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La nonviolenza e' in cammino. 882
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 882
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Mon, 28 Mar 2005 00:56:59 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 882 del 28 marzo 2005 Sommario di questo numero: 1. Giulio Vittorangeli: Il sapore dell'utopia 2. Ettore Masina: Due lettere 3. Peppe Sini: Sistema di potere andreottiano e penetrazione dei poteri criminali a Viterbo (1995) 4. Letture: Anna Bravo, Il fotoromanzo 5. Letture: Anna Bravo, Margherita Pelaja, Alessandra Pescarolo, Lucetta Scaraffia, Storia sociale delle donne nell'Italia contemporanea 6. Letture: Anna Maria Bruzzone, Rachele Farina, La Resistenza taciuta 7. Letture: Enrico Peyretti, Dov'e' la vittoria? 8. Letture: Lucetta Scaraffia, Rinnegati. Per una storia dell'identita' occidentale 9. La "Carta" del Movimento Nonviolento 10. Per saperne di piu' 1. RIFLESSIONE. GIULIO VITTORANGELI: IL SAPORE DELL'UTOPIA [Ringraziamo Giulio Vittorangeli (per contatti: g.vittorangeli at wooow.it) per questo intervento. Giulio Vittorangeli e' uno dei fondamentali collaboratori di questo notiziario; nato a Tuscania (Vt) il 18 dicembre 1953, impegnato da sempre nei movimenti della sinistra di base e alternativa, ecopacifisti e di solidarieta' internazionale, con una lucidita' di pensiero e un rigore di condotta impareggiabili; e' il responsabile dell'Associazione Italia-Nicaragua di Viterbo, ha promosso numerosi convegni ed occasioni di studio e confronto, ed e' impegnato in rilevanti progetti di solidarieta' concreta; ha costantemente svolto anche un'alacre attivita' di costruzione di occasioni di incontro, coordinamento, riflessione e lavoro comune tra soggetti diversi impegnati per la pace, la solidarieta', i diritti umani. Ha svolto altresi' un'intensa attivita' pubblicistica di documentazione e riflessione, dispersa in riviste ed atti di convegni; suoi rilevanti interventi sono negli atti di diversi convegni; tra i convegni da lui promossi ed introdotti di cui sono stati pubblicati gli atti segnaliamo, tra altri di non minor rilevanza: Silvia, Gabriella e le altre, Viterbo, ottobre 1995; Innamorati della liberta', liberi di innamorarsi. Ernesto Che Guevara, la storia e la memoria, Viterbo, gennaio 1996; Oscar Romero e il suo popolo, Viterbo, marzo 1996; Il Centroamerica desaparecido, Celleno, luglio 1996; Primo Levi, testimone della dignita' umana, Bolsena, maggio 1998; La solidarieta' nell'era della globalizzazione, Celleno, luglio 1998; I movimenti ecopacifisti e della solidarieta' da soggetto culturale a soggetto politico, Viterbo, ottobre 1998; Rosa Luxemburg, una donna straordinaria, una grande personalita' politica, Viterbo, maggio 1999; Nicaragua: tra neoliberismo e catastrofi naturali, Celleno, luglio 1999; La sfida della solidarieta' internazionale nell'epoca della globalizzazione, Celleno, luglio 2000; Ripensiamo la solidarieta' internazionale, Celleno, luglio 2001; America Latina: il continente insubordinato, Viterbo, marzo 2003. Per anni ha curato una rubrica di politica internazionale e sui temi della solidarieta' sul settimanale viterbese "Sotto Voce" (periodico che ha cessato le pubblicazioni nel 1997). Cura il notiziario "Quelli che solidarieta'"] La guerra e' sempre fatto estremo, distrugge la vita delle persone. Quella in Iraq, in particolare, non e' un episodio di cui e' visibile un termine e di cui si puo' intravedere una soluzione; perche' i suoi registi non hanno in mano alcuna opzione finale se non quella di continuare alzando ogni giorno il volume di fuoco. Ed e' difficile pensare che dell'Onu rimarra' qualcosa di piu' di una sigla di copertura se il comando militare (e politico) restera' nelle mani di Washington. Cosi' siamo spaventati dall'instabilita prodotta dalla superpotenza Usa, e dalle reazioni che essa suscita su un terreno come quello del Medioriente. Abbiamo paura che non se ne esca piu'. Siamo spaventati dalla violenza dei poteri mondiali, non solo quando fanno la guerra, ma nell'ordinamento che impongono quasi che fosse legge di natura. E' violento lo schema originario del rapporto fra uomini e donne e tanto piu' in quanto introiettato. Siamo spaventati dalla perdita dei diritti politici e sindacali della forza lavoro, che in Europa sono andati sempre assieme alla democrazia. Siamo spaventati da questo terribile paese che l'Italia e' diventato. Che e' diventato, si badi, non snaturandosi, ma mutando "in se stesso", in continuita' con la sua profonda identita' politica. Con il berlusconismo e' avvenuta una involuzione culturale profonda. Il paese non n uscira' (quando e come riusciremo a liberarci) identico a prima, simile a un corpo giovane che si rimette dall'influenza. Lascera' segni profondi, che non svaniranno con l'eclisse di Berlusconi, l'italica traduzione dell'onda liberista che ha abbattuto la costituzione materiale del paese, fatto dilagare l'atomismo sociale e dato fiato, aggiornandole, alle pulsioni peggiori della nostra storia. Siamo alla degenerazione delle forme e della sostanza della repubblica. Abbiamo assistito ad un indebolimento fatale del pensiero moderno, che ha causato parte della mutazione genetica di cio' che era la sinistra. Siamo spaventati dalla caduta della memoria. Ci fa paura che ci sia sfuggita dalle mani l'analisi del Novecento e sia finita in mano a chi ci vorrebbe morti. Perche' siamo figli e figlie di un secolo, forse di un millennio, che grava sulle nostre esistenze, irrisolto. Cosi' ci chiediamo, impauriti, se il mondo e' stato sempre cosi' crudele. Forse la crudelta' odierna e' piu' persistente, pervasiva e continua. Non risparmia ne' il pianeta ne' chi lo abita. Astratta in quanto deriva esclusivamente dalla logica della ricerca del profitto (fredda come un congelatore), la crudelta' contemporanea minaccia di rendere obsoleto ogni altro insieme di certezze e, con esse, la consuetudine di affrontare la crudelta' della vita con dignita' e qualche lampo di speranza. * Ma dove cercare la speranza quando apparentemente non c'e'? Tra le donne, ossia nell'interpretazione e nella visione femminile del mondo (le ragioni della critica femminista) come risposta a quella troppo maschile nel senso dell'uso