Nonviolenza. Femminile plurale. 4



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NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE
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Supplemento settimanale del giovedi' de "La nonviolenza e' in cammino"
Numero 4 del 24 marzo 2005

In questo numero:
1. Maria G. Di Rienzo: Buone notizie di primavera
2. Lettera aperta di un gruppo di giuriste sulla legge sulla procreazione
assistita
3. Tiziana Vettor: Indicibile alla legge
4. Chiara Zamboni: Una culla di parole per chi viene al mondo
5. Geremia Cattristi: Dieci parole e dieci volti ancora
6. Monica Lanfranco: La prima donna imam
7. Letture: Elena Buccoliero, Marco Maggi, Bullismo, bullismi
8. Letture: Phyllis Chesler: Donna contro donna
9. Letture: Francoise Dolto, Adolescenza
10. Letture: Anna Salvo, Perversioni al femminile

1. MONDO. MARIA G. DI RIENZO: BUONE NOTIZIE DI PRIMAVERA
[Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per
queste notizie. Maria G. Di Rienzo e' una delle principali collaboratrici di
questo foglio; prestigiosa intellettuale femminista, saggista, giornalista,
regista teatrale e commediografa, formatrice, ha svolto rilevanti ricerche
storiche sulle donne italiane per conto del Dipartimento di Storia Economica
dell'Universita' di Sidney (Australia); e' impegnata nel movimento delle
donne, nella Rete di Lilliput, in esperienze di solidarieta' e in difesa dei
diritti umani, per la pace e la nonviolenza; e' coautrice dell'importante
libro: Monica Lanfranco, Maria G. Di Rienzo (a cura di), Donne disarmanti,
Edizioni Intra Moenia, Napoli 2003]

L'attivista per i diritti umani delle donne Rebiya Kadeer e' stata
rilasciata il 17 marzo da una prigione cinese per "ragioni di salute".
Kadeer era stata condannata nel 2000 ad 8 anni di reclusione per aver
inviato all'estero articoli ritagliati da quotidiani, cosa che secondo la
sentenza: "metteva in pericolo la sicurezza nazionale".
Secondo Amnesty International, il lavoro di Kadeer e' determinante per i
diritti delle donne in Cina sin dal 1990, quando fondo' il "Movimento di un
migliaio di madri" per promuovere l'occupazione per le donne del suo gruppo
etnico musulmano (Uighur). Kadeer fu anche presente alla Quarta Conferenza
sulle Donne di Pechino nel 1995. Il suo rilascio, che ha avuto grande
impatto in Cina, ha coinciso con la visita ufficiale di Condoleeza Rice a
Pechino.
*
Khadija Mohammed, una ragazza che ha subito mutilazioni genitali nel suo
paese d'origine, la Somalia, sta per ottenere l'asilo in California.
Il 10 marzo il tribunale competente di S. Francisco ha deliberato che le
mutilazioni genitali sono una persecuzione che rende la domanda d'asilo di
una donna immediatamente accoglibile. La Corte ha rigettato le
argomentazioni per cui le mutilazioni genitali non possono essere
considerate persecuzioni, in quanto "largamente accettate e largamente
praticate". All'unanimita' i giudici hanno risposto che "il fatto che una
persecuzione sia largamente praticata non rende meno motivata una singola
domanda d'asilo." La Corte ha anche detto che una donna forzata a sottoporsi
a tali pratiche soffre di "abuso continuato".

2. DOCUMENTI. LETTERA APERTA DI UN GRUPPO DI GIURISTE SULLA LEGGE SULLA
PROCREAZIONE ASSISTITA
[Dal sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it)
riprendiamo il seguente testo diffuso dalle illustri giuriste firmatarie
prima dell'approvazione della legge sulla procreazione assistita, testo le
cui ragionevoli considerazioni non valsero a persuadere la maggioranza
parlamentare a recedere dal varare una legge irrazionale e crudele fino al
sadismo]

