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La nonviolenza e' in cammino. 921
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 921
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Fri, 6 May 2005 00:22:33 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 921 del 6 maggio 2005 Sommario di questo numero: 1. Osvaldo Caffianchi: a quante e quanti s'incontreranno a Cinisi dal 7 al 9 maggio 2. Forum uomo-donna di Milano: A proposito della legge 40 3. La "Carta" del Movimento Nonviolento 4. Per saperne di piu' 1. INCONTRI. OSVALDO CAFFIANCHI: A QUANTE E QUANTI S'INCONTRERANNO A CINISI DAL 7 AL 9 MAGGIO [Avuta notizia che, nel ventisettesimo anniversario dell'assassinio di Peppino Impastato, si svolgera' a Cinisi dal 7 al 9 maggio 2005 l'incontro del forum sociale antimafia "Felicia e Peppino Impastato" per ricordare e continuare la lotta (per informazioni e adesioni: Centro Impastato: tel. 0916259789, fax 091348997, e-mail: csdgi at tin.it, sito internet: www.centroimpastato.it; Associazione "Peppino Impastato": tel. 3384149498, e-mail: icompagni at peppinoimpastato.com, sito: www.peppinoimpastato.com), il nostro buon amico Osvaldo Caffianchi ha voluto indirizzare agli organizzatori ed ai partecipanti questo improvvisato ma sinceramente grato saluto] Voi che volete resti ancora accesa di Felicia e Peppino la lucente fiamma, e la resistenza e la contesa contro il potere che opprime ogni gente, voi che volete ancora l'ardua impresa continuar, con animo dolente lo sguardo fermo, la memoria tesa e saldo il cuore che non cede al niente, in voi Felicia e in voi Peppino vive e in questi giorni di questo altro maggio il vostro essere qui persone vive eredita quei volti e quel coraggio che nulla potra' estinguere. Chi scrive ve ne ringrazia e qui vi rende omaggio. 2. RIFLESSIONE. FORUM UOMO-DONNA DI MILANO: A PROPOSITO DELLA LEGGE 40 [Dal sito de "Il paese delle donne" (www:womenews.net) riprendiamo il seguente testo. Ringraziamo di cuore Cristina Papa per la segnalazione. Il testo e' preceduto dalla seguente nota redazionale: "Il Forum uomo-donna del Gruppo promozione donna di Milano ha reso noto un documento dal titolo 'A proposito della legge 40'. Il documento e' il frutto di una serie di riflessioni, discussioni e apporti, espressi nell'arco di alcuni mesi dai partecipanti al Forum uomo-donna, del Gruppo promozione donna di Milano, che raccoglie 'donne e uomini che popolano le strade della vita e che si riferiscono al Vangelo, si confrontano col mondo e utilizzano la mediazione'"; per informazioni e contatti: Forum uomo-donna del Gruppo promozione donna, via Sant'Antonio 5, 20122 Milano, tel. 0258391335, e-mail: gpdmilano at virgilio.it] Premessa In tono discorsivo presentiamo degli spunti, degli angoli di visuale, affinche' la riflessione sulla legge 40/2004 possa essere ampliata anche da altri. La base da cui partiamo ha due coordinate che riteniamo imprescindibili: la laicita' e il pluralismo. La laicita', che non e' laicismo, ma e' la fede che accetta la sfida della strada e della storia, e' ascolto, conoscenza e rispetto dei valori e delle etiche espresse dalle varie umanita'. E' salvaguardia della propria e dell'altrui liberta'. La comunicazione, la riflessione, il confronto e la mediazione di questi valori e' materia che solo se gestita da attenti appassionati conoscitori dell'umano puo' divenire quel bene piu' ampiamente condiviso in grado di formare il cuore di ogni norma, senza pregiudiziali dogmatiche. Il pluralismo non e' svendita delle proprie idee o mancanza di tensione al vero, ma fiducia che la ricerca di tutti possa essere arricchita e quindi avvalorata dall'apertura alla conoscenza, che non e' mai predestinata ed immutabile. Il lavoro risente di piu' contributi e scritture. Per scelta il tono e lo stile sono discorsivi. * La legge fa il problema Il dibattito sulle questioni sollevate dalla legge 40 sulla procreazione medicalmente assistita (in sigla: Pma) e dall'inerente referendum, si e' purtroppo connotato in termini alternativi e di parte e, pur affrontando i problemi insiti nel tema stesso, li propone secondo una visione per lo piu' ideologica. Con questo intervento il Forum uomo-donna intende dare un contributo nell'indicare quali sono gli interrogativi piu' importanti che la legge 40 lascia aperti, a partire dall'affermazione del cardinal Martini: "L'azione politica che deve ispirarsi ai principi etici, non consiste nella realizzazione immediata degli stessi, ma nella realizzazione del bene comune possibile in una determinata situazione... Il giudizio sulla costituzionalita' di una legge non puo' essere formulato ne' in base a motivi di ordine confessionale, in nome della propria fede e della rispettiva morale, ne' in base a logiche di appartenenza politica o di schieramento". La legge 40 non solo e' frutto di un compromesso politico fondato sulla logica dello scambio, piu' che su quella della mediazione tra chi e' disponibile ad un "pluralismo ragionevole", ma intrinsecamente presenta molti limiti e contraddizioni. E' una legge che mostra il potere e la paura maschili per le donne, il loro corpo, i loro diritti. C'e' forse la paura di fronte a parti del reale che rimangono segrete e obbligano gli uomini ad una condizione di passivita', che li porta ad agire e controllare, cosi' come molte donne che ne condividono i contenuti a non riconoscere i segni di questo potere. E' una legge invasiva perche': - entra nelle decisioni piu' profonde della sfera personale, - decide di dare all'embrione dignita' di persona in contrasto con l'art. l del Codice Civile che riconosce tale dignita' dal momento della nascita, - mette in contrapposizione il diritto dell'embrione con quello della madre, - non tutela la salute della donna, cioe' non si sofferma ad analizzare l'alto rischio delle terapie adottate e ne moltiplica l'iter, - non tutela al meglio la salute del nascituro, - non presta attenzione alla salute psichica della coppia che anela alla genitorialita' attraverso le tecniche mediche previste, - crea conflitto al medico che, come cittadino e' obbligato all'osservanza della legge, ma come professionista e' legato al giuramento ippocratico che lo obbliga a tutelare la