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La nonviolenza e' in cammino. 917
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 917
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Mon, 2 May 2005 00:45:52 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 917 del 2 maggio 2005 Sommario di questo numero: 1. Andrea Stroppiana: Salviamo la vita di Amina Al Tuhaif 2. Daniele Lugli: Il ripudio della violenza 3. "Azione nonviolenta" di maggio 4. Mao Valpiana: Riflessioni sul papa della Chiesa cattolica 5. Letizia Tomassone: Cancellazioni 6. Adriana Valerio: Chiesa cattolica e soggettivita' delle donne 7. Francesca Lazzarato ricorda Augusto Roa Bastos 8. Maddalena Gasparini: Referendum, la liberta' e le regole 9. Aldo Capitini: Anche la gentilezza 10. La "Carta" del Movimento Nonviolento 11. Per saperne di piu' 1. APPELLI. ANDREA STROPPIANA: SALVIAMO LA VITA DI AMINA AL TUHAIF [Ringraziamo Ettore Masina (per contatti: ettore at ettoremasina.it) per averci fatto pervenire il seguente appello diffuso da Andrea Stroppiana (per contatti: a.stroppiana at ongrc.org) dell'ong "Ricerca e cooperazione"] Cari amici, l'organizzazione non governativa per la quale lavoro ha un progetto in Yemen di diritti umani che io seguo in prima persona, progetto che fornisce avvocati volontari che difendono gratuitamente bambini e donne in procedimenti giudiziari. Abbiamo un caso disperato: una giovane donna, Amina Al Tuhaif, che in maggio sara' fucilata. I nostri avvocati hanno tentato di tutto; ora e' il momento della protesta, che resta l'unico strumento che abbiamo per salvarle la vita. L'ho conosciuta in carcere a Sana'a in aprile. La legge yemenita, la Costituzione del paese e la stessa Sharia sarebbero dalla nostra parte, ma la situazione, senza un intervento adeguato, non si sblocca; i giudici si sono decisi a dare una punizione esemplare a questa donna che si proclama innocente in quanto donna (14 anni al momento del supposto delitto). * La vicenda di Amima Amina Al Tuhaif e' oggi detenuta presso la prigione centrale di Sana'a, in Yemen. Il 22 novembre 1998 Amina e' stata arrestata con l'accusa di aver partecipato all'assassinio di suo marito Hezam Hasan Qabail. Amina si proclama totalmente innocente e dichiara che la responsabilita' del fatto e' della famiglia del marito. La legge yemenita stabilisce la piena responsabilita' penale per gli individui al di sopra dei 15 anni di eta'. Il medico legale ha fissato l'eta' di Amina al momento del crimine tra i 14 anni e 3 mesi e 15 anni (e cosa comune in Yemen non possedere documenti d'identita' e non registrare la propria data di nascita). Nonostante cio' Amina e' stata condannata alla fucilazione. Lo Yemen nel maggio del 1991 ha ratificato la Convenzione sui Diritti del Fanciullo, nel cui articolo 27 si afferma che gli Stati membri assicurano che ai minori non saranno inflitte pene capitali, ne' un minore potra' essere condannato all'ergastolo anche in caso di crimine di grave entita'; inoltre, in caso di crimine che richieda secondo la legge la condanna a morte, in virtu' dell'articolo 31 del Codice Penale del 1994 questa non puo' essere comminata a una persona che al momento del crimine non aveva ancora compiuto 18 anni. La sentenza e' passata in appello presso il tribunale competente, quello del Governatorato di Al Mahweet; il rapporto del legale, probatorio della minore eta' di Amina, non e' stato preso in considerazione. La Corte d'appello ha confermato la sentenza originaria. A nulla e' valso il ricorso presso la Corte Suprema che ha riconfermato la pena capitale con la quale si condanna Amina alla pena capitale per fucilazione. Durante la sua detenzione presso il carcere di Al Mahweet, Amina e' stata violentata ed e' rimasta incinta. Trasferita in seguito nella prigione centrale di Sana'a, il Pubblico Ministero ha stabilito la data dell'esecuzione, posticipata a causa della gravidanza, al compimento del secondo anno di eta' del bambino per permettere lo svezzamento completo. A maggio 2005 il bambino avra' compiuto i due anni e la sentenza sara' eseguita. L'organizzazione non governativa italiana "Ricerca e Cooperazione" ha promosso la creazione di un Centro di difesa legale in cui avvocati volontari yemeniti difendono gratuitamente donne e minori, tutto cio' avviene con il cofinanziamento ed il patrocinio della Unione Europea. L'accesso agli incartamenti di Amina da parte degli avvocati che la difendono e' negato illegalmente dal Tribunale di Al Mahweet. Si avvicina il momento dell'esecuzione di Amina. Lo Yemen e' uno stato di diritto, si conta sulla sensibilita' dei suoi governanti e sull'assoluta serieta' del suo sistema giudiziario affinche' i diritti di base dei minori siano rispettati e una ingiustizia cosi' evidente non passi sotto silenzio macchiando l'immagine del paese. * Modello di lettera da inviare alle autorita' yemenite, e da inviare altresi' ad Andrea Stroppiana (e-mail: a.stroppiana at ongrc.org) per opportuna conoscenza ed affinche' le inoltri all'ambasciata dello Yemen in Italia H. E. President of the Republic of Yemen, Mr. Ali Abdullah Saleh www.presidentsaleh.gov.ye/en/index.php?option=contact&Itemid=6 H.E. Minister of Human Rights Ms. Amat Al Alleem Soussua, fax: 00967 01 444838 e-mail: mshr at y.net.ye H.E Minister of Foreign Affairs Mr. Abubaker Alqirbi fax: 00967 01 276618 e-mail: mofa at y.net.ye Amina Al Tuhaif is a 21 year old prisoner of the Central Prison of Sana'a, Yemen. The 22.11.1998 Amina was arrested as participant in the murder of her husband Hezam Hasan Qabail. At the moment of the crime Amina was 14 years old. Amina got married at the age of 11. With 12 she had the first menstruation, and at the moment of her arrest she was pregnant with her second daughter. Until today she still declares her innocence. The legal procedures were taken place and Amina was sentenced to death penalty. In the appeal court in Al Mahwet nothing was discussed concerning Amina's case and the report of the legal doctor stating her age was not taken into consideration. The Court of Appeal supported the first sentence. In the