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La nonviolenza e' in cammino. 883
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 883
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Tue, 29 Mar 2005 00:27:17 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 883 del 29 marzo 2005 Sommario di questo numero: 1. Maria Luigia Casieri: Programma del seminario su "Il ruolo del bambino e dell'adulto nei processi di alfabetizzazione iniziale" 2. Roberto Vacca: Quattordici teoremi di Karl Popper 3. Lea Melandri: Insicurezza e utopia 4. Carla Cohn: Il mio viaggio di trasformazione 5. Letture: Aldo Carotenuto, Oltre la terapia psicologica 6. La "Carta" del Movimento Nonviolento 7. Per saperne di piu' 1. FORMAZIONE. MARIA LUIGIA CASIERI: PROGRAMMA DEL SEMINARIO SU "IL RUOLO DEL BAMBINO E DELL'ADULTO NEI PROCESSI DI ALFABETIZZAZIONE INIZIALE" [Lunedi' 11 aprile presso la Facolta' di Scienze della formazione della Terza Universita' di Roma, nell'ambito della cattedra di psicologia dell'educazione del prof. Flavio Manieri, avra' inizio il seminario "Il ruolo del bambino e dell'adulto tra apprendimento e insegnamento della lingua scritta nei processi di alfabetizzazione iniziale" tenuto dalla dott.ssa Maria Luigia Casieri. Ne riportiamo di seguito il programma. Maria Luigia Casieri (per contatti: nbawac at tin.it), nata a Portici (Na) nel 1961, insegna nella scuola dell'infanzia ed e' una delle principali animatrici del "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo. Ha organizzato a Viterbo insieme ad altri il "Tribunale per i diritti del malato"; assistente sociale, ha svolto un'esperienza in Germania nell'ambito dei servizi di assistenza per gli emigrati italiani; rientrata in Italia si e' impegnata nel settore educativo; per dieci anni ha prestato servizio di volontariato in una casa-famiglia per l'assistenza ai minori; dal 1987 e' insegnante di ruolo nella scuola per l'infanzia; ha preso parte a varie iniziative di pace, di solidarieta', per i diritti; ha tenuto relazioni a convegni e corsi di aggiornamento, e contribuito a varie pubblicazioni. Opere di Maria Luigia Caseri: Il contributo di Emilia Ferreiro alla comprensione dei processi di apprendimento della lingua scritta, Viterbo 2004 (testo che si compone di 5 tomi per complessive 2.400 pagine circa). Emilia Ferreiro, argentina, docente in Messico, psicolinguista e psicopedagogista illustre, e' una delle piu' grandi studiose viventi del processi di alfabetizzazione; e' di fondamentale importanza il suo contributo sul tema dell'apprendimento della lettura e della scrittura da parte dei bambini. Tra le molte opere di Emilia Ferreiro si veda in primo luogo l'ormai classico volume scritto in collaborazione con Ana Teberosky, La costruzione della lingua scritta nel bambino, Giunti, Firenze 1985. Un suo profilo e' nel n. 790 del 26 dicembre 2004 di questo notiziario. Flavio Manieri (Roma 1940) e' psicologo clinico e psicoanalista, professore di psicologia dell'educazione e di psicopedagogia del linguaggio e della comunicazione all'Universita' "La Sapienza" e poi alla Terza Universita' di Roma. Direttore di ricerche empirico-sperimentali; gia' visiting professor nelle universita' di Princeton e Yale (Usa) alla fine degli anni '70, ha a lungo insegnato metodologia e tecnica della ricerca psicologica nell'Universita' di Urbino, e psicologia nelle facolta' di Magistero e di Medicina dell'Universita' de L'Aquila; ha fatto parte fra il '58 e il '65 della neoavanguardia e del primo Gruppo '63. Intensa e' stata da sempre e permane la sua azione nel segno delle liberta' concrete e dei grandi temi della difesa civile. Ha diretto negli anni 1967-'68 la rivista "Crisis". Dirige l'area sociale dell'Iica ( Istituto internazionale per il consumo e l'ambiente) e il Forsima (Istituto di ricerca e azione sociale sulla formazione e la comunicazione umana); ha presieduto l'Isis, Istituto per lo Studio e la Ricerca Sperimentale sull'Immaginazione (1980-1990), il Centro Studi sull'immagine pubblica (1980-1985), e subito dopo l'Iica (1990-1991). E' stato presidente nazionale e cofondatore del Codacons (Coordinamento delle associazioni per la difesa degli utenti e dei consumatori), dove ha seguito in particolare i problemi della cultura e dell'istruzione; e' membro dal 1994 del Consiglio consultivo degli utenti, presso il Garante per l'Editoria; e' stato recentemente nominato membro del primo Consiglio nazionale degli utenti. Nel passato, e' stato anche segretario generale dell'Aipur, Associazione italiana professori universitari di ruolo, e, dalla fondazione (1969) fino al 1980, direttore editoriale della Newton Compton Editori. Nella Newton Compton ha diretto personalmente la collezione dei Saggi, quella di Psicoanalisi, e per un certo tempo quella di poesia e quella dedicata agli autori marxisti. Dal 1964 al 1971 ha diretto servizi psicologici del Centro internazionale d'ortopedagogia, collegato alla Cee. Ha fondato a Roma nel 1993 il Centro per lo studio scientifico del testo creativo. Ha ricevuto il premio per la cultura della Presidenza del Consiglio nel 1996. E' autore di vari volumi, di un centinaio di lavori empirico-sperimentali e di saggi, direttore del "Giornale Italiano di Psicologia Clinica - Italian Journal of Clinical Psychology", condirettore di 'Psicologia e societa'. Rivista Italiana di Psicologia Sociale" e, per qualche tempo, nello staff di direzione scientifica di "Rinascita della scuola". Ha anche avuto collaborazioni giornalistiche con varie testate] Finalita' Il seminario si prefigge di affrontare alcune tematiche relative alla concettualizzazione della lingua scritta con particolare riferimento all'opera di ricerca di Emilia Ferreiro. Gli studenti percorreranno un itinerario pratico-teorico che consenta di far emergere la valenza epistemologica dell'opera di ricerca condotta da