La nonviolenza e' in cammino. 917



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 917 del 2 maggio 2005

Sommario di questo numero:
1. Andrea Stroppiana: Salviamo la vita di Amina Al Tuhaif
2. Daniele Lugli: Il ripudio della violenza
3. "Azione nonviolenta" di maggio
4. Mao Valpiana: Riflessioni sul papa della Chiesa cattolica
5. Letizia Tomassone: Cancellazioni
6. Adriana Valerio: Chiesa cattolica e soggettivita' delle donne
7. Francesca Lazzarato ricorda Augusto Roa Bastos
8. Maddalena Gasparini: Referendum, la liberta' e le regole
9. Aldo Capitini: Anche la gentilezza
10. La "Carta" del Movimento Nonviolento
11. Per saperne di piu'

1. APPELLI. ANDREA STROPPIANA: SALVIAMO LA VITA DI AMINA AL TUHAIF
[Ringraziamo Ettore Masina (per contatti: ettore at ettoremasina.it) per averci
fatto pervenire il seguente appello diffuso da Andrea Stroppiana (per
contatti: a.stroppiana at ongrc.org) dell'ong "Ricerca e cooperazione"]

Cari amici,
l'organizzazione non governativa per la quale lavoro ha un progetto in Yemen
di diritti umani che io seguo in prima persona, progetto che fornisce
avvocati volontari che difendono gratuitamente bambini e donne in
procedimenti giudiziari. Abbiamo un caso disperato: una giovane donna, Amina
Al Tuhaif, che in maggio sara' fucilata.
I nostri avvocati hanno tentato di tutto; ora e' il momento della protesta,
che resta l'unico strumento che abbiamo per salvarle la vita.
L'ho conosciuta in carcere a Sana'a in aprile. La legge yemenita, la
Costituzione del paese e la stessa Sharia sarebbero dalla nostra parte, ma
la situazione, senza un intervento adeguato, non si sblocca; i giudici si
sono decisi a dare una punizione esemplare a questa donna che si proclama
innocente in quanto donna (14 anni al momento del supposto delitto).
*
La vicenda di Amima
Amina Al Tuhaif e' oggi detenuta presso la prigione centrale di Sana'a, in
Yemen.
Il 22 novembre 1998 Amina e' stata arrestata con l'accusa di aver
partecipato all'assassinio di suo marito Hezam Hasan Qabail. Amina si
proclama totalmente innocente e dichiara che la responsabilita' del fatto e'
della famiglia del marito.
La legge yemenita stabilisce la piena responsabilita' penale per gli
individui al di sopra dei 15 anni di eta'. Il medico legale ha fissato
l'eta' di Amina al momento del crimine tra i 14 anni e 3 mesi e 15 anni (e
cosa comune in Yemen non possedere documenti d'identita' e non registrare la
propria data di nascita). Nonostante cio' Amina e' stata condannata alla
fucilazione.
Lo Yemen nel maggio del 1991 ha ratificato la Convenzione sui Diritti del
Fanciullo, nel cui articolo 27 si afferma che gli Stati membri assicurano
che ai minori non saranno inflitte pene capitali, ne' un minore potra'
essere condannato all'ergastolo anche in caso di crimine di grave entita';
inoltre, in caso di crimine che richieda secondo la legge la condanna a
morte, in virtu' dell'articolo 31 del Codice Penale del 1994 questa non puo'
essere comminata a una persona che al momento del crimine non aveva ancora
compiuto 18 anni.
La sentenza e' passata in appello presso il tribunale competente, quello del
Governatorato di Al Mahweet; il rapporto del legale, probatorio della minore
eta' di Amina, non e' stato preso in considerazione. La Corte d'appello ha
confermato la sentenza originaria. A nulla e' valso il ricorso presso la
Corte Suprema che ha riconfermato la pena capitale con la quale si condanna
Amina alla pena capitale per fucilazione.
Durante la sua detenzione presso il carcere di Al Mahweet, Amina e' stata
violentata ed e' rimasta incinta. Trasferita in seguito nella prigione
centrale di Sana'a, il Pubblico Ministero ha stabilito la data
dell'esecuzione, posticipata a causa della gravidanza, al compimento del
secondo anno di eta' del bambino per permettere lo svezzamento completo. A
maggio 2005 il bambino avra' compiuto i due anni e la sentenza sara'
eseguita.
L'organizzazione non governativa italiana "Ricerca e Cooperazione" ha
promosso la creazione di un Centro di difesa legale in cui avvocati
volontari yemeniti difendono gratuitamente donne e minori, tutto cio'
avviene con il cofinanziamento ed il patrocinio della Unione Europea.
L'accesso agli incartamenti di Amina da parte degli avvocati che la
difendono e' negato illegalmente dal Tribunale di Al Mahweet.
Si avvicina il momento dell'esecuzione di Amina.
Lo Yemen e' uno stato di diritto, si conta sulla sensibilita' dei suoi
governanti e sull'assoluta serieta' del suo sistema giudiziario affinche' i
diritti di base dei minori siano rispettati e una ingiustizia cosi' evidente
non passi sotto silenzio macchiando l'immagine del paese.
*
Modello di lettera da inviare alle autorita' yemenite, e da inviare altresi'
ad Andrea Stroppiana (e-mail: a.stroppiana at ongrc.org) per opportuna
conoscenza ed affinche' le inoltri all'ambasciata dello Yemen in Italia

H. E. President of the Republic of Yemen,  Mr. Ali Abdullah Saleh
www.presidentsaleh.gov.ye/en/index.php?option=contact&Itemid=6
H.E. Minister of Human Rights Ms. Amat Al Alleem Soussua,
fax: 00967 01 444838
e-mail: mshr at y.net.ye
H.E Minister of Foreign Affairs Mr. Abubaker Alqirbi
fax: 00967 01 276618
e-mail: mofa at y.net.ye