Accade.
Dopo le battaglie laiche di un passato non lontano, il femminismo,
l'acquisizione di una diffusa consapevolezza sul diritto
all'autodeterminazione dei singoli individui in materia di vita e salute,
sta per essere definitivamente approvata da un Parlamento costituito per
piu' del novanta per cento da uomini una legge che, violando i principi di
laicita' dello Stato, offende donne e uomini, negandone il diritto a scelte
fondamentali della vita e calpestandone il diritto alla salute, la loro e
quella dei loro figli.
Nel testo di legge, costruito sulla discutibile alternativa tra liberta' e
divieto, la pretesa di dettare una morale di Stato si fa regola, ignorando
cosi' la specificita' della relazione di maternita' e la pluralita' dei
modelli genitoriali e familiari. E incongruenze e insensatezze, in un
susseguirsi di divieti segnato da seri interrogativi di costituzionalita',
disciplinano l'accesso alle tecniche di riproduzione e le loro modalita'.
Ci preoccupa anzitutto enormemente l'affermazione contenuta all'articolo 1,
laddove la legge dichiara di assicurare, nell'applicazione delle tecniche di
procreazione medicalmente assistita, "i diritti di tutti i soggetti
coinvolti, compreso il concepito", cosi' ponendosi in radicale contrasto con
i principi generali del nostro ordinamento che individuano nella nascita la
condizione indispensabile per l'accesso ai diritti.
La grossolana semplificazione con la quale si attribuisce al concepito la
qualita' di soggetto portatore di diritti stravolge il senso e la realta'
della inscindibile relazione tra madre e concepito: si prefigura per norma
la possibile contrapposizione tra i diritti dell'una e i supposti diritti
dell'altro e si risolve il conflitto a favore dell'embrione, ignorando che
nel bilanciamento dei valori in gioco, secondo la Corte Costituzionale "non
esiste equivalenza fra il diritto non solo alla vita ma anche alla salute
proprio di chi e' gia' persona, come la madre, e la salvaguardia
dell'embrione che persona deve ancora diventare". E' proprio questo il
diverso bilanciamento di valori determinato dal legislatore nella legge n.
194 del 1978 sull'interruzione volontaria di gravidanza, ritenuta, sempre
dai giudici costituzionali, legge "a contenuto costituzionalmente vincolato"
e oggetto per questo, neppure tanto velato, del prossimo attacco dello
schieramento che ha prodotto questa legge sulla procreazione assistita. Non
e' fantasioso prevedere effetti dirompenti della nuova soggettivita'
dell'embrione oltre il recinto della procreazione assistita, sulla
disciplina dell'interruzione di gravidanza.
*
Il pericoloso messaggio di tale riduzione della soggettivita' alla biologia
apre la strada a conseguenze irragionevoli e perverse sul piano giuridico,
oltre che simbolico. Esse diventano chiare come la luce nel divieto di
revoca del consenso della donna dopo la fecondazione dell'ovulo, con
conseguente impianto dell'embrione, anche se malato. E' possibile che il
legislatore abbia qui impartito un tipico "ordine impossibile": secondo
l'articolo 32 della Costituzione, secondo comma, nessuno puo' essere
obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di
legge, ma nessuna legge puo' violare i limiti imposti dal rispetto della
persona umana. E' del tutto evidente che questa legge lo fa e non riusciamo
ad immaginare che esistano un giudice e un medico disposti a darle
applicazione. E, tuttavia, il semplice fatto di avere formulato un tale
ordine rivela in modo inequivocabile quale sia la concezione del corpo e
della liberta' femminile di questo legislatore.
*
Al divieto di distruzione e di crioconservazione degli embrioni, stabilito
nella logica di prevenirne una utilizzazione diversa dall'impianto, si
collegano nella stessa legge, oltre al divieto di revoca del consenso
all'impianto:
- Il divieto di produzione di un numero di embrioni superiore a tre e
l'obbligo dell'unico contemporaneo impianto. Per ragioni diverse da quelle
sanitarie, si adotta sulla donna una pratica che ha minori probabilita' di
successo e le si impone un trattamento sanitario non adeguato alle migliori
possibilita' di cui la scienza dispone: il diritto costituzionale alla
salute della donna e' sacrificato per la preoccupazione di non dare vita a
embrioni che non possano essere impiantati;
- Il divieto di accesso alla fecondazione assistita alle coppie non sterili,
ma portatrici di patologie genetiche trasmissibili al concepito. La diagnosi
preimpianto (metodica che utilizza la procedura della fecondazione in
vitro), vietata espressamente dalla legge, non sarebbe utilizzabile per la
preventiva selezione di embrioni sani da trasferire in utero. L'esclusione
della coppia non sterile, portatrice di patologie, si pone in contrasto con
gli articoli 3 e 32 della Costituzione, perche' impedisce l'accesso ad un
trattamento sanitario ad una categoria di persone sulla base esclusivamente
della loro condizione personale di fertilita'.
*
Un'altra sorprendente espressione del "modello unico" di morale confezionato
dal legislatore e' il divieto di accesso alla fecondazione eterologa che,
soli in Europa, vieteremo.
Non ci convince l'unico argomento della "esigenza di garantire al bambino
diritti anche di natura sociale e psicologica" (relazione presentata dalla
Commissione Affari Sociali alla Presidenza della Camera dei deputati il 26
marzo 2003). Sappiamo, infatti, che la condivisa necessita' di garantire al
nato uno status incontrovertibile troverebbe adeguata risposta nella
disciplina dei rapporti tra il nato ed il padre "sociale", vietando il
disconoscimento della paternita' successivamente al consenso dato dal
partner maschile. E sappiamo anche che esistono soddisfacenti soluzioni,
previste in altri paesi, per il bilanciamento tra il diritto all'anonimato
del donatore del seme ed il diritto del nato a conoscere la propria
identita' genetica.
Il divieto ci pare piuttosto ispirato dall'intento di legittimare un'unica
tradizionale forma di famiglia, fondata su legami biologici, negando cosi'
valore ad un diverso modello di coesione familiare fondato sull'assunzione
di responsabilita'.
Il "no" alla fecondazione eterologa, penalizzando pesantemente la coppia in
cui uno dei partner sia sterile o portatore di malattia certamente
trasmissibile, contrasta con i principi fondamentali posti dagli articoli 2
e 3 della Costituzione perche' comporta discriminazione tra coppie, in
relazione alla gravita' dei problemi riproduttivi, e perche' costringe il
partner non sterile a rinunciare alla maternita' o alla paternita'
biologica.
Parimenti discutibili, anche alla luce dello sviluppo del diritto
comunitario, nonche' dell'esperienza giuridica comparata, sono il divieto di
