La nonviolenza e' in cammino. 907



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 907 del 22 aprile 2005

Sommario di questo numero:
1. Farid Adly: Grazie a tutte e tutti
2. Primo Levi: Partigia
3. Cyrille Cartier: Donne in Iraq
4. Alessandra Amicone: La tenacia di don Carlo
5. Giancarla Codrignani: Il sessantesimo
6. Un appello per il referendum sulla legge 40/2004
7. Alcune ragioni di opposizione alla legge 40/2004
8. Maddalena Gasparini: Oltre il referendum
9. Tiziana Tobaldi: Un profilo di Donna Haraway
10. La "Carta" del Movimento Nonviolento
11. Per saperne di piu'

1. EDITORIALE. FARID ADLY: GRAZIE A TUTTE E TUTTI
[Ringraziamo di cuore Farid Adly (per contatti: anbamed at katamail.com) per
questo intervento. Farid Adly, autorevole giornalista (apprezzato
collaboratore del "Corriere della sera", "Il manifesto", Radio popolare di
Milano, ed altre notissime testate) e prestigioso militante per i diritti
umani, e' direttore dell'agenzia-stampa "Anbamed. Notizie dal Mediterraneo"
(per contatti: anbamed at katamail.com); ai primi di aprile ad Acquedolci, il
centro siciliano in cui vive e lavora, ha subito una grave intimidazione
mafiosa: e' stato minacciato di morte per impedirgli di svolgere il suo
lavoro di inchiesta, documentazione e denuncia, con particolar riferimento
alla sua concreta azione in difesa dell'ambiente, della legalita', dei
diritti di tutti. Per piu' dettagliate informazioni cfr. anche il n. 890 di
questo notiziario; per contatti ed informazioni ulteriori: tel. 3398599708,
o anche 0941730053, e-mail: anbamed at katamail.com Venerdi' 15 aprile si e'
svolta nella piazza del municipio di Acquedolci una partecipatissima
manifestazione popolare di risposta democratica e nonviolenta
all'intimidazione mafiosa di cui Farid Adly e' stato oggetto. Dopo
l'entusiasmante esito della manifestazione popolare di solidarieta' e'
importante che continui l'attenzione e l'impegno di tutti in solidarieta'
con Farid Adly e a sostegno della lotta che sta conducendo insieme a tutte
le persone di volonta' buona di Acquedolci per la difesa dell'ambiente, la
trasparenza amministrativa, la legalita', i diritti di tutti, contro ogni
prepotenza, violenza e devastazione]

Grazie a tutte e tutti.
La manifestazione di solidarieta' ad Acquedolci venerdi' scorso con Claudio
Fava e' stata splendida e fortemente partecipata. L'altra Sicilia ha alzato
la testa per dire no ad ogni violenza, ad ogni aggressione e devastazione, e
ad ogni silenzio complice da parte delle istituzioni.
E' stata una grande manifestazione di solidarieta' contro le minacce da me
subite. Una piazza piena, come mai era avvenuto ad Acquedolci, di uomini e
donne provenienti da tanti paesi e citta', con cartelli, striscioni,
bandiere della pace e manifesti. Sono venuti ad Acquedolci per difendere la
liberta' di tutti.
Nel mio discorso in piazza credo che il punto piu' importante sia stato
quello in cui ho sottolineato che umanamente ho gia' perdonato il mio
aggressore.
*
Ho ricevuto oltre diecimila messaggi di solidarieta' da tutto il mondo.
Da Acquedolci mi hanno mandato messaggi di solidarieta' tantissime persone
che ringrazio ancora, e tra loro i tre ex sindaci Galati, Terranova e
Caiola; padre Gagliani, l'avvocato Paolo di Piazza, il dottor Nino Caiola,
il maresciallo Saretto Campione; e ancora Pintagro, Zingale, Armao; e'
impossibile ricordarli tutti. Tra i movimenti e le associazione acquedolcesi
ricordo almeno il Movimento di Rinnovamento e Partecipazione, la
Confraternita di San Benedetto il Moro, la Pro Loco.
Tra i messaggi che abbiamo letto in piazza ricordo almeno la bella
dichiarazione di solidarieta' di Afef Tronchetti Provera, che promette di
venire appena possibile ad Acquedolci per un'iniziativa culturale; ed
ancora: lo scrittore santagatese Vincenzo Consolo, i giornalisti Gad Lerner,
Ettore Masina, Riccardo Orioles e tanti altri ancora.
Il Consiglio Provinciale di Messina all'unanimita' ha votato un ordine del
giorno in solidarieta', cosi' come il Consiglio Comunale di Caronia.
In piazza c'erano delegazioni di varie forze politiche e sindacali, di
associazioni e movimenti democratici, tra cui ricordo almeno la Lega
Ambiente di Capo d'Orlando e l'Arci di Messina.
*
Continuiamo insieme nell'impegno per la legalita', per la democrazia, per i
diritti di tutti, per la difesa dell'ambiente, per la dignita' umana di
tutti gli esseri umani, contro ogni violenza. Grazie ancora a tutte e tutti,
e a tutte e tutti buon lavoro.

2. MAESTRI. PRIMO LEVI: PARTIGIA
[Da Primo Levi, Ad ora incerta, Garzanti, Milano 1984, 1990, riprendiamo
questa poesia del 23 luglio 1981, ivi alle pp. 58-59. Primo Levi e' nato a
Torino nel 1919, e qui e' tragicamente scomparso nel 1987. Chimico,
partigiano, deportato nel lager di Auschwitz, sopravvissuto, fu per il resto
della sua vita uno dei piu' grandi testimoni della dignita' umana ed un
costante ammonitore a non dimenticare l'orrore dei campi di sterminio. Le
sue opere e la sua lezione costituiscono uno dei punti piu' alti
dell'impegno civile in difesa dell'umanita'. Opere di Primo Levi:
fondamentali sono Se questo e' un uomo, La tregua, Il sistema periodico, La
ricerca delle radici, L'altrui mestiere, I sommersi e i salvati, tutti
presso Einaudi; presso Garzanti sono state pubblicate le poesie di Ad ora
incerta; sempre presso Einaudi nel 1997 e' apparso un volume di
Conversazioni e interviste. Altri libri: Storie naturali, Vizio di forma, La
chiave a stella, Lilit, Se non ora, quando?, tutti presso Einaudi; ed Il
fabbricante di specchi, edito da "La Stampa". Ora l'intera opera di Primo
Levi (e una vastissima selezione di pagine sparse) e' raccolta nei due
volumi delle Opere, Einaudi, Torino 1997, a cura di Marco Belpoliti. Opere
su Primo Levi: AA. VV., Primo Levi: il presente del passato, Angeli, Milano
1991; AA. VV., Primo Levi: la dignita' dell'uomo, Cittadella, Assisi 1994;
Marco Belpoliti, Primo Levi, Bruno Mondadori, Milano 1998; Massimo Dini,
Stefano Jesurum, Primo Levi: le opere e i giorni, Rizzoli, Milano 1992;
Ernesto Ferrero (a cura di), Primo Levi: un'antologia della critica,
Einaudi, Torino 1997; Giuseppe Grassano, Primo Levi, La Nuova Italia,
Firenze 1981; Gabriella Poli, Giorgio Calcagno, Echi di una voce perduta,
Mursia, Milano 1992; Claudio Toscani, Come leggere "Se questo e' un uomo" di
Primo Levi, Mursia, Milano 1990; Fiora Vincenti, Invito alla lettura di
Primo Levi, Mursia, Milano 1976]