salute del paziente, - si rivolge solo ad un ridottissimo numero di soggetti, - non difende l'uguaglianza fra i cittadini, - mostra versanti di incostituzionalita', - presenta un alto prezzo in termine di costi (interventi interamente a carico dei pazienti), - compromette la legge 194, accontenta l'attuale posizione della gerarchia cattolica (in passato la stessa ha espresso altri saperi), sorvolando sul fatto che cosi' facendo viene sacrificata la laicita' dello stato di diritto. Senza pretendere di essere esaustivi su ogni problema, vogliamo intervenire, esponendo l'angolo di visuale dell'essere donne e dell'essere credenti, sollevando interrogativi per dare spazio ad una piu' ampia ed approfondita riflessione su questi ambiti: - l'ambito del diritto, - l'ambito della scienza, - l'ambito dell'etica, - l'ambito della societa', - l'ambito della Chiesa. * Le questioni aperte Preliminarmente si devono sottolineare i seguenti nodi: La legge 40 e' una legge dettata dalla paura, non dal tentativo di comprendere la situazione. E' una legge penalizzante per la donna, per la scienza, per la democrazia. Da criticare: il numero di embrioni da impiantare. Piu' che per legge dovrebbe essere stabilito dal buon senso e pensato paziente per paziente: ogni donna e' diversa, esiste il meglio per lei, non un meglio universale. Da criticare: il divieto di diagnosi pre-impianto. Le tecniche di Pma sono a rischio e impossibili per coppie di portatori sani di malattie genetiche. A loro, per esempio, si toglie una possibilita' che la scienza puo' offrire. Da criticare: il divieto della ricerca sulle staminali embrionali. Dobbiamo avere il coraggio di ammettere che oggi la ricerca sugli embrioni in soprannumero e' la via razionalmente e moralmente migliore. Da criticare: il divieto sull'eterologa; forse, al posto di imporre modelli di famiglia, si dovrebbe prendere atto che e' cambiato il modello che ancor oggi da piu' parti si considera unico e vero. Il cuore del problema che la fecondazione assistita solleva e' che le tecniche di Pma hanno aperto un mondo nuovo. La scienza ci dice che oggi per l'uomo e' possibile una nuova forma di riproduzione umana. Cio' non deve essere visto ne' con entusiasmo ne' con paura, ma con uno sguardo attento e rispettoso delle varie opzioni etiche individuali. Non e' corretto dire, come si dice molto spesso, che questi sono atti contrari alla vita. Infatti dal 1978, anno della nascita di Louise Brown, sono nati migliaia di bambini nel mondo, che costituiscono la testimonianza piu' bella in onore della vita. Inoltre bisogna essere sinceri nell'informare le coppie su cosa le aspetta; non si tratta, infatti, di pratiche leggere, ma spesso invasive a livello sia fisico che psicologico. Bisogna anche aggiungere che la Pma e' fonte di lauti guadagni per coloro che la esercitano, per cui e' indispensabile educare i genitori a chiedere una medicina non dei desideri ma delle responsabilita'. Se e' vero che spesso le tecniche di fecondazione assistita solleticano i desideri delle persone (sul punto bisognerebbe riflettere seriamente sul desiderio in rapporto alla liberta', all'impotenza, alla sua espansione o alla sua "guarigione") e' anche vero che nella maggior parte dei casi si fa questo passo con grande serieta', con la stessa consapevolezza con cui una coppia decide di mettere al mondo un figlio "naturalmente". Il punto debole del discorso sostenuto con vigore da molti bioetici cattolici, e' che nella Pma non sono i genitori a dare la vita, ma tecnici, medici e biologi. La loro sarebbe una presenza non incidentale, ma determinante. L'errore di questa posizione sta nel fatto che e' contraddittoria. Come mai alla fine della vita, in casi di stato vegetativo, la stessa presenza di tecnici non viene considerata allo stesso modo? Anche in quel caso la loro presenza e' determinante, non accessoria (l'alimentazione e l'idratazione sono consentiti proprio da atti tecnici). Percio' riteniamo che il problema di fondo non sia fare e difendere una legge, tra l'altro piena di divieti e di sanzioni, ma di trasmettere una cultura; se la legge va fatta, deve regolare il presente, rimanendo aperta al futuro e sganciandosi da cio' che del passato e' superato. * 1. Ambito del diritto La nostra critica e' per una legge che utilizza il problema relativamente circoscritto, per quanto doloroso, della sterilita' e della sua cura attraverso le tecniche di riproduzione assistita, come pretesto per affrontare in maniera assolutamente sbrigativa le grandi tematiche dei limiti della scienza, del rapporto etica-diritto, della necessita' di regolamentare, anche attraverso divieti, le manipolazioni genetiche o le speculazioni di mercato sugli embrioni e su tutte le potenzialita' di vita umana. Il testo normativo risulta di conseguenza ovviamente sbilanciato sull'argomento che ne da' il titolo (Norme in materia di procreazione medicalmente assistita) con ben 14 articoli su 18 (dall'1 al 12, il 14 e 18), limitando al solo art. 13 la disciplina sul "far west degli embrioni", tenuto conto che gli artt. 15 e 17 attengono a misure procedimentali o di coordinamento normativo. L'articolo 13 titolato "Sperimentazione sugli embrioni umani" diventa cosi' l'unica norma che stabilisce in maniera drastica, anche se confusa, avendo scelto come unico ristretto contenitore un solo articolo, i tre divieti fondamentali che avrebbero potuto essere il massimo comune denominatore di una scelta politica di diritto forte, lasciando su tutto il resto prevalere un diritto mite o leggero non invasivo dei corpi e delle liberta'. Il divieto della clonazione, il divieto di manipolazioni eugenetiche o di produzione di ibridi, il divieto sulla commercializzazione degli embrioni, dei gameti, degli ovuli fecondati, ecc. Una legge preoccupata del "far west" avrebbe dovuto declinare tali fattispecie, scindendo dalle stesse sia il tema della fecondazione artificiale, sia quello della sperimentazione o dell'uso terapeutico degli embrioni cosiddetti in eccedenza, separando l'area di questi divieti anche dagli interventi di studio ed analisi a scopo diagnostico e/o di prevenzione di malattie e stati morbosi ereditari o contratti in fase di produzione