte le vite; che nessuno deve essere ucciso; che alle guerre, al terrorismo, al crimine, alla violenza occorre dire basta; che la pace va costruita con le nostre mani, con l'aiuto di tutte e tutti, a tutte e tutti gli esseri umani riconoscendo tutti i diritti umani, e primo di tutti il diritto di vivere, e di vivere una vita dignitosa e solidale. Ovunque si possa si manifesti, in forme limpide, nonviolente, esse stesse costruttrici di pace, di convivenza; ovunque si abbia voce si levi un appello, semplice, chiaro, comprensibile, che richiami alla comune umanita', e a quel valore della misericordia, della clemenza, che il suo nome stesso evoca, e che e' il valore dei valori attestato da tutte le grandi tradizioni di pensiero dell'umanita'. Lavorino le istituzioni ciascuna nel ruolo che le e' proprio; si mobilitino i soggetti collettivi ciascuno nelle forme sue proprie che siano consone al fine e opportune alla bisogna; e chi altro non puo' fare almeno questo faccia: dica che la vogliamo salva, che la vogliamo libera. E che questa voce giunga al cuore anche dei piu' lontani. 2. INIZIATIVE. UNA LETTERA DI ALCUNE DONNE DI PALERMO SUL CONVEGNO SU MAFIA E NONVIOLENZA [Ringraziamo di cuore Valeria Ando' (per contatti: andov at tele2.it) per averci inviato questo intervento di alcune donne di Palermo impegnate contro la mafia e per la nonviolenza] Auguriamo di cuore agli organizzatori e ai partecipanti al convegno "Superare il sistema mafioso. Il contributo della nonviolenza" (Baida, 21-22 maggio) l'ottima riuscita della manifestazione, da cui confidiamo possano emergere interessanti approfondimenti e nuovi percorsi di azione. Non possiamo pero' non rilevare, con amarezza, un dato che ci ha colpito e che segnaliamo senza alcuna polemica ma con spirito costruttivo, nella speranza che possa costituire elemento utile di riflessione. Che il "ruolo delle donne" sia oggetto di un laboratorio tra otto proposti, temiamo possa implicitamente significare il misconoscimento della centralita' del soggetto femminile nella lotta alla mafia. Riteniamo infatti che il fenomeno mafioso sia interamente ascrivibile all'universo maschile, non solo perche' maschi sono i boss e i loro affiliati, ma soprattutto perche' patriarcale e' l'ordine simbolico di riferimento, per i rituali che prevede e per il linguaggio di cui si serve. Che alcune donne, come sappiamo bene, siano complici con il loro silenzio omertoso, o addirittura siano parte attiva nelle azioni criminali, riteniamo possa trovare una spiegazione nel fatto che esse sono le prime vittime, allo stesso modo dei loro mariti, figli, padri o fratelli, di un sistema che affonda le sue radici nell'ordine dei padri. Riconoscere il carattere patriarcale della mafia come primo e peculiare elemento di identificazione ci pare possa consentire di avere una migliore conoscenza dell'avversario che vogliamo contrastare e quindi una piu' pronta individuazione di adeguati strumenti di intervento. Proprio in quanto parte della piu' complessiva lotta al patriarcato, nella lotta alla mafia riteniamo centrale il ruolo delle donne: da quelle che vivono all'interno di famiglie mafiose dipende la conferma o la rottura dei valori dominanti; quelle invece impegnate nel sociale nei quartieri a rischio tessono una rete di relazioni che favorisce l'accoglienza e l'uscita dalla solitudine e dal silenzio. Su questa centralita' ci pare occorra fare leva anche da parte dei molti uomini attivi da anni su questo fronte, e ci permettiamo di suggerire che questa centralita' possa costituire l'ottica con cui affrontare le discussioni dei due giorni di convegno. Un'ultima considerazione, la piu' amara. Le donne siciliane sono state in prima fila nella lotta alla mafia. In particolare, nella terribile estate del '92, dopo le stragi di Capaci e di via D'Amelio, alcune donne di Palermo si sono rese protagoniste di una straordinaria mobilitazione nonviolenta: un digiuno in pubblico, in piazza Politeama, per manifestare il loro dolore e il loro fermo rifiuto dell'accaduto. Queste donne avremmo preferito vedere coinvolte con un ruolo attivo, in quanto testimoni d'eccezione di una pratica nonviolenta, fin dalla prime fasi dell'organizzazione di questo convegno, che registra invece una presenza quasi esclusivamente maschile. * Valeria Ando', Rosalba Bellomare, Cettina D'Onofrio, Daniela Dioguardi, Piera Fallucca, Giovanna Fiume, Simona Mafai, Maria Maniscalco, Gisella Modica, Daniela Musumeci, Francesca Vassallo 3. IL PROGRAMMA DEL CONVEGNO DI PALERMO DEL 21-22 MAGGIO Il 21-22 maggio 2005 a Palermo, presso il Convento dei Frati Minori di Baida, si svolgera' un convegno nazionale sul tema "Superare il sistema mafioso. Il contributo della nonviolenza". Il convegno e' promosso da: Gruppo-laboratorio "Percorsi nonviolenti per il superamento del sistema mafioso"; Seminario Nonviolenza; Quaderni Satyagraha; Mosaico di Pace; Centro Siciliano di Documentazione G. Impastato; Arci Sicilia; Libera; Dipartimento di Studi "Politica, Diritto e Societa'" e Facolta' di Lettere e Filosofia dell'Universita' di Palermo; Corso di Laurea in Scienze per la Pace dell'Universita' di Pisa. * Programma Sabato 21 maggio 2005 Sessione mattutina: Analisi Moderatore: A. Cavadi, Scuola di Formazione Etico-Politica G. Falcone. Ore 9: Saluti degli enti promotori. Ore 9,30: relazioni: V. Sanfilippo, Movimento dell'Arca: Nonviolenza e mafia: alcune indicazioni di percorso. U. Santino, presidente Centro Siciliano di Documentazione G. Impastato, Palermo: Nonviolenza, mafia, antimafia. G. Scardaccione, Universita' di Chieti: Il modello riparativo di giustizia: la sfida "impossibile" dell'applicazione ai reati di mafia. N. Salio, Centro Studi D. Sereno Regis, Torino: Politiche di lotta nonviolenta contro i poteri senza volto. Don L. Ciotti, presidente Libera: L'antimafia ripensata. Nonviolenza ed associazionismo. Ore 12: dibattito. Ore13,30: pranzo. Sessione pomeridiana: Esperienze