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La nonviolenza e' in cammino. 918
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 918
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Tue, 3 May 2005 00:21:54 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 918 del 3 maggio 2005 Sommario di questo numero: 1. Benito D'Ippolito: Alcuni altri omissis da un rapporto 2. Nando dalla Chiesa: Anatomia di un'empieta' 3. Pier Luigi Fornari intervista Luisa Muraro 4. Luce Irigaray: Sbocciare al bivio 5. Valeria Trigo: Passi di pace a Roma con Thich Nhat Hanh 6. Vita Cosentino: Essere pace 7. Lorenzo Porta: Un incontro fiorentino con Michael Lerner 8. Norberto Bobbio: Un'affermazione di Danilo Dolci 9. La "Carta" del Movimento Nonviolento 10. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. BENITO D'IPPOLITO: ALCUNI ALTRI OMISSIS DA UN RAPPORTO La notte era assai buia l'auto aveva quattro ruote i nostri ragazzi sono impetuosi gli italiani e' difficile distinguerli dagli arabi, dai terroristi, dai cani. La notte era assai buia sparano i mitra, servono a questo ve lo avevamo detto mille volte di starci dietro, dietro e non di fronte di starvene accucciati, come tutti. La notte era assai buia per questo mancammo gli altri due. 2. RIFLESSIONE. NANDO DALLA CHIESA: ANATOMIA DI UN'EMPIETA' [Ringraziamo gli amici di "Italia Democratica" (per contatti: italiademocratica at tiscali.it) per averci inviato questo articolo di Nando dalla Chiesa apparso sul quotidiano "L'Unita'" del 27 aprile 2003. Nando dalla Chiesa e' nato a Firenze nel 1949, sociologo, docente universitario, parlamentare; e' stato uno dei promotori e punti di riferimento del movimento antimafia negli anni ottanta; e' persona di straordinaria limpidezza morale. Tra le opere di Nando dalla Chiesa segnaliamo particolarmente: Il potere mafioso, Mazzotta; Delitto imperfetto, Mondadori; La palude e la citta' (con Pino Arlacchi), Mondadori; Storie, Einaudi; Il giudice ragazzino, Einaudi; Milano-Palermo: la nuova resistenza (a cura di Pietro Calderoni), Baldini & Castoldi; I trasformisti, Baldini & Castoldi; La politica della doppiezza, Einaudi; Storie eretiche di cittadini perbene, Einaudi; La legge sono io, Filema; La guerra e la pace spiegate da mio figlio, Filema. Ha inoltre curato (organizzandoli in forma di autobiografia e raccordandoli con note di grande interesse) una raccolta di scritti del padre, Carlo Alberto Dalla Chiesa, In nome del popolo italiano, Rizzoli. Opere su Nando dalla Chiesa: suoi ritratti sono in alcuni libri di carattere giornalistico di Pansa, Stajano, Bocca; si veda anche l'intervista contenuta in Edgarda Ferri, Il perdono e la memoria, Rizzoli. Nicola Calipari, nato a Reggio Calabria, laureato in giurisprudenza, con una straordinaria e prestigiosa esperienza nelle forze dell'ordine con ruoli di grande responsabilita' nella lotta contro il crimine, da due anni funzionario del Sismi, e' l'eroe che ha salvato la vita a Giuliana Sgrena, come gia' prima alle due Simone; e' stato ucciso il 4 marzo a Baghdad] Vatti a fidare degli amici. Soprattutto di quelli piu' stretti, quelli che hanno scritto con te un pezzo della tua storia. Come gli amici americani, per esempio. Che stanno cucinando per l'Italia e gli italiani un boccone indigeribile anche per gli stomaci piu' forti. Prima ci hanno ammazzato di fuoco amico (involontariamente, si presume) uno dei migliori funzionari dello Stato. E con lui hanno quasi fatto la pelle a una giornalista appena uscita viva da un sequestro di persona proprio grazie a quel valoroso funzionario. Poi sono entrati a gamba tesa sullo scenario della sparatoria ripulendo da par loro (e non solo loro) il terreno da prove, indizi ed eventuali corpi di reato. Poi ci hanno chiesto scusa per lo spiacevole incidente. Quindi hanno stabilito che toccasse a una commissione bilaterale appurare i fatti. Infine hanno deciso da soli come i fatti sono andati: colpa del funzionario, della giornalista e dell'altro uomo dei servizi alla guida dell'auto che portava l'ostaggio liberato all'aeroporto. E' vero che il vecchio adagio recita "dagli amici mi guardi Iddio". Ma qui, non sembri banale, si e' passata davvero ogni misura. Scopriamo che la nostra amicizia assomiglia sempre di piu' a quegli speciali sentimenti di sudditanza che i disgraziati coltivano verso i potenti. Pronti, questi ultimi, a prodigar buffetti finche' si sentono omaggiati e riveriti. E altrettanto pronti a rovesciarti il tavolo addosso con un calcio il giorno che dovessi accampare presso di loro un minimo diritto. * Il caso Calipari supera in gravita' (se possibile, visto il numero dei morti) il caso del Cermis. Supera il caso delle due ragazze americane rimpatriate senza colpo ferire dopo che con un incendio colposo avevano seminato un po' di vittime in un hotel romano. Supera gli arresti di terroristi (o presunti tali) eseguiti in totale autonomia sul suolo nazionale. Basta riannodare gli eventi. L'Italia alleata preziosa di Bush ha portato migliaia dei suoi uomini in armi nel lontano Iraq. Per aiutare (questa e' comunque la versione del governo) un paese democratico, e al quale siamo debitori della nostra democrazia, a contrastare piu' efficacemente la minaccia del terrorismo internazionale. Per aiutarlo a difendersi meglio da nuove carneficine dopo quella dell'11 settembre. Alcune decine di italiani in armi sono anche morti nel garantire questo sostegno, questa "coalizione dei volenterosi" utilissima per rintuzzare l'idea di Stati Uniti vogliosi di entrare in guerra per propri interessi commerciali e di dominio. E' stata, quella italiana, una scelta politicamente sofferta; causa per il governo - cosi' ci si dice oggi - di una caduta di consensi elettorali tra le generazioni piu' giovani. Cosi' come sofferta e' stata la sequenza di quel maledetto pomeriggio del venerdi' 4 marzo. Anzitutto per Calipari. Portare a compimento la liberazione di una giornalista per la quale si era mobilitato tutto il paese, essere a poche centinaia di metri dall'aeroporto, e poi incontrare la morte incredibile e beffarda come il cavaliere di Samarcanda. Ma anche per noi, qui in Italia. Fare la sconvolgente esperienza mentale di sapere, mentre si festeggia la liberazione di Giuliana Sgrena, che solo per un soffio tutto l'equipaggio italiano non e' rimasto sotto il fuoco degli alleati. E subito dopo