artificiale. Lo scarso dibattito parlamentare, quello prereferendario ed ancor piu' quello referendario di fatto si e', come detto, incentrato piu' sulle ideologie sottostanti il testo che sull'analisi delle norme, per cui anche le nostre considerazioni partono dalla necessita' di approfondire i temi extra legem, piuttosto che quelli derivanti dalla interpretazione letterale del dettato normativo. La legge 40 viene definita una legge "a difesa della vita", con la conseguenza che chi ne vorrebbe l'abrogazione integrale o lo svuotamento dei contenuti, rendendola inutilizzabile attraverso i "si'" referendari viene ad assumere la terribile responsabilita' di essere qualificato automaticamente "contro la vita". Al di la' di ogni altra considerazione sul piano etico o politico, diventa cosi' imprescindibile uscire dalla trappola di questa falsa dicotomia, sia perche' l'ipotizzare come necessario un intervento del legislatore "a difesa della vita" fa sorgere il dubbio sull'inesistenza nell'ordinamento giuridico attuale di una adeguata tutela della vita, sia perche' a ben guardare in nessuna parte della legge, nemmeno nell'art. 1, si fa riferimento a tale difesa della vita, bensi' semmai a "diritti" del concepito, dell'embrione, del nascituro. In realta' tutta la nostra legislazione a partire dalla Costituzione, come tutti gli ordinamenti risalenti al "non uccidere", si fondano sul presupposto dell'indisponibilita' della vita umana da parte di un soggetto su un altro soggetto, da cui discende la vasta gamma di riconoscimento, garanzia, promozione, tutela, di quei "diritti inviolabili dell'uomo" (art. 2) e di "pienezza di sviluppo della persona umana" (art. 3). La legge 40, nonostante nel dibattito appaia diversamente, non utilizza il termine "persona", tentando nominalmente di eludere la disputa sul fatto che l'embrione sia a tutti gli effetti una persona. La scelta del legislatore, in realta', risulta essere ancora piu' perentoria nel momento in cui individua in capo all'embrione dei diritti, equiparandolo nell'art. 1 agli altri "soggetti di diritto coinvolti" (genitori, medico, equipe, donatori), a tutti gli effetti "persone viventi". E' questo uno dei nodi centrali e delicati del dibattito pur non essendo esplicitato nel testo di legge: quando si puo' dire che esiste una persona? quando c'e' vita c'e' persona? ci puo' essere persona senza madre? dire che l'embrione e' vita ma non ancora persona che cosa comporta? esistono tutele graduate? Tutti questi interrogativi vengono spazzati via con la scelta del legislatore di affermare che la legge "assicura i diritti di tutti i soggetti coinvolti, compreso il concepito". Il concepito, si badi bene non l'embrione, di fatto nominato solo nel predetto art. 13 ed in quello successivo relativo al divieto di crioconservazione o di sovraproduzione, viene considerato uno dei soggetti con "diritti assicurati" tra l'altro sembrerebbe solo "dalla presente legge", al pari della madre biologica, del padre biologico, ma anche dei donatori (i cui diritti-doveri vengono normati ugualmente dalla presente legge), dei medici, degli operatori sanitari ecc. La legge 40 non si occupa minimamente di vagliare le conseguenze di tale affermazione di principio, ne' laddove stabilisce la disciplina dell'impianto obbligatorio degli embrioni nell'utero materno (che le linee guida emanate dal Ministero della Salute si sono affrettate a definire "un obbligo non coercibile" creando un vero e proprio monstrum giuridico), ne' quando ricrea il conflitto insanabile tra obbligo di impiantare un embrione ipoteticamente malato, farlo crescere fino a farlo diventare un feto, dando poi la facolta' di eliminarlo ai sensi della legge 194. L'opzione del legislatore non tiene in alcuna considerazione le varie proposte di legge di cosiddetta tutela graduata in cui l'embrione, il concepito, l'ovulo fecondato, il gamete, insomma tutti i diversi stadi della "persona nascente", sia quelli conosciuti, sia quelli in fase di futura conoscibilita' scientifica, non rimarrebbero privi di qualsivoglia tutela giuridica, ma ne godrebbero di una differenziata, a seconda delle fasi di sviluppo, rispetto a quella degli altri soggetti di diritto, persone viventi gia' nate. Del resto basti pensare come la piena attuazione del principio di uguaglianza sostanziale nella stessa Costituzione preveda gia' tutele differenziate in presenza di realta' disuguali. La legge 40 dimentica che la protezione primaria di tale "vita in potenza" resta ed e' l'utero materno, quale luogo di costruzione della persona umana nella sua pienezza. Nessuna legge potra' modificare "la dipendenza del nascituro da una madre che ha iniziato ad esserlo non 'per natura', ma quando ha incominciato ad immaginare il piccolo o la piccola a venire nella sua irripetibile singolarita'" (C. Zamboni). La dimensione relazionale, pur nella sua asimmetria, diventa costitutiva della persona, da qui: "l'esigenza che si verifichi un minimo di condizioni perche' tale relazionalita' possa esplicarsi: l'annidamento da' inizio ad un processo di reciprocita' tra madre e feto che rende simbolicamente trasparente tale possibilita'" (G. Piana). "Del resto il legame tra la madre e chi nascera' e' un legame in parte velato e non puo' essere portato alla visibilita' della pura trasparenza" (Zamboni). Ed anche se le tecnologie, (ad es. l'ecografia) ne hanno svelato l'invisibilita' e se il diritto, come in questa legge, tenta di tagliare il legame simbolico con la madre (si noti l'assoluta equiparazione tra padre e madre che solo uno strumento giuridico puo' artificiosamente determinare), questo legame rimane qualcosa di meravigliosamente oscuro, di non risolvibile in una trasparenza, di cui sono consapevoli le donne sia che partecipino di questa esperienza, sia che ne conoscano solo la possibilita'. La legge 40 non usa esplicitamente il termine natura, ma l'esistenza di un "diritto naturale universale" a cui far riferimento quale limite giuridico interno, che svincola il legislatore positivo dalla necessita' di costruirne uno "esterno", generato dalle diverse visioni del mondo o dalle valutazioni etiche differenti, pervade tutto l'impianto normativo, in particolare la parte relativa