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La nonviolenza e' in cammino. 925
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 925
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Tue, 10 May 2005 00:28:01 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 925 del 10 maggio 2005 Sommario di questo numero: 1. Raissa Maritain: Liberare 2. Carlo Schenone: Modelli di difesa e Difesa civile non armata e nonviolenta (parte seconda e conclusiva) 3. La "Carta" del Movimento Nonviolento 4. Per saperne di piu' 1. POESIA E VERITA'. RAISSA MARITAIN: LIBERARE [Da Jacques e Raissa Maritain, Situazione della poesia, Morcelliana, Brescia 1979, p. 17. Raissa Maritain, nata Raissa Oumancoff a Rostov sul Don, il 31 agosto 1883; nel 1893 la famiglia si trasferisce a Parigi per sfuggire alle persecuzioni antiebraiche. Pensatrice, poetessa, mistica, e' stata la compagna e collaboratrice di Jacques Maritain. E' deceduta a Parigi il 4 novembre 1960. Opere di Raissa Maritain: tutti gli scritti di Raissa Maritain nella edizione definitiva in lingua originale si trovano nei volumi XIV e XV di Jacques e Raissa Maritain, Oeuvres Completes, Editions Universitaires, Fribourg - Editions Saint Paul, Paris, 1993-1995. Opere su Raissa Maritain: E. Bortone, Raissa Maritain, Libreria editrice salesiana, Roma 1972; M. A. La Barbera, Silenzio e parola in Raissa Maritain, Omnia editrice, Palermo 1980; J. Suther, Raissa Maritain, pilgrim, poet, exile, Fordham University Press, New York 1990; M. Zito, Gli anni di Meudon, Istituto Orientale di Napoli, Napoli 1990; AA. VV., Simone Weil e Raissa Maritain, L'Antologia, Napoli 1993; L. Grosso Garcia, El amor mas aca' del alma, Ediciones Ensayo, Caracas 1997] Il canto, la poesia cercano di liberare un'esperienza, una conoscenza sostanziale. 2. RIFLESSIONE. CARLO SCHENONE: MODELLI DI DIFESA E DIFESA CIVILE NON ARMATA E NONVIOLENTA (PARTE SECONDA E CONCLUSIVA) [Ringraziamo Carlo Schenone (per contatti: e-mail: schenone at arch.unige.it o anche schenone at email.it, sito: www.schenone.8k.com) per averci messo a disposizione questo suo studio, in una stesura ancora non definitiva. Per esigenze grafiche abbiamo omesso le frequenti tabelle riassuntive delle tipologie individuate e delle argomentazioni svolte - sintetizzandone tuttavia i contenuti in forma di discorso continuato quando esse tabelle apportavano elementi analitici ed interpretativi non del tutto gia' descritte nel testo. Carlo Schenone e' da molti anni a Genova una delle figure piu' impegnate nella riflessione sulla nonviolenza e nella pratica di essa nei movimenti e nei conflitti sociali, particolarmente attivo nella formazione; con una lunga, ampia e qualificata esperienza sia di impegno politico e sociale di base, sia di rappresentanza nelle istituzioni, sia di intervento meditato e propositivo nelle sedi organizzative e di coordinamento, di dibattito e decisionali, dei movimenti per i diritti] Strutture dei modelli di difesa Per rispondere all'esigenza di difesa da minacce umane volontarie ci possono essere vari modelli di difesa: ne diamo un elenco, molto schematico, che puo' facilitare un comprensione. - Difesa nucleare: le potenze nucleari ufficiali e gli altri paesi forniti di armi nucleari hanno difese di questo tipo. Non e' il caso dell'Italia, almeno ufficialmente, perche', ospitando armi nucleari altrui, potrebbe rientrare ugualmente in questo modello. - Difesa d'attacco militare: e' quella adottata dall'Italia, che e' dotata di armi tipicamente d'attacco, come i Tornado o le portaerei. - Difesa "difensiva" militare: altri paesi, seppure teoricamente, la adottano. Sia la struttura interna dell'organizzazione, sia l'armamento adottato hanno una impostazione di tipo difensivo, non sono tese a portare il colpo all'esterno ma a contrastare un attacco proveniente dall'esterno. - Difesa civile armata: come la guerriglia o forme piu' organizzate, come in Svizzera, dove e' integrata col precedente modello di difesa. - Difesa civile non armata e nonviolenta: si puo' distinguere tra quella realmente nonviolenta e quella semplicemente non armata. La modalita' di attuazione e' la medesima per entrambe, cio' che cambia e' l'impostazione etica di chi vi partecipa. Non vi saranno quindi differenze notevoli riguardo alle scelte ma piuttosto riguardo alle motivazioni che vi hanno portato Per questo motivo le si puo' unire in una unica categoria. Alcuni di questi modelli possono integrarsi. Oltre all'integrazione di tipi diversi di difesa militare, si puo' prevedere un modello che integri la difesa armata con la difesa non armata. Cio' puo' creare notevoli problemi derivanti da contraddizioni di approccio che possono inficiare alcuni meccanismi di difesa di entrambe i modelli. Quindi il modo in cui una popolazione puo' difendersi e' estremamente vario ed ha motivazioni di tipo sociale, politico, culturale ed economico. Con una schematizzazione molto sintetica, si possono osservare le seguenti caratteristiche dei diversi modelli di difesa. Per quanto riguarda la difesa nucleare, di negativo c'e' il fatto che minaccia l'esistenza globale, sia di chi attacca che di chi e' attaccato e quindi ha come contropartita che e' fondamentalmente incontrollabile. E' un modello di difesa totalmente distruttivo e l'unica cosa su cui si basa e' la deterrenza. Tutti sono coscienti che un volta utilizzato sarebbe distruttivo per chiunque, quindi non e' un modello di "difesa". La difesa militare d'attacco evita la minaccia all'esistenza globale, anche se, portata all'estremo, potrebbe anche arrivare a tanto. In ogni caso rimane il fatto che minaccia l'avversario, di conseguenza ne aumenta l'insicurezza e quindi quella di tutto lo scenario, e l'eccesso di paura e di insicurezza potrebbe anche portare a scatenare l'attacco. La difesa militare difensiva, se evita la minaccia, conserva la caratteristica di non essere sufficientemente democratica, essendo strettamente gerarchica e centralizzata e riservando il potere di difesa a pochi. La difesa popolare armata rispetto a quella precedente ha il vantaggio di poter essere democratica ma in ogni caso e' destabilizzante perche' ci sono strutture di potere armate, quindi puo' creare centri di potere molto forti che possono