Supreme Court Amina contested the primary sentence but the Supreme Court reconfirmed it. Amina was again condemned to execution. While her detainment in Al Mahwet Amina was raped and became pregnant. She was then transferred to the Sana'a Central Prison, where her pregnancy led to the postponement of her execution until her baby reached the age of 2 years, in order to give Amina the time to finish breastfeeding. In may 2005 Amina's child will be two years old, and her execution will be carried out as sentenced. The "Last chance to freedom" Legal center is providing legal help to Amina. The legal defense faces many obstacles. The lawyer's access to Amina's legal files are illegally held by the General Deputy and the Head of Prosecution in Al Mahwet. Amina needs urgent legal help, there is only one month left until her execution. We implore you to intervene in Amina's case and to guarantee that Yemeni law is applied. Sincerely, Firma e indirizzo 2. RIFLESSIONE. DANIELE LUGLI: IL RIPUDIO DELLA VIOLENZA [Da "Azione nonviolenta" di gennaio-febbraio 2005 (per contatti: e-mail: azionenonviolenta at sis.it, sito: www.nonviolenti.org) riprendiamo il seguente articolo. Nel corso del 2005, ogni mese, sulla rivista mensile del Movimento Nonviolento, "Azione nonviolenta", verra' proposta una riflessione su una delle dieci caratteristiche della personalita nonviolenta proposte da un saggio di Giuliano Pontara. Una nota editoriale di presentazione cosi' illustra l'iniziativa: "Ogni mese svilupperemo una riflessione su una delle dieci caratteristiche della personalita' nonviolenta. Abbiamo chiesto ad amici ed amiche della nonviolenza di aiutarci in questa ricerca. Proponiamo a singoli e gruppi di seguire questo percorso, sviluppando iniziative locali (una lettura comunitaria, un giorno di digiuno, un banchetto in piazza, una cartello esposto, un dibattito pubblico, ecc.) che confluiranno poi in una azione nonviolenta comune e nazionale. Il Congresso del Movimento Nonviolento ha individuato un percorso, che lungo tutto il 2005 utilizzera' i dieci numeri di 'Azione nonviolenta', seguendo come traccia le 'Dieci caratteristiche della personalita' nonviolenta' individuate da Giuliano Pontara, rilette nella loro valenza collettiva e politica (il ripudio della violenza; la capacita' di identificare la violenza; l'empatia; il rifiuto dell'autorita'; la fiducia negli altri; la disposizione al dialogo; la mitezza; il coraggio; l'abnegazione; la pazienza). E' stata infatti sottolineata l'esigenza che l'iniziativa, nel suo svolgersi e nella sua conclusione, testimoni dell'aggiunta che la nonviolenza e' in grado di dare alla politica. Per questo si e' anche sottolineato trattarsi di una iniziativa che proponiamo a tutti i singoli e a tutte le forze per le quali 'il rifiuto della guerra e della sua preparazione e' la condizione preliminare per un nuovo orientamento', e che sono alla ricerca di una valida alternativa. In tal senso le dieci parole possono avere applicazioni concrete nella politica e nel sociale sui temi fondamentali della convivenza civile, individuando azioni che possano essere concretamente sperimentate e che confluiscano in una pubblicazione del Movimento Nonviolento da diffondere nel modo piu' largo". Daniele Lugli (per contatti: daniele.lugli at libero.it) e' il segretario nazionale del Movimento Nonviolento, figura storica della nonviolenza, unisce a una lunga e limpida esperienza di impegno sociale e politico anche una profonda e sottile competenza in ambito giuridico ed amministrativo, ed e' persona di squisita gentilezza e saggezza grande] Ripudio e', secondo una diffusa etimologia, respingere col piede (pes, pedis), con particolare vigore e disprezzo quindi. Lo si fa anche derivare da pudere, vergognarsi, far vergognare. Si associano benissimo: qualcosa di cui, finalmente, ci si vergogna e che percio' si allontana con forza, perche' piu' non torni. Indica infatti usualmente il rifiuto di un legame gia' importante, sociale, affettivo e dei comportamenti correlati: ripudio del matrimonio, di un'amicizia. E' allontanare un elemento che fu costitutivo della propria identita', una parte di se' (addirittua la meta'). Indica pure l'atto del rinnegare come propria una cosa, per la quale si ha titolo, si presume possesso, impegno, adesione spirituale, o della quale si e' addirittura autore: un libro, un'eredita', una tradizione, il debito pubblico, i propri principi, la propria fede. E' un atto che puo' essere individuale o collettivo, ma che comporta comunque una forte adesione personale. E' un atto grave e solenne, per il quale occorre certamente una ragione valida e sentita. Direi l'intollerabilita' della situazione in cui si vive, dell'attribuzione a se' di certi legami, opere, obblighi, convincimenti. Sono circostanze tutte che ricorrono nel caso della violenza, che e' oppressione, tormento, distruzione, sia da noi esercitata, sia nei nostri confronti. Violenza e' violare, profanare, contaminare, insozzare, offendere, maltratttare, violentare. Perfettamente distinguibile dalla forza, come il potere dal dominio. Ma per ripudiarla e' necessario che la sua intollerabilita' sia avvertita, che la sua inevitabilita' sia messa in discussione. I percorsi, individuali e collettivi, possono essere diversi. Per quel che mi riguarda e' stato molto importante l'incontro, oltre quaranta anni fa, con Capitini, Pinna, Dolci, L'Abate che quel ripudio operavano e testimoniavano, ma decisivo e' stato rintracciare un mio percorso. Si basa molto sulla consapevolezza della mia fallibilita', pur nella ricerca della migliore interpretazione dell'agire umano e del suo senso, sulla considerazione del principio di precauzione, o quanto meno sulla necessita' di limitare i danni. Sono sempre all'inizio, anche se sembra ben tracciato e praticabile. Avverto, come moltissimi se non tutti, la gravita' della violenza quando, anche non estrema, colpisce o minaccia me o le persone che mi sono care. Sento e sperimento in vari campi, e anche questo credo sia comune a molti, la precarieta', quando non l'illusorieta', dei risultati conseguiti