Dove siete, partigia di tutte le valli,
Tarzan, Riccio, Sparviero, Saetta, Ulisse?
Molti dormono in tombe decorose,
Quelli che restano hanno i capelli bianchi
E raccontano ai figli dei figli
Come, al tempo remoto delle certezze,
Hanno rotto l'assedio dei tedeschi
La' dove adesso sale la seggiovia.
Alcuni comprano e vendono terreni,
Altri rosicchiano la pensione dell'Inps
O si raggrinzano negli enti locali.
In piedi, vecchi: per noi non c'e' congedo.
Ritroviamoci. Ritorniamo in montagna,
Lenti, ansanti, con le ginocchia legate,
Con molti inverni nel filo della schiena.
Il pendio del sentiero ci sara' duro,
Ci sara' duro il giaciglio, duro il pane.
Ci guarderemo senza riconoscerci,
Diffidenti l'uno dell'altro, queruli, ombrosi.
Come allora, staremo di sentinella
Perche' nell'alba non ci sorprenda il nemico.
Quale nemico? Ognuno e' nemico di ognuno,
Spaccato ognuno dalla sua propria frontiera,
La mano destra nemica della sinistra.
In piedi, vecchi, nemici di voi stessi:
La nostra guerra non e' mai finita.

3. DIRITTI. CYRILLE CARTIER: DONNE IN IRAQ
[Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per
averci messo a disposizione nella sua traduzione il seguente articolo di
Cyrille Cartier, corrispondente di "WeNews", del 17 aprile 2005. Cyrille
Cartier, prima di recarsi come giornalista indipendente in Iraq, lavorava
per l'agenzia Reuters a Washington]

Irbil, Iraq. Seduta in una stanza scura, priva di elettricita' e
riscaldamento, Fatima rimprovera i visitatori che le offrono solo la loro
pieta': "E allora, cos'avete intenzione di fare, per noi?".
Ong e numerosi giornalisti vengono a visitare la "Khanzad House", l'unico
rifugio per le donne ad Irbil, ma non vi sono risorse per migliorare le vite
delle donne presenti nel rifugio.
Fatima (per la sua sicurezza solo il suo primo nome e' stato usato) non vede
i suoi sette figli da un anno. Ogni volta in cui osa chiamarli al telefono,
suo marito o suo fratello la minacciano di morte.
Lei e' solo una delle molte donne che hanno cercato riparo qui, dall'abuso o
dalle minacce di morte. Le donne presenti nella "Khanzad House"
rappresentano un microcosmo dell'Iraq. Ci sono curde ed arabe, cristiane,
musulmane, sunnite e sciite. La violenza contro di loro non conosce confini
etnici o ideologici.
Molte di loro dubitano che la nuova assemblea parlamentare nazionale,
nonostante la numerosa presenza di donne, dara' alle donne maggior
protezione dalla violenza domestica. Si aspettano che le priorita' del
governo saranno le politiche etniche e religiose.
*
Le donne hanno ottenuto il 33% dei seggi in quest'assemblea di transizione
votata il 30 gennaio 2005, andando oltre il requisito minimo del 25%.
Hanaa Edwar di Baghdad, pioniera dei diritti delle donne e leader di un
partito femminile indipendente che ha dato vita ad una rete di 80 gruppi di
donne irachene, non e' impressionata: "La maggior parte delle donne elette
non hanno interesse per i diritti delle donne. Alcune delle candidate sono
state presentate solo per riempire la quota del 25% e non avevano esperienza
in politica. Molte di loro, come gli uomini, sono solo portavoce del partito
che rappresentano".
"Voglio donne che credano nei diritti delle donne", aggiunge Ala Talabani,
che guida una ong femminile per l'avanzamento delle donne a Sulimaniya, nel
Kurdistan iracheno. Le elezioni, dice Talabani, non sono state decise su
programmi politici, ma su etnia, religione e nazionalita': "I curdi hanno
votato per i curdi, gli sciiti per gli sciiti, e cosi' via".
*
Ala Noori, una curda eletta all'assemblea, conferma l'impressione che le
donne politiche rappresenteranno piu' la loro regione che il loro genere.
Noori viveva a Kirkuk, prima che la sua famiglia fosse costretta a
trasferirsi a causa del regime di Saddam Hussein, negli anni '70. Il divario
che lei vede fra curdi ed arabi l'ha seguita a Baghdad: "Io lottero' come
curda, prima che come donna", assicura Noori.
I curdi hanno ottenuto il secondo blocco di seggi in ordine di numero nel
parlamento iracheno, e percio' sono una voce potente per il futuro
dell'Iraq. Jalal Talabani, uno dei loro leader piu' prominenti, e per lungo
tempo oppositore di Saddam Hussein, e' il presidente ad interim. I curdi
hanno dovuto lottare contro le occupazioni arabe, persiane e ottomane.
I quattro milioni di curdi dell'Iraq del nord hanno lingua, cultura e storia
differenti dal resto del paese. Confrontandosi con le donne irachene, le
donne curde dicono di aver maggior eguaglianza con gli uomini: nella loro
lunga storia di conflitti hanno combattuto al fronte, o sono diventate
capifamiglia quando gli uomini scomparivano. Al termine della prima guerra
del Golfo, dopo la sanguinosa repressione della rivolta nella regione curda,
l'Onu vi creo una zona "no-fly" per gli aeroplani iracheni. Grazie a questa
parziale autonomia, le organizzazioni politiche e sociali delle donne
fiorirono, ma allo stesso tempo il rinforzarsi della religione ha condotto
la societa' curda ad un'attitudine complessa rispetto all'identita' etnica,
i diritti delle donne, la legge religiosa ed il laicismo.
Shirin Amadi, segretaria dell'Unione delle donne curde, e politica di alto
livello nel Partito democratico del Kurdistan, dice che lo spostamento in
senso religioso e' avvenuto durante la sua vita, dal tempo in cui lei era
bambina ad ora che ha figli suoi. "Quando ero giovane leggevo i libri
marxisti e non digiunavo, ma ora obbligo i miei bambini a digiunare. Credo
che ad influenzarci siano stati l'Iran e l'Iraq, oltre che la poverta'".
Dalla semiautonomia del 1991 vi sono stati due cambiamenti legali
significativi per le donne curde: uno stabilisce che un uomo debba ottenere
il permesso della prima moglie per sposarne una seconda, il secondo
stabilisce che i delitti d'onore vengano giudicati come omicidi di primo
grado.
*
Layla Miraul ha 32 anni, e' ingegnere elettronico, moglie, madre di due
figli e membro attivo dell'Unione islamica curda. Organizza attivita' e
seminari per le ragazze adolescenti, su temi che vanno dalla moralita' ai
computer. Insegna la "sharia", il codice legale basato sul Corano e sui
detti del Profeta Maometto, per il quale, ad interpretazione di molti, una
donna deve ad esempio ricevere meta' dell'eredita' che riceve un uomo. La
parte del Corano che Layla preferisce e' quella che parla delle virtu' e
delle sofferenze di Maryam (Maria), madre di Issa (Gesu'). "Io credo che la
sharia garantisca il massimo dei diritti delle donne, e totalmente i diritti
umani", dice Layla Miraul, "Una donna in Iraq passa dalla casa del padre a
quella del marito, ed e' sotto la responsabilita' degli uomini, percio' non
ha bisogno di molta eredita'".
Per quanto riguarda la poligamia, Miraul dice che e' meglio permettere ad un
uomo di avere quattro mogli, perche' altrimenti molte donne perderebbero
l'opportunita' di sposarsi. "Se il laicismo viene applicato, le donne
perderanno il loro ruolo nella famiglia e nella comunita'. Se accadesse,
cominceremmo ad avere una crisi morale", aggiunge.
Layla Miraul ha una cosa in comune con Fatima, l'ospite del rifugio per le
donne: raramente esce di casa da sola, e se lo fa e' impaurita, e si copre
totalmente. In mancanza di una voce politica che parli delle donne e per le
donne, a livello locale e nazionale, tutto quello che Layla e Fatima possono
fare e' attendere.
*
Per maggiori informazioni:
- Leaders Say Vote Decides Equality for Iraqi Women:
www.womensenews.org/article.cfm/dyn/aid/2166/
- Women in Iraq Seize Political Opportunities:
www.womensenews.org/article.cfm/dyn/aid/1898/
- Iraqi Women Realize New Rights Amid Security Concerns:
www.womensenews.org/article.cfm/dyn/aid/1775/