Amina Al Tuhaif is a 21 year old prisoner of the Central Prison of Sana'a,
Yemen.
The 22.11.1998 Amina was arrested as participant in the murder of her
husband Hezam Hasan Qabail. At the moment of the crime Amina was 14 years
old.
Amina got married at the age of 11. With 12 she had the first menstruation,
and at the moment of her arrest she was pregnant with her second daughter.
Until today she still declares her innocence.
The legal procedures were taken place and Amina was sentenced to death
penalty.
In the appeal court in Al Mahwet nothing was discussed concerning Amina's
case and the report of the legal doctor stating her age was not taken into
consideration. The Court of Appeal supported the first  sentence.
In the Supreme Court Amina contested the primary sentence but the Supreme
Court reconfirmed it. Amina was again condemned to execution.
While her detainment in Al Mahwet Amina was raped and became  pregnant. She
was then transferred to the Sana'a Central Prison, where her pregnancy led
to the postponement of her execution until her baby reached the age of 2
years, in order to give Amina the time to finish breastfeeding.
In may 2005  Amina's child will be two years old, and her execution will be
carried out as sentenced.
The "Last chance to freedom" Legal center is providing legal help to Amina.
The legal defense faces many obstacles. The lawyer's access to Amina's legal
files are illegally held by the General Deputy and the Head of Prosecution
in Al Mahwet.
Amina needs urgent legal help, there is only one month left until her
execution. We implore you to intervene in Amina's case and to guarantee that
Yemeni law is applied.
Sincerely,
Firma e indirizzo

2. RIFLESSIONE. DANIELE LUGLI: IL RIPUDIO DELLA VIOLENZA
[Da "Azione nonviolenta" di gennaio-febbraio 2005 (per contatti: e-mail:
azionenonviolenta at sis.it, sito: www.nonviolenti.org) riprendiamo il seguente
articolo.
Nel corso del 2005, ogni mese, sulla rivista mensile del Movimento
Nonviolento, "Azione nonviolenta", verra' proposta una riflessione su una
delle dieci caratteristiche della personalita nonviolenta proposte da un
saggio di Giuliano Pontara. Una nota editoriale di presentazione cosi'
illustra l'iniziativa: "Ogni mese svilupperemo una riflessione su una delle
dieci caratteristiche della personalita' nonviolenta. Abbiamo chiesto ad
amici ed amiche della nonviolenza di aiutarci in questa ricerca. Proponiamo
a singoli e gruppi di seguire questo percorso, sviluppando iniziative locali
(una lettura comunitaria, un giorno di digiuno, un banchetto in piazza, una
cartello esposto, un dibattito pubblico, ecc.) che confluiranno poi in una
azione nonviolenta comune e nazionale. Il Congresso del Movimento
Nonviolento ha individuato un percorso, che lungo tutto il 2005 utilizzera'
i dieci numeri di 'Azione nonviolenta', seguendo come traccia le 'Dieci
caratteristiche della personalita' nonviolenta' individuate da Giuliano
Pontara, rilette nella loro valenza collettiva e politica (il ripudio della
violenza; la capacita' di identificare la violenza; l'empatia; il rifiuto
dell'autorita'; la fiducia negli altri; la disposizione al dialogo; la
mitezza; il coraggio; l'abnegazione; la pazienza). E' stata infatti
sottolineata l'esigenza che l'iniziativa, nel suo svolgersi e nella sua
conclusione, testimoni dell'aggiunta che la nonviolenza e' in grado di dare
alla politica. Per questo si e' anche sottolineato trattarsi di una
iniziativa che proponiamo a tutti i singoli e a tutte le forze per le quali
'il rifiuto della guerra e della sua preparazione e' la condizione
preliminare per un nuovo orientamento', e che sono alla ricerca di una
valida alternativa. In tal senso le dieci parole possono avere applicazioni
concrete nella politica e nel sociale sui temi fondamentali della convivenza
civile, individuando azioni che possano essere concretamente sperimentate e
che confluiscano in una pubblicazione del Movimento Nonviolento da
diffondere nel modo piu' largo".
Daniele Lugli (per contatti: daniele.lugli at libero.it) e' il segretario
nazionale del Movimento Nonviolento, figura storica della nonviolenza,
unisce a una lunga e limpida esperienza di impegno sociale e politico anche
una profonda e sottile competenza in ambito giuridico ed amministrativo, ed
e' persona di squisita gentilezza e saggezza grande]

Ripudio e', secondo una diffusa etimologia, respingere col piede (pes,
pedis), con particolare vigore e disprezzo quindi. Lo si fa anche derivare
da pudere, vergognarsi, far vergognare. Si associano benissimo: qualcosa di
cui, finalmente, ci si vergogna e che percio' si allontana con forza,
perche' piu' non torni.
Indica infatti usualmente il rifiuto di un legame gia' importante, sociale,
affettivo e dei comportamenti correlati: ripudio del matrimonio, di
un'amicizia. E' allontanare un elemento che fu costitutivo della propria
identita', una parte di se' (addirittua la meta'). Indica pure l'atto del
rinnegare come propria una cosa, per la quale si ha titolo, si presume
possesso, impegno, adesione spirituale, o della quale si e' addirittura
autore: un libro, un'eredita', una tradizione, il debito pubblico, i propri
principi, la propria fede. E' un atto che puo' essere individuale o
collettivo, ma che comporta comunque una forte adesione personale.
E' un atto grave e solenne, per il quale occorre certamente una ragione
valida e sentita. Direi l'intollerabilita' della situazione in cui si vive,
dell'attribuzione a se' di certi legami, opere, obblighi, convincimenti.
Sono circostanze tutte che ricorrono nel caso della violenza, che e'
oppressione, tormento, distruzione, sia da noi esercitata, sia nei nostri
confronti.
Violenza e' violare, profanare, contaminare, insozzare, offendere,
maltratttare, violentare. Perfettamente distinguibile dalla forza, come il
potere dal dominio. Ma per ripudiarla e' necessario che la sua
intollerabilita' sia avvertita, che la sua inevitabilita' sia messa in
discussione. I percorsi, individuali e collettivi, possono essere diversi.
Per quel che mi riguarda e' stato molto importante l'incontro, oltre
quaranta anni fa, con Capitini, Pinna, Dolci, L'Abate che quel ripudio
operavano e testimoniavano, ma decisivo e' stato rintracciare un mio
percorso. Si basa molto sulla consapevolezza della mia fallibilita', pur
nella ricerca della migliore interpretazione dell'agire umano e del suo
senso, sulla considerazione del principio di precauzione, o quanto meno
sulla necessita' di limitare i danni. Sono sempre all'inizio, anche se
sembra ben tracciato e praticabile.
Avverto, come moltissimi se non tutti, la gravita' della violenza quando,
anche non estrema, colpisce o minaccia me o le persone che mi sono care.
Sento e sperimento in vari campi, e anche questo credo sia comune a molti,
la precarieta', quando non l'illusorieta', dei risultati conseguiti con il
suo uso. Che i fini non giustifichino i mezzi, nella sfera privata come in
quella pubblica, ma che siano i mezzi violenti a compromettere gravemente il
fine, e' quotidianamente dimostrato. Sotto i nostri occhi e' la continua
estensione della violenza e dei suoi effetti, nello spazio e nel tempo, la
sua invasivita' di ogni ambito pubblico e privato, la sua capacita' di
compromettere la vita e la speranza, non solo nostra, ma dei nostri figli e
nipoti. Possiamo con piu' chiarezza vedere gli effetti della violenza
diretta, magari in tempo reale. Abbiamo maggior conoscenza della violenza
che sta nelle strutture sociali ed economiche, piu' distruttiva ancora della
violenza diretta. Misuriamo il peso della violenza culturale, che si avvale
del prestigio di grandi tradizioni religiose e politiche.
Nessuna di queste manifestazioni della violenza sembra attenuarsi. Al piu'
si traveste con aggettivi che la vogliono umanitaria e preventiva di
violenze maggiori, obbligata dalla leggi dell'economia, manifestazione di
irrinunciabili identita' religiose, politiche, etniche. Si traveste, cambia
nome, ma la possiamo riconoscere facilmente: e' chiusura, impedimento
all'esistenza, alla liberta', allo sviluppo nostri e degli "altri".
Ma il ripudio concreto, nell'azione e nel pensiero, pur maturo, resta
difficile, personalmente e come proposta politica. Come se in un mondo che
ci appare ostile e incerto la rinuncia alla violenza potesse ulteriormente
indebolirci. Continua un fraintendimento che Stanislaw Jerzy Lec ha ben
denunciato " Si e' creduto che non uccidere fosse un divieto, invece era una
scoperta".
Qui ritrovo l'indicazione di Capitini "Violenza e' un concetto relativo
all'oggetto sul quale si esercita una certa azione. Quanto meno io considero
quell'oggetto in cio' che esso e' per se stesso, tanto piu' mi avvio alla
violenza verso di esso. La nonviolenza e' una presa di contatto col mondo
circostante nella sua varieta' di cose, di esseri subumani, e di esseri
umani, e' un destarsi di attenzione alle singole individualita' di tutti
questi oggetti circostanti per porsi un problema 'Che cos'e' questo singolo
oggetto? Qual'e' la sua caratteristica, la sua vita, la sua liberta', il suo
formarsi dal di dentro?'". E' il punto di partenza di un movimento, di una
tensione perche' gli oggetti che "chiamo cose" siano intanto adoperate bene
in modo appropriato nella prospettiva di "ridurre il campo delle cose,
stabilendo con alcune di esse un rapporto di collaborazione meno imperioso e
meno antropocentrico". E' una prospettiva che si amplia e rafforza su tutta
la scala degli esseri non umani, una sorta di addestramento che, portato nel
mondo umano, ha "una risonanza grandiosa": e' il punto di tensione piu'
profondo per il sovvertimento di una realta' inadeguata...
Il ripudio della violenza e' la condizione che permette, perfino a me quando
mi impegno, di intravvedere che ci sono alternative tra l'essere vittima o
carnefice o spettatore impotente, spesso complice.

