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Nonviolenza. Femminile plurale. 4
- Subject: Nonviolenza. Femminile plurale. 4
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Thu, 24 Mar 2005 12:26:23 +0100
============================== NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE ============================== Supplemento settimanale del giovedi' de "La nonviolenza e' in cammino" Numero 4 del 24 marzo 2005 In questo numero: 1. Maria G. Di Rienzo: Buone notizie di primavera 2. Lettera aperta di un gruppo di giuriste sulla legge sulla procreazione assistita 3. Tiziana Vettor: Indicibile alla legge 4. Chiara Zamboni: Una culla di parole per chi viene al mondo 5. Geremia Cattristi: Dieci parole e dieci volti ancora 6. Monica Lanfranco: La prima donna imam 7. Letture: Elena Buccoliero, Marco Maggi, Bullismo, bullismi 8. Letture: Phyllis Chesler: Donna contro donna 9. Letture: Francoise Dolto, Adolescenza 10. Letture: Anna Salvo, Perversioni al femminile 1. MONDO. MARIA G. DI RIENZO: BUONE NOTIZIE DI PRIMAVERA [Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per queste notizie. Maria G. Di Rienzo e' una delle principali collaboratrici di questo foglio; prestigiosa intellettuale femminista, saggista, giornalista, regista teatrale e commediografa, formatrice, ha svolto rilevanti ricerche storiche sulle donne italiane per conto del Dipartimento di Storia Economica dell'Universita' di Sidney (Australia); e' impegnata nel movimento delle donne, nella Rete di Lilliput, in esperienze di solidarieta' e in difesa dei diritti umani, per la pace e la nonviolenza; e' coautrice dell'importante libro: Monica Lanfranco, Maria G. Di Rienzo (a cura di), Donne disarmanti, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2003] L'attivista per i diritti umani delle donne Rebiya Kadeer e' stata rilasciata il 17 marzo da una prigione cinese per "ragioni di salute". Kadeer era stata condannata nel 2000 ad 8 anni di reclusione per aver inviato all'estero articoli ritagliati da quotidiani, cosa che secondo la sentenza: "metteva in pericolo la sicurezza nazionale". Secondo Amnesty International, il lavoro di Kadeer e' determinante per i diritti delle donne in Cina sin dal 1990, quando fondo' il "Movimento di un migliaio di madri" per promuovere l'occupazione per le donne del suo gruppo etnico musulmano (Uighur). Kadeer fu anche presente alla Quarta Conferenza sulle Donne di Pechino nel 1995. Il suo rilascio, che ha avuto grande impatto in Cina, ha coinciso con la visita ufficiale di Condoleeza Rice a Pechino. * Khadija Mohammed, una ragazza che ha subito mutilazioni genitali nel suo paese d'origine, la Somalia, sta per ottenere l'asilo in California. Il 10 marzo il tribunale competente di S. Francisco ha deliberato che le mutilazioni genitali sono una persecuzione che rende la domanda d'asilo di una donna immediatamente accoglibile. La Corte ha rigettato le argomentazioni per cui le mutilazioni genitali non possono essere considerate persecuzioni, in quanto "largamente accettate e largamente praticate". All'unanimita' i giudici hanno risposto che "il fatto che una persecuzione sia largamente praticata non rende meno motivata una singola domanda d'asilo." La Corte ha anche detto che una donna forzata a sottoporsi a tali pratiche soffre di "abuso continuato". 2. DOCUMENTI. LETTERA APERTA DI UN GRUPPO DI GIURISTE SULLA LEGGE SULLA PROCREAZIONE ASSISTITA [Dal sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it) riprendiamo il seguente testo diffuso dalle illustri giuriste firmatarie prima dell'approvazione della legge sulla procreazione assistita, testo le cui ragionevoli considerazioni non valsero a persuadere la maggioranza parlamentare a recedere dal varare una legge irrazionale e crudele fino al sadismo] Accade. Dopo le battaglie laiche di un passato non lontano, il femminismo, l'acquisizione di una diffusa consapevolezza sul diritto all'autodeterminazione dei singoli individui in materia di vita e salute, sta per essere definitivamente approvata da un Parlamento costituito per piu' del novanta per cento da uomini una legge che, violando i principi di laicita' dello Stato, offende donne e uomini, negandone il diritto a scelte fondamentali della vita e calpestandone il diritto alla salute, la loro e quella dei loro figli. Nel testo di legge, costruito sulla discutibile alternativa tra liberta' e divieto, la pretesa di dettare una morale di Stato si fa regola, ignorando cosi' la specificita' della relazione di maternita' e la pluralita' dei modelli genitoriali e familiari. E incongruenze e insensatezze, in un susseguirsi di divieti segnato da seri interrogativi di costituzionalita', disciplinano l'accesso alle tecniche di riproduzione e le loro modalita'. Ci preoccupa anzitutto enormemente l'affermazione contenuta all'articolo 1, laddove la legge dichiara di assicurare, nell'applicazione delle tecniche di procreazione medicalmente assistita, "i diritti di tutti i soggetti coinvolti, compreso il concepito", cosi' ponendosi in radicale contrasto con i principi generali del nostro ordinamento che individuano nella nascita la condizione indispensabile per l'accesso ai diritti. La grossolana semplificazione con la quale si attribuisce al concepito la qualita' di soggetto portatore di diritti stravolge il senso e la realta' della inscindibile relazione tra madre e concepito: si prefigura per norma la possibile contrapposizione tra i diritti dell'una e i supposti diritti dell'altro e si risolve il conflitto a favore dell'embrione, ignorando che nel bilanciamento dei valori in gioco, secondo la Corte Costituzionale "non esiste equivalenza fra il diritto non solo alla vita ma anche alla salute proprio di chi e' gia' persona, come la madre, e la salvaguardia dell'embrione che persona deve ancora diventare". E' proprio questo il diverso bilanciamento di valori determinato dal legislatore