con il suo uso. Che i fini non giustifichino i mezzi, nella sfera privata come in quella pubblica, ma che siano i mezzi violenti a compromettere gravemente il fine, e' quotidianamente dimostrato. Sotto i nostri occhi e' la continua estensione della violenza e dei suoi effetti, nello spazio e nel tempo, la sua invasivita' di ogni ambito pubblico e privato, la sua capacita' di compromettere la vita e la speranza, non solo nostra, ma dei nostri figli e nipoti. Possiamo con piu' chiarezza vedere gli effetti della violenza diretta, magari in tempo reale. Abbiamo maggior conoscenza della violenza che sta nelle strutture sociali ed economiche, piu' distruttiva ancora della violenza diretta. Misuriamo il peso della violenza culturale, che si avvale del prestigio di grandi tradizioni religiose e politiche. Nessuna di queste manifestazioni della violenza sembra attenuarsi. Al piu' si traveste con aggettivi che la vogliono umanitaria e preventiva di violenze maggiori, obbligata dalla leggi dell'economia, manifestazione di irrinunciabili identita' religiose, politiche, etniche. Si traveste, cambia nome, ma la possiamo riconoscere facilmente: e' chiusura, impedimento all'esistenza, alla liberta', allo sviluppo nostri e degli "altri". Ma il ripudio concreto, nell'azione e nel pensiero, pur maturo, resta difficile, personalmente e come proposta politica. Come se in un mondo che ci appare ostile e incerto la rinuncia alla violenza potesse ulteriormente indebolirci. Continua un fraintendimento che Stanislaw Jerzy Lec ha ben denunciato " Si e' creduto che non uccidere fosse un divieto, invece era una scoperta". Qui ritrovo l'indicazione di Capitini "Violenza e' un concetto relativo all'oggetto sul quale si esercita una certa azione. Quanto meno io considero quell'oggetto in cio' che esso e' per se stesso, tanto piu' mi avvio alla violenza verso di esso. La nonviolenza e' una presa di contatto col mondo circostante nella sua varieta' di cose, di esseri subumani, e di esseri umani, e' un destarsi di attenzione alle singole individualita' di tutti questi oggetti circostanti per porsi un problema 'Che cos'e' questo singolo oggetto? Qual'e' la sua caratteristica, la sua vita, la sua liberta', il suo formarsi dal di dentro?'". E' il punto di partenza di un movimento, di una tensione perche' gli oggetti che "chiamo cose" siano intanto adoperate bene in modo appropriato nella prospettiva di "ridurre il campo delle cose, stabilendo con alcune di esse un rapporto di collaborazione meno imperioso e meno antropocentrico". E' una prospettiva che si amplia e rafforza su tutta la scala degli esseri non umani, una sorta di addestramento che, portato nel mondo umano, ha "una risonanza grandiosa": e' il punto di tensione piu' profondo per il sovvertimento di una realta' inadeguata... Il ripudio della violenza e' la condizione che permette, perfino a me quando mi impegno, di intravvedere che ci sono alternative tra l'essere vittima o carnefice o spettatore impotente, spesso complice. 3. STRUMENTI. "AZIONE NONVIOLENTA" DI MAGGIO [Dalla redazione di "Azione nonviolenta" (per contatti: e-mail: azionenonviolenta at sis.it, sito: www.nonviolenti.org) riceviamo e diffondiamo] E' uscito il numero di maggio 2005 di "Azione nonviolenta", rivista del Movimento Nonviolento, fondata da Aldo Capitini nel 1964, mensile di formazione, informazione e dibattito sulle tematiche della nonviolenza in Italia e nel mondo. In questo numero: Appunti, spunti e riflessioni sul Papa della Chiesa cattolica (di Mao Valpiana); Verita' contro verita'. Un viaggio in Israele-Palestina (di Franco Perna); Morto un Papa (Karol Wojtyla)... Nunc dimittis (di Pietro Stefani); ... Se ne fa un altro (Joseph Ratzinger)... E se Ratzinger avesse ragione? (di Alexander Langer); Il guerriero sconfitto dalla storia (di Marcello Veneziani); Una santificazione mediatica (di Lucio Garofalo); Le dieci caratteristiche della personalita' nonviolenta: il rifiuto dell'autorita' (di Lev Tolstoj). Le rubriche: Musica: Per un'educazione musicale nonviolenta (di Paolo Predieri); Economia: L'etica localistica della finanza padana (di Paolo Macina); Per esempio: Un team internazionale per la pace nei Balcani (di Maria G. Di Rienzo); Lilliput: Dopo 60 anni, mettiamo al bando le armi nucleari (di Massimiliano Pilati); Cinema: La violenza della guerra nelle missioni di pace (di Flavia Rizzi); Educazione: Bulli e vittime nella scuola di oggi (intervista ad Elena Buccoliero); Libri: Politica, cultura, filosofia della nonviolenza attiva (a cura di Sergio Albesano); Lettere: La retorica patriottarda (di Giuseppe Ramadori); L'azienda scuola (di Lucio Garofano); Movimento: Euromediterranea 2005. Verso il centro studi del Movimento Nonviolento. In copertina: Isreale-Palestina. Un pontificato a confronto con la pace. In ultima: Materiale disponibile. * Per contatti: redazione, direzione, amministrazione: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803 (da lunedi' a venerdi': ore 9-13 e 15-19), sito: www.nonviolenti.org Per abbonarsi ad "Azione nonviolenta" inviare 29 euro sul ccp n. 10250363 intestato ad "Azione nonviolenta", via Spagna 8, 37123 Verona. E' possibile chiedere una copia omaggio, inviando una mail a: an at nonviolenti.org, scrivendo nell'oggetto "copia 'Azione nonviolenta'". 