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La nonviolenza e' in cammino. 891
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 891
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Wed, 6 Apr 2005 00:11:41 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 891 del 6 aprile 2005 Sommario di questo numero: 1. La pace, la Costituzione 2. Enrico Peyretti: Chiesa e pace: governi o coscienze? 3. Flavio Lotti e Grazia Bellini: Il difensore della pace 4. Anna Maffei: Un protagonista del nostro tempo 5. Rossana Rossanda: Un po' di silenzio 6. Luisa Muraro: Altri motivi 7. Sara Sesti: Shirin Ebadi 8. Paola Meneganti: Lisa, Gladys 9. Liliana Moro presenta "Il 'genere' dei libri" di Tiziana Plebani 10. Paolo Andruccioli presenta "Sobrieta'" di Francesco Gesualdi 11. La "Carta" del Movimento Nonviolento 12. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. LA PACE, LA COSTITUZIONE La clamorosa sconfitta elettorale del blocco governativo guerrafondaio e golpista. Che sollievo, finalmente. E che impegno da adempiere, che seme da far fruttificare. 2. RIFLESSIONE. ENRICO PEYRETTI: CHIESA E PACE: GOVERNI O COSCIENZE? [Ringraziamo Enrico Peyretti (per contatti: e.pey at libero.it) per questo intervento. Enrico Peyretti e' uno dei principali collaboratori di questo foglio, ed uno dei maestri piu' nitidi della cultura e dell'impegno di pace e di nonviolenza. Tra le sue opere: (a cura di), Al di la' del "non uccidere", Cens, Liscate 1989; Dall'albero dei giorni, Servitium, Sotto il Monte 1998; La politica e' pace, Cittadella, Assisi 1998; Per perdere la guerra, Beppe Grande, Torino 1999; Dov'e' la vittoria?, Il segno dei Gabrielli, Negarine (Verona) 2005; e' disponibile nella rete telematica la sua fondamentale ricerca bibliografica Difesa senza guerra. Bibliografia storica delle lotte nonarmate e nonviolente, ricerca di cui una recente edizione a stampa e' in appendice al libro di Jean-Marie Muller, Il principio nonviolenza, Plus, Pisa 2004 (libro di cui Enrico Peyretti ha curato la traduzione italiana), e una recentissima edizione aggiornata e' nei nn. 791-792 di questo notiziario; vari suoi interventi sono anche nei siti: www.cssr-pas.org, www.ilfoglio.org. Una piu' ampia bibliografia dei principali scritti di Enrico Peyretti e' nel n. 731 del 15 novembre 2003 di questo notiziario. Tonino Bello e' nato ad Alessano nel 1935, vescovo di Molfetta, presidente nazionale di Pax Christi, e' scomparso nel 1993; costantemente impegnato dalla parte degli ultimi, promotore di iniziative di solidarieta' con gli immigrati, per il disarmo, per i diritti dei popoli e la dignita' umana, ideatore ed animatore di grandi iniziative nonviolente, e' stato un grande costruttore di pace e profeta di nonviolenza. Opere di Tonino Bello: segnaliamo particolarmente, tra le molte sue pubblicazioni, I sentieri di Isaia, La Meridiana, Molfetta 1989; Il vangelo del coraggio, San Paolo, Cinisello Balsamo (Mi) 1996; e' in corso la pubblicazione di tutte le opere in Scritti di mons. Antonio Bello, Mezzina, Molfetta 1993 sgg., volumi vari. Opere su Tonino Bello: cfr. per un avvio Luigi Bettazzi, Don Tonino Bello. Invito alla lettura, San Paolo, Cinisello Balsamo (Mi) 2001; la biografia di Claudio Ragaini, Don Tonino, fratello vescovo, Edizioni Paoline, Milano 1994; Alessandro D'Elia, E liberaci dalla rassegnazione. La teologia della pace in don Tonino Bello, La Meridiana, Molfetta (Ba) 2000. Nella rete telematica materiali utili di e su Tonino Bello sono nel sito di Pax Christi: www.peacelink.it/users/paxchristi, in quello de La Meridiana: www.lameridiana.it e in molti altri ancora] Dopo la morte del Papa, metto a disposizione un brano di un mio lavoro inedito su Tonino Bello (1935-1993), vescovo della pace nonviolenta, nel quale si pone un problema serio: la chiesa deve chiedere di non fare la guerra solo ai governanti, o non anche alle coscienze delle singole persone che la guerra la fanno, in un ruolo o l'altro? Deve trattare solo coi potenti, o non anche sollecitare, con rispetto della loro responsabile liberta', le coscienze personali, a non collaborare alla violenza e all'ingiustizia? Deve o no rischiare di provocare una disobbedienza civile, eversiva del sistema di guerra? La chiesa delle origini, fino a prima di Costantino, sfido' l'impero romano. Qualche papa medievale, su problemi diversi dalla guerra, spinse i cristiani a disobbedire all'imperatore, minandone il potere, e lo costrinse a piegarsi. Il problema si pone oggi. Conviene riflettere con serieta' e attenzione. * Tonino Bello e' in prima fila, nel 1991 (prima guerra del Golfo) con enorme pena interiore, con mille instancabili iniziative, nell'impegno totale per la pace, che fa onore in quel momento alla Chiesa, ma c'e' una cosa che lo distingue: in una lettera ai parlamentari dell'inizio di gennaio 1991 prospetta come extrema ratio cio' che nessuna autorita' morale - salvo Oscar Romero, nell'ultimo suo appello ai militari a disobbedire agli ordini di morte - ha detto, ne' allora ne' poi: la possibilita' di "dover esortare direttamente i soldati, nel caso deprecabile di guerra, a riconsiderare secondo la propria coscienza l'enorme gravita' morale dell'uso delle armi" (Scritti di monsignor Antonio Bello, ed. Mezzina, Molfetta 1997, vol. 4, Scritti di pace, p. 223). Lo leggiamo anche nel Vangelo: "Come mai non sapete capire questo tempo? Perche' non giudicate da voi stessi cio' che e' giusto?" (Luca 12, 56-57). E' vero che poi, scoppiata la guerra, Tonino Bello non rivolse in generale questo appello alle coscienze dei soldati che la combattevano. Ma quel suo avvertimento resta indicativo di quello che sarebbe il modo piu' proprio al magistero morale della chiesa, se la chiesa e' una fraternita' di coscienze in ascolto di Dio, e non uno dei poteri del mondo, di opporsi alla guerra e indicare la pace. Solitamente l'appello morale pratico contro la guerra da parte di vescovi e papi e' rivolto alla buona volonta' dei responsabili politici, dei governanti, non alle coscienze dei cittadini e dei soldati chiamati ad eseguire le politiche di guerra. Perche'? Timore di interferire coi poteri politici? Non c'e' sempre questo timore. E non c'e' un uguale timore di entrare d'autorita' nella vita intima e spesso difficile delle