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Nonviolenza. Femminile plurale. 7
- Subject: Nonviolenza. Femminile plurale. 7
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Thu, 14 Apr 2005 11:54:14 +0200
============================== NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE ============================== Supplemento settimanale del giovedi' de "La nonviolenza e' in cammino" Numero 7 del 14 aprile 2005 In questo numero: 1. Nelly Sachs: E' l'ora planetaria dei fuggiaschi 2. Giovanna Boursier: La memoria di nonna Milka 3. Maria Luigia Casieri: L'azione di Emilia Ferreiro nel contesto dell'alfabetizzazione come pratica di liberazione in America Latina. Una premessa 4. Giovanna Providenti: Nella scrittura di Sabina Spielrein 1. POESIA E VERITA'. NELLY SACHS: E' L'ORA PLANETARIA DEI FUGGIASCHI [Da AA. VV., L'altro sguardo, Mondadori, Milano 1996, 1999, p. 159 (traduzione di Ida Porena). Nelly Sachs, nata a Berlino nel 1891, scampata alla Shoah rifugiandosi a Stoccolma nel 1940 con l'aiuto di Selma Lagerloef, deceduta a Stoccolma nel 1970, e' stata una delle piu' alte voci poetiche del Novecento; ricevette il premio Nobel per la letteratura nel 1966] E' l'ora planetaria dei fuggiaschi E' la fuga travolgente dei fuggiaschi nella vertigine, la morte! E' la caduta stellare dalla magica prigione del focolare, del pane, della soglia. E' il frutto nero della conoscenza, angoscia! Spento sole d'amore in fumo! E' il fiore della fretta stillante sudore! Sono i cacciatori fatti di nulla, solo di fuga. Sono i cacciati, che portano nelle tombe i loro mortali nascondigli. E' la sabbia, atterrita, con ghirlande di commiato. E' la terra che s'affaccia all'aperto, il suo respiro mozzato nell'umilta' dell'aria. 2. MEMORIA. GIOVANNA BOURSIER: LA MEMORIA DI NONNA MILKA [Dal quotidiano "Il manifesto" del 13 aprile 2005. Giovanna Boursier e' una studiosa che ha dedicato particolare attenzione ed importanti ricerche alla storia e alla cultura dei rom, ed allo sterminio nazista] Milka ha 83 anni, l'espressione fiera e cammina incerta. Fa fatica quando sale sul pulmino, ma la maschera con una domanda: "dove stiamo andando?". E' quello che si chiedono molti qui, all'alba, nel campo nomadi di Foro Boario, quartiere Testaccio di Roma, dove i rom si stanno svegliando. Mentre qualcuno prepara il caffe' altri guardano stupiti il furgone sul quale c'e' scritto "Osservatorio Nomade di Roma", anche se quasi tutti sanno che si tratta di uno strano gruppo di artisti e amici che da qualche anno frequenta questo luogo mettendo in relazione storie e persone diverse che oggi partono insieme. Quelli dell'Osservatorio usano la loro arte per creare spazi di comunicazione e lo fanno soprattutto nei luoghi di confine, sul mare, lungo i fiumi, nei campi sosta, perche', spiegano, "in un mondo occupato quasi esclusivamente dalla solitudine mediatica e' soprattutto la' che le persone si spostano con le loro vite e culture da raccontare e mettere a confronto". Cosa che ormai avviene sempre piu' nella marginalita' in cui si muovono masse di immigrati e nomadi. Anche per questo Milka sale sul pulmino dell'Osservatorio che, intanto, si riempie: ci sono Aldo, un altro rom, Osama, un operatore cinematografico egiziano, Matteo, Silvia e Lorenzo. E qualcuno risponde subito a Milka: "Stiamo andando ad Agnone". Lei sorride, guarda fuori dal finestrino e, con l'aria di chi la sa lunga, dice: "Ma si', lo sapevo. Ci andiamo per raccontare. Perche' io ci sono stata ad Agnone, tanto tempo fa. Ma allora datemi un po' di soldi". Tutti ridono e finalmente si parte. * Internati ad Agnone Agnone e' un paesino arroccato sulle montagne del Molise, a nord fra Isernia e Campobasso, non molto conosciuto. Dovrebbe invece esserlo soprattutto per la storia che si trascina dietro da piu' di mezzo secolo: perche' ad Agnone, durante il fascismo, c'era uno dei tanti campi di internamento italiani. Un campo in cui, almeno da un certo punto in poi, erano imprigionati soltanto "zingari". Mentre la storia ufficiale e' ancora lenta e ritarda a raccontarlo, lo fa Milka scendendo dal furgone, con i suoi 83 anni e la sua fatica, davanti all'ex convento di San Bernardino. Fa freddo, e' stanca perche' nel frattempo ha gia' parlato per due ore a un centinaio di studenti attentissimi, ma si incammina, decisa a ritrovare la memoria di quei luoghi e di quei tempi. E si arrabbia subito perche' il cancello non e' piu' lo stesso: "Non si entrava di qua, forse da la' dietro", dice al sindaco e al professor Francesco Paolo Tanzi, che con le sue ricerche e i suoi studenti ha ricostruito tutta la storia di Agnone in un libro. L'edificio, una specie di cascinale fuori dal paese, a piu' di 800 metri d'altezza, adesso e' un ricovero per anziane povere, prima e dopo la guerra era dei frati (ma il vescovo non ebbe dubbi a cederlo ai fascisti), dal 1940 al 1943 campo di concentramento. E, sicuramente a partire dalla seconda meta' del 1941, c'erano rinchiusi solo rom e sinti di varie nazionalita': donne, uomini e bambini. Dai documenti finora ritrovati si capisce che nel luglio del 1942 erano almeno 250 e che nel gennaio successivo era stata anche allestita una scuola per i bambini rom o, come si legge, per la loro "educazione intellettuale e religiosa" che doveva "toglierli dalle loro abitudini randagie e amorali". "Io la scuola non me la ricordo", dice Milka un po' seccata, "pero' avevo gia' 18 anni quando sono entrata qua dentro. Ero con mio marito e i miei figli. E poi c'era tutta la famiglia, la mamma, mio padre, che e' morto dalla fatica due mesi dopo che siamo usciti, il nonno e gli altri, zii e cugini miei e di mio padre. Due sono morti, li hanno portati all'ospedale di Isernia. Anche il nonno e' morto e il corpo non lo abbiamo piu' visto. Insomma c'erano tutti i parenti stretti e poi altri rom. Eravamo piu' di cento. Noi Goman stavamo al piano di sotto e i Bogdandi sopra. E quando siamo arrivati molti erano gia' qui, dal Veneto. C'erano le guardie intorno e non potevamo mai uscire. La mattina facevano l'appello, come succedeva in Germania. Ma i nostri erano italiani. Pero' non chiedetemi che anno era, io gli anni non me li ricordo. Ci sara' ben scritto. So che qui sono diventata maggiorenne, ho compiuto 21 anni in questo posto, perche' allora mi hanno dato il sussidio. Prima non me lo davano, mi davano qualcosa per il bambino che avevo al seno, ma morivamo di fame. Mio marito andava in cucina a rubare le bucce delle patate mentre quelli che avevano il sussidio qualche volta uscivano a comprare qualcosa. Con due carabinieri, uno