3. STRUMENTI. "AZIONE NONVIOLENTA" DI MAGGIO
[Dalla redazione di "Azione nonviolenta" (per contatti: e-mail:
azionenonviolenta at sis.it, sito: www.nonviolenti.org) riceviamo e
diffondiamo]

E' uscito il numero di maggio 2005 di "Azione nonviolenta", rivista del
Movimento Nonviolento, fondata da Aldo Capitini nel 1964, mensile di
formazione, informazione e dibattito sulle tematiche della nonviolenza in
Italia e nel mondo.
In questo numero: Appunti, spunti e riflessioni sul Papa della Chiesa
cattolica (di Mao Valpiana); Verita' contro verita'. Un viaggio in
Israele-Palestina (di Franco Perna); Morto un Papa (Karol Wojtyla)... Nunc
dimittis (di Pietro Stefani); ... Se ne fa un altro (Joseph Ratzinger)... E
se Ratzinger avesse ragione? (di Alexander Langer); Il guerriero sconfitto
dalla storia (di Marcello Veneziani); Una santificazione mediatica (di Lucio
Garofalo); Le dieci caratteristiche della personalita' nonviolenta: il
rifiuto dell'autorita' (di Lev Tolstoj).
Le rubriche: Musica: Per un'educazione musicale nonviolenta (di Paolo
Predieri); Economia: L'etica localistica della finanza padana (di Paolo
Macina); Per esempio: Un team internazionale per la pace nei Balcani (di
Maria G. Di Rienzo); Lilliput: Dopo 60 anni, mettiamo al bando le armi
nucleari (di Massimiliano Pilati); Cinema: La violenza della guerra nelle
missioni di pace (di Flavia Rizzi); Educazione: Bulli e vittime nella scuola
di oggi (intervista ad Elena Buccoliero); Libri: Politica, cultura,
filosofia della nonviolenza attiva (a cura di Sergio Albesano); Lettere: La
retorica patriottarda (di Giuseppe Ramadori); L'azienda scuola (di Lucio
Garofano); Movimento: Euromediterranea 2005. Verso il centro studi del
Movimento Nonviolento.
In copertina: Isreale-Palestina. Un pontificato a confronto con la pace.
In ultima: Materiale disponibile.
*
Per contatti: redazione, direzione, amministrazione: via Spagna 8, 37123
Verona, tel. 0458009803 (da lunedi' a venerdi': ore 9-13 e 15-19), sito:
www.nonviolenti.org
Per abbonarsi ad "Azione nonviolenta" inviare 29 euro sul ccp n. 10250363
intestato ad "Azione nonviolenta", via Spagna 8, 37123 Verona.
E' possibile chiedere una copia omaggio, inviando una mail a:
an at nonviolenti.org, scrivendo nell'oggetto "copia 'Azione nonviolenta'".

4. RIFLESSIONE. MAO VALPIANA: RIFLESSIONI SUL PAPA DELLA CHIESA CATTOLICA
[Ringraziamo Mao Valpiana (per contatti: mao at sis.it) per averci messo a
disposizione come anticipazione il suo editoriale del fascicolo di maggio
2005 di "Azione nonviolenta". Mao (Massimo) Valpiana e' una delle figure
piu' belle della nonviolenza in Italia; e' nato nel 1955 a Verona dove vive
ed opera come assistente sociale e giornalista; fin da giovanissimo si e'
impegnato nel Movimento Nonviolento (si e' diplomato con una tesi su "La
nonviolenza come metodo innovativo di intervento nel sociale"), e' membro
del comitato di coordinamento nazionale del Movimento Nonviolento,
responsabile della Casa della nonviolenza di Verona e direttore della
rivista mensile "Azione Nonviolenta", fondata nel 1964 da Aldo Capitini.
Obiettore di coscienza al servizio e alle spese militari ha partecipato tra
l'altro nel 1972 alla campagna per il riconoscimento dell'obiezione di
coscienza e alla fondazione della Lega obiettori di coscienza (Loc), di cui
e' stato segretario nazionale; durante la prima guerra del Golfo ha
partecipato ad un'azione diretta nonviolenta per fermare un treno carico di
armi (processato per "blocco ferroviario", e' stato assolto); e' inoltre
membro del consiglio direttivo della Fondazione Alexander Langer, ha fatto
parte del Consiglio della War Resisters International e del Beoc (Ufficio
Europeo dell'Obiezione di Coscienza); e' stato anche tra i promotori del
"Verona Forum" (comitato di sostegno alle forze ed iniziative di pace nei
Balcani) e della marcia per la pace da Trieste a Belgrado nel 1991; un suo
profilo autobiografico, scritto con grande gentilezza e generosita' su
nostra richiesta, e' nel n. 435 del 4 dicembre 2002 di questo notiziario]