nella legge n. 194 del 1978 sull'interruzione volontaria di gravidanza, ritenuta, sempre dai giudici costituzionali, legge "a contenuto costituzionalmente vincolato" e oggetto per questo, neppure tanto velato, del prossimo attacco dello schieramento che ha prodotto questa legge sulla procreazione assistita. Non e' fantasioso prevedere effetti dirompenti della nuova soggettivita' dell'embrione oltre il recinto della procreazione assistita, sulla disciplina dell'interruzione di gravidanza. * Il pericoloso messaggio di tale riduzione della soggettivita' alla biologia apre la strada a conseguenze irragionevoli e perverse sul piano giuridico, oltre che simbolico. Esse diventano chiare come la luce nel divieto di revoca del consenso della donna dopo la fecondazione dell'ovulo, con conseguente impianto dell'embrione, anche se malato. E' possibile che il legislatore abbia qui impartito un tipico "ordine impossibile": secondo l'articolo 32 della Costituzione, secondo comma, nessuno puo' essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge, ma nessuna legge puo' violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana. E' del tutto evidente che questa legge lo fa e non riusciamo ad immaginare che esistano un giudice e un medico disposti a darle applicazione. E, tuttavia, il semplice fatto di avere formulato un tale ordine rivela in modo inequivocabile quale sia la concezione del corpo e della liberta' femminile di questo legislatore. * Al divieto di distruzione e di crioconservazione degli embrioni, stabilito nella logica di prevenirne una utilizzazione diversa dall'impianto, si collegano nella stessa legge, oltre al divieto di revoca del consenso all'impianto: - Il divieto di produzione di un numero di embrioni superiore a tre e l'obbligo dell'unico contemporaneo impianto. Per ragioni diverse da quelle sanitarie, si adotta sulla donna una pratica che ha minori probabilita' di successo e le si impone un trattamento sanitario non adeguato alle migliori possibilita' di cui la scienza dispone: il diritto costituzionale alla salute della donna e' sacrificato per la preoccupazione di non dare vita a embrioni che non possano essere impiantati; - Il divieto di accesso alla fecondazione assistita alle coppie non sterili, ma portatrici di patologie genetiche trasmissibili al concepito. La diagnosi preimpianto (metodica che utilizza la procedura della fecondazione in vitro), vietata espressamente dalla legge, non sarebbe utilizzabile per la preventiva selezione di embrioni sani da trasferire in utero. L'esclusione della coppia non sterile, portatrice di patologie, si pone in contrasto con gli articoli 3 e 32 della Costituzione, perche' impedisce l'accesso ad un trattamento sanitario ad una categoria di persone sulla base esclusivamente della loro condizione personale di fertilita'. * Un'altra sorprendente espressione del "modello unico" di morale confezionato dal legislatore e' il divieto di accesso alla fecondazione eterologa che, soli in Europa, vieteremo. Non ci convince l'unico argomento della "esigenza di garantire al bambino diritti anche di natura sociale e psicologica" (relazione presentata dalla Commissione Affari Sociali alla Presidenza della Camera dei deputati il 26 marzo 2003). Sappiamo, infatti, che la condivisa necessita' di garantire al nato uno status incontrovertibile troverebbe adeguata risposta nella disciplina dei rapporti tra il nato ed il padre "sociale", vietando il disconoscimento della paternita' successivamente al consenso dato dal partner maschile. E sappiamo anche che esistono soddisfacenti soluzioni, previste in altri paesi, per il bilanciamento tra il diritto all'anonimato del donatore del seme ed il diritto del nato a conoscere la propria identita' genetica. Il divieto ci pare piuttosto ispirato dall'intento di legittimare un'unica tradizionale forma di famiglia, fondata su legami biologici, negando cosi' valore ad un diverso modello di coesione familiare fondato sull'assunzione di responsabilita'. Il "no" alla fecondazione eterologa, penalizzando pesantemente la coppia in cui uno dei partner sia sterile o portatore di malattia certamente trasmissibile, contrasta con i principi fondamentali posti dagli articoli 2 e 3 della Costituzione perche' comporta discriminazione tra coppie, in relazione alla gravita' dei problemi riproduttivi, e perche' costringe il partner non sterile a rinunciare alla maternita' o alla paternita' biologica. Parimenti discutibili, anche alla luce dello sviluppo del diritto comunitario, nonche' dell'esperienza giuridica comparata, sono il divieto di accesso per le persone singole e quello per le coppie omosessuali. Cosi' pure il divieto per le coppie nelle quali uno dei partner non sia vivente, ma abbia dato il consenso prima di morire. Anche se tali limitazioni venissero fatte nell'esclusivo interesse del nascituro, al quale dovrebbe essere garantita una famiglia " tradizionale", esse sollevano la questione, non risolvibile sulla base di divieti, di cosa sia la famiglia oggi, e di cosa essa offra davvero ai figli. * Come donne e come giuriste - siamo consapevoli della indicibilita', sul piano giuridico, della relazione tra l'embrione - sia fecondato naturalmente che artificialmente - e la madre, nel cui grembo, comunque, anche l'embrione fecondato in vitro deve ritornare, e riteniamo insensata e profondamente ingiusta una normativa che a questa unica, speciale relazione sostituisca il conflitto; - sappiamo che la definizione di regole attorno alla procreazione non puo' prescindere dalla condivisione: l'esperienza degli anni in cui l'aborto era reato dimostra che se la regola posta dallo stato non corrisponde alla speciale competenza femminile, quella regola sara' disattesa; - siamo convinte che una regolamentazione rigidamente prescrittiva in questa materia, non solo sacrifichi diritti fondamentali, ma impedisca anche riflessione