per parte. Compravano anche dai contadini che venivano con le ceste di frutta. Ma noi non avevamo soldi. La mattina ci davano il caffe' che era acqua e poi sempre la minestra con le patate e la bieta. E con i vermi. Tutti i giorni c'erano i vermi, verdi e grossi che mi viene ancora da vomitare. Ma dovevamo mangiare per non morire. Ci davano 100 grammi di pane e la gente cascava per terra. Li ho visti entrare come leoni e diventare scheletri. Un signore si metteva contro il muro per non cadere. Era un omone, e' diventato come un pezzo di legno. Cosi' ci avevano ridotto. Per fortuna non ci hanno fucilato anche se tanti sono morti". Milka sa che i rom non erano solo ad Agnone. C'erano altri campi di internamento in Italia e c'erano altri prigionieri zingari: di sicuro, per quanto se ne sa fino a oggi, erano rinchiusi a Ferramonti in Calabria, in Sardegna, alle isole Tremiti, a Tossicia in Abruzzo, a Boiano e Vinchiaturo, altri due campi del Molise. * "Ci hanno preso in un prato" In base a un ordine fascista del settembre 1940 i rom venivano rastrellati nei loro accampamenti, portati in carcere e nei vari campi: "A noi ci hanno preso in un prato vicino a Pisa - continua Milka - mi sembra fosse estate ma non chiedetemi quando perche' se non ricordo bene io non dico niente. Stavamo in quel prato, molti lavoravano il rame, anche mio marito. Eravamo giovani, con i nostri figli, ma sono arrivati i carabinieri, e ci hanno detto di lasciare tutto perche' ci portavano in un posto migliore. Ma ci hanno portato con il treno fin quaggiu', hanno aperto il portone e ci hanno buttato dentro. C'erano i letti di ferro, materassi vecchi e due coperte a testa. E i pidocchi dappertutto che per me erano la cosa peggiore: li vedevi anche sul pavimento, grossi, e ci toglievamo i pezzi di carne per grattarci. A me e' venuta una malattia che avevo tutti i buchi sulla faccia. D'inverno faceva molto freddo, non c'era il riscaldamento e l'umidita' era terribile. Ti marcivano le ossa. Ancora adesso cammino male e questo me lo sono guadagnato qua dentro". Milka comincia a girare dentro l'edificio, cerca di ricordare e ritrovare la sua stanza. Cammina traballante e con le mani sempre davanti. Non riesce ad entrare, si aggrappa al braccio di chi le e' vicino, guarda restando sulle porte e dice che ormai tutto e' diverso. "Le stanze - ripete - le stanze, le stanze". Va verso un balcone ed esce: "Qui si veniva e guardavamo fuori. Stavo qui e guardavo", sospira. Poi va verso il cortile: "Ecco la fontana, questa e' rimasta uguale. Sono arrivata a vederla. Mi tremano le gambe come una foglia". La fontana e' di ferro battuto, al centro del cortile. Milka si siede per riposare un po'. E piange: "Per mio marito - dice - lui soffriva piu' di me e dopo la guerra non e' mai stato bene. Il signore se l'e' preso 25 anni fa. Ma sai come piangevamo quando siamo usciti di qua? Io ci sono stata tre anni ma eravamo tanti, non solo italiani, anche tedeschi, jugoslavi e spagnoli, che la sera qualche volta suonavano. E' l'unico ricordo bello. Il resto e' tutto buio. Un giorno sono arrivati i tedeschi, hanno spalancato il portone. Per fortuna c'erano i Campos, madre e figlio, che parlavano tedesco. Gli hanno raccontato come stavamo male e loro ci hanno aperto e ci hanno lasciati uscire. Lo so che i tedeschi hanno fatto male al mondo, l'ho visto alla televisione, eppure a noi ci hanno lasciato andare, senza mitragliarci. Siamo fuggiti subito, come fanno i conigli quando scappano dalle gabbie. Davvero - sorride - e' la santa verita' davanti a Dio. Poi abbiamo ricominciato a girare e battere il rame, abbiamo comprato un carrettino, anche un cavallino e siamo arrivati a Roma. Adesso voglio essere pagata per quello che abbiamo sofferto. Ora che ci sono i documenti c'e' scritto, non si puo' piu' dire che non e' vero". Negli archivi della prefettura, infatti, il professor Tanzi ha trovato due elenchi di rom internati e anche altri documenti che raccontano la storia di Agnone. Milka chiede un risarcimento che le sarebbe dovuto. Come a tutti gli ex internati, come per qualcuno e' stato fatto. Non per i rom, vittime negate prima ancora che dimenticate. * Un riconoscimento Un po' piu' tardi, nella sala del consiglio comunale, il sindaco di Agnone, Gelsomino De Vita, area centrodestra, le chiede ufficialmente scusa. Dice: "Io chiedo scusa a Milka, a Tomo Bogdan che era con lei e oggi e' rimasto a Roma perche' sta male, al marito di Milka che non c'e' piu' e a tutti gli altri rom internati qui nella nostra citta'. Ci sono silenzi che pesano sul popolo di Agnone. Lo abbiamo capito tardi, ma oggi la cittadinanza vuole chiedere scusa. Se accetti, Milka, io ti chiedo scusa". E lei: "Ma prego, prego signor sindaco, non mi dica cosi', non faccia cosi'. Io le sono riconoscente. Io pero' vivo in una roulotte che e' grande come questo tavolo, con i buchi e non ho niente. Nemmeno la cittadinanza, solo il permesso di soggiorno. Sono ancora straniera, dopo la prigionia e piu' di 60 anni in questo paese. E non ho mai staccato uno spillo da una siepe, anzi ho tolto il pane dalla mia bocca per darlo agli altri. Qui ad Agnone sono stata male e non si guarisce piu'. Vorrei una sistemazione e forse lei, signor sindaco, puo' aiutarmi". Milka chiede un posto dove vivere, e dice che con lei lo chiedono molti altri rom. Il sindaco risponde che la aiutera' e le consegna un attestato: oltre alle scuse c'e' scritto che e' cittadina d'onore. Lei, uscendo, dice che non sa leggere, ma "mi ha fatto piacere vedere dove ho sofferto". Nessuno ha parlato di fascismo e di responsabilita' politiche, ma almeno, come voleva l'Osservatorio, qualcosa e' stato fatto mettendo insieme persone e luoghi diversi, testimoni e documenti. Un atto di verita' unico e importante per il nostro paese: il riconoscimento di una persecuzione che diventa strumento di conoscenza contro l'indifferenza e i revisionismi. E le scuse di una citta' a una donna rom che, con i suoi 83 anni, ha fatto un po' meno fatica a risalire sul furgone per tornare a Roma. Almeno per una notte. * La persecuzione di rom e sinti in Italia In Italia, tra il 1940 e il 1943 esistevano una cinquantina di campi di internamento dove furono rinchiuse migliaia di persone che poi, spesso, finirono nei lager nazisti. La ricerca sulla persecuzione e sull'internamento di rom e sinti e' ancora molto trascurata in Italia, paese che non vuole riconoscere le proprie complicita' con il nazismo e quindi le proprie responsabilita' nella politica di sterminio. Ma sappiamo che l'11 settembre 1940 venne