della violenza. Pensiamo a tutti i fondamentalismi a colpi di misoginia e oppressione praticati in nome di religioni e leggi; per non parlare dei colpi di cannone sparati in nome di un altro fondamentalismo: l'economia globale. Non e' un caso che sia il femminismo a detenere gli strumenti piu' efficaci di critica al militarismo e alla violenza. Ed ancora, la speranza del movimento altermondialista, probabilmente a maggioranza femminile; oggi l'espressione piu' alta del dissenso e della voglia di cambiamento. Anche se poco spazio e' dato alla sua presenza istituzionale. Ora (al di la' delle ricorrenti rigidita' identitarie, delle ossessioni autorappresentative e di facili semplificazioni: i molti piu' inclini allo slogan che alla fatica della riflessione) questo movimento esiste, resiste, cresce, ma stenta ad incidere concretamente. Questo, perche' i "nuovi soggetti" che lo compongono, rifiutano o rimandano a non si sa quando la ricostruzione di un segmento di rappresentanza che possa incidere sui poteri. Infine, la speranza della solidarieta' internazionale, intesa come capacita' di coniugare le lotte delle masse impoverite del centro e delle periferie del mondo. Come tentativo di continuare a pensare la storia e la politica (intesa come esercizio di mente e di cuore, di risate, indignazione e azione), anche dopo che molte speranze sono state ferite, sono state turbate, sono state disilluse dal corso degli eventi. Indignarsi sempre davanti alla riduzione delle persone a nuda corporeita' (i corpi devastati dalla fame, dalla guerra, dalle torture, dalle malattie, dalle migrazioni), a pornografia, a sommatoria di organi (biotecnologie, sperimentazione genetica); e ricominciare sempre, con pazienza, a capire. * Tutto questo ha il sapore dell'utopia (utopia significa "il luogo che non c'e'"... quindi l'utopia non esisterebbe); e quello che ci manca, in questo momento, e' proprio la capacita' di costruire una nuova utopia, non un sogno ingannevole. Perche' la funzione dell'utopia e' nel suo fallimento affinche' ogni volta ne rinasca una migliore; consiste nell'essere causa piu' che effetto, motore del viaggio ad un orizzonte che retrocede sempre di un passo per ciascun passo avanti dell'umanita'. Perche', malgrado le apparenze e mai come in questo momento, i protagonisti della storia e cioe' della vita sono i popoli, gli esseri comuni, ogni uomo e ogni donna lo sono, lo sono le tante persone che difendono, in ogni angolo di questa martoriata terra, la propria condizione e dignita' a prezzo di fatiche e sconfitte. 2. RIFLESSIONE. ETTORE MASINA: DUE LETTERE [Ringraziamo Ettore Masina (per contatti: e-mail: ettore at ettoremasina.it, sito: www.ettoremasina.it) per l'invio della sua "Lettera" mensile (la "Lettera" viene inviata a chiunque ne faccia richiesta scrivendo al suo indirizzo: via Cinigiano 13, 00139 Roma, tel. 068102216; un contributo alle spese di fotocopiatura e postali e' assai gradito; i versamenti possono essere effettuati sul ccp 49249006 intestato a Luca Lo Cascio, via Leone Magno 56, 00167 Roma). Dai numeri 104, del gennaio 2005, e 105, del febbraio 2005, riportiamo i seguenti testi. Nato a Breno (Bs) il 4 settembre 1928, Ettore Masina - giornalista, scrittore, fondatore della Rete Radie' Resch, gia' parlamentare - e' una delle figure piu' vive della cultura e della prassi di pace. Sulle sue esperienze e riflessioni si vedano innanzitutto i suoi due libri autobiografici: Diario di un cattolico errante. Fra santi, burocrati e guerriglieri (Gamberetti, 1997) e Il prevalente passato. Un'autobiografia in cammino (Rubbettino, 2000). Tra gli altri suoi libri: Il Vangelo secondo gli anonimi (Cittadella, 1969, tradotto in Brasile), Un passo nella storia (Cittadella, 1974), Il ferro e il miele (Rusconi, tradotto in serbo-croato), El Nido de Oro. Viaggio all'interno del terzo Mondo: Brasile, Corno d'Africa, Nicaragua (Marietti, 1989), Un inverno al Sud: Cile, Vietnam, Sudafrica, Palestina (Marietti, 1992), L'arcivescovo deve morire. Monsignor Oscar Romero e il suo popolo (Edizioni cultura della pace, 1993 col titolo Oscar Romero, poi in nuova edizione nelle Edizioni Gruppo Abele, 1995), Comprare un santo (Camunia, 1994); Il Volo del passero (San Paolo, tradotto in greco), I gabbiani di Fringen (San Paolo, 1999), Il Vincere (San Paolo, 2002)] Come una madre demente Come una madre demente che per soccorrere un figlio disgraziato togliesse il pane agli altri (ma non a se stessa!), la comunita' internazionale per aiutare le vittime dello tsunami sta sottraendo ogni aiuto agli altri paesi poveri. Lo denunziano molte ong e lo conferma M. Aelion, responsabile dei progetti regionali del Programma alimentare mondiale, agenzia delle Nazioni Unite: "Il maremoto ha provocato il dirottamento di tutti i fondi verso il Sud Est asiatico, e all'Africa non arriva piu' nemmeno un soldo". * Africa: lo tsunami quotidiano Ho cominciato a conoscere l'Africa quando avevo sei anni: mio padre, ufficiale dei carabinieri, fu trasferito a Bengasi e ci porto' con se'. Era l'inverno del 1934 e da Siracusa viaggiammo per tre giorni e tre notti sul bastimento "Citta' di Trieste", in un mare agitato da una tempesta che rimase negli annali della navigazione. Forse per questo, sbarcare mi sembro' un sogno, subito convalidato dalle palme del Lungomare e dai libici nei loro candidi barracani. Bengasi aveva allora, piu' o meno, venticinquemila abitanti: diciannovemila indigeni, qualche centinaio di indiani, una comunita' ebraica censita a parte e cinquemila "coloniali": funzionari e militari, con le loro famiglie. Molti dei coloniali soffrivano di nostalgia per la Madre Patria e molti altri, invece, erano sensibili soprattutto all'"indennita' per disagiato servizio" e ai privilegi di "razza": il piu' povero dei contadini meridionali, analfabeta e incapace di esprimersi in buon italiano, si sentiva, in Libia, ed era, ben piu' importante di qualunque arabo, fosse pure il piu' colto. Troppo piccolo per comprendere quanto quei privilegi fossero macchiati di sangue, non sapevo che era appena terminata la crudelissima repressione con la quale Graziani aveva schiacciato la resistenza libica; ed erano appena stati chiusi i veri e propri lager di sterminio in cui erano morti, per fame o per