e crescita, individuale e collettiva, da cui soltanto puo' generarsi la necessaria coscienza del limite nella utilizzazione delle innovazioni scientifiche e tecnologiche. Percio' ancora speriamo in un ripensamento di quanti su quel testo di legge sono, a giorni, chiamati a pronunciarsi. E, comunque, nell'attenta valutazione di ogni profilo di costituzionalita' all'atto della sua promulgazione e successivamente ad essa. In ogni caso, non smetteremo di impegnarci per il principio della laicita' dello Stato e per l'affermazione dei fondamentali diritti all'autodeterminazione e alla salute di donne e uomini. Questa lettera e' aperta ad altre adesioni. * Prime firmatarie: Cristina Alessi, Universita' di Brescia; Rosalba Alessi, Universita' di Palermo; Cristina Amato, Universita' di Brescia; Caterina Ambrosino, Tribunale di Milano; Silvia Banfi, avvocatessa in Milano; Gianna Baldoni, avvocatessa in Roma; Elisabetta Bani, Universita' di Pisa; Marzia Barbera, Universita' di Brescia; Giuseppina Luciana Barreca, Tribunale di Reggio Calabria; Maria Caterina Baruffi, Universita' di Verona; Alessandra Bassi, Tribunale di Milano; Donatella Belloni, avvocatessa in Roma; Tatiana Biagioni, avvocatessa in Milano; Manuela Bonardi, avvocatessa in Monza; Olivia Bonardi, Universita' di Milano; Barbara Borin, avvocatessa in Vicenza; Patrizia Borsellino, Universita' dell'Insubria; Nerina Boschiero, Universita' di Milano; Angela Bossone, praticante in Bologna; Giuditta Brunelli, Universita' di Ferrara; Silvia Buzzelli, Universita' di Pavia; Mirella Caffaratti, avvocatessa in Torino; Laura Calafa', Universita' di Verona; Elisabetta Canevini, Tribunale di Milano; Eva Cantarella, Universita' di Milano; Maria Rosaria Canzano, avvocatessa in Milano; Antonella Carbone, avvocatessa in Milano; Sandra Casacci, Tribunale di Torino; Valentina Castellino, avvocatessa in Torino; Laura Castelvetri, Universita' dell'Insubria; Alba Chiavassa, Tribunale di Milano; Mariacristina Cimaglia, Universita' di Roma; Patrizia Comite, avvocatessa in Milano; Maria Grazia Coppetta, Universita' di Urbino; Cristina Costantini, avvocatessa in Torino; Laura Curcio, Corte d'Appello di Milano; Marilisa D'Amico, Universita' dell'Insubria; Barbara De Benedetti, avvocatessa in Milano; Eugenia Del Balzo, Tribunale di Napoli; Erika Della Pieta'; Alessandra De Curtis, Tribunale di Venezia; Maria Luisa De Margheriti, Universita' di Pavia; Giovanna Fantini, avvocatessa in Milano; Gilda Ferrando, Universita' di Genova; Paola Ferrari, avvocatessa in Cernusco sul Naviglio; Clotilde Fierro, Corte d'Appello di Torino; Nicoletta Gandus, Tribunale di Milano; Simonetta Gatti, avvocatessa in Brescia; GIUdIT, Associazione Giuriste d'Italia; Maria Francesca Ghirga, Universita' dell'Insubria; Donata Gottardi, Universita' di Verona; Bibiana Granata, avvocatessa in Pavia; Luciana Guaglianone, Universita' di Pavia; Fausta Guarriello, Universita' di Chieti; Laura Hoesch, avvocatessa in Milano; Giovanna Ichino, Corte d'Appello di Milano; Bianca La Monica, Tribunale di Milano; Delia La Rocca, Universita' di Urbino; Nicoletta Lazzarini, Universita' di Milano Bicocca; Lara Lazzeroni, Universita' di Siena; Gabriella Leone, Universita' di Bari; Anna Leoni, Consiglio di Stato; Francesca Limena, Universita' di Padova; Angela Loaldi, avvocatessa in Milano; Paola Lovati, avvocatessa in Milano; Marina Lucidi, avvocatessa in Roma; Franca Macchia, Procura di Monza; Francesca Malzani, Universita' di Brescia; Daniela Manassero, avvocatessa in Milano; Maria Rosaria Marella, Universita' di Perugia; Manuela Massenz, Tribunale di Milano; Maria Rosaria Maugeri, Universita' di Catania; Marisa Meli, Universita' di Catania; Lucia Mella, avvocatessa in Milano; Elena Merlin, Universita' di Milano; Mariagrazia Monegat, avvocatessa in Milano; Nyranne Moshi, avvocatessa in Milano; Milena Mottalini, avvocatessa in Milano; Angela Musumeci, Universita' di Teramo; Maura Nardin, Tribunale di Sassari; Roberta Nunin, Universita' di Trieste; Claudia Ogriseg, Universita' di Milano; Giuseppa Palmeri, Universita' di Palermo; Tiziana Paolillo, Tribunale di Tortona; Silvia Pastorelli, avvocatessa in Brescia; Sara Pedersoli, avvocatessa in Brescia; Elena Pergolesi, avvocatessa in Milano; Chiara Perini, Universita' di Milano; Anna Perosino, avvocatessa in Milano; Valeria Pezzoni, praticante in Brescia; Barbara Pezzini, Universita' di Bergamo; Giuseppina Pisciotta, avvocatessa in Palermo; Elena Riva Crugnola, Corte d'Appello di Milano; Bruna Rizzardi Tribunale di Milano; Maria Lucia Rollo, Universita' di Bari; Claudia Romani, avvocatessa in Bologna; Laura Ronchetti, CNR; Caterina Rucci, avvocatessa in Milano; Claudia Ruperto, avvocatessa in Perugia; Rita Sanlorenzo, Tribunale di Torino; Arianna Sbano, Tribunale di Pesaro; Maria Luisa Serrano, Universita' di Lecce; Stefania Scarponi, Universita' di Trento; Patrizia Sordellini, avvocatessa in Milano; Tecla Mazzarese, Universita' di Brescia; Francesca Torelli, Universita' di Venezia; Amelia Torrice, Corte d'Appello di Roma; Anna Maria Tosto, Corte d'Appello di Bari; Silvia Tozzoli, Universita' di Pavia; Lina Trovato, Corte d'Appello di Catania; Maria Luisa Vallauri, Universita' di Firenze; Maria Carmela Venuti, Universita' di Palermo; Tiziana Vettor, Universita' di Milano Bicocca; Alida Vitale, avvocatessa in Torino; Loredana Zappala', Universita' di Catania; Francesca Zucchelli, avvocatessa in Monza. 