Emilia Ferreiro e di derivarne possibili conseguenze sul piano pedagogico e politico. * Percorso del seminario (scelte di contenuto) La prima parte sara' dedicata all'approfondimento delle tappe di sviluppo relative alla psicogenesi della scrittura nei bambini e agli aspetti relativi all'elaborazione di ipotesi di lettura di parole e frasi, con e senza immagini, nell'evoluzione della concettualizzazione infantile. Sara' quindi affrontato il tema del ruolo del bambino nei processi di apprendimento in contesti scolastici, anche analizzando il significato di alcune pratiche scolastiche tradizionali. Sara' quindi considerato l'impatto innovativo che determina, nell'agire scolastico, una rinnovata concezione del bambino e della lingua scritta come oggetto di conoscenza. Saranno pertanto prese in considerazione le difficolta' di apprendimento nella letto-scrittura, valutando come il cambiamento di paradigma nella concezione del processo di apprendimento getti nuova luce anche sul fenomeno della dislessia. Saranno toccate inoltre tematiche inerenti l'alfabetizzazione degli adulti, cogliendone analogie e differenze essenziali rispetto ai processi di apprendimento infantili e alcuni nodi problematici relativi alle pratiche tradizionali di insegnamento. Una particolare attenzione sara' rivolta alla riflessione che mette in relazione la concettualizzazione del sistema alfabetico di rappresentazione del linguaggio e del sistema di notazione aritmetica. Infine, alcuni aspetti della problematica riguardante la relazione tra oralita' e scrittura saranno messi in riferimento all'emergere del concetto di parola e alla coscienza fonologica. * Metodologia E' prevista la possibilita' di modificare le scelte di percorso in ordine agli interessi e alle conoscenze degli studenti, e ai bisogni formativi emersi. Sara' dato ampio spazio ad esercitazioni con materiali acquisiti mediante il rapporto diretto con i bambini e le bambine, e al confronto tra le conoscenze e le esperienze pregresse dei candidati e gli esiti di alcune delle ricerche di Emilia Ferreiro. Ogni incontro sara' concluso con una attivita' di verifica della comprensione della materia trattata e saranno focalizzate eventuali difficolta' incontrate. E' prevista la distribuzione di materiali di studio e di documentazione e la realizzazione di una valutazione intermedia e finale. * Criteri di valutazione Per gli studenti del corso di laurea gli argomenti trattati costituiscono materia di esame. La valutazione sara' realizzata sulla base di indicatori progressivamente resi espliciti. Sara' particolarmente valorizzata la capacita' di individuare nessi con la parte istituzionale del corso. * Calendario Gli incontri avranno inizio lunedi' 11 aprile e proseguiranno con cadenza settimanale. Primo, secondo, terzo incontro: tappe di sviluppo relative alla produzione di scritture spontanee. Quarto incontro: tappe di sviluppo relative a ipotesi di lettura di parole e frasi, con e senza immagini. Quinto e sesto incontro: il ruolo del bambino e le pratiche scolastiche; processi di alfabetizzazione e lingua scritta. Settimo incontro: un ripensamento sulla dislessia; l'alfabetizzazione degli adulti. Ottavo incontro: sistema alfabetico e notazione aritmetica. Nono incontro: relazione tra oralita' e scrittura in riferimento al concetto di parola e alla coscienza fonologica. Decimo incontro: dibattito e valutazione. * Per informazioni: Maria Luigia Casieri, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it (indicando nell'oggetto: seminario lingua scritta). 2. RIFLESSIONE. ROBERTO VACCA: QUATTORDICI TEOREMI DI KARL POPPER [Ringraziamo di cuore Roberto Vacca (per contatti: mc4634 at mclink.it) per averci messo a disposizione questo suo articolo del 27 febbraio 2005 apparso sul quotidiano "Il messaggero" del 15 marzo 2005 col titolo "Popper e le sue pillole di saggezza". Roberto Vacca, scienziato e scrittore, poliedrico umanista, e' laureato in ingegneria elettrotecnica e libero docente in automazione del calcolo (Universita' di Roma); docente di computer, ingegneria dei sistemi, gestione totale della qualita' (Universita' di Roma e Milano); fino al 1975 e' stato direttore generale e tecnico di un'azienda attiva nel controllo computerizzato di sistemi tecnologici, quindi consulente in ingegneria dei sistemi (trasporti, energia, comunicazioni) e previsione tecnologica; tiene seminari sugli argomenti citati e ha realizzato numerosi programmi tv di divulgazione scientifica e tecnologica; e' anche autore di una feconda produzione letteraria sia saggistica che d'invenzione, quest'ultima particolarmente nel genere narrativo della science-fiction. Karl Popper, nato a Vienna nel 1902 e deceduto a Londra nel 1994, filosofo della scienza e pensatore politico liberale. Fino a una decina d'anni fa era di moda essere pro o contro il Popper "politico" sulla base di uno schieramento a priori: la destra liberale con Popper, la sinistra socialista contro. Poi la catastrofe intellettuale di tanta parte della sinistra ha portato ad una generale esaltazione acritica del filosofo. Noi pensiamo invece che taluni suoi limiti restino; che le sue posizioni non debbano essere contraffatte e quando siano incondivisibili allora vadano criticate con chiarezza; ma che alcune sue opere e tesi costituiscano un contributo di indubbia utilita' per tutte le persone impegnate per la pace, la democrazia, la dignita' umana. Opere di Karl R. Popper: con riferimento alla riflessione politica popperiana segnaliamo particolarmente La societa' aperta e i suoi nemici, Armando, Roma; Congetture e confutazioni, Il Mulino, Bologna (ed in questa raccolta di saggi soprattutto i seguenti: L'opinione pubblica e i principi liberali; Utopia e violenza; La storia del nostro tempo: visione di un ottimista); Miseria dello storicismo, Feltrinelli, Milano. Cfr. anche La lezione