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La nonviolenza e' in cammino. 901
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 901
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Sat, 16 Apr 2005 00:10:47 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 901 del 16 aprile 2005 Sommario di questo numero: 1. Bruna Peyrot: Donne in guerra e in pace (parte prima) 2. A Rovereto il secondo meeting delle scuole di pace 3. Una breve biografia di Primo Mazzolari 4. Giovanna Providenti: Maria Montessori, l'educazione, la pace, l'ecologia 5. Riletture: Anselm Jappe, Debord 6. Riletture: Oreste Macri', Il cimitero marino di Paul Valery 7. Riletture: Tiziano Terzani, La porta proibita 8. La "Carta" del Movimento Nonviolento 9. Per saperne di piu' 1. RIFLESSIONE. BRUNA PEYROT: DONNE IN GUERRA E IN PACE (PARTE PRIMA) [Ringraziamo di cuore Bruna Peyrot (per contatti: brunapeyrot at terra.com.br) per averci messo a disposizione il seguente capitolo tratto dal suo libro Mujeres. Donne colombiane fra politica e spiritualita', Edizioni Citta' Aperta, Troina (En) 2002, che tratta della scelta nonviolenta di un gruppo di sindacaliste colombiane. Bruna Peyrot, torinese, scrittrice, studiosa di storica sociale, conduce da anni ricerche sulle identita' e le memorie culturali; collaboratrice di periodici e riviste, vincitrice di premi letterari, autrice di vari libri; vive attualmente in Brasile. Si interessa da anni al rapporto politica-spiritualita' che emerge da molti dei suoi libri, prima dedicati alla identita' e alla storia di valdesi italiani, poi all'area latinoamericana nella quale si e' occupata e si occupa della genesi dei processi democratici. Tra le sue opere: La roccia dove Dio chiama. Viaggio nella memoria valdese fra oralita' e scrittura, Forni, 1990; Vite discrete. Corpi e immagini di donne valdesi, Rosenberg & Sellier, 1993; Storia di una curatrice d'anime, Giunti, 1995; Prigioniere della Torre. Dall'assolutismo alla tolleranza nel Settecento francese, Giunti, 1997; Dalla Scrittura alle scritture, Rosenberg & Sellier, 1998; Una donna nomade: Miriam Castiglione, una protestante in Puglia, Edizioni Lavoro, 2000; Mujeres. Donne colombiane fra politica e spiritualita', Citta' Aperta, 2002; La democrazia nel Brasile di Lula. Tarso Genro: da esiliato a ministro, Citta' Aperta, 2004] "Come facciamo una matassa, quando e' ingarbugliata: la prendiamo, e tendiamo il filo sui fusi, da una parte all'altra. Cosi' se ci lasciate fare, toglieremo di mezzo anche la guerra, mandando ambascerie in giro da una parte e dall'altra" (Aristofane, Lisistrata, 411 a. C.) 1. Achille e Cassandra La realizzazione personale degli esseri umani non puo' prescindere dalla societa' in cui agiscono. Nei meandri delle configurazioni di alleanze e scissioni, di lealta' e tradimenti, il soggetto ritaglia la sua identita', nel confronto continuo con la pluralita' che lo circonda. La sua e' una perenne condizione relazionale che si gioca fra la percezione dell'interiorita' e le provocazioni della realta' esterna, fra il pensiero e l'azione, fra l'ombra e la luce, fra la ricerca di verita' e la maschera. Le storie umane si formano intorno e dentro alcune inevitabili polarita': uomo e donna, nascita e morte, violenza e nonviolenza, poverta' e ricchezza. Neppure l'isolamento della piu' alta vallata montagnosa o della sperduta isola oceanica sottraggono da tali dinamiche il mondo che, nel suo destino di convivenza, deve contare sulla totalita' umana per risolvere i problemi dei singoli paesi. "Convivere vuol dire sentire e sapere che la nostra vita, seppure nella traiettoria personale, e' aperta a quella degli altri, non importa che siano nostri vicini o meno; vuol dire saper vivere in una dimensione in cui ogni evento ha la sua ripercussione, che per essere comprensibile non e' per questo meno certa; vuol dire sapere che anche la vita e' in tutti i suoi strati un sistema" (1). Se l'interdipendenza planetaria e' ormai riconosciuta, dobbiamo allora prendere coscienza che sulla terra la condizione dominante e' la guerra. E' sufficiente leggere lo State of the war, per sincerarsene. Il ventesimo secolo lascia dietro di se' una lunga scia di distruzioni belliche e una pesante eredita' di conflitti irrisolti. Le due guerre mondiali hanno colpito a morte piu' della meta' della popolazione civile. I paesi industrializzati hanno alimentato continuamente la corsa agli armamenti, e quelli in via di sviluppo ne sono stati sovente i destinatari per piu' di mille miliardi nell'ultimo quinquennio. Se nel mondo circola mezzo miliardo di armi da guerra leggere (2), in Colombia circolano piu' di sei milioni di armi, senza la presenza di alcuna industria che le fabbrichi. Se si aggiungono le testate nucleari e gli armamenti ordinari degli eserciti nazionali, vediamo come la terra sia un enorme mercato bellico che si alimenta soprattutto dei conflitti interni agli stati, dove si combattono guerriglie, paramilitari, milizie etniche, squadroni di vigilanti, bande di criminali comuni e soldati regolari. I conflitti odierni, nascono, infatti, piu' che da tensioni fra stati o superpotenze, da "una molteplicita' di pressioni e instabilita' che lacerano il tessuto sociale" (3), un coacervo esplosivo che produce immensi disagi causati da disparita' economiche, disoccupazione, emigrazioni forzate e degrado ambientale. Come invertire questo nefasto cammino? Con quali strumenti? Molte Ong e diversi organismi sovranazionali come l'Onu propongono la creazione di reti per la prevenzione dei conflitti, rafforzate da leggi in difesa dei diritti umani e strumenti di peacekeeping. Si e' cercato anche di "umanizzare la guerra" sollecitando gli stati a firmare trattati e accordi per migliorare le condizioni di prigionieri, civili e vittime della guerra. Le convenzioni oggi in vigore sono una