3. RIFLESSIONE. TIZIANA VETTOR: INDICIBILE ALLA LEGGE [Dal sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it) riprendiamo questo testo (estratto dalla rivista on-line della Comunita' filosofica femminile Diotima, "Per amore del mondo") redatto all'indomani dell'approvazione della legge e prima che si svolgesse l'iter per il pronunciamento referendario la cui realizzazione e' ormai prossima. Tiziana Vettor e' docente di diritto del lavoro all'Universita' di Milano Bicocca] Brevi note al documento/appello di un gruppo di giuriste contro la legge sulla procreazione medicalmente assistita. Molte contrarie autorevoli opinioni hanno accompagnato l'iter parlamentare di approvazione della legge sulla fecondazione medicalmente assistita. Ad esempio quelle espresse nell'appello di un numero rilevante di giuriste (accademiche, giudici, avvocate) - me inclusa - e interamente pubblicato da "l'Unita'" il 10 febbraio scorso. Proprio di questo appello vorrei parlare. Per tutto quello che di importante in esso si dice, ben oltre il piano dell'analisi giuridica, che pure contiene, in funzione di critica alla legge. Perno della riflessione contenuta nel documento (almeno per come io l'ho inteso, avendolo solo sottoscritto e non redatto) e' che in merito a scelte che attengono al corpo, la sessualita' dei singoli e delle singole, sia da escludere un intervento statuale. Il documento, in proposito, parla di una "indicibilita' sul piano giuridico" e, in particolare, di una indicibilita' sul piano della speciale relazione tra l'embrione e la madre, nel cui grembo, anche l'embrione fecondato artificialmente, deve comunque tornare. La legge sulla procreazione medicalmente assistita e', infatti, fortemente criticabile non solo per alcuni particolari contenuti - ad esempio, perche' vieta la fecondazione eterologa - ma anche perche' essa vuole disporre di una sfera ritenuta intangibile alla legge. Con cio' intendo dire che - stando ancora all'esempio fatto - anche un provvedimento legislativo meno restrittivo, meno conformista in merito ai modelli genitoriali non sarebbe valso a garantire la liberta' dei soggetti. La liberta' non e' un diritto, ne' tantomeno e' progressiva. Per questo credo il legislatore avrebbe fatto meglio, semmai, a realizzare un intervento rivolto ai soli profili sanitari in funzione di un sostegno alla maternita'. Ad un approccio, in punto di regolamentazione, leggero o mite sui temi dei quali stiamo discutendo, il legislatore ha, invece, preferito una legislazione basata su un sistema di complessi e, cio' che e' peggio, illegittimi, gia' sul piano costituzionale, divieti. Perche' questo e' accaduto? Perche' il legislatore ha potuto disconoscere cosi' elementari principi e diritti, ad esempio quello - come viene giustamente ricordato dalle giuriste - all'autodeterminazione di donne e uomini in materia di vita, approvando una legge da molti e molte definita "orribile"? Il documento, come gia' in altre sedi e da altre e' stato detto, individua una precisa responsabilita' da parte maschile laddove esso richiama, nell'incipit, la composizione numerica del Parlamento, che, come si sa, risulta formato da un'esigua minoranza di donne. Essa quindi rifletterebbe un conflitto tra i sessi tutto giocato nel tentativo di una riaffermazione da parte maschile di un controllo sulla sessualita' e sulla procreazione. Controllo che e' evidentemente sfuggito agli uomini. Questa legge, sembrerebbe, in altri termini, espressione di quello che le femministe americane chiamerebbero backlash (contrattacco degli uomini, in questo caso, alla legittimazione che le donne si sono date di tenere disgiunte sessualita' e procreazione). * A fianco a questa spiegazione ve ne sono pero' altre e, innanzitutto, quella che vede in questa nuova legge uno specchio - si potrebbe dire - di una "mania legislativa": lo specchio dell'affermazione del principio del primato della legge quale strumento necessario alla mediazione sociale degli interessi contrapposti. Questo e' un aspetto del problema che, tuttavia, non coinvolge solo gli uomini. Ed infatti, per alcune donne, in particolare quelle che fanno politica nei luoghi istituzionali (non solo, quindi, in Parlamento, ma nei partiti, nel sindacato, etc.), la legge assume il valore di un irrinunciabile dispositivo simbolico. Cosi' si spiega il perche' questa legge e' stata votata (anche) da alcune donne, nonche' si spiega il perche', sempre per iniziativa di alcune donne, nel precedente governo di centro sinistra, si voleva porre mano ad una regolamentazione sul tema della procreazione assistita. L'approvazione di questa legge sembrerebbe allora far supporre che per il nostro Parlamento il movimento delle donne, il femminismo, non sia mai esistito o che di esso, in chi e' venuto dopo, non vi sia piu' traccia. E, invece, c'e' stato, e quello che e' piu' rilevante, e' che esso ha impresso nella societa' - non solo italiana - svolte e cambiamenti rilevantissimi e irreversibili, coinvolgendo anche il modo stesso di teorizzare il diritto, o meglio, il modo cui ad esso si guarda - nel momento in cui lo si studia - quando e' in gioco la differenza sessuale. Questo, infatti, dice il documento, innervato, come e', dagli importanti risultati teorici collegati all'esperienza del femminismo e sulla quale si sono ritrovate in molte giuriste, di diversa provenienza politica, di diverse eta'. Basti pensare a quanto e' stato elaborato in Italia dal femminismo della "differenza sessuale": la critica alla pretesa universalita' del diritto, la creazione di una prospettiva teorica che porta in primo piano la centralita' delle pratiche politiche tra donne. Si e' suggerita, a tal proposito, l'espressione "sopra la legge", appunto per significare un "luogo" di rapporti e di pratiche che precede e supera l'ordine della norma. E si e' anche detto "una politica delle donne che faccia primario riferimento a questo luogo sopra la legge non si preoccupa di varare nuove leggi o di modificare quelle esistenti per includervi la differenza femminile: essa si concentra sulla produzione di senso, di simbolico, piu' che sulle regole, e cerca non di riempire ancora di piu' il diritto ma, al contrario, di aprire dei vuoti, dei varchi in cui possa farsi spazio il senso libero della differenza femminile con la sua forza, affermata fuori e prima del