Faccio una breve premessa. Probabilmente non necessaria, ma certamente non
inutile. "Azione nonviolenta" e' la rivista del Movimento Nonviolento, che
e' un'associazione culturale, politica, apartitica e aconfessionale,
pienamente immersa nella realta' viva dell'oggi, coinvolta nelle vicende del
nostro tempo. Il Movimento Nonviolento e' aperto a tutti, credenti di ogni
fede e non credenti, e ricerca l'unita' sul valore fondante della
nonviolenza; dunque, pur se laico, anzi proprio perche' laico, sinceramente
interessato a capire, comprendere, discutere, cio' che si muove ed accade
anche nel mondo religioso. Specialmente quando tali vicende investono
questioni decisive per l'umanita' intera.
Non c'e' bisogno di essere credenti per riconoscere l'importanza storica del
lungo e complesso pontificato di Giovanni Paolo II, del suo ruolo nelle
vicende della Polonia e quindi del crollo dei regimi dell'Europa orientale,
dell'apertura del dialogo ecumenico mondiale, dell'incontro fra cattolici ed
ebrei, del ripetuto "no" alla guerra del Golfo e alla guerra in Iraq.
Naturalmente, come per tutte le cose di questo mondo, ci sono luci ed ombre.
Basti pensare al ruolo della Chiesa nella vicenda lacerante della ex
Jugoslavia. Molto e' stato detto, a proposito e a sproposito, sul
pontificato di Wojtyla, e molto si dira' ancora. Noi non abbiamo nessuna
pretesa di compiere un'analisi approfondita, ne' questo e' nostro compito.
Semplicemente non vogliamo sottrarci a qualche riflessione che riteniamo
utile, soprattutto dopo lo straripamento di parole e di immagini avvenuto
prima, durante e dopo la morte di papa Giovanni Paolo II "Il Grande". E
desideriamo anche essere attenti al magistero del nuovo pontefice, per
l'importanza che esso riveste per tutto il mondo cattolico, e non solo.
Lo facciamo con molto rispetto, con il necessario distacco, e nello spirito
del dibattito che abbiamo avviato da tempo su "laicita' e religiosita' della
nonviolenza". L'invito a convertirsi alla nonviolenza riguarda tutti,
credenti e agnostici, religiosi e atei, cattolici e razionalisti.
E' con questo intento che pubblichiamo una riflessione di Piero Stefani
sulla morte e sul testamento di Giovanni Paolo II. Indubbiamente, l'ultima
parte del pontificato, con l'avanzare della malattia e della vecchiaia, ha
messo in evidenza la "tensione e familiarita'" di un Papa che tanti hanno
sentito vicino.
Come omaggio al nuovo pontefice Benedetto XVI pubblichiamo un articolo di
Alexander Langer che nel 1987 fece un'apertura (criticata da molti ma che
condividemmo) verso l'allora cardinale Ratzinger, sui temi della bioetica,
ancor oggi, in vista del prossimo referendum, di straordinaria attualita'.
A seguire diamo spazio a due opinioni divergenti su papa Wojtyla: chi lo
considera uno sconfitto in quanto profeta inascoltato, e chi critica
l'operazione mediatica che ha santificato il papa-re.
Ci fa piacere che il papa Joseph Ratzinger abbia specificato di aver scelto
il nome "Benedetto XVI" proprio per sottolineare l'importanza primaria del
lavoro per la pace, sia in omaggio allo spirito monacale di San Benedetto
("Cerca la pace, e seguila"), sia in ricordo di Benedetto XV (che cerco' di
fermare la prima guerra mondiale, "inutile strage").
Il dibattito e' avviato, ma proprio sulla base dell'esperienza concreta
dell'insegnamento e dell'opera di Giovanni Paolo II, anche alla luce del
Concilio Vaticano II e dei pontificati di Giovanni XXIII e di Paolo VI, ci
permettiamo di evidenziare alcune questioni aperte, sulle quali auspichiamo
che il magistero di Benedetto XVI possa fare qualche passo in avanti.
Condannare sempre e comunque il ricorso alla guerra ed anche la sua
preparazione; annunciare che non esiste guerra giusta, ne' guerra santa, ne'
guerra legittima, e che il concetto stesso di guerra e' fuori dalla
cristianita'.
Denunciare la fabbricazione, il possesso e l'uso di armi di sterminio di
massa.
Chiedere a tutti i governi del mondo il riconoscimento dell'obiezione di
coscienza verso la guerra, il servizio e le spese militari, invitando i
cristiani a praticare l'obiezione.
Sciogliere l'ordinariato militare, abolire i cappellani militari, ritirare
la partecipazione sacerdotale alle cerimonie militari, proibire la
benedizione delle armi.
Indicare la nonviolenza evangelica, i suoi principi e i suoi metodi, come
dottrina della Chiesa cattolica. Il comandamento "Non uccidere" ha valore
universale (no alla pena di morte, no alla guerra).
Tutto cio' senza derogare dal principio della laicita' dello Stato, ne'
dall'idea cavouriana "libera Chiesa in libero Stato" che forse oggi dovrebbe
essere aggiornata in "libere Chiese e libero Stato", per la nonviolenza del
XXI secolo.
Auguriamo a Benedetto XVI un pontificato fecondo, per la pace universale.