quarantina, ma non si sa se davvero diminuiscano la crudelta' delle guerre, sempre piu' legate alla poverta' e alla diseguaglianza sociale. Come spiegare, infatti, al sud del mondo mediterraneo che i diritti di una sponda non valgono per l'altra? Come spiegare al sud del mondo oltre Atlantico che il costo della sua forza lavoro vale di meno di quella europea? I poveri non sono sciocchi, sono soltanto poveri. E se cio' e' accaduto, ci sara' un motivo. La guerra, tuttavia, non ha solo un aspetto economico. Forgia menti e comportamenti, imprime modi di ragionare, e' diventata la principale rappresentazione simbolica della storia umana. La sua forte evocazione storica, attraverso eroi ed episodi di conquista, assedi e invasioni, tramandata da cronache e miti, si e' impressa nell'immaginario umano. Dall'Iliade all'Odissea, da L'arte della guerra di Sun Tzu ai manuali di guerriglia del generale Giap e di Che Guevara la contestazione violenta dell'ordine esistente e' stata legittimata come strumento principale di risoluzione dei conflitti. * Le donne si trovarono coinvolte nello stesso clima e nella medesima azione di guerra dei loro uomini, fin dai tempi antichi e in ogni civilta'. Elias Canetti riporta alcuni esempi interessanti di compartecipazione femminile alla guerra (4). Mentre gli uomini sono in spedizione, le donne dei Kafir dell'Hindukush asiatico, eseguono una danza per infondere loro forza e coraggio e renderli astuti e vigili nel non essere sorpresi dal nemico. Le donne degli Jivaros del Sudamerica, ornate di sonagli, si radunano invece ogni notte in una casa a danzare e cantare scongiuri. Le donne, infine, del Madagascar, si scatenano, a capelli sciolti, in un'antichissima danza propiziatoria. In tutti e tre i casi si mantiene un collegamento con i compagni "altrove", un'empatia solidale e magica che rende la parte femminile altrettanto protagonista dell'evento bellico. Quando si evocano le donne guerriere citare le Amazzoni, con tutta l'aura mitica che le circonda, e' d'obbligo. Sotto questo termine generico si definiscono gruppi di donne che si autogovernano, si uniscono con stranieri e allevano solo figlie femmine e, sempre secondo la leggenda, si amputano un seno per meglio maneggiare l'arco e la spada. Nella mitologia greca rappresentano le donne che uccidono l'uomo, sostituendolo al posto di completarlo, poiche' lo considerano una forza che annulla la loro specificita' di madri. * Tuttavia, e' sulla inesistente storia della pace che e' interessante soffermarci. Sul suo contrario gia' ampia bibliografia e' stata scritta. Invece, il pacifismo civile, anche quando e' accaduto, si e' sciolto nella vita quotidiana, vinto dalla storia delle istituzioni militari e dalle gesta eroiche. E se pure le donne hanno cercato di combattere per le loro societa' matriarcali, resta l'inequivocabile prova che hanno perso. Secondo alcune studiose, cio' non fu un male. Giancarla Codrignani sostiene in proposito che gli uomini, senza saperlo, privando le donne della liberta' e obbligandole alla repressione dell'aggressivita', alla passivita' e alla pazienza, hanno fatto di loro quella razza di "persone elevate, dotate di indipendenza di pensiero, inaccessibili alle intimidazioni, e cultrici della verita'" (5). Personalmente, preferisco pensare al femminile come dimensione che appartiene a tutti, uomini e donne, anche se nella storia e' stata incarnata da un genere preciso. Anche le donne devono liberarsi da una cultura di guerra che le ha imbrigliate, l'oppressione subita non puo' essere una giustificazione per pensarsi nella propria immacolata separatezza, anche se e' indubbio che la guerra e' un mestiere privilegiato per gli uomini. * Lo scontro fra lo sguardo femminile sulla guerra e la pratica maschile e' tutto racchiuso nella vicenda di Cassandra, la figlia di Priamo, re di Troia. Nell'attesa del suo destino, prigioniera di Agamennone, il vincitore che l'ha condotta a Micene e che poi morira' per mano della moglie Clitennestra, la veggente ripensa al lungo decennio dell'assedio greco alla sua citta', al senso di quella storia, all'amato Enea. "La guerra modella gli uomini di cui si appropria" (6), afferma mentre va a ritroso lungo il filo della sua vita. "La guerra avanzo' e mise a nudo le viscere di ciascuno" (7), per culminare nella morte del fratello Troilo, strozzato dalle mani di Achille "la bestia", di cui Cassandra vide sul viso il piacere insaziabile di distruggere il nemico. La "nuda terrificante voglia maschile" (8) dell'eroe greco si ritrova intatta negli stupri di guerra, quell'atto finale della conquista perfezionata simbolicamente e materialmente sul corpo delle donne del nemico. La storia dell'umanita' cammino' sulla scia del trionfo di Achille. Lisistrata e Antigone, invece, sono state espulse dai tracciati mnemonici delle convivenze possibili. Eppure varrebbe la pena riscoprire le loro strategie, assumerle con emblematica esemplarita' per spiegare cosa avrebbe significato accogliere lo spirito di pace delle donne. L'ateniese Lisistrata decise, nel lontano 400 a. C., di trovare un modo per far cessare la guerra fratricida che insanguinava da anni l'Ellade, riportando gli uomini alla ragione. Per farli negoziare, propose di vietare loro l'ingresso al talamo nuziale, finche' non fossero arrivati a un accordo. Asserragliata con un gruppo di amiche e complici sull'Acropoli, Lisistrata dovette combattere due fronti: quello maschile e in parte quello femminile. Nonostante il giuramento scambiato, diverse donne, infatti, vacillavano, indecise fra l'amore per il marito e la giusta causa. Ma i fatti diedero ragione a Lisistrata e la pace avvenne. Il centro del ragionamento di Lisistrata considera la guerra un fatto contro natura, che riconduce l'uomo e la donna alla bestialita' primitiva. A questa distorsione oppone una metafora