riconoscimento della legge" (cfr. Lia Cigarini). Una posizione, questa, che demistifica la tradizionale aura di sacralita' della legge e delle sue funzioni, che sottrae importanza alla potenza mediatrice della regola giuridica, a tutto vantaggio del primato delle relazioni, e, in primis, quella con la madre. * Questa legge apre oggi un'altra domanda: ora che essa e' stata approvata, che fare? Le strade su cui si sta orientando il dibattito vedono due possibili soluzioni: promuovere un referendum abrogativo; oppure operare sul fronte dell'eccezione di incostituzionalita'. Numerosi sono infatti i profili di illegittimita' costituzionale contenuti nella legge, in particolare rispetto agli artt. 2, 3, 32 Cost. come spiega il documento. Ma mentre su questa seconda proposta mi trovo d'accordo, la strada del referendum, suscita, in me come in molte altre, forti perplessita'. Cio' perche' credo, oltre alle considerazioni critiche che sono gia' state fatte (cfr. Milli Virgilio), che sia ormai del tutto riscontrabile una diffusa irritazione circa l'uso dello strumento referendario. Per non dire, poi, di un'opinione pubblica che, non solo su questo rilevante tema, pare del tutto frastornata dal disordine informativo dei media. Ma c'e' un punto piu' sostanziale che mi spinge a guardare con disfavore alla proposta referendaria: essa e' un altro modo per ribadire il primato della legge, la sua centralita' rispetto ad aspetti che, invece, rinviano alla competenza materna. E, infatti, ben dice il documento quando ricorda l'esperienza degli anni in cui l'aborto era ancora reato: essa "dimostra che se la regola posta dallo stato non corrisponde alla speciale competenza femminile, quella regola sara' disattesa". Ed e' proprio cosi', semplicemente. * Bibliografia essenziale - Boccia, Maria Luisa, Zuffa, Grazia, Il fondamentalismo in provetta, "il manifesto", 13 giugno 2002. - Boccia, Maria Luisa, Maternita' di stato, "la Rivista del manifesto", n. 46/2002. - Buffo, Gloria, Prestigiacomo, ministra senza responsabilita', "l'Unita'", 13 febbraio 2004. - Casadio, Giovanna, Fecondazione, si' alla legge, "la Repubblica", 11 febbraio 2004. - Casadio, Giovanna, Fecondazione, ultimo appello, "la Repubblica", 8 febbraio 2004. - Chiaromonte, Franca, Non e' un diritto, non sia un divieto, "Il Foglio", 3 dicembre 2003. - Cigarini, Lia, La politica del desiderio, Parma, Pratiche, 1995. - Dominijanni, Ida, Relazione a Giudit, http://giudit.it/documentiline/13-maggio-Dominijanni.htm - Dominijanni, Ida, Scienza e coscienza, "il manifesto", 11 dicembre 2002. - Ferrajoli, L., La questione dell'embrione tra diritto e morale, in "Politeia", n. 65/2002. - Flamini, C., Fecondazione, la legge dell'ingiustizia, "l'Unita'", 10 febbraio 2004. - Giorgi, Stefania, Due strade per fermare la legge, "il manifesto", 11 febbraio 2004. - Jourdan, Clara, Amare e' anche adottare un ovulo, "l'Unita'", 17 gennaio 2004. - Minda, G., Teorie postmoderne del diritto, Bologna, il Mulino, 2002. - Muccio, G., Eccezioni di illegittimita' costituzionale del ddl 1514 sul concepimento assistito, www.sgscafati.it/eccezioni_incostituzionalita_nuo.htm - Pitch, Tamar, Un diritto per due, Milano, il Saggiatore, 1998. - Sartori Diana, Giuris-prudenza, in Buttarelli A., Muraro L., Rampello L., Duemilaeuna. Donne che cambiano l'Italia, Piacenza, Pratiche Editrice, 2000. - Un dibattito che non c'e' stato, "Il Foglio", 13 dicembre 2003. - Vantaggiato, Iaia, Fecondazione proibita, "il manifesto", 11 febbraio 2004. - Virgilio, Milli, La via stretta del referendum, "il manifesto", 22 gennaio 2004. - Wolgast, Elisabeth, La grammatica della giustizia, Roma, Editori Riuniti, 1991. 4. RIFLESSIONE. CHIARA ZAMBONI: UNA CULLA DI PAROLE PER CHI VIENE AL MONDO [Dal quotidiano "Il manifesto" del 19 marzo 2005. Chiara Zamboni e' docente di filosofia del linguaggio all'Universita' di Verona, partecipa alla comunita' filosofica femminile di "Diotima". Tra le opere di Chiara Zamboni: Favole e immagini della matematica, Adriatica, 1984; Interrogando la cosa. Riflessioni a partire da Martin Heidegger e Simone Weil, IPL, 1993; L'azione perfetta, Centro Virginia Woolf, Roma 1994; La filosofia donna, Demetra, Colognola ai Colli (Vr) 1997] In un articolo che legava la riproduzione artificiale alle forme oggi della guerra, Stefania Giorgi affrontava in modo molto fine alcune questioni che riguardano l'immaginario maschile attorno alla procreazione assistita e l'uso delle tecnologie riproduttive all'interno di un conflitto piu' o meno sotterraneo nei confronti delle donne. Mi riferisco a Nascere all'inferno ("Il manifesto" di martedi' 8 marzo [riprodotto ne "La domenica della nonviolenza" n. 12]). Vorrei continuare a riflettere su questo, parlando dell'ossessione fobica di coloro che hanno scritto la legge sulla riproduzione assistita, quando hanno definito l'embrione come un individuo portatore di diritto. L'embrione: un ovulo appena fecondato. Cio' ha creato inconsapevolmente una situazione che ha del grottesco. Un ovulo appena fecondato come soggetto di diritto: sembra di essere catapultati al di la' dello specchio di Alice, dove le cose sono viste al contrario. Se ti allontani ti avvicini, se per il formarsi della soggettivita' occorre stare in un cammino di scambio relazionale che richiede tempo, qui essa e' posta a priori. "Era li' dagli inizi. In solitudine divina". E come in Alice nel paese delle meraviglie tutto dipende da come si definiscono le cose. Cosi' la legge, con la sua capacita' di nominare, modifica fantasticamente il gioco. Paradossi creati dal linguaggio, soprattutto a fronte di un dibattito seriosissimo che ha giustificato questa definizione con le gravi necessita' legate alla eredita' e ai passaggi di proprieta', che invece, definendo l'ovulo appena fecondato individuo portatore di diritto, si semplificherebbero. Sembra di essere all'interno del mondo reso visibile