destabilizzare dall'interno il paese, distrugge ed uccide, quindi conserva tutti i problemi riguardo al fatto che non difende le ricchezze, la vita e il benessere. In questo contesto possono rientrare le forme di terrorismo piu' o meno controllato ed integrato in strutture militari al fine di destabilizzare chi attacca sul territorio attaccato o invece nei loro territori. Di tutti questi modelli di difesa la ifesa civile non armata e nonviolenta (in sigla: Dcnan) conserva alcuni svantaggi: come tutti gli altri modelli di difesa non riesce a difendere direttamente da un attacco nucleare e non evita la sconfitta pur riducendone sensibilmente i danni. Tutti questi modelli, compresa la Dcnan, basano molto della loro forza, nel caso della difesa nucleare all'estremo, sul loro potere deterrente, cioe' evitare che l'avversario attacchi perche' non gli conviene o perche' impaurito dalle conseguenze. Per la Dcnan tale deterrenza deriva dalla impossibilita' di sfruttare la sconfitta da parte dell'avversario per la non collaborazione. Tale deterrenza riduce la propria forza soprattutto se cio' che interessa all'avversario e' di impossessarsi di beni territoriali, materie prime o spazi, ma anche in questo caso la non collaborazione organizzata rende difficile e molto oneroso lo sfruttamento delle conquiste. La Dcnan, pero', ha alcuni vantaggi assenti negli altri modelli. Uno e' che ha valore inibente: al momento dell'attacco, nel caso la deterrenza fallisse, inibisce lo scontro tendendo a ridurne il livello, mentre gli altri modelli fanno scatenare all'estremo livello lo scontro. Cio' ha come effetto conseguente che la Dcnan riduce il dolore e la distruzione una volta che il conflitto esplode e che la minaccia si attua. Un altro fattore positivo e' che ha un valore stabilizzante interno, nel senso che una volta che viene adottata come modello di difesa, la sua predisposizione ed attuazione porta la societa' ad essere in uno stato sempre piu' stabile perche' le forze interne tendono alla coesione invece che alla disgregazione. Questo in effetti puo' essere un fattore di freno per giungere alla sua adozione completa essendo deleteria per tutte le forze che possono approfittare degli altri modelli di difesa. * Confronto tra struttura gerarchica e struttura reticolare Da un punto organizzativo la struttura della Dcnan richiede delle caratteristiche abbastanza diverse dagli altri modelli di difesa. La prima differenza e' il tipo di struttura decisionale. Se tutti i modelli militari hanno intrinsecamente una struttura gerarchica, i modelli civili di difesa, armata e non armata, possono anche adottare un processo decisionale di tipo gerarchico, ma cio', oltre a contraddire in buona parte certi assunti di partenza come la democraticita' del modello, non sfrutta in positivo la possibilita' di adottare un diverso processo decisionale che non sia facilmente decapitabile, intrinsecamente rigido ma al contrario sfrutti in pieno la possibilita' di azione autonoma, di differenziare la risposta, di adattabilita' ai contesti rapidamente modificabili. Il grosso vantaggio di una struttura gerarchica rispetto ad una organizzazione non strutturata e' soprattutto relativo all'efficienza che molte volte non corrisponde pero' ad efficacia. Una struttura reticolare opportunamente studiata e condivisa, pur non rinunciando all'efficacia consente di sfruttare tutti i vantaggi dell'abbandono della piramide gerarchica. Partendo dalle scelte indicate in precedenza, infatti, la struttura dovra' contare necessariamente sulla partecipazione collettiva decentrata anche per ridurre il rischio di abusi di potere. * Modelli organizzativi misti Al momento attuale sono attivi modelli diversi per minacce diverse con una limitata interazione tra essi. In una visione unitaria della difesa collettiva ci sarebbe una integrazione strutturale in cui parti diverse andrebbero ad integrarsi. Almeno in una fase transitoria, sarebbe necessario ipotizzare modelli di difesa misti in cui si affiancano strutture di tipo diverso. Il processo di integrazione incrementale avverrebbe senza una immediata smobilitazione dei modelli di difesa attuali anche per rispettare la richiesta di difesa proveniente da chi non si accontenta di contare sulla capacita' di autodifesa delle persone. Si verrebbero percio' ad affiancare due strutture di difesa autonome ugualmente attive ma non integrate se non per parti. Questo puo' portare ad un ridondanza di risorse impiegate ma permette di arrivare a trasformazioni che non possono essere immediate. Questa fase puo' anche diventare strutturale, soprattutto nel caso in cui non e' possibile arrivare a scelte collettive unanimemente o almeno ampiamente condivise. Nella letteratura relativa alla Difesa Popolare Nonviolenta, relativamente alla difesa da minacce volontarie esterne, questa fase prende il nome di transarmo. L'affiancamento potrebbe anche essere concepito come una vera e propria integrazione di modelli diversi ma cio' di solito porta ad uno snaturamento dei principi di fondo di alcuni di essi. Per esempio una Dcnan integrata con una difesa militare armata renderebbe meno etica e credibile la prima, e quindi piu' vulnerabile e meno efficace, e potrebbe indebolire la struttura gerarchica della seconda. * La strutture difensive attuali Dato che un modello di difesa, perche' possa concretamente realizzarsi, non puo' prescindere dalla realta' in cui va ad inserirsi, diventa importante riconoscere le strutture che gia' attualmente si prendono carico di alcuni aspetti della difesa. In effetti e' cio' che e' avvenuto anche in passato con una continua trasformazione dei modelli ed un conseguente adattamento delle strutture esistenti. Nel caso del modello di Dcnan, pero', piu' che l'evoluzione di un dato modello, si tratterebbe di concepire ed attuare un nuovo modello che sviluppi e integri alcune delle strutture attualmente utilizzate in altri modelli in una sovrastruttura basata su criteri originali. L'esistente, quindi, implicherebbe un condizionamento limitato alla necessita' di "riconvertire" le strutture che non troverebbero posto nella Dcnan. Per il resto l'esistente sarebbe solo una risorsa a cui attingere per svolgere i compiti che si intende affidare