persone, con l'imporre alle coscienze obblighi di etica sessuale dettagliatamente definiti in tutto il loro peso, e non solo proporre indicazioni di valori. Sembra, davanti a questo fatto, che il magistero morale della chiesa cattolica sia piu' delicato coi poteri forti che con le persone deboli e alle prese con difficolta' a volte drammatiche, che pesano per lo piu' sulle donne. * Tonino Bello, dunque, poneva nel 1991 il problema della guerra e della pace a quell'istanza suprema che e' la coscienza personale, certo non isolata ma responsabilmente decisiva. Questo e' eversivo. Craxi e il "Giornale" di Montanelli rispondono con l'irrisione e l'insulto. Il deputato repubblicano Gaetano Gorgoni, conterraneo di don Tonino, cita il Qohelet per dargli del pazzo. Ma Tonino Bello ripete, ancora piu' chiaramente, in una intervista televisiva, che se un pilota non puo', in coscienza, bombardare i civili, deve avere il coraggio di disertare. Dell'ammiraglio Buracchia, privato del comando della spedizione navale italiana nel Golfo perche' ha dichiarato che "la guerra si poteva evitare", dice con ammirazione: "Ha dato voce e liberta' alla sua coscienza" (Claudio Ragaini, Don Tonino, fratello vescovo, Edizioni Paoline, quinta edizione, Milano 2003, p. 118, 119, 122, 123). Ma il consiglio permanente della Cei, per bocca di Ruini, prende le distanze: "Le scelte politiche non ci competono". Come se la guerra fosse una scelta politica, e non invece l'uccisione, oltre che di vite umane, anche della politica umana. Cosi' altri vescovi, come Biffi (di Bologna) e Saldarini (di Torino), dicono in sostanza: pace si', pacifismo no. Questa posizione, oltre che una facile scappatoia verbale, appare soprattutto preoccupata di non dare dispiaceri al governo e all'impero, e rivela una enorme debolezza morale: essa e' vittima dell'errore di pensare il pacifismo unicamente come rinuncia per vilta' alla lotta giusta, ma questo senso della parola e' superato dalla attuale cultura della pace e dalla realta' dei movimenti seri per la pace, ispirati largamente alla nonviolenza attiva, piu' profonda e ampia di un limitato pacifismo negativo. Inoltre, dire si' alla pace e no al pacifismo, vuol dire mantenersi la possibilita' della guerra! Ma, come ha detto Teresa Sarti, di Emergency: "Finche' la guerra sara' tra le opzioni possibili, la guerra ci sara'". Anche nell'episcopato pugliese Tonino Bello incontra posizioni differenti dalle sue. La maggiore amarezza gli viene dagli ambienti ufficiali della citta', dalla Democrazia Cristiana, da alcuni settori del suo clero, anche da una parte del consiglio pastorale (composto di preti e laici), che non capiscono ne' condividono le sue posizioni radicali contro la guerra e l'intervento italiano (C. Ragaini, op. cit., pp. 124-127). "La cosa che piu' mi fa soffrire - commenta il vescovo Tonino - e' di vedermi delegittimato nella mia funzione di pastore. Se un vescovo non puo' appellarsi alla coscienza, cosa gli resta? Decidere dei colori dei paramenti?" (Cfr. Ragaini, op. cit, p. 128). Appellarsi alla coscienza e' il compito primo del vescovo, per don Tonino Bello. Il quale, nella sofferenza, sa sollevare il proprio animo con una battuta. * Nel 2003, prima della guerra oggi in corso in Iraq, la piu' ingiustificabile e illegale delle guerre, se mai alcune si potessero giustificare, una suora clarissa da un convento di clausura italiano, fece circolare sulla posta elettronica un appello al Papa Giovanni Paolo II, che stava parlando con energia profetica contro la guerra, perche', appunto, facesse un passo di piu', si rivolgesse alle coscienze di chi la guerra la fa, non solo di chi la decide, esortandoli, con rispetto della loro liberta' e responsabilita', a considerare il dovere di negare collaborazione al male, obiettando, disobbedendo civilmente, cioe' accettando di pagarne le conseguenze. Ci fu nella rete un'ampia circolazione e molte adesioni a questo appello. Siamo quasi certi che l'appello arrivo' "in alto", come si suol dire, ma non ci fu alcun segno di risposta o di considerazione. Avranno avuto le loro ragioni. Ma quella piccola clarissa intraprendente non ha piu' scritto in rete. Recentemente ho saputo da altri che e' stata assai rimproverata, "tartassata" per i suoi interventi, da diverse parti, anche parecchio in su. Don Tonino la conforterebbe. 3. RIFLESSIONE. FLAVIO LOTTI E GRAZIA BELLINI: IL DIFENSORE DELLA PACE [Dalla Tavola della pace (per contatti: e-mail: segreteria at perlapace.it, sito: www.tavoladellapace.it) riceviamo e diffondiamo. Flavio Lotti e Grazia Bellini sono coordinatori nazionali della Tavola della pace, la principale rete pacifista italiana che raccoglie innumerevoli movimenti ed istituzioni, e promuove periodicamente la marcia Perugia-Assisi] E' stato il difensore della pace. Il piu' grande. Il piu' umile. Il piu' deciso e il piu' sincero. In un tempo in cui l'ingiustizia si e' fatta sempre piu' grande e la guerra piu' estesa, Giovanni Paolo II ha strenuamente difeso la pace come principio, come obiettivo e come mezzo. Lo ha fatto difendendo la vita, i diritti e la dignita' umana, sempre, comunque e dovunque. Lo ha fatto respingendo ogni ricorso alla violenza e scongiurando uno scontro di civilta'. Lo ha fatto opponendosi a tutti i pesanti tentativi di rilegittimare la guerra di cui ha proclamato non solo l'immoralita' ma anche l'inutilita': "la guerra non e' mai inevitabile. Con la guerra tutto e' perduto. Con la pace tutto e' possibile". Lo ha fatto ribadendo il primato del diritto sulla forza. Lo ha fatto proclamando ad Assisi, insieme ai rappresentanti di tutte le religioni, "Mai piu' guerra. Mai piu' terrorismo. Mai piu' violenza". Giovanni Paolo II, il difensore della pace, ci e' sempre stato vicino. Anche quando ci precedeva per le strade del mondo non ci ha mai mancato di un pensiero. Impossibile contare tutte le volte che ci ha sostenuto dicendo "Beati i costruttori di pace". Impossibile dimenticare la benedizione che per ben due volte ha esteso agli organizzatori e ai partecipanti della marcia per la pace Perugia-Assisi. Con lui abbiamo imparato che costruire la pace e' un impegno permanente e una responsabilita' di tutti. Con lui abbiamo imparato a vincere la paura e lo sgomento che ci assale quando