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La nonviolenza e' in cammino. 913
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 913
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Thu, 28 Apr 2005 03:09:03 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 913 del 28 aprile 2005 Sommario di questo numero: 0. Una comunicazione di servizio 1. Riccardo Orioles: 30 aprile 1982 2. Una bibliografia essenziale sul popolo armeno e sul genocidio di cui e' stato vittima 3. I processi nazisti ai resistenti della "Rosa bianca" 4. Aldo Capitini: La mia opposizione al fascismo 5. Andrea Cozzo: Il "rappel" di Lanza del Vasto, richiamo fisico e mentale all'attenzione 6. La "Carta" del Movimento Nonviolento 7. Per saperne di piu' 0. UNA COMUNICAZIONE DI SERVIZIO Si e' verificato ieri un problema tecnico che ha avuto come conclusiva spiacevole conseguenza il ritardato e purtroppo reiterato invio del n. 912 del notiziario. Ci scusiamo con le gentili lettrici e i gentili lettori che avessero ricevuto piu' copie dello stesso. 1. EDITORIALE. RICCARDO ORIOLES: 30 APRILE 1982 [Da "La Catena di San Libero (per contatti: riccardoorioles at libero.it), n. 281 del 25 aprile 2005 riprendiamo questa variazione di Riccardo Orioles da Simonide di Ceo. Riccardo Orioles e' giornalista eccellente ed esempio pressoche' unico di rigore morale e intellettuale (e quindi di limpido impegno civile); militante antimafia tra i piu' lucidi e coraggiosi, ha preso parte con Pippo Fava all'esperienza de "I Siciliani", poi e' stato tra i fondatori del settimanale "Avvenimenti", cura attualmente in rete "Tanto per abbaiare - La Catena di San Libero", un eccellente notiziario che puo' essere richiesto gratuitamente scrivendo al suo indirizzo di posta elettronica; ha formato al giornalismo d'inchiesta e d'impegno civile moltissimi giovani. Per gli utenti della rete telematica vi e' anche la possibilita' di leggere una raccolta dei suoi scritti (curata dallo stesso autore) nel libro elettronico Allonsanfan. Storie di un'altra sinistra. Sempre in rete e' possibile leggere una sua raccolta di traduzioni di lirici greci, ed altri suoi lavori di analisi (e lotta) politica e culturale, giornalistici e letterari. Due ampi profili di Riccardo Orioles sono in due libri di Nando Dalla Chiesa, Storie (Einaudi, Torino 1990), e Storie eretiche di cittadini perbene (Einaudi, Torino 1999). Pio La Torre, dirigente del Partito Comunista Italiano, alla testa delle lotte contadine, parlamentare della Repubblica, animatore del movimento pacifista, autore del disegno di legge che dopo la sua morte divenne la fondamentale legge antimafia; lotto' contro la mafia e per la pace; e' stato assassinato il 30 aprile 1982. Opere di Pio La Torre: Le ragioni di una vita. Scritti di Pio La Torre, a cura dell'Istituto Gramsci Siciliano, De Donato - Il Ciclope, Bari-Palermo 1982. Opere su Pio La Torre: cfr. Francesco Petruzzella (a cura di), La posta in gioco. Il Pci di fronte alla mafia, La Zisa, Palermo 1993, particolarmente il terzo volume. Rosario Di Salvo, di Pio La Torre collaboratore nella lotta per un mondo giusto e per i diritti di tutti, insieme a Pio La Torre fu assassinato dalla mafia il 30 aprile 1982. Simonide di Ceo (nato a Iuli nell'isola di Ceo intorno al 556 a.C., scomparso in Sicilia, a Siracusa o Agrigento, intorno al 468 a.C.) e' uno dei grandi poeti lirici greci, i cui residui frammenti rivelano - al pari delle tragedie ateniesi del V secolo - come quelle donne e quegli uomini sapessero tutto del cuore delle persone e del mondo. Delle varie traduzioni italiane dell'epicedio per i caduti alle Termopili ci piace qui ricordare quella indimenticabile di Salvatore Quasimodo (nei Lirici greci, "Corrente", Milano 1940, poi - piu' volte - presso Mondadori; noi citiamo dall'edizione Mondadori, Milano 1979, p. 105: "Di quelli che caddero alle Termopili / famosa e' la ventura, bella la sorte / e la tomba un'ara. Ad essi memoria / e non lamenti; ed elogio il compianto. / Non il muschio, ne' il tempo che devasta / ogni cosa potra' su questa morte. / Con gli eroi, sotto la stessa pietra, / abita ora la gloria della Grecia". Un libro che ricorda uno per uno tutti i "caduti nella lota contro la mafia e per la democrazia dal 1893 al 1994, la cui lettura vivamente raccomandiamo, e' quello di Umberto Santino, Sicilia 102, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1995] Dei morti alle Termopili la sorte e' bella e fortunato fu il destino, un altare e' la tomba ed il ricordo non un lamento ma di lotta un canto. A questa veste funebre ne' il tempo ne' l'abbandono toglieran splendore: vive in questo sepolcro e gli e' compagno l'onore di Sicilia. Cosi' attesta Pio, capo comunista. Lo conferma Rosario che con lui cadde lottando. 2. MEMORIA. UNA BIBLIOGRAFIA SUL POPOLO ARMENO E SUL GENOCIDIO DI CUI E' STATO VITTIMA [Dal sito del "Comitato per la foresta dei giusti" (http://gariwo.net) riprendiamo la seguente bibliografia orientativa] - AA. VV., Georgia, Armenia, Azerbaijan, Guide Edt, Lonely Planet, Torino 2001. - AA. VV., Gli Armeni, Jaca Book, Milano 1986. - AA. VV., Armin T. Wegner e gli Armeni in Anatolia, 1915. Immagini e testimonianze, Guerini, Milano 1996. - AA. VV. , Armenia, una cristianita' al bivio, Cens, Milano 1998. - AA. VV., Documenti diplomatici italiani sull'Armenia, Commissione per la pubblicazione dei documenti italiani sull'Armenia, Firenze 1999-2003. - AA. VV., Revue d'Histoire de la Shoah, Ailleurs, hier, autrement: connaissance et reconnaissance du genocide des Armeniens, Centre de Documentation Juive Contemporaine, Paris 2003. - Flavia Amabile, Marco Tosatti, I baroni di Aleppo, Gamberetti, Roma,1998. - Flavia Amabile, Marco Tosatti, La vera storia del Mussa Dagh, Guerini, Milano 2003. - A. Arslan, L. Pisanello, Husher. Voci italiane di sopravvissuti armeni, Guerini, Milano 2000. - A. Arslan, B. L. Zekiyan, A. Ferrari, Dal Caucaso al Veneto, gli Armeni fra storia e memoria , Adle Ed., Padova 2003. - Antonia Arslan, La masseria delle allodole, Rizzoli, Milano 2004. - A. Bakunts, Racconti dal silenzio, Guerini, Milano 2002. - G. Chaliand, Memoria della mia memoria, Argo, Lecce 2003. - P. Cuneo, Architettura armena, De Luca, Roma 1988. - D. Dedeyan (a cura di), Storia degli armeni, Guerini, Milano 2002. - V. Dadrian, Storia del genocidio armeno, Guerini, Milano 2003. - A. Ferrari, Le guerre di David Beck, Guerini, Milano 1997. - A. Ferrari, L'Ararat e la gru, Mimesis, Milano 2003. - G. Gianighian, Khodorciur, Casa