sentir fioccare le versioni impudenti sull'eccesso di velocita', sulla mancata risposta all'alt, perfino i dubbi sulla professionalita' di Nicola Calipari, nel frattempo assurto a eroe nazionale in quell'inquadratura da brivido di Ciampi appoggiato a mani alte sulla bara tricolore. * Stavolta non c'e' l'incoscienza protetta e incoraggiata di un aviatore che considera l'Italia un flipper con il quale giocare da cialtrone. Non c'e' l'incoscienza protetta e incoraggiata di due giovani turiste. Non c'e' nemmeno la mancanza di ogni rispetto del diritto internazionale che porta a compiere operazioni di polizia sul nostro territorio. Qui c'e' una lesione della bandiera, dell'onore dei nostri caduti, del senso di lealta' dovuto a chi (a torto o a ragione) ti affianca in combattimento. Quello che e' avvenuto con il Cermis, per capirsi, configurava un rapporto tra padrone e subalterno. Ma quello che e' accaduto e sta accadendo oggi esprime un disprezzo che va oltre la subalternita' e la rende impossibile, intollerabile. Perche' nella storia della letteratura anche i servi, alcune figure di servi in particolare, hanno comunque una loro dignita', una loro ammirevole grandezza. Grande, stupenda, e' Euriclea, la nutrice di Ulisse. Ammirevole e' la balia di Giulietta. Sono figure che esprimono una tradizione, che riflettono storie, relazioni sociali e senso comune autentici. Per questo nei tempi moderni l'espressione di "servitore" (e altrove di "civil servant") riferita al rapporto con lo Stato, non e' mai stata ragione di umiliazione e ha rappresentato anzi ragione onorifica, tanto che assai propriamente e' stata riservata allo stesso Calipari. Oggi e' il momento del salto di confine. Dopo il responso degli "amici americani" secondo cui nessuno tra i nostri alleati ha sbagliato in quel pomeriggio di fuoco e di sangue, il servo, se tace, perde ogni sua dignita'. Il suo silenzio diventa quello di Fantozzi, moderna negazione della dignita' servile. Costretto a ogni umiliazione per non perdere il suo posto nel consesso aziendale, poiche' da quel posto, anziche' dal proprio "io", egli trae il senso illusorio della sua qualita' umana. Sbalordire per le versioni dei fatti che ci vengono propinate, in un crescendo di spartiti che alla fine saranno un guazzabuglio di contraddizioni e di inverosimiglianze, non ha molto senso. Purtroppo, come gia' con le morti avvenute nelle nostre contrade ai tempi dei questori e dei procuratori che arrivavano diritti dal fascismo, vedremo e ascolteremo di tutto. Gia' l'immagine del soldato che alza la torcia e spara, con le mani impegnate contemporaneamente nelle due funzioni, e che sparando davanti colpisce di dietro e invia pallottole in direzioni contrastanti, si presterebbe all'ennesima opera buffa di un Fo o di un Benigni. Ma c'e' ancora il ricordo caldo di un uomo e del suo coraggio, la foto di gruppo di una famiglia a cui si e' promessa giustizia, che non consentono ne' frizzi ne' opere buffe. Non consentono nemmeno - questo lo si deve dire - che da parte di chi difende l'ingiustizia e la menzogna, magari per ammansire truppe stanche di una missione che doveva essere una passeggiata e le ha invece logorate e colpite in centinaia di vite, non consentono, dicevamo, che venga consegnata una medaglia d'oro firmata Cia alla memoria del funzionario ucciso. La verita' non si compra ne' con i commerci ne' con le medaglie. Ne abbiamo abbastanza, nella tradizione italiana, di corone spedite ai funerali dai mandanti dei delitti, per ingoiare la medaglia di chi certifica che la vittima non ha saputo fare il suo mestiere. Per questo invochiamo oggi la dignita' dei servi capaci di guardare fieramente negli occhi il loro padrone, quando capiscono che per loro non c'e' piu' rispetto. Sono momenti speciali. Sono i momenti in cui anche chi non e' stato tenero con Craxi riva' orgoglioso con la mente a Sigonella. Sono i momenti in cui chi ama le lezioni di liberta' che l'America e la sua cultura hanno pur dato al mondo, vede i soldati dello sbarco in Normandia sempre piu' lontani, sempre piu' scoloriti. Purtroppo per loro, purtroppo per noi. 3. RIFLESSIONE. PIER LUIGI FORNARI INTERVISTA LUISA MURARO [Dal sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it) riprendiamo la seguente intervista apparsa sul quotidiano "Avvenire" del 22 aprile 2005. Pier Luigi Fornari, giornalista, scrive di questioni etiche e bioetiche sul quotidiano "Avvenire". Luisa Muraro insegna all'Universita' di Verona, fa parte della comunita' filosofica femminile di "Diotima"; dal sito delle sue "Lezioni sul femminismo" riportiamo la seguente scheda biobibliografica: "Luisa Muraro, sesta di undici figli, sei sorelle e cinque fratelli, e' nata nel 1940 a Montecchio Maggiore (Vicenza), in una regione allora povera. Si e' laureata in filosofia all'Universita' Cattolica di Milano e la', su invito di Gustavo Bontadini, ha iniziato una carriera accademica presto interrotta dal Sessantotto. Passata ad insegnare nella scuola dell'obbligo, dal 1976 lavora nel dipartimento di filosofia dell'Universita' di Verona. Ha partecipato al progetto conosciuto come Erba Voglio, di Elvio Fachinelli. Poco dopo coinvolta nel movimento femminista dal gruppo "Demau" di Lia Cigarini e Daniela Pellegrini e' rimasta fedele al femminismo delle origini, che poi sara' chiamato femminismo della differenza, al quale si ispira buona parte della sua produzione successiva: La Signora del gioco (Feltrinelli, Milano 1976), Maglia o uncinetto (1981, ristampato nel 1998 dalla Manifestolibri), Guglielma e Maifreda (La Tartaruga, Milano 1985), L'ordine simbolico della madre (Editori Riuniti, Roma 1991), Lingua materna scienza divina (D'Auria, Napoli 1995), La folla nel cuore (Pratiche, Milano 2000). Con altre, ha dato vita alla Libreria delle Donne di Milano (1975), che pubblica la rivista trimestrale "Via Dogana" e il foglio "Sottosopra", ed alla comunita' filosofica Diotima (1984), di cui sono finora usciti sei volumi collettanei (da Il pensiero della differenza sessuale, La Tartaruga, Milano 1987, a Il profumo della maestra, Liguori, Napoli 1999). E' diventata madre nel 1966 e nonna nel 1997"] Meno di un anno fa una voce autorevole del mondo femminista defini' "una novita' dirompente" il documento sulla collaborazione tra uomo e donna che portava la firma dell'allora prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, Joseph