dai quadri di Bosch: pezzi di corpo che si muovono per conto loro accanto a embrioni mostruosi, che cavalcano uomini della legge pretendendo diritti di proprieta' su case, vigneti, capannoni. L'io non si e' costituito. Siamo in piena psicosi. Dietro al grottesco o attraverso di esso insiste l'ossessione fobica che in questa legge fa dell'ovulo fecondato un portatore di diritto indipendentemente dal legame con la madre. La paura nasce da li', dall'oscurita' di questo legame, forse percio', del resto, tanto celebrato dagli uomini. Ed e' questo legame che la legge taglia di netto. * Piera Aulagnier parla in La violence de l'interpretation, in base alla sua esperienza di psicoanalista, di quanto siano fondamentali le parole che le madri trovano per raffigurarsi la bambina o il bambino che nascera'. Non si immaginano un feto ma una creatura che sara' cosi' e cosi'. Sono fantasticherie, sogni a occhi aperti, immagini, che le orientano verso chi verra'. Questo crea una culla di parole per chi viene al mondo. Una culla simbolica. La singolarita' della piccola o del piccolo e' immaginata e protetta da questo tessuto di sogni e parole. Ha cosi' un luogo simbolico che poi nella relazione con la madre potra' essere trasformato, ma a partire dalla ricchezza di averlo. Questo non avviene quando una donna non immagina aiutandosi con le parole la singolarita' dell'altro che porta con se' e pensa il feto solo come feto, come grumo di carne in divenire, come appendice del proprio corpo. La legge taglia il legame simbolico tra la madre e chi sta per venire al mondo. Si sostituisce al sistema di significazione materna che fa di chi sta per nascere una singolarita', un io a tutti gli effetti per la mediazione della culla di parole. * Vi si sostituisce non casualmente. Perche' il legame tra una madre e chi nascera' e' un legame in parte velato. Non puo' essere portato alla visibilita' della pura trasparenza. Barbara Duden, in Corpo della donna come luogo pubblico, ha mostrato come le tecnologie mediche, con le migliori intenzioni, abbiano comunque avuto l'effetto di portare a visibilita' il feto nella madre, facendo di questa un oggetto agli occhi di tutti, alla lettera trasparente. E tuttavia questa operazione non puo' essere applicata a quel legame simbolico che la madre intreccia con chi sta per venire al mondo attraverso parole, sogni, fantasticherie. L'ecografia non puo' portare a visibilita' il desiderio che provoca parole, immagini, legami fortissimi. Non puo' farlo rispetto al corpo inconscio, inscritto di parole, non riducibile a corpo oggettivabile. In cio' c'e' qualcosa di invisibile e gia' dell'ordine simbolico. E' forse questo a risultare tanto intollerabile per un uomo, che ne puo' essere partecipe solo se una donna lo ammette a condividere questa esperienza con lei? Comunque, nella legge della procreazione assistita, dato che questo oscuro non puo' essere reso pubblico, e quindi controllabile, viene semplicemente negato. Il diritto puo' disegnare uno spazio, dove questo non esista. * Che qualcosa di oscuro, di non risolvibile nella trasparenza, ci sia nel legame materno e' qualcosa di cui sono consapevoli anche le donne. Sia che partecipino di questa esperienza direttamente sia che ne conoscano la possibilita'. Ma questo viene avvertito piu' come una condizione da vivere - con tutta una gamma di sentimenti che va dalla gioia all'angoscia - che come una situazione da controllare. I rapporti tra gli uomini e le donne variano nel tempo. Ci sono patti non detti ma avvertibili che si costituiscono su dei punti chiave e si sciolgono per atti ben precisi. Gli uomini che hanno attribuito all'ovulo appena fecondato la posizione di individuo separato, portatore di diritto, sono entrati in conflitto con il legame simbolico che le donne hanno con chi nasce. Io credo che da parte maschile ci sia soprattutto il bisogno di arginare l'angoscia che l'oscuro di questo legame materno provoca. C'e' forse anche la paura di fronte a parti del reale che rimangono segrete e li obbliga in una condizione di passivita'. E' questo che li porta ad agire e controllare? Se proprio i legislatori vogliono regolare questa situazione, potrebbero fare riferimento ad altre forme di diritto, non fondate sull'individuo, ma sulla relazione tra soggetti. In questo caso una relazione asimmetrica, dove e' in gioco la dipendenza del nascituro da una madre, che ha iniziato ad essere tale non per natura, ma quando ha incominciato a immaginare il piccolo o la piccola a venire nella sua irripetibile singolarita'. * Se poi, oltre a tutto questo, il riconoscere l'ovulo appena fecondato come portatore di diritto individuale e' stato un atto per ostacolare la manipolazione genetica degli embrioni, allora tutti noi siamo posti di fronte a un altro problema. E' la grande questione epocale dei limiti della scienza, che non vanno affrontati con le armi del diritto, ma discussi assieme agli scienziati, che sono coinvolti come gli altri nel vivere comune. Basta ricordare gli esperimenti per l'energia atomica quali effetti disastrosi abbiano avuto alla lunga di fronte ai pochi positivi. E in questo momento la manipolazione genetica sugli embrioni puo' sfuggire di mano anche ai meglio intenzionati. 