5. DIRITTI. LETIZIA TOMASSONE: CANCELLAZIONI
[Dal notiziario dell'"Accademia apuana della pace" del 30 aprile 2005 (per
contatti: sito: www.aadp.it, e-mail: aadp at lillinet.org) riprendiamo questo
intervento. Letizia Tomassone (per contatti: carrarametodista at libero.it),
pastora valdese, attualmente pastora della chiesa evangelica metodista di
Carrara, gia' impegnata nell'esperienza di Agape, e' una delle figure piu'
prestigiose dell'impegno per la pace, di solidarieta', per i diritti umani]

Forse le emozioni legate alla scomparsa di Giovanni Paolo II e all'elezione
del nuovo pontefice romano rendono in questo periodo distratti rispetto al
pluralismo religioso che abita la societa' italiana. E' cosi' avvenuto che
la Rai abbia respinto la pubblicita' a pagamento inviata dalla Chiesa
Valdese per la campagna dell'8 per mille, malgrado fosse stato gia'
stipulato un regolare contratto. Lo slogan "incriminato", di cui e' stata
chiesta la modifica, e' "Molte scuole, nessuna chiesa" con la quale si vuole
sottolineare come i fondi cosi' ottenuti non siano utilizzati per fini
confessionali, stipendi di pastori o costruzioni di chiese, ma solo per
progetti di solidarieta' e assistenza.
Si tratta chiaramente di un atto intollerante. In una lettera inviata al
direttore generale della Rai Flavio Cattaneo, la pastora Maria Bonafede,
vice-moderatore della Tavola Valdese, ha chiesto chiarimenti sulla vicenda,
esprimendo sorpresa e preoccupazione per una decisione "che ha il sapore
della censura, della violazione di un fondamentale diritto alla
comunicazione e della discriminazione nei confronti di una minoranza
religiosa".
La Chiesa Valdese presenta ogni anno con estrema trasparenza i bilanci di
gestione dell'8 per mille, (e' possibile trovare i dati sulla gestione di
tutti i fondi dell'8 per mille sul sito dell'Associazione consumatori:
www.aduc.it e quelli relativi alla Chiesa Valdese sul sito:
www.chiesavaldese.org).
La Federazione delle Chiese evangeliche in Italia lamenta inoltre la
cancellazione del programma radiofonico "Culto evangelico" che doveva andare
in onda domenica 3 aprile alle 7,30 su Rai Radiouno. In occasione della
morte del papa la trasmissione e' stata soppressa senza che alcuna
comunicazione ne sia stata data agli autori o al pubblico (stimato su un
milione e quattrocentomila persone).
Poiche' si tratta di fatti di grave discriminazione nei confronti di una
minoranza, e' importante denunciarli e farli conoscere alla maggioranza dei
cittadini. E' sempre piu' diffusa infatti una identificazione, sui media
italiani, del cristianesimo con il cattolicesimo romano. Anche in occasione
dei dibattiti etici, e in particolare di quelli legati al referendum sulla
procreazione assistita, non pare esserci spazio per le opinioni
differenziate che le diverse chiese cristiane (o le diverse religioni)
esprimono. E' importante dunque segnalare la necessita' che i media
ritornino ad una informazione pluralista che corrisponde ad una societa'
laica nella quale i cittadini possano muoversi con liberta'.

6. RIFLESSIONE. ADRIANA VALERIO: CHIESA CATTOLICA E SOGGETTIVITA' DELLE
DONNE
[Dal sito de "Il paese delle donne" (www.womenews.net) riprendiamo questo
intervento di Adriana Valerio. Adriana Valerio (per contatti:
avalerio at unina.it), teologa, e' presidente dell'European Society of Women
for Theological Research e presidente della Fondazione P. Valerio per la
Storia delle Donne; e' da piu' di vent'anni impegnata nel reperire fonti e
testimonianze per la ricostruzione della memoria delle donne nella storia
del cristianesimo. Laureata in Storia e Filosofia e in Teologia (dopo aver
conseguito la Licenza a Fribourg in Svizzera), lavora attualmente alla
Federico II di Napoli (cattedra di Storia del Cristianesimo). Ha diretto per
tre anni il "Centro Adelaide Pignatelli per la ricerca storico-religiosa
delle donne" ed e' delegata Onu e affari internazionali per l'"Associazione
Internazionale Giovanna d'Arco" per la difesa dei diritti della donna nella
societa' e nella chiesa. Dirige dal 1990 la collana La Dracma su Donne e
Cristianesimo preso la casa editrice D'Auria di Napoli. Tra le tante
pubblicazioni: Cristianesimo al femminile (Napoli 1990), Domenica da
Paradiso. Profezia e politica in una mistica del Rinascimento (Spoleto
1993), Donna potere e profezia (Napoli 1995), Savonarola. Fede e speranza di
un profeta (Paoline, Milano 1998), Donne in viaggio (Bari-Roma 1999), I
sermoni di Domenica da Paradiso (Firenze 1999), Donne e Religione a Napoli (
con G. Galasso, Milano 2001), La Bibbia nell'interpretazione delle donne
(con Claudio Leonardi, a cura di, Firenze 2002)]