accesso per le persone singole e quello per le coppie omosessuali. Cosi'
pure il divieto per le coppie nelle quali uno dei partner non sia vivente,
ma abbia dato il consenso prima di morire. Anche se tali limitazioni
venissero fatte nell'esclusivo interesse del nascituro, al quale dovrebbe
essere garantita una famiglia " tradizionale", esse sollevano la questione,
non risolvibile sulla base di divieti, di cosa sia la famiglia oggi, e di
cosa essa offra davvero ai figli.
*
Come donne e come giuriste
- siamo consapevoli della indicibilita', sul piano giuridico, della
relazione tra l'embrione - sia fecondato naturalmente che artificialmente -
e la madre, nel cui grembo, comunque, anche l'embrione fecondato in vitro
deve ritornare, e riteniamo insensata e profondamente ingiusta una normativa
che a questa unica, speciale relazione sostituisca il conflitto;
- sappiamo che la definizione di regole attorno alla procreazione non puo'
prescindere dalla condivisione: l'esperienza degli anni in cui l'aborto era
reato dimostra che se la regola posta dallo stato non corrisponde alla
speciale competenza femminile, quella regola sara' disattesa;
- siamo convinte che una regolamentazione rigidamente prescrittiva in questa
materia, non solo sacrifichi diritti fondamentali, ma impedisca anche
riflessione e crescita, individuale e collettiva, da cui soltanto puo'
generarsi la necessaria coscienza del limite nella utilizzazione delle
innovazioni scientifiche e tecnologiche.
Percio' ancora speriamo in un ripensamento di quanti su quel testo di legge
sono, a giorni, chiamati a pronunciarsi. E, comunque, nell'attenta
valutazione di ogni profilo di costituzionalita' all'atto della sua
promulgazione e successivamente ad essa. In ogni caso, non smetteremo di
impegnarci per il principio della laicita' dello Stato e per l'affermazione
dei fondamentali diritti all'autodeterminazione e alla salute di donne e
uomini.
Questa lettera e' aperta ad altre adesioni.
*
Prime firmatarie: Cristina Alessi, Universita' di Brescia; Rosalba Alessi,
Universita' di Palermo; Cristina Amato, Universita' di Brescia; Caterina
Ambrosino, Tribunale di Milano; Silvia Banfi, avvocatessa in Milano; Gianna
Baldoni, avvocatessa in Roma; Elisabetta Bani, Universita' di Pisa; Marzia
Barbera, Universita' di Brescia; Giuseppina Luciana Barreca, Tribunale di
Reggio Calabria; Maria Caterina Baruffi, Universita' di Verona; Alessandra
Bassi, Tribunale di Milano; Donatella Belloni, avvocatessa in Roma; Tatiana
Biagioni, avvocatessa in Milano; Manuela Bonardi, avvocatessa in Monza;
Olivia Bonardi, Universita' di Milano; Barbara Borin, avvocatessa in
Vicenza; Patrizia Borsellino, Universita' dell'Insubria; Nerina Boschiero,
Universita' di Milano; Angela Bossone, praticante in Bologna; Giuditta
Brunelli, Universita' di Ferrara; Silvia Buzzelli, Universita' di Pavia;
Mirella Caffaratti, avvocatessa in Torino; Laura Calafa', Universita' di
Verona; Elisabetta Canevini, Tribunale di Milano; Eva Cantarella,
Universita' di Milano; Maria Rosaria Canzano, avvocatessa in Milano;
Antonella Carbone, avvocatessa in Milano; Sandra Casacci, Tribunale di
Torino; Valentina Castellino, avvocatessa in Torino; Laura Castelvetri,
Universita' dell'Insubria; Alba Chiavassa, Tribunale di Milano;
Mariacristina Cimaglia, Universita' di Roma; Patrizia Comite, avvocatessa in
Milano; Maria Grazia Coppetta, Universita' di Urbino; Cristina Costantini,
avvocatessa in Torino; Laura Curcio, Corte d'Appello di Milano; Marilisa
D'Amico, Universita' dell'Insubria; Barbara De Benedetti, avvocatessa in
Milano; Eugenia Del Balzo, Tribunale di Napoli; Erika Della Pieta';
Alessandra De Curtis, Tribunale di Venezia; Maria Luisa De Margheriti,
Universita' di Pavia; Giovanna Fantini, avvocatessa in Milano; Gilda
Ferrando, Universita' di Genova; Paola Ferrari, avvocatessa in Cernusco sul
Naviglio; Clotilde Fierro, Corte d'Appello di Torino; Nicoletta Gandus,
Tribunale di Milano; Simonetta Gatti, avvocatessa in Brescia; GIUdIT,
Associazione Giuriste d'Italia; Maria Francesca Ghirga, Universita'
dell'Insubria; Donata Gottardi, Universita' di Verona; Bibiana Granata,
avvocatessa in Pavia; Luciana Guaglianone, Universita' di Pavia; Fausta
Guarriello, Universita' di Chieti; Laura Hoesch, avvocatessa in Milano;
Giovanna Ichino, Corte d'Appello di Milano; Bianca La Monica, Tribunale di
Milano; Delia La Rocca, Universita' di Urbino; Nicoletta Lazzarini,
Universita' di Milano Bicocca; Lara Lazzeroni, Universita' di Siena;
Gabriella Leone, Universita' di Bari; Anna Leoni, Consiglio di Stato;
Francesca Limena, Universita' di Padova; Angela Loaldi, avvocatessa in
Milano; Paola Lovati, avvocatessa in Milano; Marina Lucidi, avvocatessa in
Roma; Franca Macchia, Procura di Monza; Francesca Malzani, Universita' di
Brescia; Daniela Manassero, avvocatessa in Milano; Maria Rosaria Marella,
Universita' di Perugia; Manuela Massenz, Tribunale di Milano; Maria Rosaria
Maugeri, Universita' di Catania; Marisa Meli, Universita' di Catania; Lucia
Mella, avvocatessa in Milano; Elena Merlin, Universita' di Milano;
Mariagrazia Monegat, avvocatessa in Milano; Nyranne Moshi, avvocatessa in
Milano; Milena Mottalini, avvocatessa in Milano; Angela Musumeci,
Universita' di Teramo; Maura Nardin, Tribunale di Sassari; Roberta Nunin,
Universita' di Trieste; Claudia Ogriseg, Universita' di Milano; Giuseppa
Palmeri, Universita' di Palermo; Tiziana Paolillo, Tribunale di Tortona;
Silvia Pastorelli, avvocatessa in Brescia; Sara Pedersoli, avvocatessa in
Brescia; Elena Pergolesi, avvocatessa in Milano; Chiara Perini, Universita'
di Milano; Anna Perosino, avvocatessa in Milano; Valeria Pezzoni, praticante
in Brescia; Barbara Pezzini, Universita' di Bergamo; Giuseppina Pisciotta,
avvocatessa in Palermo; Elena Riva Crugnola, Corte d'Appello di Milano;
Bruna Rizzardi Tribunale di Milano; Maria Lucia Rollo, Universita' di Bari;
Claudia Romani, avvocatessa in Bologna; Laura Ronchetti, CNR; Caterina
Rucci, avvocatessa in Milano; Claudia Ruperto, avvocatessa in Perugia; Rita
Sanlorenzo, Tribunale di Torino; Arianna Sbano, Tribunale di Pesaro; Maria
Luisa Serrano, Universita' di Lecce; Stefania Scarponi, Universita' di
Trento; Patrizia Sordellini, avvocatessa in Milano; Tecla Mazzarese,
Universita' di Brescia; Francesca Torelli, Universita' di Venezia; Amelia
Torrice, Corte d'Appello di Roma; Anna Maria Tosto, Corte d'Appello di Bari;
Silvia Tozzoli, Universita' di Pavia; Lina Trovato, Corte d'Appello di
Catania; Maria Luisa Vallauri, Universita' di Firenze; Maria Carmela Venuti,
Universita' di Palermo; Tiziana Vettor, Universita' di Milano Bicocca; Alida
Vitale, avvocatessa in Torino; Loredana Zappala', Universita' di Catania;
Francesca Zucchelli, avvocatessa in Monza.