4. RIFLESSIONE. MAO VALPIANA: RIFLESSIONI SUL PAPA DELLA CHIESA CATTOLICA [Ringraziamo Mao Valpiana (per contatti: mao at sis.it) per averci messo a disposizione come anticipazione il suo editoriale del fascicolo di maggio 2005 di "Azione nonviolenta". Mao (Massimo) Valpiana e' una delle figure piu' belle della nonviolenza in Italia; e' nato nel 1955 a Verona dove vive ed opera come assistente sociale e giornalista; fin da giovanissimo si e' impegnato nel Movimento Nonviolento (si e' diplomato con una tesi su "La nonviolenza come metodo innovativo di intervento nel sociale"), e' membro del comitato di coordinamento nazionale del Movimento Nonviolento, responsabile della Casa della nonviolenza di Verona e direttore della rivista mensile "Azione Nonviolenta", fondata nel 1964 da Aldo Capitini. Obiettore di coscienza al servizio e alle spese militari ha partecipato tra l'altro nel 1972 alla campagna per il riconoscimento dell'obiezione di coscienza e alla fondazione della Lega obiettori di coscienza (Loc), di cui e' stato segretario nazionale; durante la prima guerra del Golfo ha partecipato ad un'azione diretta nonviolenta per fermare un treno carico di armi (processato per "blocco ferroviario", e' stato assolto); e' inoltre membro del consiglio direttivo della Fondazione Alexander Langer, ha fatto parte del Consiglio della War Resisters International e del Beoc (Ufficio Europeo dell'Obiezione di Coscienza); e' stato anche tra i promotori del "Verona Forum" (comitato di sostegno alle forze ed iniziative di pace nei Balcani) e della marcia per la pace da Trieste a Belgrado nel 1991; un suo profilo autobiografico, scritto con grande gentilezza e generosita' su nostra richiesta, e' nel n. 435 del 4 dicembre 2002 di questo notiziario] Faccio una breve premessa. Probabilmente non necessaria, ma certamente non inutile. "Azione nonviolenta" e' la rivista del Movimento Nonviolento, che e' un'associazione culturale, politica, apartitica e aconfessionale, pienamente immersa nella realta' viva dell'oggi, coinvolta nelle vicende del nostro tempo. Il Movimento Nonviolento e' aperto a tutti, credenti di ogni fede e non credenti, e ricerca l'unita' sul valore fondante della nonviolenza; dunque, pur se laico, anzi proprio perche' laico, sinceramente interessato a capire, comprendere, discutere, cio' che si muove ed accade anche nel mondo religioso. Specialmente quando tali vicende investono questioni decisive per l'umanita' intera. Non c'e' bisogno di essere credenti per riconoscere l'importanza storica del lungo e complesso pontificato di Giovanni Paolo II, del suo ruolo nelle vicende della Polonia e quindi del crollo dei regimi dell'Europa orientale, dell'apertura del dialogo ecumenico mondiale, dell'incontro fra cattolici ed ebrei, del ripetuto "no" alla guerra del Golfo e alla guerra in Iraq. Naturalmente, come per tutte le cose di questo mondo, ci sono luci ed ombre. Basti pensare al ruolo della Chiesa nella vicenda lacerante della ex Jugoslavia. Molto e' stato detto, a proposito e a sproposito, sul pontificato di Wojtyla, e molto si dira' ancora. Noi non abbiamo nessuna pretesa di compiere un'analisi approfondita, ne' questo e' nostro compito. Semplicemente non vogliamo sottrarci a qualche riflessione che riteniamo utile, soprattutto dopo lo straripamento di parole e di immagini avvenuto prima, durante e dopo la morte di papa Giovanni Paolo II "Il Grande". E desideriamo anche essere attenti al magistero del nuovo pontefice, per l'importanza che esso riveste per tutto il mondo cattolico, e non solo. Lo facciamo con molto rispetto, con il necessario distacco, e nello spirito del dibattito che abbiamo avviato da tempo su "laicita' e religiosita' della nonviolenza". L'invito a convertirsi alla nonviolenza riguarda tutti, credenti e agnostici, religiosi e atei, cattolici e razionalisti. E' con questo intento che pubblichiamo una riflessione di Piero Stefani sulla morte e sul testamento di Giovanni Paolo II. Indubbiamente, l'ultima parte del pontificato, con l'avanzare della malattia e della vecchiaia, ha messo in evidenza la "tensione e familiarita'" di un Papa che tanti hanno sentito vicino. Come omaggio al nuovo pontefice Benedetto XVI pubblichiamo un articolo di Alexander Langer che nel 1987 fece un'apertura (criticata da molti ma che condividemmo) verso l'allora cardinale Ratzinger, sui temi della bioetica, ancor oggi, in vista del prossimo referendum, di straordinaria attualita'. A seguire diamo spazio a due opinioni divergenti su papa Wojtyla: chi lo considera uno sconfitto in quanto profeta inascoltato, e chi critica l'operazione mediatica che ha santificato il papa-re. Ci fa piacere che il papa Joseph Ratzinger abbia specificato di aver scelto il nome "Benedetto XVI" proprio per sottolineare l'importanza primaria del lavoro per la pace, sia in omaggio allo spirito monacale di San Benedetto ("Cerca la pace, e seguila"), sia in ricordo di Benedetto XV (che cerco' di fermare la prima guerra mondiale, "inutile strage"). Il dibattito e' avviato, ma proprio sulla base dell'esperienza concreta dell'insegnamento e dell'opera di Giovanni Paolo II, anche alla luce del Concilio Vaticano II e dei pontificati di Giovanni XXIII e di Paolo VI, ci permettiamo di evidenziare alcune questioni aperte, sulle quali auspichiamo che il magistero di Benedetto XVI possa fare qualche passo in avanti. Condannare sempre e comunque il ricorso alla guerra ed anche la sua preparazione; annunciare che non esiste guerra giusta, ne' guerra santa, ne' guerra legittima, e che il concetto stesso di guerra e' fuori dalla cristianita'. Denunciare la fabbricazione, il possesso e l'uso di armi di sterminio di massa. Chiedere a tutti i governi del mondo il riconoscimento dell'obiezione di coscienza verso la guerra, il servizio e le spese militari, invitando i cristiani a praticare l'obiezione. Sciogliere l'ordinariato militare, abolire i cappellani militari, ritirare la partecipazione sacerdotale alle cerimonie militari, proibire la benedizione delle armi. Indicare la nonviolenza evangelica, i suoi principi e i suoi metodi, come dottrina della Chiesa cattolica. Il comandamento "Non uccidere" ha valore universale (no alla pena di morte, no alla guerra). Tutto cio' senza derogare dal principio della laicita' dello Stato, ne' dall'idea cavouriana "libera Chiesa in libero Stato" che forse oggi dovrebbe essere aggiornata in "libere Chiese e libero Stato", per la nonviolenza del XXI secolo. Auguriamo a Benedetto XVI un pontificato fecondo, per la pace universale. 