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La nonviolenza e' in cammino. 890
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 890
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Tue, 5 Apr 2005 00:10:51 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 890 del 5 aprile 2005 Sommario di questo numero: 1. Peppe Sini: Solidarieta' con Farid Adly, minacciato di morte 2. Il 25 aprile in difesa della Costituzione 3. Piero Calamandrei: Epigrafi per donne, uomini e citta' della Resistenza 4. Carla Cohn: Il prato 5. Anna Bravo ricorda Maria Occhipinti 6. Chiara Vergano intervista Serge Latouche 7. La "Carta" del Movimento Nonviolento 8. Per saperne di piu' 1. APPELLI. PEPPE SINI: SOLIDARIETA' CON FARID ADLY, MINACCIATO DI MORTE [Farid Adly, autorevole giornalista e prestigioso militante per i diritti umani, e' direttore di "Anbamed. Notizie dal Mediterraneo" (per contatti: anbamed at katamail.com)] Farid Adly, persona buona e coraggiosa, prestigioso giornalista impegnato per la verita' e i diritti di tutti, operatore di pace e di giustizia, costruttore di dialogo, amico della nonviolenza, ha ricevuto una grave minaccia di morte. A Farid Adly esprimiamo la nostra piena solidarieta'. A tutti coloro che ci leggono chiediamo di prendere posizione, di diffondere la notizia, di esprimere sostegno a Farid, di far sapere a chi lo minaccia che Farid non e' solo con i suoi compagni di lotta di Acquedolci, ma che insieme a lui vi sono tantissime donne ed uomini che con lui lottano per la verita' e la giustizia, per la pace e i diritti umani di tutti gli esseri umani, per la difesa della biosfera e una societa' libera, giusta, solidale. Le dichiarazioni di solidarieta' con Farid Adly possono essere inviate all'agenzia "Anbamed. Notizie dal Mediterraneo" di cui e' direttore: e-mail: anbamed at katamail.com * Riportiamo di seguito un comunicato stampa emesso il 4 aprile 2005 dall'unita' di base di Acquedolci dei Democratici di sinistra che da' notizia dei fatti. "Il nostro compagno ing. Farid Adly, della direzione provinciale Ds - federazione dei Nebrodi, nonche' giornalista, collaboratore del "Corriere della Sera", di Radio Popolare e del "Manifesto", e' stato oggetto di minaccia di morte da parte di una persona sconosciuta che lo ha affrontato in auto nel centro di Acquedolci, paese in provincia di Messina, suo luogo di residenza. Le minacce fanno riferimento ad una trasmissione televisiva, sulla rete regionale Onda Tv, di confronto con amministratori locali durante la quale l'ing. Farid Adly ha denunciato i mali del territorio acquedolcese ed in particolare le discariche a cielo aperto nelle valli dei torrenti Inganno e del Furiano. Uno sconosciuto ancora da identificare si e' avvicinato in auto e ha intimato all'ing. Farid Adly, in dialetto siciliano, di "parlare di meno in tv, altrimenti ti manderemo al tuo paese in una bara". Alla pronta azione dell'ing. Adly che ha chiamato a raccolta i cittadini presenti nella via Nazionale nei pressi della piazza municipale, il 'picciotto' e' fuggito in macchina. Queste inqualificabili minacce sono avvenute la sera di sabato 2 aprile 2005, successivamente all'azione di linciaggio morale compiuta lo stesso pomeriggio durante i lavori del consiglio comunale, quando un consigliere comunale ha avuto l'ardire di chiedere retoricamente i risarcimenti per i danni arrecati, a suo dire, all'immagine di Acquedolci. Il sindaco aveva ulteriormente rincarato la dose, facendo un discorso sopra le righe e senza la possibilita' di ribattere da parte nostra, accusando l'ing. Farid Adly di essere all'origine del ritardo della bonifica delle bombe ecologiche, "perche' le sue denunce con le 'gite turistiche', ha affermato il sindaco, avevano allertato l'Antimafia, i Carabinieri e la Guardia di Finanza e provocato il conseguente sequestro dei siti definiti vere e proprie bombe ecologiche". "Non facciamo un collegamento diretto tra i discorsi del consiglio comunale e le minacce mafiose, ha detto il segretario dei Democratici di sinistra di Acquedolci, Giuseppe Carone, ma il linciaggio morale e l'istigazione all'odio dei politici, possono dare l'impressione dell'isolamento del nostro partito presso i 'picciotti' e da li' il passo e' breve verso l'azione intimidatoria. Ma non ci intimidiscono! Noi continueremo a denunciare i mali di questa citta' e il fallimento di questa amministrazione, che ha portato al declino di Acquedolci". L'ing. Farid Adly ha sporto regolare denuncia alle autorita' competenti per l'identificazione dell'autore dell'atto intimidatorio. "Sono per natura e per impegno un seguace della nonviolenza, ha detto Adly, chiunque abbia messo in atto questa azione si qualifica da se'; noi risponderemo con la fermezza, la legalita' e con la massima fiducia nelle istituzioni. Chiediamo a tutti di rispettare il confronto democratico e di rispondere alle nostre critiche con la dialettica politica. Altrimenti - ha aggiunto - si darebbe spazio a coloro che vogliono pescare nel torbido. I nostri amministratori devono dimostrare determinazione contro le illegalita' palesi che si compiono quotidianamente nel nostro territorio. Non e' ammissibile rovesciare la logica, sostenendo che chi denuncia i mali del territorio infanga il nome della citta'. Noi riaffermiamo che il nome di Acquedolci e' infangato da chi non compie il suo