3. RIFLESSIONE. TIZIANA VETTOR: INDICIBILE ALLA LEGGE
[Dal sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it)
riprendiamo questo testo (estratto dalla rivista on-line della Comunita'
filosofica femminile Diotima, "Per amore del mondo") redatto all'indomani
dell'approvazione della legge e prima che si svolgesse l'iter per il
pronunciamento referendario la cui realizzazione e' ormai prossima. Tiziana
Vettor e' docente di diritto del lavoro all'Universita' di Milano Bicocca]

Brevi note al documento/appello di un gruppo di giuriste contro la legge
sulla procreazione medicalmente assistita.
Molte contrarie autorevoli opinioni hanno accompagnato l'iter parlamentare
di approvazione della legge sulla fecondazione medicalmente assistita. Ad
esempio quelle espresse nell'appello di un numero rilevante di giuriste
(accademiche, giudici, avvocate) - me inclusa - e interamente pubblicato da
"l'Unita'" il 10 febbraio scorso.
Proprio di questo appello vorrei parlare. Per tutto quello che di importante
in esso si dice, ben oltre il piano dell'analisi giuridica, che pure
contiene, in funzione di critica alla legge.
Perno della riflessione contenuta nel documento (almeno per come io l'ho
inteso, avendolo solo sottoscritto e non redatto) e' che in merito a scelte
che attengono al corpo, la sessualita' dei singoli e delle singole, sia da
escludere un intervento statuale. Il documento, in proposito, parla di una
"indicibilita' sul piano giuridico" e, in particolare, di una indicibilita'
sul piano della speciale relazione tra l'embrione e la madre, nel cui
grembo, anche l'embrione fecondato artificialmente, deve comunque tornare.
La legge sulla procreazione medicalmente assistita e', infatti, fortemente
criticabile non solo per alcuni particolari contenuti - ad esempio, perche'
vieta la fecondazione eterologa - ma anche perche' essa vuole disporre di
una sfera ritenuta intangibile alla legge. Con cio' intendo dire che -
stando ancora all'esempio fatto - anche un provvedimento legislativo meno
restrittivo, meno conformista in merito ai modelli genitoriali non sarebbe
valso a garantire la liberta' dei soggetti. La liberta' non e' un diritto,
ne' tantomeno e' progressiva. Per questo credo il legislatore avrebbe fatto
meglio, semmai, a realizzare un intervento rivolto ai soli profili sanitari
in funzione di un sostegno alla maternita'.
Ad un approccio, in punto di regolamentazione, leggero o mite sui temi dei
quali stiamo discutendo, il legislatore ha, invece, preferito una
legislazione basata su un sistema di complessi e, cio' che e' peggio,
illegittimi, gia' sul piano costituzionale, divieti.
Perche' questo e' accaduto? Perche' il legislatore ha potuto disconoscere
cosi' elementari principi e diritti, ad esempio quello - come viene
giustamente ricordato dalle giuriste - all'autodeterminazione di donne e
uomini in materia di vita, approvando una legge da molti e molte definita
"orribile"?
Il documento, come gia' in altre sedi e da altre e' stato detto, individua
una precisa responsabilita' da parte maschile laddove esso richiama,
nell'incipit, la composizione numerica del Parlamento, che, come si sa,
risulta formato da un'esigua minoranza di donne.
Essa quindi rifletterebbe un conflitto tra i sessi tutto giocato nel
tentativo di una riaffermazione da parte maschile di un controllo sulla
sessualita' e sulla procreazione. Controllo che e' evidentemente sfuggito
agli uomini. Questa legge, sembrerebbe, in altri termini, espressione di
quello che le femministe americane chiamerebbero backlash (contrattacco
degli uomini, in questo caso, alla legittimazione che le donne si sono date
di tenere disgiunte sessualita' e procreazione).
*
A fianco a questa spiegazione ve ne sono pero' altre e, innanzitutto, quella
che vede in questa nuova legge uno specchio - si potrebbe dire - di una
"mania legislativa": lo specchio dell'affermazione del principio del primato
della legge quale strumento necessario alla mediazione sociale degli
interessi contrapposti. Questo e' un aspetto del problema che, tuttavia, non
coinvolge solo gli uomini. Ed infatti, per alcune donne, in particolare
quelle che fanno politica nei luoghi istituzionali (non solo, quindi, in
Parlamento, ma nei partiti, nel sindacato, etc.), la legge assume il valore
di un irrinunciabile dispositivo simbolico. Cosi' si spiega il perche'
questa legge e' stata votata (anche) da alcune donne, nonche' si spiega il
perche', sempre per iniziativa di alcune donne, nel precedente governo di
centro sinistra, si voleva porre mano ad una regolamentazione sul tema della
procreazione assistita.
L'approvazione di questa legge sembrerebbe allora far supporre che per il
nostro Parlamento il movimento delle donne, il femminismo, non sia mai
esistito o che di esso, in chi e' venuto dopo, non vi sia piu' traccia. E,
invece, c'e' stato, e quello che e' piu' rilevante, e' che esso ha impresso
nella societa' - non solo italiana - svolte e cambiamenti rilevantissimi e
irreversibili, coinvolgendo anche il modo stesso di teorizzare il diritto, o