4. INIZIATIVE. ALESSANDRA AMICONE: LA TENACIA DI DON CARLO
[Ringraziamo di cuore Alessandra Amicone (per contatti: presso il liceo
scientifico di Orte, tel. 0761402882) per questo intervento.
Alessandra Amicone sta concludendo gli studi presso il liceo scientifico di
Orte (Vt), e' una delle partecipanti ed animatrici del corso di educazione
alla pace 2004-2005 presso quell'istituto scolastico, e principale
promotrice delle iniziative concrete realizzate nel liceo a sostegno di
alcuni progetti di solidarieta' internazionale di "Mani Tese"  e di "Sulla
strada".
Carlo Sansonetti, parroco di Attigliano, ha preso parte a varie rilevanti
esperienze di solidarieta' concreta in Italia e in America Latina, ed e'
trascinante animatore dell'esperienza di "Sulla strada".
Lorella Pica, gia' apprezzata pubblica amministratrice, e' impegnata
nell'associazione "Sulla strada", nella rivista "Adesso", in molte
iniziative di pace, solidarieta', nonviolenza.
Per ulteriori informazioni e per sostenere le attivita' di solidarieta' in
Guatemala e in Angola dell'associazione "Sulla strada": via Ugo Foscolo 11,
05012 Attigliano (Tr), tel. 0744992760, cell. 3487921454, e-mail:
sullastrada at iol.it, sito: www.sullastradaonlus.it; l'associazione promuove
anche un periodico, "Adesso", che si situa nel solco della proposta di don
Primo Mazzolari, diretto da Arnaldo Casali; per contattare la redazione e
per richiederne copia: c. p. 103, 05100 Terni, e-mail: adesso at reteblu.org,
sito: www.reteblu.org/adesso]

Si possono nutrire non poche perplessita' sulla religione in generale, ed in
particolar modo sulla chiesa cattolica. Eppure, una delle persone piu'
affascinanti che io abbia mai conosciuto proviene proprio da quel mondo: don
Carlo Sansonetti.
Ho avuto la fortuna di conoscere don Carlo perche' e' intervenuto a un
incontro del corso di educazione alla pace che si svolge abitualmente nel
mio liceo.
Il suo scopo era quello di presentarci il lavoro che ha realizzato dal 2001
fino ad ora in America Latina e in Africa. E' riuscito, insieme ad alcune
persone della parrocchia di Attigliano, dove svolge il suo ministero, a dar
vita a ben due missioni, una in Guatemala ed una in Angola.
E' difficile esprimere la carica che sia lui, che Lorella, una sua
collaboratrice, sono riusciti a trasmetterci nel corso di due ore; le loro
parole, i loro occhi, i loro gesti sono stati capaci di inciderci nel
profondo (alla fine dell'incontro, presi dalla foga, alcuni di noi abbiamo
anche preso in considerazione l'eventualita' di un futuro viaggio con don
Carlo in Guatemala).
Le notizie che abbiamo apprese sulle condizioni di vita delle popolazioni da
loro aiutate, non sono molte diverse da altre in altre parti del mondo. Cio'
ci ha spinti a una seria riflessione: cosa facciamo noi, sul serio, per gli
altri? Cosa facciamo per aiutare i nostri fratelli del Guatemala, ad esempio
i bambini costretti a lavorare alla fabbricazione di fuochi d'artificio a
lume di candela? Che cosa facciamo per evitare che in Angola i bambini
lavorino o vivano sulle strade o che siano reclutati dalle milizie? Cosa
facciamo? Spesso nulla, niente di niente.
Cosi' sulla scia lasciataci da don Carlo, che insieme ad una piccola
comunita' come quella di Attigliano, di tremila abitanti, e' riuscito a
fare, a costruire tantissimo, abbiamo deciso di raccogliere anche noi dei
fondi, per sostenere la sua iniziativa.
Prendendo spunto da un'idea di Lorella, abbiamo realizzato un simbolico
calendario ed abbiamo "venduto" tutti i giorni del mese di aprile al costo
di cinque euro l'uno, che in termini di vite equivalgono alla salvezza di
ben venticinque bambini.
E' evidente che cio' non e' molto, ma per noi studenti e' un impegno, un
impegno che divenendo costante ha un valore altissimo, perche' partecipare,
anche se in minima parte, e' completamente diverso dal rimanere
nell'indifferenza.