5. DIRITTI. LETIZIA TOMASSONE: CANCELLAZIONI [Dal notiziario dell'"Accademia apuana della pace" del 30 aprile 2005 (per contatti: sito: www.aadp.it, e-mail: aadp at lillinet.org) riprendiamo questo intervento. Letizia Tomassone (per contatti: carrarametodista at libero.it), pastora valdese, attualmente pastora della chiesa evangelica metodista di Carrara, gia' impegnata nell'esperienza di Agape, e' una delle figure piu' prestigiose dell'impegno per la pace, di solidarieta', per i diritti umani] Forse le emozioni legate alla scomparsa di Giovanni Paolo II e all'elezione del nuovo pontefice romano rendono in questo periodo distratti rispetto al pluralismo religioso che abita la societa' italiana. E' cosi' avvenuto che la Rai abbia respinto la pubblicita' a pagamento inviata dalla Chiesa Valdese per la campagna dell'8 per mille, malgrado fosse stato gia' stipulato un regolare contratto. Lo slogan "incriminato", di cui e' stata chiesta la modifica, e' "Molte scuole, nessuna chiesa" con la quale si vuole sottolineare come i fondi cosi' ottenuti non siano utilizzati per fini confessionali, stipendi di pastori o costruzioni di chiese, ma solo per progetti di solidarieta' e assistenza. Si tratta chiaramente di un atto intollerante. In una lettera inviata al direttore generale della Rai Flavio Cattaneo, la pastora Maria Bonafede, vice-moderatore della Tavola Valdese, ha chiesto chiarimenti sulla vicenda, esprimendo sorpresa e preoccupazione per una decisione "che ha il sapore della censura, della violazione di un fondamentale diritto alla comunicazione e della discriminazione nei confronti di una minoranza religiosa". La Chiesa Valdese presenta ogni anno con estrema trasparenza i bilanci di gestione dell'8 per mille, (e' possibile trovare i dati sulla gestione di tutti i fondi dell'8 per mille sul sito dell'Associazione consumatori: www.aduc.it e quelli relativi alla Chiesa Valdese sul sito: www.chiesavaldese.org). La Federazione delle Chiese evangeliche in Italia lamenta inoltre la cancellazione del programma radiofonico "Culto evangelico" che doveva andare in onda domenica 3 aprile alle 7,30 su Rai Radiouno. In occasione della morte del papa la trasmissione e' stata soppressa senza che alcuna comunicazione ne sia stata data agli autori o al pubblico (stimato su un milione e quattrocentomila persone). Poiche' si tratta di fatti di grave discriminazione nei confronti di una minoranza, e' importante denunciarli e farli conoscere alla maggioranza dei cittadini. E' sempre piu' diffusa infatti una identificazione, sui media italiani, del cristianesimo con il cattolicesimo romano. Anche in occasione dei dibattiti etici, e in particolare di quelli legati al referendum sulla procreazione assistita, non pare esserci spazio per le opinioni differenziate che le diverse chiese cristiane (o le diverse religioni) esprimono. E' importante dunque segnalare la necessita' che i media ritornino ad una informazione pluralista che corrisponde ad una societa' laica nella quale i cittadini possano muoversi con liberta'. 6. RIFLESSIONE. ADRIANA VALERIO: CHIESA CATTOLICA E SOGGETTIVITA' DELLE DONNE [Dal sito de "Il paese delle donne" (www.womenews.net) riprendiamo questo intervento di Adriana Valerio. Adriana Valerio (per contatti: avalerio at unina.it), teologa, e' presidente dell'European Society of Women for Theological Research e presidente della Fondazione P. Valerio per la Storia delle Donne; e' da piu' di vent'anni impegnata nel reperire fonti e testimonianze per la ricostruzione della memoria delle donne nella storia del cristianesimo. Laureata in Storia e Filosofia e in Teologia (dopo aver conseguito la Licenza a Fribourg in Svizzera), lavora attualmente alla Federico II di Napoli (cattedra di Storia del Cristianesimo). Ha diretto per tre anni il "Centro Adelaide Pignatelli per la ricerca storico-religiosa delle donne" ed e' delegata Onu e affari internazionali per l'"Associazione Internazionale Giovanna d'Arco" per la difesa dei diritti della donna nella societa' e nella chiesa. Dirige dal 1990 la collana La Dracma su Donne e Cristianesimo preso la casa editrice D'Auria di Napoli. Tra le tante pubblicazioni: Cristianesimo al femminile (Napoli 1990), Domenica da Paradiso. Profezia e politica in una mistica del Rinascimento (Spoleto 1993), Donna potere e profezia (Napoli 1995), Savonarola. Fede e speranza di un profeta (Paoline, Milano 1998), Donne in viaggio (Bari-Roma 1999), I sermoni di Domenica da Paradiso (Firenze 1999), Donne e Religione a Napoli ( con G. Galasso, Milano 2001), La Bibbia nell'interpretazione delle donne (con Claudio Leonardi, a cura di, Firenze 2002)] All'alta dignita' riservata alla donna, della quale ha riconosciuto "il genio", Giovanni Paolo II non ha affiancato un'altrettanto reale riconoscimento di ruoli e responsabilita'. In attesa di vedere come il cardinale Ratzinger, nel passato poco favorevole a significativi cambiamenti, voglia rispondere alle scottanti questioni di genere, vorrei offrire alcune indicazioni di una necessaria riforma della Chiesa che veda riconosciute la piena soggettivita' e cittadinanza delle donne. * Riformulare una nuova antropologia Occorre passare da un'antropologia della complementarieta' che porta a divisioni di ruoli e competenze (all'uomo spetta la sfera pubblica e politica e, in maniera complementare, alle donne spetta la sfera privata e domestica) a una antropologia della corresponsabilita' (antropologia di partnership), che rispetti l'uguaglianza dei due sessi, nella condivisione e nella responsabilita', e per la quale donne e uomini possono svolgere non ruoli diversi, ma gli stessi ruoli in modo diverso. * Revisionare i fondamenti delle discipline teologiche Perche' si rispettino l'uguale dignita' del maschile e del femminile. Per esempio la domanda su Dio e sulla sua unicita' non e' irrilevante per le donne perche' qualunque narrazione di Dio implica necessariamente una riflessione sull'essere umano fatto "a immagine di Dio". Se recuperiamo il femminile nel rinominare Dio, Dio stesso acquistera' nuove modalita' per essere pensato e detto: si fara' grembo, cibo, cura, recettivita', accoglienza, vicinanza, tenerezza, compartecipazione, debolezza, Sapienza... Madre. * Esegesi biblica, storia del cristianesimo, morale Anche l'esegesi biblica deve rileggere le Sacre scritture in modo da valorizzare il ruolo delle donne nella storia della salvezza (matriarche, profetesse, condottrici, sapienti, discepole, apostole...) e contestualizzare