di questo secolo, Marsilio, Venezia 1992, 1994 (libro-intervista con due saggi in appendice); tra i suoi ultimi interventi cfr. Una patente per fare tv, in Popper, Condry, Cattiva maestra televisione, Reset, Milano 1994. Ovviamente il Popper pensatore politico non e' separabile dal Popper filosofo della scienza e metodologo, di cui cfr. in particolare la fondamentale Logica della scoperta scientifica, Einaudi, Torino. Una recente raccolta di saggi e' Tutta la vita e' risolvere problemi, Rcs, Milano 2001, Fabbri, Milano 2004. Opere su Karl R. Popper: segnaliamo una buona antologia scolastica di testi popperiani, a cura di Dario Antiseri, Logica della ricerca e societa' aperta, La Scuola, Brescia; tra le monografie sul Popper pensatore politico cfr. Girolamo Cotroneo, Popper e la societa' aperta, Sugarco, Milano 1981; due buone introduzioni al Popper filosofo della scienza sono Arcangelo Rossi, Popper e la filosofia della scienza, Sansoni, Firenze 1975, e Luciano Dottarelli, Popper e il "gioco della scienza", Erre emme, Roma 1992] Nel maggio 1984 Karl Popper, il filosofo della scienza, tenne una conferenza ai Lincei, ma senza preavviso gli dissero che avrebbe potuto parlare venti minuti, invece degli usuali cinquanta. Il suo tema era: "Pensiero ed esperienza: epistemologia evoluzionistica". Decise allora di leggere un breve testo suddiviso in quattordici teoremi, che sono: 1. Tutta la conoscenza umana, compresa quella descrittiva, e' teorica. 2. Tutta la conoscenza teorica e, quindi, tutta la conoscenza, e' incerta. 3. Noi percepiamo configurazioni: interpretazioni di cio' che il cervello ci fornisce. 4. Tutte le percezioni hanno natura ipotetica, cioe' sono affette dalle nostre aspettative. 5. Viviamo in un mondo reale, rappresentato a noi stessi come un mondo di congetture sul mondo reale. 6. Possiamo aspettarci di piu' o di meno che certe aspettative vadano deluse. Se la nostra delusione e' inaspettata, crea il bisogno di ricostruire la teoria. 7. Dal punto di vista biologico conoscenza e teoria sono preparazioni per un'azione: talora si tratta di una preparazione sbagliata. 8. Tutti gli organismi sono risolutori di problemi e procedono per prove ed errori. Questo e' vero sia per Einstein, sia per un'ameba. La differenza e' che le teorie dell'ameba fanno parte della sua struttura fisica, invece Einstein formula teorie che esprime con suoni o con la scrittura. 9. La principale differenza biologica fra l'uomo e gli animali e' il linguaggio in cui si esprimono le teorie. Gli animali non producono teorie in linguaggio descrittivo. Gli uomini possono produrre teorie che trasmettono al di fuori del corpo, in modo che possano essere criticate. 10. La funzione peculiare del linguaggio descrittivo umano e' di permettere le domande: "E' vero? E' falso?". 11. Il linguaggio umano crea nuovi bisogni di pesare pro e contro in merito alla verita' o falsita' di certe proposizioni (funzione argomentativa del linguaggio). 12. Senza discussioni, non ci sono spiegazioni. 13. Senza discussioni non c'e' pensiero umano. 14. Il pensiero umano e' funzione del linguaggio umano e della sua funzione argomentativa. Questi quattordici teoremi sembrano chiari. Chi non sa di epistemologia (lo studio di come ci formiamo opinioni giuste) potra' gradire di sapere di piu' sulle teorie di Popper. I tre libri piu' noti di Popper sono: Logica della scoperta scientifica, Miseria dello storicismo, e La societa' aperta e i suoi nemici. Nel primo descrive come gli scienziati usano la falsificazione. Le teorie scientifiche sul mondo non si possono verificare, cioe' dimostrare vere. Pero' in certi casi possiamo falsificarle, cioe' dimostrare che sono false, perche' sono in disaccordo coi fatti o conducono a previsioni errate. Conserviamo, quindi, le teorie ancora non falsificate e sostituiamo quelle falsificate con teorie nuove. Le teorie buone e utili sono (eventualmente) falsificabili. Invece una teoria considerata vera anche dopo che abbiamo osservato fatti nuovi che la contrastano, non serve a niente. Popper la chiama "teoria vaccinata". Il terzo libro, scritto durante la seconda guerra mondiale, accusa con ottimi argomenti Platone, Hegel e Marx di aver ispirato gran parte degli orrori e delle involuzioni dittatoriali nella storia umana. I primi sei teoremi sono spiegati bene da quanto detto sopra sulle teorie falsificabili. Nei teoremi da 7 a 9, invece, Popper propone un'analogia fra le mutazioni biologiche nel corso dell'evoluzione darwiniana e le congetture o teorie nuove pensate dall'uomo. E' come se gli organismi si evolvessero cercando di fare congetture sul modo migliore di modificare se stessi per avere successo e adattarsi all'ambiente. Infine gli ultimi cinque teoremi definiscono il pensiero in funzione di discussioni fatte usando parole. L'aggettivo "argomentativo" significa proprio "relativo a discussioni". In breve non si puo' dire molto di piu'. Popper va studiato, non preso in pasticche. Non era solo un filosofo della scienza: testimoniava anche delle sue convinzioni politiche. Propose una sua "ingegneria sociale pragmatica". Era antifascista. Durante la conferenza a Roma, altri parlarono a lungo di Heidegger. Popper lo bollo' cosi': "Era un nazista, cosa che si perdona a chiunque, ma non a un filosofo. Dopo la guerra, interrogato sul suo nazismo, Heidegger disse che Hitler lo aveva deluso, ma rifiuto' di spiegare la sua affermazione. Dobbiamo credere che Hitler lo deluse solo perche' aveva perso la guerra". 