5. RIFLESSIONE. GIANCARLA CODRIGNANI: IL SESSANTESIMO
[Ringraziamo Giancarla Codrignani (per contatti: giancodri at libero.it) per
averci messo a disposizione questo suo articolo apparso nella cronaca di
Bologna de "L'Unita'" del 16 aprile 2005. Giancarla Codrignani, presidente
della Loc (Lega degli obiettori di coscienza al servizio militare), gia'
parlamentare, saggista, impegnata nei movimenti di liberazione, di
solidarieta' e per la pace, e' tra le figure piu' rappresentative della
cultura e dell'impegno per la pace e la nonviolenza. Tra le opere di
Giancarla Codrignani: L'odissea intorno ai telai, Thema, Bologna 1989;
Amerindiana, Terra Nuova, Roma 1992; Ecuba e le altre, Edizioni cultura
della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1994]

"Gia' trascorsi 60 anni, mon Dieu, da quel 25 aprile 1945, segnato a fuoco
nella mia storia e chissa' in quante altre!" diceva un amico anziano che
ragionava sull'evento in virtu' del quale, dopo le lunghe lotte
dell'antifascismo e della Resistenza, veniva ridata dignita' alla nostra
Italia dopo la vergogna del "ventennio nero" e della repubblica di Salo'.
E' la prima riflessione che fanno tutti gli anziani che hanno vissuto la
liberazione: ma quei sessant'anni sono cosi' importanti che anche i piu'
giovani, ma soprattutto quelli che si lamentano sempre di tutto, debbono
ricordarne la storia, che e' la storia del nostro vivere da cittadini
liberi.
Ma l'amico le cui parole leggo volentieri con voi non celebra e non rievoca:
" il sessantesimo anniversario, contro ogni logica di eta' e di usura, m'ha
portato una gaiezza straordinaria che mi fa dire a chi lo vorrebbe
manipolare, strumentalizzare, mettere in discussione, ignorare: 'ma andate a
ranare', voi che non sospettate nemmeno quale gioia possa contenere una vita
che s'e' modellata, allora, sulle promesse e visioni di pace e di mondi
nuovi che ci furono garantiti da quel 25 aprile di sessant'anni fa! Al mio
paese c'erano molti fossi, d'acqua corrente o meno, con uno stagno per
l'ammollo del lino; e bastava che in stagioni estive si accendesse la prima
stella, e tutti i campi gracidavano di rane, per cui la rana era familiare
alle nostre mani e sulle nostre labbra di ragazzi. Tanto per spiegare che
cosa intendessimo quando al compagno che tentava di barare al gioco o
raccontava cose inventate e mirabolanti imprese di nidi e di pesci,
gridavamo 'ma va' a ranare, va''. E poi si andava alla ricerca di altri
compagni. Momenti di felicita' assoluta. Pressappoco tale gaiezza mi mette
addosso, come penso la gusti la coppia che, con figli e nipoti, festeggia il
sessantesimo anniversario di matrimonio, detto, tanto e' splendente e
invitto, nozze di diamante, o un sessantesimo di sacerdozio... le date della
mia vita, partendo da quel 1945, potrebbero avere accanto l'anno di scadenza
della Liberazione".
Sono parole di don Luisito Bianchi, del monastero di Viboldone, un uomo che
ha capito e sentito la verita' profonda di una data storica che non deve
essere turbata troppo da recenti speculazioni revisioniste, da impensabili
allineamenti dei responsabili della rovina del nostro paese alla gloria
partigiana, da ancor piu' incredibili proposte di legge per rendere onore ai
nazifascisti di Salo', dal lavoro perverso di revisione costituzionale che
tradisce le garanzie repubblicane.
Tutti costoro non impediranno a nessun partigiano, a nessuna partigiana
ancora viventi di ricordare la gloria di quelli e quelle che sono caduti e
di rievocare la memoria della Liberazione dell'Italia con la consapevolezza
di avere partecipato come italiani, salvando la nostra dignita', dalla parte
giusta (e la parte giusta la definisce la storia) alla guerra mondiale che
fu necessario condurre contro il nazismo e il fascismo. E sia gioia anche
per tutti, giovani e meno giovani che sentono che i loro diritti di
cittadinanza incominciano con questa data. E chi vuole turbare la nostra
volonta' di democrazia, di liberta', di giustizia, vada pure - come dice don
Luisito - "a ranare".

6. APPELLI. UN APPELLO PER IL REFERENDUM SULLA LEGGE 40/2004
[Dal sito www.universitadelledonne.it riprendiamo il seguente appello
apparso sul quotidiano "Liberazione" del 31 dicembre 2004]

