La nonviolenza e' in cammino. 859



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 859 del 5 marzo 2005

Sommario di questo numero:
1. Peppe Sini: Nicola Calipari, uno di noi
2. Giuliana e' libera
3. Enrico Peyretti: L'introduzione di "Dov'e' la vittoria?"
4. Per una bibliografia sulla Shoah (parte trentacinquesima)
5. Ida Dominijanni: Quella mediazione
6. Zelie Pollon: Veli e liberta'
7. Un'intervista a Olena Suslova
8. Il ritorno del Criticone: Sull'assenza in Italia di un movimento per la
pace
9. La "Carta" del Movimento Nonviolento
10. Per saperne di piu'

1. EDITORIALE. PEPPE SINI: NICOLA CALIPARI, UNO DI NOI
Scrivo queste righe quando ancora giungono drammatiche e confuse le notizie
dall'Iraq su quanto e' avvenuto dopo la liberazione di Giuliana Sgrena.
"Una di noi" e' stato il motto che in questo mese ha accompagnato l'ansia di
tante e tanti per la vita di Giuliana.
Uno di noi e' anche il funzionario che le ha salvato due volte la vita, la
seconda volta perdendo la propria.
Nicola Calipari, uno di noi, ucciso dalla guerra, dalla guerra che e' il
trionfo del terrorismo, il piu' grande dei terrorismi, di terrorismo
generatrice.
Ogni vittima ha il volto di Abele.

2. EDITORIALE. GIULIANA E' LIBERA
[Giuliana Sgrena, intellettuale e militante femminista e pacifista tra le
piu' prestigiose, e' tra le maggiori conoscitrici italiane dei paesi e delle
culture arabe e islamiche; autrice di vari testi di grande importanza (tra
cui: a cura di, La schiavitu' del velo, Manifestolibri, Roma 1995, 1999;
Kahina contro i califfi, Datanews, Roma 1997; Alla scuola dei taleban,
Manifestolibri, Roma 2002; Il fronte Iraq, Manifestolibri, Roma 2004); e'
stata inviata del "Manifesto" a Baghdad, sotto le bombe, durante la fase
piu' ferocemente stragista della guerra tuttora in corso. A Baghdad e' stata
rapita il 4 febbraio 2005; e' stata liberata il 4 marzo. Dal sito del
quotidiano "Il manifesto" riprendiamo, con minime modifiche, la seguente
scheda: "Nata a Masera, in provincia di Verbania, il 20 dicembre del 1948,
Giuliana ha studiato a Milano. Nei primi anni '80 lavora a 'Pace e guerra',
la rivista diretta da Michelangelo Notarianni. Al 'Manifesto' dal 1988, ha
sempre lavorato nella redazione esteri: appassionata del mondo arabo,
conosce bene il Corno d'Africa, il Medioriente e il Maghreb. Ha raccontato
la guerra in Afghanistan, e poi le tappe del conflitto in Iraq: era a
Baghdad durante i bombardamenti (per questo e' tra le giornaliste nominate
'cavaliere del lavoro'), e ci e' tornata piu' volte dopo, cercando prima di
tutto di raccontare la vita quotidiana degli iracheni e documentando con
professionalita' le violenze causate dall'occupazione di quel paese.
Continua ad affiancare al giornalismo un impegno anche politico: e' tra le
fondatrici del movimento per la pace negli anni '80: c'era anche lei a
parlare dal palco della prima manifestazione del movimento pacifista"]

Giuliana Sgrena e' stata liberata. Quale sconfinata gioia.
Florence Aubenas, e l'intero popolo iracheno, ancora no. Quale sconfinata
angoscia.
Cosi' tanto ancora vi e' da fare, ma una cosa cosi' bella e' pur accaduta.
Una si' bella cosa e' accaduta quindi, ma cosi' tanto e' ancora da fare.
Orsu'.
*
Una persona e' stata salvata. Un'altra ha perso la vita.
La felicita' per la vita salvata si mescola al dolore per la vita persa.
Quante persone dovranno ancora morire?
Quanto sangue ancora dovra' scorrere prima che si spezzino tutte le armi, si
riconosca che una e' l'umanita'?

3. LIBRI. ENRICO PEYRETTI: L'INTRODUZIONE DI "DOV'E' LA VITTORIA?"
[Ringraziamo di cuore Enrico Peyretti (per contatti: e.pey at libero.it) per
averci messo a disposizione l'introduzione del suo recentissimo libro Dov'e'
la vittoria?, Il segno dei Gabrielli, Negarine (Verona) 2005 (per richieste:
e-mail: scrivimi at gabriellieditori.it, sito: www.gabriellieditori.it). Enrico
Peyretti e' uno dei principali collaboratori di questo foglio, ed uno dei
maestri piu' nitidi della cultura e dell'impegno di pace e di nonviolenza.
Tra le sue opere: (a cura di), Al di la' del "non uccidere", Cens, Liscate
1989; Dall'albero dei giorni, Servitium, Sotto il Monte 1998; La politica e'
pace, Cittadella, Assisi 1998; Per perdere la guerra, Beppe Grande, Torino
1999; Dov'e' la vittoria?, Il segno dei Gabrielli, Negarine (Verona) 2005;
e' disponibile nella rete telematica la sua fondamentale ricerca
bibliografica Difesa senza guerra. Bibliografia storica delle lotte
nonarmate e nonviolente, ricerca di cui una recente edizione a stampa e' in
appendice al libro di Jean-Marie Muller, Il principio nonviolenza, Plus,
Pisa 2004 (libro di cui Enrico Peyretti ha curato la traduzione italiana), e
una recentissima edizione aggiornata e' nei nn. 791-792 di questo
notiziario; vari suoi interventi sono anche nei siti: www.cssr-pas.org,
www.ilfoglio.org. Una piu' ampia bibliografia dei principali scritti di
Enrico Peyretti e' nel n. 731 del 15 novembre 2003 di questo notiziario]