malattie, un terzo dei cirenaici. Di quegli anni mi rimane soltanto il ricordo nostalgico delle oasi nei pressi di Derna con le acque limpidissime dei loro uadi, della selvaggia bellezza del Gebel, dell'incanto di Cirene e di Apollonia: monumentali rovine di un giallo arancio sulle rive di un mare violetto; e la meraviglia, venata d'incomprensione, per la vera e propria apartheid che divideva la popolazione libica da quella italiana. Nessun bambino arabo con cui giocare o nelle scuole che noi bambini italiani frequentavamo, i posti "riservati" nei cinema e nei caffe', le cerimonie del Ramadam rozzamente schernite, cosi' le donne sepolte nei grevi mantelli di lana. Passarono molti, molti anni e il mio lavoro di deputato mi riporto' piu' volte in Africa. In Somalia incontrai nel suo bunker Siad Barre, il feroce dittatore somalo sponsorizzato dai socialisti italiani; e ai confini con l'Etiopia, nell'Ogaden, vidi bambini mutilati da mine di fabbricazione nostrana, imparzialmente vendute all'uno e all'altro esercito per una guerra terminata due anni prima. Nel Sudan equatoriale scoprii gli orrori del ventennale conflitto fra islamici e cristiani e animisti. A Dar el Salaam ("citta' della pace") visitai una fabbrica alimentare in cui le operaie guadagnavano cinquemila lire la settimana. Nello Zimbabwe, un gruppo di coraggiosi medici italiani si batteva contro il flagello dell'Aids che colpiva un terzo delle gestanti... Vidi, naturalmente, anche cose meravigliose: l'incanto di Zanzibar, antica capitale di un regno di schiavisti, bianca citta' che si sgretola lentamente sotto il sole, la selvaggia magnificenza delle cascate Victoria e lo squallore di Soweto, improvvisamente fiorito di bandiere e di canti perche' Nelson Mandela era stato liberato da poche ore (e gia' preparava, ci confido', un discorso per chiedere ai suoi fratelli di deporre le armi e costruire la pace). Soprattutto incontrai persone - bianche o nere - che, con fatica e coraggio, coltivavano per l'Africa inedite speranze. Il volontariato italiano esprimeva molte di queste persone: penso per tutte ad Annalena Tonelli, scienziata e autentica santa, poi uccisa in Somalia... E' per questo, e non soltanto per la gloria dei suoi tramonti, la bellezza delle sue donne, la grandezza dei suoi artisti inconsapevoli, che amo l'Africa e non riesco ad abituarmi a certe crudeli statistiche e alle tragedie che le sottendono. L'Africa e' l'unico continente del cosiddetto Terzo Mondo che negli ultimi 25 anni e' diventato piu' povero, da tutti i punti di vista, confermando la terribilita' della sua storia. Come dimenticare che e' il continente da cui, due milioni di anni fa, mosse la razza umana per diffondersi su tutta la Terra? Passarono millenni di millenni, poi, trenta secoli fa, uomini armati fecero ritorno a questa Madre universale, ma soltanto per metterla a ferro e fuoco e rapinarla delle sue ricchezze. Da allora la schiavitu' segno' l'Africa indelebilmente: decine di milioni di suoi figli, selezionati fra i piu' vigorosi, le furono violentemente sottratti per trasformare le due Americhe in immense piantagioni e miniere; e quando l'obbrobrio della schiavitu' fu formalmente cancellato, il colonialismo trasformo' gli africani in servi e in soldati, inchiodo' l'economia africana alla servitu' delle monoculture, schiaccio' con ferocia le ribellioni, finche' esse divennero irresistibili. Ammainate le bandiere delle cosiddette Grandi Potenze, il potere, occulto ma quasi totale, rimase nelle mani delle societa' multinazionali, che ancora oggi lo usano senza pieta'. Esse fecero fallire ogni vero progetto di liberte' (come l'Union Minieres, a suo tempo mandante dell'assassinio di Lumumba) o scatenarono guerre che sembrano nazionalistiche o addirittura tribali, ma in realta' servono al possesso di diamanti, di coltan, di uranio e d'oro - e sostengono un fiorente commercio di armi (Un esempio. In Angola, a tre anni dalla fine della guerra, vi sono ancora da bonificare piu' di duemila campi minati: complessivamente 15 milioni di ordigni - la maggior parte di fabbricazione italiana. Se si pensa, nota l'agenzia Misna, che la popolazione angolana e' di dieci milioni di persone, e' in quest'area che si verifica la piu' alta concentrazione al mondo, che rende improduttivo un terzo del paese. L'ex colonia portoghese - commenta la Misna- detiene il terribile record di un amputato ogni 334 abitanti, per un totale di circa settantamila vittime, delle quali ottomila hanno meno di 15 anni! Ai ritmi attuali e' stato calcolato che occorrera' piu' di un secolo per bonificare completamente le aree minate in tutta l'Angola durante il conflitto che tra il 1975 e il 2002 ha provocato oltre mezzo milione di morti...). Raramente i nostri mass-media si degnano di parlare di queste tragedie; eppure nella zona orientale del Congo la guerra (per il coltan e per l'uranio) ha fatto quattro milioni di morti e piu' negli ultimi sette anni e continua; nel Darfur, dal febbraio 2003, due milioni di persone sono state costrette all'esodo dalle loro terre, spesso senza poter seppellire i propri morti, almeno settantamila: apparentemente un conflitto etnico, ma certamente legato anche alla presenza di giacimenti petroliferi. Dall'Uganda alla Costa d'Avorio all'Angola torme di bambini sono arruolati a forza negli eserciti piu' o meno "regolari", piccole vittime di una orrenda follia. Sono devastazioni che minacciano anche le future generazioni perche' distruggono la natura, creando poverta' che fatalmente si riverseranno sui luoghi dove sembra ancora possibile la sopravvivenza. L'esodo - come tutti sappiamo ma cerchiamo di non vedere - e' gia' cominciato, e sono ormai migliaia e migliaia gli autentici eroi delle migrazioni che attraversano deserti e pericoli di ogni sorta per affacciarsi sul Mediterraneo. Il cumulo delle tragedie africane e' tale che il continente sembra avere generato invano grandi leaders come il tanzano Julius Nyerere, il mozambicano Amilcare Cabral, il sudafricano Desmond Tutu o la keniota Wangari Maathai, Nobel per la Pace 2004. Dovunque, in Africa, un dittatore o la casta militare schiacciano una popolazione terrorizzata, la' si muove un capitalismo estero, la cui ferocia e ottusita' sono ancora piu' gravi