al modello di difesa. Vediamo brevemente alcuni degli enti che attualmente si prendono carico di aspetti della difesa della collettivita'. Alti enti potrebbero essere elencati piu' in dettaglio, ma questo elenco ha soprattutto lo scopo di evidenziare i piu' significativi e di presentare diverse tipologie di modelli adottati in contesti diversi. * Ministero della Difesa (Esercito, Marina e Aviazione) Evidentemente e' uno degli enti attualmente coinvolti nel compito di difesa. Attualmente si interessa quasi esclusivamente della difesa da minacce volontarie esterne al territorio e all'economia nazionali tramite una struttura militare di attacco composta da pochi elementi professionali. Fa eccezione il Corpo dei Carabinieri che ha, oltre ai compiti di polizia militare, anche diversi compiti analoghi a quelli svolti dalle altre forze di Polizia. * Ministero dell'Interno, Economia, Difesa (Carabinieri), Giustizia La difesa della popolazione e piu' in generale del territorio nelle sue strutture economiche e produttive da minacce interne e' assegnata attualmente a diversi ministeri tramite le diverse forze di polizia. In Italia, a livello nazionale, le forze impegnate in questi compiti sono legate ai tre Ministeri dell'Interno (Polizia), dell'Economia (Guardia di Finanza) e della Difesa (Carabinieri). Anche queste strutture hanno una struttura militare gerarchicamente ordinata (per quanto la Polizia sia stata demilitarizzata per quanto riguarda non tanto la struttura ma l'ordinamento giuridico). Legato al Ministero dell'Interno c'e' poi il Corpo dei Vigili del Fuoco che per ora non e' ancora completamente assimilabile al Dipartimento di Protezione Civile anche se ne e' struttura portante. Peraltro al momento attuale e' in corso una militarizzazione del corpo, in maniera da integrarlo strutturalmente in un modello di difesa gerarchico, per l'impiego in caso di attacchi terroristici. Non si puo' trascurare che anche i sistemi giudiziario e penitenziario possono rientrare nella struttura difensiva da minacce interne, anche se con notevoli differenze, soprattutto per quanto riguarda la non subordinazione o integrazione con le altre strutture di difesa stabilita dalla separazione costituzionale dei poteri. Il sistema giudiziario sembra quindi piu' opportuno collocarlo piu' come sovrastruttura o piu' propriamente come struttura parallela rispetto non solo alle strutture di difesa ma piu' in generale ai modelli stessi. Le forze di polizia con il sistema giudiziario sarebbero anche incaricate della difesa dalla degenerazione e corruzione del sistema, se non altro non valicando i limiti stabiliti dalla separazione dal potere politico. * Ministero della Salute Difficilmente il Sistema Sanitario Nazionale viene percepito come sistema di difesa, probabilmente per il semplice fatto di non essere strutturato gerarchicamente ma piu' generalmente in maniera decentrata e almeno parzialmente partecipata. Eppure e' evidentemente una struttura di difesa delle persone da minacce naturali come le malattie o, in caso di incidenti o attentati, da minacce umane sia involontarie che volontarie. Se per le minacce umane tale difesa e' legata soprattutto al dopo emergenza, per le malattie il sistema si interessa, o si dovrebbe interessare, non solo della fase di emergenza ma anche della prevenzione. La struttura impiega dei professionisti e dei centri operativi stabili come le strutture ospedaliere ma in fase di emergenza vengono attivate le capacita' di autodifesa delle persone e sicuramente non e' da trascurare la difesa culturale costituita dall'educazione sanitaria scolastica che, nel rispetto di tradizioni e usanze, previene il diffondere di malattie. Tale struttura ha gia' una forma inizialmente decentrata, integrando realta' molto diverse impostate su base regionale e sub-regionale. Gia' nei sistemi di difesa militare attuali, peraltro, sono integrate delle strutture sanitarie organizzate in maniera rigorosamente gerarchica concepite quasi esclusivamente per la difesa dei combattenti. In Italia tale compito e' svolto dalla Croce Rossa. Il fatto che venga mantenuta tale duplicazione non deve stupire perche' testimonia la difficolta' a integrare strutture gerarchiche e strutture partecipate come sarebbe il caso si tentasse di integrare la Difesa militare e la Dcnan. * Dipartimento di Protezione Civile Il Dipartimento per la Protezione Civile adotta ancora un altro modello: infatti non ha personale specifico per affrontare l'emergenza ma si prende cura di organizzare la mobilitazione di volontari e corpi specializzati fornendo parzialmente attrezzature e materiale. In un'ottica militare potrebbe essere definito un esercito di generali che in caso di guerra inquadrano truppe autonome. L'attenzione della Protezione Civile fondamentalmente per le minacce involontarie e naturali, si interessa parzialmente della fase preventiva soprattutto nel censimento delle risorse disponibili e dei pericoli sul territorio, e principalmente della fase dell'emergenza e del recupero. Il soggetto che intende difendere sono sia le persone che il territorio nelle sue accezioni piu' materiali, come edifici, anche produttivi, e infrastrutture. * Ministero degli Affari Esteri Da un certo punto di vista questo ministero dovrebbe essere uno tra i piu' coinvolti nell'affrontare minacce volontarie esterne. Purtroppo il suo coinvolgimento e' sempre limitato alla fase di prevenzione ma raramente riesce a farsi valere nella fase di emergenza. Cio' avviene solo con un limitato appoggio ad organizzazioni volontarie che intervengono autonomamente nelle zone di conflitto. Il tipo di intervento e' generalmente di mediazione ma si puo' integrare con minacce armate mentre ben raramente si sviluppa con azioni dirette nonviolente. Il numero di persone addette e' molto limitato ma utilizza realta' esterne tramite il finanziamento di interventi specifici. * Enti locali Gli Enti locali hanno diversi settori le cui attivita' ricadono nell'ambito della difesa. Un primo esempio piu' evidente sono le Polizie Locali che hanno anche compiti di intervento per la risoluzione di conflitti. In tal caso la modalita' di intervento e' di tipo armato anche se non propriamente militare, anche in caso di emergenza