tratta dall'arte femminile del tessere, un mestiere che ben si presta a essere agito su altri piani da quello pratico del confezionare stoffe pregiate, come il tessere relazioni fra persone. Dice la capopopolo: "se ci lasciate, toglieremo di mezzo anche la guerra, mandando ambascerie in giro da una parte all'altra... Poi, in un paniere... la concordia generale, mescolando un po' tutti: i meteci, gli stranieri che vi sono amici, chi deve danaro all'erario, e mescolarli tutti insieme. Quanto poi alle citta', che sono colonie di questa terra, dovete rendervi conto che esse, per noi, sono come pennecchi che stanno a terra, ciascuno per se'. E bisogna prenderli tutti e raccoglierli qui e riunirli insieme e farne un grosso gomitolo: e da questo, tesserci una tunica per il popolo" (9). Chi e' piu' interculturale ed ecologica di Lisistrata? Le fa eco Antigone, descritta da Sofocle nel 442 a. C., quando da' sepoltura al fratello ribelle, ucciso dall'altro fratello, vincitore e leale allo stato. Antigone motiva il suo gesto in base a una legge non scritta, quella della nascita che li accomuna. Queste possibilita' di conciliazione dei conflitti, vera e propria eresia femminile, non sono state tramandate dalla tradizione storica. Soltanto il dramma ne ha restituito la plausibilita'. Alla storia dovevano apparire strade impossibili da percorrere, desideri - e paure - irrealizzabili, perche' in caso contrario avrebbero mostrato la forza femminile. Meglio affidarli allora alla rappresentazione scenica del dramma che legittima un destino possibile, schiacciato nell'inconscio collettivo. * Risvegliare Antigone e Lisistrata significherebbe scrivere la storia della ricerca di pace nell'umanita'. Scoprire quali esperienze hanno unito i popoli piuttosto che separarli, dove essi si sono mescolati e hanno costruito nuove storie di convivenza rispettosa. Significherebbe accettare la forza femminile come una delle parti umane con la quale confrontarsi e far passare la conoscenza attraverso l'ascolto delle argomentazioni dell'altro, piuttosto che con la sua eliminazione. Per chi ancora oggi e' dentro la guerra, questo recupero di memoria della pace significa un ulteriore percorso: l'analisi della violenza e dei sentimenti che essa genera. Soltanto lasciandoli venire a galla in tutta la loro dirompenza, infatti, e' possibile piegarli a un progetto di pace. Perche' non e' facile disciplinare le proprie aggressivita' se non si impara a riconoscerle. Cio' comporta, ancora una volta, la doppia azione, sia sul piano collettivo, nell'intraprendere un lungo percorso di analisi storica, sia sul piano individuale, nello scendere nell'ombra dell'uomo e della donna, per riportarla alla coscienza e impararne la convivenza. La pace, prima di diventare strategia collettiva, passa per l'educazione di se stessi. Le donne colombiane, dopo molte vicissitudini, hanno scelto questa strada, convinte che la violenza sia una dimensione piu' generale, non il "semplice" stato di guerra di una nazione. Che esista una guerra che dura incessante nella quotidianita', non eroica, occulta e quasi involontaria e che continua a essere la piu' carica di vittime e di morte. Si tratta dell'emarginazione della donna, vittima della "doppia morale" che fa credere alla violenza separata dalla nonviolenza, quando invece anche in pace le donne sono oggetto di sopruso (10). Tale consapevolezza e' l'esito di un duro addestramento, avvenuto dentro una militanza politica che non ha escluso la violenza e la partecipazione a movimenti guerriglieri, soprattutto le Farc. Lo sbocciare alla nonviolenza, dunque, assume per le sindacaliste colombiane un valore ancora maggiore, perche' scaturito da profonde inquietudini e difficili rivolgimenti, che le hanno coinvolte profondamente alla radice del loro essere. * Note 1. M. Zambrano, Persona e democrazia, Milano, Mondadori, 2000, p. 14. 2. M. Renner, State of the war, Milano, Edizione Ambiente, 1999, p. 12. 3. Ivi, p. 40. 4. E. Canetti, Massa e potere, Milano, Bompiani, 1988, p. 78. 5. N. Fusini, Introduzione in G. Codrignani, Ecuba e le altre. La donna, il genere, la guerra, Fiesole (Fi), Edizioni Cultura della Pace, 1994. 6. C. Wolf, Cassandra, Roma, Edizioni e/o, 1984, p. 29. 7. Ivi, p. 36. 8. Ivi, p. 90. 9. Aristofane, Le Commedie, Torino, Einaudi, 1972, p. 430. 10. G. Codrignani, Ecuba e le altre. La donna, il genere, la guerra, cit., p. 7. (Parte prima - Segue) 2. INCONTRI. A ROVERETO IL SECONDO MEETING DELLE SCUOLE DI PACE [Dalla Tavola della Pace (per contatti: segreteria at perlapace.it) riceviamo e diffondiamo] Si svolgera' il 29 e 30 aprile 2005 a Rovereto (Tn) presso la Sala Piave, Centro Tecnofin, via F. Zeni 8, il secondo meeting nazionale delle scuole di pace, intitolato "La scelta della pace". Il meeting, che vedra' la partecipazione di dirigenti scolastici, insegnanti, studenti, amministratori locali e associazioni, ci consentira' di: - mettere a confronto le diverse esperienze e progetti realizzati; - definire alcune linee guida per la preparazione dei Piani dell'offerta formativa per l'anno scolastico 2005-2006; - avviare la costruzione di una rete di scuole ed enti locali impegnati nella promozione dell'educazione alla pace. Il meeting e' promosso da: Coordinamento nazionale degli enti locali per la pace e i diritti umani, Tavola della pace, Provincia Autonoma di Trento (assessorato all'istruzione, assessorato alla solidarieta' internazionale, Consiglio), Consiglio della Regione Trentino Alto Adige/Sudtirol, Forum trentino per la pace, Comune di Rovereto, Fondazione Opera Campana dei Caduti di Rovereto, in collaborazione con il Centro diritti umani dell'Universita' di Padova e la Cattedra Unesco diritti umani, democrazia e pace (Padova). 