Ratzinger. La femminista era Luisa Muraro, fondatrice della comunita' filosofica Diotima, che si caratterizza per il pensiero della differenza sessuale. La docente di filosofia, oggi che il cardinale e' divenuto papa, conferma l'apprezzamento che espresse sul quotidiano "Il manifesto". "Se il cardinale - immaginava allora la Muraro all'inizio del suo articolo - fosse un mio studente, di molte cose mi piacerebbe ragionare con lui, complimentarmi, interrogarlo, distanziarmi o consentire, a proposito della sua Lettera". "Era un'ipotesi scherzosa", puntualizza. - Pier Luigi Fornari: Perche' quella lettera e' cosi' importante? - Luisa Muraro: Prima di essa l'antropologia cristiana non aveva mai messo in evidenza che l'essere umano "sono donne e uomini". Aveva sempre sottolineato l'unita' della persona umana, dando un posto importante, ma secondario, alla differenza sessuale, e cercando poi di spiegare questa differenza con la complementarita' tra i sessi. In quella lettera invece si affermava che la differenza sessuale e' un tratto costitutivo dell'umanita'. Gli essere umani sono costitutivamente sessuati: donne e uomini. - Pier Luigi Fornari: In che modo? - Luisa Muraro: L'allora cardinale disegnava la realizzazione degli esseri umani di sesso femminile nei termini di un'umanita' non complementare a quella maschile. - Pier Luigi Fornari: Un esempio? - Luisa Muraro: Sottolineava l'importanza della partecipazione delle donne al governo delle aziende e dei Paesi, in ruoli cioe' che la tradizione fino allora, con pieno appoggio del pensiero cristiano e cattolico, aveva assegnato piuttosto alla realizzazione di se' di esseri umani di sesso maschile. - Pier Luigi Fornari: Lei apprezzo' quel n. 14 della lettera, in cui si affermava che la promozione della donna nella societa' deve essere compresa e voluta come una umanizzazione realizzata attraverso i valori riscoperti grazie alle donne. - Luisa Muraro: Si riferiva alle qualita' che storicamente sono state piu' espresse da donne, che si riconducono dunque a una espressione storica, non alla fisiologia, ne' alla anatomia, ne' alla maternita'. La lettera parlava esplicitamente di una manifestazione di certe qualita' storicamente espresse piu' da donne che da uomini, che possono diventare ricchezza e patrimonio dell'umanita' e di cui possono appropriarsi anche gli uomini. Cioe' indica il valore universale della differenza femminile. L'umanita' infatti nella sua universalita' e' fatta da donne e fatta da uomini. La quintessenza del pensiero della differenza consiste nel capire che l'umano non viene dal complemento di donne e uomini. L'umano sono le donne e l'umano sono gli uomini. La differenza non va oltrepassata in una superiore unita'. - Pier Luigi Fornari: Un altro aspetto che apprezzava nel testo del cardinale era la critica ad una cultura che tende a liberarsi dai limiti biologici. - Luisa Muraro: A questo proposito citavo Leopardi, che e' stato profetico nel prevedere certi cambiamenti della nostra civilta' e sottolineare l'importanza del richiamo alla natura. Che vuol dire tutto cio'? O la natura la vediamo come l'inchiodamento a un destino biologico: la natura come negatrice di liberta'. E da questa posizione deriva, naturalmente, la tendenza a oltrepassare i limiti della natura. Oppure la natura, cioe' il nostro essere corpo, la nostra comunanza con la realta' naturale, la possiamo leggere umanamente, leggerla nella liberta': accettare questa prossimita' che abbiamo con l'umilta' dell'animale, dei bambini, delle persone private dell'intelligenza. Questo e' un pensiero che va ripreso. Invece la ricerca della liberta' attraverso l'allontanamento dalla natura e' una strada molto pericolosa. E lo abbiamo visto. - Pier Luigi Fornari: E' un rischio anche cancellare la nostra dipendenza dalla relazione materna? - Luisa Muraro: Certo, dobbiamo ricordarci che siamo stati messi al mondo da una donna, nel modo in cui la donna partorisce. Quella realta' che sant'Agostino indicava per umilta' con l'espressione "inter feces et urinam" e che noi possiamo designare con la carnalita' che ci abita. - Pier Luigi Fornari: Ma c'e' una parte del movimento femminista che rifiuta questa carnalita'. - Luisa Muraro: Infatti c'e' un conflitto da tempo nel femminismo. Una corrente vuole che non siamo piu' donne, ma che cogliamo le possibilita' indeterminate che le tecnologie e il liberismo ci mettono a disposizione. C'e', invece, un pensiero che si mette in circolo con cio' che e' natura, dipendenza, bisogno che abbiamo gli uni degli altri. - Pier Luigi Fornari: Ratzinger si mostrava un alleato prezioso per questa seconda posizione? - Luisa Muraro: Come la vedo io, si'. Le femministe cattoliche gli hanno fatto delle critiche che io non sto a rinnegare. Ma per me la preoccupazione principale e' che la nostra civilta' non vada alla deriva di un artificialismo e di un umanesimo fine a se stesso. - Pier Luigi Fornari: Quindi il pensiero del nuovo papa potra' essere d'aiuto? - Luisa Muraro: E' una voce che va ascoltata. Anche la sua critica al relativismo e' una cosa che va ascoltata. Nella comunita' filosofica Diotima, che ho costituita, abbiamo detto: "su quello siamo d'accordo". Si puo' dire tutto e il contrario di tutto? No. La pretesa di poter dire qualcosa di vero deve restare nell'orizzonte delle aspirazioni degli esseri umani. Il bisogno di verita' deve rimanere tra le cose che manteniamo. Per me e per le mie compagne filosofe l'obiettivo essenziale non e' attaccare la Chiesa cattolica, ma salvare la civilta' umana, in senso globale, non solo quella occidentale, la convivenza, il senso delle nostre vite, della storia umana. - Pier Luigi Fornari: Tutto cio' si puo' ottenere senza una tensione verso la verita'? - Luisa Muraro: Certo che no. - Pier Luigi Fornari: Con il relativismo ci autodistruggiamo? - Luisa Muraro: E' cosi'. 