dovere di amministratore. Che si faccia un esame di coscienza prima di pronunciare accuse. Il signor sindaco non puo' dire in televisione che io sporco i giornali, piuttosto faccia pulire le strade del paese e provveda alla bonifica delle pattumiere a cielo aperto nelle valli dei torrenti". "Ringraziamo i tanti che ci hanno espresso solidarieta', fiducia e sostegno - ha concluso il segretario Giuseppe Carone - e promettiamo loro che non demorderemo dall'azione legale e coerente per l'interesse collettivo di tutti. Siamo sicuri di essere in tanti e in buona compagnia". Cosi' il comunicato stampa dei Ds di Acquedolci. Per ogni ulteriore informazione: tel. 3398599708, o anche 0941730053. * Ci permettiamo di chiedere a tutte e tutti coloro che ci leggono di fare, subito, un gesto di solidarieta', diffondendo la notizia e scrivendo a Farid Adly (presso "Anbamed. Notizie dal Mediterraneo", e-mail: anbamed at katamail.com); un gesto di solidarieta' che e' anche un segno di gratitudine per quanto Farid Adly da tanti anni sta facendo. 2. APPELLI. IL 25 APRILE IN DIFESA DELLA COSTITUZIONE [Dal quotidiano "Il manifesto" del 2 aprile 2005 riprendiamo il seguente appello. Tra i primi firmatari: Dario Fo, Lidia Menapace, Franca Rame. Per adesioni: mario.agostinelli at lombardiacom.it, paolo.cagnaninchi at fastwebnet.it] Sessant'anni fa il nostro paese usciva da una guerra doppiamente tragica: un conflitto mondiale con perdite umane mai prima d'allora immaginabili, lo sterminio pianificato dei campi di concentramento; in patria la guerra civile che con la Resistenza ci restituiva dignita' e un posto tra le nazioni civili. Ne nasceva una Costituzione, patto di cittadinanza fondato sul ripudio della guerra, sul lavoro e su un equilibrio di poteri che garantiva la vita civile e politica. Sessant'anni dopo, oggi, alla vigilia dell'anniversario del XXV Aprile, una maggioranza senza principi, ricattata da una Lega cresciuta sull'egoismo becero e sul razzismo, porta a compimento lo scempio di questo patto: dopo aver buttato a mare l'articolo 11 che ripudia la guerra, rompe l'equilibrio tra i poteri dello stato e lo stato stesso con un premierato arbitrario e un federalismo che cancella il diritto all'eguaglianza dei cittadini. Questo strappo puo' fare della nostra Costituzione carta straccia e aprire la via a un nuovo regime. Non bastano percio' gli strumenti istituzionali di una democrazia delegata sempre piu' debole, occorre una mobilitazione generale che restituisca voce ai cittadini subito e apra una forte e costante campagna di sensibilizzazione che si concluda con la vittoria al referendum. Con questo appello proponiamo per il XXV Aprile, anniversario della Liberazione dal nazifascismo e inizio di una nuova Italia, una grande manifestazione nazionale a Milano, riscoprendo che anche oggi si puo' ripartire dal nord - oggi culla del berlusconismo e del leghismo - perche' come allora il popolo italiano difenda la sua dignita', la sua democrazia, il suo ruolo tra le nazioni civili riaffermando i valori e i principi della sua Costituzione. 3. MAESTRI. PIERO CALAMANDREI: EPIGRAFI PER DONNE, UOMINI E CITTA' DELLA RESISTENZA [I testi che qui ancora una volta riproponiamo sono estratti dal libro di discorsi, scritti ed epigrafi di Piero Calamandrei, Uomini e citta' della Resistenza, edito nel 1955 e successivamente ristampato da Laterza, Bari 1977 (l'edizione da cui citiamo), piu' recentemente riproposto da Linea d'ombra, Milano 1994. Piero Calamandrei, nato a Firenze nel 1889 ed ivi deceduto nel 1956, avvocato, giurista, docente universitario, antifascista limpido ed intransigente, dopo la Liberazione fu costituente e parlamentare, fondatore ed animatore della rivista "Il Ponte", impegnato nelle grandi lotte civili] VIVI E PRESENTI CON NOI FINCHE' IN LORO CI RITROVEREMO UNITI MORTI PER SEMPRE PER NOSTRA VILTA' QUANDO FOSSE VERO CHE SONO MORTI INVANO (In limine al libro Uomini e citta' della Resistenza) * DA QUESTA CASA OVE NEL 1925 IL PRIMO FOGLIO CLANDESTINO ANTIFASCISTA DETTE ALLA RESISTENZA LA PAROLA D'ORDINE NON MOLLARE FEDELI A QUESTA CONSEGNA COL PENSIERO E COLL'AZIONE CARLO E NELLO ROSSELLI SOFFRENDO CONFINI CARCERI ESILII IN ITALIA IN FRANCIA IN SPAGNA MOSSERO CONSAPEVOLI PER DIVERSE VIE INCONTRO ALL'AGGUATO FASCISTA CHE LI RICONGIUNSE NEL SACRIFICIO IL 9 GIUGNO 1937 A BAGNOLES DE L'ORNE MA INVANO SI ILLUSERO GLI OPRESSORI DI AVER FATTO LA NOTTE SU QUELLE DUE FRONTI QUANDO SPUNTO' L'ALBA SI VIDERO IN ARMI SU OGNI VETTA D'ITALIA MILLE E MILLE COL LORO STESSO VOLTO VOLONTARI DELLE BRIGATE ROSSELLI CHE SULLA FIAMMA RECAVANO IMPRESSO GRIDO LANCIATO DA UN POPOLO ALL'AVVENIRE GIUSTIZIA E LIBERTA' (Epigrafe sulla casa dei fratelli Rosselli, in Firenze, via Giusti n. 38) * GIUSTIZIA E LIBERTA' PER QUESTO MORIRONO PER QUESTO VIVONO (Epigrafe sulla tomba dei fratelli Rosselli, nel cimitero di Trespiano - Firenze) * NON PIU' VILLA TRISTE SE IN QUESTE MURA SPIRITI INNOCENTI E FRATERNI ARMATI SOL DI COSCIENZA IN FACCIA A SPIE TORTURATORI CARNEFICI VOLLERO PER RISCATTARE VERGOGNA PER RESTITUIR DIGNITA' PER NON RIVELARE IL COMPAGNO LANGUIRE SOFFRIRE MORIRE NON TRADIRE (Epigrafe sulla villa di via Bolognese, a Firenze - dove fu la sede della banda Carita' - nella quale Enrico Bocci fu torturato: e che fu chiamata in quei mesi "Villa triste") * GIANFRANCO MATTEI DOCENTE UNIVERSITARIO