3. PROFILI. UNA BREVE BIOGRAFIA DI PRIMO MAZZOLARI [Dal sito della Fondazione don Primo Mazzolari (www.fondazionemazzolari.it) riprendiamo la seguente nota biografica. Per una bibliografia essenziale cfr. il n. 898 di questo foglio] Le origini contadine Primo Mazzolari nacque al Boschetto, una frazione di Cremona, il 13 gennaio 1890, figlio di Luigi e di Grazia Bolli. Il padre era un piccolo affittuario, che manteneva la famiglia con il lavoro dei campi. Primo fu il primogenito, poi vennero Colombina, Giuseppe (Peppino), Pierina, Giuseppina. Nel 1900, spinta dalla necessita' di trovare migliori condizioni di lavoro e di vita, la famiglia Mazzolari si trasferi' a Verolanuova, in provincia e diocesi di Brescia. Due anni dopo, terminate le scuole elementari, Primo decise di entrare in seminario. Fu scelto, per la vicinanza dei parenti, il seminario di Cremona, citta' dove era allora vescovo mons. Geremia Bonomelli, uomo celebre per le sue idee cattolico-liberali, di conciliazione con il giovane Stato italiano. * La vita in seminario Primo Mazzolari rimase nell'istituto cremonese fino al 1912, anno nel quale fu ordinato prete. Per l'occasione egli torno' in famiglia, a Verolanuova e ricevette l'ordine sacro dal vescovo di Brescia, mons. Gaggia, nella chiesa parrocchiale. Il decennio trascorso a Cremona fu molto duro per il giovane seminarista. Non si puo' dimenticare che quelli erano i tempi della dura repressione antimodernista avviata da Pio X, che comporto' nei seminari l'irrigidimento della disciplina, la cacciata dei professori ritenuti troppo innovativi e la chiusura ad ogni forma di dialogo con la cultura del momento. Anche Mazzolari dovette fare i conti con una seria crisi vocazionale, che riusci' a superare grazie all'illuminato aiuto del padre barnabita Pietro Gazzola, in precedenza allontanato da Milano proprio perche' sospettato di indulgenze verso il modernismo. Lo stesso padre Gazzola profetizzo' al giovane che la sua vita adulta sarebbe stata "una croce". * I primi incarichi pastorali Divenuto prete, don Primo fu inviato come vicario cooperatore a Spinadesco (Cremona). Qui rimase circa un anno, venendo poi trasferito nella parrocchia natale, S. Maria del Boschetto. Poco dopo, pero', nell'autunno del 1913 fu nominato professore di lettere nel ginnasio del seminario. Svolse tale funzione per un biennio, durante il quale utilizzo' le vacanze estive per recarsi in Svizzera, ad Arbon, come missionario dell'Opera Bonomelli tra i lavoratori italiani la' emigrati. * La prova della guerra Era intanto scoppiata la Prima Guerra Mondiale e, nella primavera del 1915, si pose con forza il problema dell'atteggiamento italiano. Don Mazzolari si schiero' in quel frangente tra gli interventisti democratici, cosi' come altri giovani cattolici, tra i quali Eligio Cacciaguerra, animatore della Lega Democratica Cristiana e del giornale "L'Azione" di Cesena, a cui Mazzolari collaboro' con diversi articoli. Si intendeva sostenere l'intervento militare italiano nella guerra al fine di eliminare per sempre le forme di militarismo simboleggiate dalla Germania e per contribuire ad instaurare un nuovo regime democratico e di collaborazione internazionale in tutta l'Europa. La guerra comporto' pero' subito un atroce dolore per il giovane prete. Nel novembre 1915, infatti, mori' sul Sabotino l'amatissimo fratello Peppino, il cui ricordo rimase sempre vivissimo in don Primo. Questi aveva comunque gia' deciso di offrirsi volontario: fu cosi' inserito nella Sanita' militare e impiegato negli ospedali di Genova e poi di Cremona. Il timore di sentirsi "imboscato" spinse pero' don Mazzolari a chiedere il trasferimento al fronte. Cosi' nel 1918 fu destinato come cappellano militare a seguire le truppe italiane inviate sul fronte francese. Rimase nove mesi in Francia. Rientrato nel 1919 in Italia ebbe altri incarichi con il Regio Esercito, compreso quello di recuperare le salme dei caduti nella zona di Tolmino. Nel 1920 segui' un periodo di sei mesi trascorso in Alta Slesia insieme alle truppe italiane inviate per mantenere l'ordine in una zona che era stata forzatamente ceduta dalla Germania alla neonata Polonia. Tutte le testimonianze concordano nel raccontare dell'impegno e della passione umana con cui don Primo segui' in questi vari frangenti i suoi soldati. * Il periodo di Cicognara Smobilitato nell'agosto 1920, don Mazzolari chiese al suo vescovo (mons. Giovanni Cazzani) di non tornare all'insegnamento in seminario, ma di essere destinato al lavoro pastorale tra la gente. Dall'ottobre 1920 al dicembre 1921 fu delegato vescovile nella parrocchia della Ss. Trinita' di Bozzolo, un paese in provincia di Mantova, ma dipendente dalla diocesi di Cremona. Da qui fu trasferito come parroco nel vicino paese di Cicognara, a due passi dal fiume Po, dove rimase per un decennio, fino al luglio 1932. A Cicognara don Primo si fece le ossa come parroco, sperimentando iniziative, riflettendo, annotando idee e, soprattutto, cercando forme nuove per accostare tutti coloro che si erano ormai allontanati dalla Chiesa. Il paese, infatti, aveva una forte connotazione socialista. Don Mazzolari cerco' in vario modo di valutare positivamente le tradizioni popolari contadine, come la festa del grano e dell'uva, ma non trascuro' di commemorare i caduti in guerra e le ricorrenze patriottiche. Durante l'inverno faceva la scuola serale per i contadini e istitui' la biblioteca parrocchiale. L'avvento del fascismo lo vide fin dall'inizio diffidente e preoccupato, senza celare la propria intima opposizione. Gia' nel 1922 egli scrisse, a proposito delle simpatie di certi cattolici verso il nascente regime, che "il paganesimo ritorna e ci fa la carezza e pochi ne sentono vergogna". Nel novembre 1925 rifiuto' di cantare solennemente il Te Deum dopo che era stato sventato un complotto per attentare alla vita di Mussolini. Egli preferiva infatti mantenersi su un piano esclusivamente religioso, tanto