Editrice Armena, Venezia 1992. - A. Hermet, La Venezia degli armeni. Sedici secoli fra storia e leggenda, Mursia, Milano 1993. - E. Hinselrath, La fiaba dell'ultimo pensiero, Rizzoli, Milano 1991. - G. Impagliazzo, Una finestra sul massacro, Guerini, Milano 2000. - Hilmar Kaiser, Imperialism, Racism and Development Theories: The Construction of a Dominant Paradigm on Ottoman Armenians, Gomidas Institute Books, Princeton 1998. - Hilmar Kaiser, The Baghdad Railway and the Armenian Genocide, 1915-1916: A Case Study in German Resistance and Complicity, in Remembrance and Denial: the Case of the Armenian Genocide, Wayne State University Press, 1999. - Karekin I (Patriarca della Chiesa armena), Che cos'e' la felicita', Guerini, Milano 2002. - Karekin I (Patriarca della Chiesa armena), L'identita' della chiesa armena, Edb, Bologna 1988. - H. Kasangian, Otto grammi di piombo, Il Poligrafico, Padova 1996. - V. Katcha, Il pugnale nel giardino, Sonzogno, Milano 1982. - Raymond Kevorkian, L'extermination des deportes armeniens ottomans dans les camps de concentration de Syrie-Mesopotamie (1915-1916), Revue d'Histoire Armenienne Contemporaine, Tome II, Paris 1998. - Raymond Kevorkian, La Cilicie (1909-1921). Des massacres d'Adana au mandat Francais, Revue d'Histoire Armenienne Contemporaine, Tome III, Paris, 1999. - D. Kherdian, Lontano da casa, Mondadori, Milano 1997. - Pietro Kuciukian, Terre dimenticate, Editrice Armena di S. Lazzaro, Venezia 1991. - Pietro Kuciukian, Nel paese delle pietre urlanti, Editrice Armena di S. Lazzaro, Venezia 1991. - Pietro Kuciukian, Le terre di Nairi'. Viaggi in Armenia, Guerini, Milano 1994. - Pietro Kuciukian, Viaggio tra i cristiani d'oriente. Comunita' armene in Siria e in Iran, Guerini, Milano 1996. - Pietro Kuciukian, Dispersi. Viaggio tra le comunita' armene nel mondo, Guerini, Milano 1998. - Pietro Kuciukian, Voci nel deserto. Giusti e testimoni per gli armeni, Guerini, Milano 2000. - Pietro Kuciukian, Giardino di tenebra. Viaggio in Nagorno Karabagh, Guerini, Milano 2003. - Osip Mandel'stam, Viaggio in Armenia, Adelphi, Milano 1996. - Agopik e Armen Manoukian (a cura di), Documenti di architettura armena, Politecnico di Milano, Ed. Ares, Voll.1969-1985, Ed. Oemme, voll.1986-1998. - S. Manoukian, H. Vahramian, Gharabagh. Documenti, Oemme, Milano 1998. - Claude Mutafian, Metz Yeghern. Breve storia del genocidio degli armeni, Guerini, Milano 1995. - A. Riccardi, Mediterraneo (archivi vaticani sul genocidio), Guerini , Milano 1997. - W. Saroyan, Il mio nome e' Aram, Mondadori, Milano 1963. - W. Saroyan, La commedia umana, Mondadori, Milano 1965. - W. Saroyan, Il mio cuore e' negli altipiani, Mursia, Milano 1968. - F. Sidari, La questione armena nella politica delle grandi potenze, Cedam, Padova 1962. - B. Sivazliyan, Le leggende del popolo armeno, Arcana, Milano 1988. - Yves Ternon, La cause armenienne, Ed. du Seuil, Paris 1983. - Yves Ternon, Enquete sur la negation d'un genocide, Ed. Parentheses, Marseille 1989. - Yves Ternon, Gli armeni. 1915-1916: il genocidio dimenticato, Rizzoli, Milano 2003. - D. M. Thomas, Ararat, Frassinelli, Milano 1984. - Daniel Varujan, Il canto del pane, Guerini, Milano 1992. - Daniel Varujan, Mari di grano e altre poesie armene, Paoline, Milano 1995. - Franz Werfel, I quaranta giorni del Mussa Dagh, Corbaccio, Milano 2000. - Boghos Levon Zekiyan, La spiritualita' armena, Studium, Roma 1999. - Boghos Levon Zekiyan, L'Armenia e gli armeni. Polis lacerata e patria spirituale: la sfida di una sopravvivenza, Guerini, Milano 2000. 3. MEMORIA. I PROCESSI NAZISTI AI RESISTENTI DELLA "ROSA BIANCA" [Dal sito www.olokaustos.org riprendiamo il seguente testo che reca anche alcuni estratti dalle sentenze di condanna a morte pronunciate dal tribunale nazista contro i resistenti della "Rosa bianca". Tra il 1942 ed il 1943 un gruppo di studenti ed un professore di Monaco realizzarono e diffusero una serie di sei volantini clandestini antinazisti. I primi quattro volantini si aprivano col titolo "Fogli volanti della Rosa bianca" ed erano diffusi in poche centinaia di copie; gli ultimi due intitolati "Fogli volanti del movimento di Resistenza in Germania" ciclostilati in qualche migliaia di copie. Scoperti, furono condannati a morte e decapitati gli studenti Hans Scholl, Sophie Scholl, Christoph Probst, Willi Graf, Alexander Schmorell ed il professor Kurt Huber. Opere sulla Rosa Bianca: Inge Scholl, La Rosa Bianca, La Nuova Italia, Firenze, 1966, rist. 1978 (scritto dalla sorella di Hans e Sophie Scholl, il volume - la cui traduzione italiana e' parziale - contiene anche i testi dei volantini diffusi clandestinamente dalla Rosa Bianca); Klaus Vielhaber, Hubert Hanisch, Anneliese Knoop-Graf (a cura di), Violenza e coscienza. Willi Graf e la Rosa Bianca, La nuova Europa, Firenze 1978; Paolo Ghezzi, La Rosa Bianca. Un gruppo di resistenza al nazismo in nome della liberta', Paoline, Cinisello Balsamo (Mi) 1993; Romano Guardini, La Rosa Bianca, Morcelliana, Brescia 1994; Paolo Ghezzi, Sophie Scholl e la Rosa Bianca, Morcelliana, Brescia 2003. Alcune piu' dettagliate notizie biografiche sui principali appartenenti al movimento di resistenza della "Rosa bianca" sono nel n. 909 di questo foglio] Il primo processo ai membri della Rosa Bianca si tenne lunedi' 22 febbraio 1943 alle ore 10 nell'aula 216 della "Corte del Popolo" di Monaco. Presiedeva la corte Roland Freisler, il "giudice macellaio" che condurra' il processo contro gli attentatori di Hitler del luglio 1944. Quest'uomo - nazista sino in fondo all'anima - non conduceva in realta' un processo ma un "rito" di pubblica umiliazione e distruzione morale degli imputati. Dinanzi a lui comparvero Hans e Sophie Scholl e Christoph Probst. Riguardo alle accuse mossegli Sophie dichiaro': "Cio' che abbiamo scritto e detto noi lo pensiamo profondamente". Dopo solo tre ore e mezza di processo, alle 13,30, Freisler pronunzio' la condanna a morte per tutti e tre gli imputati. Alle 17,00 i tre amici vennero ghigliottinati. Coloro che assistettero all'esecuzione ricordarono la calma e la serenita' di Sophie Scholl. * Anche il secondo processo si tenne a Monaco di Baviera sotto la presidenza di Roland Freisler. Come il primo anche questo fu un processo brevissimo: dalle ore 9,00 alle 13,00. Gli imputati erano quattordici. Tra di essi il professor Kurt Huber, Alexander Schmorell e Willi Graf. L'accusa contro di loro - oltre alla distribuzione, accusa comune a tutti gli imputati - era la realizzazione dei