meglio, il modo cui ad esso si guarda - nel momento in cui lo si studia -
quando e' in gioco la differenza sessuale.
Questo, infatti, dice il documento, innervato, come e', dagli importanti
risultati teorici collegati all'esperienza del femminismo e sulla quale si
sono ritrovate in molte giuriste, di diversa provenienza politica, di
diverse eta'. Basti pensare a quanto e' stato elaborato in Italia dal
femminismo della "differenza sessuale": la critica alla pretesa
universalita' del diritto, la creazione di una prospettiva teorica che porta
in primo piano la centralita' delle pratiche politiche tra donne. Si e'
suggerita, a tal proposito, l'espressione "sopra la legge", appunto per
significare un "luogo" di rapporti e di pratiche che precede e supera
l'ordine della norma. E si e' anche detto "una politica delle donne che
faccia primario riferimento a questo luogo sopra la legge non si preoccupa
di varare nuove leggi o di modificare quelle esistenti per includervi la
differenza femminile: essa si concentra sulla produzione di senso, di
simbolico, piu' che sulle regole, e cerca non di riempire ancora di piu' il
diritto ma, al contrario, di aprire dei vuoti, dei varchi in cui possa farsi
spazio il senso libero della differenza femminile con la sua forza,
affermata fuori e prima del riconoscimento della legge" (cfr. Lia Cigarini).
Una posizione, questa, che demistifica la tradizionale aura di sacralita'
della legge e delle sue funzioni, che sottrae importanza alla potenza
mediatrice della regola giuridica, a tutto vantaggio del primato delle
relazioni, e, in primis, quella con la madre.
*
Questa legge apre oggi un'altra domanda: ora che essa e' stata approvata,
che fare?
Le strade su cui si sta orientando il dibattito vedono due possibili
soluzioni: promuovere un referendum abrogativo; oppure operare sul fronte
dell'eccezione di incostituzionalita'. Numerosi sono infatti i profili di
illegittimita' costituzionale contenuti nella legge, in particolare rispetto
agli artt. 2, 3, 32 Cost. come spiega il documento.
Ma mentre su questa seconda proposta mi trovo d'accordo, la strada del
referendum, suscita, in me come in molte altre, forti perplessita'. Cio'
perche' credo, oltre alle considerazioni critiche che sono gia' state fatte
(cfr. Milli Virgilio), che sia ormai del tutto riscontrabile una diffusa
irritazione circa l'uso dello strumento referendario. Per non dire, poi, di
un'opinione pubblica che, non solo su questo rilevante tema, pare del tutto
frastornata dal disordine informativo dei media.
Ma c'e' un punto piu' sostanziale che mi spinge a guardare con disfavore
alla proposta referendaria: essa e' un altro modo per ribadire il primato
della legge, la sua centralita' rispetto ad aspetti che, invece, rinviano
alla competenza materna. E, infatti, ben dice il documento quando ricorda
l'esperienza degli anni in cui l'aborto era ancora reato: essa "dimostra che
se la regola posta dallo stato non corrisponde alla speciale competenza
femminile, quella regola sara' disattesa". Ed e' proprio cosi',
semplicemente.
*
Bibliografia essenziale
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manifesto", 13 giugno 2002.
- Boccia, Maria Luisa, Maternita' di stato, "la Rivista del manifesto", n.
46/2002.
- Buffo, Gloria, Prestigiacomo, ministra senza responsabilita', "l'Unita'",
13 febbraio 2004.
- Casadio, Giovanna, Fecondazione, si' alla legge, "la Repubblica", 11
febbraio 2004.
- Casadio, Giovanna, Fecondazione, ultimo appello, "la Repubblica", 8
febbraio 2004.
- Chiaromonte, Franca, Non e' un diritto, non sia un divieto, "Il Foglio", 3
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- Cigarini, Lia, La politica del desiderio, Parma, Pratiche, 1995.
- Dominijanni, Ida, Relazione a Giudit,
http://giudit.it/documentiline/13-maggio-Dominijanni.htm
- Dominijanni, Ida, Scienza e coscienza, "il manifesto", 11 dicembre 2002.
- Ferrajoli, L., La questione dell'embrione tra diritto e morale, in
"Politeia", n. 65/2002.
- Flamini, C., Fecondazione, la legge dell'ingiustizia, "l'Unita'", 10
febbraio 2004.
- Giorgi, Stefania, Due strade per fermare la legge, "il manifesto", 11
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- Jourdan, Clara, Amare e' anche adottare un ovulo, "l'Unita'", 17 gennaio
2004.
- Minda, G., Teorie postmoderne del diritto, Bologna, il Mulino, 2002.
- Muccio, G., Eccezioni di illegittimita' costituzionale del ddl 1514 sul
concepimento assistito,
www.sgscafati.it/eccezioni_incostituzionalita_nuo.htm
- Pitch, Tamar, Un diritto per due, Milano, il Saggiatore, 1998.
- Sartori Diana, Giuris-prudenza, in Buttarelli A., Muraro L., Rampello L.,
Duemilaeuna. Donne che cambiano l'Italia, Piacenza, Pratiche Editrice, 2000.
- Un dibattito che non c'e' stato, "Il Foglio", 13 dicembre 2003.
- Vantaggiato, Iaia, Fecondazione proibita, "il manifesto", 11 febbraio
2004.
- Virgilio, Milli, La via stretta del referendum, "il manifesto", 22 gennaio
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- Wolgast, Elisabeth, La grammatica della giustizia, Roma, Editori Riuniti,
1991.