L'autodeterminazione delle donne, la laicita' dello stato, l'esigibilita'
universalistica dei diritti, il rispetto per gli spazi della deontologia
medica e per l'autonomia della ricerca sono stati messi in forse in Italia
dalla approvazione della legge 40, la legge sulla fecondazione assistita
ormai tristemente nota sia per essere un concentrato di barbarie giuridica,
di sadismo misogino, di ipocrisia e di integralismo, ma anche fonte
immediata di ansia, di sofferenza, di ingiustizia e di discriminazione
sociale, di esclusione e rifiuto per migliaia di cittadine e cittadini che
desiderano figli e che hanno la necessita' di ricorrere a queste tecniche
biomediche.
Infatti da una indagine eseguita dal Forum delle associazioni di genetica e
riproduzione a Milano, Bologna e Roma risulta che il 25% delle donne che si
rivolgono ai centri italiani, venute a conoscenza delle restrizioni imposte
dalla legge 40 si rivolge a centri esteri, dove intanto i costi sono
lievitati del 30%.
La maggioranza parlamentare, ben piu' ampia dell'attuale centrodestra, che
ha votato questa legge, ha inferto una grave ferita alla democrazia italiana
e alla qualita' della convivenza civile. Da un lato ha perpetuato la
subalternita' storica delle classi dirigenti italiane agli indirizzi della
politica vaticana, dall'altro si e' ricollocata nella cultura politica della
globalizzazione, che garantisce l'ordine mondiale con la guerra preventiva e
di fatto opprime e discrimina il soggetto che quotidianamente porta
l'umanissimo "disordine" della difesa della vita reale, della assunzione di
responsabilita', della parola ultima sulla procreazione, cioe' la donna.
Contro questa legge grande e' stata la critica, l'indignazione, lo scalpore.
Un vasto e composito movimento fatto di associazioni e gruppi di donne, di
associazioni di coppie, di gay e lesbiche, di ricercatori/trici, giuriste/i,
sindacati e partiti, ha immediatamente colto la assoluta inemendabilita' di
quel testo legislativo e ha individuato l'obiettivo della sua integrale
cancellazione. A partire da questo assunto, in una trama di faticose ma
feconde relazioni politiche e sociali, e' stato pensato e agito lo strumento
referendario. L'idea della cancellazione totale ha alimentato un crescente
coinvolgimento di soggettivita', ha tenuto insieme come elemento
sovraordinatore i quesiti parziali.
La raccolta di firme contro la legge 40 e' stato l'evento straordinario che
ha segnato la stagione politica da giugno a settembre 2004, non solo per la
quantita' di firme raccolte, che per molti e' stata una inaspettata sorpresa
(3 milioni e mezzo, con assoluta prevalenza per quello di cancellazione
totale), ma per la qualita' e la modalita' della mobilitazione referendaria,
che ha avuto la caratteristica di dare la parola, di allargare la
partecipazione, di attivare soggettivita', di far affrontare nelle piazze,
in un dibattito appassionato, temi complessi, immediatamente recepiti nel
loro spessore e nella loro centralita'. (Che i temi suscitassero passione
civile e coinvolgimento diretto lo abbiamo capito quando, dopo una
trasmissione televisiva che ruppe il silenzio della stampa sui referendum,
ai banchetti ci furono file di uomini e di donne desiderosi di firmare
contro la legge 40).
Ora viviamo un passaggio cruciale: aspettiamo i giudizi di ammissibilita'
della Corte costituzionale e contestualmente assistiamo ai tentativi di
evitare i referendum riavviando il dibattito in Parlamento, attraverso la
presentazione di vari testi di legge sulla fecondazione assistita. Sappiamo
bene che il Parlamento gode della facolta' di intervenire in ogni momento
dell'iter referendario con una legge che renda inutile il voto popolare;
pero' ci pare che il Parlamento abbia inutilmente lavorato su questa materia
per anni, dimostrando di trovarsi in un insanabile conflitto.
Cio' succede anche perche' la materia e' del tutto nuova e non esiste su di
essa una opinione diffusa e un etica condivisa e forse non e' possibile che
vi sia; alcune di noi pensano che in una materia cosi' delicata ed intima,
legata alla coscienza personale non si debba avere una legge (nemmeno
migliorata), ma il compito dello stato sia solo quello di vietare pratiche
pericolose per la salute, speculazioni economiche e informazioni non
corrette.
Non si tratta dunque di migliorare una legge, ma di favorire il formarsi di
opinioni forse inevitabilmente differenti e la possibilita' di un permanente
dibattito. Per queste due ragioni il ricorso al referendum abrogativo e' una
necessita' politica. Invitiamo percio' le e i parlamentari, che con noi
hanno finora condiviso la proposta di referendum, a continuare questa lotta
e ad allargare il consenso intorno a questo percorso.
Pensiamo che i milioni di firme raccolte e la loro valenza politica dicano
in modo inequivocabile che o la legge 40 viene totalmente cancellata e si
inaugura una modalita' diversa di legiferare su questi argomenti, allargando
il dibattito democratico e l'interrogazione critica, o la parola definitiva
sulla fecondazione assistita deve essere rimessa nelle mani della sovranita'
popolare diretta, cioe' del referendum.
*
Prime firmatarie: Ritanna Armeni, Patrizia Arnaboldi, Angela Azzaro, Laura
Balbo, Marzia Barbera, Adele Cambria, Maria Grazia Campari, Rossana Campo,
Giovanna Capelli, Maria Rosa Cutrufelli, Elettra Deiana, Elena Del Grosso,
Titti De Simone, Erminia Emprin, Maria Paola Fiorensoli, Nora Frontali,
Maddalena Gasparini, Rina Gagliardi, Margherita Hack, Bianca La Monica,
Laura Curcio, Lea Melandri, Lidia Menapace, Marina Pivetta, Anna Pizzo,
Bianca Pomeranzi, Franca Rame, Lidia Ravera, Anna Rollier, Gabriella
Stramaccioni, Lietta Tornabuoni, Valeria Vigano', Adriana Zarri, Flavia
Zucco.

7. DOCUMENTAZIONE. ALCUNE RAGIONI DI OPPOSIZIONE ALLA LEGGE 40/2004
[Dal sito www.comitatoperla.it riprendiamo il seguente documento]

Progressi scientifici e tecnologici nel campo della riproduzione umana
offrono opportunita' formidabili per un numero grandissimo di individui. Sia
pure con disagi e costi personali e sociali non indifferenti, le tecniche di
riproduzione medicalmente assistita permettono di poter realizzare uno dei
fondamentali desideri e facolta' umane, quello della maternita' e della
paternita', anche la' dove le condizioni materiali e oggettive altrimenti lo
impedirebbero.
La legge n. 40/2004 appena approvata dal parlamento crea ostacoli
intollerabili e sottintende un giudizio morale negativo nei confronti di
queste pratiche. Essa viola i piu' elementari diritti alla salute delle
donne, limita la prevenzione delle malattie ereditarie, conculca la liberta'
di ricerca scientifica e impone un'unica visione morale particolare a una
societa' pluralista e multiculturale come quella italiana.
Il principio delle societa' liberaldemocratiche considera le istituzioni
pubbliche come garanzia di liberta' ed equita' e rigetta l'idea che i
cittadini debbano essere posti sotto tutela. Per queste ragioni, noi
reputiamo che debbano essere intraprese tutte le azioni culturali, legali,
legislative, referendarie e di disobbedienza civile atte a modificare il
quadro normativo attuale e siamo pronti ad agire concretamente assumendoci
la responsabilita' di una risposta sociale forte alle drammatiche
conseguenze che la legge 40/2004 inevitabilmente produrra'.
Diciamo no a questa legge perche':
- Esclude le donne e le coppie fertili, anche se portatrici di gravi
malattie genetiche o virali, dal ricorso alle tecniche di fecondazione in
vitro. Per i talassemici, i sieropositivi ed i malati di fibrosi cistica,
questo significa aumentare il rischio di trasmettere la malattia ai propri
figli.
- Impedisce la Diagnosi Genetica Pre-Impianto e la scelta di non impiantare
un embrione malato, obbligando cosi' la madre a dover scegliere tra il
dramma di mettere al mondo consapevolmente un individuo destinato a sicure
sofferenze e patimenti o il dramma di dover ricorrere all'aborto
terapeutico.
- Obbliga il trasferimento in utero di tutti gli embrioni prodotti, anche
quelli malati. La donna e la coppia avra' come unica alternativa
l'interruzione della gravidanza.
- Impedisce la donazione di gameti e quindi il ricorso alla fecondazione
eterologa: questo significa, per esempio, che le donne e gli uomini malati
di tumore, la cui fertilita' e' stata compromessa dalla chemioterapia, non
potranno avere figli.
- Impedisce la crioconservazione degli embrioni. Questo obblighera' le donne
a ripetere ogni volta l'intero ciclo di stimolazione delle ovaie (lungo e
doloroso), ma colpira' per esempio anche gli uomini con lesione spinale, che
dovranno ripetere i prelievi per ottenere il seme necessario alla
fecondazione.
- Viola la deontologia dei medici perche' li costringe ad agire in
contraddizione alle loro conoscenze tecniche e cliniche che devono essere
tarate in base al singolo caso e non definite per legge.
- Viola la liberta' di ricerca scientifica e le sue possibilita' di
sviluppo, impedendo l'utilizzo delle cellule staminali pluripotenti che
saranno in grado nei prossimi anni di combattere con successo malattie che
oggi sono incurabili.
- Viola la privacy dei cittadini obbligati ad un percorso investigativo
sulle proprie volonta' e giudicati moralmente per le loro scelte.
*
Aderiscono: Madre Provetta onlus (Roma), Hera onlus (Catania), l'Altra
Cicogna onlus (Cagliari), Amica Cicogna onlus (Salerno), Cerco un bimbo
(Roma), Mammeonline, Margherita onlus, Riproduzione e Benessere (Bologna),
Tribunale per i diritti del malato-Cittadinanzattiva, Lega Italiana Fibrosi
cistica, Associazione Talassemici (Regione Sardegna); Libera, Associazione
contro la Talassemia (Catania), Futuro senza Thalassemia, I componenti il
Comitato provinciale della Federazione associazioni nazionali disabili
(Bologna), Cometa, Associazione Studio Malattie Metaboliche Ereditarie onlus
(Asmme), Federazione Nazionale delle Associazioni Emofilici onlus (Fedemo),
Associazione Neurofibromatosi, Societa' Medica Italiana di Paraplegia
(So.Mi.Par.), Lega Italiana per la lotta all'Aids (Lila), Associazione per i
diritti degli utenti e consumatori (Aduc), Coordinamento italiano per la
medicina rigenerativa (Cimer), Societa' Italiana di Fertilita' e Sterilita'
(Sifes), Societa' Italiana Medici Ospedalieri Sterilita' (Sios),
Associazione Cecos Italia, Associazione Ostetrici e Ginecologi ospedalieri
(Aogoi), Societa' Italiana Operatori Procreazione Medicalmente Assistita
(Siopam), Consorzio Mario Negri Sud (Istituto di Ricerca), Associazione dei
Medici e Biologi Riproduzione Assistita (Ambra), Cittadini per la Democrazia
(Caltanisetta); Consulta di Bioetica.
Inoltre aderiscono: Massimo Bertoli, ginecologo; Cinzia Caporale,
bioeticista; Paolo Gasparini, genetista, Domenico Danza, ginecologo; Brian
Dale, biologo; Elena Albani, biologa; Anna Pia Ferraretti, ginecologa;
Enrico Augusto Semprini, ginecologo; Alessandra Vucetich, ginecologa:
l'equipe del Servizio di Fisiopatologia della Riproduzione Umana
dell'Azienda Ospedaliera "Santa Maria degli Angeli" di Pordenone (Tomei
Francesco, ginecologo, Manno Massimo, andrologo, Marchesan Manuela,
ginecologo, Favretti Cristina, biologo, Cicutto Daniele, capotecnico, Zadro
Donatella, tecnico, Bomben Paola, Assistente sanitaria, Bononcini Gabriella,
infermiera professionale, Battistella Anna, infermiera professionale,
Santini Liliana, infermiera).