4. RIFLESSIONE. LUCE IRIGARAY: SBOCCIARE AL BIVIO [Dal sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it) riprendiamo questo articolo apparso sul quotidiano "La Repubblica" il 26 aprile 2005. Luce Irigaray, nata in Belgio, direttrice di ricerca al Cnrs a Parigi, e' tra le piu' influenti pensatrici degli ultimi decenni. Opere di Luce Irigaray: Speculum. L'altra donna, Feltrinelli, Milano 1975; Questo sesso che non e' un sesso, Feltrinelli, Milano 1978; Amante marina. Friedrich Nietzsche, Feltrinelli, Milano 1981; Passioni elementari, Feltrinelli, Milano 1983; Etica della differenza sessuale, Feltrinelli, Milano 1985; Sessi e genealogie, La Tartaruga, Milano 1987; Il tempo della differenza, Editori Riuniti, Roma 1989; Parlare non e' mai neutro, Editori Riuniti, Roma 1991; Io, tu, noi, Bollati Boringhieri, Torino 1992; Amo a te, Bollati Boringhieri, Torino 1993; Essere due, Bollati Boringhieri, Torino 1994; La democrazia comincia a due, Bollati Boringhieri, Torino 1994; L'oblio dell'aria, Bollati Boringhieri, Torino 1996] E' vero: ci troviamo ormai sempre a un bivio. A cosa serve negarlo? Cio' corrisponde alla nostra condizione storica, quella che dobbiamo assumere pena il tradimento della nostra umanita'. Siamo ormai a ogni momento fuori dalla casa, all'aperto, incontrando e confrontandoci con realta' strane per cui dobbiamo inventare nuovi gesti, nuove parole, nuovi atteggiamenti. Ammesso che siamo ancora talvolta al caldo e a coccolarci in un ambito familiare, appena usciamo per strada, ci troviamo in croce, cioe' a un bivio. Se non si tratta di un supplizio fisico, la responsabilita' spirituale che ci aspetta qui non e' poca. E non ci da' tregua, sia che incrociamo uno straniero nella metropolitana o nel bus, sia che ci confrontiamo con un'altra cultura nella sfera delle nostre conoscenze o convinzioni, sia che ci misuriamo con un altro modo di fare e di dire all'interno della nostra tradizione dove le cose si sono molto evolute in poco tempo. Siamo sempre costretti a mettere a verifica il nostro modo di essere, di pensare, di esprimerci. Si puo' quindi capire che un padre di famiglia abbia voglia di proteggere i suoi figli da questo stare sempre sulla breccia. Ma temo che questo faccia ormai parte della nostra vita quotidiana, e che negarlo equivalga a sottrarsi alle proprie responsabilita', al proprio dovere, direi. Certo, non si tratta di sostituire alla nostra verita' passata una moltitudine di verita' piu' o meno equivalenti fra loro. Se fosse cosi', non ci sarebbe un reale bivio ne' una pena nello scegliere. Spesso oggi si fa confusione fra una verita' passata, unica, spezzettata e la pluralita' che stiamo affrontando. Si fa confusione fra una pluralita' voluta da certi ricercatori, anzitutto filosofi, in seno alla nostra tradizione per chiamare in causa i suoi assoluti ideali e perfino idoli, e la pluralita' che la nostra epoca multiculturale ci svela, ci impone a livello della verita'. Non si puo' confondere una cosa con l'altra, anche se l'una talvolta puo' aiutare a capire un po' meglio l'altra. Cio' nonostante trasformare una verita' unica in verita' molteplici rischia di conservare intatta la verita' passata o di sostituirla con una peggiore, oppure puo' portare a un cattivo nichilismo. Distruggere un sistema di valori rende necessario sostituirlo con un altro migliore. Questo era l'obiettivo dell'opera di Nietzsche, di cui si ritiene il piu' delle volte solo l'aspetto critico e non il motivo della critica: mettere in causa, per andare oltre, lo spirito di risentimento e di vendetta alla base della nostra cultura. Fermandosi alla critica, molti utilizzano i testi di Nietzsche contro lo stesso Nietzsche, facendo della critica una nuova arma al servizio dello spirito di risentimento e di vendetta. La volonta' di Nietzsche era piuttosto di superarlo, e di riaprire l'orizzonte della nostra tradizione per accogliere la vita in tutte le sue manifestazioni, per assentire a tutto cio' che vive. La volonta' di Nietzsche era di passare oltre le nostre chiusure e dire "si'" a ogni essere vivente che viene incontro. Il messaggio di Nietzsche era una parola di vita e di amore. Ma, come ha detto lui, aveva bisogno di una donna per portarlo piu' in la' di quanto non abbia potuto fare da solo. Senza dubbio, il suo cammino lo conduceva ad aprirsi alla pluralita', non come spezzatura di una verita' passata ma come accoglienza alle molteplici incarnazioni della vita. Superare la nostra cultura significava per lui uscire dalla convinzione che la nostra verita' passata sia definitiva, e metterci all'ascolto degli altri esseri viventi per poter continuare il nostro divenire umano oltre il risentimento e la vendetta. Nulla qui, mi pare, di un relativismo nichilista di cui Nietzsche sarebbe in qualche modo il responsabile. Questo relativismo e' piuttosto il risultato di un'incomprensione o un rifiuto dell'apertura alla vita che Nietzsche proponeva come via di salvezza, cioe' della necessita' di andare oltre la nostra concezione ristretta dell'umanita', al di la' della nostra interpretazione troppo moralistica della vita del Cristo, del nostro fermarci alla ripetizione del passato senza costruire un futuro dove la nostra umanita' sia piu' compiuta. Per incamminarci nella via di questo futuro, essere attenti alla parte della strada percorsa da altri puo' esserci di aiuto, anche per capirci. Rifiutare l'apertura ad altre culture e tradizioni equivarrebbe a una diffidenza rispetto alla nostra, a una paura di scoprire che essa non sia valida. Interrogarle come il partorire e il crescere dell'umano nella sua diversita' e nelle proprie traversate del deserto, sembra piu' spirituale come atteggiamento. E sembra meglio che giocare a spartire noi stessi la nostra verita' per fingere di condividerla con parecchi. Certo, ci troviamo cosi' sempre a un bivio, incrociando l'altro nel rispetto delle nostre differenze. Ma questa e' forse la croce che abbiamo oggi da vivere in noi stessi, in un modo poco visibile. Sarebbe augurabile condividerla con l'altro a ogni bivio del cammino, e portare insieme piu' avanti lo sbocciare della nostra umanita'. 