DI CHIMICA NELL'ORA DELL'AZIONE CLANDESTINA FECE DELLA SUA SCIENZA ARMA PER LA LIBERTA' COMUNIONE COL SUO POPOLO SILENZIOSA SCELTA DEL MARTIRIO SU QUESTA CASA OVE NACQUE RIMANGANO INCISE LE ULTIME PAROLE SCRITTE NEL CARCERE QUANDO SOTTRASSE AL CARNEFICE E INVITTA CONSEGNO' ALL'AVVENIRE LA CERTEZZA DELLA SUA FEDE "SIATE FORTI - COME IO LO FUI" Milano 11 dicembre 1916 - Roma febbraio 1944 (Epigrafe sulla casa di Milano, ove nacque l'11 dicembre 1916 Gianfranco Mattei) * LA MADRE QUANDO LA SERA TORNAVANO DAI CAMPI SETTE FIGLI ED OTTO COL PADRE IL SUO SORRISO ATTENDEVA SULL'USCIO PER ANNUNCIARE CHE IL DESCO ERA PRONTO MA QUANDO IN UN UNICO SPARO CADDERO IN SETTE DINANZI A QUEL MURO LA MADRE DISSE NON VI RIMPROVERO O FIGLI D'AVERMI DATO TANTO DOLORE L'AVETE FATTO PER UN'IDEA PERCHE' MAI PIU' NEL MONDO ALTRE MADRI DEBBAN SOFFRIRE LA STESSA MIA PENA MA CHE CI FACCIO QUI SULLA SOGLIA SE PIU' LA SERA NON TORNERETE IL PADRE E' FORTE E RINCUORA I NIPOTI DOPO UN RACCOLTO NE VIENE UN ALTRO MA IO SONO SOLTANTO UNA MAMMA O FIGLI CARI VENGO CON VOI (Epigrafe dettata per il busto, collocato nella sala del consiglio del Comune di Campegine, di Genoveffa Cocconi, madre dei sette fratelli Cervi, morta di dolore poco dopo la loro fucilazione) * A POCHI METRI DALL'ULTIMA CIMA AVVOLTA NEL NEMBO QUALCUNO PIU' SAGGIO DISSE SCENDIAMO MA LIVIO COMANDA QUANDO UN'IMPRESA SI E' COMINCIATA NON VALE SAGGEZZA A TUTTI I COSTI BISOGNA SALIRE DALLA MONTAGNA NERA DOPO DIECI ANNI DAL PRIMO CONVEGNO S'AFFACCIANO LE OMBRE IN VEDETTA L'HANNO RICONOSCIUTO SVENTOLANO I VERDI FAZZOLETTI RICANTAN LE VECCHIE CANZONI E' LIVIO CHE SALE E' IL LORO CAPO CHE PER NON RINUNCIARE ALLA VETTA TRA I MORTI GIOVANI GIOVANE ANCH'EGLI E' VOLUTO RESTARE ASCIUGHIAMO IL PIANTO GUARDIAMO SU IN ALTO IN CERCA DI TE COME TI VIDERO I TEDESCHI FUGGENTI FERMO SULLA RUPE LE SPALLE QUADRATE MONTANARE LA MASCHIA FRONTE OSTINATA L'OCCHIO ACCESO DI DOLCE FIEREZZA FACCI UN CENNO LIVIO SE VACILLEREMO A TUTTI I COSTI BISOGNA SALIRE ANCHE SE QUESTO E' MORIRE (Epigrafe per la morte di Livio Bianco avvenuta nel luglio del 1953, per una sciagura di montagna) * DALL'XI AGOSTO MCMXLIV NON DONATA MA RICONQUISTATA A PREZZO DI ROVINE DI TORTURE DI SANGUE LA LIBERTA' SOLA MINISTRA DI GIUSTIZIA SOCIALE PER INSURREZIONE DI POPOLO PER VITTORIA DEGLI ESERCITI ALLEATI IN QUESTO PALAZZO DEI PADRI PIU' ALTO SULLE MACERIE DEI PONTI HA RIPRESO STANZA NEI SECOLI (Epigrafe apposta dopo la liberazione sulla parete di Palazzo Vecchio che guarda Via dei Gondi, a Firenze) * SULLE FOSSE DEL VOSTRO MARTIRIO NEGLI STESSI CAMPI DI BATTAGLIA O SUPPLIZIATI DI BELFIORE O VOLONTARI DI CURTATONE E MONTANARA DOPO UN SECOLO MANTOVA VI AFFIDA QUESTI SUOI CADUTI DELLA GUERRA PARTIGIANA COME VOI SONO ANDATI INCONTRO ALLA MORTE A FRONTE ALTA CON PASSO SICURO SENZA VOLTARSI INDIETRO ACCOGLIETELI OMBRE FRATERNE SONO DELLA VOSTRA FAMIGLIA MUTANO I VOLTI DEI CARNEFICI RADETZKY O KESSELRING VARIANO I NOMI DELLE LIBERAZIONI RISORGIMENTO O RESISTENZA MA L'ANELITO DEI POPOLI E' UNO NELLA STORIA DOVE I SECOLI SONO ATTIMI LE GENERAZIONI SI TRASMETTONO QUESTA FIAMMA RIBELLE PATIBOLI E TORTURE NON LA SPENGONO DOPO CENT'ANNI QUANDO L'ORA SPUNTA I CIMITERI CHIAMANO LIBERTA' DA OGNI TOMBA BALZA UNA GIOVANE SCHIERA L'AVANZATA RIPRENDE FINO A CHE OGNI SCHIAVITU' SARA' BANDITA DAL MONDO PACIFICATO (Epigrafe murata nella sala del Palazzo Provinciale di Mantova nel primo decennale della Resistenza, giugno 1954) * RITORNO DI KESSELRING NON E' PIU' VERO NON E' PIU' VERO O FUCILATI DELLA RESISTENZA O INNOCENTI ARSI VIVI DI SANT'ANNA E DI MARZABOTTO NON E' PIU' VERO CHE NEL ROGO DEI CASALI DIETRO LE PORTE INCHIODATE MADRI E CREATURE TORCENDOSI TRA LE FIAMME URLAVANO DISPERATAMENTE PIETA' AI CAMERATI GUASTATORI CHE SI GLORIARONO DI QUELLE GRIDA SIA RESA ALFINE GIUSTIZIA RIPRENDANO TORCE ED ELMETTI SI SCHIERINO IN PARATA ALTRI ROGHI DOVRANNO ESSERE ACCESI PER LA FELICITA' DEL MONDO NON PIU' FIORI PER LE VOSTRE TOMBE SONO STATI TUTTI REQUISITI PER FARE LA FIORITA SULLE VIE DEL LORO RITORNO LI COMANDERA' ANCORA COLL'ONORE MILITARE CUCITO IN ORO SUL PETTO IL CAMERATA KESSELRING IL VOSTRO ASSASSINO * IL MONUMENTO A KESSELRING LO AVRAI CAMERATA KESSELRING IL MONUMENTO CHE PRETENDI DA NOI ITALIANI MA CON CHE PIETRA SI COSTRUIRA' A DECIDERLO TOCCA A NOI NON COI SASSI AFFUMICATI DEI BORGHI INERMI STRAZIATI DAL TUO STERMINIO NON COLLA TERRA DEI CIMITERI DOVE I NOSTRI COMPAGNI GIOVINETTI RIPOSANO IN SERENITA' NON COLLA NEVE INVIOLATA DELLE MONTAGNE CHE PER DUE INVERNI TI SFIDARONO NON COLLA PRIMAVERA DI QUESTE VALLI CHE TI VIDE FUGGIRE MA SOLTANTO COL SILENZIO DEI TORTURATI PIU' DURO D'OGNI MACIGNO SOLTANTO CON LA ROCCIA DI QUESTO PATTO GIURATO FRA UOMINI LIBERI CHE VOLONTARI SI ADUNARONO PER DIGNITA' NON PER ODIO DECISI A RISCATTARE LA VERGOGNA E IL TERRORE DEL MONDO SU QUESTE STRADE SE VORRAI TORNARE AI NOSTRI POSTI CI RITROVERAI MORTI E VIVI COLLO STESSO IMPEGNO CHE SI CHIAMA ORA E SEMPRE RESISTENZA (Lapide murata nel Palazzo Comunale di Cuneo il 21 dicembre 1952) * ALL'OMBRA DI QUESTE MONTAGNE IL 12 SETTEMBRE 1943 POCHI RIBELLI QUI CONVENUTI ARMATI DI FEDE E NON DI GALLONI FURONO LA PRIMA PATTUGLIA DELLA RESISTENZA PIEMONTESE CHE DOPO DUE INVERNI CON DUCCIO E LIVIO AL COMANDO PER OGNI CADUTO CENTO SOPRAGGIUNTI DIVENTO' L'ESERCITO DI GIUSTIZIA E LIBERTA' DILAGANTE VITTORIOSO IN PIANURA NEL PRIMO