volantini. Nelle primissime ore del pomeriggio Roland Freisler pronunzio' la condanna a morte per Huber, Schmorell e Graf. Altri dieci imputati vennero condannati a pene detentive ed uno assolto. Pochi giorni dopo il primo processo il ministro della propaganda Goebbels aveva scritto a Freisler: "Signor giudice, mi e' stato riferito che la popolazione di Monaco ha accettato con qualche difficolta' la sentenza pronunziata". Freisler, nel secondo processo, capi' l'ordine e si limito' a "solo" tre condanne a morte. * Il terzo processo si tenne a Monaco di Baviera il 13 luglio 1943. Davanti alla corte comparvero il libraio Josef Soehngen accusato di aver messo a disposizione il retrobottega del suo esercizio per la compilazione e duplicazione dei volantini. Insieme con lui venne giudicato l'architetto Manfred Eickemeyer accusato di aver ospitato in casa sua le riunioni del gruppo. Sedevano sul banco degli imputati anche Harald Dohrn - cognato di Christoph Probst - e il pittore William Geyer. Soehngen venne condannato a sei mesi mentre gli altri imputati vennero assolti. * Il quarto processo si tenne a Donauworth il 13 ottobre 1944 contro Hans Leipelt, la sua amica Marie-Luise Jahn e altri cinque imputati. Leipelt e Jahn non avevano mai avuto contatti diretti con il gruppo della "Rosa Bianca" ma erano entrati in possesso del sesto volantino, l'avevano copiato e distribuito. Oltre a cio' avevano cercato di raccogliere denaro in favore della vedova del professor Huber che, dopo l'esecuzione del marito, era ridotta in miseria. Gli accusati comparivano dinanzi al tribunale grazie ad una indagine condotta dalla Gestapo di Amburgo. Gli investigatori nazisti avevano scoperto alcuni gruppi clandestini di oppositori per la maggior parte composti da studenti e operativi intorno all'Universita' della citta'. All'interno di questi gruppi circolavano anche manifestini della "Rosa Bianca". Hans Leipelt venne condannato a morte e ghigliottinato, Marie-Luise Jahn venne condannata a dodici anni di prigione. Altri tre accusati vennero condannati a pene detentive e due assolti. * Anche altre persone morirono in connessione con questo processo. Alcune persone arrestate dalla Gestapo non vennero mai giudicate ma spinte al suicidio, altre morirono per le torture subite o furono uccise verso la fine della guerra. Tra queste vittime vi erano altri studenti: Frederick Geussebhainer, Kurt Ledien, Kaethe Leipelt, Reinhold Mayer, Margarethe Mrosek e Greta Rothe. * Altri processi si tennero il 17, 19 e 20 aprile 1945 terminando con diverse condanne a pene detentive e alla condanna a morte di Heinz Kucharski che, tuttavia, riusci' a fuggire dalla propria cella durante un bombardamento aereo. * Estratto dalla sentenza a carico di Hans Scholl, Sophie Scholl e Christoph Probst a seguito del processo celebratosi il 22 febbraio 1943 "In nome del popolo tedesco Nella causa contro 1. Hans Fritz Scholl, Monaco, nato a Ingersheim il 22 settembre 1918, 2. Sophie Magdalena Scholl, Monaco, nata a Forchtenberg il 9 maggio 1921, 3. Christoph Hermann Probst, di Aldrans da Innsbruck, nato a Murnau il 6 novembre 1919, attualmente in custodia investigativa con l'accusa di assistenza sediziosa al nemico, preparazione a commettere alto tradimento e indebolimento della sicurezza armata della nazione, la Corte del Popolo, Prima Sezione, a seguito del processo celebratosi il 22 febbraio 1943, alla presenza dei seguenti funzionari: Presidente della Corte del Popolo, Dr. Freisler, Direttore del Dipartimento Giudiziario Regionale [Bavarese] Stier, Capogruppo SS Breithaupt, Capogruppo SA Bunge, Segretario di Stato e Capogruppo SA Koeglmaier, e, in rappresentanza del Procuratore Generale della Corte Suprema del Reich, il Procuratore Generale del Reich Weyersberg, Accertato che: gli accusati hanno, in tempo di guerra e per mezzo di volantini, incitato al sabotaggio dello sforzo bellico e degli armamenti, e al rovesciamento dello stile di vita nazionalsocialista del nostro popolo, hanno propagandato idee disfattiste e hanno diffamato il Fuehrer in modo assai volgare, prestando cosi' aiuto al nemico del Reich e indebolendo la sicurezza armata della nazione. Per questi motivi essi devono essere puniti con la morte. Il loro onore e i loro diritti di cittadini sono revocati per sempre". * Estratto dalla sentenza a carico di Wilhelm Graf, Alexander Schmorell, Kurt Huber e altri associati alla "Rosa bianca" a seguito del processo celebratosi il 19 aprile 1943 "In nome del popolo tedesco Nella causa contro 1. Alexander Schmorell, Monaco, nato il 16 settembre 1917, a Orenburg (Russia); 2. Kurt Huber, Monaco, nato il 24 ottobre 1893, a Chur (Svizzera); 3. Wilhelm Graf, Monaco, nato il 2 gennaio 1918, a Kuchenheim; 4. Hans Hirzel, Ulm, nato il 30 ottobre 1924, a Untersteinbach (Stoccarda); 5. Susanne Hirzel, Stoccarda, nata il 7 agosto 1921, a Untersteinbach; 6. Franz Joseph Mueller, Ulm, nato l'8 settembre 1924, a Ulm; 7. Heinrich Guter, Ulm, nato l'11 gennaio 1925, a Ulm; 8. Eugen Grimminger, Stoccarda, nato il 29 luglio 1892, a Crailsheim; 9. Dr. Heinrich Philipp Bollinger, Freiburg, nato il 23 aprile 1916, a Saarbruecken; 10. Helmut Karl Theodore August Bauer, Freiburg, nato il 19 giugno 1919, a Saarbruecken; 11. Dr. Falk Erich Walter Harnack, Chemnitz, nato il 2 marzo 1913, a Stoccarda; 12. Gisela Scheriling, Monaco, nata il 9 febbraio 1922, a Poessneck (Turingia); 13. Katharina Schueddekopf, Monaco, nata l'8 febbraio 1916, a Magdeburgo; 14. Traute Lafrenz, Monaco, nata il 3 maggio 1919, ad Amburgo; attualmente in custodia investigativa con l'accusa - tra le altre - di aver fornito aiuto al nemico, la Corte del Popolo, Prima Sezione, a seguito del processo celebratosi il 19 aprile 1943, alla presenza dei funzionari: Presidente della Corte del Popolo, Dr. Freisler, Direttore del Dipartimento Giudiziario Regionale [Bavarese] Stier, Tenente Generale delle Waffen-SS Breithaupt, Capogruppo SA Bunge, Segretario di Stato e Capogruppo SA Koeglmaier, e, in rappresentanza del Procuratore Generale della Corte Suprema del Reich, il Primo Procuratore Generale del Reich Weyersberg, Accertato che: Alexander Schmorell, Kurt Huber e Wilhelm Graf, in tempo di guerra hanno diffuso volantini inneggianti al sabotaggio dello sforzo bellico e degli armamenti, e al rovesciamento dello stile di vita nazionalsocialista del nostro popolo, hanno propagandato idee disfattiste e hanno diffamato il Fuehrer in modo assai volgare, prestando cosi' aiuto al nemico del Reich e indebolendo