4. RIFLESSIONE. CHIARA ZAMBONI: UNA CULLA DI PAROLE PER CHI VIENE AL MONDO
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 19 marzo 2005. Chiara Zamboni e' docente
di filosofia del linguaggio all'Universita' di Verona, partecipa alla
comunita' filosofica femminile di "Diotima". Tra le opere di Chiara Zamboni:
Favole e immagini della matematica, Adriatica, 1984; Interrogando la cosa.
Riflessioni a partire da Martin Heidegger e Simone Weil, IPL, 1993; L'azione
perfetta, Centro Virginia Woolf, Roma 1994; La filosofia donna, Demetra,
Colognola ai Colli (Vr) 1997]

In un articolo che legava la riproduzione artificiale alle forme oggi della
guerra, Stefania Giorgi affrontava in modo molto fine alcune questioni che
riguardano l'immaginario maschile attorno alla procreazione assistita e
l'uso delle tecnologie riproduttive all'interno di un conflitto piu' o meno
sotterraneo nei confronti delle donne. Mi riferisco a Nascere all'inferno
("Il manifesto" di martedi' 8 marzo [riprodotto ne "La domenica della
nonviolenza" n. 12]).
Vorrei continuare a riflettere su questo, parlando dell'ossessione fobica di
coloro che hanno scritto la legge sulla riproduzione assistita, quando hanno
definito l'embrione come un individuo portatore di diritto. L'embrione: un
ovulo appena fecondato. Cio' ha creato inconsapevolmente una situazione che
ha del grottesco. Un ovulo appena fecondato come soggetto di diritto: sembra
di essere catapultati al di la' dello specchio di Alice, dove le cose sono
viste al contrario. Se ti allontani ti avvicini, se per il formarsi della
soggettivita' occorre stare in un cammino di scambio relazionale che
richiede tempo, qui essa e' posta a priori. "Era li' dagli inizi. In
solitudine divina". E come in Alice nel paese delle meraviglie tutto dipende
da come si definiscono le cose. Cosi' la legge, con la sua capacita' di
nominare, modifica fantasticamente il gioco.
Paradossi creati dal linguaggio, soprattutto a fronte di un dibattito
seriosissimo che ha giustificato questa definizione con le gravi necessita'
legate alla eredita' e ai passaggi di proprieta', che invece, definendo
l'ovulo appena fecondato individuo portatore di diritto, si
semplificherebbero. Sembra di essere all'interno del mondo reso visibile dai
quadri di Bosch: pezzi di corpo che si muovono per conto loro accanto a
embrioni mostruosi, che cavalcano uomini della legge pretendendo diritti di
proprieta' su case, vigneti, capannoni. L'io non si e' costituito. Siamo in
piena psicosi.
Dietro al grottesco o attraverso di esso insiste l'ossessione fobica che in
questa legge fa dell'ovulo fecondato un portatore di diritto
indipendentemente dal legame con la madre. La paura nasce da li',
dall'oscurita' di questo legame, forse percio', del resto, tanto celebrato
dagli uomini. Ed e' questo legame che la legge taglia di netto.
*
Piera Aulagnier parla in La violence de l'interpretation, in base alla sua
esperienza di psicoanalista, di quanto siano fondamentali le parole che le
madri trovano per raffigurarsi la bambina o il bambino che nascera'. Non si
immaginano un feto ma una creatura che sara' cosi' e cosi'. Sono
fantasticherie, sogni a occhi aperti, immagini, che le orientano verso chi
verra'. Questo crea una culla di parole per chi viene al mondo. Una culla
simbolica. La singolarita' della piccola o del piccolo e' immaginata e
protetta da questo tessuto di sogni e parole. Ha cosi' un luogo simbolico
che poi nella relazione con la madre potra' essere trasformato, ma a partire
dalla ricchezza di averlo.
Questo non avviene quando una donna non immagina aiutandosi con le parole la
singolarita' dell'altro che porta con se' e pensa il feto solo come feto,
come grumo di carne in divenire, come appendice del proprio corpo.
La legge taglia il legame simbolico tra la madre e chi sta per venire al
mondo. Si sostituisce al sistema di significazione materna che fa di chi sta
per nascere una singolarita', un io a tutti gli effetti per la mediazione
della culla di parole.
*
Vi si sostituisce non casualmente. Perche' il legame tra una madre e chi
nascera' e' un legame in parte velato. Non puo' essere portato alla
visibilita' della pura trasparenza.
Barbara Duden, in Corpo della donna come luogo pubblico, ha mostrato come le
tecnologie mediche, con le migliori intenzioni, abbiano comunque avuto
l'effetto di portare a visibilita' il feto nella madre, facendo di questa un
oggetto agli occhi di tutti, alla lettera trasparente. E tuttavia questa
operazione non puo' essere applicata a quel legame simbolico che la madre
intreccia con chi sta per venire al mondo attraverso parole, sogni,
fantasticherie. L'ecografia non puo' portare a visibilita' il desiderio che
provoca parole, immagini, legami fortissimi. Non puo' farlo rispetto al
corpo inconscio, inscritto di parole, non riducibile a corpo oggettivabile.
In cio' c'e' qualcosa di invisibile e gia' dell'ordine simbolico.
E' forse questo a risultare tanto intollerabile per un uomo, che ne puo'
essere partecipe solo se una donna lo ammette a condividere questa
esperienza con lei? Comunque, nella legge della procreazione assistita, dato
che questo oscuro non puo' essere reso pubblico, e quindi controllabile,
viene semplicemente negato. Il diritto puo' disegnare uno spazio, dove
questo non esista.
*
Che qualcosa di oscuro, di non risolvibile nella trasparenza, ci sia nel
legame materno e' qualcosa di cui sono consapevoli anche le donne. Sia che
partecipino di questa esperienza direttamente sia che ne conoscano la
possibilita'. Ma questo viene avvertito piu' come una condizione da vivere -
con tutta una gamma di sentimenti che va dalla gioia all'angoscia - che come
una situazione da controllare.
I rapporti tra gli uomini e le donne variano nel tempo. Ci sono patti non
detti ma avvertibili che si costituiscono su dei punti chiave e si sciolgono
per atti ben precisi. Gli uomini che hanno attribuito all'ovulo appena
fecondato la posizione di individuo separato, portatore di diritto, sono
entrati in conflitto con il legame simbolico che le donne hanno con chi
nasce. Io credo che da parte maschile ci sia soprattutto il bisogno di
arginare l'angoscia che l'oscuro di questo legame materno provoca. C'e'
forse anche la paura di fronte a parti del reale che rimangono segrete e li
obbliga in una condizione di passivita'. E' questo che li porta ad agire e
controllare?
Se proprio i legislatori vogliono regolare questa situazione, potrebbero
fare riferimento ad altre forme di diritto, non fondate sull'individuo, ma
sulla relazione tra soggetti. In questo caso una relazione asimmetrica, dove
e' in gioco la dipendenza del nascituro da una madre, che ha iniziato ad
essere tale non per natura, ma quando ha incominciato a immaginare il
piccolo o la piccola a venire nella sua irripetibile singolarita'.
*
Se poi, oltre a tutto questo, il riconoscere l'ovulo appena fecondato come
portatore di diritto individuale e' stato un atto per ostacolare la
manipolazione genetica degli embrioni, allora tutti noi siamo posti di
fronte a un altro problema. E' la grande questione epocale dei limiti della
scienza, che non vanno affrontati con le armi del diritto, ma discussi
assieme agli scienziati, che sono coinvolti come gli altri nel vivere
comune. Basta ricordare gli esperimenti per l'energia atomica quali effetti
disastrosi abbiano avuto alla lunga di fronte ai pochi positivi. E in questo
momento la manipolazione genetica sugli embrioni puo' sfuggire di mano anche
ai meglio intenzionati.

5. MAESTRE. GEREMIA CATTRISTI: DIECI PAROLE E DIECI VOLTI ANCORA
[Da "La nonviolenza e' in cammino" n. 625]

Olympe de Gouges, o la forza della verita'

Credette Olympe che la rivoluzione
fosse fatta per liberare tutti
- e dunque tutte -
e fosse fatta perche' le uccisioni
cessassero - ed a tutti
e tutte fosse la vita fatta salva.

Tratta al patibolo perche' affermava
sia l'uguaglianza che la differenza
tratta al patibolo perche' affermava
che e' delitto uccidere, e demenza.
*
Saffo, o della coscienza

Fu prima lei, nel corso della storia,
a educare alla nonviolenza
nitida e forte avendone coscienza.
E tu serbane grata la memoria.
*
Margarete Buber Neumann, o dell'amore

Essere stata tedesca quando la Germania
era il cuore e il vulcano dell'Europa
aver potuto chiamare signor padre
il grande Martin Buber, esser stata
subito e sempre contro il fascismo.