DECENNALE I VIVI SALUTANO I MORTI DORMITE IN PACE COMPAGNI L'IMPEGNO DI MARCIARE INSIEME VERSO L'AVVENIRE NON E' CADUTO (Epigrafe murata sulla Chiesa di Madonna del Colletto, inaugurata il 27 settembre 1953 con un discorso di Ferruccio Parri) * CONTRO OGNI RITORNO INERMI BORGATE DELL'ALPE ASILO DI RIFUGIATI PRESE D'ASSALTO COI LANCIAFIAMME ARSI VIVI NEL ROGO DEI CASALI I BAMBINI AVVINGHIATI ALLE MADRI FOSSE NOTTURNE SCAVATE DAGLI ASSASSINI IN FUGA PER NASCONDERVI STRAGI DI TRUCIDATI INNOCENTI QUESTO VI RIUSCI' S. TERENZIO BERGIOLA ZERI VINCA FORNO MOMMIO TRAVERDE S. ANNA S. LEONARDO SCRIVETE QUESTI NOMI SON LE VOSTRE VITTORIE MA ESPUGNARE QUESTE TRINCEE DI MARMO DI DOVE IL POPOLO APUANO CAVATORI E PASTORI E LE LORO DONNE STAFFETTE TUTTI ARMATI DI FAME E DI LIBERTA' VI SFIDAVA BEFFARDO DA OGNI CIMA QUESTO NON VI RIUSCI' ORA SUL MARE SON TORNATI AL CARICO I VELIERI E NELLE CAVE I BOATI DELLE MINE CHIAMAN LAVORO E NON GUERRA MA QUESTA PACE NON E' OBLIO STANNO IN VEDETTA QUESTE MONTAGNE DECORATE DI MEDAGLIE D'ORO AL VALORE PARTIGIANO TAGLIENTI COME LAME IMMACOLATO BALUARDO SEMPRE ALL'ERTA CONTRO OGNI RITORNO (Epigrafe scolpita sul marmo della stele commemorativa delle Fosse del Frigido, inaugurata il 21 ottobre 1954) * FANTASMI NON RAMMARICATEVI DAI VOSTRI CIMITERI DI MONTAGNA SE GIU' AL PIANO NELL'AULA OVE FU GIURATA LA COSTITUZIONE MURATA COL VOSTRO SANGUE SONO TORNATI DA REMOTE CALIGINI I FANTASMI DELLA VERGOGNA TROPPO PRESTO LI AVEVAMO DIMENTICATI E' BENE CHE SIANO ESPOSTI IN VISTA SU QUESTO PALCO PERCHE' TUTTO IL POPOLO RICONOSCA I LORO VOLTI E SI RICORDI CHE TUTTO QUESTO FU VERO CHIEDERANNO LA PAROLA AVREMO TANTO DA IMPARARE MANGANELLI PUGNALI PATIBOLI VENT'ANNI DI RAPINE DUE ANNI DI CARNEFICINE I BRIGANTI SUGLI SCANNI I GIUSTI ALLA TORTURA TRIESTE VENDUTA AL TEDESCO L'ITALIA RIDOTTA UN ROGO QUESTO SI CHIAMA GOVERNARE PER FAR GRANDE LA PATRIA APPRENDEREMO DA FONTE DIRETTA LA STORIA VISTA DALLA PARTE DEI CARNEFICI PARLERANNO I DIPLOMATICI DELL'ASSE I FIERI MINISTRI DI SALO' APRIRANNO I LORO ARCHIVI SEGRETI DI OGNI IMPICCATO SAPREMO LA SEPOLTURA DI OGNI INCENDIO SI RITROVERA' IL PROTOCOLLO CIVITELLA SANT'ANNA BOVES MARZABOTTO TUTTE IN REGOLA SAPREMO FINALMENTE QUANTO COSTO' L'ASSASSINIO DI CARLO E NELLO ROSSELLI MA FORSE A QUESTO PUNTO PREFERIRANNO RINUNCIARE ALLA PAROLA PECCATO QUESTI GRANDI UOMINI DI STATO AVREBBERO TANTO DA RACCONTARE (Epigrafe pubblicata sul "Ponte" dopo le elezioni politiche del 7 giugno 1953) 4. TESTIMONIANZE. CARLA COHN: IL PRATO [Ringraziamo di cuore Carla Cohn (per contatti: carlacohn at tele2.it) per averci messo a disposizione questo suo racconto-testimonianza, scritto alcuni anni dopo la liberazione del campo di lavoro Lenzing - Mauthausen avvenuta il 6 maggio 1945; la traduzione dall'inglese e' di Paola del Re con la collaborazione dell'autrice; e' stato pubblicato nel periodico dell'Aned "Triangolo Rosso", anno XX, n. 3, settembre 2000. Carla (Carola) Cohn, nata a Berlino nel 1927, deportata e sopravvissuta ai campi di sterminio, e' psicoterapeuta e testimone della Shoah. Un'altra sua straordinaria testimonianza e' nel n. 883 di questo notiziario] Verde, verde, nient'altro che sfumature di verde. Tutto intorno. Erba forte, steli grassi e lucenti. E ora, improvvisamente sembra acqua, acqua trasparente. Quel prato mosso dal vento d'estate, come le onde del mare. Quelle piccole foglie turgide e fresche, cosi' vicino al viso, improvvisamente sembrano animarsi; nelle loro vene si puo' quasi vedere pulsare la vita. Piccole formiche si arrampicano industriose su quegli steli, ponti nel loro cammino. Mondo affascinante e pieno di pace in tanta frenetica attivita'. Un caleidoscopio di verdi dai disegni sempre mutevoli. E in quel mondo la ragazza si confonde, diviene parte di esso e perfino i grilli tacciono silenziosi di fronte a quel corpo sdraiato nell'erba, tutt'uno con essa. "Aspetta un attimo". Quella voce sgraziata, cattiva lacera improvvisamente quel lembo dorato di pace che le sue mani stavano stringendo. Sembra venire da lontano a interrompere il suo sonno. Era infatti scivolata nel sonno senza accorgersene e ora si rende conto che le voci che l'hanno all'improviso svegliata appartengono a delle persone che si trovano poco distante. Ma lei non voleva essere disturbata nel dorato e verde rifugio del prato. "Ti ho detto di aspettare. Metti questo giornale per terra prima di sederti, altrimenti il tuo vestito bianco si macchiera'". "Dammi quel sandwich. Tu prima a casa hai detto che non lo volevi. Ora e' mio". Ciaff, ciaff... Uno strillo e un rumore di carta. Evidentemente un picnic di famiglia. Ora e' la voce del padre a farsi sentire: "Smettetela di litigare. Tutti e due. Smettetela. La mamma vi dara' da mangiare". Plop. Quello era il rumore del tappo di una bottiglia. E la voce tace. "Mamma, lo volevo io quel cetriolo e lei lo ha preso". Sembra che quando le persone litigano i nomi non esistono. Esiste solo "lei" o "lui" su cui e' piu' facile scaricare la rabbia. Come potevano litigare ora che finalmente erano assieme, per quel solo giorno della settimana che vedeva tutta la famiglia riunita, senza piu' l'affanno quotidiano, circondata da tanta bellezza. Come potevano ignorarla. Eppure per loro sembrava non esistere. Sembrava fossero ancora in citta', fra il cemento privo di quella bella natura, dove ora erano