facciamo i conti con la sofferenza, l'indifferenza e i pericoli che ci circondano. A lui rinnoviamo la nostra promessa di impegno umile e determinato. Affronteremo il tempo presente e quelli che verranno un po' piu' soli attingendo senza stancarci ai suoi messaggi, ai suoi insegnamenti e alle sue splendide lezioni di vita. 4. RIFLESSIONE. ANNA MAFFEI: UN PROTAGONISTA DEL NOSTRO TEMPO [Dal sito della bella rivista "Il Dialogo" (www.ildialogo.org) riprendiamo questa dichiarazione di Anna Maffei, presidente dell'Unione Cristiana Evangelica Battista d'Italia (in sigla: Ucebi; per contatti: ucebit at tin.it), sulla morte di Giovanni Paolo II. Anna Maffei, presidente dell'Ucebi, appartiene alla tradizione nonviolenta espressa dal pastore battista e martire per la pace Martin Luther King] E' difficile dire in poche battute qualcosa che abbia un senso compiuto sul lungo pontificato di Giovanni Paolo II. D'altra parte, in quanto massimo rappresentante di uno dei rami principali del cristianesimo occidentale, cercare di elaborare una valutazione del suo ministero sobria e, quanto piu' possibile, rispondente alla verita' storica dei fatti non e' operazione priva di valore. Credo in primo luogo che questo papa sia stato prima di tutto molto abile nella gestione di se stesso come personaggio pubblico. Ha offerto la sua immagine generosamente, in Italia direi quasi ossessivamente, ad una macchina dell'informazione che negli ultimi decenni ha puntato sempre piu' sull'individuazione e gestione di forti figure mediatiche capaci di catalizzare l'attenzione delle masse. Il papa ha scelto di essere, da questo punto di vista fino all'ultimo giorno, una grande star televisiva. E anche la sua malattia e la sua morte sono state un immenso evento mediatico, un fenomeno che ha mosso e ha commosso incredibilmente masse enormi di persone. Il papa ha, a mio parere, fatto questa scelta sin dall'inizio del suo pontificato per due ragioni, in primo luogo per proporsi con il linguaggio di oggi ai cattolici di tutto il mondo come un'inconfondibile icona di unita' e una voce autorevole nella quale identificarsi, e in secondo luogo per far crescere l'influenza del cattolicesimo in ambito politico, soprattutto in chiave anticomunista, ma non solo, ovviamente. Per far questo il papa si e' espresso pubblicamente praticamente su ogni argomento. Su alcune questioni, come evangelici italiani, abbiamo anche molto apprezzato le sue posizioni. Mi riferisco ai suoi richiami al rispetto dei diritti umani, alla lotta alla poverta' e al rifiuto della guerra come mezzo per risolvere i conflitti. Su questo ultimo fronte, particolarmente dopo l'11 settembre, le sue pubbliche affermazioni hanno contribuito a ridimensionare, presso le comunita' islamiche, l'identificazione tout court fra il cristianesimo e i concetti da guerra santa espressi dall'amministrazione Bush. Questo ritengo sia stato il suo contributo maggiore alla pace e l'aspetto, direi, piu' profetico del suo pontificato. Sul fronte interno papa Wojtyla e' stato invece un grande normalizzatore. Scorrendo dal 1978 ad oggi le dichiarazioni teologiche, i resoconti di commissariamenti, epurazioni, sospensioni dall'insegnamento della teologia, le nomine di nuovi prelati e considerando, infine, le scelte delle persone da lui beatificate e santificate (ben 456 santi e 1.289 beati, piu' che tutti i papi degli ultimi quattrocento anni) emerge un papato molto conservatore e fortemente ostile a qualsiasi processo di modernizzazione e trasformazione della Chiesa Cattolica. Teologi della liberazione latinoamericani quali Gustavo Gutierrez o Leonardo Boff, vescovi come Helder Camara, Oscar Romero, Samuel Ruiz sono stati sottoposti a provvedimenti disciplinari o emarginati. E sono solo i nomi piu' noti. In molte occasioni il papa e la Congregazione della fede del cardinale Ratzinger hanno stigmatizzato proposte o idee innovative e messo a tacere gli individui, i movimenti o le istituzioni che le elaboravano. Massima chiusura su contraccezione, comunione ai divorziati, matrimonio dei preti. Per non parlare dell'ordinazione sacerdotale delle donne da precludere, secondo la lettera apostolica Ordinatio sacerdotalis (1994), "in modo definitivo". Sul fronte delle relazioni ecumeniche e di dialogo interreligioso rimane l'impressione di un comportamento non esente da ambiguita'. Da una parte la professione pubblica di apertura ecumenica e la promozione di incontri a carattere interreligioso, alcuni anche molto significativi, dall'altra la messa al bando di pratiche di ospitalita' eucaristica e la riproposizione della centralita' romana e di vecchie dottrine come quella relativa alle indulgenze, come accaduto nel corso del giubileo del 2000. Emerge il quadro di un protagonista del nostro tempo, un pellegrino tenace e instancabile, un uomo che ha usato il suo innegabile carisma fino al punto di alimentare un pericoloso culto della personalita'. Indubbiamente un cristiano che ha contribuito ad avvicinare alla fede cattolica, di forte stampo mariano, moltissime persone, fra questi tanti giovani. Ma Karol Wojtyla e' stata anche, senza dubbio, una figura che si e' tenuta stretta alla tradizione senza concedere nulla o quasi ai fermenti di cambiamento che pure ci sono nella chiesa dalle tante stanze. Ma nonostante questo un papa moderno capace nella societa' disorientata e disgregata di oggi, di rispondere all'esigenza da parte di tanti di avere delle forti figure di riferimento. Come, da questo punto di vista, sono moderne (o postmoderne) le spinte fondamentaliste di una parte del protestantesimo americano, che, non a caso, su alcune questioni, particolarmente nel campo etico, con Giovanni Paolo II e' andato spesso molto d'accordo, pur senza mai riconoscerlo apertamente. 