perche' espressioni di veri e propri centri imperiali. Oggi meta' degli africani (400 milioni di persone) devono sopravvivere con meno di un dollaro al giorno e non hanno accesso all'acqua potabile. Tornano a espandersi malattie come la malaria, la tubercolosi e la "malattia del sonno". In nove paesi africani l'Aids ha abbassato la soglia di speranza di vita sotto i quarant'anni. Gli stati del Continente pagano complessivamente, come interessi per i loro debiti internazionali, 13 miliardi di dollari all'anno quando, secondo l'Unicef, basterebbero 9 miliardi all'anno per salvare la vita a 21 milioni di persone. Il quotidiano spagnolo "El Pais" parla giustamente di "tsunami silenzioso". Incrudelire sulla sorte degli africani per andare al soccorso degli asiatici e' mostruoso. * La catastrofe e l'avarizia Non sono fra quelli che si sono commossi perche' la meta' degli italiani che posseggono un telefonino (soprattutto giovani) hanno inviato un euro ciascuno per i soccorsi alle vittime del maremoto. Intanto considero triste che il 50% delle persone alle quali era stato rivolto l'appello, dunque una grande massa, si sia rifiutato persino di schiacciare cinque tasti e di elargire ai miseri una minuscola parte dei soldi spesi ogni giorno per chiacchiere, inutili se non peggio. Ma poi, anche se e' vero che i soldi comunque raccolti sono importanti per aiutare (realmente, spero) qualche popolazione devastata da una nuova miseria, mi turba l'dea che si possano esorcizzare problemi e grida di dolore o di allarme (anche per il nostro futuro) attivando quasi distrattamente un ingranaggio per il dono di una briciola di pane. E' una specie di automatismo tecnologico di un'elemosina fatta per togliersi di torno un molesto accattone. Ma non parlo soltanto degli aiuti privati. Il cerchio dell'egoismo dominante nelle terre del benessere si chiude quando alla pochezza della capacita' di condivisione dei singoli si aggiunge la miserabilita' degli aiuti statali. Ha scritto l'autorevole "The Guardian": "Il governo Usa ha stanziato per le vittime dello tsunami 350 milioni di dollari, e il governo inglese 96 milioni. Gli Stati Uniti. hanno sinora speso 148 miliardi di dollari nella guerra in Iraq, mentre gli inglesi ne hanno speso11,5. La guerra in Iraq dura da 656 giorni. Lo stanziamento Usa per lo tsunami equivale dunque a cio' che essi spendono in un giorno e mezzo in Iraq. Lo stanziamento inglese equivale al prezzo di cinque giorni e mezzo di operazioni belliche". Di piu': i Sette cosiddetti Grandi, riuniti a Londra mentre scrivo, sembra non siano riusciti ad accordarsi sulla cancellazione del debito estero dei paesi colpiti da maremoto (misura gia' di per se' insufficiente) a causa del netto rifiuto del governo americano. Anche la miseria del cosiddetto Terzo Mondo puo' giovare alla gloria di Bush e del suo impero. E l'Italia? L'Italia, invece di onorare gli impegni presi a suo tempo in sede Onu, secondo i quali gli stati dovrebbero destinare alla cooperazione internazionale lo 0,47% del proprio bilancio, offre la desolante realta' di uno scarso 0,11%. Quando Berlusconi e Fini si affacciano agli schermi del grande Circo massmediatico della Bonta' per informarci dei prodigi della solidarieta' italiana, si guardano bene dall'indicare le dimensioni di quella che e' invece sordida avarizia, l'abbandono di grandi sacche di poverta' alle quali avevamo promesso aiuti. * Madre Terra Lo tsunami non sara stato soltanto una terribile catastrofe se le sue dimensioni riusciranno a farci capire alcune scomodissime verita': che la Madre Terra continuamente violentata da uno sfruttamento selvaggio, non puo' che nutrire i suoi figli con un latte avvelenato dal sangue della disperazione; che e' dalla condizione dei poveri che si definisce una civilta'; che questa condizione e' responsabilita' di tutti, e il dovere della solidarieta' non puo' essere evocato soltanto davanti alle apocalissi; che solidarieta' non puo' voler dire semplicemente elemosina: Paolo VI ci ha ricordato che la giustizia e' la misura minima della carita', e papa Giovanni ci ha insegnato che il nostro superfluo va calcolato sui bisogni altrui; infine che la violenza di certe epidemie e quella del terrorismo ci mostrano che e' del tutto illusorio pensare di potersi chiudere in fortezze inespugnabili. Non puo' esserci una vera realpolitik che non sia una politica della ragione e che, in quanto tale, non lavori a spostare l'asse della vita internazionale dalla fame di possesso e di potere a quella di una possibilita' di vita per tutti i popoli della Terra. Come non capire che, altrimenti, e' l'intera umanita' ad essere mortalmente minacciata? Non un pericoloso bolscevico ma Francis Fukuyama, consulente del Pentagono e assertore, qualche anno fa, della fine della storia perche' il mondo aveva, secondo lui, trovato un suo assetto accettabile e dunque definitivo, oggi descrive a questo modo la situazione planetaria dopo la crisi del bipolarismo e degli stati-nazione: "un'accozzaglia eterogenea di multinazionali, organizzazioni non-goverrnative, organizzazioni criminali, gruppi terroristici e cosi' via": La salvezza che egli propone e' ancora una volta affidata alla forza degli stati e, in particolar modo, degli Stati Uniti. La realta', io credo, e' che l'unica salvezza proponibile e' quella dell'utopia, perche' ormai l'utopia coincide con la ragione. I governanti, i partiti, il modello consumista, cancellando o riducendo a entita' simboliche la fraternita' umana in nome di un benessere materiale da incrementare incessantemente nei paesi gia' privilegiati, preparano guerre sempre piu' crudeli, distruzioni del creato, insicurezza per i nostri figli, problemi di terribile entita' per i nostri nipoti. E' necessario far crescere questa consapevolezza e la volonta' di liberarsi dalla schiavitu' del materialismo genocida del Mercato. Davanti alla ferocia dell'egoismo imperiale e al nanismo politico dei nostri partiti, cui sembra mancare ogni sensibilita' a proposito delle comuni responsabilita' planetarie, e' necessario che continui a crescere di dimensioni numeriche ma anche di progettazione creativa il movimento di chi pensa - e vuole - che un altro mondo sia possibile. Famiglie, scuole, comunita' di fede, associazioni culturali