emanato un "ordine di internamento degli zingari": una circolare del ministero degli interni che ordina rastrellamenti di zingari e loro "concentramento" in tutto il paese "sotto rigorosa sorveglianza in localita' adatte in ciascuna provincia". Rom e sinti vennero imprigionati nelle carceri e in vari campi. I piu' noti, oltre ad Agnone e Ferramonti (uno dei piu' grandi campi di concentramento italiani, esistito dal 1941 al 1943), sono Boiano in Molise e Tossicia in Abruzzo. A Boiano i prigionieri erano alloggiati in un'ex fabbrica di tabacchi, in condizioni cosi' inumane da indurre persino i fascisti locali a cercar di trasferire i prigionieri altrove, tanto che verso la fine del 1941 il campo venne chiuso e tutti i reclusi rom trasferiti ad Agnone. Tossicia, che funziono' dall'ottobre 1940 al settembre 1943, era uno dei campi peggiori. Gli internati vivevano ammassati in tre case e casa Mirti era quella riservata agli zingari, in condizioni intollerabili: gli edifici non avevano finestre, non c'era acqua e le fogne allagavano continuamente la zona. Si sa poco di quel che successe dopo l'8 settembre 1943. In alcuni casi i prigionieri riuscirono a scappare, diversi si unirono ai partigiani e alla resistenza. In altri casi i prigionieri furono invece "passati" ai nazisti. Per questo e' bene riflettere anche sulle responsabilita' italiane nel trasferimento e nella successiva eliminazione di rom e sinti nei campi di sterminio. Da segnalare due testimonianze: una sopravvissuta al campo di Bolzano (centro di raccolta per la deportazione nel Reich) che ricorda "bambini zingari italiani che vivevano con le madri nell'unica baracca femminile". E il sinto Vittorio Mayer che ricorda la sorella Edvige morta a vent'anni nel campo di Bolzano: "Maledetta guerra! Ho sempre nel cuore l'immagine di mia sorella, rinchiusa dietro i reticolati". 3. MATERIALI. MARIA LUIGIA CASIERI: L'AZIONE DI EMILIA FERREIRO NEL CONTESTO DELL'ALFABETIZZAZIONE COME PRATICA DI LIBERAZIONE IN AMERICA LATINA. UNA PREMESSA [Da Maria Luigia Casieri, Il contributo di Emilia Ferreiro alla comprensione dei processi di apprendimento della lingua scritta, Viterbo 2004, vol. I, pp. 545-553. Maria Luigia Casieri (per contatti: nbawac at tin.it), nata a Portici (Na) nel 1961, insegna nella scuola dell'infanzia ed e' una delle principali animatrici del "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo. Ha organizzato a Viterbo insieme ad altri il "Tribunale per i diritti del malato"; assistente sociale, ha svolto un'esperienza in Germania nell'ambito dei servizi di assistenza per gli emigrati italiani; rientrata in Italia si e' impegnata nel settore educativo; per dieci anni ha prestato servizio di volontariato in una casa-famiglia per l'assistenza ai minori; dal 1987 e' insegnante di ruolo nella scuola per l'infanzia; ha preso parte a varie iniziative di pace, di solidarieta', per i diritti; ha tenuto relazioni a convegni e corsi di aggiornamento, e contribuito a varie pubblicazioni. Opere di Maria Luigia Casieri: Il contributo di Emilia Ferreiro alla comprensione dei processi di apprendimento della lingua scritta, 5 voll., Viterbo 2004. Emilia Ferreiro, argentina, docente in Messico, psicolinguista e psicopedagogista illustre, e' una delle piu' grandi studiose viventi del processi di alfabetizzazione; e' di fondamentale importanza il suo contributo sul tema dell'apprendimento della lettura e della scrittura da parte dei bambini. Tra le molte opere di Emilia Ferreiro si veda in primo luogo l'ormai classico volume scritto in collaborazione con Ana Teberosky, La costruzione della lingua scritta nel bambino, Giunti, Firenze 1985. Un suo profilo e' nel n. 790 del 26 dicembre 2004 di questo notiziario] Da Lev Tolstoj a Bertolt Brecht, da Virginia Woolf a Lorenzo Milani, comune e' l'esortazione appassionata ai soggetti oppressi affinche' si impadroniscano del linguaggio e del sapere, in cio' individuando una decisiva modalita' di lotta per l'affermazione della dignita' propria e degli esseri umani tutti, nell'impegno educativo ed autoeducativo cogliendo una fondamentale prassi di solidarieta' e di liberazione. L'impegno educativo, e particolarmente l'azione alfabetizzatrice, costituisce nell'autocoscienza popolare in America Latina un compito politico di primaria importanza. Anche alla luce delle peculiari vicende storiche e culturali del continente, a partire dal trauma dell'invasione e della conquista da parte delle potenze militari europee, e lungo cinque secoli segnati sia da oppressioni e scontri di terribile durezza, sia anche da incontri di grande fecondita', da esperienze straordinariamente creative. Per secoli le popolazioni e le culture latinoamericane sono state vittima di processi di denegazione, di riduzione a mero oggetto dell'altrui sguardo e dominio; allo sfruttamento economico, all'oppressione politica, alla violenza militare, si e' unito il reiterato e virulento tentativo di cancellazione culturale, di assoggettamento ideologico, di colonizzazione fin delle coscienze. Di contro alla violenza del potere coloniale, imperialista, dittatoriale, si sono date grandi esperienze di resistenza e di liberazione, e tradizioni di pensiero ed azione di straordinario valore (1). * A proposito di Paulo Freire Come e' possibile evincere dai brevi cenni che precedono queste righe, la pratica e la riflessione sull'alfabetizzazione, e particolarmente l'alfabetizzazione degli adulti, in America Latina si e' strettamente intrecciata alle teorie e alle pratiche di liberazione, alle lotte popolari contro rapporti di produzione e di proprieta' particolarmente iniqui e regimi politici autoritari e sovente dittatoriali, legati a forme di dominazione particolarmente violente (dalla colonizzazione all'imperialismo). Cosi' come la difesa della pluralita' delle tradizioni linguistiche si e' fin dal periodo della Conquista intrecciata alla difesa delle culture native, di contro alla violenza coloniale e successivamente neocoloniale. Alcune grandi opere letterarie danno conto di questo decisivo motivo dell'identita' latinoamericana (ad esempio alcuni libri di Arguedas (2), Asturias (3), Galeano (4)) ma anche una rilevante saggistica storiografica, antropologica, politica, ed alcune grandi figure di testimoni della lotta per la dignita' umana come ad esempio Rigoberta Menchu' (5). Dell'educazione come pratica di liberazione la figura latinoamericana novecentesca piu' nota e' quella di Paulo Freire (6). Il nome di Paulo Freire e' quasi un simbolo, e con Paulo Freire Emilia Ferreiro condivide scelte di fondo e un