5. RIFLESSIONE. ROSSANA ROSSANDA: UN PO' DI SILENZIO [Dal quotidiano "Il manifesto" del 3 aprile 2005. Rossana Rossanda e' nata a Pola nel 1924, allieva del filosofo Antonio Banfi, antifascista, dirigente del Pci (fino alla radiazione nel 1969 per aver dato vita alla rivista "Il Manifesto" su posizioni di sinistra), in rapporto con le figure piu' vive della cultura contemporanea, fondatrice del "Manifesto" (rivista prima, poi quotidiano) su cui tuttora scrive. Impegnata da sempre nei movimenti, interviene costantemente sugli eventi di piu' drammatica attualita' e sui temi politici, culturali, morali piu' urgenti. Opere di Rossana Rossanda: Le altre, Bompiani, Milano 1979; Un viaggio inutile, o della politica come educazione sentimentale, Bompiani, Milano 1981; Anche per me. Donna, persona, memoria, dal 1973 al 1986, Feltrinelli, Milano 1987; con Pietro Ingrao et alii, Appuntamenti di fine secolo, Manifestolibri, Roma 1995; con Filippo Gentiloni, La vita breve. Morte, resurrezione, immortalita', Pratiche, Parma 1996; Note a margine, Bollati Boringhieri, Torino 1996. Ma la maggior parte del lavoro intellettuale, della testimonianza storica e morale, e della riflessione e proposta culturale e politica di Rossana Rossanda e' tuttora dispersa in articoli, saggi e interventi pubblicati in giornali e riviste] Che la terra gli sia leggera, piu' di quanto lo sono stati i media. Giovanni Paolo II si e' spento, dopo giorni di patimento mentre l'Italia era sommersa da un mare di parole, immagini rubate, indiscrezioni. Un indecente voyeurismo. L'ultima fotografia del suo volto sfigurato nell'inutile tentativo di parlare alla folla ha campeggiato sulle prime pagine. Chi lo diceva morto, chi lo sentiva parlare in italiano e in tedesco, chi lo assicurava vigile e chi in coma. Se avessero potuto tenere le telecamere a mezzo metro dal letto e captare in audio l'ultimo respiro, lo avrebbero fatto. I soliti vescovi da tv non erano inginocchiati a pregare, stavano negli studi della Rai o di Mediaset a invitare alla preghiera gli altri. In un crescendo alimentato dai soliti conduttori siamo stati informati che piangevano e pregavano tutti i cattolici, anzi tutte le chiese cristiane, tutto l'ebraismo, tutti i musulmani; ci mancavano solo i sentimenti dei buddisti. Il presidente della Repubblica della quale sono anch'io cittadina, ha partecipato alle messe di veglia e fatto dichiarazioni un tempo impensabili per uno stato laico e che non mi rappresentano. Non so se questa spettacolarizzazione sia stata da lui desiderata o se sia frutto della curia e dei personaggi che lo circondavano. Certo Karol Wojtyla ha accettato e cercato tutti i media - per introdurre la Chiesa nel terzo millennio, ci dicono i vaticanisti - e alla fine e' stato vittima delle loro smoderatezze, che nessuno ormai ignora. Cosi' sono scomparse dalle prime pagine e dai telegiornali tutte le altre notizie, a meno che riguardassero la Formula 1. E forse questa massificazione di una religione facile ha guidato buona parte di quelli che da sabato hanno riempito piazza san Pietro per poter dire, come il nonno al tempo delle battaglie, "anche io c'ero", allo spegnersi delle luci delle due famose finestre. Come rimproverali? Non e' questo che mette a disagio chi, non credente, considera il cristianesimo un grande evento dell'umanita'. E' l'uso che se ne sta facendo. Perche' parlare di via crucis per un vecchio che stava morendo di pesanti malattie, come capita a milioni di altri al mondo, e senza essere arrivati alla sua eta', e senza le cure che a lui sono state prodigate? Di martirio? L'ebreo di Nazareth, convinto di essere figlio di Dio, accetto' di essere flagellato e morire di un orrendo supplizio, e solitario, come l'ultimo degli schiavi, per salvare il mondo. Karol Wojtyla, da quando e' stato eletto papa, non si e' sentito piu' un uomo, ma la voce di Cristo, fino a parlare di se' in terza persona. Ma era un uomo e ci ha fatto un'immensa pena questo suo proporsi come simbolo di una via d'uscita per un'umanita' non solo secolarizzata ma che dichiara ogni giorno di essere priva di ideali e di idee. Lo si e' consumato come una rockstar quando lo si sarebbe dovuto proteggere. Morire e' un duro lavoro, e piu' in una fibra come la sua che sfidava la montagna e le nevi, e ha a lungo resistito. Andava accompagnato con discrezione e pieta'. Non pensiamo che ce ne saranno molte al suo funerale e alla sua sepoltura. Verranno i grandi del mondo che non si sono sognati di dargli ascolto quando parlava per la pace e contro la ricchezza. E' stato la sola autorita' morale per chi non ha piu' avuto cura di un'etica terrena. Adesso viene il tempo per una riflessione sul papato di Giovanni Paolo II, anch'esso enfatizzato da elogi e dichiarazioni di primati e insostituibilita', che neanche Gregorio Magno. Ora si potra' misurare il suo apporto teologico, forse non cosi' rilevante, il suo insegnamento etico, forse non cosi' innovativo, il suo peso politico moltiplicato dal crollo dei comunismi, il suo ruolo non privo di ombre sulla comunita' ecclesiale. C'e' un giorno per vivere e un giorno per morire, dice il Qoelet. Che almeno questo sia lasciato al silenzio. 6. RIFLESSIONE. LUISA MURARO: ALTRI MOTIVI [Dal sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it) riprendiamo questo intervento di Luisa Muraro. Luisa Muraro insegna all'Universita' di Verona, fa parte della comunita' filosofica femminile di "Diotima"; dal sito delle sue "Lezioni sul femminismo" riportiamo la seguente scheda biobibliografica: "Luisa Muraro, sesta di undici figli, sei sorelle e cinque fratelli, e' nata nel 1940 a Montecchio Maggiore (Vicenza), in una regione allora povera. Si e' laureata in filosofia all'Universita' Cattolica di Milano e la', su invito di Gustavo Bontadini, ha iniziato una carriera accademica presto interrotta dal Sessantotto. Passata ad insegnare nella scuola dell'obbligo, dal 1976 lavora nel dipartimento di filosofia dell'Universita' di Verona. Ha partecipato al progetto conosciuto come Erba Voglio, di Elvio Fachinelli. Poco dopo coinvolta nel movimento femminista dal gruppo "Demau" di Lia Cigarini e Daniela Pellegrini e' rimasta fedele al femminismo delle origini, che poi sara' chiamato femminismo della differenza, al quale si ispira buona parte della sua produzione successiva: La Signora del gioco (Feltrinelli, Milano 1976), Maglia o uncinetto (1981, ristampato nel 1998 dalla Manifestolibri), Guglielma e Maifreda (La Tartaruga, Milano 1985), L'ordine simbolico della madre (Editori Riuniti, Roma 1991), Lingua materna scienza divina (D'Auria, Napoli 1995), La folla nel cuore (Pratiche, Milano 2000). Con altre, ha dato vita alla Libreria delle Donne di Milano (1975), che pubblica la rivista trimestrale "Via Dogana" e il foglio "Sottosopra", ed alla comunita' filosofica Diotima (1984), di cui sono finora usciti sei volumi collettanei (da Il pensiero della differenza sessuale, La Tartaruga, Milano 1987, a Il profumo della maestra, Liguori, Napoli 1999). E' diventata madre nel 1966 e nonna nel 1997"] Sabato sera, durante il programma "L'infedele" della rete televisiva "La Sette", condotto da Gad Lerner, e' arrivata la notizia della morte del papa; un vescovo che partecipava alla trasmissione, Alessandro Maggiolini, ha letto un salmo, tutti si sono alzati in piedi, io invece sono rimasta seduta. Questo fatto e' stato notato ed ha ricevuto una sola spiegazione, che io non ero d'accordo con la preghiera per il morto ne' con il morto. Se fossi poetessa, a questo punto scriverei una poesia. Per fortuna la poesia c'e' gia', l'ha scritta, guarda caso, una compatriota del papa defunto, Wislava Szymborska, premio Nobel, s'intitola La moglie di Lot, ricordate chi e': la donna della Bibbia, non sappiamo il suo nome, che fu cambiata in una statua di sale perche', fuggendo da Sodoma e Gomorra in fiamme, si e' girata indietro, contro l'ordine divino. E' lei che parla e dice: "Guardai indietro, dicono, per curiosita', ma potevo avere, curiosita' a parte, altri motivi". Altri motivi, quali? Tutta la poesia altro non e' che una risposta a questa domanda, un elenco di motivi diversi da quell'unico che da' la Bibbia. Dice la moglie di Lot: "potrei essermi girata per distrazione, allacciandomi il sandalo, oppure per distogliere lo sguardo dalla nuca del mio bravo marito, oppure per l'improvvisa certezza che se fossi morta, lui non si sarebbe neppure fermato", proprio come Enea (aggiungo io) il quale fuggendo da Troia in fiamme per andare a fondare Roma, perde la moglie, incidenti che capitano agli uomini troppo zelanti, evidentemente. "Potrei essermi girata, continua l'anonima, per la disubbidienza degli umili", testuali parole, molto belle, si pensa subito ai bambini, oppure "per tendere l'orecchio agli inseguitori, oppure per vedere speranzosa se Dio non ci avesse ripensato..." eccetera, eccetera, fino alla fine, quando spiega il vero motivo: non ce la faceva piu' a correre, era rimasta indietro, la strada era diventata impraticabile, l'aria irrespirabile, "mancandomi l'aria mi rigirai piu' volte, chi mi avesse visto poteva pensare che danzassi, non escludo che i miei occhi fossero aperti, e' possibile che io sia caduta con il viso rivolto alla citta'". Il motivo finale, ossia il racconto di come sono andate veramente le cose, che poi anch'io faro', non elimina i motivi possibili, sarebbe come cancellare la poesia. Non si puo' neanche dire che il motivo finale sia piu' vero di quegli altri, perche' il veramente vero non e' in un fatto determinato, ma e' in quel fatto la' guardato sullo sfondo di tante altre possibilita', da uno sguardo che sa che le cose umane sono molto complicate. Il veramente vero e' nello sguardo che "ascolta" quello che vede per sentire, dentro di se', che cosa puo' voler dire quello che sta guardando. Potrei non essermi alzata in piedi perche' stavo male, sono una donna anziana e mi capita di stare male e di dover restare seduta dove sono, finche' passa. Oppure perche' mi piace pregare seduta. Potrei averlo fatto, chissa', per simpatia con il vescovo Maggiolini che si era alzato sulle gambe malferme, per convincerlo a restare seduto anche lui e a non fare quello sforzo. O perche' sono una donna che non ha bisogno di mettersi sull'attenti per onorare i morti, e volevo farlo vedere, che sono una donna, in quel posto cosi' pieno di uomini. Poteva essere che volevo finalmente pensare al morto e fare pace con lui dentro di me... "Guardai indietro per tutti questi motivi. Guardai indietro non per mia volonta'". Racconto come sono andati i fatti. Quando la notizia della morte del papa e' arrivata negli studi televisivi, e ci arrivo' subito, prima ancora che in piazza San Pietro, noi partecipanti eravamo in pausa pubblicita', occupati a bere acqua e a parlottare. La notizia girava dall'uno all'altro, a stento, senza apparente emozione, ma non posso giudicare gli altri, io ho pensato: parliamo di lui, prima che riprendano le riprese, c'era una cosa che volevo dire al conduttore, Gad Lerner: adesso si' che il papa ha un rapporto privilegiato con la trascendenza, adesso che e' passato di la' e non e' piu' il papa... Questione di secondi, perche' si e' posto subito il problema di organizzare qualcosa per quando le telecamere fossero tornate a riprenderci, l'idea e' che il vescovo legga qualcosa, ma che cosa? il vescovo non ha libri sacri con se', allora Maria B., da me invitata a venire la' per avere un'amica vicina, tira fuori dalla borsa un vangelo piu' salmi ("me lo porto sempre dietro", mi ha confidato poi), il vescovo chiede che gli si trovi fuori il salmo 41 anzi 42, quello che comincia con "Come la cerva anela ai corsi d'acqua", trovato appena in tempo, tutti al loro posto, le telecamere e i fari si riaccendono, tutti si alzano e Maggiolini comincia a leggere. A me sembrava tutto finto e rimasi seduta, poi in realta' il testo, inutile dire bellissimo, mi entrava dentro, e sono sicura che questo era vero anche per le persone presenti, o una parte di loro, non posso saperlo, e sono rimasta seduta ad ascoltarlo, pensando piu' a mia madre che al papa, devo dire, ma non in estasi, tutt'altro, ero consapevolissima della mia postura un po' irregolare ed altrettanto decisa a restarci, perche' io non credo nei gesti convenzionali miei o altrui, credo di piu' nella spontaneita'. Vero e' che stare seduta, da parte mia, non era spontaneita', spontaneo sarebbe stato fare come gli altri, ma ero, sono troppo stufa di vedere e ascoltare gente che faceva, fa teatro intorno alla religione. Stufa orba, come si dice dalle mie parti. 7. PROFILI. SARA SESTI: SHIRIN EBADI [Dal sito www.universitadelledonne.it riprendiamo questo profilo. Sara Sesti, insegnante di matematica, fa parte dell'associazione Donne e scienza e collabora con la Mathesis. Ha curato, per il centro di ricerca Pristem dell'Universita' Bocconi, la mostra "Scienziate d'Occidente. Due secoli di storia", e ha fatto parte della redazione delle riviste "Lapis" e "Il Paese delle donne". Ha pubblicato con Liliana Moro il libro Donne di scienza. 