che perfino nel 1929 si differenzio' dall'atteggiamento entusiastico di tanti vescovi e preti, non andando neppure a votare al plebiscito indetto da Mussolini dopo la firma dei Patti Lateranensi. Rifiutava intanto l'esaltazione acritica della guerra e del militarismo e respingeva ogni spirito settario e partigiano. Cosi', pur evitando di prendere posizioni di aperta rottura, don Primo fu presto considerato un nemico agli occhi dei fascisti e anzi un vero e proprio ostacolo alla "fascistizzazione" di Cicognara, e la notte del primo agosto 1931 lo chiamarono alla finestra e spararono tre colpi di rivoltella che fortunatamente non lo colpirono. * La "promozione" a Bozzolo Nel 1932 don Primo fu trasferito a Bozzolo in concomitanza con la fusione delle due parrocchie esistenti. Nell'occasione egli scrisse un piccolo opuscolo, Il mio parroco, per salutare i suoi parrocchiani, vecchi e nuovi. A Bozzolo don Mazzolari inizio' poi a scrivere in modo regolare, cosi' che gli anni Trenta furono per lui molto ricchi di opere. Nei suoi libri, egli tendeva a superare l'idea della Chiesa come "societa' perfetta" e si confrontava onestamente con le debolezze, le inadempienze e i limiti insiti nella stessa Chiesa. A suo parere cio' era necessario per poter finalmente presentare il messaggio evangelico anche ai "lontani", a coloro cioe' che rifiutavano la fede, magari proprio a causa dei peccati dei cristiani e della Chiesa. Negli scritti di don Mazzolari era inoltre presente l'idea che la societa' italiana fosse da rifondare completamente sul piano morale e culturale, dando maggiore spazio alla giustizia, alla solidarieta' con i poveri, alla fratellanza. Idee simili lo costrinsero inevitabilmente a fare i conti con la censura ecclesiastica e con quella fascista. Nel 1934 don Mazzolari pubblico' La piu' bella avventura, basata sulla parabola del figliuol prodigo, ma questo testo fu condannato l'anno dopo dal Sant'Uffizio vaticano, che giudico' "erroneo" il libro e ne impose il ritiro dal commercio. Ubbidiente, don Primo si sottomise. Il Sant'Uffizio non spiego' al povero parroco quali fossero le pagine del libro giudicate erronee: si mosse forse solo su denuncia di qualche cremonese, scandalizzato dal fatto che ambienti protestanti avessero elogiato lo scritto mazzolariano. Don Primo tuttavia non si scoraggio'. Nel 1938 apparvero cosi' altri suoi testi, come Il samaritano, I lontani, Tra l'argine e il bosco. Quest'ultimo era una raccolta di articoli e scritti vari, da cui emergeva la concezione della parrocchia che don Mazzolari aveva, ma anche la sua capacita' di guardare la natura e la realta' della vita di campagna. Nel 1939 fu invece pubblicata La via crucis del povero. Le opere successive finirono pero' ancora sotto la scure della censura. Le autorita' fasciste censurarono infatti nel 1941 Tempo di credere, ritenuto un libro non conforme allo "spirito del tempo", quello cioe' di un'Italia in guerra. Gli amici di don Primo riuscirono a far circolare clandestinamente il testo. Nel 1943 torno' invece a farsi sentire il Sant'Uffizio che biasimo' l'opera Impegno con Cristo, almeno per la forma utilizzata dall'autore. * Guerra e Resistenza Nel 1943 alla caduta del fascismo (25 luglio) e all'annuncio dell'armistizio (8 settembre) si apri' la fase piu' drammatica della storia italiana contemporanea, con la spaccatura del Paese in piu' parti, l'occupazione tedesca, la nascita della Resistenza e subito dopo della Repubblica Sociale Italiana. Don Primo si impegno' a creare contatti con vari ambienti e personalita' cattoliche in vista del domani. Strinse inoltre sempre piu' rapporti con la Resistenza, cosi' che il suo nome - gia' inviso da anni ai fascisti - circolo' sempre piu' nelle liste di coloro che erano giudicati nemici del regime di Salo'. Nel febbraio 1944 don Mazzolari fu chiamato una prima volta in questura a Cremona per accertamenti; segui' in luglio un vero e proprio arresto da parte del Comando tedesco di Mantova. Liberato e richiesto di restare a disposizione, preferi' passare alla clandestinita' a Gambara in provincia di Brescia. Lascio' cosi' per qualche tempo Bozzolo, ritornandovi poi di nascosto. Dovette infatti vivere per alcuni mesi completamente segregato, all'insaputa di tutti, al piano superiore della sua stessa casa e solo dopo la Liberazione pote' uscire allo scoperto. Testimonianza di quel tempo sono i libri Diario di una primavera e Rivoluzione Cristiana, pubblicati dopo la sua morte. * Il dopoguerra L'impegno per l'evangelizzazione, la pacificazione, la costruzione di una nuova societa' piu' giusta e libera costituirono i cardini dell'impegno di don Mazzolari dal 1945 in poi. Figlio in questo della Chiesa del suo tempo, egli era convinto che solo il cristianesimo potesse costituire un rimedio ai mali del mondo e si fece portatore cosi' dell'idea di una vera e propria "rivoluzione cristiana". I cristiani dovevano essere autentica guida della societa', a patto di rinnovarsi completamente nella mentalita' e nei comportamenti. Don Primo non perse naturalmente di vista il compito principale della Chiesa, quello dell'annuncio evangelico. Con Il compagno Cristo. Vangelo del reduce (1945) cerco' quindi di rivolgersi anzitutto a coloro che tornavano dal fronte o dalla prigionia, per additare loro la via tracciata da Gesu' Cristo. Scrisse in quegli anni molti articoli, collaborando tra l'altro ai giornali "Democrazia" e "L'Italia". Continuo' a interessarsi dei "lontani", particolarmente dei comunisti. La sua critica del comunismo fu sempre molto dura, come dimostro' il dibattito pubblico con un altro celebre cremonese, Guido Miglioli, ex organizzatore sindacale cattolico ed ex deputato del Partito Popolare, che era approdato alla collaborazione stretta con il Partito Comunista. In ogni caso, come ebbe a dire nel 1949 (l'anno della