impegno incessante a favore dell'alfabetizzazione, come diritto di democrazia, di civilta', di umanita'. Come diritto dunque e pertanto inalienabile, non come opportunita', non come privilegio. Come diritto e quindi come dovere dei governi degli Stati e degli organismi internazionali, dei centri decisionali dell'economia, dovere assunto non in funzione dell'utilita' e delle esigenze del mercato e del lavoro e della produzione, ma dovere derivante dall'esistenza inalienabile del diritto. Credere che sia possibile l'esercizio della democrazia senza che sia stato garantito il diritto ad un alto profilo di alfabetizzazione alla cultura scritta e' illusorio quanto ipocrita. Lo conferma, se fosse necessario, il nostro don Milani quando affermava che non si possono fare parti uguali tra disuguali. La peculiarita' di Emilia Ferreiro rispetto all'opera di Paulo Freire sta nell'aver privilegiato una prospettiva di ricerca che ha dato voce ai bambini e agli analfabeti per la prima volta con lo scopo di capire da loro cosa non funzionasse nel processo di alfabetizzazione universalmente diffuso, basato sui noti metodi di insegnamento, e che non a caso produceva dati statistici non uniformemente diffusi, ma che drammaticamente si correlavano con i dati della poverta'. In effetti ignorando quali fossero i processi di apprendimento e quali le difficolta' incontrate dai soggetti che apprendono capitava che la scuola, cosi' come gli alfabetizzatori degli adulti, fossero assolutamente impotenti nell'offrire risposte adeguate ai bisogni formativi e anzi producessero difficolta' aggiuntive. La scuola a cio' aggiungeva il ruolo di selezione che tanta responsabilita' ha avuto nelle dinamiche di abbandono scolastico. Queste analisi hanno reso comprensibile in un modo nuovo il ruolo svolto dall'ambiente di vita, in quanto qualora non fosse sufficientemente in grado di offrire occasioni di interazione dei bambini con la lingua scritta prima del loro accesso all'insegnamento formalizzato all'interno dell'istituzione scolastica, quest'ultima non era in grado di favorire l'apprendimento della scrittura, nel rispetto dei tempi previsti per la prosecuzione del percorso scolare. Pertanto, a fronte di una maggiore scolarizzazione dovuta alle politiche di contrasto dell'analfabetismo messe in atto in America Latina, cio' che aumentava erano i tassi di ripetenza e infine di abbandono scolastico. Ebbene, Emilia Ferreiro ha aperto una strada che da' alla scuola la possibilita' di essere efficace nell'assolvimento del proprio mandato istituzionale, di trasformarsi in ambiente alfabetizzatore, di compensare le carenze degli ambienti di vita da cui provengono i bambini e le bambine. Il nome di Emilia Ferreiro rimane in America Latina il nome piu' importante della lotta per l'alfabetizzazione dopo e insieme a quello di Paulo Freire. * Alfabetizzazione ed esperienze di liberazione in America Latina Non e' questa la sede per svolgere, sia pure per rapide pennellate, una riflessione e un'illustrazione delle vicende dell'alfabetizzazione e dell'educazione come pratica di liberazione in America Latina; ci limitiamo di seguito ad accennare ad alcune vicende e figure di cui ci pare che occorra tener particolarmente conto. Una esperienza di grande rilievo e' stata condotta nel Nicaragua rivoluzionario all'indomani dell'abbattimento della dittatura somozista nel 1979: fu condotta in quel paese una grande campagna di alfabetizzazione che ebbe risultati straordinari (e cui andarono prestigiosissimi riconoscimenti internazionali); tra gli studiosi ed educatori che di quell'esperienza sono stati partecipi ed hanno dato testimonianza va segnalato tra gli altri l'italiano Giulio Girardi (7). Un ambito specifico di riflessione e di prassi e' quello del movimento delle ragazze e dei ragazzi di strada in Guatemala, promosso da Gerard Lutte (8). Nella seconda meta' del Novecento di particolare stimolo in America Latina (ma non solo, naturalmente) e' stata anche la figura, e l'azione e le opere, di Ivan Illich (un autore che peraltro le ricerche di Emilia Ferreiro - lo testimoniano le bibliografie dei suoi lavori piu' recenti - hanno incontrato, con riferimento a una delle ultime opere del grande intellettuale cosmopolita, Nella vigna del testo) (9). Nella riflessione e nella prassi della liberazione latinoamericana ovviamente un ruolo di rilievo ha la specifica tradizione marxista con alcune figure particolarmente significative ed originali, tra cui va segnalato almeno Jose' Carlos Mariategui (10). Un'altra tradizione di particolare ricchezza e' quella della teologia della liberazione nel cui ambito sono da segnalare almeno le opere di Gustavo Gutierrez (11). Uno sviluppo di gran ricchezza ed originalita' e' in alcuni studiosi che hanno intrecciato con straordinari esiti euristici tradizioni culturali autoctone ed europee; tra essi citiamo almeno Fernando Mires (12) ed Enrique Dussel (13). Tratti interessanti e per piu' versi peculiari ha l'esperienza zapatista, su cui esiste ormai una vasta pubblicistica (14). Ovviamente una riflessione sulle esperienze di resistenza e di liberazione in America Latina non puo' prescindere da un riferimento alla figura di Bartolome' de Las Casas (15), la cui denuncia e lezione e' tuttora di impulso alla riflessione e all'agire dei maggiori intellettuali e militanti latinoamericani contemporanei. Sulla Conquista e' classico anche il lavoro di Tzvetan Todorov, La conquista dell'America (16). * Dalle due sponde dell'oceano Vorremmo ricordare anche come le vicende dell'America Latina abbiano profondamente inciso nella cultura italiana ed europea (e come per gli intellettuali impegnati europei l'America Latina, particolarmente nella seconda meta' del Novecento, sia stata un punto di riferimento e quasi uno specchio attraverso cui problematiche essenziali trovano una maggior visibilita'). Tra molti testi citabili ci limitiamo a segnalare qui la bella collana "Caravelle" promossa dalle Edizioni cultura della pace animate dal compianto Ernesto Balducci (17); l'ormai classico volume di Antonello Gerbi, La disputa del Nuovo Mondo, recentemente riedito da Adelphi, Milano 2000; e in ambito letterario anche ad esempio la ricezione europea e italiana dell'opera di Neruda, di quella di Borges, la rilevanza di Julio Cortazar e Gabriel Garcia Marquez, per dire solo di alcuni. Ci sia consentito inoltre un rinvio all'opera di Gramsci, rilevante anche nella riflessione latinoamericana degli ultimi decenni (18). Una segnalazione particolare ci sembra meriti un'intellettuale e militante libertaria