55 biografie dall'antichita' al duemila", Pristem-Universita' Bocconi, Milano 2002. Tiene i corsi di informatica della Libera Universita' delle Donne di Milano. E' una delle webmaster del sito www.universitadelledonne.it, per cui cura la ricerca delle immagini e le rubriche "Scienza e tecnologie", "Libri, film, Mostre" e Pensiamoci". Opere di Sara Sesti: con Liliana Moro, Donne di scienza. 55 biografie dall'antichita' al duemila, Pristem - Universita' Bocconi, seconda edizione 2002. Su Shirin Ebadi cfr. anche i profili scritti da Giuliana Sgrena e Marina Forti apparsi nei nn. 701 e 756 di questo foglio] Il 9 ottobre 2003 e' stato assegnato ad Oslo il Nobel per la pace all'iraniana Shirin Ebadi, 56 anni, avvocata, madre di due figlie. Il premio le e' stato conferito "per il suo impegno nella difesa dei diritti umani e a favore della democrazia. Si e' concentrata specialmente sulla battaglia per i diritti delle donne e dei bambini". Ebadi e' l'undicesima donna a vincere il Nobel per la pace, da quando il riconoscimento e' stato istituito nel 1903, ed e' la prima musulmana. Shirin Ebadi, nata nel 1947, e' stata la prima donna nominata giudice prima della rivoluzione. Laureata in legge nel 1969 all'Universita' di Teheran, e' stata nominata presidente del tribunale dal 1975, ma dopo la rivoluzione del 1979 e' stata costretta a dimettersi per le leggi che limitarono autonomia e diritti civili delle donne iraniane. Con l'avvento di Khomeini al potere infatti venne decretato che le donne sono troppo emotive per poter amministrare la giustizia. Avvocato, ha difeso le famiglie di alcuni scrittori e intellettuali uccisi tra il 1998 e il 1999. E' stata tra i fondatori dell'Associazione per la protezione dei diritti dei bambini in Iran, di cui e' ancora una dirigente. Nel 1997 ha avuto un ruolo chiave nell'elezione del presidente riformista Khatami. E' stata avvocato di parte civile nel processo ad alcuni agenti dei servizi segreti, poi condannati per aver ucciso, nel 1998, il dissidente Dariush Forouhar e sua moglie. Nel 2000 ha partecipato ad una conferenza a Berlino sul processo di democratizzazione in Iran, organizzata da una fondazione vicina ai Verdi tedeschi, che provoco' grande clamore e la pronta reazione dei poteri conservatori a Teheran, che arrestarono diversi dei partecipanti al loro ritorno in Iran. Perseguitata a causa delle indagini che stava svolgendo, nel 2000 e' stata sottoposta a un processo segreto per aver prodotto e diffuso una videocassetta sulla repressione anti-studentesca del luglio 1999, materiale che secondo l'accusa "disturbava l'opinione pubblica". Arrestata, ha subito 22 giorni di carcere. Il Comitato del Nobel e' lieto di premiare "una donna che fa parte del mondo musulmano", si legge nella motivazione del premio che sottolinea come Ebadi "non veda conflitto fra Islam e i diritti umani fondamentali". "Per lei e' importante che il dialogo fra culture e religioni differenti del mondo possa partire da valori condivisi", prosegue il comitato, la cui scelta appare particolarmente mirata in un contesto storico di tensioni fra Islam e Occidente. "La sua arena principale e' la battaglia per i diritti umani fondamentali, e nessuna societa' merita di essere definita civilizzata, se i diritti delle donne e dei bambini non vengono rispettati" prosegue la nota. "E' un piacere per il comitato norvegese per il Nobel assegnare il premio per la pace a una donna che e' parte del mondo musulmano, e di cui questo mondo puo' essere fiero, insieme con tutti coloro che combattono per i diritti umani, dovunque vivano". Il Nobel a lei assegnato ci dice che diritti umani, diritti delle donne e difesa della pace fanno tutt'uno e sono patrimonio comune di tutta l'umanita', anche in quella parte del mondo che ancora non ne riconosce il valore. Ebadi e' stata scelta tra 165 candidati... 8. MEMORIA. PAOLA MENEGANTI: LISA, GLADYS [Dal sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it) riprendiamo il seguente articolo apparso sul quotidiano "Il Tirreno" del 24 marzo 2005. Paola Meneganti opera presso la Commissione per le pari opportunita' della Provincia di Livorno. Lisa Giua Foa, nata nel 1923 a Torino da una famiglia di illustri intellettuali antifascisti, partigiana, intellettuale, storica e saggista, attenta osservatrice dell'est, un lungo impegno politico nel Pci, tra i fondatori del "Manifesto", poi in "Lotta Continua", poi ancora impegnata, da ultimo nella Fondazione Alexander Langer. Opere di Lisa Foa: tra le altre segnaliamo: La societa' sovietica, Loescher, Torino 1973; sua la prefazione a Yolande Mukagasana, La morte non mi ha voluta, La meridiana, Molfetta (Bari) 1998; E' andata cosi', Sellerio, Palermo 2004. Scritti su Lisa Foa: segnaliamo il profilo scritto da Adriano Sofri in Italiane, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Roma 2004; e la pagina a lei dedicata dal quotidiano "Il manifesto" del 5 marzo 2005, che riporta anche un suo profilo estratto dal capolavoro di Natalia Ginzburg, Lessico famigliare, Einaudi e Mondadori, varie edizioni ("Lisetta era identica al fratello Renzo, alta, magra, pallida, diritta con gli occhi accesi, con i capelli corti e un ciuffo sulla fronte. Andavamo insieme in bicicletta...". E ancora alla fine del libro: "Lisetta non era molto cambiata, dal tempo che andavamo in bicicletta e mi raccontava i romanzi di Salgari. Era sempre magra, dritta e pallida, con gli occhi accesi e col ciuffo sugli occhi. Sognava, a quattordici anni, imprese avventurose: e aveva avuto qualcosa di quello che aveva sognato, durante la Resistenza. Era stata arrestata, a Milano, e incarcerata a Villa Triste. L'aveva interrogata la Ferida. Amici travestiti da infermieri l'avevano aiutata a fuggire. Poi si era ossigenata i capelli, per non essere riconosciuta. Aveva avuto, tra fughe e travestimenti, una bambina..."). Su Gladys Marin cfr. anche il profilo scritto da Maurizio Matteuzzi riportato nel n. 865 di questo foglio] Se ne sono andate a breve distanza l'una dall'altra, Lisa Giua Foa e Gladys Marin, due donne libere. Ho cercato, tra le pagine di Lessico famigliare di Natalia Ginzburg, questo "ritrattino" affettuoso di Lisa Foa, Lisetta, da ragazzina "identica al fratello Renzo, alta, magra, pallida, diritta, con