5. MAESTRE. GEREMIA CATTRISTI: DIECI PAROLE E DIECI VOLTI ANCORA [Da "La nonviolenza e' in cammino" n. 625] Olympe de Gouges, o la forza della verita' Credette Olympe che la rivoluzione fosse fatta per liberare tutti - e dunque tutte - e fosse fatta perche' le uccisioni cessassero - ed a tutti e tutte fosse la vita fatta salva. Tratta al patibolo perche' affermava sia l'uguaglianza che la differenza tratta al patibolo perche' affermava che e' delitto uccidere, e demenza. * Saffo, o della coscienza Fu prima lei, nel corso della storia, a educare alla nonviolenza nitida e forte avendone coscienza. E tu serbane grata la memoria. * Margarete Buber Neumann, o dell'amore Essere stata tedesca quando la Germania era il cuore e il vulcano dell'Europa aver potuto chiamare signor padre il grande Martin Buber, esser stata subito e sempre contro il fascismo. E nel partito e nel paese dei soviet aver scoperto il fascismo dei maschi, il fascismo di Stalin, il fascismo degli apparati e dell'ideologia. Poi il gulag, poi la consegna ai nazisti ed il lager. E nel lager resistere ancora, incontrarvi Milena. Poi sopravvissuta e tornata dal ponte dei corvi la lotta continuare ancora per far memoria degli assassinati e ancora e ancora per la verita'. Contrastare le menzogne affermare il buono e il giusto continuare ad amare le persone. Anche dei morti salvare la vita, la verita' ultima. Mai pronunciare la parola vile. * Bessie Smith, o della festa Tenere nei polmoni e nella gola del mondo tutta l'infelicita' sapendo poi restituirne in canto quanto ci unisce e trasformarlo in gioia. * Laura Conti, o della sobrieta' Era ragazza ancora quando i nazi calarono in Italia e necessario fu scegliere e lei scelse di lottare per l'umanita'. Medico fu, perche' salvare vite e' cosa buona, e per salvare vite nel movimento fu anche lei operaio per l'umanita'. Capi' tra i primi i rischi per l'ambiente se tutto il capitale surdetermina, scienziata e militante per l'ambiente e per l'umanita' sempre lotto'. * Luce d'Eramo, o della giustizia Sempre scelse la strada piu' difficile. Lei figlia di gerarca fu nel lager per aver scelto la parte degli oppressi per aver scelto la via della giustizia. Sempre scelse la strada piu' difficile. Della lucidita' che nel dolore soffre di piu' e piu' se ne raffina per aprir vie alla liberazione. Sempre afferrarsi amo' alla verita'. E questo agire chiamo nonviolenza. * Bertha von Suttner, o della liberazione Che cosa resta di lei? Ma la vera domanda e': perche' a milioni, a miliardi si danno gli umani la morte? E la vera risposta e' ancora quella che diede allora la saggia e gentile: giu' le armi. E' il disarmo la scelta necessaria per aprire la necessaria via. * Ruth First, o del potere di tutti Convincerla a piantarla di pensare, di parlare, di opporsi al razzismo non era possibile. Cosi' la spensero con un pacco bomba un pomeriggio dell'ottantadue. Era stato spedito quel pacco molti anni prima, era l'anno sessantatre, fu allora che non bastando quei centodiciassette giorni di carcere il regime razzista spedi' quel pacco che vent'anni dopo la raggiunse a Maputo. Le poste sudafricane erano forse lente ma inesorabili. Lei non aveva cessato un solo giorno di lottare contro l'apartheid di costruire il potere di tutti di resistere ad ogni razzismo. Non era possibile farla tacere cosi' la spensero con un pacco bomba. Ma ancora lotta, ancora parla, ancora pensa Ruth ogni volta che qualcuno ovunque nel mondo si ribella alla menzogna alla violenza all'ingiustizia all'odio ogni volta che ovunque qualcuno afferma il potere di tutti, l'umanita' comune, li' Ruth First e' stata ascoltata e quindi il pacco bomba non riusci' a raggiungere l'intento, nel tragitto si perse, e Ruth First l'assassinata e' ancora qui, ed e' invece crollato il regime che pensava di annientarla. * Joyce Lussu, o della bellezza Era cosi' temeraria che la sua vita sembra un unico gettarsi nella mischia infinita contro il fascismo. Un tuffo senza respiro per il pane, per la pace, per la terra: una terra in cui vivere sia cosa degna, sia cosa bella. E insieme amava il racconto e le parole che vengono da lontano, tradusse poesie, che e' come dire che seppe ascoltare, meditare, contemplare, e anche cosi' dar mano a coltivare una terra, edificare un mondo in cui vivere sia cosa degna, sia cosa bella. * Maria Montessori, o della persuasione Capire che la pace li' comincia: dall'accoglienza fatta ai bambini. E costruire un mondo in cui bambini e adulti infine possano convivere. Non piu' stranieri, non piu' abbandonati, non piu' nemici, non piu' aggressori, ma una umanita' riconoscente. 6. EMOZIONI. MONICA LANFRANCO: LA PRIMA DONNA IMAM [Ringraziamo Monica Lanfranco (per contatti: e-mail: mochena at tn.village.it; sito: www.mareaonline.it e anche www.mareaonline.it/lanfranco) per averci messo a disposizione come anticipazione questo suo articolo che apparira' sulla rivista "Carta". Monica Lanfranco, giornalista professionista, nata a Genova il 19 marzo 1959, vive a Genova; collabora con le testate delle donne "DWpress" e "Il paese delle donne"; ha fondato il trimestrale "Marea"; dirige il semestrale di formazione e cultura "IT - Interpretazioni tendenziose"; dal 1988 al 1994 ha curato l'Agendaottomarzo, libro/agenda che veniva accluso in edicola con il quotidiano "l'Unita'"; collabora con il quotidiano "Liberazione", i mensili "Il Gambero Rosso" e "Cucina e Salute"; e'' socia fondatrice della societa' di formazione Chance. Nel 1988 ha scritto per l'editore PromoA Donne di sport; nel 1994 ha scritto per l'editore Solfanelli Parole per giovani donne - 18 femministe parlano alle ragazze d'oggi, ristampato in due edizioni. Per Solfanelli cura una collana di autrici di fantasy e fantascienza. Ha curato dal 1990 al 1996 l'ufficio stampa per il network europeo di donne "Women in decision making". Nel 1995 ha curato il libro Valvarenna: nonne madri figlie: un matriarcato imperfetto nelle foto di fine secolo (Microarts). Nel 1996 ha scritto con Silvia Neonato, Lotte da orbi: 1970 una rivolta (Erga): si tratta del primo testo di storia sociale e politica scritto anche in braille e disponibile in floppy disk utilizzabile anche dai non vedenti e rintracciabile anche in Internet. Nel 1996 ha scritto Storie di nascita: il segreto della partoriente (La Clessidra). E' stato pubblicato recentemente il suo libro, scritto insieme a Maria G. Di Rienzo, Donne disarmanti, Intra Moenia, Napoli 2003. Cura e conduce corsi di formazione per gruppi di donne strutturati (politici, sindacali, scolastici) sulla