8. RIFLESSIONE. MADDALENA GASPARINI: OLTRE IL REFERENDUM
[Dal sito www.universitadelledonne.it riprendiamo questo articolo apparso
sul quotidiano "Liberazione" del 15 gennaio 2005. Maddalena Gasparini,
laureata in medicina e chirurgia e specializzata in neurologia, ha svolto
attivita' clinica e curato l'organizzazione di congressi e corsi di
aggiornamento e formazione in collaborazione e per conto di strutture
ospedaliere del Consiglio nazionale delle ricerche, della Regione Lombardia
e della Provincia di Milano; grazie all'incontro con la Libera universita'
delle donne, da anni segue gli sviluppi delle tecnologie riproduttive
approdando agli interrogativi etici che l'evoluzione delle biotecnologie
pone alla collettivita'; dal 2003 e' vicecoordinatrice del gruppo di studio
di "Bioetica e cure palliative in neurologia" della Societa' Italiana di
Neurologia]

E adesso, che ci e' stata negata la possibilita' di abrogare in toto la
legge 40 ? Andremo a votare, naturalmente, non fosse che per ribadire che la
salute delle donne resta un diritto anche se ricorrono alle tecnologie
riproduttive. Ma vorremmo usare il tempo che ci separa dal voto per
proseguire pubblicamente una riflessione che tenta di sottrarsi alle facili
polarizzazioni, cui inevitabilmente si presta la logica binaria dei
referendum (si'/no). Fu infatti la profondita' e la diffusione della pratica
riflessiva che caratterizzo' il femminismo degli anni '70 a impedire
l'abrogazione per via referendaria della legge 194.
L'opposizione alla legge 40 e' invece spesso appiattita sulla difesa della
liberta' individuale e della ricerca scientifica, e lascia ai margini
l'ampia e documentata riflessione delle donne che - unica nel ricco panorama
di commentatori - riporta al centro l'aspetto fondamentale della
procreazione assistita (e non): il suo nesso con la relazione fra i sessi.
Del resto il legame fra il "generare" grazie alla procreazione assistita e
l'ipotesi di "rigenerare" organi irrimediabilmente malati grazie alle
cellule staminali derivate dagli embrioni riporta a quella fantasia di
controllare la vita e le sue origini che si esprime tanto nella pretesa di
imbrigliare il corpo femminile con leggi feroci quanto nella passione che
anima chi fa scienza.
*
Ripartiamo dunque da quell'articolo 1 della legge, di cui un referendum
chiede l'abrogazione, che fa riferimento ai "diritti di tutti i soggetti
coinvolti, compreso il concepito", l'ovocita fecondato in vitro cui si
permette di svilupparsi non piu' di 2-4 giorni. Nell'esperienza femminile
della gravidanza la natura dell'embrione si definisce in rapporto alla
libera assunzione di responsabilita': inizio di una vita che si dichiarera'
al momento della nascita, oggetto di perdita o rifiuto nel caso di
un'interruzione spontanea o voluta. In virtu' delle tecnologie che ne
permettono la creazione in vitro e la conservazione nel tempo in stato di
"sospensione vitale", esso e' stato dotato di un'autonomia che non ha e di
improbabili connotazioni umane: "orfano", "malato". In questo spazio si e'
inserito il legislatore spingendosi a dichiarare l'embrione soggetto di
diritto e richiamare le donne al ruolo di contenitore di una vita inaugurata
da altri, uomo o dio, riducendo ogni alternativa all'insignificanza del
residuo biologico. Persa la protezione femminile, c'e' bisogno di regole che
permettano un uso dell'embrione diverso da quello per cui e' stato creato,
purche' ci sia il consenso delle persone che ne hanno permesso l'esistenza
(a questo vincola la Convenzione di Oviedo, non a farne soggetto giuridico).
A partire dal riconoscimento di questa necessita' si possono immaginare
regole che non violino l'irriducibile liberta' femminile di disporre del
proprio corpo e insieme non offendano valori ampiamente condivisi.
*
Ogni forma di selezione embrionale e' proibita dalla legge e presentata come
pratica eugenetica, mentre la letteratura scientifica ne fa una manovra che
aumenta le possibilita' di "un bambino sano in braccio", obiettivo primario
di chi si rivolge alle tecnologie riproduttive. Negli oltre vent'anni che ci
separano dalla nascita della prima bambina concepita in vitro, lo sviluppo
della genetica e della biologia molecolare ha aperto la possibilita' di
eseguire la diagnosi genetica pre-impianto e identificare cosi' gli embrioni
eventualmente portatori di anomalie genetiche; ma naturalmente non solo: se
quella del "bebe' a' la carte" e' una fantasia priva di ogni fondamento
scientifico, la contiguita' fra l'eliminazione di embrioni portatori di geni
in grado di sviluppare malattie incurabili e la scelta di embrioni con
alcune caratteristiche (per esempio il sesso) attualizza i timori di un
ritorno all'eugenetica, seppure sotto altra forma, e obbliga a definire i
limiti di applicazione di questa tecnica.
*
Alla "materia prima" della riproduzione - gli ovociti, gli spermatozoi, gli
embrioni - la scienza ha rivolto la sua attenzione non da ora, ma la
disponibilita' di embrioni non piu' richiesti a fini riproduttivi, ha dato
sostanza al desiderio di svelare il segreto dell'origine della vita e alla
fantasia di guarire ogni malattia e, perche' no, sconfiggere la vecchiaia.
Allo stesso "materiale" si guarda con occhi strabici, con la pretesa di
imporre regole se attiene al desiderio femminile di un figlio, ma di usarlo
liberamente se puo' migliorare o salvare vite compromesse da gravi malattie.
A quali valori fare riferimento per orientarsi in un campo dove si
incontrano aspettative di persone sofferenti con quel che resta di un
desiderio e, non ultimi, enormi interessi economici? Rammento che le cellule
staminali embrionali utili a fini scientifici sono tutte brevettate e in
vendita; e anche il nostro paese (che proibisce la ricerca sugli embrioni)
le ha gia' acquistate.
*
La liberta', di ricerca, cura e terapia, quando tocca i legami fra individuo
e societa' va coniugata con l'equita' e l'uguaglianza: nel contributo dei
singoli, nella distribuzione delle risorse (che non sono infinite per
nessuno), nell'accesso alle nuove cure. C'e' differenza fra una donazione di
liquido seminale e di ovociti, in termini di invasivita' e rischi. E'
proibita la commercializzazione di gameti ed embrioni, ma in molti paesi il
rimborso spese mette a dura prova il termine "donazione". La cosiddetta
clonazione terapeutica ha bisogno di molti ovociti: a quali donne verranno
chiesti? (per avere una sola linea di cellule staminali embrionali un'equipe
sud-coreana ha avuto bisogno di 16 donne che hanno donato 242 ovociti).
*
Insomma le risposte che dobbiamo dare sono molto piu' che un si' (o un no)
all'abrogazione di parti di una legge che gia' si e' dimostrata
inapplicabile. Se dare la vita non puo' che essere scelta delle donne, dare
alla vita qualita' e ricchezza, e sottrarla dai rischi della deriva
mercantile, non puo' che riguardare l'intera collettivita'.