ma anche legami d'amore o d'amicizia, reti di libera informazione, gruppi di solidarieta' devono diventare i luoghi di una speranza difficile ma testarda: la quale scopre nel suo cammino che la vita e' bella quando si apre a essere dono. * Il turismo degli orchi Quel pomeriggio di fine agosto, a Recife, si scateno' un temporale. Che dico? Un nubifragio, un diluvio, un tifone, o quasi. La periferia della metropoli divento' invisibile al di la' dei finestrini del tassi' che ci portava all'aeroporto; sembrava di essere in un acquario, con la differenza che gli acquari sono silenziosi e illuminati mentre qui il maltempo ruggiva, anticipando una nerissima notte. "Gracas a Deus" mormoro' piamente il tassista quando arrivammo al terminal. La violenza del maltempo impediva i decolli, e le sale d'attesa, come succede in quei casi, assunsero rapidamente l'aspetto di un bivacco fumoso. Nonostante la pioggia incrudelisse, continuavano ad arrivare passeggeri, e anche il chiasso andava crescendo. Una folta comitiva di italiani era la maggior fonte di baccano. Guardandoli con antipatia, ci accorgemmo che avevano una caratteristica particolare: non l'aspetto, che era di persone qualunque di varia eta', fra i 30 e i 60, piccola borghesia, non il loro dialetto o accento, che erano quelli di lombardi, di veneti e di toscani, ma il fatto che erano accompagnati da un gruppo di ragazzine, quasi tutte in due pezzi: body e minigonne. Qualcuna aveva gli occhi e le labbra truccate, ma la maggior parte non nascondevano quello che erano: bambine di una decina d'anni o poco piu'. Vestite com'erano, sembravano caricature delle "famose mulatte" del Brasile; ma piu' ricordavano, a me e a Clotilde, le nostre nipotine quando si impossessano degli abiti delle madri e si pavoneggiano davanti a uno specchio. Queste bambine stavano in un gruppetto a parte, e si vedeva che erano annoiate dell'attesa. Di quando in quando un italiano usciva dalla sua cerchia e andava a parlare con qualcuna di loro. Rideva con lei, le carezzava una guancia, le dava qualche festosa pacca sul sedere. La verita' era evidente. Ci venne da vomitare quando ci accorgemmo che qualcuno di quegli allegri turisti si appartava con la "sua" bambina e le parlava con affettuosa serieta', facendole la predica, come usano, prima di partire per un lungo viaggio i papa' o i nonni. Un famoso giornalista brasiliano, Gilberto Dimenstein, che aveva dedicato due approfondite inchieste al problema della prostituzione minorile, mi aveva detto pochi giorni prima. "Le bambine mi hanno raccontato che il 'cliente' italiano, al momento culminante vuole essere chiamato papa'". Finalmente, con la stessa subitaneita' con la quale si era avventato sulla citta', il temporale-diluvio se ne ando', e noi, richiamati dalle incomprensibili voci vellutate delle hostess, marciammo verso i debiti varchi. Perdemmo di vista i nostri connazionali, per grazia di Dio non assistemmo ai loro congedi. Ben presto le luci furono spente nell'aereo, ridotti a ombre i passeggeri. Rivedemmo i pedofili la mattina seguente. Si salutarono garbatamente fra loro, evitando qualsiasi espressione di complicita'. Scendendo alla Malpensa, erano diventati onesti artigiani e piccoli imprenditori, gradevoli persone di tutti i giorni, possibili nostri condomini. Secondo i calcoli degli enti governativi brasiliani, e nonostante i loro sforzi, nove milioni di bambini sono praticamente randagi, nelle strade. Molti vi vivono giorno e notte, sbrigativamente uccisi con tragica frequenza da qualche poliziotto prezzolato dai commercianti infastiditi; o trascinati negli orrendi carceri della Febem, l'ente che dovrebbe garantire quello statuto Onu dei diritti dei bambini che il Brasile ha inserito gia' nel 1990 nella propria Costituzione. Almeno un quarto del ragazzi brasiliani fra i 10 e i 14 anni lavora, sottopagato, in mestieri pesanti e pericolosi, per non dire dei piccoli pushers o manovali del crimine. Due citta' brasiliane, Fortaleza e Recife, sono diventate capitali della pedofilia in America Latina: si calcola che i bambini brasiliani coinvolti nella prostituzione siano cinquecentomila. I "turisti sessuali" che arrivano ogni anno in Brasile, sono valutati in settecentomila; almeno ottantamila sono italiani. La prostituzione infantile brasiliana non e' certamente l'unica del mondo. Tocca milioni di bambini e bambine in varie nazioni (dal Guatemala ai paesi asiatici devastati dallo tsunami a quelli dell'Est europeo), seguendo i confini dell'area della miseria. E' un fenomeno non recente. Ricordo che trent'anni fa, con Giuseppe Fiori, inserimmo in "Gulliver", fortunata rubrica culturale televisiva, un'inchiesta sui postriboli tailandesi; e rammento la faccia disperata di una ragazza riuscita a fuggire da un bordello per "turisti" e a riparare in una organizzazione cattolica: "Ho diciassetta anni e sono stata la' dentro per quattro. Ho calcolato che mi sono passati addosso piu' di cinquemila uomini. Ho schifo del mio corpo". Negli ultimi tempi sembra che in Thailandia la situazione sia un po' migliorata; ma certamente il fenomeno si e' aggravato su scala mondiale, a causa dell'aumento dei flussi turistici.e della proliferazione di agenzie specializzate. V'e' di peggio. Per timore dell'Aids, lo sfruttamento si dirige verso bambini sempre piu' piccoli, ritenuti indenni dalla peste del secolo. Ha detto a Dimenstein un trafficante di carne umana. "Basta che le bambine pesino dai trenta chili in su'". Le responsabilita' italiane in questo autentico genocidio morale e psichico sono cosi' pesanti che un gruppo di organizzazioni non-governative del nostro Paese (Arci, Associazione Aracna, Associazione internazionale "Noi Ragazzi del Mondo", Associazione Modena Terzo Mondo, Associazione sostenitori Fame Zero, Casa della Solidarieta' di Quarrata, Comunita' Internazionale di Capodarco, Emergency, Fondazione Fontana Padova, Gruppo Abele, Libera, Rete Radie' Resch), cui si sono associati enti pubblici e privati (Regione Toscana, Provincia di Modena, Coop Italia) ha deciso di lanciare il prossimo mese una "Campagna contro il turismo sessuale". Si trattera' di lottare contro una psicologia razzista che porta a ritenere meno gravi, meno delittuose, certe realta' soltanto perche' pruducono