Ore 15,30-19: Gruppi di lavoro: - Pratiche di mediazione e di giustizia rigenerativa. Introduce: M. Cannito, esperta di "giustizia rigenerativa" di Witness for Peace di Washington. - Pratiche di resistenza civile. Introduce: G. Abbagnato, Libera-Palermo. - Difesa popolare nonviolenta, servizio civile, contrasto alla mafia. Introducono: A. Cozzo, Universita' di Palermo, e N. Salio, Centro Studi D. Sereno Regis, Torino. - Ruolo delle donne. Introduce: A. Puglisi, Centro Siciliano di Documentazione G. Impastato. - Strategie educative. Introducono: A. Cavadi, Scuola di Formazione Etico-Politica G. Falcone, e S. Rampulla, Seminario Nonviolenza, Palermo. - Comunita' religiose e mafia. Introduce: don F. M. Stabile, storico della Chiesa. - Percorsi di accompagnamento per vittime, testimoni, dissociati. Introduce: don R. Bruno, cappellano del Carcere di Lecce. - Un'esperienza di Teatro dell'Oppresso. Conduce: S. Di Vita, esperto di Teatro dell'Oppresso. Ore 20: cena. Ore 21: serata conviviale con musica e danze, a cura di L. Tedesco, musicista, Movimento dell'Arca. * Domenica 22 maggio 2005 Sessione conclusiva: Prospettive Moderatore: A. Foti, presidente Arci Sicilia. Ore 9,30: sintesi dei gruppi di lavoro. Ore 11,30: Ipotesi per un programma di lavoro: interventi di R. Altieri, direttore Quaderni Satyagraha, Universita' di Pisa; A. Cozzo, Universita' di Palermo; G. Fiandaca, Universita' di Palermo; E. Villa, Libera-Palermo. Ore 13: chiusura dei lavori. * Ospitalita' presso il Convento dei Frati Minori di Baida, via Convento 43, 90136 Baida Palermo. Pensione completa: euro 35 in camera doppia, euro 45 in camera singola. Singoli pasti 15 euro. E' possibile anche solo pranzare e/o cenare presso il convento di Baida nel giorno di sabato 21: il costo di ogni pasto e' di 15 euro. Per prenotare la camera e i pasti telefonare al numero 091223595. Come si arriva a Baida: dalla stazione centrale o da piazza Politeama prendere l'autobus 102 che fa capolinea a Piazzale Giotto - Lennon. Da piazzale Giotto prendere l'autobus 534 che fa capolinea in piazza Baida. * Iscrizioni e segreteria del convegno: e-mail: v.sanfi at virgilio.it, tel. 0916259789, fax: 091348997. Altre e-mail di riferimento: acozzo at unipa.it, csdgi at tin.it 4. RIFLESSIONE. UMBERTO SANTINO: RIFLESSIONI SUL FORUM ANTIMAFIA 2005 [Dal sito del Centro Impastato (www.centroimpastato.it) riprendiamo questa testimonianza e riflessione sul Forum sociale antimafia "Felicia e Peppino Impastato - 1978-2005 - Ricordare per continuare", svoltosi a Cinisi dal 7 al 9 maggio 2005. Umberto Santino ha fondato e dirige il Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato" di Palermo. Da decenni e' uno dei militanti democratici piu' impegnati contro la mafia ed i suoi complici. E' uno dei massimi studiosi a livello internazionale di questioni concernenti i poteri criminali, i mercati illegali, i rapporti tra economia, politica e criminalita'. Tra le opere di Umberto Santino: (a cura di), L'antimafia difficile, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1989; Giorgio Chinnici, Umberto Santino, La violenza programmata. Omicidi e guerre di mafia a Palermo dagli anni '60 ad oggi, Franco Angeli, Milano 1989; Umberto Santino, Giovanni La Fiura, L'impresa mafiosa. Dall'Italia agli Stati Uniti, Franco Angeli, Milano 1990; Giorgio Chinnici, Umberto Santino, Giovanni La Fiura, Ugo Adragna, Gabbie vuote. Processi per omicidio a Palermo dal 1983 al maxiprocesso, Franco Angeli, Milano 1992 (seconda edizione); Umberto Santino e Giovanni La Fiura, Dietro la droga. Economie di sopravvivenza, imprese criminali, azioni di guerra, progetti di sviluppo, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1993; La borghesia mafiosa, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1994; La mafia come soggetto politico, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1994; Casa Europa. Contro le mafie, per l'ambiente, per lo sviluppo, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1994; La mafia interpretata. Dilemmi, stereotipi, paradigmi, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli 1995; Sicilia 102. Caduti nella lotta contro la mafia e per la democrazia dal 1893 al 1994, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1995; La democrazia bloccata. La strage di Portella della Ginestra e l'emarginazione delle sinistre, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli 1997; Oltre la legalita'. Appunti per un programma di lavoro in terra di mafie, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1997; L'alleanza e il compromesso. Mafia e politica dai tempi di Lima e Andreotti ai giorni nostri, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli 1997; Storia del movimento antimafia, Editori Riuniti, Roma 2000; La cosa e il nome. Materiali per lo studio dei fenomeni premafiosi, Rubbettino, Soveria Mannelli 2000] Le iniziative del Forum antimafia "Felicia e Peppino Impastato" svoltesi a Cinisi dal 7 al 9 maggio 2005, sono andate abbastanza bene e hanno visto una partecipazione molto ampia. Certo, molti sono venuti per il concerto dei Modena City Ramblers ma le loro canzoni, politicamente qualificate, si sono pienamente inserite nel programma del Forum, come pure il concerto di Pippo Pollina e il dibattito sul berlusconismo con Marco Travaglio. Prima di esaminare dettagliatamente le discussioni dei vari forum mi sembra necessaria una riflessione sul comportamento dei media. Ci si lamenta continuamente della cosiddetta "stampa borghese", ma il "Giornale di Sicilia" ha dato la notizia con un articolo in cui, come fa da molti anni, accomunava Peppino e Giovanni Bonsignore, il funzionario della Regione siciliana ucciso il 9 maggio del 1990, mentre "La Sicilia" ha dedicato a Peppino e al Forum un'intera pagina, curata da Dino Paternostro, pubblicando il testo integrale del programma. Anche "La Repubblica" di Palermo ha dedicato una pagina domenica 8 maggio, curata da Amelia