la sicurezza armata della nazione. Per questi motivi essi devono essere puniti con la morte. Il loro onore e i loro diritti di cittadini sono revocati per sempre. Eugen Grimminger ha fornito del denaro a una persona colpevole di alto tradimento, prestando in tal modo aiuto al nemico. E' certo che egli non fosse consapevole che, cosi' facendo, avrebbe aiutato il nemico del Reich. Tuttavia, egli era al corrente del fatto che questa persona avrebbe potuto utilizzare il denaro per derubare il nostro popolo del proprio stile di vita nazionalsocialista. Per essersi reso complice di alto tradimento, egli viene condannato a dieci anni di carcere e alla perdita dello stato di onorabilita' per dieci anni. Heinrich Bollinger e Helmut Bauer erano a conoscenza di un complotto sedizioso, ma non l'hanno denunciato. Inoltre hanno ascoltato notiziari trasmessi da radio straniere, concernenti la guerra e avvenimenti interni alla Germania. Per questo vengono condannati a sette anni di carcere e alla perdita dell'onore di cittadini per un periodo di sette anni. Hans Hirzel e Franz Mueller - entrambi ragazzi immaturi sviati da nemici dello stato - hanno collaborato alla diffusione di propaganda sediziosa contro il nazionalsocialismo. Per questa azione sono condannati a cinque anni di carcere. Heinrich Guter era a conoscenza di intenti propagandistici di questo genere, ma ha omesso di denunciarli. Per questo motivo viene condannato a diciotto mesi di carcere. Gisela Schertling, Katharina Schueddekopf e Traute Lafrenz hanno commesso lo stesso crimine. Trattandosi di ragazze, sono condannate a un anno di carcere. Susanne Hirzel ha collaborato alla distribuzione di volantini sediziosi. E' certo che ella non fosse al corrente della natura sediziosa dei volantini stessi, ma e' colpevole in quanto, nella sua credulita' e buona fede, ella ha omesso di accertarsi al riguardo. Viene condannata a sei mesi di carcere. Per tutti gli accusati condannati al carcere, la Corte del Popolo applichera' uno sconto di pena pari al periodo gia' trascorso in fermo di polizia o custodia investigativa. Falk Harnack ha ugualmente omesso di denunciare le attivita' sediziose di cui era a conoscenza. Ma il suo caso fa registrare circostanze talmente particolari che ci vediamo impossibilitati a punirlo. Egli, pertanto, viene rimesso in liberta'". 4. MAESTRI. ALDO CAPITINI: LA MIA OPPOSlZlONE AL FASCISMO [Dal sito www.aldocapitini.it riprendiamo il seguente articolo di Aldo Capitini originariamente apparso su "Il ponte", anno XVI, N.1, gennaio 1960. Aldo Capitini e' nato a Perugia nel 1899, antifascista e perseguitato, docente universitario, infaticabile promotore di iniziative per la nonviolenza e la pace. E' morto a Perugia nel 1968. E' stato il piu' grande pensatore ed operatore della nonviolenza in Italia. Opere di Aldo Capitini: la miglior antologia degli scritti e' (a cura di Giovanni Cacioppo e vari collaboratori), Il messaggio di Aldo Capitini, Lacaita, Manduria 1977 (che contiene anche una raccolta di testimonianze ed una pressoche' integrale - ovviamente allo stato delle conoscenze e delle ricerche dell'epoca - bibliografia degli scritti di Capitini); recentemente e' stato ripubblicato il saggio Le tecniche della nonviolenza, Linea d'ombra, Milano 1989; una raccolta di scritti autobiografici, Opposizione e liberazione, Linea d'ombra, Milano 1991, nuova edizione presso L'ancora del Mediterraneo, Napoli 2003; e gli scritti sul Liberalsocialismo, Edizioni e/o, Roma 1996; segnaliamo anche Nonviolenza dopo la tempesta. Carteggio con Sara Melauri, Edizioni Associate, Roma 1991; e la recentissima antologia degli scritti Le ragioni della nonviolenza, Edizioni Ets, Pisa 2004. Presso la redazione di "Azione nonviolenta" (e-mail: azionenonviolenta at sis.it, sito: www.nonviolenti.org) sono disponibili e possono essere richiesti vari volumi ed opuscoli di Capitini non piu' reperibili in libreria (tra cui i fondamentali Elementi di un'esperienza religiosa, 1937, e Il potere di tutti, 1969). Negli anni '90 e' iniziata la pubblicazione di una edizione di opere scelte: sono fin qui apparsi un volume di Scritti sulla nonviolenza, Protagon, Perugia 1992, e un volume di Scritti filosofici e religiosi, Perugia 1994, seconda edizione ampliata, Fondazione centro studi Aldo Capitini, Perugia 1998. Opere su Aldo Capitini: oltre alle introduzioni alle singole sezioni del sopra citato Il messaggio di Aldo Capitini, tra le pubblicazioni recenti si veda almeno: Giacomo Zanga, Aldo Capitini, Bresci, Torino 1988; Clara Cutini (a cura di), Uno schedato politico: Aldo Capitini, Editoriale Umbra, Perugia 1988; Fabrizio Truini, Aldo Capitini, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1989; Tiziana Pironi, La pedagogia del nuovo di Aldo Capitini. Tra religione ed etica laica, Clueb, Bologna 1991; Fondazione "Centro studi Aldo Capitini", Elementi dell'esperienza religiosa contemporanea, La Nuova Italia, Scandicci (Fi) 1991; Rocco Altieri, La rivoluzione nonviolenta. Per una biografia intellettuale di Aldo Capitini, Biblioteca Franco Serantini, Pisa 1998; AA. VV., Aldo Capitini, persuasione e nonviolenza, volume monografico de "Il ponte", anno LIV, n. 10, ottobre 1998; Antonio Vigilante, La realta' liberata. Escatologia e nonviolenza in Capitini, Edizioni del Rosone, Foggia 1999; Pietro Polito, L'eresia di Aldo Capitini, Stylos, Aosta 2001; cfr. anche il capitolo dedicato a Capitini in Angelo d'Orsi, Intellettuali nel Novecento italiano, Einaudi, Torino 2001; per una bibliografia della critica cfr. per un avvio il libro di Pietro Polito citato; numerosi utilissimi materiali di e su Aldo Capitini sono nel sito dell'Associazione nazionale amici di Aldo Capitini: www.aldocapitini.it, altri materiali nel sito www.cosinrete.it; una assai utile mostra e un altrettanto utile dvd su Aldo Capitini possono essere richiesti scrivendo a Luciano Capitini: capitps at libero.it, o anche a Lanfranco Mencaroni: l.mencaroni at libero.it, o anche al Movimento Nonviolento: tel. 0458009803, e-mail: azionenonviolenta at sis.it] Non e' facile elevarsi su quel patriottismo scolastico che ci coglie proprio nel momento, dai dieci ai quindici anni, in cui cerchiamo un impiego esaltante delle nostre energie, una tensione attiva e appoggiata a miti ed eroi. Quaranta anni successivi di esperienza in mezzo ad una storia movimentatissima ci hanno ben insegnato due cose: che la devozione alla patria deve essere messa in rapporto e mediata con ideali piu' alti e universali; che la