sofferenze in luoghi lontani dal nostro Paese e percepiti come "inferiori" dal punto di vista della civilta', a causa della diffusione della miseria; e anche si tratta, mediante il sostegno di alcune realta' gia' esistenti in Brasile, di rendere meno difficile alle piccole prostitute l'allontanamento dalle strade della miseria. Presentato al Forum mondiale di Porto Alegre (luogo adattissimo per un battesimo di speranza) al progetto e' stato garantito ogni appoggio da Lula, che ha ringraziato i promotori con una lettera affettuosa. In Italia, per fortuna, non si parte da zero. La sezione italiana di Ecpat (End Child Prostitution, Pornography And Trafficking - una preziosa organizzazione internazionale fondata nel 1991) ha gia' ottenuto alcuni grandi successi. Con una vasta opera di sensibilizzazione dell'opinione pubblica, e' riuscita a far votare dal Parlamento, nel 1998, una legge, assai severa, "contro lo sfruttamento della prostituzione, della pornografia e del turismo sessuale a danno dei minori, quali nuove forme di riduzione in schiavitu'". Nel 2000, poi, ha promosso un Codice di condotta dell'industria turistica italiana, sottoscritto dalla stragrande maggioranza degli operatori. Concentrarsi, adesso, su un solo Paese come il Brasile (in cui anche il turismo "pulito" italiano non soltanto e' presente ma lo e' in grandi numeri), consentira' di illustrare meglio le situazioni, di verificarne la repressione, di dare nuovo impulso e maggiori informazioni, su questa battaglia di civilta'. Chi si lamenta che non e' possibile umanizzare la globalizzazione ha un'opportunita' per ricredersi. Per maggiori informazioni, visitare il sito www. stop sexual tourism.org * In memoria di Oscar Romero Il 24 marzo si compiono venticinque anni dal martirio di monsignor Romero. Per "Jesus" (il mensile su cui tengo una rubrica) ho scritto: Anno 1978. L'ambasciatore de El Salvador presso la Santa Sede e' il rampollo di una delle sedici famiglie che possiedono il piccolo stato. Abita nel piu' lussuoso hotel di Roma. Ama ricevere eminenze, eccellenze, personaggi vaticani. Offre liquori di gran marca e chiacchiere velenose: oh, quell'arcivescovo Romero! I suoi preti girano in sottana durante il giorno, ma la notte si uniscono ai guerriglieri; fumano mentre celebrano la messa; e poiche' il vino, nel Salvador, e' bevanda che i poveri non possono permettersi, per pura demagogia consacrano il caffe'. No, non cattivo quel Romero, ma pronto a inalberarsi se gli sembra che il governo indurisca la mano contro i terroristi, non cattivo, ma candido come un ragazzo sprovveduto. Per dirla meglio, un povero sciocco ("Quanto mi duole, eminenza, parlare cosi' di un vescovo!"), un povero sciocco strumentalizzato dai comunisti... Anche a certi vescovi quel confratello non piace. Chiesa e Stato (dittatoriale) avevano un ottimo modus vivendi, monsignor Romero ha rotto e rompe quei rapporti, allegando la necessita' di difendere i poveri: come se la Chiesa non l'avesse mai fatto, elemosinando dai ricchi, per i campesinos, salari non di fame. Lui invece, no: parla di diritti, di giustizia. Un gran rompiscatole, diciamolo pure: o, almeno, un imprudente. Gia', imprudente! Ma, come ha scritto un suo amico, un altro vescovo imprudente, dom Helder Camara, di Olinda e Recife, in Brasile, anche monsignor Oscar Arnulfo Romero avrebbe potuto rispondere: "La maggiore e piu' grave delle imprudenze e' la propria prudenza, che si fida di se', si trasforma in calcolo e prescinde dalle follie di Dio". Per le sue imprudenze, che consistono nell'accorrere la' dove c'e' stato l'assassinio di un prete ("Haga patria, mata un cura: sii patriottico, uccidi un prete" scrivono sui muri del Salvador gli squadroni della morte) o s'e' appena compiuto un eccidio di campesinos, o bisogna ricomporre il cadavere di un uomo orribilmente torturato, ma soprattutto c'e' da gridare forte contro la violenza generalizzata dei "corpi speciali" sui poveri, l'arcivescovo Romero viene ucciso venticinque anni fa. il 24 marzo 1980, mentre celebra una messa vespertina. Il giorno precedente, nella sua omelia domenicale, si e' appellato ai soldati perche' non usino piu' le armi contro i poveri. I poveri che lo avevano "convertito", come lui diceva, con la loro inermita' e la loro fiducia, le loro disperate speranze, accorrono da tutte le parti del Salvador. Non hanno dubbi, Romero e' un santo, il loro santo. Lo sentono ancora piu' loro quando, durante i funerali, gli squadroni della morte sparano per ore sulla folla: sessanta morti, trecento feriti. Il governo militare non interviene. E' un santo, e' un martire monsignor Romero? I poveri non hanno dubbi, non ha dubbi chi ricorda: il Concilio ha affermato che la Chiesa vede nei poveri e nei sofferenti l'immagine del suo Salvatore, Ma ci sono ambienti in cui stare con i poveri significa fare politica, stare con i comunisti. La causa di beatificazione dell'arcivescovo avanza col passo esitante dei vecchi molto vecchi. Mi dicono che ogni tanto qualche campesino, dopo avere pregato davanti alla tomba di Romero, col taglio della mano a coltello rimuove la polvere dalla lapide. * Un libro L'editrice San Paolo ha deciso di abbandonare la narrativa e di conseguenza di mandare al macero, fra altre opere, il mio libro che io amo di piu'. I gabbiani di Fringen: cinque racconti lunghi o romanzi brevi, che si inanellano fra loro, dando vita (hanno scritto i critici) a un mondo magico, ricco di emozioni. Ho riscattato alcune copie e le metto a disposizione di chi ne vuole un esemplare. Se poi qualcuno credera' di inviarmi un rimborso delle spese di spedizione (le calcolo in 5 euro), lo accettero' volentieri: ma quel che mi preme e' che il libro venga letto: e dunque raccomando soprattutto ai giovani di non farsene un problema. * Questa lettera Questa "Lettera" viene inviata a chiunque me ne faccia richiesta. Il mio indirizzo e': via Cinigiano 13, 00139 Roma, tel. 068102216. Un contributo alle spese di fotocopiatura e postali e' assai gradito. I versamenti possono essere effettuati sul ccp 49249006 intestato a Luca Lo Cascio, via Leone Magno 56, 00167 Roma. I testi di questa "Lettera" possono essere integralmente o parzialmente riprodotti. Saro' grato a chi vorra' darmene notizia. 