italiana che a seguito dell'esilio dall'Italia fascista ha vissuto il resto della sua vita in America Latina in cui ha svolto anche un rimarchevole ruolo di educatrice: Luce Fabbri (19). Rinviamo naturalmente alla bibliografia generale per la segnalazione di alcuni altri autori ed opere in vario modo e misura utili alla contestualizzazione e ad ulteriori aperture (20). * Note 1. Tra molti altri libri cfr. almeno AA. VV., 1492-1992. L'interminabile Conquista, La Piccola Editrice, Celleno (Vt) 1992; AA. VV., Globalizzazione, esclusione e democrazia in America Latina, La Piccola Editrice, Celleno (Vt) 1999; Richard Konetzke, America centrale e meridionale. La colonizzazione ispano-portoghese, Feltrinelli, Milano 1968; Darcy Ribeiro, Le Americhe e la civilta', 3 voll., Einaudi, Torino 1975; sulla Conquista cfr. almeno la Brevissima relazione di Bartolome' de Las Casas, e le raccolte di testimonianze a cura di Miguel Leon-Portilla, Il rovescio della Conquista, Adelphi, Milano 1974, 1979, e a cura di Tzvetan Todorov e Georges Baudot, Racconti aztechi della Conquista, Einaudi, Torino 1988; cfr. anche vari libri di Todorov e Mires citati piu' avanti; sulla situazione degli ultimi decenni cfr. almeno Ufficio dei diritti umani dell'arcivescovado di Guatemala, Guatemala nunca mas. Rapporto Remhi, La Piccola Editrice, Celleno (Vt) 1998; e varie utili pubblicazioni di Amnesty International e dalla Fondazione Basso per il diritto e la liberazione dei popoli. 2. Antropologo e scrittore peruviano (1911-1969); figlio di un avvocato, morta la madre quando aveva due anni, visse lunghi anni dell'infanzia presso gli indios, ed il quechua fu la sua lingua materna; adolescente fu interno in un collegio e conobbe lo spagnolo; fu poi prigioniero politico. Come docente universitario e scrittore indago' l'esistenza e la mente dell'indio oppresso dalla societa' coloniale ispanoamericana soffrendo la sua scissura; si tolse la vita, di questa decisione lasciando traccia nel suo ultimo libro La volpe di sopra e la volpe di sotto. Opere di Jose' Maria Arguedas: segnaliamo almeno Il Sexto, cronaca del carcere di Lima e degli orrori dell'eterno nazismo che la' come ovunque si consumano, ma anche della dignita' resistente che rompe in luce e in morte; e La volpe di sopra e la volpe di sotto, libro faticosissimo e doloroso, che e' necessario leggere. Altri libri: Festa di sangue, I fiumi profondi, Tutte le stirpi. Tutti i libri citati sono pubblicati presso Einaudi. E' anche autore di rilevanti ricerche etnologiche ed ha pubblicato importanti volumi di canti e narrazioni quechua. 3. Di Miguel Angel Asturias, guatemalteco (1899-1974) cfr. almeno Uomini di mais, Rizzoli, Milano 1967, 1981; Parla il Gran Lengua, Guanda, Parma 1965, 1968; Il Signor Presidente, Feltrinelli, Milano 1958, 1975. 4. Eduardo Galeano e' nato nel 1940 a Montevideo (Uruguay); giornalista e scrittore, nel 1973 in seguito al colpo di stato militare e' stato imprigionato e poi espulso dal suo paese; ha vissuto lungamente in esilio fino alla caduta della dittatura. Dotato di una scrittura nitida, pungente, vivacissima, e' un intellettuale fortemente impegnato nella lotta per i diritti umani e dei popoli. Tra le sue opere, fondamentali sono: Le vene aperte dell'America Latina, recentemente ripubblicato da Sperling & Kupfer, Milano; Memoria del fuoco, Sansoni, Firenze; il recente A testa in giu', Sperling & Kupfer, Milano. Tra gli altri suoi libri editi in italiano: Guatemala, una rivoluzione in lingua maya, Laterza, Bari; Voci da un mondo in rivolta, Dedalo, Bari; La conquista che non scopri' l'America, Manifestolibri, Roma; Las palabras andantes, Mondadori, Milano. 5. Rigoberta Menchu', india guatemalteca, premio Nobel per la pace, e' una delle figure piu' splendide dell'impegno per la dignita' umana, i diritti, la pace, la solidarieta'. Ha narrato la sua vita in Mi chiamo Rigoberta Menchu', (a cura di Elisabeth Burgos), Giunti, Firenze 1987. 6. Paulo Freire e' nato a Recife (Brasile) nel 1921; nel 1961 ha fondato il Movimento di cultura popolare, cominciando ad elaborare ed applicare il metodo di alfabetizzazione legato al suo nome; nel 1964 dopo il colpo di stato militare e' imprigionato; successivamente e' costretto all'esilio; tra i massimi esperti di problematiche educative (con particolar riferimento al Sud del mondo), ha continuato la ricerca e l'attivita' di alfabetizzazione in varie parti del pianeta; e' deceduto nel 1997. Opere di Paulo Freire: La pedagogia degli oppressi, Mondadori, Milano 1980; L'educazione come pratica della liberta', Mondadori, Milano 1977; Pedagogia in cammino, Mondadori, Milano 1979. Cfr. anche il libro-intervista a cura di Edson Passetti, Conversazioni con Paulo Freire, Eleuthera, Milano 1996. Opere su Paulo Freire: Moacir Gadotti, Leggendo Paulo Freire, Sei, Torino 1995; Leandro Rossi, Paulo Freire profeta di liberazione, Edizioni Qualevita, Torre dei Nolfi 1998. Per un rapido avvio alla conoscenza cfr. anche Stefano Del Grande (a cura di), Memorabilia: Paulo Freire, fascicolo monografico del "Notiziario Cdp" n. 161, gennaio-febbraio 1999, Centro di documentazione di Pistoia. 7. Giulio Girardi e' nato al Cairo nel 1926, filosofo e teologo della liberazione, durante il Concilio Vaticano II partecipo' alla stesura dello schema XIII; membro del Tribunale permanente dei popoli, particolarmente impegnato nella solidarieta' con i popoli dell'America Latina. Opere di Giulio Girardi: presso la Cittadella sono usciti: Marxismo e cristianesimo; Credenti e non credenti per un mondo nuovo; Cristianesimo, liberazione umana, lotta di classe; Educare: per quale societa'?; Il capitalismo contro la speranza; Cristiani per il socialismo: perche'?; presso Borla sono usciti: Sandinismo, marxismo, cristianesimo: la confluenza, (a cura di) Le rose non sono borghesi, La tunica lacerata, Fede cristiana e materialismo storico, Dalla dipendenza alla pratica della liberta', Il popolo prende la parola (con J. M. Vigil), La Conquista dell'America, Gli esclusi costruiranno la nuova storia?, Cuba dopo il crollo del comunismo; presso le Edizioni Associate: Rivoluzione popolare e occupazione del tempio; presso le Edizioni cultura della pace: Il tempio condanna il vangelo; presso Anterem: Riscoprire Gandhi; presso le Edizioni Punto Rosso: Resistenza e alternativa. Sull'esperienza del Nicaragua sandinista cfr. anche vari utili libri, tradotti in italiano, di Ernesto Cardenal, Gioconda Belli, Sergio Ramirez, Jose' Maria Vigil, Teofilo Cabestrero. 