scomunica vaticana verso i comunisti), lo slogan di don Mazzolari era: "Combatto il comunismo, amo i comunisti". Dopo le decisive elezioni del 1948, nelle quali appoggio' la DC, don Primo inizio' subito ad ammonire i parlamentari, invitandoli alla coerenza e all'impegno. Un suo articolo portava per esempio un titolo chiarissimo: Deputati e senatori vi hanno fatto i poveri. * La stagione di "Adesso" Tante speranze di cambiamento andarono presto deluse. Don Mazzolari si rese conto di dover creare un movimento di opinione piu' vasto e si dedico' allora anima e corpo al progetto di un giornale di battaglia. Il 15 gennaio 1949 usci' il primo numero del quindicinale "Adesso", nel pieno di una stagione in cui si moltiplicavano gli appelli cattolici verso la DC (l'anno dopo, nel 1950, Giorgio La Pira pubblico' L'attesa della povera gente). Nelle sue pagine il giornale volle toccare tutti i temi cari al suo fondatore: l'appello a un rinnovamento della Chiesa, la difesa dei poveri e la denuncia delle ingiustizie sociali, il dialogo con i "lontani", il problema del comunismo, la promozione della pace in un'epoca di guerra fredda. Al giornale collaborarono in molti: da don Lorenzo Bedeschi a padre Aldo Bergamaschi, al sindaco socialista di Milano Antonio Greppi, a tanti preti e laici piu' o meno noti, come Franco Bernstein, padre Umberto Vivarelli, padre Nazareno Fabbretti, Giulio Vaggi e piu' tardi Mario V. Rossi. Intanto don Primo stringeva rapporti sempre piu' stretti con le voci piu' libere e critiche del cattolicesimo italiano di quel tempo, dominato dal conformismo e dalla rigidezza nei confronti del mondo contemporaneo: fu cosi' amico del fondatore di Nomadelfia don Zeno Saltini, del poeta padre David Maria Turoldo, del sindaco fiorentino Giorgio La Pira, dello scrittore Luigi Santucci e di molti altri. Il carattere innovativo e coraggioso di "Adesso" provoco' ancora l'intervento vaticano, cosi' che nel febbraio del 1951 il giornale dovette cessare le pubblicazioni. In luglio arrivarono altre misure personali contro don Mazzolari (proibizione di predicare fuori diocesi senza il consenso dei vescovi interessati; divieto di pubblicare articoli senza preventiva revisione ecclesiastica). Si pote' ripartire nel novembre dello stesso 1951, ma con la direzione di un laico, Giulio Vaggi. Don Primo collaboro' ancora, utilizzando spesso pseudonimi come quello di Stefano Bolli. Proprio alcuni interventi di "don Bolli" sul tema della pace provocarono nuove indagini disciplinari. Nel 1950, infatti, si sviluppo' un ampio dibattito sulla proposta del movimento dei Partigiani della Pace (a prevalenza comunista) di mettere al bando la bomba atomica e don Mazzolari (che pure aveva accettato l'adesione dell'Italia al Patto Atlantico) si dichiaro' disponibile al dialogo. Insomma, il giornale continuo' a vivere pericolosamente. Ancora nel 1954 don Primo ricevette da Roma l'ordine di predicare solo nella propria parrocchia e il divieto di scrivere articoli su "materie sociali". * Gli ultimi anni Usando sempre il suo caratteristico linguaggio, che puntava direttamente a suscitare l'emozione nel cuore, senza voler indugiare nell'analisi scientifica o sociologica, don Mazzolari pubblico' negli anni Cinquanta altre opere significative. Nel 1952 usci' cosi' La pieve sull'argine, un ampio racconto fortemente autobiografico, che ripercorreva le vicende e le vicissitudini di un prete di campagna (don Stefano) negli anni del fascismo. Nel 1955 apparve anonimo Tu non uccidere, che affrontava la questione della guerra. Qui Mazzolari riprendeva un suo scritto inedito del 1941, la Risposta a un aviatore, in cui si era gia' posto il problema della liceita' della guerra. In questo modo il parroco di Bozzolo approdava all'accettazione dell'obiezione di coscienza e pronunciava un durissimo atto di accusa contro tutte le guerre ("La guerra non e' soltanto una calamita', e' un peccato", "Cristianamente e logicamente la guerra non si regge"). Libri a parte, don Primo spendeva le sue ultime energie per affrontare temi nuovi e conoscere problemi sociali anche lontani: nel 1951 visito' il delta del Po, nel 1952 fece un viaggio in Sicilia, riportandone forti impressioni, e nel 1953 si reco' in Sardegna. Nella Chiesa italiana il nome di Mazzolari continuava intanto a dividere: alle prese di posizione ufficiali, che in pratica lo proscrivevano e lo volevano rinchiudere nella sua Bozzolo, si contrapponevano i tanti amici, ammiratori, discepoli di ogni tipo che si riconoscevano nelle sue battaglie e diffondevano le sue idee in tutta Italia. Lui rimaneva coerente al suo proposito di "ubbidire in piedi", sottomettendosi sempre ai suoi superiori, ma tutelando la propria dignita' e la coerenza del proprio sentire. Proprio alla fine della sua vita comincio' a venire qualche gesto significativo di distensione nei suoi confronti. Nel novembre del 1957 l'arcivescovo di Milano mons. Montini (il futuro papa Paolo VI) lo chiamo' a predicare alla Missione di Milano, una celebre iniziativa straordinaria di predicazioni e interventi pastorali. Nel febbraio 1959, infine, il nuovo papa, Giovanni XXIII, lo ricevette in udienza in Vaticano, lasciando in don Primo un'intensa emozione. Ormai pero' la salute del parroco di Bozzolo era minata e logorata. Don Primo Mazzolari mori' infatti poco tempo dopo, il 12 aprile 1959. Anni piu' tardi, Paolo VI dira' di lui: "Lui aveva il passo troppo lungo e noi si stentava a tenergli dietro. Cosi' ha sofferto lui e abbiamo sofferto anche noi. Questo e' il destino dei profeti". 