3. RIFLESSIONE. LEA MELANDRI: INSICUREZZA E UTOPIA [Dal sito www.universitadelledonne.it riprendiamo questo articolo apparso su "D. La Repubblica delle Donne" del 5 marzo 2005. Lea Melandri, nata nel 1941, acutissima intellettuale, fine saggista, redattrice della rivista "L'erba voglio" (1971-1975), direttrice della rivista "Lapis", e' impegnata nel movimento femminista e nella riflessione teorica delle donne. Opere di Lea Melandri: segnaliamo particolarmente L'infamia originaria, L'erba voglio, Milano 1977, poi Manifestolibri, Roma 1997. Cfr. anche Come nasce il sogno d'amore, Rizzoli, Milano 1988; Lo strabismo della memoria, La Tartaruga, Milano 1991; La mappa del cuore, Rubbettino, Soveria Mannelli 1992; Migliaia di foglietti, Moby Dick 1996. Dal sito www.universitadelledonne.it riprendiamo la seguente scheda: "Lea Melandri ha insegnato in vari ordini di scuole e nei corsi per adulti. Attualmente tiene corsi presso l'Associazione per una Libera Universita' delle Donne di Milano, di cui e' stata promotrice insieme ad altre fin dal 1987. E' stata redattrice, insieme allo psicanalista Elvio Fachinelli, della rivista L'erba voglio (1971-1978), di cui ha curato l'antologia: L'erba voglio. Il desiderio dissidente, Baldini & Castoldi 1998. Ha preso parte attiva al movimento delle donne negli anni '70 e di questa ricerca sulla problematica dei sessi, che continua fino ad oggi, sono testimonianza le pubblicazioni: L'infamia originaria, edizioni L'erba voglio 1977 (Manifestolibri 1997); Come nasce il sogno d'amore, Rizzoli 1988 ( ristampato da Bollati Boringhieri, 2002); Lo strabismo della memoria, La Tartaruga edizioni 1991; La mappa del cuore, Rubbettino 1992; Migliaia di foglietti, Moby Dick 1996; Una visceralita' indicibile. La pratica dell'inconscio nel movimento delle donne degli anni Settanta, Fondazione Badaracco, Franco Angeli editore 2000; Le passioni del corpo. La vicenda dei sessi tra origine e storia, Bollati Boringhieri 2001. Ha tenuto rubriche di posta su diversi giornali: 'Ragazza In', 'Noi donne', 'Extra Manifesto', 'L'Unita''. Collaboratrice della rivista 'Carnet' e di altre testate, ha diretto, dal 1987 al 1997, la rivista 'Lapis. Percorsi della riflessione femminile', di cui ha curato, insieme ad altre, l'antologia Lapis. Sezione aurea di una rivista, Manifestolibri 1998. Nel sito dell'Universita' delle donne scrive per le rubriche 'Pensiamoci' e 'Femminismi'"] Se la "minaccia di disastro", di cui parlano Miguel Benasayag e Gerard Schmit, gli autori del libro L'epoca delle passioni tristi (Feltrinelli, Milano 2004) interessa ormai tutto il pianeta, l'insicurezza come umore esistenziale diffuso parla soprattutto dell'Occidente: un benessere insidiato dalla poverta', "valori" universali accerchiati da culture "diverse", individualismo crescente, tecnologie incapaci di far fronte agli imprevisti della natura, "mali" che affiorano dietro la maschera della perfetta salute. Le immagini ricorrenti nelle analisi sociologiche per descrivere uno stato di incontrollabile mutevolezza sono quelle dei "liquidi", che "non conservano mai a lungo la propria forma", o dell' "albero" che puo' flettersi e riprendere subito dopo la posizione di partenza. La "modernita' liquida" di Zygmunt Bauman, l'"uomo flessibile" di Richard Sennett, o il San Precario dei Disobbedienti, sono le nuove icone di una civilta' che sente vacillare le sue fondamenta, e che ancora non sa se lasciarsi avvolgere dalla "notte apocalittica" o disporsi verso una trasformazione "epocale" del proprio modo di vivere. Nel momento in cui il tempo sembra fermarsi per la perdita del suo orizzonte futuro, si fa strada, paradossalmente, quella forza insopprimibile nell'esperienza umana che e' l'utopia, sospensione di luoghi e tempi "dati", che apre la strada a tutto cio' che e' ancora "possibile". E' come se aver intravisto la fine della propria storia e della propria cultura potesse essere la condizione per riconoscere che altre e molteplici sono le alternative concesse alla specie umana. Questo spiega perche' la"societa' del rischio" muova, al medesimo tempo, paure e speranze, impotenza e dinamismo, nostalgie comunitarie e potenziamento dell'autonomia del singolo. Nonostante la frequenza quasi quotidiana di sondaggi e statistiche che misurano la febbre del nostro tempo, allineando secondo un ordine di maggiore o minore grandezza le paure ricorrenti, resta il dubbio che l'imbarbarimento di una civilta' esaurita possa essere la premessa per un suo ulteriore sviluppo. A farlo credere, o soltanto sperare, e' l'aspetto inedito, per profondita' ed estensione, del terremoto che ha aperto crepe insanabili nelle abitudini, nelle certezze materiali e nelle convinzioni morali di popoli sicuri di essere centro e misura del mondo, regolatori del caos, della natura e delle passioni umane. Di due "catastrofi", come l'attentato alle Torri Gemelle di New York, l'11 settembre 2001, e lo tsunami, nel Sud Est asiatico, il 26 dicembre 2004, si e' detto che "niente poteva piu' essere come prima", come se una faglia gigantesca si fosse aperta tra la ragione storica e le "viscere" inesplorate che si porta dentro. Ma se dallo scenario mondiale si passa alla drammaturgia minuta e meno appariscente delle "minacce" quotidiane - precarieta' del lavoro, microcriminalita', scontro di culture, disastri climatici, ecc. -, non e' difficile accorgersi che a scuotere le certezze e', in tutti i casi, un capovolgimento imprevisto di prospettiva, l'insorgere di uno sguardo altro, indagatore e inquietante. Le fonti "esterne" delle ansie diffuse oggi nel tessuto sociale non mancano di descrizioni dettagliate, dalla globalizzazione economica alla ripresa dei flussi migratori, dal deterioramento del clima e dell'ambiente alla crisi di legami sociali consolidati, dalla guerra e dal terrorismo alle morti silenziose per fame, depressione e malattia. Piu' difficile e' fermare l'attenzione su un "nemico" che e', per altri versi, familiare, "interno", anche se finora ignorato, alle nostre vite e alle nostre societa'. Come nelle eruzioni vulcaniche, a venire in superficie e' il magma delle reazioni incontrollate che la storia produce nel momento in cui separa da se' tutto cio' che la ostacola