5. INCONTRI. VALERIA TRIGO: PASSI DI PACE A ROMA CON THICH NHAT HANH [Dal sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it) riprendiamo questo articolo gia' apparso sul quotidiano "L'Unita'" del 28 aprile 2005. Valeria Trigo si occupa di forme espressive e temi culturali. Thich Nhat Hanh, monaco zen vietnamita, poeta e costruttore di pace, nato nel 1926 nel Vietnam centrale, nel 1964, in piena guerra, ha dato vita al movimento di resistenza nonviolenta dei "piccoli corpi di pace": gruppi di laici e monaci che nelle campagne creavano scuole, ospedali e ricostruivano i villaggi bombardati, subendo attacchi da entrambi i contendenti, che li ritenevano alleati del nemico. Nel 1967, durante una visita negli Stati Uniti, e' stato candidato al Nobel per la pace da Martin Luther King, che dopo averlo incontrato ha preso posizione pubblicamente contro la guerra in Vietnam. Due anni dopo, gia' costretto all'esilio, ha rappresentato la comunita' buddhista, che raccoglieva l'80 per cento dei vietnamiti, alle trattative di pace di Parigi. Dopo la firma degli accordi, nel 1975, gli e' stato negato il rientro nel suo Paese. Oggi vive in Francia. La pace e' il tema delle opere, delle attivita', dei ritiri e degli incontri e manifestazioni pubbliche di Thich Nhat Hanh. Il cuore del suo insegnamento e' nella stretta relazione tra la ricerca della pace in noi stessi e la pace nel mondo. "Nel protestare contro una guerra, possiamo credere di essere una persona pacifica, un vero rappresentante della pace - recita un passo di uno dei suoi scritti - ma questa nostra presunzione non sempre corrisponde alla realta'. Osservando in profondita', ci accorgiamo che le radici della guerra sono presenti nel nostro stile di vita privo di consapevolezza. Se noi non siamo in pace, non possiamo fare niente per la pace". I suoi numerosi libri sono pubblicati in Italia da Mondadori, Ubaldini e Neri Pozza. Opere di Thich Nhat Hanh: Vietnam, la pace proibita, Vallecchi, 1967; La lotta nonviolenta del buddhismo nel Vietnam, Citta' Nuova, 1970; Essere pace, Ubaldini, 1989; Il sole, il mio cuore, Ubaldini, 1990; Il miracolo della presenza mentale, Ubaldini, 1992; Trasformarsi e guarire,Ubaldini, 1992; Vita di Siddharta il Buddha, Ubaldini, 1992; La pace e' ogni passo, Ubaldini, 1993; Toccare la pace, Ubaldini, 1994; Respira! Sei vivo, Ubaldini, 1994; Lo splendore del loto, Ubaldini, 1994; Il diamante che recide l'illusione, Ubaldini, 1995; L'amore e l'azione, Ubaldini, 1995; Una chiave per lo zen, Ubaldini, 1996; Mente d'amore, Ubaldini, 1997; L'incenso del cuore, Associazione La Rete di Indra, 1997; Il cancello di pino e altre storie, Psiche, 1997; Il bambu' della luna, Psiche, 1998; Sassolini di meditazione, Associazione Un Tempio per la Pace, 1998; Il Buddha vivente, il Cristo vivente, Neri Pozza, 1996, Tea, 1999; Insegnamenti sull'amore, Neri Pozza, 1999; AA. VV. Buddhismo impegnato, Neri Pozza, 1999; Perche' un futuro sia possibile, Ubaldini, 2000; Il cuore dell'insegnamento del Buddha, Neri Pozza, 2000; Canti e recitazioni di Plum Village, Nobile Editore, 2000; Il piccolo libro della consapevolezza, Ubaldini, 2001; AA. VV., Ecologia buddhista, Neri Pozza, 2001; Discorsi ai bambini e al bambino dentro di noi, Ubaldini, 2002; Spegni il fuoco della rabbia, Mondadori, 2002; Il segreto della pace, Mondadori, 2003; La luce del dharma, Mondadori, 2003; Libero ovunque tu sia, Associazione Essere Pace, 2003; Il sentiero, Ubaldini, 2004; L'arte della trasformazione, Mondadori, 2004; L'arte del cammino e della pace, Mondadori, 2004; Un ascolto profondo, Ubaldini, 2005; L'unica nostra arma e' la pace, Mondadori, 2005] "Camminare lentamente e in silenzio, ascoltando la nostra inspirazione e la nostra espirazione, sentendo il contatto dei piedi con la terra e sentendo come questa ci sostiene, e' un modo per nutrire la pace e la stabilita'. Il mondo che ci circonda non ci aiuta a nutrire il seme di pace che e' in noi, ci aiuta piuttosto a nutrire la fretta, l'angoscia e l'insoddisfazione. Perche' il nostro seme di pace possa germogliare ha bisogno di cura e di nutrimento costante". Queste parole sono del monaco buddista zen Thich Nhat Hanh, poeta e costruttore di pace, che sara' oggi a Roma per una "Camminata lenta e silenziosa dal Colosseo al Campidoglio" (una delle forme di meditazione collettiva che da anni pratica e promuove). L'appuntamento e' alle ore 15 presso l'Arco di Costantino. Dopo un breve discorso introduttivo che Thich Nhat Hanh rivolgera' ai partecipanti, si camminera lentamente e in silenzio lungo via dei Fori Imperiali, fino a raggiungere il Campidoglio. Alle 20, all'Auditorium del Parco della Musica, seguira' la conferenza "Non c'e' una Via per la Pace, la Pace e' la Via" (per informazioni, tel. 3401779502 - dalle ore 15 alle ore 19). La pace e' il tema delle opere, delle attivita', dei ritiri e degli incontri e manifestazioni pubbliche di Thich Nhat Hanh. Il cuore del suo insegnamento e' nella stretta relazione tra la ricerca della pace in noi stessi e la pace nel mondo. Thich Nhat Hanh arriva nella capitale dal Vietnam, suo paese natale, dove e' tornato il 12 aprile scorso dopo 39 anni di esilio, per una visita di tre mesi di riconciliazione e insegnamento. Il governo di Hanoi gli aveva fin qui rifiutato il permesso di rientro. La sua storia, in realta', e' la storia di una spiritualita' calata nella vita quotidiana e dedicata al sostegno dei poveri e alla promozione di una cultura di pace. Nel suo paese ai tempi della guerra del Vietnam ha dato vita al movimento di resistenza nonviolenta dei "Piccoli Corpi di Pace": gruppi di laici e monaci che nelle campagne creavano scuole, ospedali e ricostruivano i villaggi bombardati, subendo attacchi da entrambi i contendenti, che li ritenevano alleati del nemico. Nel '67 Martin Luther King rimase cosi' affascinato dalle sue parole da proporlo come candidato al premio Nobel per la pace. Nel '73 fu a capo della delegazione buddhista per la pace al tavolo delle trattative di Parigi che mise fine all'intervento americano in Vietnam. Rimasto in Francia, impossibilitato a tornare a casa, ha fondato la comunita' di Plum Village (per informaizoni e contatti: www.plumvillage.org). I suoi numerosi libri sono pubblicati in Italia da Mondadori, Ubaldini e Neri Pozza. 6. RIFLESSIONE. VITA COSENTINO: ESSERE PACE [Dal sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it). Vita Cosentino e' un'autorevolissima intellettuale femminista] Ho letto "Essere pace" di Thich Nhat Hanh (Ubaldini, Roma '89) e vi ho trovato idee che mi aiutano a pensare una questione che mi sa molto a cuore: il posto dell'altro nelle nostre vite, nella relazione che e' inevitabilmente relazione di differenza, perche' non si da' che due esseri umani siano uguali. Tanto o poco, piu' o meno differiamo ed e' proprio questo cio' che mi tiene e mi spinge a tener viva la relazione e a cambiare qualcosa di me. La questione non e' per niente semplice e quando mi chiamano a tenere degli aggiornamenti a insegnanti a volte uso un frammento di "Essere pace" per cominciare a discuterne a partire dalla propria esperienza umana e professionale. E vedo che le sue parole riescono a toccare delle corde che aprono a un cambiamento vitale. 