immersi. Eppure erano venuti qui a cercarla per il loro picnic. La discussione andava avanti ora per un motivo, ora per un altro, interrotta solo per masticare o per un ostinato, ombroso silenzio. La ragazza si alzo' senza guardarsi attorno e si allontano' sul prato finche' si senti' di nuovo al sicuro, lontana da quel mondo. Ma la brusca interruzione aveva fatto cessare la sua reverie e il sentirsi tutt'una con quell'oasi di verde e cosi comincio' a pensare. Certo per quelle persone il suo prato non poteva avere neppure l'ombra del significato che aveva per lei: avevano mai guardato un prato con gli occhi di una prigioniera in un Lager? * Lunghe code di donne emaciate, in file di cinque per riga. File interminabili allineate su un sentiero polveroso. All'alba, al tramonto, sempre su strade piene di polvere. Uomini delle SS ogni poche righe, con i loro cani da guardia, tenuti da corti guinzagli, che cercavano di farle marciare in un ordine perfetto. Avanti e indietro dal campo di lavoro forzato da schiavi dove erano state portate. Se era al mattino, erano gia' in piedi da ore, dalle tre, cacciate fuori dai loro "letti", letti a castello a due piani per sei di loro. I "pagliericci" erano sacchi pieni di vecchi giornali. E questa era una fortuna, altrimenti che cosa avrebbero usato nelle latrine? Svegliate dal sibilo dei fischietti delle donne delle SS che urlavano di fare in fretta: "schnell", "raus". Di corsa, fuori nelle notti ghiacciate. Fuori per Zaehl-Appell - la conta di controllo. Conta riga per riga, fintanto che tutte avessero risposte, per essere sicuri che tutte fossero la'. Alba dopo alba, durante le fredde, grigie e buie ore dell'alba. E ogni sera, come se fosse ancora rimasta loro un po' di forza, energia o volonta' dopo il giorno passato al lavoro da schiavi. L'appello della mattina era seguito dalla "colazione": liquido orrendo di colore scuro: caffe' - ersatz - e forse un piccolo pezzo di "pane", la razione giornaliera che consisteva, per la maggior parte, di segatura mista a bucce di patate. Le urla di "schnell" accompagnate dai sibili delle fruste delle SS che fendevano l'aria. Infilarsi alla svelta le giacche a righe grigie e blu, il berretto, e cercare gli zoccoli di legno che non erano mai della misura giusta e spesso spaiati, perche' bisognava fare in fretta per l'appello. Spesso gli zoccoli si mischiavano ed era meglio rimanere scalze piuttosto che avere ai piedi due sinistre o destre, oppure una misura troppo piccola o troppo grande, per poter correre, e fare "schnell". Fuori in righe di cinque, file di cento controllate dalle SS e dai loro cani, fame e stanchezza infinite, mentre il mattino avanzavo e la luce si faceva piu' chiara. Cosi' come la stradina diventava piu' visibile. Era in arrivo una bella giornata, irreale dopo il terribile freddo d'inverno. Il sentiero si snodavo polveroso in mezzo a un prato fitto di erba dove spuntava anche qualche bocca di leone, con i suoi fiori carnosi e freschi. Tutte loro cercavano il modo di camminare il piu' vicino possibile ai bordi del prato. Piu' vicine all'erba verde. Aspettavano che gli uomini delle SS non guardassero verso di loro e allora si piegavano svelte e strappavano quanta piu' erba potevano. Alcune di loro se la mettevano subito, avidamente, in bocca, masticandola mentre camminavano; altre la nascondevano sotto la giacca a righe sperando di poter aumentare il bottino. Se soltanto quei bastardi le avessero lasciate a raccoglierne ancora un po'... invece minacciavano di sparare se soltanto avessero fatto un passo fuori dalla loro fila. Questo veniva definito Flucht Versuch - tentativo di fuga - ed era punibile con la morte. Ma la fame era piu' forte della paura: che cosa mai poteva essere la morte a confronto con la loro sopravvivenza. Come si poteva temere la morte, spesso cosi' desiderata, se la speranza di vivere era ormai svanita. Se dovevano morire per una pallottola, probabilmente non si sarebbero neppure accorte di morire. Se soltanto non ti avessero torturato, lentamente. Meglio non pensare. No. Non pensare. C'e' ancora dell'erba e fra questa anche qualche bella bocca di leone. Il suo fiore cosi bello, cosi appetitoso. Quella mattina la SS che controllava la loro riga sembrava essere diventato quasi decente: faceva finta di essere intento a guardare qualcosa all'altro lato della strada. Presto, presto, le mani afferavano quell'erba preziosa per nasconderla dentro la giacca. Ancora, ancora, ma l'occhio e' anche attento a mantenere l'ordine della fila. Piccoli passi. Piegarsi e rapidamente strappare l'erba, tanta, quanta piu' e' possibile, poi alzarsi, allungare il passo, veloci anche se gli zoccoli di legno hanno formato piaghe ai tuoi piedi. Quelle foglie d'erba forse sporche, ma erano mangiabili, anzi sapevano di fresco, di meraviglioso. Rappresentavano la sopravvivenza, il nutrimento. Un sapore che una volta avevano tutte le estati. Ancora un'altra manciata. Forse domani non si sarebbe presentata un'altra occasione e questa era la loro unica opportunita' per sopravvivere. Se soltanto fosse stato loro concesso un intero, lungo minuto per metterne da parte abbastanza per nutrirsi per alcune ore. Mangiarla, nascoste nella latrina. * La ragazza fantasticava di un prato... Tanta erba da mangiare. Mangiare, mangiare ancora. Mangiare tutte quelle belle bocche di leone senza