Crisantino, e ha dato notizia delle iniziative. Rai 3 regionale ha trasmesso piu' di un servizio. Quelli che si sono comportati davvero malissimo sono "Il manifesto", che si e' limitato a un trafiletto e "Liberazione" che ha dedicato tre righe al concerto dei Modena. Tutto qui. Veramente intollerabile. Nel corso del convegno sulla liberta' di informazione svoltosi a Partinico l'11 marzo scorso ho dedicato molto spazio ai comportamenti dei media e dei partiti di sinistra. So che il mio intervento non e' piaciuto, ma le cose che dicevo sono vere e facilmente documentabili. Qualche esempio: "Samarcanda", "Tempo reale", le storiche trasmissioni di Santoro, che hanno contribuito a creare il mito dell'orlandismo e mai si sono occupate di Peppino, dei suoi compagni e delle analisi e attivita' del Centro; l'ipergarantismo di Rifondazione che ha portato alla proposta di abolizione dell'ergastolo anche per gli stragisti e i mafiosi pluriomicidi, ma mai ha posto il problema della pena di morte nei paesi del cosiddetto socialismo reale e ora a Cuba. "Il manifesto" non si e' mai occupato seriamente di mafia e antimafia, "Liberazione" ha dedicato in passato qualche spazio ma negli ultimi tempi non si e' impegnata su questo terreno e ha totalmente ignorato il Forum. E' inutile pensare a improbabili o impossibili canali alternativi se non si riesce a ottenere spazi adeguati sulle testate che ci sono, comprese quelle radiofoniche. Ne' si puo' contare solo sul meritorio lavoro di Indymedia. Andiamo alle iniziative del Forum. Si e' cominciato con quello su "Mafia, politica e territorio". Si e' data un po' troppo per scontata l'analisi della fase politica, anche nei suoi risvolti riguardanti l'ambiente e le opere pubbliche, e si e' fatta soprattutto attenzione alle iniziative di lotta in corso, da quella sul piano regolatore di Castellammare del Golfo al depuratore di Terrasini, alla strada per Corleone, dalla questione energetica e dello smaltimento dei rifiuti con gli inceneritori al ponte sullo Stretto. Tutte iniziative importanti per le quali il Forum e' uno spazio di comunicazione, discussione e confronto ma dal punto di vista organizzativo non credo si possa fare di piu' di quello che ognuno di noi ha fatto e continua a fare. La fiaccolata e' stata piu' partecipata dell'anno scorso, anche perche' dopo c'erano i "Modena". Prima c'e' stato l'assalto festoso alla vecchia sede di Radio aut e gli "assedianti" hanno esposto lo striscione con la scritta "Contru mafia e putiri c'e' sulu 'a rivoluzioni". Mi sono chiesto cosa abbiamo in mente quando ci definiamo "rivoluzionari" e quando scriviamo "rivoluzione". Purtroppo le rivoluzioni socialiste hanno avuto un esito fallimentare: la Russia, dopo 70 anni di "socialismo reale", o "dittatura del (cioe' sul) proletariato", si e' messa in coda al capitalismo, cominciando dall'accumulazione primitivo-mafiosa; la Cina ha una dittatura basata sul supersfruttamento dei lavoratori che non hanno neppure lo scudo del sindacato; Cuba con un Fidel stravecchio aggrappato al potere si avvia a un esito incerto preannunciato dalla diffusione della prostituzione delle ragazzine... Vogliamo ripetere queste esperienze o fare come in Chiapas, ammesso che sia possibile, nella fase attuale e dalle nostre parti? Ne dovremmo parlare... Domenica mattina la presentazione del libro Cara Felicia e' servita per letture, interventi e testimonianze che hanno dato un quadro dell'impegno delle donne nelle lotte contro la mafia che per tutti i presenti ha significato vivere un'intensa partecipazione, per piu' d'uno avere indicazioni per percorsi di approfondimento che mi auguro possano essere proficuamente avviati (mi chiedo quanti hanno sentito parlare di alcune delle figure e degli eventi che venivano ricordati, dai Fasci siciliani alla dirigente socialista Maria Giudice, dalla madre di Salvatore Carnevale all'Associazione delle donne siciliane per la lotta contro la mafia, tenendo conto che di un libro come la mia Storia del movimento antimafia molti non conoscono neppure il titolo: la prima cosa che dovremmo imparare e' di usare il patrimonio di analisi e documentazione che e' stato prodotto). Il forum di domenica pomeriggio "Costruire l'antimafia" ha visto un succedersi di interventi che riportavano esperienze, ponevano problemi, facevano proposte. Forse si e' parlato di troppe cose senza il necessario approfondimento. Non si e' parlato del pericolo che le esperienze di uso sociale dei beni confiscati siano annullate dal progetto di vendita dei beni, l'esperienza di lotta per la casa a Palermo, una delle piu' interessanti in corso, ha avuto meno spazio dell'anno scorso, sulla scuola ci si e' limitati a un accenno, cosi' pure su droghe e tossicodipendenze. Andrea Bartolotta, un compagno storico di Peppino, ha invitato ad andare oltre l'icona del film "I cento passi": considerazioni che condivido e che ho ripreso con dei versi ("Neppure un passo") nell'introduzione al volume Cara Felicia. Il problema sotteso al forum era: e' possibile darci un'attivita' continuativa come Forum o dobbiamo limitarci alla tre giorni? Sono dell'avviso che si possa fare qualcosa, intestarsi come Forum alcune iniziative, a una sola condizione: la correttezza nei rapporti, mettendo da canto protagonismi o concorrenze. Tra le iniziative possibili: un lavoro di "alfabetizzazione" rivolto soprattutto ai giovani, che sono tantissimi e conoscono solo il film. Penso a dei seminari interni al movimento, a corsi in facolta' universitarie, autogestiti o ufficiali, se ci sono le disponibilita'. Il corso alla Facolta' di Lettere di Palermo dell'anno scorso ha dato un certo spazio alle analisi del Centro; a Giurisprudenza invece non ci hanno invitato e quest'anno sono in corso una serie di iniziative che escludono il Centro, per il baronettismo di alcuni personaggi e per la scorrettezza di Centri studi che continuano a spillare soldi alle Regione con metodi