All'alta dignita' riservata alla donna, della quale ha riconosciuto "il
genio", Giovanni Paolo II non ha affiancato un'altrettanto reale
riconoscimento di ruoli e responsabilita'. In attesa di vedere come il
cardinale Ratzinger, nel passato poco favorevole a significativi
cambiamenti, voglia rispondere alle scottanti questioni di genere, vorrei
offrire alcune indicazioni di una necessaria riforma della Chiesa che veda
riconosciute la piena soggettivita' e cittadinanza delle donne.
*
Riformulare una nuova antropologia
Occorre passare da un'antropologia della complementarieta' che porta a
divisioni di ruoli e competenze (all'uomo spetta la sfera pubblica e
politica e, in maniera complementare, alle donne spetta la sfera privata e
domestica) a una antropologia della corresponsabilita' (antropologia di
partnership), che rispetti l'uguaglianza dei due sessi, nella condivisione e
nella responsabilita', e per la quale donne e uomini possono svolgere non
ruoli diversi, ma gli stessi ruoli in modo diverso.
*
Revisionare i fondamenti delle discipline teologiche
Perche' si rispettino l'uguale dignita' del maschile e del femminile.
Per esempio la domanda su Dio e sulla sua unicita' non e' irrilevante per le
donne perche' qualunque narrazione di Dio implica necessariamente una
riflessione sull'essere umano fatto "a immagine di Dio". Se recuperiamo il
femminile nel rinominare Dio, Dio stesso acquistera' nuove modalita' per
essere pensato e detto: si fara' grembo, cibo, cura, recettivita',
accoglienza, vicinanza, tenerezza, compartecipazione, debolezza, Sapienza...
Madre.
*
Esegesi biblica, storia del cristianesimo, morale
Anche l'esegesi biblica deve rileggere le Sacre scritture in modo da
valorizzare il ruolo delle donne nella storia della salvezza (matriarche,
profetesse, condottrici, sapienti, discepole, apostole...) e
contestualizzare storicamente le affermazioni e i racconti legati alla
cultura patriarcale e che parlano di violenza alle donne e di
discriminazioni nei loro confronti. Una nuova inculturazione richiede
l'esegesi dinamica delle fonti bibliche che hanno bisogno di essere
incarnate anche nelle modalita' del pensiero e del linguaggio delle donne.
Relativamente alla storia del cristianesimo lo sforzo del nuovo papato deve
essere quello di favorire la ricerca e la conservazione della memoria e
della tradizione delle donne perche' divenga patrimonio di tutta la Chiesa e
si integri nella grande storia ecclesiale.
Circa la morale le donne devono essere soggetti attivi e responsabili sia
nel settore dell'elaborazione teorica (vedi le ricerche delle teologhe
moraliste e la loro riflessione nel campo della contraccezione, della
bioetica, ecc.), sia nell'ambito della vita pratica (armonia della coppia,
paternita' e maternita' responsabile, difesa dalle malattie a trasmissione
sessuale, procreazione assistita, uso di biotecnologie).
*
Favorire l'insegnamento e la riflessione teologica
Affermare il "genio femminile" significa valorizzare e far entrare nel
circuito accademico e pastorale l'apporto che le donne hanno dato nella
costruzione del cristianesimo. Significa prendere in considerazione la
ricerca delle donne nella costruzione dei saperi teologici, riformulare i
libri di testo, potenziare lo studio e l'insegnamento delle donne offrendo
loro spazi significativi di ricerca, di docenza e di dirigenza.
*
Rileggere e vivificare i ministeri
Occorre valorizzare la donna nei suoi ruoli ministeriali. Bisognerebbe
allora considerare i ministeri nelle loro molteplici articolazioni, non solo
recuperando quegli spazi e quei ruoli specifici e originali che le donne
ebbero nella chiesa primitiva (discepolato, apostolato, diaconato,
profezia...), ma anche creando nuovi ministeri nel quadro di una pastorale
comunitaria rinnovata: non in supplenza di una eventuale deficienza di
personale maschile, bensi' come servizio necessario alla comunita'.
Nell'economia ecclesiale non si tratta di rivendicare spazi, ma di fare
comunione tra diversi, facendo circolare valori e talenti di cui ciascuno e'
portatore per l'altro.
*
Riconsiderare la gestione del governo della Chiesa
La donna e' attualmente esclusa da tutti gli organi di governo. Bisognerebbe
al contrario che le donne fossero rappresentate in tutti gli organi
deliberativi: a livello mondiale, diocesano e parrocchiale, di concili e di
sinodi, relativamente a tutti gli ambiti che regolano la vita morale e
pastorale della Chiesa. Il "modello inclusivo di partecipazione" e l'"ethos
di uguaglianza" non escludono l'esercizio dell'autorita'-servizio, ma anzi
lo esigono.
*
Queste riflessioni rispondono al bisogno di lavorare insieme, donne e
uomini, per realizzare un modus operandi che veda compiersi una reale
partnership teologica che dia spazio alla diversita' e alla complessita':
comprensione armonica di riconciliazione dell'unita' e della molteplicita'.

7. LUTTI. FRANCESCA LAZZARATO RICORDA AUGUSTO ROA BASTOS
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 28 aprile 2005. Francesca Lazzarato
dirige collane editoriali ed e' autrice, curatrice e traduttrice di molti
libri soprattutto per giovani e bambini]

Augusto Roa Bastos, il maggiore scrittore paraguayano del '900, e' morto
martedi' in una clinica di Asuncion, dove era stato ricoverato in seguito a
una caduta.
Ad Asuncion era nato nel 1917, da una famiglia della borghesia, ma era
cresciuto a Iturbe de Manora, un paesetto dove si parlava guarani': un
bilinguismo che, insieme ai racconti orali sul Paraguay dell'800, segno' la
sua opera.
Fuggito a 15 anni dal collegio per partecipare come infermiere alla guerra
del Chaco (1932-1935) tra Bolivia e Paraguay, di cui parlera' nel romanzo
del 1960 Hijo de hombre (Figlio dell'uomo, Feltrinelli 1976), fu poi
giornalista per "El Pais" di Asuncion e inviato in Europa, dove assistette
fra l'altro al processo di Norimberga.
Torno' in patria nel '46, ma le sue posizioni di sinistra gli costarono
l'esilio: nel 1947 si rifugio' a Buenos Aires, dove rimase vent'anni,
lavorando come sceneggiatore. E in Argentina vennero pubblicati i suoi testi
piu' importanti, dai racconti di El trueno entre las hojas (1953), sulla
difficile esistenza dei contadini paraguayani, a Hijo de hombre e
soprattutto al suo capolavoro, Yo, El Supremo (1974, edito nel 1978 da
Feltrinelli), romanzo-fiume sulla figura di Jose' Gaspar Rodriguez de
Francia (1766-1840), sanguinario "monaco laico e anticlericale", a lungo
dittatore del Paraguay. Grande affresco storico in cui si individuano il
rimando alla follia del Don Chisciotte e l'influsso di Borges, Yo, El
Supremo adotta molteplici registri, accostando brani di cronache dell'epoca,
autentici o apocrifi, a voci diverse che si sovrappongono passando dalla
prima alla terza persona.
Il romanzo, tradotto in molte lingue, venne messo al bando come "sovversivo"
dalla giunta argentina e contribui' al nuovo esilio dello scrittore, che nel
1976 fuggi' appena in tempo per evitare l'arresto. I vent'anni seguenti li
avrebbe trascorsi in Francia (il dittatore Stroessner gli aveva proibito di
tornare in Paraguay), insegnando letteratura ispanoamericana all'Universita'
di Tolosa. Qui si sposo' per la terza volta ed ebbe due dei suoi sei figli,
per i quali scrisse deliziosi racconti tradotti in Italia per Mondadori (Il
pulcino di fuoco e I bambini volanti).
Quando, nel 1989, la Spagna gli assegno' il Premio Cervantes, lo scrittore,
pur essendo tutt'altro che ricco, regalo' al suo paese i 90.000 dollari del
premio, allo scopo di creare una casa editrice per giovani autori. Nel
dicembre dello stesso anno Roa Bastos rientro' finalmente in Paraguay, ma
solo nel '96 torno' a risiedervi stabilmente.
Chi l'ha conosciuto lo ricorda come un uomo di piccola statura, gentile e
schivo, che ha lasciato una traccia profonda nella letteratura
ispanoamericana, anche se in Europa la sua figura e' rimasta ai margini del
boom che negli anni '70 vide protagonisti scrittori come Garcia Marquez e
Vargas Llosa.