7. INCONTRI. LORENZO PORTA: UN INCONTRO FIORENTINO CON MICHAEL LERNER [Ringraziamo di cuore Bruno Segre (per contatti: bsegre at yahoo.it) per averci inviato il seguente testo di Lorenzo Porta. Lorenzo Porta e' docente del Corso di laurea "Operazioni di pace, gestione e mediazione dei conflitti" della Facolta' di Scienze della formazione e Scienze politiche dell'Universita' di Firenze. Rabbi Michael Lerner, nato 61 anni fa nel New Jersey, e' cresciuto in un ambiente familiare immerso nella politica. I suoi genitori erano leader del movimento sionista negli Stati Uniti nel periodo precedente la seconda guerra mondiale. Dopo la guerra, suo padre divenne giudice e sua madre consigliere politico e capo della campagna elettorale per un senatore. Icone del partito democratico come Adlai Stevenson e Harry Truman passarono per casa negli anni in cui Lerner cresceva, e quando si presento' all'ammissione al college, John F. Kennedy gli scrisse una lettera di raccomandazione. A dodici anni leggeva i resoconti del Congresso e notava la differenza tra quello che i politici dicevano e come votavano in realta'. Vedeva altrettanta ipocrisia anche nel mondo ebraico. Dice Lerner "Da un lato, le sinagoghe negli anni '50 erano piene di persone che sviluppavano ideali alti; dall'altro, era evidente che il risultato finale erano il materialismo e il consumismo". In seguito, Lerner scopri' il libro di Abraham Joshua Heschel Dio alla ricerca dell'uomo. Per anni lesse un capitolo a settimana e, finito il libro, lo ricominciava. Adolescente, incontro' Heschel che lo invito' a studiare al Jewish Theological Seminar a New York. Qui Lerner scopri' che alcuni ebrei rifiutavano l'Ebraismo americanizzato che lui conosceva, e sostenevano che aveva poco a che fare con il messaggio centrale della religione. Fu il suo primo incontro con una critica ebraica dell'Ebraismo e getto' le basi della sua successiva campagna per un rinnovamento della fede. Nel 1966 Lerner visse per diversi mesi in un kibbutz in Israele. Benche' l'ambiente socialista del kibbutz gli dimostrasse che le persone potevano essere motivate da riconoscimenti non materiali, gli rivelo' anche quello che egli percepi' come difetto centrale del socialismo: l'assenza di un elemento spirituale. Alla fine degli anni '60, Lerner era diventato un leader del movimento statunitense contro la guerra. Era uno dei membri dei Sette di Seattle, un gruppo di attivisti denunciati dal governo federale per utilizzare le proprieta' dello stato (il telefono) con l'intento di incitare alla rivolta (una protesta contro la guerra nel Vietnam). Il capo dell'Fbi J. Edgar Hoover chiamo' Lerner "uno dei criminali piu' pericolosi degli Stati Uniti". Lerner fu incarcerato al penitenziario federale di Terminal Island per disprezzo della corte. Le accuse di cospirazione furono in seguito ritirate e le leggi in base alle quali erano state portate furono dichiarate incostituzionali. Quando il movimento contro la guerra perse vigore, Lerner attribui' parte della responsabilita' a cio' che chiamo' un "surplus di impotenza" negli attivisti stessi. Essi non potevano riconoscere i loro successi perche' "ridefinivano continuamente i criteri in base ai quali definire il successo in un modo che li faceva sentire dei falliti". Il desiderio di comprendere questa "patologia" autodistruttiva porto' Lerner a studiare psicoterapia. Voleva anche analizzare la sua vita emotiva. Dice Lerner, "Scoprii che ero troppo severo nei miei giudizi, specialmente nei confronti dei miei genitori". Fini' il suo secondo PhD (il primo era in filosofia) al Wright Institute nel 1977 e incomincio' a lavorare come psicologo clinico. Tra la fine degli anni '70 ed i primi anni '80 Lerner viveva con disagio crescente lo spostamento politico della comunita' ebraica dal polo liberal a quello conservatore. Cio' lo condusse alla fine a fondare la rivista "Tikkun" nel 1986. Il suo obiettivo era rivitalizzare le voci liberal e progressive degli ebrei americani. Ma l'attivismo di Lerner non si limita al Medio Oriente ed ai circoli ebraici statunitensi. Oggi "Tikkun" (che significa in ebraico riparazione, guarigione o trasformazione) aiuta i liberal di tutte le culture e confessioni a integrare nelle loro vite la dimensione politica e quella spirituale. E' una rivista molto considerata anche nel dibattito culturale a livello accademico su questioni sociali cruciali. Lerner e' stato consigliere di Bill Clinton nel primo mandato. Recentemente, Lerner ha formato la Tikkun Community, un gruppo interconfessionale aperto ai laici, impegnato per la pace in Medio Oriente, la nonviolenza, la consapevolezza globale, la salute ecologica. Rabbi Lerner conduce servizi in diversi luoghi a San Francisco. La sua congregazione, Beit Tikkun, e' un frutto del movimento Jewish Renewal, che unisce alla spiritualita' un richiamo all'azione sociale per il cambiamento. Il libro di Lerner Jewish Renewal: a Path To Healing And Transformation delinea il suo progetto per rivendicare lo spirito rivoluzionario dell'ebraismo. Il discorso si allarga a tutte le altre religioni in Spirit Matters. Nel dibattito statunitense sul conflitto tra Israele e Palestina la voce di Lerner e' emersa come una delle piu' equilibrate. Il suo ultimo libro Healing Israel/Palestine incoraggia entrambe le parti a riconoscere il proprio e altrui dolore e ad affermare la dignita' innegabile dell'altro. Il ruolo della Tikkun Community a questo riguardo e' educare il pubblico, i media, il mondo accademico, le istituzioni politiche ed i rappresentanti eletti ad un percorso di pace e sicurezza comune per Israele ed il popolo palestinese. Opere di Michael Lerner: Jewish Renewal: A Path to Healing and Transformation (Putnam, poi Harper Collins); con Cornel West: A Dialogue on Race, Religon and Culture in America (Putnam, poi Penguin); The Politics of Meaning: Restoring Hope and Possibility in an Age of Cynicism (Addison Wesley Longman/Perseus Books); Spirit Matters (Walsch Books/Hampton Roads); Healing Israel/Palestine (Tikkun Books). Sito: www.tikkun.org Il 17 maggio 2005 Michael Lerner animera' a Firenze (in Palazzo Vecchio, Salone dei Cinquecento) un