paura. Bocche di leone pulite, fresche, raccolte nel prato, non sul polveroso bordo della strade. Che cos'altro poteva sperare? E cosi' i mesi erano passati. Impossibile pensare all'inverno trascorso: giorni, notti entrambi temuti. I turni di giorno paventati per la tanta stanchezza dopo una notte disturbata dalle donne che rientravano dal loro turno, dal rumore dei loro zoccoli di legno. Le luci venivano accese, per permettere loro di cercare i pidocchi e le loro uova. Forse erano troppo stanche per questa attivita', ma non sarebbero state in grado di dormire se non si fossero uccisi questi parassiti che si cibavano del tuo sangue e che lasciavano punture che prudevano e che portavano malattie come il tifo. Turni di notte, paventati perche' era troppo buio per piegarti rapidamente a raccogliere tutta l'erba che potevi. Fame... fame... Hai mai guardato un prato con gli occhi di una prigioniera del K. Z.? * Un giorno alcuni soldati americani aprirono quei cancelli. Le SS erano fuggite. Erano libere, libere. Incredibile. Liberta'. Un soldato lancio' una pagnotta di pane: non fece in tempo a toccare il suolo perche' 499 donne si precipitarono, le mani tese, per afferrarla. Un mucchio di corpi, braccia, mani. Erano ancora la' a cercare per terra briciole mischiate alla polvere. Nel filo spinato elettrificato di recinzione si era creato un grande squarcio. La ragazza lo attraverso'. Guardo' il prato al di la' della strada. La' c'era tutta quella bella erba verde, fresca, pulita, lontano dalla polvere, stendersi in quel prato, immergersi, sentirsi una cosa sola con quel mare di verde... nascondersi e mangiare, mangiare, mangiare. Al riparo da tutto il mondo. Finalmente al sicuro. 5. MEMORIA. ANNA BRAVO RICORDA MARIA OCCHIPINTI [Ringraziamo Anna Bravo (per contatti: anna.bravo at iol.it) per averci messo a disposizione questo suo profilo di Maria Occhipinti apparso nell'ampio lavoro collettaneo, a cura di Eugenia Roccella e Lucetta Scaraffia, Italiane, 3 voll., Roma 2004 (precisamente nel volume terzo, alle pp. 206-207). Anna Bravo, storica e docente universitaria, vive e lavora a Torino, dove ha insegnato Storia sociale. Si occupa di storia delle donne, di deportazione e genocidio, resistenza armata e resistenza civile, cultura dei gruppi non omogenei, storia orale; su questi temi ha anche partecipato a convegni nazionali e internazioneli. Ha fatto parte del comitato scientifico che ha diretto la raccolta delle storie di vita promossa dall'Aned (Associazione nazionale ex-deportati) del Piemonte; fa parte della Societa' italiana delle storiche, e dei comitati scientifici dell'Istituto storico della Resistenza in Piemonte, della Fondazione Alexander Langer e di altre istituzioni culturali. Opere di Anna Bravo: (con Daniele Jalla), La vita offesa, Angeli, Milano 1986; Donne e uomini nelle guerre mondiali, Laterza, Roma-Bari 1991; (con Daniele Jalla), Una misura onesta. Gli scritti di memoria della deportazione dall'Italia, Angeli, Milano 1994; (con Anna Maria Bruzzone), In guerra senza armi. Storie di donne 1940-1945, Laterza, Roma-Bari 1995; (con Lucetta Scaraffia), Donne del novecento, Liberal Libri, 1999; (con Anna Foa e Lucetta Scaraffia), I fili della memoria. Uomini e donne nella storia, Laterza, Roma-Bari 2000; (con Margherita Pelaja, Alessandra Pescarolo, Lucetta Scaraffia), Storia sociale delle donne nell'Italia contemporanea, Laterza, Roma-Bari 2001; Il fotoromanzo, Il Mulino, Bologna 2003] Povera, combattiva, di sinistra, la giovane ragusana Maria Occhipinti (1921-1996) non si capacitava che a chiuderla in galera in quel gennaio 1945 fosse la nuova Italia democratica e antifascista. Lei figlia di un muratore e di una cucitrice, costretta a lasciare la scuola a dispetto dell'amore per i libri, lei con la sua storia di sofferenze e riscatto, dall'infanzia difficile alla guerra, da una gravidanza di stenti alla morte della bimba appena nata, dalla ripresa degli studi all'approdo al comunismo, alle grandi speranze all'arrivo degli americani, alle lotte contro il carovita. Quasi un prototipo di biografia militante da portare a esempio - ma solo fino all'inverno '44-'45, quando il governo Bonomi emana i bandi di leva per un contingente da affiancare alle truppe alleate: al nord partigiano si addice il volontariato, al sud toccano le cartoline rosa. Di fronte alla renitenza generalizzata in tutto il centro-sud e nelle isole, si passa ai rastrellamenti casa per casa e alle retate, e ne nascono scontri violentissimi con migliaia di arresti, decine di morti e feriti. E' la rivolta chiamata dei "non si parte", che cambia segno alla vita di Maria. Sulla provinciale di Ragusa il 4 gennaio 1945 avanzava un camion carico di ragazzi catturati nel popolare quartiere "Russia"; e tra la piccola folla di donne disperate c'era lei, incinta di cinque mesi, che quattro anni prima aveva visto partire il marito e ora, decisa a non sopportare piu' che lo stato si impadronisca dei giovani, si stende davanti alle ruote, dando il via alla fuga dei rastrellati. Comincia cosi' la breve epopea della citta', e comincia la repressione giudiziaria. Identificata come leader, Maria e' portata al confino a Ustica, dove partorisce la sua seconda bambina e rischia di perderla per mancanza di cure, poi al carcere di Palermo. Quando esce per amnistia, il 7 dicembre 1946, scopre che il