8. RIFLESSIONE. MADDALENA GASPARINI: REFERENDUM, LA LIBERTA' E LE REGOLE
[Dal sito de "Il paese delle donne" (www.womenews.net) riprendiamo questo
intervento di Maddalena Gasparini. Maddalena Gasparini, laureata in medicina
e chirurgia e specializzata in neurologia, ha svolto attivita' clinica e
curato l'organizzazione di congressi e corsi di aggiornamento e formazione
in collaborazione e per conto di strutture ospedaliere del Consiglio
nazionale delle ricerche, della Regione Lombardia e della Provincia di
Milano; grazie all'incontro con la Libera universita' delle donne, da anni
segue gli sviluppi delle tecnologie riproduttive approdando agli
interrogativi etici che l'evoluzione delle biotecnologie pone alla
collettivita'; dal 2003 e' vicecoordinatrice del gruppo di studio di
"Bioetica e cure palliative in neurologia" della Societa' Italiana di
Neurologia]

Il gran parlare di embrioni e gameti, uteri e genoma ha ottenuto un
risultato, ratificato dalla legge 40: fare della maternita' un percorso che
riguarda l'embrione piuttosto che la donna o la coppia che desidera un
figlio, con l'effetto perverso che a rischio di esclusione siano proprio i
figli in nome dei quali si sono formulati limiti e divieti.
L'inseminazione artificiale per avere un figlio in assenza di un partner
maschile o il ricorso alla donazione di gameti esterni alla coppia ha
rianimato i fantasmi delle ragazze-madri e delle adultere prefigurando una
condanna implicita di quelli che una volta si chiamavano figli illegittimi.
Quando 20 anni fa inizio' la definizione delle regole per la procreazione
assistita, molti paesi decisero di garantire l'anonimato ai donatori di
liquido seminale. Forse inconsapevolmente questa regola corrispose ai
desideri maschili: il donatore poteva incassare il suo "rimborso spese"
senza pensieri e disseminare il mondo di figli propri (del resto i padri e i
nonni l'avevano fatto "per via naturale") mentre il ricevente poteva tener
segreta quell'infertilita' che gettava un'ombra sulla sua efficienza virile.
Diverse indagini hanno documentato che il 75-80% delle coppie che hanno
fatto ricorso alla fecondazione eterologa non hanno informato e non
intendono informare i figli della loro origine, introducendo nelle relazioni
parentali un segreto che, per usare le parole dell'authority inglese (Hfea),
"puo' avere un effetto lesivo sulle relazioni familiari e sociali".
Come si sente il figlio, la figlia di un'inseminazione da donatore? Con
questa domanda si apriva la lunga e toccante lettera di una giovane donna al
"British Medical Journal" (2002, 324, 797): informata dalla madre, soffriva
di non poter risalire al donatore ("una naturale curiosita'" scrive) e ancor
piu' della difficolta' del padre legale ad affrontare con lei questo tema.
Cosi' mentre alcuni scelgono di spingere nella clandestinita' una scelta
problematica, altri paesi hanno preferito modificare le regole, togliendo
l'anonimato del donatore e impegnando la donna o la coppia a informare il
figlio della sua origine. Organizzazioni su base volontaria o le stesse
strutture dove si esegue la procreazione medicalmente assistita (Pma)
supportano il percorso informativo e, compiuta la maggiore eta', chi e' nato
da inseminazione da donatore potra' saperne il nome e chiedere di
incontrarlo.
*
Tenere in conto il vincolo fra origine biologica e legame sociale, seppure
imposto dalla storia, e' un modo di riconoscere la trasformazione in atto e
indirizzarla verso la valorizzazione della relazione affettiva, lontano
dalla preminenza del biologico, ancor oggi garante piu' della fedelta'
femminile che dell'identita' di chi nasce. La fecondazione eterologa, piu'
ancora della fecondazione in vitro (fiv), sancisce la separazione della
riproduzione dalla sessualita' e la possibilita' di una gravidanza senza
partner maschile; la possibilita' di risalire al donatore permette alla
figura maschile, la prima "differenza" che incontra chi nasce, di non essere
ridotta alle dimensioni dello spermatozoo.
Molti paesi hanno preferito la trasparenza all'ipocrisia di chi, come gli
estensori della legge 40, del proprio disagio preferisce fare occasione di
proibizione piuttosto che di crescita.
Dalle sterilizzazioni forzate delle donne povere o malate alle "fattrici"
della razza ariana, ogni forma di limitazione della liberta' riproduttiva,
poco importa se naturale o artificiale, e' una grave limitazione della
liberta' personale e un rischio per chi nasce, poco importa se per
fecondazione naturale o artificiale, al di fuori del modello tradizionale di
famiglia.
Le scelte riproduttive appartengono alla sfera piu' intima dell'esistenza di
ognuno e vanno difese con ogni mezzo dalle intrusioni dello Stato. Del
resto, in questo sono ottimista, l'obbligo di aderire al modello di famiglia
prediletto dai nostri legislatori non fara' molta strada: nessun padre
surrogato - stato, chiesa o medicina - potra' far la parte che molti uomini
in carne ed ossa - padri e amanti - hanno abbandonato.
*
La presunta difesa di chi nasce si traduce cosi' nel suo contrario, ma viene
ribadita per giustificare la subordinazione di un diritto costituzionalmente
garantito, la salute delle donne, al mantenimento in vita di un modello
unico di famiglia. E forse non e' sufficientemente chiaro che mettere a
rischio la salute delle donne vuol dire aumentare le incognite sulla salute
di chi nasce: il tasso di complicanze perinatali e di malformazione nei nati
da Fiv e' infatti correlato alla gemellarita' (quando superiore a due) tanto
che in molti paesi viene favorito, quando non reso obbligatorio, il
trasferimento di un solo embrione, selezionato per essere "il migliore". Per
quanto i principi dell'etica medica non possano esaurire le domande
sollevate dalla Pma, non c'e' dubbio che essi valgano anche per la Pma: il
principio di autonomia, o della liberta' di disporre del proprio corpo; il
perseguimento del "miglior interesse" ovvero il diritto alle procedure piu'
efficienti e meno rischiose, incluso il ricorso alla diagnosi genetica
preimpianto piuttosto che a una diagnosi prenatale che mette a rischio il
prosieguo della gravidanza (l'abortivita' per amnio e villocentesi e' vicina
all'1%) e che, in caso di anomalie genetiche, si risolve perlopiu' con un
doloroso aborto terapeutico.
Il consenso informato, su cui insiste la legge 40, si trasforma in
informazione prescrittiva. L'adozione va segnalata come alternativa alla
Pma: confondendo un atto di solidarieta' nei confronti di chi gia' e' al
mondo con il desiderio di una gravidanza e maternita'. E' proibito recedere
dal consenso gia' dato, come previsto in ogni altra procedura
medico-chirurgica, dopo che sono stati creati gli embrioni ed e'
obbligatorio il trasferimento di tutti quelli creati: l'assurdita' di
quest'ultima disposizione non ha trovato soluzione nemmeno nelle linee-guida
dove non osando proporre il trattamento sanitario obbligatorio previsto per
i gravi malati di mente, non e' chiaro cosa ne sara' degli embrioni residui.
Infine l'obbligo al numero chiuso per gli embrioni documenta l'ignoranza e
l'arroganza di chi l'ha pensato; la fecondazione, come ogni manifestazione
del vivente, non segue regole matematiche: non e' possibile prevedere il
numero esatto di embrioni che risulteranno dall'inseminazione degli ovociti
e il rischio che non se ne formi nessuno o piu' dei tre voluti dalla legge
e' dietro l'angolo.
Liberta' di disporre di se', tutela della salute, dignita' della persona
sono strettamente legate nella procreazione assistita non meno che in ogni
caso in cui le tecnologie biomediche modificano le fasi della vita, dal
concepimento appunto fino alla morte; imporre limiti alle scelte, invece che
regole alle procedure, intacca diritti e valori fondanti la nostra
convivenza.