incontro promosso dai professori Giovanna Ceccatelli Gurrieri (presidente) e Lorenzo Porta (docente) del Corso di laurea "Operazioni di pace, gestione e mediazione dei conflitti" dell'Ateneo fiorentino. L'incontro, organizzato con il sostegno della Regione Toscana e del Comune di Firenze, sara' aperto alla cittadinanza. Lerner trattera' il tema "Costruire la pace: una scelta politica e culturale". Il dibattito sara' avviato da un gruppo di discussione composto da Moni Ovadia, dal sociologo di origine irachena Adel Jabbar (docente di Sociologia delle migrazioni all'Universita' di Venezia e profondo conoscitore della realta' vicino-orientale) e dal professor Lorenzo Porta. Moderatore dell'incontro sara' Bruno Segre] Grazie al rapporto con l'Associazione "amici di Neve' Shalom - Wahat al-Salam" Italia e con il suo presidente Bruno Segre, abbiamo pensato di invitare qui a Firenze una figura di studioso e di persona impegnata da decenni in un lavoro dal basso, con influenze anche a livello istituzionale, per una societa' a larga partecipazione, fondata su principi di sostenibilita' ecologica e di giustizia sociale, con un'attenzione agli squilibri mondiali e alle alleanze con gruppi e associazioni che operano nel sud del mondo. Michael Lerner e' una figura di studioso impegnato che, rappresentando una parte importante dell'ebraismo americano, nei decenni si e' collocato su posizioni radical e liberal, protagonista delle lotte per i diritti civili negli anni '60, della controinformazione sulla guerra del Vietnam, delle campagne ecologiche. Michael Lerner ha acquisito esperienza e titoli che lo rendono un esperto della trasformazione dei conflitti in senso nonviolento. Come Corso di laurea "Operazioni di pace, gestione e mediazione dei conflitti", intendiamo invitarlo a Firenze durante il suo tour in Europa che avra' luogo verso la meta' del mese di maggio. Lerner e' anche un profondo conoscitore della realta' mediorientale, rispetto alla quale e' in grado di fornire informazioni e proporre prospettive da persona che, nel corso degli ultimi decenni, ne ha vissuto i momenti piu' importanti. La sua formazione e' interdisciplinare, con significative competenze sui versanti psicologico e socio-politico. Non solo per gli studenti ma per l'intera cittadinanza sara', questo, un importante appuntamento nel quale confrontarsi con un conoscitore di movimenti e gruppi che, negli Stati Uniti e in diverse parti del mondo, si battono per una nonviolenza sostanziale, ancorata a programmi di trasformazione della realta' sociale. 8. MAESTRI. NORBERTO BOBBIO: UN'AFFERMAZIONE DI DANILO DOLCI [Dalla nota di Norberto Bobbio in apertura di Giuseppe Barone, La forza della nonviolenza. Bibliografia e profilo biografico di Danilo Dolci, Libreria Dante & Descartes, Napoli 2000, 2004 (un testo che vivamente raccomandiamo; per richieste alla casa editrice: tel. 0815515368, e-mail: info at dantedescartes.it). Norberto Bobbio e' nato a Torino nel 1909 ed e' deceduto nel 2004, antifascista, filosofo della politica e del diritto, autore di opere fondamentali sui temi della democrazia, dei diritti umani, della pace, e' stato uno dei piu' prestigiosi intellettuali italiani del XX secolo. Opere di Norberto Bobbio: per la biografia (che si intreccia con decisive vicende e cruciali dibattiti della storia italiana di questo secolo) si vedano il volume di scritti autobiografici De Senectute, Einaudi, Torino 1996; e l'Autobiografia, Laterza, Roma-Bari 1997; tra i suoi libri di testimonianze su amici scomparsi (alcune delle figure piu' alte dell'impegno politico, morale e intellettuale del Novecento) cfr. almeno Italia civile, Maestri e compagni, Italia fedele, La mia Italia, tutti presso l'editore Passigli, Firenze. Per la sua riflessione sulla democrazia cfr. Il futuro della democrazia; Stato, governo e societa'; Eguaglianza e liberta'; tutti presso Einaudi, Torino. Sui diritti umani si veda L'eta' dei diritti, Einaudi, Torino 1990. Sulla pace si veda Il problema della guerra e le vie della pace, Il Mulino, Bologna, varie riedizioni; Il terzo assente, Sonda, Torino 1989; Una guerra giusta?, Marsilio, Venezia 1991; Elogio della mitezza, Linea d'ombra, Milano 1994. A nostro avviso indispensabile e' anche la lettura di Politica e cultura, Einaudi, Torino 1955, 1977; Profilo ideologico del Novecento, Garzanti, Milano 1990; Teoria generale del diritto, Giappichelli, Torino 1993. Opere su Norberto Bobbio: segnaliamo almeno Enrico Lanfranchi, Un filosofo militante, Bollati Boringhieri, Torino 1989; Piero Meaglia, Bobbio e la democrazia: le regole del gioco, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole 1994; Tommaso Greco, Norberto Bobbio, Donzelli, Roma 2000. Per la bibliografia di e su Norberto Bobbio uno strumento di lavoro utilissimo e' il sito del Centro studi Piero Gobetti (www.erasmo.it/gobetti) che invitiamo caldamente a visitare. Danilo Dolci e' nato a Sesana (Trieste) nel 1924, arrestato a Genova nel '43 dai nazifascisti riesce a fuggire; nel '50 partecipa all'esperienza di Nomadelfia a Fossoli; dal '52 si trasferisce nella Sicilia occidentale (Trappeto, Partinico) in cui promuove indimenticabili lotte nonviolente contro la mafia e il sottosviluppo, per i diritti, il lavoro e la dignita'. Subisce persecuzioni e processi. Sociologo, educatore, e' tra le figure di massimo rilievo della nonviolenza nel mondo. E' scomparso sul finire del 1997. Di seguito riportiamo una sintetica ma accurata notizia biografica scritta da Giuseppe Barone (comparsa col titolo "Costruire il cambiamento" ad apertura del libriccino di scritti di Danilo, Girando per case e botteghe, Libreria Dante & Descartes, Napoli 2002): "Danilo Dolci nasce il 28 giugno 1924 a Sesana, in provincia di Trieste. Nel 1952, dopo aver lavorato per due anni nella Nomadelfia di don Zeno Saltini, si trasferisce a Trappeto, a meta' strada tra Palermo e Trapani, in una delle terre piu' povere e dimenticate del paese. Il 14 ottobre dello stesso anno da' inizio al primo dei suoi numerosi digiuni, sul letto di un bambino morto per la denutrizione. La protesta viene interrotta solo quando le autorita' si impegnano pubblicamente a eseguire alcuni interventi urgenti, come la costruzione di una fogna. Nel 1955 esce per i tipi di Laterza Banditi a Partinico, che fa conoscere all'opinione pubblica italiana e mondiale le disperate