ma principalmente in fase preventiva, con personale stabile in numero limitato per la difesa di persone e del territorio, anche da un punto di vista piu' generalmente ambientali e di igiene. Gli Enti Regionali hanno anche altri compiti nell'ambito della difesa sanitaria, integrandosi, come detto, nel Sistema Sanitario Nazionale. * Agenzie Regionali per l'Ambiente Pur facendo riferimento al Ministero dell'Ambiente le Agenzie Regionali Per l'Ambiente sono realta' completamente autonome. Piu' che una rete di Enti sono una costellazione di enti autonomi che hanno interazione solo per alcuni aspetti legati alle caratteristiche del territorio. Collaborano esclusivamente in contesti come i bacini fluviali che coinvolgono piu' regioni. Il personale e' limitatissimo e l'azione e' solo preventiva e di controllo. Si interessano esclusivamente della difesa del territorio da un punto di vista ambientale e le minacce di cui si prendono cura sono quasi esclusivamente minacce umane involontarie. * Associazioni di volontariato e Organizzazioni non governative (Ong) Alcune associazioni sono decisamente riconoscibili come coinvolte nella difesa, dalla Pubbliche Assistenze ai corpi volontari di pompieri, alle associazioni per la Protezione Civile. Molte altre Associazioni ed Organizzazioni si dedicano alla difesa in modalita' diverse ma molte volte non riconosciute. Un esempio molto significativo sono le Ong che effettuano interventi di supporto e interposizione in conflitti all'estero. La loro struttura e' decisamente autonoma ma in diversi casi gli interventi avvengono col supporto economico e, in parte, diplomatico del Ministero degli Affari Esteri. In alcune occasioni si sono coordinate autonomamente per interventi congiunti come, per esempio, per le iniziative di interposizione che hanno fermato per alcuni giorni le ostilita' durante la guerra balcanica, che hanno testimoniato la fattibilita' di interventi non armati anche all'interno di aspri conflitti armati, ma la limitata disponibilita' di risorse non ha permesso una continuita' dell'intervento. Il loro intervento e' il piu' ad ampio spettro, coinvolgendo le minacce volontarie interne, come le associazioni antimafia, le minacce umane involontarie o naturali come le Pubbliche Assistenze, le Associazioni di Protezione Civile o le Associazioni come gli scout o l'Associazione Nazionale Alpini. La loro attenzione e' rivolta sicuramente alla popolazione ma anche al territorio in tutti i suoi aspetti materiali e culturali. Intervengono sia nella fase di prevenzione, soprattutto con una azione culturale ma anche diretta come nel caso della manutenzione dei sentieri, sia nella fase di emergenza, sia in quella di recupero, per esempio gestendo i campi per sinistrati. Sono la base di una qualsiasi forma di Dcnan che dovrebbe provvedere ad una integrazione della loro opera e ad un supporto nella loro attivita'. * Ufficio nazionale per il servizio civile (Unsc) Tra gli altri Enti coinvolti nella difesa non puo' mancare l'Ufficio Nazionale per il Servizio Civile (in sigla: Unsc). I motivi sono diversi. Il primo e' di tipo legislativo. Dato che il Servizio Civile, anche dopo la cessazione della leva militare obbligatoria e la trasformazione del Servizio Civile da alternativa al servizio militare a Servizio Civile Nazionale, la legislazione mantiene ad esso il compito di partecipare al "sacro dovere di difesa della Patria", inevitabilmente l'Unsc, che sovrintende a tale Servizio Civile rientra a tutti gli effetti tra quelli a cui e' in carico la difesa. Anzi, in questa fase di strutturazione, e' importante che l'Unsc prenda le forme necessarie ad attuare il modello di difesa che si intende adottare per la Dcnan. Al momento attuale, non avendo ancora configurato il servizio di Dcnan, l'Unsc partecipa alla difesa solo in quanto referente per molte realta' associative ed enti che "fanno difesa" tramite i ragazzi e le ragazze in Servizio Civile. In effetti il modello che adotta attualmente e' un forma embrionale di quello descritto in precedenza per l'attuazione della Dcnan, essendo una struttura di coordinamento di realta' che al momento dell'emergenza possono essere mobilitate per cooperare nella difesa da qualsiasi tipo di minaccia. Non ha forma gerarchica, anche se ha gia' una forma burocratica che, se ripetuta in maniera decentrata, contraddirebbe la struttura reticolare utile a coordinare la difesa. Sicuramente non e' una forma di difesa armata e viene anche coinvolta, tramite i giovani in servizio civile, in tutte le fasi della difesa. * Relazione tra Dcnan e altre strutture di difesa Per riuscire ora a capire come funziona la Dcnan e quale e' la sua chiave di volta e' importante capire innanzi tutto da dove viene il potere, su cosa si basa: l'importanza del consenso. E qui si riporta un testo che puo' chiarirlo in maniera poetica: "Il primo asteroide era abitato da un re. Il re, vestito di porpora e d'ermellino, sedeva su un trono molto semplice e nello stesso tempo maestoso... Il piccolo principe era molto stupito. Il pianeta era piccolissimo e allora su che cosa il re poteva regnare? 'Sire', gli disse, 'scusatemi se vi interrogo...', 'Ti ordino di interrogarmi, si affretto' a rispondere il re. 'Sire, su che cosa regnate?', 'Su tutto', rispose il re con grande semplicita'. ... 'E le stelle vi ubbidiscono?', 'Certamente', gli disse il re. 'Mi ubbidiscono immediatamente. Non tollero l'indisciplina'... 'Vorrei tanto vedere un tramonto... Fatemi questo piacere... Ordinate al sole di tramontare...', 'Se ordinassi a un generale di volare da un fiore all'altro come una farfalla, o di scrivere una tragedia, o di trasformarsi in un uccello marino; e se il generale non eseguisse l'ordine ricevuto, chi avrebbe torto, lui o io?', 'L'avreste voi', disse con fermezza il piccolo principe. 'Esatto. Bisogna esigere da ciascuno quello che ciascuno puo' dare', continuo' il re. 'L'autorita' riposa, prima di tutto, sulla ragione. Se tu ordini al tuo popolo di andare a gettarsi in mare, fara' la rivoluzione. Ho diritto di esigere l'ubbidienza perche' i miei ordini sono ragionevoli'... 'Non ho piu' niente da fare qui', disse al re 'Me ne vado'... 