3. DOCUMENTAZIONE. PEPPE SINI: SISTEMA DI POTERE ANDREOTTIANO E PENETRAZIONE DEI POTERI CRIMINALI A VITERBO (1995) [Riproduciamo nuovamente a fini meramente documentari questo testo, "Sistema di potere andreottiano e penetrazione dei poteri criminali a Viterbo. Dieci note bibliografico-documentarie" del 22 settembre 1995, che ebbe all'epoca ampia diffusione in atti ufficiali, in rivista e in opuscolo, e fu anche oggetto di un processo conclusosi il 7 ottobre 2002 con la piena vittoria dell'autore. E' ovvio che questo documento riferisce di situazioni e cognizioni dell'epoca; nel frattempo ad esempio molti dei procedimenti giudiziari di seguito citati, allora in corso, si possono essere conclusi con diversificati esiti. Dal '95 ad oggi molte cose sono accadute, ma puo' essere non disutile fare opera di memoria e di testuale segnalazione di riferimenti documentari che per esser datati non sono per questo privi di un valore di testimonianza a fini, se non altro, di ricostruzione storica e per cosi' dire fin filologica di un momento e di molte vicende - di un passato, ci sembra di poter dire, che ancora non passa] 1. Il "caso Gigli-ICEM": l'ICEM di Palermo, occultamente controllata dalla famiglia Matta e titolare della manutenzione dell'illuminazione pubblica del capoluogo siciliano, venne a Viterbo negli anni '70 Rodolfo Gigli sindaco, a vincere l'appalto per la realizzazione dell'impianto di illuminazione pubblica cittadino. La vicenda ICEM diede luogo a una serie di processi, tra cui uno intentato dal Gigli nei confronti di Peppe Sini, autore di un articolo dal titolo "La mafia a Viterbo". Quel processo si concluse con la vittoria di Peppe Sini e la condanna del Gigli al pagamento delle spese. Peppe Sini sosteneva nell'articolo che il sistema di potere viterbese di cui l'andreottiano Gigli era il vertice operativo aveva costruito i prerequisiti per la penetrazione mafiosa a Viterbo. Sulla vicenda si veda l'esauriente opuscolo di Peppe Sini, Il caso Gigli-ICEM, Viterbo, 1991. * 2. Le imprese dei "cavalieri dell'apocalisse mafiosa" di Catania penetrano nell'Alto Lazio: e' documentata la presenza sia nel cantiere della centrale di Montalto, sia nell'operazione "CAT-nuovo porto di Civitavecchia" di imprese dei gruppi facenti capo ai "cavalieri dell'apocalisse mafiosa" di Catania, particolarmente Graci e Rendo. Sui "cavalieri" di Catania si espressero duramente il giudice Livatino, il generale Dalla Chiesa, il giornalista Pippo Fava, i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, tutti poi assassinati dalla mafia; li fece arrestare il giudice Carlo Palermo che anch'eglì subi' poi un attentato mafioso da cui si salvo' a stento. Collegate ai cavalieri erano anche alcune delle imprese che avevano composto il consorzio "Alosa" che doveva ristrutturare la Valle di Faul a Viterbo. Sui cavalieri di Catania cfr. Peppe Sini (a cura di), L'arrembaggio del cavaliere, (dossier documentario con testi, fra gli altri, di Santino, Dalla Chiesa, Bocca, Falcone e Borsellino, Palermo), Viterbo 1992; ed i fascicoli monografici di "Alternativa Vetrallese" nn. 69, 70, 73, 96. * 3. La presenza di Alvaro Giardili: l'imprenditore, collegato alla camorra cutoliana e al Supersismi del faccendiere Pazienza, che svolse un ruolo nella vicenda del Banco Ambrosiano (fu l'ultimo a contattare il banchiere Calvi poi trovato morto a Londra sotto il Ponte dei Frati Neri), e nella vicenda della trattativa tra DC, servizi segreti deviati, camorra, brigate rosse, in relazione al sequestro Cirillo. Anni fa subi' un attentato con autobomba. Coinvolto in vari processi su alcuni dei piu' gravi misteri d' Italia. Su Giardili cfr., tra le tantissime pubblicazioni in cui e' citato, l'atto d 'accusa del giudice Carlo Alemi pubblicato in L'affare Cirillo, Roma 1993; ed il rapporto della Commissione Parlamentare Antimafia, Camorra e politica, Roma-Bari 1994. * 4. La presenza nel viterbese dei boss mafiosi Pippo Calo' e Gaspare Mutolo: Pippo Calo', il "cassiere" di Cosa Nostra, il plenipotenziario della mafia a Roma, il contatto con la banda della Magliana e con gli ambienti politico-affaristici e dell'eversione di destra romana, per lungo tempo ha avuto un alloggio a Tuscania ove era in clandestinita'; Gaspare Mutolo, importante boss palermitano poi divenuto collaboratore di giustizia, e' stato arrestato a Montalto di Castro. Sui citati personaggi la letteratura e' immensa e si identifica con quanto pubblicato di valido sulla mafia negli ultimi anni. * 5. Il finanziamento della Cassa di Risparmio di Viterbo all'operazione "Hotel Costa Tiziana" a Crotone: la Carivit finanzio' Cafari e Telesforo nell'operazione Hotel Costa Tiziana su cui e' in corso un processo a Roma per reati gravissimi. Cafari in particolare e' personaggio collegato alla 'ndrangheta, alla criminalita' romana, alla massoneria deviata. Cfr. al riguardo il dossier inviato alla Procura della Repubblica di Viterbo da Peppe Sini in data 19/9/'94 ed i materiali successivamente raccolti dalla Commissione conoscitiva istituita dalla Provincia di Viterbo e presieduta dallo stesso Peppe Sini; inoltre cfr. Tranfaglia (a cura di), Cirillo, Ligato e Lima: tre storie di mafia e politica, Bari 1994; vedi anche il volume che da' conto delle inchieste del giudice Cordova, di Forgione e Mondani, Oltre la cupola, Milano 1994; inoltre cfr. Ciconte, 'Ndrangheta: dall'Unita' ad oggi, Bari 1992. * 6. Le inquietanti allusioni di Sbardella: nel 1990 attraverso l'agenzia giornalistica "Repubblica" diretta dall'inquietante personaggio Lando Dall'Amico (su cui cfr. De Lutiis, Storia dei servizi segreti in Italia, Roma 1991), il leader andreottiano romano Vittorio Sbardella lanciava oscure allusioni a viaggi ed interessi del leader andreottiano viterbese Rodolfo Gigli in Sicilia (a Termini Imerese): cio' durante un durissimo scontro tra i luogotenenti andreottiani risoltosi rapidissimamente con una nuova alleanza di ferro tra i due; a Viterbo, feudo di Gigli, Sbardella operava con la Coop Casa Lazio guidata dall'altro andreottiano Falco che, successivamente arrestato, ammise dinanzi ai magistrati che lo inquisirono che le spericolate operazioni edilizie e finanziarie illecite eseguite erano sostenute da amministratori pubblici collegati al gruppo. A seguito di