storicamente le affermazioni e i racconti legati alla cultura patriarcale e che parlano di violenza alle donne e di discriminazioni nei loro confronti. Una nuova inculturazione richiede l'esegesi dinamica delle fonti bibliche che hanno bisogno di essere incarnate anche nelle modalita' del pensiero e del linguaggio delle donne. Relativamente alla storia del cristianesimo lo sforzo del nuovo papato deve essere quello di favorire la ricerca e la conservazione della memoria e della tradizione delle donne perche' divenga patrimonio di tutta la Chiesa e si integri nella grande storia ecclesiale. Circa la morale le donne devono essere soggetti attivi e responsabili sia nel settore dell'elaborazione teorica (vedi le ricerche delle teologhe moraliste e la loro riflessione nel campo della contraccezione, della bioetica, ecc.), sia nell'ambito della vita pratica (armonia della coppia, paternita' e maternita' responsabile, difesa dalle malattie a trasmissione sessuale, procreazione assistita, uso di biotecnologie). * Favorire l'insegnamento e la riflessione teologica Affermare il "genio femminile" significa valorizzare e far entrare nel circuito accademico e pastorale l'apporto che le donne hanno dato nella costruzione del cristianesimo. Significa prendere in considerazione la ricerca delle donne nella costruzione dei saperi teologici, riformulare i libri di testo, potenziare lo studio e l'insegnamento delle donne offrendo loro spazi significativi di ricerca, di docenza e di dirigenza. * Rileggere e vivificare i ministeri Occorre valorizzare la donna nei suoi ruoli ministeriali. Bisognerebbe allora considerare i ministeri nelle loro molteplici articolazioni, non solo recuperando quegli spazi e quei ruoli specifici e originali che le donne ebbero nella chiesa primitiva (discepolato, apostolato, diaconato, profezia...), ma anche creando nuovi ministeri nel quadro di una pastorale comunitaria rinnovata: non in supplenza di una eventuale deficienza di personale maschile, bensi' come servizio necessario alla comunita'. Nell'economia ecclesiale non si tratta di rivendicare spazi, ma di fare comunione tra diversi, facendo circolare valori e talenti di cui ciascuno e' portatore per l'altro. * Riconsiderare la gestione del governo della Chiesa La donna e' attualmente esclusa da tutti gli organi di governo. Bisognerebbe al contrario che le donne fossero rappresentate in tutti gli organi deliberativi: a livello mondiale, diocesano e parrocchiale, di concili e di sinodi, relativamente a tutti gli ambiti che regolano la vita morale e pastorale della Chiesa. Il "modello inclusivo di partecipazione" e l'"ethos di uguaglianza" non escludono l'esercizio dell'autorita'-servizio, ma anzi lo esigono. * Queste riflessioni rispondono al bisogno di lavorare insieme, donne e uomini, per realizzare un modus operandi che veda compiersi una reale partnership teologica che dia spazio alla diversita' e alla complessita': comprensione armonica di riconciliazione dell'unita' e della molteplicita'. 7. LUTTI. FRANCESCA LAZZARATO RICORDA AUGUSTO ROA BASTOS [Dal quotidiano "Il manifesto" del 28 aprile 2005. Francesca Lazzarato dirige collane editoriali ed e' autrice, curatrice e traduttrice di molti libri soprattutto per giovani e bambini] Augusto Roa Bastos, il maggiore scrittore paraguayano del '900, e' morto martedi' in una clinica di Asuncion, dove era stato ricoverato in seguito a una caduta. Ad Asuncion era nato nel 1917, da una famiglia della borghesia, ma era cresciuto a Iturbe de Manora, un paesetto dove si parlava guarani': un bilinguismo che, insieme ai racconti orali sul Paraguay dell'800, segno' la sua opera. Fuggito a 15 anni dal collegio per partecipare come infermiere alla guerra del Chaco (1932-1935) tra Bolivia e Paraguay, di cui parlera' nel romanzo del 1960 Hijo de hombre (Figlio dell'uomo, Feltrinelli 1976), fu poi giornalista per "El Pais" di Asuncion e inviato in Europa, dove assistette fra l'altro al processo di Norimberga. Torno' in patria nel '46, ma le sue posizioni di sinistra gli costarono l'esilio: nel 1947 si rifugio' a Buenos Aires, dove rimase vent'anni, lavorando come sceneggiatore. E in Argentina vennero pubblicati i suoi testi piu' importanti, dai racconti di El trueno entre las hojas (1953), sulla difficile esistenza dei contadini paraguayani, a Hijo de hombre e soprattutto al suo capolavoro, Yo, El Supremo (1974, edito nel 1978 da Feltrinelli), romanzo-fiume sulla figura di Jose' Gaspar Rodriguez de Francia (1766-1840), sanguinario "monaco laico e anticlericale", a lungo dittatore del Paraguay. Grande affresco storico in cui si individuano il rimando alla follia del Don Chisciotte e l'influsso di Borges, Yo, El Supremo adotta molteplici registri, accostando brani di cronache dell'epoca, autentici o apocrifi, a voci diverse che si sovrappongono passando dalla prima alla terza persona. Il romanzo, tradotto in molte lingue, venne messo al bando come "sovversivo" dalla giunta argentina e contribui' al nuovo esilio dello scrittore, che nel 1976 fuggi' appena in tempo per evitare l'arresto. I vent'anni seguenti li avrebbe trascorsi in Francia (il dittatore Stroessner gli aveva proibito di tornare in Paraguay), insegnando letteratura ispanoamericana all'Universita' di Tolosa. Qui si sposo' per la terza volta ed ebbe due dei suoi sei figli, per i quali scrisse deliziosi racconti tradotti in Italia per Mondadori (Il pulcino di fuoco e I bambini volanti). Quando, nel 1989, la Spagna gli assegno' il Premio Cervantes, lo scrittore, pur essendo tutt'altro che ricco, regalo' al suo paese i 90.000 dollari del premio, allo scopo di creare una casa editrice per giovani autori. Nel dicembre dello stesso anno Roa Bastos rientro' finalmente in Paraguay, ma solo nel '96 torno' a risiedervi stabilmente. Chi l'ha conosciuto lo ricorda come un uomo di piccola statura, gentile e schivo, che ha lasciato una traccia profonda nella letteratura ispanoamericana, anche se in Europa la sua figura e' rimasta ai margini del boom che negli anni '70 vide protagonisti scrittori come Garcia Marquez e Vargas Llosa. 