gli occhi accesi, con i capelli corti e un ciuffo sulla fronte... Oltre a leggere i libri di Croce, leggeva anche i romanzi di Salgari... Nei suoi sogni e nei suoi discorsi si mescolavano maraja indiani, frecce avvelenate, i fascisti...". Il fratello Renzo sarebbe morto durante la guerra civile in Spagna, dove era accorso come volontario per combattere contro il fascismo di Franco. Ancora, anni dopo, quando viene a frutto questa splendida educazione sentimentale: "Sognava, a quattordici anni, imprese avventurose: e aveva avuto qualcosa di quello che aveva sognato, durante la Resistenza. Era stata arrestata, a Milano, e incarcerata a Villa Triste. L'aveva interrogata la Ferida. Amici travestiti da infermieri l'avevano aiutata a fuggire. Poi si era ossigenata i capelli, per non essere riconosciuta. Aveva avuto, tra fughe e travestimenti, una bambina. Per molto tempo, finita la guerra, le erano rimaste ciocche ossigenate tra i corti capelli castani...". Dopo la guerra, ancora impegno, su molti versanti: i diritti umani, nella Russia dei dissidenti, nella Polonia di Solidarnosc, in Cecenia e in Africa, dove aveva viaggiato. Anni fa si fece il suo nome per la Presidenza della Repubblica. Senza ovviamente nulla togliere a Carlo Azeglio Ciampi, sarebbe stata una grande Presidente per una Repubblica che avesse inteso far tesoro della propria storia e della propria memoria. * In Cile, Gladys Marin Mille, presidente del Partito comunista cileno, e' morta dopo una lunga malattia. Figlia di un campesino e di una maestra elementare, si era battuta con grande coraggio contro il regime fascista di Pinochet, pagando con la persecuzione subita da lei e dal marito, Jorge Munoz, ancora oggi nella lista dei detenuti di cui non si e' saputo piu' nulla. Ha scritto Luis Sepulveda: "un pezzo di Cile, una parte della nostra cultura umana e politica se ne va con te... certo e' che con Gladys, al di la' delle differenze sul modo di realizzare le trasformazioni tanto necessarie alla nostra societa', in questi momenti critici, in quegli anni di militanza e gioventu', ci univamo spalla a spalla per resistere a ogni bufera, per resistere ai temporali del dolori e ai duri colpi del tradimento". Sepulveda, a Pisa nei giorni scorsi, ricordando la propria esperienza nella Gap, la guardia del presidente Allende, ha narrato di un giorno in cui si sono ritrovati i superstiti di quella stagione, di quella esperienza. Insieme, ancora una volta, avevano pronunciato il vecchio giuramento di fedelta' alla democrazia ed al Presidente; e l'eco, raccontava, riportava non le loro voci di ora, ma quelle di allora, quando erano giovani colmi di passione per la liberta'. Io penso che dovremmo ricordare Lisa Foa e Gladys Marin con la loro voce giovane, ardente, che hanno sempre mantenuto vitale e libera. Addio Lisa, addio Gladys. Io non credo nell'aldila', ma mi piacerebbe che ci fosse un luogo in cui tutte voi belle, oneste, coraggiose persone poteste ritrovarvi, e parlare e brindare alla liberta'. 9. LIBRI. LILIANA MORO PRESENTA "IL 'GENERE' DEI LIBRI" DI TIZIANA PLEBANI [Dal sito dell'Universita' delle donne di Milano (www.universitadelledonne.it). Liliana Moro (per contatti: mor.li at libero.it), insegnante di italiano e storia, fa parte della Societa' Italiana delle Storiche e collabora con la Libera Universita' delle Donne come docente. Si occupa di storia dell'istruzione e di storia della scienza e collabora con la rivista "Il paese delle donne". Opere di Liliana Moro: AA. VV., Profumi di donne, Cuen, 1997; con Sara Sesti, Donne di scienza. 55 biografie dall'antichita' al duemila, Pristem - Universita' Bocconi, seconda edizione 2002. E' una delle webmaster del sito dell'Universita' delle donne, e cura in particolare le rubriche Storia, Guerra, Pensiamoci e l'Agenda. Tiziana Plebani, bibliotecaria e storica, e' attiva nella Rete di donne per la pace di Mestre e Venezia; tra le sue opere: Il genere dei libri, Angeli, Milano 2001; Corpi e storia, Viella 2002] Oggi che le donne rappresentano la maggioranza della popolazione scolastica in tutti gli ordini di studi e' difficile immaginare che per secoli la cultura europea fosse loro preclusa. Di fatto le scuole superiori e le universita', a Parigi come a Oxford o a Padova, impedirono la frequenza alle ragazze fino alla fine dell'Ottocento e oltre. Cio' ebbe naturalmente diverse conseguenze sul rapporto tra le donne e il sapere e sulla costruzione della stessa cultura accademica, che non pote' usufruire del punto di vista femminile nella costruzione dei paradigmi delle varie discipline. Tuttavia da questa secolare esclusione non sarebbe corretto dedurre una estraneita' delle donne alla cultura scritta. Ce ne informa Tiziana Plebani in questo suo testo (Tiziana Plebani, Il "genere" dei libri. Storie e rappresentazioni della lettura al femminile e al maschile tra Medioevo e eta' moderna, Franco Angeli, Milano 2001), frutto di un'ampia ricerca e di una profonda passione per i libri (non a caso e' bibliotecaria alla Biblioteca Nazionale Marciana di Venezia, dove e' responsabile della conservazione e del restauro) che l'ha condotta a indagare rappresentazioni e pratiche della lettura nelle generazioni che ci hanno preceduto. Scopriamo cosi' che le donne del Medioevo non erano affatto illetterate ne' tantomeno aliene dal contatto con i libri: ne frequentavano di vario tipo, dai libri di preghiere alle guide per il cucito. Ne facevano un uso collettivo, per lo piu', cosi' che un singolo volume era letto e consultato da diverse persone. Si ricordi che prima che la carta venisse importata in Europa dalla Cina, i libri erano oggetti costosi e assai rari, oltre che un po' ingombranti. Le donne, dunque, grandi lettrici oggi e ieri, avevano modi e tempi di lettura diversi dagli uomini, ma non si mantenevano alla larga dal leggere, nemmeno in epoca premoderna. 