E nel partito e nel paese dei soviet
aver scoperto il fascismo dei maschi,
il fascismo di Stalin, il fascismo
degli apparati e dell'ideologia.

Poi il gulag, poi la consegna
ai nazisti ed il lager. E nel lager
resistere ancora, incontrarvi Milena.

Poi sopravvissuta e tornata dal ponte
dei corvi la lotta continuare ancora
per far memoria degli assassinati
e ancora e ancora per la verita'.

Contrastare le menzogne
affermare il buono e il giusto
continuare ad amare le persone.

Anche dei morti salvare la vita, la verita'
ultima. Mai
pronunciare la parola vile.
*
Bessie Smith, o della festa

Tenere nei polmoni e nella gola
del mondo tutta l'infelicita'
sapendo poi restituirne in canto
quanto ci unisce e trasformarlo in gioia.
*
Laura Conti, o della sobrieta'

Era ragazza ancora quando i nazi
calarono in Italia e necessario
fu scegliere e lei scelse di lottare
per l'umanita'.

Medico fu, perche' salvare vite
e' cosa buona, e per salvare vite
nel movimento fu anche lei operaio
per l'umanita'.

Capi' tra i primi i rischi per l'ambiente
se tutto il capitale surdetermina,
scienziata e militante per l'ambiente
e per l'umanita' sempre lotto'.
*
Luce d'Eramo, o della giustizia

Sempre scelse la strada piu' difficile.
Lei figlia di gerarca fu nel lager
per aver scelto la parte degli oppressi
per aver scelto la via della giustizia.

Sempre scelse la strada piu' difficile.
Della lucidita' che nel dolore
soffre di piu' e piu' se ne raffina
per aprir vie alla liberazione.

Sempre afferrarsi amo' alla verita'.

E questo agire chiamo nonviolenza.
*
Bertha von Suttner, o della liberazione

Che cosa resta di lei?
Ma la vera domanda e': perche'
a milioni, a miliardi si danno gli umani la morte?

E la vera risposta e' ancora quella
che diede allora la saggia e gentile:
giu' le armi.

E' il disarmo la scelta necessaria
per aprire la necessaria via.
*
Ruth First, o del potere di tutti

Convincerla  a piantarla di pensare, di parlare, di opporsi al razzismo
non era possibile.
Cosi' la spensero con un pacco bomba
un pomeriggio dell'ottantadue.

Era stato spedito quel pacco molti anni
prima, era l'anno sessantatre, fu allora
che non bastando quei centodiciassette
giorni di carcere il regime razzista
spedi' quel pacco che vent'anni dopo
la raggiunse a Maputo. Le poste
sudafricane erano forse lente
ma inesorabili. Lei
non aveva cessato un solo giorno
di lottare contro l'apartheid
di costruire il potere di tutti
di resistere ad ogni razzismo.

Non era possibile farla tacere
cosi' la spensero con un pacco bomba.
Ma ancora lotta, ancora parla, ancora pensa
Ruth ogni volta che qualcuno ovunque
nel mondo si ribella alla menzogna
alla violenza all'ingiustizia all'odio
ogni volta che ovunque qualcuno
afferma il potere di tutti, l'umanita' comune,
li' Ruth First e' stata ascoltata
e quindi il pacco bomba non riusci'
a raggiungere l'intento, nel tragitto
si perse, e Ruth First l'assassinata
e' ancora qui, ed e' invece crollato
il regime che pensava di annientarla.
*
Joyce Lussu, o della bellezza

Era cosi' temeraria
che la sua vita sembra un unico gettarsi
nella mischia infinita contro il fascismo.
Un tuffo senza respiro
per il pane, per la pace, per la terra:
una terra in cui vivere sia cosa
degna, sia cosa bella.

E insieme amava il racconto e le parole
che vengono da lontano, tradusse
poesie, che e' come dire
che seppe ascoltare, meditare, contemplare,
e anche cosi' dar mano a coltivare
una terra, edificare un mondo
in cui vivere sia cosa degna, sia
cosa bella.
*
Maria Montessori, o della persuasione

Capire che la pace li' comincia:
dall'accoglienza fatta ai bambini.

E costruire un mondo in cui bambini
e adulti infine possano convivere.

Non piu' stranieri, non piu' abbandonati,
non piu' nemici, non piu' aggressori,
ma una umanita' riconoscente.

6. EMOZIONI. MONICA LANFRANCO: LA PRIMA DONNA IMAM
[Ringraziamo Monica Lanfranco (per contatti: e-mail: mochena at tn.village.it;
sito: www.mareaonline.it e anche www.mareaonline.it/lanfranco) per averci
messo a disposizione come anticipazione questo suo articolo che apparira'
sulla rivista "Carta". Monica Lanfranco, giornalista professionista, nata a
Genova il 19 marzo 1959, vive a Genova; collabora con le testate delle donne
"DWpress" e "Il paese delle donne"; ha fondato il trimestrale "Marea";
dirige il semestrale di formazione e cultura "IT - Interpretazioni
tendenziose"; dal 1988 al 1994 ha curato l'Agendaottomarzo, libro/agenda che
veniva accluso in edicola con il quotidiano "l'Unita'"; collabora con il
quotidiano "Liberazione", i mensili "Il Gambero Rosso" e "Cucina e Salute";
e'' socia fondatrice della societa' di formazione Chance. Nel 1988 ha
scritto per l'editore PromoA Donne di sport; nel 1994 ha scritto per
l'editore Solfanelli Parole per giovani donne - 18 femministe parlano alle
ragazze d'oggi, ristampato in due edizioni. Per Solfanelli cura una collana
di autrici di fantasy e fantascienza. Ha curato dal 1990 al 1996 l'ufficio
stampa per il network europeo di donne "Women in decision making". Nel 1995
ha curato il libro Valvarenna: nonne madri figlie: un matriarcato imperfetto
nelle foto di fine secolo (Microarts). Nel 1996 ha scritto con Silvia
Neonato, Lotte da orbi: 1970 una rivolta (Erga): si tratta del primo testo
di storia sociale e politica scritto anche in braille e disponibile in
floppy disk utilizzabile anche dai non vedenti e rintracciabile anche in
Internet. Nel 1996 ha scritto Storie di nascita: il segreto della
partoriente (La Clessidra). E' stato pubblicato recentemente il suo libro,
scritto insieme a Maria G. Di Rienzo, Donne disarmanti, Intra Moenia, Napoli
2003. Cura e conduce corsi di formazione per gruppi di donne strutturati
(politici, sindacali, scolastici) sulla storia del movimento delle donne e
sulla comunicazione]