e la contraddice in una fase del suo sviluppo. Per la forte valenza simbolica che avevano, sia le Torri Gemelle, crocevia degli scambi commerciali del mondo, sia i paradisi marini del Sud Est asiatico, meta del turismo internazionale, e' diventata trasparente anche la mano che li ha colpiti, quell'alterita', umana in un caso, naturale nell'altro, che si era creduto di poter rendere inoffensiva con il dominio e l'assimilazione. I mondi e le culture che finora sono stati costretti a misurare le loro possibilita' di sopravivenza e la loro "diversita'" sul modello unico dell'Occidente, sono diventati, insieme alle forze naturali che hanno sconvolto le spiagge dell'Indonesia, delle presenze che nessuna ragione e nessun sonno potranno piu' allontanare. La scelta di farne i fantasmi di un'Apocalisse incombente o invece l'occasione per riconoscere squilibri, aggressioni fatte e subite, fragilita' e limiti dell'agire umano, non potranno impedire a quel "terzo occhio" di orientare in modo nuovo la nostra visione delle cose. * Uno spostamento analogo sembra essere avvenuto nella vita delle persone, nelle relazioni sociali, nelle normali abitudini quotidiane. A disorientare e scuotere certezze divenute quasi una "seconda natura", e' lo spettro di una poverta' non piu' riducibile al destino di una classe sociale, di un "femminile" che interroga le "differenze" storiche tra i sessi, di una singolarita' che si libera di lacci e soggezioni antiche. Con le categorie interpretative che vanno sotto i nomi di "precarieta'", "mobilita'", "rischio", "crisi", "insicurezza", vengono elencate prioritariamente le conseguenze di un modello di sviluppo - produzione e consumo -, ormai fine a se stesso, con un corteo crescente di guerre, migrazioni, nuove schiavitu' e disastri ecologici. Ma se la dimensione economica non fosse diventata l'unita' di misura del vivere umano, e la "flessibilita'" del lavoro l'unico indicatore delle ansie sociali, non sarebbe difficile accorgersi che, a incrinare un terreno che sembrava compatto, e' il sottosuolo che si e' sempre portato dentro a sua insaputa, quel luogo altro, diverso, destinato a tacere per sempre, che oggi irrompe sulla scena del mondo, creando figure, passioni, legami nuovi e imprevisti tra culture differenti, ma anche tra uomo e donna, individuo e collettivita', salute e malattia, liberta' e dipendenza, giovinezza e vecchiaia, vita e morte. Saltano confini che sembravano tracciati una volta per sempre - privato/pubblico, barbarie/civilta', reale/artificiale, ecc. -, false "naturalita'", come quella che ha diviso violentemente il destino dei sessi, lasciando la donna a garantire la continuita' della specie e l'uomo a "progredire" da solo nel mondo; irrompe, nel teatro che e' sempre stato della razionalita' vigilante - del potere, delle sue istituzioni e dei suoi linguaggi -, il corpo, con la sua memoria arcaica, le sue leggi, le sue ferite, la sua manipolabilita', ma anche la sua resistenza alle mire onnipotenti del pensiero. Del corpo parla oggi la consapevolezza che l'individuo, maschio e femmina, ha di se stesso, quando tenta di piegarlo a martellanti pratiche salutistiche, quando ne riconosce la fragilita' e il termine, quando interroga ansioso le promesse della scienza e quando, al contrario, si dispone ad assecondare ritmi piu' "naturali", quando si aggrappa a un modello di eterna giovinezza e quando chiede che sia data cittadinanza a parenti indesiderati, come i malati, gli anziani, i disabili. Con la corporeita' hanno a che fare anche le ansie che si associano a un colore diverso della pelle, a un taglio diverso degli occhi, a un abbigliamento che segnali poverta' o appartenenza a culture diverse. Sono queste "interferenze" che assediano il quotidiano, da uno schermo televisivo al percorso che si fa a piedi o in autobus, a rinfocolare "identita'" che nessuno si era mai accorto di avere e che ora si e' tentati di impugnare come un'arma di difesa. L'insorgere di nuove "preoccupazioni" non e' necessariamente solo ansia, impotenza, fatalismo, arroccamento nel proprio utile. L'arretramento che sembra oggi invertire il cammino di un progresso assicurato, potrebbe essere visto, come gia' scriveva Elvio Fachinelli nel suo libro Il bambino dalle uova d'oro (Feltrinelli, Milano 1974) come "un'astuzia storica di Eros" che, "proprio per salvare la civilta' ricorre a una nuova barbarie, che e' premessa per il suo ulteriore sviluppo". Come e' gia' successo nel corso della storia, "questa barbarie proviene dall'esterno della civilta' esausta, sotto forma di nuove masse alle quali risultano incomprensibili le sue sottili operazioni". * Nella situazione attuale, questa irruzione di alterita' non viene soltanto dai mondi che l'Occidente ha colonizzato, asservito ai suoi modelli, e a cui oggi e' costretto ad aprire le porte, ma da un "ordine" politico, economico, sessuale e morale, che si va sfaldando per lasciare posto a nuovi equilibri, nuove forme di convivenza, nuovi saperi e linguaggi. Ma per inserire l'esigenza del diverso, per cambiare l'idea di cio' che e' "reale" e "possibile", e' necessario non aver paura di analizzare la "profondita' del male" e cogliere nel medesimo tempo i segnali contraddittori che vengono dai peggiori disastri. Non c'e' dubbio che lo tsunami, sia pure dal versante di una legge fisica che sfugge al controllo dell'uomo e che lascia percio' aperta l'imprevedibilita' della morte, interroga rapporti che si sono costruiti nella storia: scambi ineguali, popolazioni povere che offrono i loro mari al godimento di occidentali privilegiati, promessa di sviluppo da parte dei potenti del mondo in cambio dello sfruttamento di risorse umane e naturali. Tra le macerie che si e' lasciato dietro il maremoto, non si e' persa solo la possibilita' di distinguere i corpi dei turisti e dei locali, ma anche la linea di demarcazione inconsapevole che ha portato una parte del mondo ad arrogarsi poteri, valori, condizioni di superiorita' sull'altra. Nuove paure e nuove consapevolezze si fanno strada insieme, producono arretramenti e, nel medesimo tempo, la scoperta di forme inedite di solidarieta'. Soprattutto aprono la strada alla prospettiva che si possa andare "alle radici dell'umano", al di la' di quelle "differenze" che nel corso della storia hanno impedito di pensarsi appartenenti a un comune destino. 