ai divieti dei primi 12 articoli. Il dibattito "secondo natura" infine riapre scenari inquietanti sul concetto di natura, su chi debba stabilire che cosa sia la natura o peggio ancora una legge di natura, tenuto conto di quanto tali pseudo-astrazioni abbiano danneggiato le donne e tutta la loro storia. La legge 40, infine, propone l'adozione come alternativa alla Pma, attraverso un incentivo legislativo vero e proprio disciplinato in maniera dettagliata soprattutto nelle linee guida. La modalita' con cui viene trattata questa problematica appare a dir poco superficiale e, in ogni caso, sembra non tenere nella benche' minima considerazione tutta l'esperienza maturata dalle donne e dagli uomini, dai genitori adottivi o affidatari, dagli operatori del diritto dei minori e da quelli dei servizi sociali. In particolare appare evidente l'assurdita' della apparente semplificazione dell'alternativa, facendola da un lato sembrare non solo reale, ma giusta e consigliabile, a fronte del legittimo filtro durissimo a cui si devono sottoporre gli adottanti "normali", proprio con riferimento al loro desiderio di un figlio "ad ogni costo", dall'altro a fronte dell'orientamento prevalente a scegliere famiglie con altri figli. Il riferimento poi ad una nuova figura di adozione quale quella dell'embrione si commenta da sola sia per l'intrinseca contraddizione con la prospettiva dell'adozione tradizionale (meglio un embrione che potrebbe essere sano piuttosto che un bambino che gia' sai e vedi handicappato di cui restano pieni gli istituti?), sia per la deriva simbolica, combattuta dai detrattori della legge stessa, di una donna vista solamente come "utero contenitore" (che differenza passerebbe tra un utero che accoglie un bambino adottivo ed uno che ne accoglie uno in comodato = affitto gratuito?). * 2. Ambito della scienza Bisogna distinguere tra scienza, tecnica e bioetica, per evitare confusioni semantiche. La scienza oggi ci mette in condizione di ripensare, non solo il concetto di famiglia, ma addirittura la modalita' stessa del procreare. Non serve a nulla vietare e rimpiangere lo stato di natura, ma serve piuttosto un pensiero capace di dominare gli scenari futuri, che per l'uomo e la donna, creature di Dio in una storia in divenire che li vede protagonisti grazie alla loro liberta', non sono certo immutabili e fissi. Una legge percio' deve rispettare la ricerca consentendone l'ampiezza e regolandone gli eccessi. La bioetica che e' scienza dei ponti, non puo' divenire fabbrica di muri. Riguardo poi al contenuto specifico della legge 40 presentiamo il contributo della dottoressa Chiara Picciotti, ginecologa. Cosi' recita l'art. 1 della legge 19 Febbraio 2004, n. 40, "Norme in materia di procreazione medicalmente assistita": comma 1 - Al fine di favorire la soluzione dei problemi riproduttivi derivanti dalla sterilita' o dalla infertilita' umana e' consentito il ricorso alla procreazione medicalmente assistita, alle condizioni e secondo le modalita' previste dalla presente legge, che assicura i diritti di tutti i soggetti coinvolti, compreso il concepito. comma 2 - Il ricorso alla procreazione medicalmente assistita e' consentito qualora non vi siano altri metodi terapeutici efficaci per rimuovere le cause di sterilita' o infertilita'. Nell'art. 2, il legislatore si preoccupa di stabilire come il Ministro della Salute possa: promuovere ricerche sulle cause patologiche, psicologiche, ambientali e sociali dei fenomeni di sterilita' e infertilita', e favorire gli interventi necessari per rimuoverle, nonche' per ridurne l'incidenza, incentivare gli studi e le ricerche sulle tecniche di crioconservazione dei gameti, organizzare campagne di informazione e di prevenzione dei fenomeni della sterilita' e dell'infertilita'. Questo perche' si e' scelto di non considerare la sterilita' una malattia - ossia un processo patologico superabile attraverso una serie di terapie che e' necessario garantire ai cittadini -, ma un disagio che le tecniche di riproduzione assistita cercano di superare momentaneamente, per arrivare all'instaurarsi di una gravidanza. Sono metodiche che non correggono le cause che portano alla sterilita' e quindi non sono considerate atti terapeutici. Di fatto, oggi, l'infertilita' rappresenta un fenomeno in crescita soprattutto nei paesi industrializzati (in Italia interessa circa 50.000 coppie ogni anno). Tale incremento (soprattutto nei casi di sterilita' maschile) e' dovuto principalmente a fattori ambientali (inquinamento, fumo di sigarette, assunzione di cibi trattati con sostanze tossiche per le cellule dell'apparato genitale). Accordare molte piu' risorse per la prevenzione delle cause di sterilita', piuttosto che ricorrere alle tecniche di procreazione assistita, che non sarebbero che una "scorciatoia" per aggirare il problema senza risolverlo, diverrebbe grandemente auspicabile. Il comma 3 dell'art. 4 enuncia il divieto di ricorso a tecniche di procreazione assistita di tipo eterologo, cioe' con l'utilizzo di ovociti o spermatozoi che provengano da donatori estranei alla coppia. Tutte le coppie che finora sono ricorse alla donazione di ovociti o di seme saranno impossibilitate a farlo in futuro in Italia. E non sono poche: infatti risultano essere il 20% delle coppie che ogni anno si rivolgono alle tecniche di procreazione assistita. Si calcola che circa 10.000 coppie all'anno saranno costrette a recarsi all'estero. Questo comporta difficolta' organizzative, psicologiche e, non meno importanti, economiche (in Italia il costo per un trattamento di ovodonazione si aggira sui 2.300/2.800 euro, all'estero 5.000/7.000 euro). Per quanto riguarda le leggi su questo argomento, il panorama europeo e' multiforme. Da uno stato all'altro le pratiche variano senza motivazioni chiare. Perche' in Svizzera e' permesso donare lo sperma ma non gli ovociti? Perche' il donatore e' obbligatoriamente anonimo in Francia ed e' altrettanto obbligatoriamente identificabile in Svezia? Perche' in Germania bisogna essere sposati per aver accesso alle tecniche, mentre nei Paesi Bassi e' possibile anche per gli omosessuali? Come puo' un paese pretendere che i cittadini credano alla fondatezza delle leggi quando passato