nazione e' una vera societa' solo in quanto risolve i problemi delle moltitudini lavoratrici nei diritti e nei doveri, nel potere, nella cultura, in tutte le liberta' concretamente e responsabilmente utilizzabili. Quella "patria" che la scuola ci insegno', che era del Foscolo e del Carducci, e diventava del D'Annunzio e del Marinetti, non poteva essere il centro di tutti gli interessi; e percio' potei essere nazionalista tra i dieci e i quindici anni, ma non poi restarlo quando vidi la guerra in rapporto, meno con la nazione, e piu' con l'umanita' sofferente e divisa; quando dalla letteratura vociana e di avaguardia salii (da autodidatta e piu' tardi che i coetanei) alla piu' strenua, vigorosa, e anche filologica classicita', vista nei testi latini, greci e biblici, come valori originali; quando portai la riflessione politica, precoce ma intorbidata dall'attivismo nazionalistico, ad apprezzare i diritti della liberta' e l'apertura al socialismo come cose fondamentali, insopprimibili per qualsiasi motivo. Umanitario e moralista, tutto preso dalla ricostruzione della mia cultura (eseguita tardi ma con consapevolezza) e anche dal dolore fisico, il dopoguerra 1918-'22 mi trovo' del tutto estraneo al fascismo, anche se avevo coetanei che vi erano attivissimi: non sentii affatto l'impulso ad accompagnarmi con loro. Anzi, mi permettevo nella mia indipendenza, di leggere la "Rivoluzione liberale", di offrire lieto il mio letto ad un assessore socialista cercato dagli squadristi, e la mattina della "Marcia su Roma" sentii bene che non dovevo andarci, perche' era contro la liberta'. Certo, per chi e' stato, purtroppo (e purtroppo dura ancora), educato a quel tal patriottismo scolastico, per chi non ha potuto nell'adolescenza non assorbire del dannunzianesimo e del marinettismo, qualche volta il fascismo poteva sembrare un qualche cosa di energico, di impegnato a far qualche cosa; e comprendo percio' le esitazioni e le cadute di tanti miei coetanei, che hanno come me press'a poco gli anni del secolo. Se io fui preservato e salvato per opera di quell'evangelismo umanitario-moralistico e indipendente, per cui non ero diventato ne' cattolico (pur essendo teista) ne' fascista, e preferii rinunciare alla politica attiva, a cui pur da ragazzo tendevo, scegliendo un lavoro di studio, di poesia, di filosofia, di ricerca religiosa; tanti altri, anche per il fatto di essere stati in guerra (io ero stato escluso perche' riformato), lungo il binario del patriottismo, del combattentismo, dello squadrismo, videro nel fascismo la realizzazione di tutto. Queste mie parole sono percio' un invito a diffidare del patriottismo scolastico, che puo' portare a tanto e a giustificare tanti delitti, e un proposito di lavorare per un'educazione ben diversa. Questa e' dunque la prima esperienza che ho vissuto in pieno: ho potuto contrastare al fascismo fin dal principio perche' mi ero venuto liberando (se non perfettamente) dal patriottismo scolastico; esso fu uno degli elementi principalmente responsabili dell'adesione di tanti al fascismo. * Ed ora vengo alla seconda esperienza fondamentale. Si capisce che mentre il fascismo si svolgeva, quasi insensibile com'ero alla soddisfazione "patriottica", mi trovavo contrario alla politica estera ed interna. Per l'estero io ero press'a poco un federalista, e mi pareva che un'unione dell'Italia, Francia, Germania (circa centocinquanta milioni di persone) avrebbe costituito una forza viva e civile, anche se l'Inghilterra fosse voluta rimanere per suo conto; ma ci voleva uno spirito comune, che, invece, il nazionalismo fece rovinare. Ebbi sempre un certo rispetto per la Societa' delle Nazioni; e mi pareva che l'Italia avesse avuto molto col Trattato di Versailles, malgrado le strida dei nazionalisti. Approvavo il lavoro di Amendola e degli altri per un patto con gli Jugoslavi, che ci avrebbe risparmiato tante tragedie e tante vergogne. Per la politica interna la Milizia in mano a Mussolini, il delitto Matteotti, la dittatura e il fastidio, a me lettore e raccoglitore di vari giornali, che dava la lettura di giornali eguali, l'avversione che sentivo per il saccheggio e la distruzione e l'abolizione di tutto cio' che era stata la vita politica di una volta, le Camere del lavoro, le varie sedi dei partiti, le logge massoniche; mi tenevano staccato dal fascismo. Sapevo degli arresti, delle persecuzioni. Dov'era piu' quel bel fermento di idee, quella vivacita' di spirito di riforme che avevo vissuto dal '18 al '24? Quanti libri liberi, riviste ("Conscientia" per esempio, che conservavo come preziosa), erano finiti! L'Italia che avrebbe dovuto riformarsi in tutto, era ora affidata ad un governo reazionario e militarista! E io ricordavo il mio entusiasmo per le amministrazioni socialiste: come seguivo quella di Milano, quella di Perugia, mia citta'! Non ero iscritto a nessun partito, non partecipavo nemmeno, preso da altro, alla dialettica politica, ma le amministrazioni socialiste mi parevano una cosa preziosa, con quegli uomini presi da un ideale, umili di condizione, e "diversi", la' impegnati ad amministrare per tutti. Sicche' ero contrario al regime, e la seconda esperienza fondamentale lo confermo': fu la Conciliazione del febbraio del '29. Non ero piu' cattolico dall'eta' di tredici anni, ma ero tornato ad un sentimento religioso sul finire della guerra, e lo studio successivo, anche filosofico e storico sulle origini del cristianesimo, di la' dalle leggende e dai dogmi mi aveva concretato un teismo di tipo morale. Guardando il fascismo, vedevo che lo avevano sostenuto in modo decisivo due forze: la monarchia che aveva portato con se' (piu' o meno) l'esercito e la burocrazia; l'alta cultura (quella parte vittima del patriottismo scolastico) che aveva portato con se' molto della scuola. C'era una terza forza: la Chiesa di Roma. Se essa avesse voluto, avrebbe fatto cadere, dispiegando una ferma non collaborazione, il fascismo in una settimana. Invece aveva dato aiuti continui. Si venne alla Conciliazione tra il governo fascista e il Vaticano. La religione tradizionale istituzionale cattolica, che aveva educato gli italiani per secoli, non li aveva affatto preparati a capire, dal '19 al '24, quanto male fosse nel fascismo; ed ora si alleava in un modo profondo, visibile, perfino con frasi grottesche, con prestazione di favori disgustose, con reciproci omaggi di potenti, che deridevano alla " scuola liberale " e ai "conati socialisti", come cose oramai vinte! Se c'e' una cosa che