rigorosamente clientelari, lasciando cadere le denunce e le proposte del Centro (una legge regionale che fissi dei criteri oggettivi per l'erogazione del fondi). Su iniziative "di movimento" penso che continueremo a muoverci a file sparse, ma non escluderei che qualcosa si possa fare insieme, senza pero' ricorrere a formule organizzative inutili o di troppo faticosa gestione. Lunedi' mattina c'e' stata una bella iniziativa al campo sportivo: ci siamo parlati davanti alla telecamera, raccontandoci, riflettendo e proponendo. Lunedi' pomeriggio il forum sull'informazione e' stato dedicato soprattutto a Telejato, scelta comprensibile tenendo conto di quello che succede, con la sua collezione di querele. Le proposte (chiedere al governo la riapertura di Radio Aut, diffondere la pratica delle televisioni di strada) mi sono sembrate o impraticabili o debolucce, ma non escludo che qualcosa si possa fare. Bisognerebbe comunque ottenere spazi adeguati sugli organi di informazione che si autodefiniscono "comunisti" e il piu' delle volte sono salottini del leader o dei "maestri del pensiero". Il Centro, dopo le condanne di Claudio Riolo e di chi scrive per presunta diffamazione nei confronti del presidente della Provincia di Palermo Francesco Musotto e dell'ex ministro Calogero Mannino, e' impegnato in una campagna per la liberta' di informazione e di ricerca (e' appena uscito un volume che raccoglie gli atti di un seminario sui disegni di legge in materia di diffamazione: Autori Vari, Liberta' di informazione, di critica e di ricerca nella transizione italiana, a cura di C. Riolo, Edizioni La Zisa, Palermo 2004) e dopo la condanna di Giovanni Impastato in seguito alla citazione del difensore di Gaetano Badalamenti si e' aperta una sottoscrizione che e' andata a gonfie vele e che ha permesso di fare fronte alle spese per la pubblicazione del libro Cara Felicia e per le iniziative del Forum. Se lo spettacolo dei Modena ha visto tantissimi giovani letteralmente elettrizzati per la partecipazione a un evento musicale di prim'ordine, il concerto di Pippo Pollina e' andato bene, anche se con una partecipazione diversa e piu' limitata, e il dibattito sul libro di Travaglio e' riuscito a dare un'immagine efficace del berlusconismo, si spera in via di estinzione, ma con il rischio di passaggi al centro-sinistra di personaggi che piu' che voti portano interessi e comportamenti che rischiano di bloccare qualsiasi ipotesi di politica alternativa. Anche qui bisogna prendere atto di una realta': a documentare le malefatte di Berlusconi e dei suoi amici sono stati piu' personaggi come Indro Montanelli, Giorgio Bocca, Paolo Sylos Labini, Franco Cordero e Marco Travaglio, che Rifondazione o i Ds, che hanno sottovalutato la pericolosita' del "signor B." (F. Cordero) e spesso hanno ammonito contro le "demonizzazioni": si pensi al siluramento del direttore dell'"Unita'" Furio Colombo. La mostra fotografica, curata da Guido Orlando, Gabriella Ebano e altri, era molto bella. Il Centro ha cominciato ad allestire una mostra fotografico-documentaria sull'attivita' di Peppino e sulle iniziative dal 1978 a oggi, da stampare in piu' copie. Invitiamo tutti a collaborare. L'organizzazione, in larga parte nelle mani di Giovanni Impastato, coadiuvato dalle "segretarie", bravissime e instancabili, pur davanti a problemi enormi e inediti, ha superato la prova. Non si e' fatto un documento conclusivo. La discussione rimane aperta e voglio sperare che si riesca a concretare la proposta di raccogliere in volume i materiali di quest'anno e anche delle altre edizioni del Forum. Un libro che possa servire per riflettere e rilanciare un'antimafia che coniughi analisi e proposta. 5. RIFLESSIONE. MARIA ROSA CUTRUFELLI: MIRMIDONI [Dal sito de "Il paese delle donne" (www.womenews.net) riprendiamo il seguente intervento. Maria Rosa Cutrufelli e' nata a Messina e vive a Roma, intellettuale impegnata nel movimento delle donne, ricercatrice, saggista, narratrice, giornalista, direttrice di "Tuttestorie", rivista di narrativa di donne. Opere di Maria Rosa Cutrufelli: L'invenzione della donna, Mazzotta, Milano 1974; L'unita' d'Italia: guerra contadina e nascita del sottosviluppo del Sud, Bertani, 1974; Disoccupata con onore. Lavoro e condizione della donna, Mazzotta, Milano 1975; Donna perche' piangi, Mazzotta, Milano 1976; Economia e politica dei sentimenti, Editori Riuniti, Roma 1980; Il cliente. Inchiesta sulla domanda di prostituzione, 1981; Mama Africa. Storia di donne e di utopie, Feltrinelli, Milano 1989; La Briganta, La Luna, Palermo 1990; Il denaro in corpo, Marco Tropea Editore, Milano 1996; (a cura di), Nella citta' proibita, Marco Tropea Editore, Milano 1997, Net, Milano 2003; Lontano da casa, Rai, 1997; Canto al deserto. Storia di Tina, soldato di mafia, Longanesi, Milano 1994, Tea, Milano 1997; Il paese dei figli perduti, Marco Tropea Editore, Milano 1999; Giorni d'acqua corrente. Quando la vita delle donne diventa racconto, Pratiche Editrice, Milano 2002; Terrona, Citta' Aperta, Troina (En) 2004; La donna che visse per un sogno, Frassinelli, Milano 2004] Ancora una volta due donne. Uccise. Stuprate, si dice in un primo tempo. Poi sembra di no. Ma il delitto, sostengono gli psichiatri, resta in ogni caso a sfondo sessuale. Un rito-replica del delitto precedente. Con identiche modalita' di esecuzione: prima la trappola nella villetta isolata, poi l'omicidio. E ancora una volta ci sono dei complici, presunti o effettivi, volontari o involontari, per ora non si sa. In ogni modo, maschi. Al centro di tutto lui, Angelo Izzo, l'assassino-stupratore del Circeo. Il volto come una maschera, contratto in un ghigno perenne che sembra dire: ve l'ho fatta! Ed effettivamente qualcuno, sulla stampa, ha parlato di "un inganno perfetto". Troppo perfetto, per la verita'. Perche' piu' volte, a piu' riprese, anche dopo le evasioni dal carcere, Angelo Izzo e' riuscito a convincere della sua "redenzione" un elenco davvero impressionante di persone: magistrati, poliziotti, avvocati, psichiatri, giornalisti (e giornaliste), sacerdoti, gente qualsiasi come quella con cui lavorava ultimamente. Tranne Donatella Colasanti. Lei no. Lei l'ha sempre detto che si trattava di espedienti, di una finzione. E fa bene Miriam Mafai a ricordarlo, a scrivere che nessuno ha mai voluto dare ascolto a questa vittima scampata per caso alla violenza omicida di Izzo e del suo branco. Perche'? Perche' Angelo Izzo ha convinto piu' di Donatella Colasanti? La domanda non puo' essere elusa. Troppe sono le persone coinvolte - anche persone perbene, anche in buona fede - per non porsi questo interrogativo. Sara' perche', come scrivono in un comunicato le amiche di Controparola (un gruppo di scrittrici e giornaliste), c'e' ancora, nella nostra societa', nella nostra cultura, una diffusa, persistente sottovalutazione della pericolosita' dei crimini commessi contro le donne? Sara' perche' sono ancora troppo vicini i tempi in cui i processi per stupro diventavano un'altra forma di violenza contro le vittime e il (pre)giudizio sociale si appuntava piu' contro le donne che contro i violentatori? C'e' un vecchio detto: l'uomo e' cacciatore... E il cacciatore uccide, si sa. Il cacciatore ha bisogno di una preda. Il cacciatore e' un po' un eroe. E la nostra cultura vive di eroi e di eroismo. Eroismo, scriveva Virginia Woolf nel suo taccuino, e' uguale a botulismo. E' un'intossicazione, un veleno che si assume mangiando, senza accorgersene. La violenza e lo stupro non sembrano tanto "patologie" quanto componenti a volte deprecabili e tuttavia essenziali dell'eroismo. E Angelo Izzo questo si sentiva: eroe e guerriero. Lo dichiara senza mezzi termini nelle lettere indirizzate a una giornalista: "Noi ci sentivamo guerrieri". In un libro che a suo tempo fece scalpore (si trattava della prima analisi storica, sociale e politica della violenza contro le donne), Susan Brownmiller racconta di un diverso eroe guerriero, il greco Achille, che si serviva dei leggendari Mirmidoni, uomini discesi da una stirpe di formiche, come efficaci agenti di terrore. Nella nostra societa', sostiene la Brownmiller, gli stupratori svolgono una funzione di Mirmidoni per tutti gli uomini: "ammantati da miti che oscurano la loro identita', anch'essi fungono da anonimi agenti di terrore". Servono a trasformare le donne in vittime. A renderle fragili. A tenerle al loro posto. Fanno il "lavoro sporco" per conto dell'ordine patriarcale. E lo fanno cosi' bene, dice la Brownmiller, che il significato del loro gesto passa in larga misura inosservato. Se questo e' vero, allora forse si spiega perche' la personalita' di Izzo non sia stata compresa (o sia stata fraintesa), perche' non sia stata analizzata in modo credibile. D'altronde, se e' difficile diagnosticare una malattia socialmente invisibile, che nessuno nota, come puo' essere poi possibile curarla? E infatti uno psichiatra ha detto, in uno dei tanti talk-show televisivi: la scienza medica non puo' nulla (smentito, in seguito, da altri suoi colleghi). Da parte sua, Francesco La Licata sulla "Stampa" sostiene che forse fu uno sbaglio, ai tempi del Circeo, condannare Izzo all'ergastolo invece che al manicomio criminale. Ma l'ipotesi dell'infermita' mentale, scrive, poteva apparire come un tentativo di "graziare" lo stupratore-assassino, e l'opinione pubblica era dalla parte delle donne che chiedevano giustizia. Le donne, per la verita', tutte le donne che affollavano l'aula del tribunale di Latina dove si teneva il processo, chiedevano una cosa molto precisa. Chiedevano, quelle donne, che lo stupro non fosse piu' un reato contro la morale, bensi' contro la persona. Una richiesta cosi' rivoluzionaria che ha trovato applicazione di legge soltanto nel 1996. Come dire: appena ieri. Come dire: forse ancora Achille ha bisogno dei Mirmidoni. 6. APPELLI. REFERENDUM: UN APPELLO DI RELIGIOSE, RELIGIOSI E LAICI [Da Ettore Masina (per contatti: e-mail: ettore at ettoremasina.it, sito: www.ettoremasina.it) e da molte altre persone amiche riceviamo il seguente "Appello di religiose, religiosi e laici per il rispetto della sacralita' della coscienza in occasione del referendum del 12 e 13 giugno per la modifica della legge 40/2004 (sulla procreazione medicalmente assistita)". Volentieri lo diffondiamo invitando le persone che ne condividano presupposti ideali e punti di vista ad aderire ad esso attraverso la benemerita agenzia di stampa "Adista" (sito: www.adista.it)] "Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d'oggi, dei poveri soprattutto e di coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla vi e' di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore". Non e' forzato, per noi e per molti cristiani, di fronte al referendum sulla procreazione assistita questo riferimento alle parole iniziali della Costituzione pastorale sulla Chiesa promulgata "a perpetua memoria" dal Concilio. Perche' questa partecipazione in solido alla condizione umana porta necessariamente a partecipare anche alla trasversalita' interna a ognuna delle aggregazioni che si creano in base a contrastanti opinioni e opzioni politiche attinenti direttamente all'etica. Non si pone qui la questione di coalizzarsi in un solo schieramento. Compito dei vescovi e' indicare valori, non imporre ai credenti scelte che competono alla coscienza e alla fede di ognuno. Ne va della autenticita' e credibilita' della loro solidarieta' umana. Il cristianesimo non e' mai stato solo potere e lotta fra poteri. Il Vangelo e la profezia hanno incessantemente animato la crescita dell'umanita' lungo l'asse dei valori democratici, fra cui il primato della coscienza, il pluralismo, l'etica della responsabilita'. Che dire allora di questa chiamata all'ubbidienza verso l'autorita' e all'appartenenza ecclesiale in occasione del referendum? Che ne e' del primato della coscienza, che ne e' del