marito l'ha abbandonata, peregrina per molte citta', in Svizzera incontra un mondo diverso, che le sembra piu' adulto, piu' rispettoso ed equilibrato nei rapporti uomo/donna e che le fa apparire gli uomini siciliani "piccini, quasi balbettanti". Resta fuori d'Italia per molti anni, mentre sulla lotta dei "non si parte" c'e' un generale silenzio. All'estero lavora duramente, ma trova il tempo di scrivere Una donna di Ragusa, meta' autobiografia meta' cronaca della rivolta. Racconta i protagonisti, studenti, donne, contadini, reduci da tutti i fronti, molti socialisti e comunisti. Spiega che semplicemente nessuno voleva piu' saperne di fare la guerra, tanto meno per Vittorio Emanule e Badoglio; che nessuno credeva piu' sulla parola a chi prometteva un esercito diverso, epurato dalle vecchie ingiustizie e gerarchie. Mostra quanto abbiano avuto torto le forze politiche, compreso il suo partito di riferimento, il Pci, che hanno liquidato la rivolta come frutto di manovre separatiste o di un rigurgito fascista. La calda simpatia di alcuni intellettuali, in primo luogo di Enzo Forcella, non basta a creare consenso intorno a un testo scomodo e a una figura come Maria, antifascista che disobbedisce agli ordini dell'antifascismo, comunista dal cuore anarchico. Una donna di Ragusa resta a lungo un libro per pochi[1], mentre nell'autrice si vede soprattutto l'erede delle donne di ancien regime tante volte insorte a difesa degli interessi della comunita'. in parte e' cosi'. Ma Maria e' anche una moderna ribelle che fa un gesto imprevisto: molto prima che nascano l'interesse per la storia "dal basso" e il mito della spontaneita' popolare, rivendica per se' il diritto di parola e di giudizio disconoscendo a politici e specialisti il monopolio dell'interpretazione. Dal suo racconto esce male la nuova Italia, nordcentrica, sprezzante verso il sud, incapace di riconoscere le proprie aporie e incline a vedere in ogni lotta "irregolare" un anacronismo o un complotto; ne esce esaltata l'iniziativa personale, senza capi ne' organizzazione. Ancora oggi, che abbiamo imparato a distinguere i diversi dopoguerra e le diverse reazioni popolari, della difficilmente catalogabile eroina di Ragusa nei convegni sulla Resistenza spesso ci si dimentica di parlare. 6. RIFLESSIONE. CHIARA VERGANO INTERVISTA SERGE LATOUCHE [Da un comunicato dell'ufficio stampa della rete Lilliput (per contatti: e-mail: ufficiostampa at retelilliput.org, sito: www.retelilliput.org) riprendiamo la seguente intervista apparsa sul quotidiano "L'Unita'" del primo aprile 2005. Chiara Vergano, giornalista, corrispondente da Bologna dell'agenzia "Redattore sociale". Opere di Chiara Vergano: (a cura di), Dalla parte sbagliata, Fara Editore, Rimini 1999; (con Elisabetta Norzi), Corpi a tratta, La meridiana, Molfetta 2003. Serge Latouche, docente universitario a Parigi, sociologo dell'economia ed epistemologo delle scienze umane, esperto di rapporti economici e culturali Nord/Sud, e' una delle figure piu' significative dell'odierno impegno per i diritti dell'umanita'. Opere di Serge Latouche: L'occidentalizzazione del mondo, Il pianeta dei naufraghi, La megamacchina, L'altra Africa, La sfida di Minerva, Giustizia senza limiti, tutti presso Bollati Boringhieri, Torino; Il mondo ridotto a mercato, Edizioni Lavoro, Roma; I profeti sconfessati, La meridana, Molfetta. Cfr. anche il libro intervista curato da Antonio Torrtenzano, Immaginare il nuovo, L'Harmattan Italia, Torino 2000] Per l'Occidente, "bolide che corre all'impazzata senza autista e senza freni", c'e' forse ancora una ricetta, una via d'uscita. Serge Latouche, a Bologna per una conferenza, parla di "pedagogia della catastrofe". Una catastrofe - prossima, futura - che sara' ancora piu' grande delle precedenti: solo allora, forse, la gente sapra' risvegliarsi, reagire e costruire una societa' diversa, giusta, rispettosa dell'ambiente. Perfino pacifica. Negli ultimi venticinque anni Serge Latouche ha contribuito alla chiarificazione e alla maturazione dei concetti intorno a cui si sono costruiti i movimenti new global. Nato a Vannes, in Bretagna, nel 1940, e' economista di formazione e antropologo per esperienza. Negli anni settanta ha trascorso molto tempo in Africa occidentale, e qui ha maturato una svolta del suo pensiero, che dalle posizioni marxiste tradizionali lo ha portato a una critica radicale delle ideologie del "progresso" e dello "sviluppo", anche nella loro versione di sinistra. Nell'81 ha fondato con Alain Caille' il Mauss (Movimento antiutilitarista nelle scienze sociali), e l'omonima rivista di cui Bollati Boringhieri pubblica l'edizione italiana. La stessa casa editrice ha pubblicato in Italia i suoi libri piu' importanti. * - Chiara Vergano: Professore, questa crisi profonda in cui vive l'Occidente si riflette nella struttura stessa di tante citta', delle metropoli "esplose" e sovraffollate. Lei e' appena tornato dall'Africa; cos'ha visto? - Serge Latouche: Ero stato a Dakar l'ultima volta cinque anni fa, la mia impressione e' che anche qui il caos nel frattempo sia aumentato. Il traffico e' terrificante, ci vogliono ore per spostarsi dalla periferia al centro. Bus e taxi sono molto vecchi, bruciano carburante che causa, a livello urbano, un inquinamento enorme. Non c'e' piu' Stato; ovunque c'e' solo la polizia, che non fa il suo lavoro. In