il confine tutto cambia? L'art. 4 impone poi al medico di assicurarsi che non ci siano alternative terapeutiche, prima di fare una fecondazione in vitro, ma la prassi clinica accettata, dice l'esatto contrario. Afferma il Dottor Alicoli, direttore del centro di Endocrinologia della Riproduzione dell'Universita' di Bologna: "All'inseminazione intrauterina si ricorre in presenza di sterilita' inspiegata o quando esistono lievi alterazioni del liquido seminale, per il resto preferiamo la fecondazione in vitro (in sigla: Fiv-et), anche perche' l'inseminazione intrauterina e' maggiormente associata a gravidanza plurigemellari, che sono molto piu' pericolose per la madre e i bambini. Le nidiate di quattro, sei, otto gemelli sono il risultato di questo tipo di tecnica, ma il tasso di successo e' basso (15%), con la certezza di parti pretermine e relativi danni ai piccoli prematuri. La Fiv-et presenta invece un tasso di successo del 30%, senza il rischio di nidiate. Perche' allora scegliere l'intrauterina? Sono le ragioni dei parlamentari cattolici a dettare legge, non quelle della medicina, nemmeno di quella piu' rispettosa della morale. Perche' non c'e' morale che prescriva di curare i malati nel peggiore dei modi possibili" (tratto da un'intervista all'"Espresso" del 18/12/2003). Fino all'entrata in vigore della legge la modalita' in uso presso i centri di fecondazione assistita iniziava con la stimolazione, attraverso una procedura farmacologica di tipo ormonale, dell'ovaio della donna, cosi' da ottenere un buon numero di cellule uovo (induzione della superovulazione), successivamente fecondate in laboratorio con lo sperma del partner o del donatore; dopo due o tre giorni, valutando la qualita' dei diversi embrioni, avveniva il trasferimento in utero di quelli che dimostravano le migliori possibilita' di successo. Prima dell'entrata in vigore della legge gli embrioni fecondati che residuavano, venivano congelati per poter essere utilizzati, se il primo tentativo di trasferimento in utero non portava a gravidanze. Cosi' si evitava di ripetere la stimolazione ovarica che puo' portare alla donna strascichi sanitari non banali (depressione, fragilita' cardiocircolatoria, ritenzione idrica, cefalea) fino a forme piu' o meno gravi di sindrome di iperstimolazione ovarica (i sintomi, di solito, iniziano quattro o cinque giorni dopo il recupero degli ovociti). Nella sindrome lieve-moderata, i sintomi possono essere dati dall'ingrossamento del volume ovarico, dolenzia addominale, nausea. Se la sindrome e' severa, la donna presenta distensione addominale, che puo' portare a difficolta' respiratorie (con formazione di liquido a livello polmonare) e riduzione della quantita' di urina prodotta fino all'insufficienza renale (questo si verifica nell'1% delle donne). Nel caso di sindrome molto severa e' necessario il piu' rapido ricovero in ospedale per cure specialistiche. Oggi, l'art. 14, comma 1, vieta la crioconservazione e la soppressione degli embrioni e il comma 2 recita: "Le tecniche di produzione degli embrioni, tenuto conto dell'evoluzione tecnico-scientifica e di quanto previsto dall'art. 7, comma 3, non devono creare un numero di embrioni superiore a quello strettamente necessario ad un unico e contemporaneo impianto, comunque non superiore a tre". Si e' parlato prima della fecondazione in vitro e trasferimento degli embrioni (Fiv-et). Esistono, pero', altre metodiche, contenute nella legge, che possono essere utilizzate. Vediamole brevemente: - Gift (trasferimento intra-tubarico dei gameti). E' una tecnica secondo la quale spermatozoi e sino a tre ovociti vengono miscelati in laboratorio e successivamente depositati, attraverso un catetere, a livello della tuba di Falloppio. L'intervento si trasmette in anestesia generale, utilizzando la tecnica laparoscopica. La percentuale di successo e' del 30% circa, in rapporto all'eta' della donna. - Zift (trasferimento intra-tubarico di zigoti). - Tet (trasferimento intra-tubarico di embrioni). Ambedue queste ultime vengono di solito utilizzate in occasione di donazione di ovociti ad una donna che non e' in grado di produrne da sola, o quando ci siano state difficolta' in precedenti cicli di fecondazione in vitro nel depositare gli embrioni nell'utero attraverso la cervice uterina. Le tube di Falloppio devono essere normali. Sia nello Zift che nel Tet vengono trasferiti nella tuba gli embrioni sviluppati dagli ovociti fecondati in laboratorio (massimo 3 embrioni). Nello Zift si trasferiscono gli embrioni 24 ore dopo la fecondazione. Nel Tet si lasciano suddividere fino a 48 ore, prima di trasferirli nella tuba. La percentuale di successo e' del 30/35%, secondo l'eta' della donna. Per quanto riguarda l'infertilita' maschile si puo' ipotizzare la tecnica di recupero degli spermatozoi, al fine di prelevare spermatozoi immaturi direttamente dai vasi deferenti, dagli epididimi e dai testicoli. Una volta raccolti gli spermatozoi, la fecondazione si ottiene con una tecnica chiamata "iniezione intra-citoplasmatica di un singolo spermatozoo" (Icsi), che consiste nell'iniettare direttamente lo spermatozoo nella cellula uovo, quand'essa risulta nelle migliori condizioni di maturazione. Questa tecnica si utilizza quando un uomo presenta un bassissimo numero di spermatozoi o quando gli spermatozoi hanno difficolta' a penetrare nell'ovocita. La fecondazione dovrebbe avvenire entro 24 ore dall'inserimento diretto dello spermatozoo. Gli embrioni che si sviluppano verranno successivamente trasferiti in utero secondo le procedure usuali. La percentuale di successo e' del 30/35%, secondo l'eta' della donna. Il comma 8 dell'art. 14 dichiara: "E' consentita la crioconservazione dei gameti maschili e femminili previo consenso informato e scritto". Lo stesso Ministero della Salute sta sponsorizzando la ricerca sulla possibilita' di congelare gli ovociti prima della fecondazione. La procedura e' tecnicamente complessa perche' le uova sono cellule grosse e piene di acqua, che nel processo di congelamento e scongelamento possono danneggiarsi e causare malformazioni nel nascituro, ma gli embriologi assicurano che nel giro di un paio d'anni padroneggeranno la tecnica rendendola sicura