'No', disse il re. Ma il piccolo principe che aveva finiti i suoi preparativi di partenza, non voleva dare un dolore al vecchio monarca: 'Se vostra maesta' desidera essere ubbidito puntualmente, puo' darmi un ordine ragionevole. Potrebbe ordinarmi, per esempio, di partire prima che sia passato un minuto. Mi pare che le condizioni siano favorevoli...'. E siccome il re non rispondeva, il piccolo principe esito' un momento e poi con un sospiro se ne parti'. 'Ti nomino mio ambasciatore', si affretto' a gridargli appresso il re. Aveva un'aria di grande autorita'". (dal Piccolo principe, di A. de Saint-Exupery). Questo brano puo' aiutare a far riflettere sul consenso: se qualcuno da' un ordine, questo viene eseguto perche' fondamentalmente quell'ordine viene ritenuto "ragionevole" e, quindi, se viene eseguito un ordine "sbagliato" e' perche', nel profondo, viene riteniamo ragionevole. Cio' puo' anche avvenire perche' fa paura e quindi, ritenendo ragionevole superare tale paura, l'ordine viene eseguito. Ogni potere si basa fondamentalmente sul consenso di chi riceve gli ordini, sulla sua disponibilita' ad eseguire l'ordine ricevuto. In altre parole, si affida il proprio potere a qualcun altro nella misura in cui si sceglie di essere disponibili ad eseguire i suo i ordini. In ogni caso alla fine la scelta, la decisione, rimane a chi compie gli atti. Anche la Dcnan si basa su tale meccanismo. Anche in questo caso diventa determinante la capacita' delle persone di conservare per se' il potere rifiutando il consenso, nel caso in cui si esiga da parte del potere, a cui e' stato affidato momentaneamente il compito di scegliere per tutti, qualcosa di non accettabile, di negativo. Per questo motivo la Dcnan riesce a togliere il potere a chi lo detiene: chi ha il potere lo ha perche' gli viene affidato, o lasciato, e smette di averlo se gli si nega il consenso. Per questo motivo un modello di Dcnan non puo' integrarsi con un modello di tipo gerarchico che come punto cardine di funzionamento prevede che chi vi partecipa rinunci incondizionatamente al proprio potere di scelta. Al massimo potra' affiancarsi ad esso, assumendosi pienamente tutti i compiti che l'altro intende svolgere. Cio' ovviamente richiede un maggiore impiego di risorse anche se e' possibile progettare una fase di transazione che permetta di ridurre al minimo tale ridondanza senza ridurre il livello di difesa. * Integrazione o affiancamento: il "transarmo" Per quanto riguarda la Dcnan, ci sono due approcci strutturali che determinano scelte diverse nel suo cammino di strutturazione. Nel primo approccio la Dcnan andrebbe ad integrarsi con la difesa militare invece di andare a sostituirla ma, come si diceva, questo porterebbe ad un modello misto di dubbia efficacia e sicuramente di dubbia correttezza etica per chi opta per una difesa non armata su basi etiche. Il secondo approccio ha a sua volta due alternative per arrivare a compimento del processo di strutturazione. La prima alternativa prevede di far crescere la Dcnan e quando questa raggiunge un livello sufficiente alto, si procede a riconvertire la difesa militare armata. La seconda, partendo da un alto livello di difesa armata, la riconverte progressivamente e contemporaneamente fa crescere gradualmente la Dcnan, affiancando per ambiti diversi quindi i due modelli pur senza integrarli. Questa ultima alternativa, che nella letteratura sulla Difesa Popolare Nonviolenta prende il nome di "transarmo", e' preferibile perche' non richiede l'integrazione delle due difese; il livello di sicurezza e' costante (dal punto di vista generale del cittadino normale) perche' non c'e' la paura di sentirsi indifeso. Il problemi principale del passaggio dalla difesa militare armata alla Dcnan e' quello dell'eliminazione e riconversione sia dell'industria bellica nazionale che delle forze armate. Non possono essere ignorate le necessita' di tutte le persone impiegate stabilmente in tali attivita'. Per quanto si ritengano tali attivita' non accettabili, e forse quanto piu' cio' avvenga, diventa necessario, affinche' il processo di passaggio ad una Dcnan ci concretizzi, tenere conto della riconversione al civile delle produzioni e delle professionalita'. Come insegnano le esperienze di riconversione dell'industria bellica, in alcuni casi la riconversione oltre che doverosa diventa anche vantaggiosa e auspicabile perche' da' a chi vi e' impiegato una maggiore stabilita' e a volte anche una maggiore redditivita'. In alcuni casi pero' tale processo di riconversione, soprattutto per alcune professionalita', e' piu' problematico, e su questo e' necessario impegnare risorse di studio. Un altro ostacolo al processo di riconversione verso una Dcnan deriva dal fatto che la maggiore democrazia che strutturerebbe nel paese potrebbe essere avversata dalle forze interne che potrebbero diventare proprio l'oggetto della difesa da minacce volontarie interne. Questo richiede una attenzione che non renda vano tutto il lavoro, principalmente levando consenso a tali forze interne con un percorso culturale ed educativo che levi forza a questo tipo di ostacolo e consenta di instaurare una difesa da minacce interne che eviti il suo risorgere. * Servizi comuni e risorse comuni * Coordinazione incrementale e graduale * Funzioni diverse per fasi diverse In precedenza sono state individuate alcune fasi legate alla difesa: la fase preventiva, di emergenza e di recupero. Per ognuna di queste fasi e' necessario che il servizio di Dcnan svolga delle funzioni specifiche. Oltre alle tre fasi proprie dei tempi della difesa collettiva, la necessita' di strutturare ex novo un servizio di Dcnan richiede di tenere in considerazione una fase di impostazione ed organizzazione del servizio stesso con proprie funzioni specifiche che consentano di arrivare ad un funzionamento a regime del servizio stesso. * Fase organizzativa E' necessario curare una prima fase di "installazione" di una Dcnan in un paese in cui l'unico modello ipotizzato finora e' quello militare. Il fatto che una legge dello stato preveda tale tipo di difesa non significa, ovviamente, che questa sia gia' una realta', a maggior ragione per il fatto che tale previsione legislativa, almeno finora, e' unica nel mondo. Oltre allo studio e alla ricerca, in una prima fase e' necessario