passato avevano previsto di costruire alcune autostrade, ma il denaro stanziato e' scomparso. Una cosa, pero', e' rimasta identica cosi' com'era cinque anni fa: la gioia di vivere della gente, i tantissimi giovani che incontri nelle strade. - Chiara Vergano: In un mondo ormai al collasso, si parla sempre piu' di sviluppo sostenibile. E' un riferimento obbligato per i politici e i cittadini? - Serge Latouche: E' un ossimoro, nient'altro. Lo sviluppo non puo' essere sostenibile: tutti questi danni - ambientali, climatici - vengono dallo sviluppo. Il problema e' che non siamo capaci di rinunciare alle nostre comodita', vogliamo avere, come si dice in Francia, "il burro e il denaro del burro". Il nostro modo di vivere non conosce futuro: vogliamo produrre di piu', depredare di piu', crescere di piu'. Ma una crescita infinita non e' possibile in un pianeta finito. - Chiara Vergano: E' lecito, a questo punto, sperare che ci sia una qualche possibilita' di salvezza all'orizzonte? - Serge Latouche: Gli uomini non diventeranno certo tutti ragionevoli dall'oggi al domani. Il fatto e' che, a un certo punto, saremo piu' o meno costretti a rivedere il nostro modo di vivere. Per quanto tempo avremo ancora petrolio a buon mercato? Non lo sappiamo. Ma quando non ci sara' piu' non vedremo aerei volare in cielo, ne' automobili sfrecciare nelle nostre metropoli. Allora, tutto il sistema andra' ripensato, necessariamente. I tempi non sono troppo lontani: fra pochi anni dovremo, per amore o per forza, rivedere il nostro modo di vivere, di funzionare. Tanto piu' che gia' oggi noi - intendo l'Occidente, bolide che corre all'impazzata senza autista e senza freni - viviamo male. Non siamo felici: potremmo stare molto meglio, distruggendo meno l'ambiente. In Africa, invece, nonostante tutti i problemi, la gente ha ancora un'incredibile capacita' di fabbricare gioia di vivere. - Chiara Vergano: Nei suoi scritti, piu' volte lei auspica per la societa' una "decrescita". Di cosa si tratta, precisamente? - Serge Latouche: E' un termine per indicare la necessita' e l'urgenza di un'inversione di tendenza rispetto al modello dominante. Dobbiamo ricostruire un'altra civilta': abbiamo conosciuto la civilta' dello sviluppo, ora e' tempo di uscire dall'economia, ritrovare la dimensione sociale, politica. La rifondazione del sociale e del politico passa per la decrescita. Dobbiamo imparare a ricostruire i legami. - Chiara Vergano: Quanto puo' contribuire a questo processo la societa' civile? - Serge Latouche: Societa' civile e' un'espressione usata e abusata. Penso alla Francia, dove piu' che di societa' possiamo parlare di un gruppo di individui che si muovono qua e la'. Certo, esistono anche dei movimenti, come quello contro la globalizzazione. E sono proprio i movimenti che dovranno farsi carico della ricostruzione. Al tempo stesso, pero', e' questa stessa societa' civile, se vogliamo chiamarla cosi', che deve "decolonizzare" il suo immaginario, cioe' liberarsi dai falsi miti dell'economia, dello sviluppo, del progresso. Bisogna fare resistenza e dissidenza, come igiene di vita. In teoria tutti sono d'accordo: ci vuole piu' giustizia, bisogna vivere meglio, ci deve essere meno inquinamento. Ma in Francia, quando il prezzo della benzina era un po' piu' alto, tutti sono scesi in piazza a protestare. A questo punto, non mi resta che pensare alla "pedagogia della catastrofe". - Chiara Vergano: Ovvero? - Serge Latouche: Quando le catastrofi non sono troppo gravi per distruggere tutto, ma lo sono abbastanza per far prendere coscienza alla gente del rischio che si corre, ecco, a quel punto hanno un ruolo pedagogico. La gente si risveglia. Penso a Chernobyl, che ha convinto gli italiani a dire "no" al nucleare. Nei prossimi anni ci aspettano sempre piu' catastrofi; praticamente, siamo impegnati in una gara tra cambiamento e catastrofe. Ed e' davvero importante prepararsi a cambiare strada. - Chiara Vergano: In questo scenario, la pace e' destinata a rimanere un'utopia? - Serge Latouche: Se fra alcuni anni ci sara', come penso, una profonda crisi di questo sistema, allora ci saranno anche le condizioni per ricostruire un mondo davvero pacifico. Adesso sembra impossibile, con quanto sta accadendo. Gli Stati Uniti, dopo l'11 settembre, potevano scegliere tra due strade: capire che non potevano piu' funzionare come potenza imperialistica, oppure impegnarsi in questa guerra senza fine. Hanno scelto la seconda opzione, ora ne vediamo le conseguenze. Il neo-conservatorismo di Bush incoraggia l'integralismo, non solo islamico. Fa crescere il risentimento, anche perche' gli Stati Uniti sono difensori di un modello che genera sempre piu' disuguaglianza, a livello planetario. La miseria cresce, e favorisce la frustrazione, la disperazione. Fa il gioco dei movimenti fanatici, integralisti, nutre il terrorismo. Vincere gli Stati Uniti sul piano monetario non e' possibile; ma loro stessi dovranno fare i conti con il sistema che hanno creato, da cui verranno, prima o poi, inevitabilmente paralizzati. 7. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 8. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at inwind.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 890 del 5 aprile 2005 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione).
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