4. PROFILI. GIOVANNA PROVIDENTI: MARIA MONTESSORI, L'EDUCAZIONE, LA PACE, L'ECOLOGIA [Ringraziamo Giovanna Providenti (per contatti: providen at uniroma3.it) per averci messo a disposizione questo articolo pubblicato nel numero di novembre 2004 di "Noi donne"; ringraziamo altresi' per la disponibilita' a consentirne la ripubblicazione la direttrice della rivista Tiziana Bartolini, e cogliamo l'occasione per segnalare l'indirizzo della storica testata: e-mail: noi.donne at libero.it; sito: www.noidonne.org Giovanna Providenti e' assegnista di ricerca presso l'Universita' Roma Tre, si occupa di nonviolenza, studi sulla pace e di genere, con particolare attenzione alla prospettiva pedagogica. Ha due figli. Partecipa al Circolo Bateson di Roma. Scrive per la rivista "Noi donne". Ha curato il volume Spostando mattoni a mani nude. Per pensare le differenze, Franco Angeli, Milano 2003, e pubblicato numerosi saggi su rivista e in volume, tra cui: Cristianesimo sociale, democrazia e nonviolenza in Jane Addams, in "Rassegna di Teologia", n. 45, dicembre 2004; Imparare ad amare la madre leggendo romanzi. Riflessioni sul femminile nella formazione, in M. Durst (a cura di), Identita' femminili in formazione. Generazioni e genealogie delle memorie, Franco Angeli, Milano 2005; L'educazione come progetto di pace. Maria Montessori e Jane Addams, in Attualita' di Maria Montessori, Franco Angeli, Milano 2004. Scrive anche racconti e ha in cantiere un libro dal titolo Donne per, sulle figure di Jane Addams, Mirra Alfassa e Maria Montessori. Maria Montessori, nata nel 1870 e deceduta nel 1952, medico, illustre pedagogista, antifascista, abbandono' l'Italia nel 1936. Opere di Maria Montessori: segnaliamo Il metodo della pedagogia scientifica (poi col titolo: La scoperta del bambino), 1909; L'autoeducazione nelle scuole elementari, 1916; il Manuale di pedagogia scientifica, 1930; Il segreto dell'infanzia, 1950; La mente del bambino, 1952. Un'utile antologia (autorizzata dalla Montessori, e curata da M. L. Leccese) e' Educazione alla liberta', Laterza, Bari 1950; cfr. anche Educazione e pace, Garzanti, Milano 1970. Un'ampia bibliografia di e su Maria Montessori e' nel n. 899 di questo foglio] Nel 1948 Maria Montessori introducendo la pubblicazione inglese de Il metodo della pedagogia scientifica, uscito per la prima volta nel 1909 e che ora veniva intitolato, The discovery of the Child, La scoperta del bambino, cosi' scrive: "l'umanita' puo' sperare in una soluzione dei suoi problemi, fra cui i piu' urgenti sono quelli di pace e di unita', soltanto volgendo la propria attenzione e le proprie energie alla scoperta del bambino e allo sviluppo della grande potenzialita' della personalita' umana in corso di formazione" (1). I problemi considerati piu' urgenti sono quelli di "unita' e pace": il problema ecologico della unita' e interconnessione dei sistemi viventi strettamente collegato al problema della pace. Pace intesa non solo come cessazione di tutte le guerre, ma come il volgersi verso un mondo, e una umanita', eticamente responsabile del proprio bene, della vita di tutti i sistemi viventi riconosciuti come sacri e interconnessi tra loro. Ecologia e pace come risvolto di uno stesso discorso. Maria Montessori ritiene possibile salvare il mondo attraverso una educazione rivolta allo sviluppo integrale di una personalita' umana socialmente responsabile, edificatrice di una societa' rispettosa della ecologia dei sistemi viventi e della pace tra stati, come tra persone. Nella sua visione scopo dello sviluppo interiore di ogni persona e' il miglioramento dell'umanita', e' il raggiungimento della consapevolezza di non essere atomi isolati, ma parte di un tutto, di cui ognuno e ognuna e' responsabile per la propria parte. La pace e l'ecologia sono il risultato di un processo evolutivo umano, che e' sia interno alla formazione di ogni singolo individuo sia generazionale, e avviene attraverso lo sviluppo della mente del bambino: "Il bambino non solo acquista tutte le facolta' umane, assai piu' varie e numerose di quelle degli altri animali, ma deve anche adattare il proprio essere fisico e psichico, che durante l'infanzia egli stesso va costruendo, alle condizioni climatiche ed ecologiche in cui dovra' vivere, e alle esigenze di una civilta' che si va facendo sempre piu' complessa" (2). * La sfida montessoriana alla attuale societa' complessa si identifica, come scrive Franca Pinto Minerva, con la possibilita' "di disporre di forme di pensiero dinamiche e flessibili, aperte e problematiche, antidogmatiche e critiche [e di una] attrezzatura cognitiva e affettiva necessaria a pensare, a progettare e a gestire la differenza, la pluralita', la problematicita' della societa' contemporanea" (3). Tale attrezzatura cognitiva puo' svilupparsi, a partire dal bambino, solo se il potenziale creativo di ogni persona viene rispettato e lasciato libero di espandersi attraverso un processo formativo coerente con il fine proposto. Per questo il/la bambino/a montessoriano/a si forma in un ambiente adatto alla crescita sana delle sue potenzialita', rispettato/a nei tempi di apprendimento e nella naturale propensione alla curiosita'. Il processo formativo, per Montessori, si svolge, intrinsecamente, attraverso una profonda concentrazione sui meccanismi delle cose e non sulle cose in se'. Un bambino "libero di svolgere la sua interiore personalita'" sara' in grado di costruire da se' la chiave per accedere alla conoscenza delle cose "mediante l'esperienza diretta del mondo circostante. Il compito del maestro sara' dunque di preparare una serie di spunti e incentivi all'attivita' culturale, distribuiti in un ambiente espressamente preparato, per poi astenersi da ogni intervento troppo diretto o invadente... Cosi' facendo assistera' allo sviluppo dell'anima umana e alla comparsa dell'Uomo Nuovo, che non sara' piu' la vittima degli avvenimenti, ma avra' la chiarezza di visione necessaria per dirigere e plasmare il futuro della societa' umana" (4). Il /la maestro/a dunque predispone l'ambiente e assiste allo sviluppo della intelligenza, alla liberazione delle potenzialita' naturali