9. PROFILI. TIZIANA TOBALDI. UN PROFILO DI DONNA HARAWAY
[Dal sito dell'Universita' delle donne di Milano
(www.universitadelledonne.it) riprendiamo il seguente profilo.
Tiziana Tobaldi, milanese, scrive nel sito dell'Universita' delle donne di
Milano (www.universitadelledonne.it) e nel quindicinale libertario
"Cenerentola" (www.cenerentola.info).
Su Donna Haraway riportiamo da Franco Restaino, Adriana Cavarero, Le
filosofie femministe, Paravia, Torino 1999, p. 238, la seguente scheda:
"Studiosa di biologia e biotecnologie in una universita' californiana dove
ha come colleghe altre femministe (Angela Davis, Teresa de Lauretis), Donna
Haraway, dopo alcuni libri specialistici, pubblica nel 1985 l'ormai famoso A
Manifesto for Cyborg Science, technology, and Socialist Feminism in the
1980s, cui si fa risalire il 'cyberfemminismo', una delle 'correnti' interne
al femminismo degli ultimi quindici anni. Haraway propone una 'giocosa'
utopia femminista e socialista radicata nella consapevolezza che siamo al di
la' della modernita', siamo nel sistema che l'autrice definisce 'informatica
del dominio'. Tutti i concetti 'moderni' di classe, sesso, razza, vengono
'superati' nel concetto di 'cyborg' (individuo meta' macchina - cyb - e
meta' organismo - org), che va al di la' del 'genere' e della 'genesi' e
consente di guardare a un tipo di societa' con ruolo mobili e
intercambiabili e con lavori non piu' 'pesanti' ma 'leggeri' (la cibernetica
e' la tecnologia che rendera' possibile il compimento di un processo gia'
avanzato in questa direzione). Stiamo tutti diventando dei 'cyborgs', nel
senso che la vita di ognuno di noi e' sempre piu' condizionata dalle
macchine e dall'informatica. Non bisogna esorcizzare o demonizzare questo
processo, ma assecondarlo e utilizzarlo in senso femminista e socialista,
trasformandolo in un processo rivoluzionario verso una saocieta' accettabile
e 'gioiosa'". Per alcuni essenziali dati biobibliografici ulteriori cfr. la
nota in calce a questo articolo]