8. Gerard Lutte, di origine belga, da molti anni in Italia, docente universitario di psicologia dell'eta' evolutiva, ha partecipato a Roma alla vita e alle lotte degli abitanti di una borgata di baraccati e di un quartiere popolare e ad un lavoro sociale con i giovani piu' emarginati; collabora con movimenti di solidarieta' ed esperienze di accoglienza; ha promosso iniziative mirate e concrete di solidarieta' internazionale dal basso e di auto-aiuto, con particolar riferimento alla situazione centroamericana, di impegno di liberazione con i giovani e soprattutto le bambine e i bambini di strada. Tra le opere di Gerard Lutte: Quando gli adolescenti sono adulti. I giovani in Nicaragua, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1984; Sopprimere l'adolescenza?, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1984; Psicologia degli adolescenti e dei giovani, Il Mulino, Bologna 1987; Dalla religione al vangelo, Kappa, Roma 1989; Cinquantanove ragazze e ragazzi di strada con G. L., Principesse e sognatori nelle strade in Guatemala, Kappa, Roma 1994 (e' stata successivamente pubblicata una seconda edizione aggiornata). 9. Ivan Illich e' nato a Spalato nel 1925; laurea in mineralogia a Firenze, studi ulteriori di psicologia, arte, storia (dottorato a Salisburgo); ordinato sacerdote nel 1951, per cinque anni opera in una parrocchia portoricana a New York, poi e' prorettore dell'Universita' Cattolica di Portorico; a Cuernavaca (Messico) fonda il Cidoc (Centro interculturale di documentazione); docente in varie universita', conferenziere, studioso costantemente impegnato nella critica delle istituzioni e nella indicazione di alternative che sviluppino la creativita' e dignita' umana; pensatore originale, ha promosso importanti ed ampie discussioni su temi come la scuola, l'energia, la medicina, il lavoro. E' scomparso nel 2002. Opere di Ivan Illich: Descolarizzare la societa', Mondadori; La convivialita', Mondadori, poi Red; Rovesciare le istituzioni, Armando; Energia ed equita', Feltrinelli; Nemesi medica: L'espropriazione della salute, Mondadori, poi Red; Il genere e il sesso, Mondadori; Per una storia dei bisogni, Mondadori; Lavoro-ombra, Mondadori; H2O e le acque dell'oblio, Macro; Nello specchio del passato, Red; Disoccupazione creativa, Red. Raccoglie i materiali di un seminario con Illich il volume Illich risponde dopo "Nemesi medica", Cittadella, Assisi 1978. Cfr. anche il libro-intervista di David Cayley, Conversazioni con Ivan Illich, Eleuthera, Milano 1994. Utile anche il volume di AA. VV., Le professioni mutilanti, Cittadella, Assisi 1978 (che si apre con un intervento di Illich). 10. Intellettuale e militante politico peruviano (1894-1930), costretto su una sedia a rotelle da una malattia che lo avrebbe ucciso ancor giovane, e' uno dei pensatori maggiori e piu' originali del marxismo novecentesco e della cultura latinoamericana. Tra le opere di Jose' Carlos Mariategui: Sette saggi sulla realta' peruviana, Einaudi, Torino 1972; Lettere dall'Italia e altri scritti, Editori Riuniti, Roma 1973; Avanguardia artistica e avanguardia politica, Mazzotta, Milano 1975. 11. Gustavo Gutierrez e' nato nel 1928 a Lima, studi a Lovanio e Lione, sacerdote e teologo. Il suo libro Teologia della liberazione all'inizio degli anni '70 ha avuto il valore di un manifesto. Tra le sue opere: Teologia della liberazione, La forza storica dei poveri, Bere al proprio pozzo, Parlare di Dio a partire dalla sofferenza dell'innocente, La verita' vi fara' liberi, Dio e l'oro, Il Dio della vita, Condividere la parola, tutte presso l'editrice Queriniana, Brescia. Per una presentazione sintetica sulla teologia della liberazione uno dei libri migliori e' ancora quello di Jose' Ramos Regidor, Gesu' e il risveglio degli oppressi, Mondadori, Milano 1981; ancora utile anche l'antologia a cura di Rosino Gibellini, AA. VV., La nuova frontiera della teologia in America Latina, Queriniana, Brescia 1975. 12. Fernando Mires e' nato nel 1943 a Santiago del Cile. Fino al 1973 docente di sociologia e storia del Cile all'Universita' di Concepcion; dal 1975 docente all'Universita' di Oldenburg, in Germania. Ha pubblicato ricerche ed analisi di fondamentale importanza. Tra le sue opere in italiano sono state tradotte In nome della croce (dibattito teologico-politico sull'olocausto degli indios nel periodo della Conquista), La Piccola, Celleno (Vt) 1991; Ecologia e politica in America Latina, La Piccola, Celleno (Vt) 1992. 13. Enrique Dussel e' nato in Argentina nel 1934, ha studiato a Madrid, Parigi, Friburgo, Magonza. Dottore in filosofia e teologia, e' docente all'Universita' Nazionale Autonoma del Messico. Impegnato per i diritti umani e dei popoli, nel 1975 in Argentina e' sfuggito miracolosamente ad un attentato. La sua riflessione sulla filosofia della liberazione e' di particolare rilevanza. Tra le opere di Enrique Dussel segnaliamo particolarmente Etica comunitaria, Cittadella, Assisi 1988; Filosofia della liberazione, Queriniana, Brescia 1992; L'occultamento dell'"altro", La Piccola, Celleno (Vt) 1993; Un Marx sconosciuto, Manifestolibri, Roma 1999. 14. Cfr. almeno Marcos, Dal Chiapas al mondo, 2 voll., Erre emme edizioni, Pomezia (Roma) 1996; Idem, La quarta guerra mondiale e' cominciata, suppl. a "Il manifesto", Roma s. d. (ma 1997). 15. Un'utile raccolta di suoi scritti e' Bartolome' de Las Casas, Obra indigenista, Alianza Editorial, Madrid 1985, 1992. 16. Edito da Einaudi, Torino 1992. Tzvetan Todorov sia per i suoi lavori in ambito linguistico che per quelli di riflessione antropologica e morale, di storia delle idee e critica delle ideologie, e' un ineludibile punto di riferimento. 17. Di cui cfr. anche il bel libriccino Montezuma scopre l'Europa, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1992, testo che inaugurava la collana citata. Ma naturalmente della figura, della riflessione e dell'opera di Ernesto Balducci dovremo parlare ancora nella parte terza di questo lavoro. 18. Antonio Gramsci nacque ad Ales, in provincia di Cagliari, nel 1891, muore a Roma il 27 aprile 1937. Militante e dirigente del movimento dei lavoratori, la sua figura e la sua riflessione, dal buio del carcere fascista, ancora illumina la via per chi lotta per la dignita' umana, per un'umanita' di liberi ed eguali. Opere di Antonio Gramsci: l'edizione critica completa delle Opere di Antonio Gramsci e' ancora in corso di pubblicazione presso Einaudi. E' indispensabile la lettura delle Lettere dal carcere e dei Quaderni del carcere (nell'edizione critica a cura di Valentino Gerratana, recentemente ristampata da Einaudi). Opere su Antonio Gramsci: si vedano almeno le monografie di Festa, Fiori, Lajolo, Lepre, Santucci, Spriano. Una recente sintesi introduttiva e' il volume di Marina Paladini Musitelli, Introduzione a Gramsci, Laterza, Roma-Bari 1996. Specificamente sulla riflessione di Gramsci sull'educazione cfr. Mario Alighiero Manacorda, Il principio educativo in Gramsci, Armando, Roma 1970; Dario Ragazzini, Societa' industriale e formazione umana, Editori Riuniti, Roma 1976, 1978. 