ed efficiente. Finora in Italia sono nati circa 40 bambini con questa tecnica, e dice il professor Carlo Flamini dell'universita' di Bologna, responsabile della sperimentazione: "Abbiamo bisogno di arrivare a 200 gravidanze per poter essere sicuri di saper escludere le malformazioni. Ma cosa ne sara' di questa sperimentazione dopo l'approvazione della legge? Visto che la stessa impedisce la diagnosi pre-impianto (comma 3, art. 13), difficilmente i ricercatori accetteranno di proseguire la sperimentazione" (da "L'Espresso", 18/12/2003). Come ulteriore contributo alla riflessione, ecco l'appello espresso nei giorni della promulgazione della legge da un gruppo di donne magistrato, avvocato, docenti di diritto e costituzionaliste insieme all'Associazione Giuriste italiane: "L'affermazione contenuta nell'art. 1, dove la legge parla di 'diritti di tutti i soggetti coinvolti, compreso il concepito', si pone in radicale contrasto con i principi del nostro ordinamento, che individuano nella nascita la condizione indispensabile per l'accesso a qualsiasi diritto. Si riscontra in cio' un grossolano stravolgimento, in cui la contrapposizione fra i diritti della madre e quella del concepito si risolve a favore dell'embrione, ignorando che, secondo la Corte Costituzionale, 'non esiste equivalenza fra il diritto non solo alla vita, ma anche alla salute, proprio di chi e' gia' persona, come la madre, e la salvaguardia dell'embrione, che persona deve ancora diventare'". * 3. Ambito dell'etica Questa legge chiama in questione l'etica su alcuni principi fondamentali: la vita, la natura, la cultura, la persona. Cio' che i principi dichiaravano in epoca pre-tecnologica e' valido ancor oggi? I principi che affermavano l'immutabilita' della natura valgono ancora di fronte alla modificabilita' della stessa? Consegnare embrioni alla ricerca, consentire il trasferimento di cellule staminali, evitare di ridurre il concetto di vita ad animazione della materia, sono le grandi questioni che emergono e interrogano etica, diritto e politica. Le scoperte in campo scientifico e l'enorme sviluppo della tecnica hanno amplificato le possibilita' dell'uomo che comincia ad avvertirsi padrone e demiurgo di tutto. Ma in questa situazione e' almeno semplicistico rifarsi a principi e concetti di "natura" immobile e stabile, validi per tutti i tempi; mentre la persona, la natura stessa, la vita sono in continuo, inarrestabile divenire. Percio' anche i modelli di riferimento devono essere dinamici, in relazione con i cambiamenti in atto, in un contesto pero' di ricerca seria e approfondita per evitare il relativismo e l'arbitrarieta'. Soltanto pochi sono i principi etici essenziali anche per un credente: - l'amore, cioe' la capacita' e la volonta' di "abbracciare" ogni vivente e di relazionarsi con gli altri (in tutti gli stadi possibili di vita); - il senso del limite e della precarieta', che contraddicono il delirio di onnipotenza (v. la morte, il dolore) e l'inclinazione all'egoismo; - l'inserimento in un progetto positivo (per il credente "provvidenziale", perche' iscritto nell'intensita' di un mistero da penetrare e scoprire sempre). Non ci si puo' rifare al "male minore" come criterio dominante dell'etica, anche se e' la prassi piu' comunemente praticata, perche' mette in ombra il bene, che e' criterio fondamentale di crescita per tutti. E' stata chiamata in causa la vita: quale vita? Noi poniamo l'accento su una vita "qualitativa", per cui la consideriamo come un "crescendo" segnato da multiformi stagioni, nelle quali una graduale e progressiva "coscienza di se'" si misura con incontri, legami, relazioni in cui dimorano accoglienza e rifiuti, compagnia e strappi, passioni e indifferenze, progetti, successi e fallimenti. In questo tempo dell'esistenza che vede sorgere l'identita' dal confronto, la liberta' dalle scelte, e la responsabilita' dalla consapevolezza, prende forma progressivamente la persona che e' chiamata a raggiungere a sua pienezza. Certamente la vita, questo spazio in cui si incrociano, si alleano, si combattono gli esseri umani alla ricerca e nella difesa di un bene e di una felicita' che penetri l'esistere, e' il grande valore. "Non e' un male ne' un caso che la questione di che cosa e' la vita sia all'origine di una nuova epoca della storia dell'umanita'. Infatti la nostra cultura e' stata una coltivazione della morte piu' che della vita. La nostra filosofia corrisponde ad un'arte del morire, una sorte di eutanasia, piu' che un'arte del vivere. Da questo proverrebbe il nostro indietreggiare quando si svela cio' a cui in modo cieco avevamo gia' aderito: scegliere la morte piuttosto che coltivare la vita" (L. Irigaray). Non esiste pero' la vita in se', separata dai soggetti viventi, che sono chiamati, in quanto umani, a divenirne coscienti e consapevoli. In questo cammino si matura la persona che, proprio perche' conosce pace e conflitti, paura e temerarieta', solitudine e accoglienza, e si dibatte fra individualismo e relazione, egoismo e generosita', appiattimento e vitalita', esprime con i suoi atti e le sue scelte un continuo sviluppo decisionale. Infatti puo' lottare per l'emancipazione e la giustizia o sposare il successo e il potere, difendere la dignita' e la liberta' o produrre la schiavitu' e l'emarginazione, combattere disuguaglianze o perpetuarle, arricchirsi nelle differenze o abbatterle, oppure, ancora, decidere di stare soltanto a guardare. Comunicando e scegliendo, nel bene o nel male, lascia orme e, con strumenti sia modesti che sofisticati, in ambiti ridotti o significativi, contribuisce a qualificare il mondo nel quale vive ed opera. La persona si qualifica percio' per la sua liberta' responsabile che determina il corso degli eventi singoli e collettivi. Alla luce di tutto cio' una legge dello stato, nell'intento di raggiungere il maggior bene possibile e nell'alta fatica di coniugare laicita' ed eticita', deve riconoscere all'essere umano, sia quando e' all'inizio del suo percorso di crescita, sia quando e' ancora un progetto di vita, ossia nei primi istanti del suo sviluppo (che molte volte la stessa natura gli impedisce di portare a compimento), un grande rispetto, una forte tutela, evitando