4. MEMORIA. CARLA COHN: IL MIO VIAGGIO DI TRASFORMAZIONE [Ringraziamo di cuore Carla Cohn (per contatti: carlacohn at tele2.it) per averci messo a disposizione questa sua intensa testimonianza. Carla (Carola) Cohn, nata a Berlino nel 1927, deportata e sopravvissuta ai campi di sterminio, e' psicoterapeuta e testimone della Shoah. "One by One" e' un'associazione per l'incontro tra i figli delle vittime e degli aguzzini della Shoah] Nel marzo 2001 ho partecipato al mio primo gruppo di dialogo tenuto da "One by One" a Berlino. Per poter comprendere il significato che questo incontro aveva per me personalmente, devo tracciare un breve profilo autobiografico di cio' che sottostava a questa decisione, presa dopo un lungo travaglio emotivo. Sono nata nel 1927 a Berlino, in una famiglia completamente integrata e non religiosa di benestanti ebrei tedeschi. La famiglia di mio padre era berlinese da generazioni. Mio padre, avvocato e musicista, era stato decorato con la croce di ferro di prima classe durante la prima guerra mondiale. Credeva fermamente nella promessa, che veniva assieme alla medaglia, che lui aveva guadagnato "l'eterna gratitudine della patria". Mia madre nacque a San Pietroburgo in una famiglia immigrata dalla Germania da tante generazioni. Anche se non erano religiosi, si erano convertiti al protestantesimo per potersi integrare ulteriormente. Durante la rivoluzione furono dichiarati "bianchi" ed espropriati, e dovettero emigrare in Germania. Il fratello di mia madre fu esiliato in Siberia assieme alla sua giovane sposa inglese. Questa esperienza di espropriazione ed emigrazione forzata e' stata determinante per il futuro cieco rifiuto di mia madre di emigrare dalla Germania finche' ci era ancora possibile. In casa mia non si parlava mai di politica davanti a me e mio fratello, di tre anni piu' giovane. Io ho saputo delle persecuzioni, di essere una "ebrea indesiderata", e del nazismo, da quello che sentivo fuori casa, e da cio' che potevo osservare e sperimentare sulla mia pelle. Pero' in casa non ne potevo mai ne' parlare ne' chiedere, la politica essendo un tema tabu' nella mia famiglia. Mio padre sapeva cosa stava succedendo e tento' di emigrare, ma anche lui era sconfitto dall'opposizione di mia madre a lasciare la Germania. Di conseguenza, nel giugno 1942, dopo l'arresto di mio padre da parte della Gestapo, ci siamo trovati riuniti per essere trasportati in carri bestiame sigillati, destinazione sconosciuta. Arrivammo a Theresienstadt, il cosiddetto "ghetto dei privilegiati", conosciuto anche come il "ghetto dei bambini": da li' 15.000 bambini furono presi ai loro genitori e spediti nelle camere a gas di Auschwitz-Birkenau. Meno di cento bambini sono sopravvissuti; io sono una di questi sopravissuti, l'unica della mia famiglia. Per puro caso, a Birkenau sono stata tirata fuori dalla camera a gas da un SS, il quale evidentemente mi aveva scambiato per un'altra persona perche' disse "Cosa fai qui, ti ho gia' tirato fuori un'altra volta". Io non lo avevo mai visto prima, ne' lo vidi mai piu' dopo. Sono andata a finire in un "trasporto di lavoro" che portavo me ed altre 499 giovani donne a lavorare come schiave in Austria. Soltanto dopo la liberazione ho saputo che siamo state in un campo che apparteneva a Mauthausen. Una volta liberata ebbe inizio la mia odissea da "ebrea errante" fra i tanti campi profughi, senza fondi, senza nessuna informazione o aiuto. Con l'intervento dell'Hagana' sono stata mandata in Palestina. Sono rimasta in Palestina per nove mesi. La' ero considerata "non desiderata" perche "Yekke", cioe' tedesca... Tornai in Italia illegalmente e non avevo altra scelta che aspettare l'affidavit per emigrare negli Stati Uniti. Dopo diciannove anni sono tornata a vivere in Italia, il primo posto dove mi sono sentita libera. * Nel 1960 sono stata brevemente a Berlino per incontrare l'amico d'infanzia di mio fratello che era sopravvissuto la', sempre nascosto, assieme ai genitori. Un ulteriore motivi per questo viaggio fu la mia speranza di poter riempire le lacune della mia memoria, ma non mi e' stato possibile. Ero incapace nel 1960 di integrare me stessa ed il mio passato berlinese. Il problema piu' difficile si presento' quando in una Berlino distrutta vidi le due case dove avevo vissuto, ancora completamente intatte, probabilmente con il nostro arredamento dentro, cosi come le avevamo dovute lasciare. Il mio odio furioso fu tale che avrei facilmente potuto compiere gesti distruttivi. La mia furia e voglia di vendetta furono altrettanto suscitati quando vidi persone d'una certa eta' alle quali volli chiedere se loro avevano uccisi i miei. Dovetti fuggire da Berlino con i miei vuoti di memoria non colmati e molto spaventata dai miei sentimenti insospettamente cosi' violenti. Giurai che non sarei mai piu' tornata a Berlino, ne' avrei piu' parlato tedesco tranne con alcuni amici fidati. * Nel marzo 2000 venni a sapere che ci sarebbe stato un interessante incontro della durata di tre giorni alla Chiesa Valdese con quattro rappresentanti di "One by One". Mi fu spiegato che si era formata un'associazione tedesco-statunitense fra i figli di sopravvissuti della Shoah ed i figli degli aguzzini allo scopo di tentare di stabilire un dialogo autentico fra di loro per poter cominciare a "capire il nemico" (nel senso di Primo Levi e Martin Buber). Inizialmente