pluralismo, che ne e' dell'etica della responsabilita'? Che ne e' della lettera e dello spirito del Concilio? Vogliamo rileggere la magnifica apertura della "Costituzione dogmatica sulla Chiesa"? Il Concilio si serve di parole antiche, citando cioe' il profeta Geremia e l'apostolo Paolo, per dire la parola nuova quasi rivoluzionaria che tanti, compreso in primo luogo Papa Giovanni, si aspettavano da tempo: "Ecco venir giorni (parola del Signore) nei quali stringero' con Israele e con Giuda un patto nuovo... Porro' la mia legge nei loro cuori e nelle loro menti l'imprimero'; essi mi avranno per Dio e io li avre' per mio popolo... Tutti essi, piccoli e grandi, mi riconosceranno, dice il Signore" (Geremia 31, 31-34). "Cristo istitui' questo nuovo patto, cioe' la nuova alleanza nel suo sangue" (cfr. I Cor. II, 25). Questo e' scritto nel documento conciliare fondamentale. Se tutti hanno impressa nella loro mente e nel loro cuore la legge di Dio perche' non dare fiducia agli uomini e alle donne? Perche' non affidare la ricerca delle soluzioni piu' giuste al contesto della partecipazione democratica in cui coscienze responsabili si confrontano e infine trovano mediazioni politiche? Perche' forzare le coscienze col principio di autorita' per fare un fronte politico contrappositivo? Si obbietta da parte dei vertici ecclesiastici che "I parlamenti che approvano e promulgano simili leggi (quelle che legalizzano l'aborto, ndr) devono essere consapevoli di spingersi oltre le proprie competenze e di porsi in palese conflitto con la Legge di Dio e con la legge di natura" (Giovanni Paolo II, Memoria e identita'). E' vero che la democrazia non e' esente da errori, da ingiustizie e da misfatti anche gravi. La guerra preventiva, ma si puo' dire la guerra senza aggettivi, e' un esempio attuale eclatante che brucia a due anni dall'inizio della guerra contro l'Iraq. Ma la soluzione e' il principio di autorita'? Quando l'autorita' ecclesiastica gestiva, direttamente o indirettamente, il potere civile non ha forse commesso gli stessi errori e misfatti e massacri? No, la soluzione al problema del rapporto fra la legge umana imperfetta e la legge divina perfetta non e' l'appello al principio di autorita', non e' il ritorno al primato dell'appartenenza, non e' un nuovo intruppamento dietro il potere che si fa scudo di Dio. La risposta e' quella di Gesu': la profezia disarmata, la testimonianza che rifiuta il potere e che allontana da se' la tentazione stessa del potere. Lo indica bene l'apostolo Paolo in una sua lettera: "(Gesu') pur essendo di natura divina, non considero' un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spoglio' se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, umilio' se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce". * Seguono, come prime adesioni, centinaia di firme di religiose, religiosi e laici. 7. ESPERIENZE. SERVIZIO CIVILE VOLONTARIO AL MOVIMENTO NONVIOLENTO [Dal sito del Movimento nonviolento (www.nonviolenti.org) riprendiamo e diffondiamo] Nell'ambito del progetto "Comunicare la nonviolenza" del Movimento nonviolento, sara' possibile effettuare il servizio civile volontario presso la Casa per la Nonviolenza, in via Spagna 8, a Verona, sede nazionale del Movimento nonviolento e della rivista "Azione nonviolenta", e presso le sedi di Livorno e di Brescia. Il progetto prevede l'impiego di 10 volontari/e in servizio civile. I giovani interessati potranno scaricare la modulistica dal sito www.serviziocivile.it, compilarla correttamente e consegnarla firmata. La presentazione delle domande dovra' avvenire entro e non oltre il primo giugno 2005. Pertanto tutte le persone interessate sono invitate a prendere contatto con l'associazione e possono visionare il progetto direttamente dal nostro sito www.nonviolenti.org Il servizio civile volontario e' rivolto a ragazze e ragazzi con eta' compresa tra i 18 e i 28 anni con interesse a concretizzare il proprio impegno nell'ambito del lavoro culturale per la pace e la nonviolenza. Il servizio civile offre l'occasione di ricerche, studi, corsi di formazione, come crescita personale e lavorativa all'interno di una associazione culturale. Le attivita' da svolgere riguarderanno: - gestione della biblioteca della nonviolenza (catalogazione libri e riviste); - sensibilizzazione e promozione di eventi culturali sulle tematiche della pace; - attivita' di segreteria e di gestione all'interno dell'associazione; - organizzazione di mostre, fiere, incontri culturali; - lavoro di ricerca e approfondimento sulle tematiche della nonviolenza; - partecipazione al lavoro redazionale e promozionale della rivista "Azione nonviolenta". L'impegno richiesto e' di 12 mesi per 25 ore settimanali, e prevede un rimborso spese di 433 euro mensili finanziato dall'Ufficio nazionale per il servizio civile. Il progetto avra' inizio presumibilmente nel mese di ottobre 2005. Il bando di concorso e' disponibile sul sito dell'Ufficio nazionale per il servizio civile: www.serviziocivile.it Per ulteriori informazioni e contatti: Movimento nonviolento, via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, e-mail: azionenonviolenta at sis.it, sito: www.nonviolenti.org 8. LIBRI. SANDRO MEZZADRA: STUDI POSTCOLONIALI [Dal quotidiano "Il manifesto" del 18 maggio 2005. Sandro Mezzadra insegna storia del pensiero politico contemporaneo e Studi coloniali e postcoloniali al'Universita' di Bologna, e' membro della redazione di "Filosofia politica" e di "Scienza & Politica"; i suoi principali argomenti di ricerca sono la storia delle scienze dello Stato e del diritto in Germania tra Otto e Novecento, la storia del marxismo, la teoria critica della politica: globalizzazione, cittadinanza, movimenti migratori, studi postcoloniali. Pubblicazioni principali: von Treitschke, La liberta', Torino 1997 (cura e introduzione); La costituzione del sociale. Il pensiero politico e giuridico di Hugo Preuss, Bologna 1999; Diritto