noi dobbiamo al periodo fascista, e' di aver chiarito per sempre che la religione e' una cosa diversa dall'istituzione romana. Perche' noi abbiamo avuto da fanciulli un certo imbevimento di idee e di riti cattolici, che sono rimasti la', nel fondo nostro; ed anche se si e' studiato, e si sanno bene le ragioni storiche, filosofiche, sociali, anche religiose, per cui non si puo' essere cattolici, tuttavia ascoltando suonare le campane, vedendo l'edificio chiesa, incontrando il sacerdote, uno potrebbe sempre sentire un certo fascino. Ebbene, se si pensa che quelle campane, quell'edificio, quell'uomo possono significare una cerimonia, un'espressione di adesione al fascismo, basta questo per insegnare che bisogna controllare le proprie emozioni, non farsi prendere da quei fatti che sono "esteriori" rispetto alla doverosita' e purezza della coscienza. La Chiesa romana credette di ottenere cose positive nel sostenere il fascismo, realmente le ottenne. Ma per me quello fu un insegnamento intimo che vale piu' di ogni altra cosa. Non aver visto il male che c'era nel fascismo, non aver capito a quale tragedia conduceva l'Italia e l'Europa, aver ottenuto da un potere brigantesco sorto uccidendo la liberta', la giustizia, il controllo civico, la correttezza internazionale; non sono errori che ad individui si possono perdonare, come si deve perdonare tutto, ma sono segni precisi di inadeguatezza di un'istituzione, ancora una volta alleata di tiranni. Fu li', su questa esperienza che l'opposizione al fascismo si fece piu' profonda, e divenne in me religiosa; sia nel senso che cercai piu' radicale forza per l'opposizione negli spiriti religiosi-puri, in Cristo, Buddha, S. Francesco, Gandhi, di la' dall'istituzionalismo tradizionale che tradiva quell'autenticita'; sia nel senso che mi apparve chiarissimo che la liberazione vera dal fascismo stesse in una riforma religiosa, riprendendo e portando al culmine i tentativi che erano stati spenti dall'autoritarismo ecclesiastico congiunto con l'indifferenza generale italiana per tali cose. Vidi chiaro che tutto era collegato nel negativo, e tutto poteva essere collegato nel positivo. Mi approfondii nella nonviolenza. Imparai il valore della noncollaborazione (anzi lo acquistai pagandolo, perche' rifiutai l'iscrizione al partito, e persi il posto che avevo); feci il sogno che gli italiani si liberassero dal fascismo noncollaborando, senza odio e strage dei fascisti, secondo il metodo di Gandhi, rivoluzione di sacrificio che li avrebbe purificati di tante scorie, e li avrebbe rinnovati, resi degni d'essere, cosi' si', tra i primi popoli nel nuovo orizzonte del secolo ventesimo. Divenni vegetariano, perche' vedevo che Mussolini portava gli italiani alla guerra, e pensai che se si imparava a non uccidere nemmeno gli animali, si sarebbe sentita maggiore avversione nell'uccidere gli uomini. * Nel lavoro di suscitamento e collegamento antifascista, svolto da me dal 1932 al 1942, sta la terza esperienza fondamentale: il ritrovamento del popolo e la saldatura con lui per la lotta contro il fascismo. Figlio di persone del popolo, vissuto in poverta' e in disagi, con parenti tutti operai o contadini, i miei studi (vincendo un posto gratuito universitario nella Scuola normale superiore di Pisa) ed anche i primi amici non mi avevano veramente messo a contatto con la classe lavoratrice nella sua qualita' sociale e politica. Anche se da ragazzo ascoltavo con commozione le musiche di campagna che il primo maggio sonavano di lontano l'Inno dei lavoratori, di la' dal velo della pioggia primaverile, non conoscevo bene il socialismo. Avevo visto dal mio libraio le edizione delle opere di Marx e di Engels annerite dagli incendi devastatori dei fascisti milanesi alla redazione dell'"Avanti!", ma, preso da altro lavoro, non le avevo studiate. Accertai veramente la profondita' e l'ampiezza del mondo socialista nel periodo fascista, quando le possibilita' di trovare documentazioni e libri (lo sappiano i giovani di ora, che se vogliono possono andare da un libraio e acquistare cio' che cercano) erano di tanto diminuite, ma c'era, insieme, il modo di ritrovare i vecchi socialisti e comunisti, che erano rimasti saldi nella loro fede, veramente "fede" "sostanza di cose sperate ed argomento delle non parventi", malgrado le botte, gli sfregi, la poverta', le prigioni, le derisioni degli ideali e dei loro rappresentanti uccisi ("con Matteotti faremo i salsicciotti") e sebbene vedessero che le persone "dotte" erano per Mussolini e il regime. Ritrovare queste persone, unirsi con loro di la' dalle differenze su un punto o l'altro dell'ideologia, festeggiare insieme il primo maggio magari in una soffitta o in un magazzino di legname, andare insieme in campagna una domenica (che per il popolo e' sempre qualche cosa di bello), e talvolta anche in prigione: nella lotta contro il fascismo si formo' questa unione, che non fu soltanto di persone e di aiuto reciproco, ma fu studio, approfondimento, constatazione degli interessi comuni dei lavoratori e degli intellettuali contro i padroni del denaro e del potere: si apriva cosi l'orizzonte del mondo, l'incontro di Occidente e Oriente in nome di una civilta' nuova, non piu' individualistica ne' totalitaria. * Questo io debbo al fascismo, ma in quanto ebbi, direi la Grazia, o interni scrupoli o ideali che mi portarono all'opposizione. Opponendomi al fascismo, non per cose di superficie o di persone o di barzellette, ma pensando seriamente nelle sue ragioni, nella sua sostanza, nel suo esperimento e impegno, non solo me ne purificavo completamente per cio' che potesse essercene in me, ma accertavo le direzioni di un lavoro positivo e di una persuasione interiore che dovevo continuare a svolgere anche dopo. Il fascismo aveva unito in un insieme tutto cio' contro cui dovevo lottare per profonda convinzione, e non per caso, per un un male che mi avesse fatto, per un'avversione o invidia verso persone, o perche' avessi trovato in casa o presso maestri autorevoli un impulso antifascista. Nulla di questo ebbi, ed anche percio' ad un'attiva opposizione con propaganda non passai che lentamente e dopo circa un decennio. Posso assicurare i giovani di oggi che il mio rifiuto fu dopo aver sentito le premesse del fascismo proprio nell'animo adolescente, e dopo averle consumate; sicche' i fascisti mi apparvero dei ritardatari. Ero arrivato al punto in cui non potevo accettare: 1, il nazionalismo che esasperava un riferimento nazionale e guerriero a tutti i