anche strutturare un'organizzazione generale del servizio di Dcnan, finanziato dallo Stato, che permetta un supporto istituzionale alla difesa non armata e nonviolenta dei cittadini. * Integrazione di servizi esistenti Il primo problema e' quello di riconoscere e censire i servizi che si intende integrare, almeno in un primo tempo, nel quadro della Dcnan, riconoscerne le interfacce verso l'esterno e il grado di adattabilita' alle esigenze di integrazione. Come chiunque si sia interessato all'integrazione di sistemi organizzativi, il processo di integrazione deve fare attenzione a non bloccare i singoli servizi nella fase di integrazione, rispettando le rigidita' che inevitabilmente si presentano, soprattutto in un contesto pubblico come quello sotto studio. L'individuazione delle interfacce originarie deve portare a definire livelli diversi di interfacciamento che consentano, per approssimazioni successive, di assimilare i diversi servizi gia' esistenti ai sottoservizi propri della Dcnan. * Censimento delle risorse e delle minacce Il secondo argomento da affrontare e' quello del censimento delle minacce ipotizzabili e delle risorse presenti sul territorio che siano in grado di contribuire alla risposta alle minacce previste. Tali risorse potranno essere sia umane che materiali, sia sociali che economiche. A seconda delle scelte iniziali riguardo al modello di difesa da adottare e degli aspetti della vita civile da tenere in considerazione all'interno della difesa, il censimento delle minacce potra' essere piu' o meno ampio e di conseguenza il numero di risorse interessate alla risposta a tali minacce potra' cambiare. Gia' in questa fase sara' importante censire non solo le risorse ma anche le informazioni relative alla loro collocazione e alla loro connessione sia fisica che sociale nel territorio. Se gia' nella fase preventiva alle minacce si crea il problema di evitare abusi nell'uso delle informazioni raccolte, in caso di minacce umane tale attenzione diventa ancora piu' cruciale per non mettere a rischio l'incolumita' di coloro che sono coinvolti nella difesa. D'altra parte c'e' da considerare che se il censimento e' molto ampio, il fatto che una persona sia coinvolgibile nei meccanismi della difesa da tutte le minacce non implica da quale parte tale persona sia schierata in caso di minacce volontarie. E' comunque necessario avere attenzione sia nelle modalita' di archiviazione delle informazioni, per esempio decentrandole al massimo, sia nelle modalita' del loro uso, per esempio prevedendo soprattutto un uso aggregato tale da evitare l'individuazione di singoli individui. * Creazione di applicazioni specifiche Infine, per giungere ad un sistema efficace, sara' indispensabile sviluppare applicazioni specifiche per svolgere sia i compiti della fase preventiva che quelli della fase di emergenza. Tali applicazioni dovranno partire da sperimentazioni sul campo che permettano di fare la sintonizzazione delle funzionalita' alle esigenze e alle possibilita' presenti. In prosieguo verranno elencati alcuni esempi di tali applicazioni che potrebbero essere integrati, a poco a poco, in un sistema complessivo di Dcnan. * Fase preventiva La Dcnan, come tutti i modelli di difesa, fa fruttare il piu' possibile il proprio potere deterrente nella misura in cui e' in grado di dimostrare in anticipo rispetto ad una ipotetica minaccia volontaria la propria forza. Questo richiede sia una parte di comunicazione che consenta di presentare all'esterno la forza della difesa ma, ovviamente, richiede anche un notevole lavoro preventivo di preparazione della difesa che dia dei risultati che evidenzino la reale deterrenza. Altri aspetti molto importanti in fase preventiva riguardano la preparazione culturale, sociale e tecnologica di coloro che sono coinvolti nella difesa. * Controllo delle minacce Una volta censite le minacce, diventa necessario, soprattutto in un'ottica preventiva, monitorare le minacce censite. A seconda della loro tipologia questo compito potra' essere svolto da servizi appositi o dalle risorse che si sono coinvolte nella Dcnan. Ovviamente e' necessario avere gia' predisposto ed aggiornato tutte le procedure che consentano una risposta efficace alle minacce. Tale compito deve ovviamente essere propedeutico all'emergenza. * Attuazione della deterrenza Dato che la deterrenza dipende dalla misura in cui chi minaccia ha coscienza dello svantaggio che gli deriverebbe dall'attuazione della minaccia, e' fondamentale che la capacita' di risposta da parte del sistema sia resa il piu' possibile nota e comunicata. Cio' puo' essere problematico e contraddittorio nei sistemi come quelli militari in cui la segretezza e' un criterio di base, per cui nelle parate militari venivano presentati grandi sistemi d'arma sul funzionamento dei quali potevano essere anche intessute leggende metropolitane; nei sistemi di Dcnan tutta la forza di deterrenza puo' essere presentata pubblicamente proprio perche' per sua natura le procedure di risposta dovranno essere pubbliche. La deterrenza, quindi, non sara' ipotetica in un gioco di credibilita' vicendevole tra chi minaccia e chi e' minacciato, ma risulta molto piu' stabile perche' si basa sulla reale capacita' di risposta. Questo peraltro implica che un servizio di Dcnan dovra' essere realmente in grado di rispondere, ma questa necessita' puo' essere un notevole stimolo al coinvolgimento di nuove risorse. Ovviamente perche' cio' si attui, proprio sulla base del meccanismo del consenso, cio' che si intende difendere dovra' essere un valore largamente condiviso perche' altrimenti non ci sarebbero sufficienti risorse a difenderlo. In altre parole si riesce a difendere cio' che e' voluto da tutti e cio' che invece nessuno vuole rimane implicitamente indifeso e quindi, in conclusione, si assicura la difesa solo ai valori condivisi, realizzando implicitamente la democrazia nelle scelte. Non sara' neppure necessario decidere cosa vuole la maggioranza perche' solo cio' che e' accettato da tutti verra' difeso e quindi potra' esistere. * Coinvolgimento delle risorse Sempre in fase preventiva e' importante continuare a coinvolgere le risorse del territorio, sia le nuove per aumentare la forza della possibile