storia del movimento delle donne e sulla comunicazione] Quando l'ho vista, alla televisione, ho provato una forte emozione: non solo era la prima donna imam a guidare una cerimonia religiosa musulmana, ma dietro a lei stavano in preghiera altre donne, uomini e intere famiglie. Una rivoluzione, a detta di tutti i commenti, una spallata al pensiero teocratico, una ventata irreversibile di illuminismo che segnerebbe un clamoroso e poderoso incipit di quel processo di rinnovamento e di accensione della conflittualita', fin qui violentemente negata, dentro alla visione fondamentalista del totalitarismo religioso islamico. Rivoluzione doppiamente simbolica, e' stata scritto, perche' non solo di imam donna si tratta ma di imam donna in prima assoluta proprio negli Stati Uniti, la terra vittima del terrorismo dell'11 settembre, la terra mandante della guerra "per la liberta' contro il terrorismo". Amina Wadum, afroamericana, docente di islamistica alla Virginia Commonwealth University si e' spinta nella sua prima cerimonia pubblica persino piu' in la' dell'irriverente slogan, coniato con il beneplacito simpatizzante della teologia femminista cattolica occidentale, secondo il quale "Dio e' piu' madre che padre". Ha affermato che, essendo Allah non creato questi non puo' essere sottomesso, o limitato, da caratteristiche umane quali il genere maschile, femminile o neutro, e che quindi puo' essere sia "lui", che "lei" che "esso" per chi prega, a piacere. C'e' di che stupirsi, commuoversi, complimentarsi, sperare che in questo caso la velocita' spesso aggressiva alla quale il fenomeno economico e politico della globalizzazione ci ha abituato sia invece vantaggiosa nell'imprimere slancio all'ottima epidemia virtuosa, che veda sempre piu' donne prendere parola nelle moschee, anche e soprattutto come imam. Ma c'e' un pero', scomodo, scivoloso, che, dopo la prima ondata di commozione ha lasciato il posto all'apprensione e al dubbio, gettando ombre sull'evento, che vorrei condividere con chi mi legge. Sempre, in ogni caso, si parla di rivoluzione quando una donna, o un gruppo di esse, infrangono con la loro presenza autorevole i limiti fin li' sessisti di istituzioni fondanti della nostra societa': e' successo per la prima donna in polizia, nelle forze armate, nel caso delle pastore valdesi. Nel momento in cui si infrange con la presenza fisica un tabu' che ha costruito il simbolico e le derivanti concrete leggi e visioni nell'assenza femminile di certo si compie un passo importante. Eppure, oggi, questo non mi basta piu'. Nel caso, per esempio, della "democratizzazione" delle forze armate ho presagito il pericolo che poi si e' materializzato nelle immagini delle inquietanti, e non nuove alla storia, dominatrici di Abu Ghraib: siccome gli uomini hanno fin qui gestito anche la violenza istituzionale ora le donne devono essere le benvenute in questo sistema dell'orrore, e si deve chiamare questo processo azione di pari opportunita'? Non per chi vuole un altro mondo, e un altro modo di dargli senso, penso. Se, per ipotesi, questa o un'altra imam futura approvera' l'interpretazione della legge coranica che vede la donna sottomessa all'uomo, come purtroppo e' accaduto nel caso del parlamento afgano, dove le poche donne presenti hanno benedetto l'introduzione della legge coranica, se dunque la sua parola sara' fotocopia di quella del pensiero dominante allora sara', come accade in ogni luogo del mondo quando le donne sono cooptate nei sistemi omogeneizzanti del potere, l'ennesima portatrice di consenso al pensiero unico. Che Allah, la misericordiosa, illumini Amina e la rafforzi nella sua differenza e nella sua volonta' di divergere come donna da chi, gia' oggi, la vuole morta solo perche' osa predicare. 7. LETTURE. ELENA BUCCOLIERO, MARCO MAGGI, BULLISMO, BULLISMI Elena Buccoliero, Marco Maggi, Bullismo, bullismi. Le prepotenze in adolescenza dall'analisi dei casi agli strumenti d'intervento, Franco Angeli, Milano 2005, pp. 352 + cd allegato, euro 30. Un utile strumento di lavoro per docenti, educatori, formatori, psicoterapeuti, operatori sociali e sanitari, genitori, ma anche giovani e studenti, e tutti coloro che desiderano comprendere e contrastare il fenomeno del bullismo. Oltre ad Elena Buccoliero e Marco Maggi hanno collaborato all'opera Nadia Bertolotti, Alberto Genziani, Luca Pietrantoni, Elisabetta Saviotti. 8. LETTURE. PHYLLIS CHESLER: DONNA CONTRO DONNA Phyllis Chesler, Donna contro donna, Mondadori, Milano 2003, 2004, pp. XXXIV + 356, euro 9,40. Un libro acuto e appassionante della grande intellettuale femminista americana. 9. LETTURE. FRANCOISE DOLTO: ADOLESCENZA Francoise Dolto, Adolescenza, Mondadori, Milano 1990, 2005, pp. XVI + 270, euro 8,40. L'illustre studiosa parigina (1908-1988), una delle grandi figure della psicoanalisi infantile e della cultura del XX secolo, con questo colloquio ancora una volta ci fa un dono grande. Eccellente, come sempre, anche l'introduzione di Silvia Vegetti Finzi, con la consueta lucidita' di pensiero, chiarezza di espressione, limpidezza e profondita' di stile. 10. LETTURE. ANNA SALVO: PERVERSIONI AL FEMMINILE Anna Salvo, Perversioni al femminile, Mondadori, Milano 1997, 1998, pp. 240, lire 14.000. Con misura e finezza, in rigore e nitore, l'apprezzata psicoanalista, docente e saggista, indaga sentimenti e condizioni, patimenti e inquietudini, convocando nella sua riflessione il portato di esperienze cliniche e le suggestioni di grandi opere di poesia, intrecciando meditazione e cura, relazione di aiuto e ricerca disvelatrice. ============================== NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE ============================== Supplemento settimanale del giovedi' de "La nonviolenza e' in cammino" Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 4 del 24 marzo 2005
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