8. RIFLESSIONE. MADDALENA GASPARINI: REFERENDUM, LA LIBERTA' E LE REGOLE [Dal sito de "Il paese delle donne" (www.womenews.net) riprendiamo questo intervento di Maddalena Gasparini. Maddalena Gasparini, laureata in medicina e chirurgia e specializzata in neurologia, ha svolto attivita' clinica e curato l'organizzazione di congressi e corsi di aggiornamento e formazione in collaborazione e per conto di strutture ospedaliere del Consiglio nazionale delle ricerche, della Regione Lombardia e della Provincia di Milano; grazie all'incontro con la Libera universita' delle donne, da anni segue gli sviluppi delle tecnologie riproduttive approdando agli interrogativi etici che l'evoluzione delle biotecnologie pone alla collettivita'; dal 2003 e' vicecoordinatrice del gruppo di studio di "Bioetica e cure palliative in neurologia" della Societa' Italiana di Neurologia] Il gran parlare di embrioni e gameti, uteri e genoma ha ottenuto un risultato, ratificato dalla legge 40: fare della maternita' un percorso che riguarda l'embrione piuttosto che la donna o la coppia che desidera un figlio, con l'effetto perverso che a rischio di esclusione siano proprio i figli in nome dei quali si sono formulati limiti e divieti. L'inseminazione artificiale per avere un figlio in assenza di un partner maschile o il ricorso alla donazione di gameti esterni alla coppia ha rianimato i fantasmi delle ragazze-madri e delle adultere prefigurando una condanna implicita di quelli che una volta si chiamavano figli illegittimi. Quando 20 anni fa inizio' la definizione delle regole per la procreazione assistita, molti paesi decisero di garantire l'anonimato ai donatori di liquido seminale. Forse inconsapevolmente questa regola corrispose ai desideri maschili: il donatore poteva incassare il suo "rimborso spese" senza pensieri e disseminare il mondo di figli propri (del resto i padri e i nonni l'avevano fatto "per via naturale") mentre il ricevente poteva tener segreta quell'infertilita' che gettava un'ombra sulla sua efficienza virile. Diverse indagini hanno documentato che il 75-80% delle coppie che hanno fatto ricorso alla fecondazione eterologa non hanno informato e non intendono informare i figli della loro origine, introducendo nelle relazioni parentali un segreto che, per usare le parole dell'authority inglese (Hfea), "puo' avere un effetto lesivo sulle relazioni familiari e sociali". Come si sente il figlio, la figlia di un'inseminazione da donatore? Con questa domanda si apriva la lunga e toccante lettera di una giovane donna al "British Medical Journal" (2002, 324, 797): informata dalla madre, soffriva di non poter risalire al donatore ("una naturale curiosita'" scrive) e ancor piu' della difficolta' del padre legale ad affrontare con lei questo tema. Cosi' mentre alcuni scelgono di spingere nella clandestinita' una scelta problematica, altri paesi hanno preferito modificare le regole, togliendo l'anonimato del donatore e impegnando la donna o la coppia a informare il figlio della sua origine. Organizzazioni su base volontaria o le stesse strutture dove si esegue la procreazione medicalmente assistita (Pma) supportano il percorso informativo e, compiuta la maggiore eta', chi e' nato da inseminazione da donatore potra' saperne il nome e chiedere di incontrarlo. * Tenere in conto il vincolo fra origine biologica e legame sociale, seppure imposto dalla storia, e' un modo di riconoscere la trasformazione in atto e indirizzarla verso la valorizzazione della relazione affettiva, lontano dalla preminenza del biologico, ancor oggi garante piu' della fedelta' femminile che dell'identita' di chi nasce. La fecondazione eterologa, piu' ancora della fecondazione in vitro (fiv), sancisce la separazione della riproduzione dalla sessualita' e la possibilita' di una gravidanza senza partner maschile; la possibilita' di risalire al donatore permette alla figura maschile, la prima "differenza" che incontra chi nasce, di non essere ridotta alle dimensioni dello spermatozoo. Molti paesi hanno preferito la trasparenza all'ipocrisia di chi, come gli estensori della legge 40, del proprio disagio preferisce fare occasione di proibizione piuttosto che di crescita. Dalle sterilizzazioni forzate delle donne povere o malate alle "fattrici" della razza ariana, ogni forma di limitazione della liberta' riproduttiva, poco importa se naturale o artificiale, e' una grave limitazione della liberta' personale e un rischio per chi nasce, poco importa se per fecondazione naturale o artificiale, al di fuori del modello tradizionale di famiglia. Le scelte riproduttive appartengono alla sfera piu' intima dell'esistenza di ognuno e vanno difese con ogni mezzo dalle intrusioni dello Stato. Del resto, in questo sono ottimista, l'obbligo di aderire al modello di famiglia prediletto dai nostri legislatori non fara' molta strada: nessun padre surrogato - stato, chiesa o medicina - potra' far la parte che molti uomini in carne ed ossa - padri e amanti - hanno abbandonato. * La presunta difesa di chi nasce si traduce cosi' nel suo contrario, ma viene ribadita per giustificare la subordinazione di un diritto costituzionalmente garantito, la salute delle donne, al mantenimento in vita di un modello unico di famiglia. E forse non e' sufficientemente chiaro che mettere a rischio la salute delle donne vuol dire aumentare le incognite sulla salute di chi nasce: il tasso di complicanze perinatali e di malformazione nei nati da Fiv e' infatti correlato alla gemellarita' (quando superiore a due) tanto che in molti paesi viene favorito, quando non reso obbligatorio, il trasferimento di un solo embrione, selezionato per essere "il migliore". Per quanto i principi dell'etica medica non possano esaurire le domande sollevate dalla Pma, non c'e' dubbio che essi valgano anche per la Pma: il principio di autonomia, o della liberta' di disporre del proprio corpo; il perseguimento del "miglior interesse" ovvero il diritto alle procedure piu' efficienti e meno rischiose, incluso il ricorso alla diagnosi genetica preimpianto piuttosto che a una diagnosi prenatale che mette a rischio il prosieguo della