9. MAESTRI. ALDO CAPITINI: ANCHE LA GENTILEZZA
[Da Aldo Capitini, Scritti sulla nonviolenza, Protagon, Perugia 1992, pp.
458-459 (e' un frammento da un articolo pubblicato postumo su "Azione
nonviolenta" nell'ottobre 1968). Aldo Capitini e' nato a Perugia nel 1899,
antifascista e perseguitato, docente universitario, infaticabile promotore
di iniziative per la nonviolenza e la pace. E' morto a Perugia nel 1968. E'
stato il piu' grande pensatore ed operatore della nonviolenza in Italia.
Opere di Aldo Capitini: la miglior antologia degli scritti e' (a cura di
Giovanni Cacioppo e vari collaboratori), Il messaggio di Aldo Capitini,
Lacaita, Manduria 1977 (che contiene anche una raccolta di testimonianze ed
una pressoche' integrale - ovviamente allo stato delle conoscenze e delle
ricerche dell'epoca - bibliografia degli scritti di Capitini); recentemente
e' stato ripubblicato il saggio Le tecniche della nonviolenza, Linea
d'ombra, Milano 1989; una raccolta di scritti autobiografici, Opposizione e
liberazione, Linea d'ombra, Milano 1991, nuova edizione presso L'ancora del
Mediterraneo, Napoli 2003; e gli scritti sul Liberalsocialismo, Edizioni
e/o, Roma 1996; segnaliamo anche Nonviolenza dopo la tempesta. Carteggio con
Sara Melauri, Edizioni Associate, Roma 1991; e la recentissima antologia
degli scritti Le ragioni della nonviolenza, Edizioni Ets, Pisa 2004. Presso
la redazione di "Azione nonviolenta" (e-mail: azionenonviolenta at sis.it,
sito: www.nonviolenti.org) sono disponibili e possono essere richiesti vari
volumi ed opuscoli di Capitini non piu' reperibili in libreria (tra cui i
fondamentali Elementi di un'esperienza religiosa, 1937, e Il potere di
tutti, 1969). Negli anni '90 e' iniziata la pubblicazione di una edizione di
opere scelte: sono fin qui apparsi un volume di Scritti sulla nonviolenza,
Protagon, Perugia 1992, e un volume di Scritti filosofici e religiosi,
Perugia 1994, seconda edizione ampliata, Fondazione centro studi Aldo
Capitini, Perugia 1998. Opere su Aldo Capitini: oltre alle introduzioni alle
singole sezioni del sopra citato Il messaggio di Aldo Capitini, tra le
pubblicazioni recenti si veda almeno: Giacomo Zanga, Aldo Capitini, Bresci,
Torino 1988; Clara Cutini (a cura di), Uno schedato politico: Aldo Capitini,
Editoriale Umbra, Perugia 1988; Fabrizio Truini, Aldo Capitini, Edizioni
cultura della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1989; Tiziana Pironi, La
pedagogia del nuovo di Aldo Capitini. Tra religione ed etica laica, Clueb,
Bologna 1991; Fondazione "Centro studi Aldo Capitini", Elementi
dell'esperienza religiosa contemporanea, La Nuova Italia, Scandicci (Fi)
1991; Rocco Altieri, La rivoluzione nonviolenta. Per una biografia
intellettuale di Aldo Capitini, Biblioteca Franco Serantini, Pisa 1998; AA.
VV., Aldo Capitini, persuasione e nonviolenza, volume monografico de "Il
ponte", anno LIV, n. 10, ottobre 1998; Antonio Vigilante, La realta'
liberata. Escatologia e nonviolenza in Capitini, Edizioni del Rosone, Foggia
1999; Pietro Polito, L'eresia di Aldo Capitini, Stylos, Aosta 2001; cfr.
anche il capitolo dedicato a Capitini in Angelo d'Orsi, Intellettuali nel
Novecento italiano, Einaudi, Torino 2001; per una bibliografia della critica
cfr. per un avvio il libro di Pietro Polito citato; numerosi utilissimi
materiali di e su Aldo Capitini sono nel sito dell'Associazione nazionale
amici di Aldo Capitini: www.aldocapitini.it, altri materiali nel sito
www.cosinrete.it; una assai utile mostra e un altrettanto utile dvd su Aldo
Capitini possono essere richiesti scrivendo a Luciano Capitini:
capitps at libero.it, o anche a Lanfranco Mencaroni: l.mencaroni at libero.it, o
anche al Movimento Nonviolento: tel. 0458009803, e-mail:
azionenonviolenta at sis.it]

Sarebbe un errore vedere una distinzione tra privato e pubblico nel lavoro
nonviolento, come se la cura amorevole dei singoli fosse cosa privata. Essa,
se non e' legata a scelte per simpatia o per interesse ed e' potenzialmente
per tutti, e' cosa pubblica per eccellenza. Direi che anche la gentilezza,
forma costante del nonviolento, e' attivita' pubblica, e cosi' la lealta',
la compagnia alle persone limitate.

10. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

11. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it,
luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at inwind.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 917 del 2 maggio 2005

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