19. Luce Fabbri, pensatrice e militante anarchica, educatrice profonda e generosa, un punto di riferimento per tutti gli amici della dignita' umana e della nonviolenza. Nata il 25 luglio 1908, figlia di Luigi Fabbri (il grande militante e teorico libertario collaboratore di Errico Malatesta), dal 1929 in esilio dapprima a Parigi, poi a Bruxelles e via Anversa in America Latina, a Montevideo in Uruguay, ove da allora risiedera' (ma ancora sovente molto viaggiando); la morte la coglie il 19 agosto 2000, operosa fino alla fine, sempre attiva, generosa, mite, accogliente. Per un primo avvio segnaliamo l'ampia e preziosa intervista a cura di Cristina Valenti: "Luce Fabbri, vivendo la mia vita", apparsa su A. rivista anarchica dell'estate 1998 e l'ampio dossier, "Ricordando Luce Fabbri", in A. rivista anarchica, n. 266 dell'ottobre 2000, pp. 28-41. 20. Per una ricognizione di importanti esperienze e figure della cultura latinoamericana, a partire dallo specifico letterario, cfr. Giuseppe Bellini, La letteratura ispano-americana dall'eta' precolombiana ai nostri giorni, Sansoni-Accademia, Firenze-Milano 1970; Jean Franco, Introduzione alla letteratura ispano-americana, Mursia, Milano 1972; Luciana Stegagno Picchio, La letteratura brasiliana, Sansoni-Accademia, Firenze-Milano 1972; cfr. anche Rosalba Campra, America Latina: l'identita' e la maschera, Editori Riuniti, Roma 1982; e il sintetico profilo di Vanni Blengino, Storia della letteratura ispano-americana, Newton & Compton, Roma 1997. 4. PROFILI. GIOVANNA PROVIDENTI: NELLA SCRITTURA DI SABINA SPIELREIN [Ringraziamo Giovanna Providenti (per contatti: providen at uniroma3.it) per averci messo a disposizione questo articolo pubblicato nel numero di marzo 2005 di "Noi donne"; ringraziamo altresi' per la disponibilita' a consentirne la ripubblicazione la direttrice della rivista Tiziana Bartolini, e cogliamo l'occasione per segnalare l'indirizzo della storica testata: e-mail: noi.donne at libero.it; sito: www.noidonne.org Giovanna Providenti e' assegnista di ricerca presso l'Universita' Roma Tre, si occupa di nonviolenza, studi sulla pace e di genere, con particolare attenzione alla prospettiva pedagogica. Ha due figli. Partecipa al Circolo Bateson di Roma. Scrive per la rivista "Noi donne". Ha curato il volume Spostando mattoni a mani nude. Per pensare le differenze, Franco Angeli, Milano 2003, e pubblicato numerosi saggi su rivista e in volume, tra cui: Cristianesimo sociale, democrazia e nonviolenza in Jane Addams, in "Rassegna di Teologia", n. 45, dicembre 2004; Imparare ad amare la madre leggendo romanzi. Riflessioni sul femminile nella formazione, in M. Durst (a cura di), Identita' femminili in formazione. Generazioni e genealogie delle memorie, Franco Angeli, Milano 2005; L'educazione come progetto di pace. Maria Montessori e Jane Addams, in Attualita' di Maria Montessori, Franco Angeli, Milano 2004. Scrive anche racconti e ha in cantiere un libro dal titolo Donne per, sulle figure di Jane Addams, Mirra Alfassa e Maria Montessori. Sabina Spielrein (nata a Rostov sul Don nel 1882 o nel 1885; deceduta in Urss probabilmente nel 1941 o nel 1942), ricoverata nel 1904 al Burghoelzli vi conosce Jung, laureata in medicina nel 1911 con una tesi sulla schizofrenia, aderisce al movimento psicoanalitico ed e' in rapporti con Freud e con Jung con i quali intrattiene rilevanti carteggi; e' la prima studiosa a proporre il concetto di "istinto di morte" che verra' poi ripreso da Freud. Opere di Sabina Spielrein: Comprensione della schizofrenia, Liguori, Napoli 1986; opere su Sabina Spielrein: Aldo Carotenuto, Diario di una segreta simmetria, Astrolabio-Ubaldini, Roma 1980; cfr. anche il saggio di Francesca Molfino, "Sabina Spielrein, la paziente", in Silvia Vegetti Finzi (a cura di), Psicoanalisi al femminile, Laterza, Roma-Bari 1992] Sabina Spielrein (1882-1942 [ma le date sono incerte, altre fonti danno 1885-1941]) e' un nome che si ricorda dal film di Roberto Faenza "Prendimi l'anima", che racconta la storia d'amore tra Jung e questa sua giovane paziente, allieva e infine "collega", come Freud la chiama nelle lettere a lei indirizzate. La storia umana e professionale di Sabina e' stata anche raccontata in un'opera teatrale scritta e diretta da Maria Inversi nel 1999, "Oggi voglio essere felice", ed in un film documentario della regista svedese Elizabeth Marton, opere dalle quali emerge la personalita' di una donna che lotta per la propria autoguarigione e ricostruisce, a partire da quanto appreso dalla malattia stessa, una professione e un progetto di vita utile sia a se' che agli altri: lavora in un primo momento come psicoterapeuta in Germania e poi, rientrata nella natia Russia, (dove morira' uccisa da una retata nazista contro gli ebrei) fonda l'Asilo Bianco di Mosca in cui sperimenta, con un certo successo, metodi pedagogici derivati dalla sua approfondita conoscenza della psicoanalisi. Leggere gli scritti di Sabina significa attraversare un percorso esistenziale che non trascura niente della complessa vita della mente, e che coglie nell'ambivalenza e pluralita' delle tendenze individuali una risorsa per la formazione di personalita' sane. Tutta la scrittura di Sabina risulta intenta ad esplorare la "piu' profonda e oscura vita istintuale dell'eterogeneo inconscio", a riconoscere i desideri rimossi, "immorali e insopportabili per la coscienza", senza trascurare "tutti i problemi profondamente etici, i problemi di orientamento e tutta la saggezza atavica, della quale non ci rendiamo conto perche' il nostro conscio e' solo una particella piccolissima di questo enorme sistema coordinato, la particella che ci e' necessaria in ogni momento per adattarci al presente. E cos'e' il presente?" (Lettere a Jung, in A. Carotenuto, Diario di una segreta simmetria, Astrolabio-Ubaldini, Roma 1980). Per Sabina compito del/la terapeuta e' entrare in contatto con le parti profonde, e que che piu' importa "per l'attivita' professionale" e' "la comprensione intuitiva del malato perche' la psicoterapia pratica e' un'arte di guarigione". Comprensione che Sabina recupera dalla sua personale esperienza