pero' di attribuirgli un diritto pari a quello stabilito per chi e' manifestamente persona. Il punto di vista educativo e pedagogico ci aiuta a comprendere meglio l'affermazione secondo la quale si puo' definire pienamente persona un essere umano quando comincia ad esistere in indipendenza (cfr. F. G. Sartori). L'ottica educativa e pedagogica afferma che i concetti statici di persona, natura, cultura, liberta', alla base di costruzioni teoriche, non reggono a confronto di una realta' in divenire come l'essere umano, e se non sono colti nella loro interazione dinamica. L'educazione infatti ci indica la vita umana come evento in continuo divenire, che esiste ed ha senso solo nella relazione e nel progetto e la persona, composizione armonica mai ultimata e interagente tra natura e cultura, non inquadrabile, se non in quell'evento originale che e' l'identita' individuale, dove sono perennemente in gioco liberta' e verita'. L'identita' della persona non e' una categoria generale, ma e' un continuo interagire come sintesi dinamica e originale degli aspetti cognitivi, affettivi, motivazionali e volitivi dell'individuo; sintesi a cui concorrono influenze biologiche (innate), etiche e sociali (apprese). * 4. Ambito della societa' Qui vogliamo proporre il discorso della valenza sociale della maternita'/paternita'; pertanto anche la Pma rientra in questo ambito. Ma soprattutto la funzione genitoriale va riconsiderata nel contesto piu' ampio delle dinamiche educative e dell'interrelazione tra famigIia e societa'. In questo senso ci sembra che la maternita' e paternita' biologica, non sia un diritto in assoluto, mentre lo e' il vivere come persone. Quindi non siamo d'accordo sull'accanimento a questo riguardo per colmare vuoti o soddisfare pretese di realizzazione, quando si possono tenere presenti anche altre forme di paternita'/maternita', come l'adozione, l'affido, ecc. Ci piace poi considerare l'atto sessuale non come l'unico atto di amore creativo; per cui ci chiediamo se lavorare sul "desiderio" e rivisitarlo non potrebbe aiutare ad andare oltre e rivelare anche il diritto/dovere di ogni essere umano di "dare al mondo il mondo" ( M. Zambrano) e di poterlo fare in mille modi, sapendo che operare per il bene e la felicita' non segue percorsi univoci. Vanno soprattutto ripensati i ruoli genitoriali, in particolare quello materno, alla luce dei compiti educativi e del ruolo della famiglia. Vi sono infatti nuove pratiche di genitorialita', nuovi vissuti legati all'essere madre e all'essere padre, nuovi modelli familiari: madre genetica, madre gestante, maternita' di sostituzione, maternita' sociale, crescita della liberta' femminile. I cambiamenti sociali vasti e profondi che stanno avvenendo rapidamente, inducono a ripensare i ruoli genitoriali, il ruolo della donna rispetto alla maternita', che a partire dalla legge 194 si e' decisamente modificata da un punto di vista sociale e simbolico, il significato della famiglia, le relazioni educative e le dinamiche di socializzazione. Gia' dieci anni fa il Gruppo promozione donna di Milano affermava a proposito della legge 194 e dei nuovi percorsi delle donne relativamente alla maternita' che: non siamo l'origine, ma la trasmissione della vita, siamo il canale che la rende possibile, ma che la deve lasciare scorrere, non la puo' trattenere, siamo il grembo che la riceve per offrirla: non e' solo nostra, e' anche nostra, intendendo con queste affermazioni che liberta' di scelta e' soprattutto responsabilita' nei confronti della vita e delle nuove vite e non puro arbitrio senza misura e regola, ne' vissuto della maternita' come senso di onnipotenza. Inoltre va affermato e riconosciuto con forza che i modelli tradizionali di famiglia, da quella patriarcale e contadina a quella nucleare e urbana, sono stati prevalentemente origine di forte disuguaglianza tra i sessi e le generazioni, nonche' di sofferenze personali e di mali sociali. Da queste forme familiari occorre allargarsi alla forma "comunita'", intendendo con cio' tutti quegli ambiti, famiglia compresa, in cui si esercita una responsabilita' sociale ed educativa nei confronti di tutti i suoi membri e in particolare delle nuove vite. A tale proposito va data piena rilevanza alla maternita' sociale intesa come quel legame di tipo materno, non strettamente biologico, ma profondamente educativo, su cui si fonda e si e' storicamente fondata la socializzazione, l'essere comunita' e la stessa organizzazione sociale. Invece del legame di sangue e della concezione della relazione genitoriale come legame di possesso, occorre mettere al primo posto il progetto, che e' appunto scelta responsabile di amore e di accoglienza della nuova vita, da cui solo puo' nascere una relazione educativa feconda, che ha soprattutto il significato di consegnare ad ogni persona il senso della propria vita, e una socializzazione come trasmissione di valori, tra i quali devono primeggiare il rispetto e l'accettazione delle differenze di genere e generazionali. Per completare il senso di quanto detto ci si puo' soffermare su un breve confronto tra genitorialita' naturale e genitorialita' sociale, che possono arricchirsi reciprocamente. Se la genitorialita' riguarda la cura dei figli nell'ambito privato della famiglia, la "generativita' sociale" fa riferimento ad un coinvolgimento piu' ampio con la generazione successiva o al contributo creativo della societa' in generale, perche' si intende come capacita' di prendersi cura delle persone, dei prodotti e delle idee verso cui si e' preso un impegno. La genitorialita' e' una funzione complessa legata a vari significati. C'e' l'aspetto psicologico piu' profondo legato al tema del rapporto tra generazioni, che esplicita il riconoscimento del valore di se', di cio' che ci ha preceduti e di cio' che verra' dopo di noi. C'e' l'aspetto della funzione educativa, sia materna (area simbolica del nutrimento, della fiducia e della speranza), che paterna (area simbolica della giustizia e dell'equita'). Nella genitorialita' sociale che si esplica nell'adozione, nell'affidamento familiare e nel piu' vasto impegno degli adulti verso la generazione dei piu' giovani (comunita' educante), gli aspetti della