mi rifutai di partecipare, ma consentii a partecipare al loro meeting quando mi resi conto che, in fondo, ero comunque libera di andarmene via. Sono stata presentata alle due tedesche Martina Emme e Ilona Kuphal, ma io parlavo con loro soltanto in inglese, persino dopo che Martina mi disse che sapeva ch'ero nata a Berlino. Rimasi li' ad ascoltare la loro testimonianza. Ero colpita dall'onesta' ed autenticita' con cui parlavano del passato nazista delle loro famiglie e dei loro sensi di colpa e vergogna. Questo avveniva assieme con le testimonianze dalla parte delle vittime, figlie di sopravvissuti, Rosalie e Deborah. Cominciai a pensare che se Rosalie poteva stabilire un dialogo e diventare persino amica dei "tedeschi", anch'io avrei potuto provarci. Volevo tentare di conoscere Martina, e a tale scopo le proposi di farle vedere un po' di Roma. Lo feci e da allora in poi riuscii a parlare con Martina in tedesco. Martina doveva tornare a Roma in occasione della mostra di "One by One" nel gennaio 2001. La invitai a stare a casa mia e da allora siamo diventate amiche. * Questa visita di Martina coincise con le manifestazioni per il Giorno della Memoria, celebrato il 27 gennaio, per ricordare la liberazione di Auschwitz. Io dovevo dare la mia testimonianza in tv. Sono stata intervistata a lungo da Roberto Olla per il suo libro "Ancora ciliegie, zio SS", e per il suo film documentario "La rivolta dell'anima", sul tema della resistenza "passiva" a Terezin. Finche' i prigionieri nel ghetto riuscivano a fare della musica, comporre o dipingere, anche illegalmente, gli ex-artisti potevano riaffermare la loro umanita' anche se ridotti a "non-persone", in attesa della "soluzione finale". Per pura coincidenza una parte del documentario doveva essere rifatta a causa di un problema d'illuminazione. L'equipe della Rai venne a casa mia per rifare parte dell'intervista con me. Io ho utilizzato l'occasione per presentare Martina e "One by One" alla tv in Italia. Parlavamo nel programma della Rai per il Giorno della memoria del significato dei gruppi di "One by One" di stabilire un dialogo autentico, secondo Buber, e dell'importanza di tentare di "capire il nemico" nel senso di Primo Levi. * Dopo il suo ritorno, Martina, pur sapendo del mio rifiuto di tornare a Berlino, fece un tentativo d'invitarmi a Berlino. Dovetti affrontare e tentare di risolvere i miei sentimenti molto ambivalenti. Ero terrorrizzata all'idea di dover rivivere un altro viaggio traumatico. Comunque, fra la comprensione dei miei conflitti da parte di Martina che offriva il suo sostegno, e Roberto Olla che pensava che ormai il tempo era arrivato per affrontare e confrontarmi con Berlino, accettai l'invito. In qualche modo ero conscia che il "drago" tanto temuto risiedeva dentro di me, e che avrei dovuto combatterlo in un confronto diretto con la realta' esterna della Berlino d'oggi. Inoltre, temevo la censura dalla parte delle "vittime", piu' che dover affrontare la parte degli "aguzzini". Il motivo era che come non credente, nel passato sono stata accusata di essere una traditrice del giudaismo. Ero sconvolta. Nel mio libro ho citato Heine: "Denk ich an Deutschland in der Nacht, so bin ich um den Schlaf gebracht" (Se penso alla Germania di notte, il mio sonno finisce a botte). La stessa insonnia mi ha colpita prima e dopo Berlino. Nonostante cio', sono molto felice che ci sono andata ad affrontare il "drago", e che potevo venire via molto sollevata da antichi pesi, avendo potuto lasciarmi dietro vecchie paure ed incubi. Durante la prima colazione, il giorno in cui ebbe inizio il nostro incontro, fui colpita in maniera negativa dal fatto che i figli degli aguzzini stavano seduti insieme ad un tavolo, mentre i figli delle vittime stavano assieme altrove. Commentai la situazione e mi fu detto che questo sarebbe cambiato ben presto. Dopodiche' notai che la sequenza dei nostri interventi seguiva la stessa regola. Domandai se era possibile cambiare la sequenza e parlare prima del previsto. Io desideravo rompere questa divisione fra le due "parti". In questo contesto non parlero' di cio' che sentivo per primo dall'altra parte... ma vorrei sottolineare che ero commossa dall'autentico dolore, pentimento e sensi di colpa dei quale parlava il figlio, sentendosi tutt'ora responsabile per le azioni del padre. Un altro partecipante, la cui famiglia non e' stata colpevole ne' coinvolta attivamente nelle atrocita', parlo' della sua profonda vergogna come tedesco per la loro storia passata, che ha lasciato indelebili cicatrici ovunque. Dopo il primo intervento, toccava a me. Non potevo fare altro che parlare dei miei sensi di colpa come unica sopravvissuta della mia famiglia. All'eta' di tre anni mi ero sentita respinta da mia madre la quale era totalmente presa dall'arrivo di mio fratello che divento' il suo "Seelentroester", consolatore dell'anima. Questi eventi mi portarono a crescenti risentimenti verso mia madre fino al punto che pensavo che nessuna coesistenza sarebbe stata possibile fra noi... Io adoravo mio padre e amavo il mio piccolo fratello, sapendo che lui non aveva colpa della ossessione di nostra madre. Il cieco rifiuto di mia madre di emigrare in tempo ci aveva portato a finire nei campi di sterminio. Dal punto di vista emotivo, fu come se la "soluzione finale" fosse stata la mia soluzione personale! Che diritto avevo io di sopravvivere quando avevo avuto questi cupi, devastanti segreti nascosti nel profondo della mia anima? Io feci questa confessione di eterni sensi di colpa e vergogna prima che Ilona parlasse della sua vergogna e dei suoi sensi di colpa per il padre, un membro delle SS. Avendo potuto condividere cio' che fino a quel momento era stato un peso segreto ed inammissibile, mi permise finalmente di piangere lacrime prima sempre trattenute. Io potevo piangere nelle braccia di