Quando l'ho vista, alla televisione, ho provato una forte emozione: non solo
era la prima donna imam a guidare una cerimonia religiosa musulmana, ma
dietro a lei stavano in preghiera altre donne, uomini e intere famiglie. Una
rivoluzione, a detta di tutti i commenti, una spallata al pensiero
teocratico, una ventata irreversibile di illuminismo che segnerebbe un
clamoroso e poderoso incipit di quel processo di rinnovamento e di
accensione della conflittualita', fin qui violentemente negata, dentro alla
visione fondamentalista del totalitarismo religioso islamico.
Rivoluzione doppiamente simbolica, e' stata scritto, perche' non solo di
imam donna si tratta ma di imam donna in prima assoluta proprio negli Stati
Uniti, la terra vittima del terrorismo dell'11 settembre, la terra mandante
della guerra "per la liberta' contro il terrorismo".
Amina Wadum, afroamericana, docente di islamistica alla Virginia
Commonwealth University si e' spinta nella sua prima cerimonia pubblica
persino piu' in la' dell'irriverente slogan, coniato con il beneplacito
simpatizzante della teologia femminista cattolica occidentale, secondo il
quale "Dio e' piu' madre che padre". Ha affermato che, essendo Allah non
creato questi non puo' essere sottomesso, o limitato, da caratteristiche
umane quali il genere maschile, femminile o neutro, e che quindi puo' essere
sia "lui", che "lei" che "esso" per chi prega, a piacere. C'e' di che
stupirsi, commuoversi, complimentarsi, sperare che in questo caso la
velocita' spesso aggressiva alla quale il fenomeno economico e politico
della globalizzazione ci ha abituato sia invece vantaggiosa nell'imprimere
slancio all'ottima epidemia virtuosa, che veda sempre piu' donne prendere
parola nelle moschee, anche e soprattutto come imam.
Ma c'e' un pero', scomodo, scivoloso, che, dopo la prima ondata di
commozione ha lasciato il posto all'apprensione e al dubbio, gettando ombre
sull'evento, che vorrei condividere con chi mi legge. Sempre, in ogni caso,
si parla di rivoluzione quando una donna, o un gruppo di esse, infrangono
con la loro presenza autorevole i limiti fin li' sessisti di istituzioni
fondanti della nostra societa': e' successo per la prima donna in polizia,
nelle forze armate, nel caso delle pastore valdesi. Nel momento in cui si
infrange con la presenza fisica un tabu' che ha costruito il simbolico e le
derivanti concrete leggi e visioni nell'assenza femminile di certo si compie
un passo importante. Eppure, oggi, questo non mi basta piu'. Nel caso, per
esempio, della "democratizzazione" delle forze armate ho presagito il
pericolo che poi si e' materializzato nelle immagini delle inquietanti, e
non nuove alla storia, dominatrici di Abu Ghraib: siccome gli uomini hanno
fin qui gestito anche la violenza istituzionale ora le donne devono essere
le benvenute in questo sistema dell'orrore, e si deve chiamare questo
processo azione di pari opportunita'? Non  per chi vuole un altro mondo, e
un altro modo di dargli senso, penso.
Se, per ipotesi, questa o un'altra imam futura approvera' l'interpretazione
della legge coranica che vede la donna sottomessa all'uomo, come purtroppo
e' accaduto nel caso del parlamento afgano, dove le poche donne presenti
hanno benedetto l'introduzione della legge coranica, se dunque la sua parola
sara' fotocopia di quella del pensiero dominante allora sara', come accade
in ogni luogo del mondo quando le donne sono cooptate nei sistemi
omogeneizzanti del potere, l'ennesima portatrice di consenso al pensiero
unico. Che Allah, la misericordiosa, illumini Amina e la rafforzi nella sua
differenza e nella sua volonta' di divergere come donna da chi, gia' oggi,
la vuole morta solo perche' osa predicare.

7. LETTURE. ELENA BUCCOLIERO, MARCO MAGGI, BULLISMO, BULLISMI
Elena Buccoliero, Marco Maggi, Bullismo, bullismi. Le prepotenze in
adolescenza dall'analisi dei casi agli strumenti d'intervento, Franco
Angeli, Milano 2005, pp. 352 + cd allegato, euro 30. Un utile strumento di
lavoro per docenti, educatori, formatori, psicoterapeuti, operatori sociali
e sanitari, genitori, ma anche giovani e studenti, e tutti coloro che
desiderano comprendere e contrastare il fenomeno del bullismo. Oltre ad
Elena Buccoliero e Marco Maggi hanno collaborato all'opera Nadia Bertolotti,
Alberto Genziani, Luca Pietrantoni, Elisabetta Saviotti.

8. LETTURE. PHYLLIS CHESLER: DONNA CONTRO DONNA
Phyllis Chesler, Donna contro donna, Mondadori, Milano 2003, 2004, pp. XXXIV
+ 356, euro 9,40. Un libro acuto e appassionante della grande intellettuale
femminista americana.

9. LETTURE. FRANCOISE DOLTO: ADOLESCENZA
Francoise Dolto, Adolescenza, Mondadori, Milano 1990, 2005, pp. XVI + 270,
euro 8,40. L'illustre studiosa parigina (1908-1988), una delle grandi figure
della psicoanalisi infantile e della cultura del XX secolo, con questo
colloquio ancora una volta ci fa un dono grande. Eccellente, come sempre,
anche l'introduzione di Silvia Vegetti Finzi, con la consueta lucidita' di
pensiero, chiarezza di espressione, limpidezza e profondita' di stile.

10. LETTURE. ANNA SALVO: PERVERSIONI AL FEMMINILE
Anna Salvo, Perversioni al femminile, Mondadori, Milano 1997, 1998, pp. 240,
lire 14.000. Con misura e finezza, in rigore e nitore, l'apprezzata
psicoanalista, docente e saggista, indaga sentimenti e condizioni, patimenti
e inquietudini, convocando nella sua riflessione il portato di esperienze
cliniche e le suggestioni di grandi opere di poesia, intrecciando
meditazione e cura, relazione di aiuto e ricerca disvelatrice.

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NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE
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Supplemento settimanale del giovedi' de "La nonviolenza e' in cammino"
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it
Numero 4 del 24 marzo 2005