gravidanza (l'abortivita' per amnio e villocentesi e' vicina all'1%) e che, in caso di anomalie genetiche, si risolve perlopiu' con un doloroso aborto terapeutico. Il consenso informato, su cui insiste la legge 40, si trasforma in informazione prescrittiva. L'adozione va segnalata come alternativa alla Pma: confondendo un atto di solidarieta' nei confronti di chi gia' e' al mondo con il desiderio di una gravidanza e maternita'. E' proibito recedere dal consenso gia' dato, come previsto in ogni altra procedura medico-chirurgica, dopo che sono stati creati gli embrioni ed e' obbligatorio il trasferimento di tutti quelli creati: l'assurdita' di quest'ultima disposizione non ha trovato soluzione nemmeno nelle linee-guida dove non osando proporre il trattamento sanitario obbligatorio previsto per i gravi malati di mente, non e' chiaro cosa ne sara' degli embrioni residui. Infine l'obbligo al numero chiuso per gli embrioni documenta l'ignoranza e l'arroganza di chi l'ha pensato; la fecondazione, come ogni manifestazione del vivente, non segue regole matematiche: non e' possibile prevedere il numero esatto di embrioni che risulteranno dall'inseminazione degli ovociti e il rischio che non se ne formi nessuno o piu' dei tre voluti dalla legge e' dietro l'angolo. Liberta' di disporre di se', tutela della salute, dignita' della persona sono strettamente legate nella procreazione assistita non meno che in ogni caso in cui le tecnologie biomediche modificano le fasi della vita, dal concepimento appunto fino alla morte; imporre limiti alle scelte, invece che regole alle procedure, intacca diritti e valori fondanti la nostra convivenza. 9. MAESTRI. ALDO CAPITINI: ANCHE LA GENTILEZZA [Da Aldo Capitini, Scritti sulla nonviolenza, Protagon, Perugia 1992, pp. 458-459 (e' un frammento da un articolo pubblicato postumo su "Azione nonviolenta" nell'ottobre 1968). Aldo Capitini e' nato a Perugia nel 1899, antifascista e perseguitato, docente universitario, infaticabile promotore di iniziative per la nonviolenza e la pace. E' morto a Perugia nel 1968. E' stato il piu' grande pensatore ed operatore della nonviolenza in Italia. Opere di Aldo Capitini: la miglior antologia degli scritti e' (a cura di Giovanni Cacioppo e vari collaboratori), Il messaggio di Aldo Capitini, Lacaita, Manduria 1977 (che contiene anche una raccolta di testimonianze ed una pressoche' integrale - ovviamente allo stato delle conoscenze e delle ricerche dell'epoca - bibliografia degli scritti di Capitini); recentemente e' stato ripubblicato il saggio Le tecniche della nonviolenza, Linea d'ombra, Milano 1989; una raccolta di scritti autobiografici, Opposizione e liberazione, Linea d'ombra, Milano 1991, nuova edizione presso L'ancora del Mediterraneo, Napoli 2003; e gli scritti sul Liberalsocialismo, Edizioni e/o, Roma 1996; segnaliamo anche Nonviolenza dopo la tempesta. Carteggio con Sara Melauri, Edizioni Associate, Roma 1991; e la recentissima antologia degli scritti Le ragioni della nonviolenza, Edizioni Ets, Pisa 2004. Presso la redazione di "Azione nonviolenta" (e-mail: azionenonviolenta at sis.it, sito: www.nonviolenti.org) sono disponibili e possono essere richiesti vari volumi ed opuscoli di Capitini non piu' reperibili in libreria (tra cui i fondamentali Elementi di un'esperienza religiosa, 1937, e Il potere di tutti, 1969). Negli anni '90 e' iniziata la pubblicazione di una edizione di opere scelte: sono fin qui apparsi un volume di Scritti sulla nonviolenza, Protagon, Perugia 1992, e un volume di Scritti filosofici e religiosi, Perugia 1994, seconda edizione ampliata, Fondazione centro studi Aldo Capitini, Perugia 1998. Opere su Aldo Capitini: oltre alle introduzioni alle singole sezioni del sopra citato Il messaggio di Aldo Capitini, tra le pubblicazioni recenti si veda almeno: Giacomo Zanga, Aldo Capitini, Bresci, Torino 1988; Clara Cutini (a cura di), Uno schedato politico: Aldo Capitini, Editoriale Umbra, Perugia 1988; Fabrizio Truini, Aldo Capitini, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1989; Tiziana Pironi, La pedagogia del nuovo di Aldo Capitini. Tra religione ed etica laica, Clueb, Bologna 1991; Fondazione "Centro studi Aldo Capitini", Elementi dell'esperienza religiosa contemporanea, La Nuova Italia, Scandicci (Fi) 1991; Rocco Altieri, La rivoluzione nonviolenta. Per una biografia intellettuale di Aldo Capitini, Biblioteca Franco Serantini, Pisa 1998; AA. VV., Aldo Capitini, persuasione e nonviolenza, volume monografico de "Il ponte", anno LIV, n. 10, ottobre 1998; Antonio Vigilante, La realta' liberata. Escatologia e nonviolenza in Capitini, Edizioni del Rosone, Foggia 1999; Pietro Polito, L'eresia di Aldo Capitini, Stylos, Aosta 2001; cfr. anche il capitolo dedicato a Capitini in Angelo d'Orsi, Intellettuali nel Novecento italiano, Einaudi, Torino 2001; per una bibliografia della critica cfr. per un avvio il libro di Pietro Polito citato; numerosi utilissimi materiali di e su Aldo Capitini sono nel sito dell'Associazione nazionale amici di Aldo Capitini: www.aldocapitini.it, altri materiali nel sito www.cosinrete.it; una assai utile mostra e un altrettanto utile dvd su Aldo Capitini possono essere richiesti scrivendo a Luciano Capitini: capitps at libero.it, o anche a Lanfranco Mencaroni: l.mencaroni at libero.it, o anche al Movimento Nonviolento: tel. 0458009803, e-mail: azionenonviolenta at sis.it] Sarebbe un errore vedere una distinzione tra privato e pubblico nel lavoro nonviolento, come se la cura amorevole dei singoli fosse cosa privata. Essa, se non e' legata a scelte per simpatia o per interesse ed e' potenzialmente per tutti, e' cosa pubblica per eccellenza. Direi che anche la gentilezza, forma costante del nonviolento, e' attivita' pubblica, e cosi' la lealta', la compagnia alle persone limitate. 10. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 11. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at inwind.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 917 del 2 maggio 2005 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione).
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