di fuga. Migrazioni, cittadinanza, globalizzazione, Verona 2001; Marx, Antologia di scritti politici, Roma 2002 (cura e introduzione, con Maurizio Ricciardi); Marshall, Cittadinanza e classe sociale, Roma-Bari 2002 (cura e introduzione). Robert Young, docente di inglese e teoria critica all'Universita' di Oxford e al Wadham College di Oxford, e' considerato uno dei maggiori studiosi di studi postcoloniali inglese. Oltre a Introduzione al postcolonialismo (Meltemi), recensito in questo articolo, ha pubblicato anche Colonial Desire: Hybridity in Culture, Theory and Race, ed e' direttore della rivista "Interventions: International Journal of Postcolonial Studies". Miguel Mellino, studioso argentino da tempo residente in Italia, e' autore del recente La critica postcoloniale, sempre presso Meltemi] "Siete mai stati l'unica persona del vostro colore o della vostra etnia all'interno di un grande gruppo o di un assembramento di persone?". Comincia con questa domanda l'Introduzione al postcolonialismo di Robert J. C. Young, uscita in questi giorni in traduzione italiana (Meltemi, pp. 169, euro 17). Mi e' difficile resistere a un ricordo personale: ho cominciato a leggere il libro di Young una mattina d'autunno di due anni fa, mentre - unico "bianco" - aspettavo la metropolitana in un'affollata stazione di Crown Heights, a Brooklyn. Nel mio provincialismo, era piu' o meno la prima volta che mi trovavo nella situazione a cui faceva riferimento Young. Nelle settimane trascorse a New York, la sua domanda mi e' risuonata a lungo in mente, rendendomi attento a cogliere particolari dello scenario metropolitano che altrimenti, forse, mi sarebbero sfuggiti. Il viaggio quotidiano verso Manhattan, con il progressivo "sbiancarsi" del treno, e' divenuto la mia principale fonte di esperienza e di conoscenza su quella "linea del colore" che organizza lo spazio pubblico statunitense, sulla sua inflessibilita' ma anche sui suoi paradossi: quando sul treno cominciavano a salire i brokers di Wall Street avevo l'impressione (o forse solo la speranza) che mi scambiassero per portoricano, e che dunque - assai piu' di quanto non mi sentissero prossimo al loro "colore" - mi associassero ai (pochi) "neri" con cui avevo cominciato il viaggio e che erano rimasti a bordo. Mentre quando, uscendo dall'upper west side, arrivavamo ad Harlem, tornavo a sentirmi irrimediabilmente "bianco". Mi pare in fondo una buona indicazione del modo in cui si puo' leggere il libro di Young: come una sorta di guida al mondo che abitiamo, ai suoi paradossi, alle sue ambivalenze (parola-chiave nel lessico dell'autore), alle tensioni e ai conflitti che lo caratterizzano. Si prenda per esempio lo splendido capitolo dedicato al rai: in poche pagine, Young racconta la storia di questo genere musicale, divenutoci familiare attraverso le canzoni di Cheb Khaled, rintraccia nel suo sviluppo una chiave per leggere la storia dell'Algeria dopo l'Indipendenza, scopre nelle sue melodie la memoria dei massacri coloniali e le disillusioni degli anni che seguirono l'epopea della guerra di liberazione. Ma individua anche nel carattere ibrido del rai le tracce di quello spazio transnazionale e transculturale al cui interno le lotte contro il colonialismo storicamente si svilupparono, in un rapporto di tensione con il nazionalismo che pure le caratterizzo', finendo per imprimere il proprio sigillo sui regimi politici che da quelle lotte nacquero. Sarebbe del resto illusorio (o, peggio, ideologico) limitarsi a fare apologia dell'ibridita' del rai: basta uno sguardo alle strategie di marketing adottate per la sua promozione nel variegato panorama della world music, centrate sulla celebrazione della "libera espressione individuale" dei cantanti rai e sulla loro rivolta contro la "tradizione", per ritrovarvi "l'emblema di una narrazione che l'Occidente vuole da sempre sentire sul destino delle altre culture". Per vedervi specchiata la realta' dei rapporti di potere che regolano gli stessi scambi culturali nel tempo della globalizzazione capitalistica. * Mitologie bianche Se si tiene conto della centralita' che il riferimento ai processi di ibridazione culturale occupa all'interno degli studi postcoloniali contemporanei, ben si comprende qual e' la posizione di Young di fronte a questo campo di studi, di cui e' del resto uno degli indiscussi protagonisti almeno a partire dalla pubblicazione nel 1990 di White Mythologies. Writing History and the West (Routledge): il riconoscimento dei caratteri di realta' dei fenomeni descritti dalla critica postcoloniale non e' mai disgiunto, nel suo lavoro, dal richiamo alla perdurante asperita' dei rapporti di dominio e di sfruttamento, che costituisce un sano antidoto alle derive estetizzanti e apologetiche da cui non sono immuni altri esponenti di quegli studi. Ma c'e' di piu': nella prospettiva di Young, come e' particolarmente chiaro in un altro suo importante volume (Postcolonialism. An Historical Introduction, Blackwell, 2001), parlare di postcolonialismo ha senso soltanto se si sottolinea il nesso strettissimo che, dal punto di vista storico cosi' come da quello concettuale, lo stringe alla complessa esperienza storica dell'anticolonialismo e alle eterogenee matrici teoriche al cui interno quella stessa esperienza e' stata elaborata. Senza semplificare troppo il ragionamento di Young, potremmo dire che a suo giudizio le lotte anticoloniali sono maturate all'interno di uno spazio di contaminazioni e di transiti concettuali, profondamente segnato da una continua opera di traduzione di paradigmi "occidentali" (in primis, il marxismo) in contesti radicalmente diversi rispetto a quelli in cui essi erano stati originariamente formulati. Questo patrimonio storico e teorico non tollera atteggiamenti linearmente e ingenuamente apologetici: il nostro rapporto con esso non puo' che svilupparsi a partire dalla tragica ambivalenza della decolonizzazione e dallo scacco