valori, proprio quando ero convinto che la guerra avrebbe indebolito l'Europa, e che la nazione dovesse trovare precisi nessi con le altre; 2, l'imperialismo colonialistico, che, oltre a portare l'Italia fuori dalla sua influenza in Europa, nei Balcani e a freno della Germania, era un metodo arretrato, per la fine del colonialismo nel mondo; 3, il centralismo assolutistico e burocratico con quel far discendere tutto dall'alto (per giunta corrotto), mentre io ero decentralista, regionalista, per l'educazione democratica di tutti all'amministrazione e al controllo; 4, il totalitarismo, con la soppressione di ogni apporto di idee e di correnti diverse, si' che quando parlavo ai giovanissimi della vecchia possibilita' di scegliersi a vent'anni un partito, che aveva sue sedi e sua stampa, sembrava che parlassi di un sogno, di un regno felice sconosciuto; 5, il prepotere poliziesco, per cui uno doveva sempre temere parlando ad alta voce, conversando con ignoti, scrivendo una lettera, facendo un telefonata; 6, quel gusto dannunziano e quell'esaltazione della violenza, del manganello come argomento, dello spaccare le teste, del pugnale, delle bombe a mano, e, infine, l'orribile persecuzione contro gli ebrei; 7, quel finto rivoluzionarismo attivista e irrazionale sopra un sostanziale conservatorismo, difesa dei proprietari, di cio' che era vecchio e perfino anteriore alla rivoluzione francese; 8, quell'alleanza con il conservatorismo della chiesa, della parrocchia, delle gerarchie ecclesiastiche, prendendo della religione i riti e il lato reazionario, affratellandosi con i gesuiti, perseguitando gli ex-sacerdoti; 9, quel corporativismo con una insostenibile parita' tra capitale e lavoro che si risolveva in una prigione per moltitudini lavoratrici alla merce' dei padroni in gambali ed orbace; 10, quel rilievo forzato e malsano di un solo tipo di cultura e di educazione, quella fascista, e il traviamento degli adolescenti, mentre ero convinto che della libera produzione e circolazione delle varie forme di cultura una societa' nazionale ha bisogno come del pane; 11, quell'ostentazione di Littoria e altre poche cose fatte, dilapidando immensi capitali, invece di affrontare il rinnovamento del Mezzogiorno e delle Isole; 12, l'onnipotenza di un uomo, di cui era facile vedere quotidianamente la grossolanita', la mutevolezza, l'egotismo, l'iniziativa brigantesca, la leggerezza nell'affrontare cose serie, gli errori e la irragionevolezza impersuadibile, mentre ero convinto che il governo di un paese deve il piu' possibile lasciare operare le altre forze e trarne consigli e collaborazione, ed essere anonimo, grigio anche, perche' lo splendore stia nei valori puri della liberta', della giustizia, dell'onesta', della produzione culturale e religiosa, non nelle persone, che in uniforme o no, nel governo o a capo dello Stato, sono semplicemente al servizio di quei valori. * Percio' il fascismo, nel problema dell'Italia di educarsi a popolo onesto, libero, competente, corretto, collaborante, mi parve un potenziamento del peggio e del fondo della nostra storia infelice, una malattia latente nell'organismo e venuta fuori, l'ostacolo che doveva, per il bene comune, essere rimosso, non in un modo semplicemente materiale, ma prendendo precisa e attiva coscienza delle ragioni per cui era sbagliato, e trasformando in questo lavoro se' e persuadendo gli altri italiani. 5. RIFLESSIONE. ANDREA COZZO: IL "RAPPEL" DI LANZA DEL VASTO, RICHIAMO FISICO E MENTALE ALL'ATTENZIONE [Ringraziamo Andrea Cozzo (per contatti: acozzo at unipa.it) per averci messo a disposizione questo suo articolo apparso su "Arca Notizie", n. 1, gennaio-marzo 2005. Andrea Cozzo e' docente universitario di cultura greca, studioso e amico della nonviolenza, promotore dell'attivita' didattica e di ricerca su pace e nonviolenza nell'ateneo palermitano, tiene da anni seminari e laboratori sulla gestione nonviolenta dei conflitti, ha pubblicato molti articoli sulle riviste dei movimenti nonviolenti, fa parte del comitato scientifico dei prestigiosi "Quaderni Satyagraha". Tra le sue opere recenti: Se fossimo come la terra. Nietzsche e la saggezza della complessita', Annali della Facolta' di Lettere e filosofia di Palermo. Studi e ricerche, Palermo 1995; Dialoghi attraverso i Greci. Idee per lo studio dei classici in una societa' piu' libera, Gelka, Palermo 1997; (a cura di), Guerra, cultura e nonviolenza, "Seminario Nonviolenza", Palermo 1999; Manuale di lotta nonviolenta al potere del sapere (per studenti e docenti delle facoltà di lettere e filosofia), "Seminario Nonviolenza", Palermo 2000; Tra comunita' e violenza. Conoscenza, logos e razionalita' nella Grecia antica, Carocci, Roma 2001; Saggio sul saggio scientifico per le facolta' umanistiche. Ovvero caratteristiche di un genere letterario accademico (in cinque movimenti), "Seminario Nonviolenza", Palermo 2001; Filosofia e comunicazione. Musicalita' della filosofia antica, in V. Ando', A. Cozzo (a cura di), Pensare all'antica. A chi servono i filosofi?, Carocci, Roma 2002, pp. 87-99; Sapere e potere presso i moderni e presso i Greci antichi. Una ricerca per lo studio come se servisse a qualcosa, Carocci, Roma 2002; Lottare contro la riforma del sistema scolastico-universitario. Contro che cosa, di preciso? E soprattutto per che cosa?, in V. Ando' (a cura di), Saperi bocciati. Riforma dell'istruzione, discipline e senso degli studi, Carocci, Roma 2002, pp. 37-50; Scienza, conoscenza e istruzione in Lanza del Vasto, in "Quaderni Satyagraha", n. 2, 2002, pp. 155-168; Dopo l'11 settembre, la nonviolenza, in "Segno" n. 232, febbraio 2002, pp. 21-28; Conflittualita' nonviolenta. Filosofia e pratiche di lotta comunicativa, Edizioni Mimesis, Milano 2004. Giuseppe Giovanni Lanza del Vasto ("Shantidas" e' il nome che gli attribui' Gandhi) e' una delle figure piu' grandi della nonviolenza; nato nel 1901 a San Vito dei Normanni da madre belga e padre siciliano, studi a Parigi e Pisa. Viaggia e medita. Nel 1937 incontra Gandhi nel suo ashram. Tornato in Europa fonda la "Comunita' dell'Arca", un ordine religioso e un'esperienza comunitaria nonviolenta, artigianale, rurale, ecumenica. Promuove e partecipa a numerose iniziative per la pace e la giustizia. E' deceduto in Spagna nel 1981. Tra le opere di Giuseppe Giovanni Lanza del Vasto segnaliamo particolarmente: Pellegrinaggio alle sorgenti, Vinoba o il nuovo pellegrinaggio, Che cos'e' la nonviolenza, L'arca aveva una vigna per vela, Introduzione alla vita