genitorialita' naturale hanno un diverso peso e sono diversamente intrecciati. Comunque tutte queste diverse forme genitoriali hanno in comune l'impegno generativo che gli adulti assumono e sviluppano nei confronti della generazione successiva. * 5. Ambito della Chiesa Ci dispiace dover esprimere ancora una volta il disappunto nei confronti degli interventi e delle ingerenze delle gerarchie cattoliche. Non si tratta di non riconoscere il diritto di intervenire su questioni cosi' importanti come la difesa della vita, ma riteniamo che il compito fondamentale della chiesa sia quello di annunciare Gesu' Cristo e di formare le coscienze, affinche' possano esercitare in piena liberta' e responsabilita' le loro scelte. Non siamo d'accordo con le crociate e la formulazione di divieti, tra l'altro resi inutili quando le procedure d'applicazione sono gia' entrate in uso. E proprio l'attenzione per la vita e l'impegno a leggere e ad affrontarne le problematiche ci portano ad esprimere alcune considerazioni circa la posizione dell'istituzione chiesa sulla questione della "Procreazione medicalmente assistita", legge di uno stato laico che riguarda credenti e non credenti. Se l'istituzione chiesa ha paura del mondo, dimenticando che non tutto il mondo e' male, che Cristo e' entrato nel mondo e che del male e' il vincitore, se ha paura del nuovo, non riconoscendo che la vita e' un continuo scontrarsi con la novita', il cambiamento e la liberta' di ognuno, se ha paura della perdita di potere, trascurando che Cristo la chiama ad essere servizio, seme, lievito e coscienza critica, smette di incontrare l'umanita'. Se nell'ingerenza politica di uno stato laico l'istituzione ecclesiale esprime un suo modo per non perdere privilegi e ottenere concessioni e consensi, se la pressione su politici sedicenti cattolici e' un suo modo per stare a galla, rivendicando cosi' in tutti i campi l'autorita' d'intervento e la salvaguardia dei suoi principi, il divario, lo scollamento fra quei credenti che si rifanno alle linee innovative del Concilio Vaticano II e la gerarchia e' assicurato. D'altronde riteniamo che non si possa intervenire senza mettersi in discussione e cio' e' importante per poter affrontare, non solo a livello di commissioni specialistiche, problemi cosi' spinosi e sofferti. Neppure e' possibile utilizzare strumenti e fissare norme se ci si mantiene lontani dal modo di ragionare, dalle emozioni, dai desideri della gente che si muove in situazioni reali e che da sempre chiede di dare dignita' alla propria persona, al proprio genere e ai propri bisogni, solitamente poco considerati da chi sta al vertice. Se le norme, che sono necessarie, si costruissero attraverso una conoscenza, un confronto, una relazione anche con i diretti interessati, se il parere, il giudizio di chi ufficialmente non conta fosse finalmente ascoltato e studiato, se la presunzione d'essere sempre nel giusto fosse abbandonata, se si lasciasse spazio allo Spirito che soffia dove vuole e non dove si pretende, in modo da penetrare a fondo le indicazioni della Parola, la missione profetica della chiesa, secondo noi, si arricchirebbe di significato, di valore. Riteniamo, infatti, che diritto/dovere della chiesa sia annunciare quella Parola che riguarda l'umanita' e la vita e la loro difesa (indipendentemente dalle modalita' di procreazione, l'intervento di Dio, fonte della vita, non viene mai meno), oltre che realizzare quella profezia evangelica che la pone tra chi ha bisogno. I tormenti, le attese, le speranze della gente esigono simpatia, comprensione e compassione e non atteggiamenti pregiudizialmente inflessibili e dogmatici, che rendono distanti. Infine, nel contesto di questa legge, sarebbe credibile una chiesa pronta a: - sostenere l'impegno verso un "diritto mite e aperto", - difendere la qualita' della vita (non solo in linea di principio) e della dignita' della persona (salute, diritti, opinioni, ecc.) - in primo luogo della donna che e' la piu' coinvolta in questa situazione e che dovrebbe essere la piu' abilitata a parlare di quanto e' di sua esclusiva competenza e imprescindibile interesse, - incoraggiare la ricerca e il perfezionamento delle biotecniche denunciandone gli abusi la' dove si verificano, - non barricarsi con l'esclusione di modelli familiari esistenti nella societa' contemporanea, giudicandoli a priori senza comprenderne e riconoscerne le effettive possibilita' di amore, - ispirarsi e praticare l'unico ed esclusivo messaggio che e' chiamata a testimoniare e a rendere presente nel mondo: l'amore, tenendo presente che l'amore non e' un'entita' astratta, ma implica persone concrete e il loro ben-essere, - accettare di mettersi in cammino con tutti, credenti e non, per costruire la giustizia, attraversare il dolore e coltivare la gioia maturando una reciproca responsabilita'. * Nota sul referendum Noi riteniamo che il referendum, pur essendo uno strumento inadeguato per una materia cosi' complessa, possa offrire la possibilita' alla societa' civile di ragionare sulle tematiche espresse dalla legge, la quale non e' obbligante per quanti non intendono avvalersene, ma semplicemente tende a regolare difficili realta'. Questa legge, frutto di compromessi, non e' convincente. Essendo pero' diritto dei cittadini, se interpellati, quello di esprimere l'esigenza di rivedere e ridiscutere in Parlamento i punti piu' controversi in essa contenuti, pensiamo di essere sufficientemente adulti e responsabili per decidere liberamente se utilizzare, o meno, questo strumento. * Hanno partecipato al forum: Betty Cambieri, Giovanni Cancarini, Teresa Ciccolini, Adriana De Benedittis, Simone De Clementi, Grazia Villa. Hanno curato la stesura del testo: Teresa Ciccolini e Betty Cambieri. Per informazioni e contatti: Forum uomo-donna del Gruppo promozione donna, via Sant'Antonio 5, 20122 Milano, tel. 0258391335, e-mail: gpdmilano at virgilio.it 3. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 4. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at inwind.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 921 del 6 maggio 2005 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione).
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