10. LIBRI. PAOLO ANDRUCCIOLI PRESENTA "SOBRIETA'" DI FRANCESCO GESUALDI [Dal quotidiano "Il manifesto" del 30 marzo 2003. Paolo Andruccioli (Roma, 1955) scrive sulla pagina economica del quotidiano "il manifesto", e' stato caporedattore dello stesso giornale e direttore responsabile della rivista di dibattito politico-teorico "Il Passaggio" e della rivista mensile "Polizia e democrazia". Opere di Paolo Andruccioli, La trappola dei fondi pensione, Feltrinelli, Milano. Francesco Gesualdi e' il principale animatore del "Centro nuovo modello di sviluppo" di Vecchiano; e' nato nel 1949, allievo della scuola di Barbiana (e' il Francuccio di don Milani), tra altre rilevanti esperienze ha trascorso due anni in Bangladesh per un servizio di volontariato ed e' tra i promotori della Rete di Lilliput. Tra le opere di Francesco Gesualdi: Signorno', Guaraldi; Economia: conoscere per scegliere, Lef; Energia nucleare: cos'e' e i rischi a cui ci espone, Movimento Nonviolento; (con Jose' Luis Corzo Toral), Don Milani nella scrittura collettiva, Edizioni Gruppo Abele; Manuale per un consumo responsabile, Feltrinelli; Sobrieta', Feltrinelli. Il "Centro nuovo modello di sviluppo" di Vecchiano e' una delle piu' rilevanti esperienze di impegno teorico e pratico contro le ingiustizie globali, che affronta con rigore ed efficacia i temi del disagio economico, sociale, fisico, psichico e ambientale sia a livello locale che internazionale, con particolar attenzione al Sud del mondo; il Centro ha promosso e sta portando avanti importanti campagne per i diritti umani. Tra le opere del Centro nuovo modello di sviluppo: Boycott, Macroedizioni; Lettera ad un consumatore del Nord; Nord/Sud. Predatori, predati e opportunisti; Sulla pelle dei bambini; Geografia del supermercato mondiale; Guida al consumo critico; Sud/Nord. Nuove alleanze per la dignita' del lavoro; Ai figli del pianeta; tutti presso la Emi] Il Prodotto interno lordo (Pil), nelle societa' "occidentali", non cresce piu'. Su questo dato di fatto c'e' la quasi pressoche' unanimita'. Molto piu' difficile l'operazione di trovare un accordo sul che fare. Ci si divide cosi' tra chi assume un'ottica quantitativa e chi dice che e' giunto il momento (anzi forse siamo in ritardo) di provare a cambiare i termini del problema. Ovvero azzardare i contorni di un nuovo modello di sviluppo. A questo "partito", assolutamente minoritario, appartiene Francesco Gesualdi, che con il "Centro nuovo modello di sviluppo" ha pubblicato il libro Sobrieta'. Dallo spreco di pochi ai diritti per tutti (Feltrinelli, Milano 2005, pp. 163, euro 9). Il problema, per l'autore, non e' quello di inventarsi una ricetta magica: qualche investimento in piu', risorse per la ricerca e l'innovazione tecnologica, magari con una spruzzatina di ulteriore flessibilita' del lavoro. Si tratta invece di cominciare a praticare strade diverse, a cominciare dalle scelte individuali, in termini di risparmio e consumo. Dove investiamo i nostri soldi? Che fine fanno gli investimenti dei fondi pensione? E poi: ci sono davvero consumatori in grado di orientarsi nella giungla delle pubblicita'? Le domande sono tante, ma Gesualdi non commette l'errore di perdersi nei meandri dei tecnicismi, ne' pretende di costruire un sistema filosofico o una nuova teoria economica. Preferisce cominciare con la descrizione brutale degli squilibri nel mondo. "Scandalosi", magari troppo lontani da noi. "Per guardare in faccia la poverta' assoluta - scrive Gesualdi - basta attraversare il Mediterraneo e mettere piede in una baraccopoli del Cairo". Solo cosi' ci si puo' rendere conto: "se riuscirai a superare il senso di soffocamento che si prova nella calca opprimente, se riuscirai a superare la nausea che immancabilmente sale alla gola quando si e' costretti a camminare in stradine solcate da rigagnoli pieni di merda e di piscio". Poi ci sono i numeri, le statistiche che ci descrivono un mondo sempre piu' ineguale, ingiusto, pieno di sfruttati e di assenza di liberta'. Per molti lettori di questo giornale non si tratta di novita'. Ma il libro fa effetto perche' rimette in fila tutto quello che va storto e propone appunto una via di fuga fuori dal coro. La proposta e' una politica della sobrieta', che poi e' la filosofia della campagna lanciata nel settembre del 1993 a Verona dai "Beati i costruttori di pace". Primo obiettivo sara' quello di ridurre. Consumiamo e sprechiamo. Utilizziamo perfino il consumo per "rimarginare le ferite nei rapporti tra le persone". Persino con i nostri figli, che vediamo sempre troppo poco, ce la caviamo spesso con un bel giocattolo, che magari dura il tempo della sorpresa e poi viene buttato da una parte in una stanza piena di altri giocattoli. Il consumo e' solo "usa e getta", mentre con il riciclaggio potremmo ottenere un risparmio energetico del 95% nel caso dell'alluminio, del 75% nel caso del rame e del 60% nel caso dell'acciaio. Gesualdi ripropone poi il discorso sulle energie alternative, ma anche in questo campo mette in guarda da facili scorciatoie. Il problema non si risolve sostituendo l'idrogeno alla benzina, anche perche' con l'avvento della motorizzazione di massa a livello mondiale c'e' da chiedersi davvero che cosa sta per succedere. Nella definizione di un nuovo modello di sviluppo c'e' inoltre da rivedere completamente le culture dominanti: da una condizione di insicurezza totale, si tratterebbe di costruire una societa' delle sicurezze. Dal primato assoluto della privatizzazione e del mercato, passare a una nuova economia del bene comune. Gesualdi, anche qui, non propone un contromanuale di economia politica. Suggerisce piuttosto di praticare scelte, individuali e collettive, anche molto radicali: dal consumo e risparmio critico fino a forme di vero e proprio boicottaggio (sulla scia delle campagne di Greenpeace e di altri movimenti), all'obiezione alle spese militari praticata da molti cattolici e pacifisti contro le scelte di guerra. Si tratta, scrive l'autore, di ritrovare il coraggio di sognare. Ma questo non vuol dire stare alla finestra. Anzi l'impegno si dovrebbe trasformare in campagne, forme di pressione nei confronti dei partiti e delle istituzioni. L'idea e' quella di diventare un vero movimento di massa per la sobrieta' con dei principi "forti, universali, condivisibili, che accendano speranze e diano voglia di impegnarsi". 11. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 12. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at inwind.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 891 del 6 aprile 2005 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione).
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