che i piu' innovativi movimenti anticoloniali e antimperialisti hanno subito. Recuperarlo criticamente, tuttavia, e' a giudizio di Young il presupposto fondamentale perche' il postcolonialismo possa essere valorizzato come "nome generico per denominare i saperi subalterni insorgenti che provengono direttamente dai dannati della terra": come una delle bussole di un rinnovato pensiero critico "che agisce sul mondo per cercare di cambiare le categorie e i valori che orientano le nostre vite". * Doppia analisi Corredata di un ricco apparato iconografico, di facile e piacevole lettura, l'Introduzione al postcolonialismo di Robert Young e' quindi anche un'eccellente (e autorevole) esemplificazione di quella tendenza alla politicizzazione e alla radicalizzazione di una parte della critica postcoloniale che negli ultimi anni si e' andata chiaramente delineando. Nelle sue pagine, cosi', accanto a digressioni sugli scritti di Homi Bhabha e di Gayatri Spivak, si incontrano riferimenti alle lotte dei Sem terra in Brasile, ai movimenti contro le dighe nella Valle del Narmada e ai conflitti innescati dal femminismo in Tunisia. Da questo punto di vista, appare un'occasione particolarmente felice la contemporanea pubblicazione, sempre per i tipi della casa editrice Meltemi, di un altro volume pensato come introduzione alle problematiche del postcolonialismo, La critica postcoloniale. Decolonizzazione, postcolonialismo e cosmopolitismo nei postcolonial studies, di Miguel Mellino (pp. 215, euro 18,50). Diciamo subito che il libro di Mellino, studioso argentino da tempo residente in Italia, ha un taglio diverso da quello di Young, e' cioe' piu' attento alla ricostruzione delle molteplici matrici, teoriche e disciplinari, dalla cui "ibridazione" gli studi postcoloniali si sono venuti formando negli ultimi vent'anni all'interno delle accademie anglosassoni. In questo senso i due libri sono anzi complementari, e, presi insieme, costituiscono davvero la migliore introduzione alla teoria postcoloniale oggi disponibile per il pubblico italiano. Anche Mellino, in ogni caso, e' mosso nella sua ricostruzione da una preoccupazione essenzialmente politica: salvare il nucleo critico della teoria postcoloniale dalle derive spoliticizzanti prodotte dalle influenze postmoderniste e poststrutturaliste, e porre le condizioni per un nuovo dialogo tra postcolonialismo e marxismo. Particolarmente efficace risulta l'analisi di Mellino nel districare l'insieme di problemi, ancora una volta al tempo stesso teorici e politici, a cui fa riferimento il significato del prefisso "post" nel termine postcoloniale. E' una questione su cui si e' svolto un intenso dibattito all'inizio degli anni Novanta (non a caso dopo la prima guerra del Golfo) e che recentemente e' tornata d'attualita' nel contesto della guerra permanente al terrorismo. "Piu' che indicare una frattura o un distacco netto nei confronti del passato", scrive Mellino, il "post" "simboleggia la persistenza della condizione coloniale nel mondo globale contemporaneo". Aggiungerei: in una situazione in cui la pur evidente presenza di strategie e logiche a tutti gli effetti "neocoloniali" si inscrive tuttavia in un contesto profondamente mutato, in cui quelle strategie e quelle logiche, come mostrano in fondo le stesse drammatiche "ambivalenze" della situazione irachena, non riescono piu' a fare sistema. Mi spiego con un esempio: dopo la guerra di secessione, e dopo la breve stagione democratica che nella storia statunitense e' nota come "Ricostruzione", gli assetti di potere negli Stati del Sud si riorganizzarono anche attraverso l'imposizione di logiche di dominazione a tutti gli effetti "neo-schiavistiche". Il che da una parte non toglie che la condizione in quegli Stati fosse "post-schiavistica", mentre dall'altra vieta ogni uso apologetico di questa nozione. * Trasformazione I libri di Young e Mellino costituiscono contributi assai importanti al dibattito sul postcolonialismo, che anche in Italia si sta finalmente avviando. E non fatico a dichiarare la mia prossimita' alle intenzioni politiche che motivano i due lavori. Su un punto, tuttavia, tendo ad avere un'impostazione in qualche misura divergente, o forse semplicemente una diversita' di toni e di accenti: la politicizzazione e la radicalizzazione della critica postcoloniale che Young e Mellino propongono sembrano puntare essenzialmente sulla denuncia della persistente realta' di duri rapporti di dominio e sfruttamento, dei condizionamenti che le strutture "oggettive" (termine che ricorre spesso in particolare nel libro di Mellino) esercitano sulla "liberta'" dei soggetti. Si tratta di una "mossa" comprensibile, tenendo conto sia degli sviluppi teorici degli studi coloniali (che in effetti sembrano aver spesso sottovalutato l'analisi del potere) sia del cupo clima di guerra di questo inizio millennio. A me pare che, pur assunta la validita' di questi rilievi critici, sarebbe opportuno non perdere di vista il contributo che gli studi postcoloniali possono dare alla costruzione di una genealogia e di una fenomenologia dei soggetti su cui una teoria della trasformazione - diciamolo in termini enfatici: una teoria della liberazione - puo' fare perno nel nostro presente globale. Per dirla con una battuta: se e' auspicabile che gli studi postcoloniali si aprano a un confronto, a una contaminazione, con la tradizione marxista, e' altrettanto auspicabile che quest'ultima, soprattutto nella sua veste ortodossa e tradizionale, si lasci attraversare e modificare da alcune delle provocazioni che gli studi postcoloniali sono venuti accumulando negli ultimi anni. 9. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 10. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at inwind.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 935 del 20 maggio 2005 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione).
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