risposta, sia le vecchie per mantenerle coordinate con le altre. Questo lavoro ha lo scopo principale di rinsaldare e tenere aggiornato il legame tra le varie parti del sistema. Le nuove risorse avranno bisogno di trovare delle occasioni di preparazione che consentano di integrarsi nel sistema complessivo. * Supporto alla formazione Dato che questa preparazione deve essere diffusa nella societa', e' evidente che deve essere posta molta cura nella formazione degli attori della difesa. All'interno di questa formazione deve esserci l'educazione, a livello culturale, nel senso che occorre insegnare fin da piccoli, ad esempio, quale puo' essere una reazione nonviolenta alla violenza. Ovviamente dovra' anche esserci tutta una fase di formazione che consenta alle diverse parti della struttura reticolare di cooperare efficacemente. La formazione potra' essere strutturata a diversi gradi per poter essere la piu' ampia e diffusa possibile. * Diffusione e aggiornamento dell'informazione Per consentire una reale partecipazione nelle decisioni e' fondamentale dare la possibilita' alle persone di avere a disposizione tutte le informazioni che le riguardano. Cio' significa essere in grado di distribuire correttamente l'informazione senza creare pericolosi gangli informativi e allo stesso tempo senza escludere nessuno dalle informazioni loro necessarie per poter prendere consapevolmente le decisioni necessarie. Allo stesso tempo e' importante tenere aggiornato il censimento delle risorse per evitare una obsolescenza del censimento stesso. * Fase di emergenza Quando una minaccia si concretizza comincia la fase di emergenza. E' il momento in cui il danno temuto diventa attuale e concreto. In questa fase e' necessario prima di tutto provare a bloccare la minaccia, se e' possibile, e poi intervenire per tutti quegli interventi che se attuati in tempi ristratti riducono al minimo il danno generale. Se la minaccia si concretizza in maniera istantanea, come nel caso di molte minacce naturali o non volontarie non prevedibili tipo i terremoti o molti crolli, la fase di emergenza si riduce notevolmente nel tempo ma ha un picco notevole di richiesta di risorse. In tutti i casi comunque e' necessario attivare in tempi rapidi le risorse disponibili evitando ingorghi negli interventi. Per quanto riguarda le minacce volontarie, sia interne che esterne, possono essere assimilate alle minacce imprevedibili gli attacchi terroristici mentre alle altre le occupazioni militari e i golpe. * Allertamento In questa fase il censimento delle risorse diventa essenziale per riuscire a strutturare la risposta. Ovviamente in questa fase l'informazione raccolta deve essere utilizzata senza mettere a repentaglio coloro che si sono dati disponibili alla collaborazione nella difesa. Per fare questo e' importante aver concepito un sistema "sicuro" gia' dalla sua progettazione. Questo puo' basare la sua sicurezza per la massima decentralizzazione dell'informazione che consente di non rendere disponibile a chi ha provocato l'emergenza tutta l'informazione ma solo alcune parti limitate e di per se' poco significative. Per rendere meno fragile la struttura e' importante che ognuno sia in possesso solo dell'informazione a lui indispensabile e nella quantita' minore possibile. Una organizzazione reticolare permette di fare questo pur continuando a consentire un efficace collegamento tra le parti. Viceversa una organizzazione gerarchica risulta delicata perche' colpendo i centri summitali si disarticola tutta la struttura. * Contrasto Per quanto riguarda il contrasto alle minacce volontarie, alla base della Dcnan, in una gradualita' di intervento, ci sono tre tipi di azioni: la noncollaborazione, l'ostruzione e la disobbedienza civile. Tale gradualita' e' fondamentale per ridurre al minimo lo sforzo e massimizzare il risultato. Cio' ha due motivi: evitare di sprecare risorse se le cose possono essere ottenute con meno risorse, ed evitare di innalzare il livello del conflitto e quindi del possibile danno vicendevole se cio' non e' necessario. La noncollaborazione consiste nel rifiuto di fare cio' che viene ordinato di fare (se contrario a principi che si ritengono giusti), per cui, ad esempio, se viene ordinato di inviare delle persone in un campo di concentramento, ci si rifiuta anche di apporre una semplice firma perche' cio' sia fatto. La noncollaborazione si puo' realizzare anche ad un livello piu' "tenue": ad esempio, un oggetto da recapitare con estrema solerzia, puo' essere inoltrato invece con estrema lentezza, o perso per strada. In un'ottica puramente nonviolenta dal momento che si ricorrerebbe, almeno velatamente, alla falsita', un'azione di questo tipo non sarebbe accettabile, pero' in una visione piu' generale, questa ed altre sono tecniche che permettono di "incastrare" il potere, senza d'altra parte portare il potere a reagire, perche' fondamentalmente non c'e' sufficiente giustificazione alla reazione: se un impiegato ha perso un foglio puo' essere anche successo casualmente, non necessariamente volontariamente. Quanto piu' e' ampia la sua forza, la noncollaborazione porta all'incepparsi del potere instaurato, perche' questo non riesce piu' ad avere abbastanza forza per controllare il territorio e far fare quello che vuole. Per esempio, dopo la prima guerra mondiale, la Francia e il Belgio occuparono la Ruhr per ottenere il risarcimento dalla Germania dei danni di guerra. Dato che la Germania non aveva piu' un esercito, il governo tedesco, non potendo difendersi militarmente, diede disposizione alla popolazione e alle strutture governative di non collaborare assolutamente con chi aveva invaso quel territorio. i francesi non riuscirono a fare quello che volevano non perche' ci fosse qualcuno che si ribellava con la violenza, ma proprio perche' non riuscivano a far eseguire i propri ordini. L'invasione era di tipo "pacifico" nel senso che era quasi formale: il suo scopo era solo di ottenere il risarcimento, ottenuto il quale sarebbe finita. Ma l'occupazione venne a costare notevolmente proprio perche' non c'era collaborazione da parte delle forze interne del territorio, sia dalla popolazione sia, soprattutto, dalle stesse strutture statali. Il Belgio e la Francia