Ilona che cercava a consolarmi. E con questa esperienza, di aver condiviso le nostre rispettive colpe e vergogne, cessarono di esistere per me le arbitrarie divisioni fra di noi. Siamo diventati degli esseri umani, uniti da reciproca comprensione per le nostre sofferenze. Da questo momento, condiviso da tutto il gruppo, io non posso piu' accettare le categorie di figli di vittime versus figli di aguzzini, piu' di 55 anni dopo i fatti storici che hanno lasciati i loro segni su noi tutti. Con mia grande sorpresa e sollievo, sono stata compresa e non criticata dalle altre persone ebree. Loro erano d'accordo con me quando parlai della mia necessita' di guardare e di valutare le persone esclusivamente in termini umani ed individuali, anziche' "etichettarle". Altrimenti si corre il rischio di nuovi genocidi: cessiamo di essere persone e diventiamo simboli per le bandiere di vendette per odi indimenticati ed eterni. Per esempio, cio' e' avvenuto nei Balcani... Ho imparato un'altra lezione durante questa difficile settimana. Ho dovuto affrontare i miei pregiudizi: dovevo ammettere che i tedeschi sono, e devono essere considerati, come essere umani, anziche' rappresentare i simboli del male e della "soluzione finale". Mi sembra che quasi ci fosse stata una specie di scambio dei ruoli: per tanti ebrei i tedeschi sono ormai diventati "non-persone", anche quando dicono che "alcuni" sono loro amici. Tanti anni fa, in Germania, ho sentito dire la stessa cosa quando si parlava degli ebrei. * Ma dobbiamo sempre combattere qualche "categoria" che rappresenta "il diavolo" o "il male" sul quale proiettare tutte le responsabilita' per qualunque cosa che non funzioni nel mondo, o per cio' che non va con noi, dovuto ai nostri problemi personali? Questi meccanismi sono noti come proiezioni paranoidi. Sono stati adoperati dai nazi quando incolpavano gli ebrei di aver causato tutti i mali del mondo per poi poter "giustificare" il bisogno di "purificare" la Germania, e il mondo, con la "soluzione finale". Parlando di paranoia, permettetemi di notare una suggestione fonetica: la "soluzione finale" fu pianificata alla Conferenza di Wannsee. In tedesco la paranoia, ovvero un'idea folle, si chiama "Wahn", percio', e' stato alla "Conferenza del Wahn" che il nostro destino e' stato suggellato nel 1942! L'idea folle di Hitler, il suo "Wahn", d'una "super-razza ariana" cadeva su un terreno fertile; i capri espiatori furono trovati. Queste idee folli allora in Germania furono ritenute piu' accettabili rispetto all'affrontare le realta' di sconfitta nella prima guerra mondiale, seguita da inflazione, disoccupazione e gli altri gravi mali sociali del dopoguerra. * A questo punto vorrei esprimere la mia completa solidarieta' con "One by One" ed anche la mia gratitudine per tutto cio' che cercano di attivare. Ho gia' deciso di tornare a Berlino per il prossimo incontro, inoltre, spero che avremo la possibilita' di organizzare un gruppo "One by One" anche qui in Italia. Pero', vorrei dare voce a due considerazioni critiche da sottoporre alla vostra considerazione. La prima: come sopravissuta, mi sembra quasi di non esistere piu' perche' "One by One" si rivolge principalmente alla generazione dei figli dei sopravissuti. Siamo rimasti in pochi, e, come i dinosauri, siamo in via d'estinzione. Ma finche' esistiamo ancora e possiamo ancora testimoniare, vorremmo essere inclusi. (Lo so che questa situazione si e' creata inizialmente quando i figli hanno organizzato l'associazione e non c'era l'intenzione di escluderci. Pero' confesso che questa omissione mi ha fatto sentire relegata allo status di "non-persona"). La seconda: mi vengono i brividi ogni volta che sento o leggo la parola "Olocausto" invece di "Shoah". Io so che questo termine e' usato negli Stati Uniti, ma dubito che la' siano a conoscenza della definizione del termine. "Olocausto" si riferisce ad un sacrificio religioso, percio' mi sembra poco adatto in questo contesto. * Vorrei esprimere la mia gratitudine a Martina per tutto quello che fa ed ha fatto, e per il "Mensch" (l'essere umano) che e'. Io devo a lei di aver potuto effettuare una sorta di riconciliazione con la Germania associata ai miei tentativi di "capire il nemico" leggendo il suo eccellente libro (Der Versuch den Feind zu verstehen) anche molto ben documentato. La comprensione e il sostegno di Martina hanno avuto il risultato che ho potuto rivisitare Berlino - una Berlino totalmente diversa da cio' che ricordavo e temevo nella mia mente. Ho scoperto che Berlino e' una bella citta', un fatto che avevo sempre negato. Ho potuto liberarmi di enormi pesi dolorosi e dell'odio. Ho potuto ritrovare le miei radici berlinesi, e accettarle senza dovermi scusarmi di essere tedesca. E, come Martina ha potuto constatare, ho ritrovato il mio vecchio senso dell'umorismo berlinese, ed ho potuto persino cantare vecchie canzoni dimenticate degli anni '30. Ed infine, ma non per ultimo, sono stata capace di usare il mio cognome senza temere che, come la stella gialla di Davide, cio' mi avrebbe etichettato ed esposto a derisione e pericoli. Ringrazio tutti gli amici di "Obe by One" per il mio viaggio di trasformazione. 5. LETTURE. ALDO CAROTENUTO: OLTRE LA TERAPIA PSICOLOGICA Aldo Carotenuto, Oltre la terapia psicologica, Bompiani, Milano 2004, pp. 400, euro 9,50. "Se la sofferenza e' storia, essa puo' e deve essere narrata, partecipata, resa intelligibile dalla comunita": comincia cosi' questa bella raccolta di saggi dell'illustre studioso e psicoterapeuta recentemente scomparso. 6. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 7. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at inwind.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 883 del 29 marzo 2005 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione).
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