di autoguarigione e "pratica di pozzi": di discesa "alle piu' profonde radici del nostro essere umano, da cui nel riaffiorare portiamo in noi esperienze tali che ci permettono di comprendere la debolezza, i sogni, le malinconie, le aspirazioni, e insomma tutti quei sentimenti che formano e migliorano l'animo umano... Nel pozzo sono pure tutte le dolorose e sublimi verita' dell'amore... ma quando si cade nel pozzo si sa anche che essere felici non e' poi cosi' importante: e' importante sapere tutto quello che si sa quando si viene su dal pozzo", di cui scriveva Alba De Cespedes in una lettera a Natalia Ginzburg (in A. M. Crispino, Un prezioso regalo, in "Tuttestorie", 6/7, 1992). * La scrittura di Sabina Spielrein, risulta rivolta a una continua acquisizione di consapevolezza, trasformazione e crescita: per questo prima di rivolgere la riflessione al macrocosmo sente il bisogno di chiarire come funziona il microcosmo interiore, a costo di attraversare percorsi imprevisti e ambivalenti. E cosi' i dialoghi intimi, le aspirazioni di liberta' ("Voglio essere decisa e libera") e di volonta' ("una volonta' che stava in agguato nelle profondita' gelide e che nessuna barriera avrebbe potuto fermare"), la determinazione ad amare ("Amarlo? Ma lo amo! Il mio lavoro sara' colmo d'amore! Lo amo e lo odio, perche' non mi appartiene"), o al controllo di se' ("devo farmi un impacco sulla testa perche' la passione che sento per lui mi rende febbricitante"), le immagini dei sogni e le contraddizioni della sua anima, diviene tutto materia per una metariflessione, che emerge nel diario, viene discussa nelle lettere e si sviluppa in un discorso teorico che guarda senza reticenze alla pluralita' e ambivalenza della vita. Nel saggio La distruzione come causa della nascita, Spielrein afferma: "l'istnto riproduttivo e' costituito da due componenti antagonistiche ed e' percio' altrettanto un istinto di nascita quanto di distruzione", riconoscendo nell'amore il luogo per eccellenza in cui la contradditorieta' e problematicita' dell'esistenza si manifesta. Scrive ancora: "Nell'amore la dissoluzione dell'Io nell'amato e' contemporaneamente la piu' forte affermazione di se', e' una nuova vita dell'Io nella persona dell'amato. Se nell'amore non c'e' la rappresentazione di una trasformazione dell'individuo psichico o fisico sotto l'influsso di un potere estraneo, come nell'atto sessuale, e' allora una rappresentazione di annientamento e di morte. L'istinto di conservazione e' un istinto semplice che consiste solo in un elemento positivo, l'istinto della conservazione della specie invece, che deve dissolvere cio' che e' vecchio affinche' il nuovo possa nascere, consiste in una componente positiva e in una negativa, l'istinto di conservazione della specie e' per sua natura ambivalente; percio' la stimolazione della componente positiva evoca anche quella negativa e viceversa" (da La distruzione come causa della nascita in Sabina Spielrein, Comprensione della schizofrenia ed altri scritti, Liguori, Napoli 1986). * L'amore, esempio e metafora di trasformazione, contiene sia la polarita' negativa che quella positiva, ed e' al contempo luogo di distruzione e nascita: luogo di quella continua trasformazione necessaria affinche' la vita possa mantenersi e proseguire. Se per essere autosufficienti basta l'istinto di conservazione senza amore, per la conservazione della specie e' necessaria questa compresenza di opposti e disponibilita' a fare dissolvere il vecchio affinche' il nuovo, l'imprevedibile, possa nascere. Inoltre, Sabina idealizza nella creatura spirituale "Sigfrido", il figlio perfetto scaturito dall'incontro amoroso tra gli opposti: dall'amore tra un uomo e una donna come lei e Jung. Sabina arrivera' a capire "di essere troppo giovane, troppo inesperta, troppo idealista" e a dare ragione a Freud, che in una lettera del 1914 la invita a rivolgere "i Suoi sforzi a un'attivita' pedagogica" e dimenticare il suo "ideale infantile". Sabina stessa in una lettera del 1918, ormai abbandonato il suo amore per Jung, definira' "fantasia" Sigfrido e riconoscera': "il mondo va cosi', percio' e' difficile trovare la propria strada nella vita pratica partendo dai sogni". * Sabina, pero', a differenza di Jung e Freud, pratica come e' di pozzi e di risalite, sa quanto importante sia trovare un luogo "in cui riesco ad abbandonarmi completamente", in cui sentire tutta la pluralita' dell'esistenza, in cui potere errare da un polo all'altro e viceversa. Questo luogo prescelto e' per Sabina la musica, che lei stessa suonava e componeva. Scrive a Jung nel 1918: "Anche un cieco avrebbe visto che per me la musica non era una posa, ma un bisogno interiore. Il bisogno represso si e' spesso manifestato inadeguato e con tale posa che Lei una volta mi disse che dedicandomi alla musica avrei potuto perdere la ragione". Gia' otto anni prima Sabina rivelava a Freud: "E' stato Wagner a portarmi nell'anima il demonio con terribile chiarezza. Voglio fare a meno delle metafore, perche' forse lei ridera' della esuberanza dei miei sentimenti. Il mondo intero era per me come una melodia: cantava la terra, cantava il lago, cantavano gli alberi, ramo per ramo". La scoperta e attraversamento di una melodia, composta con la esuberanza e chiarezza di un'anima di donna che ama e sa porsi in ascolto e che sa "tutto quello che si sa quando si viene su dal pozzo", e' per Sabina un luogo di integrazione e ritrovamento del se'. Per Gregory Bateson "cio' che si deve integrare sono le diverse parti della mente - in particolare quei molteplici livelli di cui un estremo e' detto coscienza e l'altro inconscio. Perche' si possa conseguire la grazia, le ragioni del cuore debbono essere integrate con le ragioni della ragione" (Verso un'ecologia della mente, Adelphi, Milano 1976, 1990). Sabina, riemersa dal pozzo della sua malattia, scopre che solo la consapevolezza della compresenza ed alternanza di moti opposti dell'animo, di "componenti antagonistiche", puo' riuscire ad evitare la rottura del sistema e favorire la crescita di personalita' integrate. Solo un flusso esistenziale consapevole e non "censurante" puo' permettere di trovare l'armonia, la grazia, di "questo enorme sistema coordinato", che e' la nostra mente. ============================== NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE ============================== Supplemento settimanale del giovedi' de "La nonviolenza e' in cammino" Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 7 del 14 aprile 2005
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