del bambino e all'instaurarsi di una mente libera, in grado di pensare in maniera critica: "Se a un contadino incolto offriamo delle carte monetate buone e false e lo lasciamo 'libero di scegliere', se egli sceglie le false non e' libero e' ingannato; se egli sceglie le buone non e' libero e' fortunato. Libero sara' quando avra' una conoscenza sufficiente non solo per distinguere le buone dalle false, ma per pensare quale e' l'utilita' sociale delle une e delle altre. E' dare questa 'formazione interiore' che rende liberi senza bisogno di ottenere un 'permesso sociale' cioe' una conquista esteriore di liberta'" (5). La persona libera e costruttrice del Mondo Nuovo e' la persona che ha potuto sviluppare pienamente la propria intelligenza, attraverso processi di coscienza della differenza tra le cose, apprendendo a distinguere e associare gli oggetti tra loro: "Il lavoro della mente in questa ricerca deve necessariamente essere attivo... perche' l'intelligenza non ha come suo carattere di 'fotografare' gli oggetti, e 'tenerli uno sull'altro' come le pagine di un album, o giustapposti come le mattonelle di un pavimento. Un tale lavoro di semplice 'deposito' e' una violenza alla natura intellettuale. L'intelligenza con i suoi caratteri di ordinamento e di distinzione sa pure distinguere ed estrarre i caratteri prevalenti degli oggetti, ed e' su questi che essa edifica poi le sue interiori costruzioni" (6). * L'attualita' montessoriana sta in questa visione della mente umana: predisposta a un pensare complesso e in grado di andare oltre la logica delle opposizioni, verso una ecologia delle relazioni tra persone e con l'ambiente circostante. "Il problema ecologico non puo' essere risolto se non attraverso una ecologia delle idee" (7), scrive Marcello Sala in un libro ispirato al pensiero ecologico di Gregory Bateson e rivolto a una "ecologia dell'educazione scientifica". Sala individuando "una epistemologia dei bambini o comunque un modo diverso di pensare, di conoscere dei bambini" auspica che la consapevolezza di questa epistemologia possa contribuire all'urgente bisogno di "una profonda ristrutturazione delle premesse stesse della conoscenza", sulla scia della idea di Bateson che gli "errori nelle nostre abitudini di pensiero" siano causa dei danni ecologici contro natura e umanita', cui e' possibile riparare solo attraverso un "corretto abito mentale". Solo una "pedagogia dell'ascolto" (che richiama l'osservazione del/la maestro/a montessoriano/a) potra' dare lo spazio necessario per sviluppare il potenziale della mente complessa di bambine e bambini. Tale pedagogia dovra' anche essere in grado di farci andare oltre "l'uso di un pensiero e di un linguaggio che appartengono a una cultura storicamente determinata e caratterizzata dal predominio del genere maschile", e indurci verso una ecologia dei rapporti di genere. * Piu' che "modelli semplificati e addomesticati", e risposte preconfezionate a "domande non legittime", una educazione ecologica dovra' prevedere lo spazio per permettere ai bambini di svolgere tutto l'itinerario conoscitivo per giungere ad una determinata risposta, svolgerlo da se'. In tutti i suoi scritti Montessori insiste sulla importanza del "capire da se'": "Colui che capisce da se' ha una impressione improvvisa: sente che la sua coscienza si e' sgomberata, e qualche cosa di luminoso risplende in essa" (8). Compito dell'adulto in questa metodologia di apprendimento e' l'osservazione, l'ascolto: "l'ascolto come modalita' di interazione che dia ai bambini non solo il senso della dignita' del loro ricercare, ma anche della pertinenza 'scientifica' dei loro pensieri" (Sala, p. 220). E' questo lo strumento formativo che, nella idea sia di Montessori che dei recenti studi rivolti alla "ecologia dell'educazione", va nella direzione della formazione di personalita' intere e integrate con la natura e tutti i sistemi viventi. Solo tale integrazione, a partire da ogni singolo individuo, puo' portare ad una societa' rispettosa dell'ambiente e degli altri esseri umani. All'ecologia e alla pace. * Note 1. Maria Montessori, La scoperta del bambino, Garzanti, Milano 1950, p. VIII. 2. Maria Montessori, Educazione per un mondo nuovo (1943), Garzanti, Milano 2000, pp. 52-53. 3. Franca Pinto Minerva, Il bambino nella societa' complessa: prospettive montessoriane, in "Vita dell'infanzia", n. 6, 1995, pp. 9-15. 4. Educazione per un mondo nuovo, p. 14. 5. Autoeducazione, p. 173. 6. Ivi, p. 183. 7. Marcello Sala, Il volo di Perseo, Junior, Bergamo 2004, p. 30. Da ora in poi le citazioni sono da ivi. 8. Maria Montessori, L'autoeducazione, op. cit., p. 187. 5. RILETTURE. ANSELM JAPPE: DEBORD Anselm Jappe, Debord, Tracce, Pescara 1992, pp. 254, lire 20.000. Una bella monografia su Guy Debord, che ne ricostruisce con puntualita' e finezza il percorso esistenziale e il lavoro teorico. 6. RILETTURE. ORESTE MACRI': IL CIMITERO MARINO DI PAUL VALERY Oreste Macri', Il cimitero marino di Paul Valery. Studio, testo critico, versione metrica e commento, Le Lettere, Firenze 1989, pp. 384. Il libro e' la "nuova edizione interamente rifatta" del lavoro edito per Sansoni nel 1947. Un classico che e' anche una summa di molte cose che tutte ci appassionano. 7. RILETTURE. TIZIANO TERZANI: LA PORTA PROIBITA Tiziano Terzani, La porta proibita, Longanesi, Milano 1984, Tea, Milano 2000, 2004, pp. 280, euro 7,80. L'esperienza di un grande reporter in Cina, cercando e documentando la verita' con gli occhi aperti: fino all'arresto e all'espulsione. 8. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 9. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at inwind.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 901 del 16 aprile 2005 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione).
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