condizioni di vita nella Sicilia occidentale. Sono anni di lavoro intenso, talvolta frenetico: le iniziative si susseguono incalzanti. Il 2 febbraio 1956 ha luogo lo "sciopero alla rovescia", con centinaia di disoccupati - subito fermati dalla polizia - impegnati a riattivare una strada comunale abbandonata. Con i soldi del Premio Lenin per la Pace (1958) si costituisce il "Centro studi e iniziative per la piena occupazione". Centinaia e centinaia di volontari giungono in Sicilia per consolidare questo straordinario fronte civile, "continuazione della Resistenza, senza sparare". Si intensifica, intanto, l'attivita' di studio e di denuncia del fenomeno mafioso e dei suoi rapporti col sistema politico, fino alle accuse - gravi e circostanziate - rivolte a esponenti di primo piano della vita politica siciliana e nazionale, incluso l'allora ministro Bernardo Mattarella (si veda la documentazione raccolta in Spreco, Einaudi, Torino 1960 e Chi gioca solo, Einaudi, Torino 1966). Ma mentre si moltiplicano gli attestati di stima e solidarieta', in Italia e all'estero (da Norberto Bobbio a Aldo Capitini, da Italo Calvino a Carlo Levi, da Aldous Huxley a Jean Piaget, da Bertrand Russell a Erich Fromm), per tanti avversari Dolci e' solo un pericoloso sovversivo, da ostacolare, denigrare, sottoporre a processo, incarcerare. Ma quello che e' davvero rivoluzionario e' il suo metodo di lavoro: Dolci non si atteggia a guru, non propina verita' preconfezionate, non pretende di insegnare come e cosa pensare, fare. E' convinto che nessun vero cambiamento possa prescindere dal coinvolgimento, dalla partecipazione diretta degli interessati. La sua idea di progresso non nega, al contrario valorizza, la cultura e le competenze locali. Diversi libri documentano le riunioni di quegli anni, in cui ciascuno si interroga, impara a confrontarsi con gli altri, ad ascoltare e ascoltarsi, a scegliere e pianificare. La maieutica cessa di essere una parola dal sapore antico sepolta in polverosi tomi di filosofia e torna, rinnovata, a concretarsi nell'estremo angolo occidentale della Sicilia. E' proprio nel corso di alcune riunioni con contadini e pescatori che prende corpo l'idea di costruire la diga sul fiume Jato, indispensabile per dare un futuro economico alla zona e per sottrarre un'arma importante alla mafia, che faceva del controllo delle modeste risorse idriche disponibili uno strumento di dominio sui cittadini. Ancora una volta, pero', la richiesta di acqua per tutti, di "acqua democratica", incontrera' ostacoli d'ogni tipo: saranno necessarie lunghe battaglie, incisive mobilitazioni popolari, nuovi digiuni, per veder realizzato il progetto. Oggi la diga esiste (e altre ne sono sorte successivamente in tutta la Sicilia), e ha modificato la storia di decine di migliaia di persone: una terra prima aridissima e' ora coltivabile; l'irrigazione ha consentito la nascita e lo sviluppo di numerose aziende e cooperative, divenendo occasione di cambiamento economico, sociale, civile. Negli anni Settanta, naturale prosecuzione del lavoro precedente, cresce l'attenzione alla qualita' dello sviluppo: il Centro promuove iniziative per valorizzare l'artigianato e l'espressione artistica locali. L'impegno educativo assume un ruolo centrale: viene approfondito lo studio, sempre connesso all'effettiva sperimentazione, della struttura maieutica, tentando di comprenderne appieno le potenzialita'. Col contributo di esperti internazionali si avvia l'esperienza del Centro Educativo di Mirto, frequentato da centinaia di bambini. Il lavoro di ricerca, condotto con numerosi collaboratori, si fa sempre piu' intenso: muovendo dalla distinzione tra trasmettere e comunicare e tra potere e dominio, Dolci evidenzia i rischi di involuzione democratica delle nostre societa' connessi al procedere della massificazione, all'emarginazione di ogni area di effettivo dissenso, al controllo sociale esercitato attraverso la diffusione capillare dei mass-media; attento al punto di vista della "scienza della complessita'" e alle nuove scoperte in campo biologico, propone "all'educatore che e' in ognuno al mondo" una rifondazione dei rapporti, a tutti i livelli, basata sulla nonviolenza, sulla maieutica, sul "reciproco adattamento creativo" (tra i tanti titoli che raccolgono gli esiti piu' recenti del pensiero di Dolci, mi limito qui a segnalare Nessi fra esperienza etica e politica, Lacaita, Manduria 1993; La struttura maieutica e l'evolverci, La Nuova Italia, Scandicci (Fi) 1996; e Comunicare, legge della vita, La Nuova Italia, Scandicci (Fi) 1997). Quando la mattina del 30 dicembre 1997, al termine di una lunga e dolorosa malattia, un infarto lo spegne, Danilo Dolci e' ancora impegnato, con tutte le energie residue, nel portare avanti un lavoro al quale ha dedicato ogni giorno della sua vita". Tra le molte opere di Danilo Dolci, per un percorso minimo di accostamento segnaliamo almeno le seguenti: una antologia degli scritti di intervento e di analisi e' Esperienze e riflessioni, Laterza, Bari 1974; tra i libri di poesia: Creatura di creature, Feltrinelli, Milano 1979; tra i libri di riflessione piu' recenti: Dal trasmettere al comunicare, Sonda, Torino 1988; La struttura maieutica e l'evolverci, La Nuova Italia, Firenze 1996. Tra le opere su Danilo Dolci: Giuseppe Fontanelli, Dolci, La Nuova Italia, Firenze 1984; Adriana Chemello, La parola maieutica, Vallecchi, Firenze 1988 (sull'opera poetica di Dolci); Antonino Mangano, Danilo Dolci educatore, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1992; Giuseppe Barone, La forza della nonviolenza. Bibliografia e profilo critico di Danilo Dolci, Libreria Dante & Descartes, Napoli 2000, 2004] Ho fatto io stesso tesoro di questa sua affermazione: "La verita', che non e' tanto ingenua da credere solo nei processi o nelle critiche, non fa il gioco di nessuno, e' la salvezza di tutti, se ci si muove per guarire e non per fomentare rumorose risse: non sarebbe ancora verita'". Con queste parole enunciava l'ideale, cui rimase sempre fedele, della nonviolenza. 9. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 10. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at inwind.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 918 del 3 maggio 2005 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione).
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