dovettero uscire dalla Ruhr perche' non riuscivano a ricavare nulla dall'occupazione perche' la produzione era crollata improvvisamente non essendoci collaborazione, ma anzi erano costrette ad utilizzare proprie risorse umane per sostituire tutta la struttura statale. Sebbene non fosse stata preparata, tale forma di Dcnan ebbe un risultato positivo soprattutto perche' promossa a livello istituzionale. Se la noncollaborazione non e' sufficiente, il passo successivo nella graduale crescita del contrasto e' la cosiddetta "ostruzione" o sabotaggio. Cio' consiste in azioni dirette ad ostacolare oggettivamente l'occupazione, dalla occupazione di un ponte per bloccare per ore i movimenti delle truppe occupanti o la rimozione dei cartelli stradali che rende piu' difficoltoso muoversi in un territorio sconosciuto come avvenne in Cecoslovacchia nel 1968, al danneggiamento di strumenti e strutture utilizzate dall'occupante. Esso comporta un rischio maggiore di ritorsioni sia su chi agisce direttamente che su eventuali ostaggi, ma, limitandosi al danneggiamento di cose, che incide economicamente ma non fisicamente sull'avversario, non da' sufficiente giustificazione ad azioni che mettano in pericolo la vita di persone. Queste azioni rendono sempre meno praticabile l'occupazione dando sempre meno motivo a proseguirla. Molte volte, la ritorsione ad azioni di ostruzione o di sabotaggio aumenta il grado di coscienza del conflitto e porta sempre piu' persone ad attivarsi nella difesa. Il passo successivo, che richiede tale maggior grado di coscientizzazione, e' la disobbedienza civile con la contemporanea creazione di strutture decisionali parallele, che porta realmente alla manifestazione totale del dissenso, come e' successo ad esempio in Iran durante la rivoluzione contro lo Scia', quando tutta la popolazione e' scesa nelle strade, rendendo impossibile uccidere o imprigionare tutti. Per le minacce di altro tipo il contrasto ovviamente sara' di genere molto diverso, dalla predisposizione di muri di contenimento delle colate laviche alla predisposizione di squadre antincendio coordinate con l'intervento di aerei ed elicotteri per lo spegnimento degli incendi, alla ricerca di superstiti tra le macerie dei terremoti. * Interposizione all'esterno Molte della azioni di contrasto, oltre ad essere attuate all'interno del paese possono essere adottate per aiutare altri sottoposti a simili minacce. Il servizio di Dcnan dovrebbe essere anche in grado di coordinare l'intervento di forze di interposizione che si siano attivate in contesti esteri come forma di ingerenza umanitaria. Cio' e' quello che si sta realizzando in forma indipendente da parte di Ong ed associazioni in attuali zone di conflitto. * Supporto dall'esterno Analogamente il servizio di Dcnan deve anche essere in grado di stimolare e valorizzare le azioni di supporto provenienti dall'esterno per supportare le popolazioni e i territori colpiti dalla minaccia. Nella fase di emergenza tutte le risorse devono essere utilizzate e, oltre a quelle proprie del sistema, e' necessario essere in grado di far convergere e sfruttare anche quelle provenienti dall'esterno come forma di aiuto. * Fase di ripristino Nel caso la minaccia si concretizzi creando danno, e' necessario prevedere strumenti che forniscano informazione ed aiuto alla fase di ripristino per recuperare il prima possibile i danni durante l'emergenza e una volta che la minaccia e' superata. * Assistenza ai danneggiati Le persone colpite nella fase di emergenza avranno bisogno di una assistenza personale come nel caso dei profughi o dei terremotati. E' necessario organizzare il censimento delle persone in maniera che gli aiuti siano distribuiti subito in maniera corretta, senza sprechi o mancanze. Bisogna essere in grado di gestire la logistica dell'installazione e della vita ordinaria dei punti di raccolta e assistenza. * Raccolta e distribuzione dell'informazione L'emergenza crea di solito uno sgretolamento della struttura sociale e per la sua ricomposizione e' necessario raccogliere e ridistribuire informazioni sulle persone come per il ricongiungimento delle famiglie o per l'assegnazione di aiuti. Queste informazioni dovrebbero derivare dalle informazioni gia' disponibili per scopi demografici ma dovranno essere trattate e distribuite in maniera diversa, sempre avendo l'attenzione di non diffondere informazioni sensibili. In tutto questo e' importante avere la possibilita' di aggiornare le informazioni territoriali in seguito alle modifiche che il territorio subisce in seguito all'emergenza. Questa informazione puo' essere determinante nell'intervento di urgenza, ed e' a disposizione solo di chi il territorio lo stava gia' gestendo in maniera organizzata, avendo raccolto i dati gia' prima dell'emergenza. * Bonifica, restauro e ricostruzione Questa e' la parte di attivita' che prosegue con lunghi tempi anche dopo l'emergenza. Potra' essere preparata e strutturata in tempi lunghi dopo che l'emergenza e' conclusa, ma cio' non toglie che ha bisogno di essere almeno parzialmente attuata anche durante e subito dopo l'emergenza. Ne e' un esempio la gestione dello sminamento dei campi minati o il ripristino delle vie di comunicazione per la distribuzione degli aiuti ai sinistrati. * Indice del presente articolo Le possibili minacce e la struttura difensiva - I beni minacciati (cosa difendere) - Le fonti di minaccia (da cosa difendere) - Modalita' di risposta (come difendere) - Responsabilita' di difesa (chi difende) - Tempi della difesa (quando difendere) - Scopi e principi della difesa collettiva Strutture dei modelli di difesa - Confronto tra struttura gerarchica e struttura reticolare - Modelli organizzativi misti - La strutture difensive attuali - Relazione tra Dcnan e altre strutture di difesa Funzioni diverse per fasi diverse - Fase organizzativa - Fase preventiva - Fase di emergenza - Fase di ripristino (Parte seconda - Fine) 3. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 4. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at inwind.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 925 del 10 maggio 2005 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione).
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