interiore, tutti presso Jaca Book, Milano (che ha pubblicato anche altri libri di Lanza del Vasto); Principi e precetti del ritorno all'evidenza, Gribaudi; Lezioni di vita, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze; In fuoco e spirito, La Meridiana, Molfetta (Ba). Le comunita' dell'Arca - cosi' come gruppi e persone amiche di questa esperienza - sono diffuse in vari paesi e proseguono la riflessione e l'esperienza del fondatore; per informazioni e contatti: digilander.libero.it/arcadilanzadelvasto/ e anche (in francese) www.canva.org] "Rappel" significa "richiamo". E' un esercizio che - suggerisce Shantidas - puo', per chi si sente oppresso dalla fretta, contentarsi di cinque minuti: "anzi cinque minuti sono forse troppi; tagliamoli in cinque: cinque volte un minuto durante la giornata, due la mattina, una a mezzogiorno, due la sera" (1). Un minuto, o due, per far che? "Or dunque, distendetevi; per un minuto fermatevi. Deponete l'arnese, mettetevi in verticale. Respirate a pieni polmoni. Ritirate i vostri sensi all'interno. Restate sospesi davanti al buio e al vuoto interiore. E anche se non succede niente, avrete rotto la catena, quella della precipitazione. Ripetete: 'Mi richiamo, mi riprendo', e basta. Ditelo a voi stessi, ma soprattutto fatelo. Raccoglietevi, come si dice cosi' bene: raccogliersi e' radunare tutti i pezzi di se' sparsi e attaccati qua e la'. Rispondete come Abramo a Dio che lo chiamava 'Eccomi presente'. Si tratta quindi di restare presenti a se stessi e a Dio per circa un minuto". Tutto in queste parole e' pregnante, tanto che esse risuonano significative in tutte le lingue, come avviene ogni volta che e' lo spirito a soffiare. Richiamo e' la ripresa di se stessi attraverso l'interruzione dell'azione e il respiro che, come lo yoga insegna, solo la postura eretta consente che avvenga lento e profondo; e poi affidarsi al vuoto. Non e' detto che avvenga nulla di speciale; anzi, proprio non avviene. Ma se si raggiunge il vero vuoto dei pensieri, allontanando con calma e senza rabbia quelli che sopravvengono, allora il vuoto e il pieno, come dice Buddha, coincidono. Cos'e' questa coincidenza tra vuoto e pieno, o quell'essere "presente a se stesso e a Dio"? Per me che non sono seguace di alcuna fede religiosa si tratta dell'entrata, per cosi' dire, nell'orizzonte del tutto. Il richiamo quindi e' al rapporto che ciascuno, che se ne avveda o no, ha con ogni cosa del mondo (e' necessario ricordare l'"effetto butterfly", la teoria per cui il battito d'ali di una farfalla in Brasile contribuisce a determinare un ciclone in Australia, per convincersene?); il "richiamo" e' richiamo al valore di cio' che si sta facendo, perche' l'azione smetta di essere semplicemente tecnica ed acquisti senso in una dimensione piu' vasta: so perche' sto facendo questo, a che cosa esso serve fatto in questo particolare modo, come (e, ancor prima, se) aiuta a fare andare bene il mondo e cosi' di seguito. Il richiamo e' la consapevolezza del senso che hanno le cose che facciamo, dell'aspetto etico (o contrario all'etica) di ogni nostra azione; esso ci richiama alla nostra responsabilità nei confronti del mondo: che non possiamo mai dire "ho fatto questo perche' qualcuno mi ha detto di farlo", ma piuttosto "sto facendo questo perche' io ho scelto responsabilmente di farlo". Oppure, "poiche' non mi pare un atto buono, ho scelto di non farlo". I Greci antichi lo mettevano in atto attraverso la formula "conosci te stesso" a cui invitava Apollo, il dio della saggezza e del limite di se', il dio della coscienza della condizione umana che permette il corretto rapporto col tutto e che e' fratello e figura complementare a Dioniso, il dio dell'uscita da se' e dell'entrata nel tutto - e l'insieme di questi due comportamenti e' forse quello che i taoisti chiamano "essere nel flusso" -; oppure attraverso il rapporto etimologico che instauravano tra l'essere saggio (phronein, pepnymenos) e i polmoni (phrenes) e il respirare (pnein); oppure ancora, come avveniva presso i Pitagorici, attraverso l'atto di rimemorazione che permette all'anima (soffio) di concentrarsi per viaggiare fuori dal corpo: il respiro individuale che si fa tutt'uno con l'aria respirata, il passaggio dall'"io respiro" al "c'e' un respiro che e' unico per tutto il mondo". Non e' quello che, con le parole di Mumon, il maestro zen, significa diventare "porta senza porta"? I non credenti, almeno per quel che personalmente mi riguarda, praticano il richiamo chiamandolo semplicemente "attenzione" o "consapevolezza"; ma cio' non vuol dire che pronunciare queste parole significhi anche saperle mettere in pratica. Per farlo, ritengo, e' importante non solo l'elemento mentale ma, come emerge dalle varie "testimonianze" fin qui prodotte - da quella di Shantidas alle ultime ritrovate nell'antica Grecia e nel buddhismo zen -, anche quello fisico. Non si tratta infatti solo di un atteggiamento del pensiero ma anche di un atteggiamento del corpo, di una postura, mediati nella loro relazione dal respiro, che e' soffio, spirito come suggerisce il latino. Siamo davanti ad un esercizio spirituale, cioe' non appannaggio di un credo religioso, ma possibile ad ogni essere che respira ed ha qualche capacita' di pensare il suo respiro. Il richiamo, insomma, e', per come io lo sento, il raccordo del nodo alla rete, e se non alla rete nella sua interezza (che e' cosa difficile e forse sovrumana) almeno ad un certo numero di maglie; e' l'orientamento dell'azione rispetto ai valori; e' l'osservazione dell'eticita' dello scopo e dei mezzi. E' il chiedersi, ed il tenersi viva sempre sotto pelle (2), la domanda "cosa sto facendo, a quale fine, in che modo, con quali effetti (pur indipendenti dalla mia intenzione)?". * Note 1. Lanza del Vasto, Lezioni di vita, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze 1980, p. 34 (dalla stessa pagina e dalla seguente sono tratte anche le altre citazioni che seguono nel corso del testo). 2. Come dice ancora Shantidas, nella pagina gia' citata, "se vogliamo non soltanto ricordare noi stessi alla coscienza, ma ricordare che dobbiamo ricordarci ogni tanto, dovremo esercitarci ad un richiamo latente e continuo". 6. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 7. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at inwind.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 913 del 28 aprile 2005 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione).
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