altre vicende i fratelli Gigli (Rodolfo, gia' sindaco di Viterbo, assessore e presidente della Regione Lazio, segretario regionale della DC, attualmente presidente Arsial; e Ugo, direttore generale dello IACP di Viterbo) sono tuttora titolari di un fascicolo presso la Procura di Roma per l'ipotesi di reato di ricettazione. Il sistema di potere andreottiano domina notoriamente da decenni a Viterbo. Su questi argomenti cfr. riassuntivamente l'ultimo dossier documentario trasmesso alla magistratura da Peppe Sini in data 21 agosto 1995 (in relazione ad una precedente serie di esposti sui fratelli Gigli) con centinaia di pagine di documenti. * 7. Salvo Lima a Viterbo: nel 1977 Salvo Lima presiedeva il congresso provinciale della DC viterbese (una DC dominata pressoche' totalitariamente dalla corrente andreottiana; gli andreottiani ovviamente controllano anche enti locali, istituti di credito, Usl, Universita', et similia). Al riguardo cfr. quanto riportato nell'esposto-dossier citato al punto 6. * 8. La banda della Magliana: e' presente nel viterbese per vari contatti ed in varie forme. Oltre ai contatti con vari personaggi citati ai punti precedenti, va rilevato che anni fa fu presidente della societa' calcistica cittadina l'Annibaldi condannato per il crack dell'Ambrosiano, del clan Annibaldi collegato alla banda della Magliana. Sulla banda della Magliana cfr. almeno Flamini, La banda della Magliana, Milano 1994. * 9. La confessione Mammoliti: pochi giorni fa e' stata resa nota la confessione dello 'ndranghetista Mammoliti di un intervento di Andreotti tramite la mafia siciliana su quella calabrese per far cessare attentati ai danni di un imprenditore viterbese operante in Calabria, e diminuire l' importo del "pizzo" richiesto. Su questo argomento cfr. i quotidiani degli ultimi giorni che riportano la notizia della confessione acquisita agli atti del processo a carico di Andreotti; particolarmente "La Repubblica" del 20/9/'95, ed "Il messaggero", cronaca di Viterbo, del 21 e 22/9/'95. Una intervista all'estensore di queste note e' sul "Corriere di Viterbo" del 22/9/'95. * 10. Sistema di potere andreottiano e penetrazione dei poteri criminali nel viterbese: da anni alcuni osservatori della realta' altolaziale, ed in particolare l'estensore di queste note, hanno elaborato un modello interpretativo della situazione viterbese fondato sulla relazione tra sistema di potere andreottiano, intreccio politico-affaristico, modello di sviluppo, penetrazione dei poteri criminali. Su questo tema, sull'approccio interpretativo e sui riscontri documentari su cui il paradigma si appoggia cfr. ad esempio i seguenti lavori: Peppe Sini, Modello di sviluppo, sistema di potere, penetrazione mafiosa, (con enorme bibliografia ragionata), Viterbo 1989; Idem, Regime della corruzione e penetrazione dei poteri criminali nell'Alto Lazio, Viterbo 1993. Fondamentale e' la consultazione delle varie annate del settimanale viterbese "Sotto Voce" che dagli anni '80 conduce un'importante azione di informazione e sensibilizzazione su questi temi. Viterbo, 22 settembre 1995 4. LETTURE. ANNA BRAVO: IL FOTOROMANZO Anna Bravo, Il fotoromanzo, Il Mulino, Bologna 2003, pp. 176 + 16 pp. di apparato iconografico, euro 12. Una acutissima ricostruzione di una delle piu' rilevanti esperienza della cultura di massa nell'Italia del secondo Novecento. 5. LETTURE. ANNA BRAVO, MARGHERITA PELAJA, ALESSANDRA PESCAROLO, LUCETTA SCARAFFIA: STORIA SOCIALE DELLE DONNE NELL'ITALIA CONTEMPORANEA Anna Bravo, Margherita Pelaja, Alessandra Pescarolo, Lucetta Scaraffia, Storia sociale delle donne nell'Italia contemporanea, Laterza, Roma-Bari 2001, pp. VIII + 214, euro 14,46. In altrettanti saggi quattro delle piu' prestigiose storiche italiane esaminano, in un lavoro insieme di sintesi e di apertura, quattro temi cruciali nell'esperienza delle donne italiane nel Novecento: essere uomo, essere donna; madri fra oppressione ed emancipazione; il lavoro e le risorse delle donne; il cambiamento dei comportamenti sessuali. 6. LETTURE. ANNA MARIA BRUZZONE, RACHELE FARINA: LA RESISTENZA TACIUTA Anna Maria Bruzzone, Rachele Farina, La Resistenza taciuta. Dodici vite di partigiane piemontesi, La Pietra, Milano 1976, poi Bollati Boringhieri, Torino 2003, pp. XVI + 318, euro 28. Raccolte da Anna Maria Bruzzone e Rachele Farina le testimonianze autobiografiche di Nelia Benissone Costa, Rita Boggio Reinarone, Lucia Canova, Albina Caviglione Lusso, Anna Cinanni, Teresa Cirio, Rita Cuniberti Martini, Tersilla Fenoglio Oppedisano, Lidia Fontana, Maria Martini Rustichelli, Elsa Oliva, Rosanna Rolando, Maria Rovano. La nuova edizione reca anche una prefazione di Anna Bravo. 7. LETTURE. ENRICO PEYRETTI: DOV'E' LA VITTORIA? Enrico Peyretti, Dov'e' la vittoria? Piccola antologia aperta sulla miseria e la fallacia del vincere, Il Segno dei Gabrielli Editori, Negarine di S. Pietro in Cariano (Verona) 2005, pp. 112, euro 10. Un'alta lezione morale espressa con uno stile aforistico di grande concentrazione, convocando in colloquio corale alcune delle piu' autorevoli voci degli antichi e dei moderni. Con una bella, simpatetica prefazione di Matteo Soccio. Per richieste alla casa editrice: tel. 0457725543, e-mail: scrivimi at gabriellieditori.it, sito: www.gabriellieditori.it 8. LETTURE. LUCETTA SCARAFFIA: RINNEGATI. PER UNA STORIA DELL'IDENTITA' OCCIDENTALE Lucetta Scaraffia, Rinnegati. Per una storia dell'identita' occidentale, Laterza, Roma-Bari 1993, 2002, pp. XII + 212, euro 13. Un libro affascinante. "Tra il 1550 e il 1750 migliaia di cristiani si convertirono alla religione islamica. Oggi i rapporti fra cultura occidentale e Islam sono piu' intensi ma anche piu' conflittuali. Attraverso il racconto di inconsueti, a volte romanzeschi itinerari biografici, la storia del formarsi in Occidente di un nuovo tipo di identita' che porta in se' i germi della secolarizzazione della societa' contemporanea" (dalla quarta di copertina). 9. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 10. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at inwind.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 882 del 28 marzo 2005 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione).
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