A conclusione del corso "Pensieri in liberta' sulla scienza", tenuto da
Agnese Seranis, Liliana Moro e Sara Sesti, quest'ultima ci ha prospettato
alcune questioni sulla direzione verso cui attualmente sta tendendo la
scienza, con particolare attenzione alla posizione delle donne sia come
ricercatrici e "creatrici" di scienza, sia come utenti.
A questo proposito mi sembra utile esporre una brevissima sintesi del
pensiero di Donna Haraway (1), anche come centro delle elaborazioni teoriche
e delle pratiche della corrente "cyberfemminista". Le sue analisi e
proposte, per la loro eterodossia, sono senz'altro stimolo all'apertura di
un dibattito improrogabile, anche alla luce della partecipazione delle donne
alla guerra in corso, sul campo di battaglia e no.
Per Haraway la collocazione storica delle donne negli ambiti della casa, del
mercato, del lavoro, dello stato e delle istituzioni, nelle societa' ad
industrializzazione avanzata, e' stata ampiamente superata dalle evoluzioni
della scienza e della tecnologia rendendo cosi' obsolete anche le relazioni
sociali conseguenti.
La struttura delle societa' occidentali e' fondata su tutta una serie di
dualismi - se'/altro, mente/corpo, cultura/natura, maschio/femmina,
civilizzato/primitivo, artefice/prodotto - costituite da un elemento
dominatore ed uno dominato, da superare in quanto funzionali al dominatore
che e' tale solo perche' specchio del dominato. Il modello piu' interessante
del nuovo rapporto conseguente a tale superamento e', per Haraway, quello
uomo/macchina, dove i ruoli di soggetto ed oggetto non sono piu'
distinguibili.
E' necessario avere una nuova visione del reale nella quale le macchine non
ci dominano ma noi siamo queste in quanto responsabili dei loro confini, e
nella quale si intensifica il legame umano con gli strumenti tecnologici: il
limite dei nostri corpi non deve necessariamente coincidere con la nostra
pelle.
Il paradigma del superamento della dualita' e', per Haraway, il cyborg. La
metafora del cyborg, nell'ottica di genere, sta a significare una donna
altamente tecnologizzata, capace di manovrare qualunque strumento al proprio
servizio.
Peraltro attraverso gli sviluppi della biologia (le tecniche di riproduzione
assistita) e nella pratica quotidiana (il lavoro domestico che tutte ormai
svolgiamo con l'aiuto di macchine) siamo gia' al cyborg e, sotto il profilo
filosofico ed ermeneutico, non c'e' alcuna separazione fondamentale
ontologica nella nostra conoscenza formale di una macchina e di un
organismo.
Le donne, pertanto, devono assumersi la responsabilita' di relazionarsi in
prima persona con la scienza, rifiutando la metafisica antiscientifica e la
demonizzazione della tecnologia perche' questa offre:
- il miglioramento del vissuto quotidiano;
- gli strumenti per stravolgere le strutture di dominio esistenti;
- il superamento dei dualismi nei quali ci hanno costrette, come donne, ad
interpretare il reale;
- la possibilita', per le diverse marginalita' sociali, di affermare la
pluralita' dell'esistente attraverso la pluralita' dell'espressione.
Lo sviluppo esponenziale dell'alta tecnologia e la sua presenza sempre piu'
diffusa e determinante nelle strutture della societa' occidentale attuale ha
portato alla crisi dell'immagine monolitica del soggetto detentore del
potere (uomo, eterosessuale, borghese, bianco). In questa frammentazione
delle prospettive le donne devono senz'altro conquistare, mantenere ed
ampliare (a seconda della loro specifica collocazione individuale e
collettiva) il loro spazio di conoscenza ed uso di tecnologia come strumento
di liberazione.
Dalle teorie di Haraway si e' poi sviluppata, anche in Italia, la posizione
cyberfemminista sull'uso delle biotecnologie, in essa considerate importanti
modificazioni del reale che portano alla distruzione dell'obbligatorieta'
storica del naturale, in particolare della categoria "donna".
Il desiderio di maternita' non e' individualmente concepito dalle donne, ma
e' indotto dall'attuale societa' occidentale dove ogni nuovo nato e' un
potenziale nuovo consumatore.
Poiche' la struttura sociale attuale e' basata sulla famiglia biologica
mononucleare (solo per l'Italia v. il nuovo Libro Bianco sul Welfare,
proposte per una societa' dinamica e solidale, edito dal Ministero del
Lavoro e delle Politiche Sociali, Roma, 2003), le escluse dall'uso delle
biotecnologie sono le donne sole, anziane, lesbiche, categorie escluse anche
da qualsiasi ruolo di potere.
Una parte della cultura femminista attualmente avversa le pratiche di
riproduzione assistita in quanto:
- espropriazione dell'unico potere vissuto come esclusivamente femminile,
che e' quello della riproduzione;
- tali tecnologie applicate sul corpo femminile ne condurrebbero la
reificazione;
- sono viste come artificializzazione e forzatura di un processo tutto
naturale.
Ma per le cyberfemministe:
- per una corrente del movimento femminista la procreazione e' da sempre
considerata come il principio della dipendenza dall'uomo;
- con queste tecniche ci si sottrae alla perpetuazione, attraverso la
maternita', delle strutture socio-economiche attuali;
- le donne si svincolano da un ruolo storico di genere che ha strutturato la
loro stessa identita' nel corso dei secoli, sciogliendo il binomio finora
indissolubile donna/madre.
Gli argomenti esposti sono senz'altro complessi e quanto mai attuali. Senza
dubbio, in quanto donne coscienti, vigilanti e critiche, non possiamo piu'
sottrarci al confronto con la scienza e la tecnologia, consapevoli della
strutturazione che queste impongono alla vita di noi tutte ed alla societa'
in cui viviamo.
*
Note
1. E' nata in Colorado da una famiglia cattolica di origine irlandese. Si
laurea in biologia e dopo la seconda guerra mondiale, rendendosi conto dei
risvolti politici della militarizzazione della scienza, inizia ad impegnarsi
attivamente per i diritti civili e contro la guerra in Vietnam.
Tiene il suo primo corso su donne e scienza nel 1971 all'Universita' di
Honolulu. Si trasferisce all'Universita' di Baltimora ed entra in un gruppo
femminista socialista cominciando a sviluppare il suo pensiero antirazzista,
non sessista e critico delle applicazioni di elettronica, chimica e biologia
dell'industria bellica.
Pubblica il suo primo libro (Cristal, Fabrics and Fields: Metaphors of
Organicism in Twentieth-Century Developmental Biology, Yale University
Press, New Haven, 1976) sulla biologia evolutiva e successivamente scrive
Primate Visions: Gender, Race and Nature in the World of Modern Science,
Routledge, New York and London, 1989, sui vari aspetti della primatologia.
Nel 1980 si trasferisce all'Universita' della California a Santa Cruz per
insegnare teoria femminista ed inizia a lavorare sul cyborg e, come da lei
stessa indicato, "su altre ibridizzazioni e fusioni tra l'organico, l'umano
ed il tecnico, e il modo in cui il materiale, il letterale e il tropico
implodono". Il frutto dei suoi studi e' pubblicato in una raccolta di
scritti intitolata: Simians, Cyborgs and Women: The Reinvention of Nature,
Routledge, New York 1991.
Piu' recentemente ha pubblicato nel 1995 un saggio sulla critica femminista
della scienza.
Attualmente insegna teoria femminista, studi femministi e cultura e storia
della scienza e della tecnologia nel dipartimento di Storia della coscienza
all'Universita' della California a Santa Cruz.
*
Una bibliografia minima in italiano
- Donna Haraway, Manifesto cyborg. Donne, tecnologie e biopolitiche del
corpo, Feltrinelli, Milano 1995.
- Donna Haraway, Testimone - modesta @ femaleman - incontra - Oncotopo.
Femminismo e tecnoscienza, Feltrinelli, Milano 2000.
- Rosi Braidotti, Soggetto nomade. Femminismo e crisi della modernita',
Donzelli, Roma 1995.
- Rosi Braidotti, Madri, mostri e macchine, Manifestolibri, Roma 1996.
- Rivista Decoder, Shake Edizioni Underground, Milano,
Hhttp://www.decoder.it
- Susan Faludi, Contrattacco. La guerra non dichiarata contro le donne,
Baldini e Castoldi, Milano 1992.
- Pat Cadigan, Mindplayers, Shake Edizioni Underground, Milano.
- Pat Cadigan, Sintetizzatori umani, Shake Edizioni Underground, Milano,
1998.
- Pat Cadigan, Folli, Shake Edizioni Underground, Milano, 2000.

10. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

11. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it,
luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at inwind.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 907 del 22 aprile 2005

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