Questa e' una raccolta di testi, note, pensieri, sulla vacuita' della
vittoria in guerra e nei rapporti quotidiani. Non e' un'antologia sulla
guerra, che sarebbe sconfinata, ma soltanto su quell'aspetto della guerra e
della rivalita', creduto e spacciato come un successo della vita e della
ragione, che e' la pretesa vittoria di uno sull'altro dei due (o piu')
contendenti armati e duri. Prendendo di mira la vittoria, vorremmo
smascherare l'inganno con cui essa viene fatta apparire un guadagno anche in
termini di valori umani, cosi' da far sembrare positiva la guerra e ogni
altro conflitto con vinti e vincitori.
Perche' attaccare la vittoria? C'e' forse un amore del perdere, dell'esser
vittime, o si pensa solo alla rivincita morale del vittimismo, con una
orgogliosa voluptas dolendi? Cosi' pensa spesso chi ha fede nella vittoria
con ogni mezzo, e disprezza deboli e vinti. Vogliamo forse, denunciando
l'inganno della vittoria, proporre una ragione e un diritto senza forza?
No. La nonviolenza e' forza. Essenziale e' la distinzione e addirittura
l'opposizione tra forza e violenza. Questa chiarificazione decisiva e' un
punto della cultura di pace. Detta in sintesi estrema: la forza costruisce,
la violenza distrugge (1).
Mentre l'opinione pubblica generica, anche di persone colte, pensa che la
nonviolenza sia debolezza, cedimento, resa, rinvio totale ad una vittoria
nel mondo spirituale consegnando alla violenza la vittoria in questo mondo,
invece la nonviolenza attiva e' una forza.
C'e' vittoria e vittoria: quella che impone, opprime, impera, e quella che
libera insieme gli opposti avversari dalla loro avversione, togliendo la
causa del conflitto o trasformando il conflitto in cooperazione costruttiva
per entrambi. Nell'opinione dominante, viziata dall'ideologia della
violenza, il guadagno del vincitore e' il danno del vinto. Nel pensiero e
nella strategia della forza nonviolenta, il guadagno e' condiviso, magari
minore, ma senza danni. Veda comunque, il lettore eventuale, anche la
conclusione di questo libretto.
*
Questa raccolta e' stata pubblicata la prima volta, con un titolo diverso,
composta ancora di soli trenta testi, nei giorni tragici e vergognosi della
prima guerra del Golfo, nostra universale sconfitta, che spezzo' le nuove
speranze di pace, nate dal mirabile 1989, anno dei maggiori successi,
nell'Europa dell'est, delle lotte nonviolente (vedi "Il foglio. Mensile di
alcuni cristiani torinesi", n. 178, anno XXI, n. 2, febbraio 1991, sito:
www.ilfoglio.org).
Claudio Magris, al quale avevo inviato quelle pagine, mi scriveva il 14
giugno 1991: "Grazie per la sua raccolta di testi sulla vittoria come
sconfitta. Lei puo' immaginare con quanto consenso io legga quelle splendide
dichiarazioni e testimonianze che Lei ha raccolto; naturalmente si tratta di
dichiarazioni che valgono in tutte le direzioni, non soltanto contro il
pathos dell'Occidente, ma anche contro quello di segno opposto". Certamente.
E'  stata poi ripubblicata, estesa a quarantaquattro testi, in un inserto
allegato a "Azione nonviolenta", settembre 1998, pp. 9-16 (e-mail:
azionenonviolenta at sis.it; sito: www.nonviolenti.org), nell'occasione
dell'ottantesimo anniversario della conclusione della prima guerra mondiale,
celebrata come "la Vittoria" nella storia e nelle piazze italiane.
Scrivevamo allora: "Non si vuole entrare nella discussione storica su quella
guerra, ne' sul 'parecchio' che secondo Giolitti si sarebbe ottenuto con la
neutralita', ne' sul giudizio di 'inutile strage' dato da Benedetto XV, ne'
sull'uso dei fanti come carne da mitraglia fatto da Cadorna, ne' sui
processi per disobbedienza e diserzione, ne' sulle decimazioni dei soldati
ordinate dagli ufficiali nei reparti indocili. Si vuole soltanto meditare
sulla vittoria in guerra, in tutte le guerre".
Ora, in un tempo di criminale guerra infinita, di scontro tra opposte
barbarie - e non tra civilta', le quali consistono per loro natura nel
dialogo, nella parola e nell'ascolto - questa piccola rassegna, molto
arricchita, pur restando ovviamente sempre ampliabile senza fine, e' offerta
a chi vuole inserirsi nella meditazione degli uomini e donne piu' saggi,
attraverso i tempi, sulla vacuita' e falsita' del successo militare omicida,
che e' sempre una sconfitta umana.
Il titolo attuale riprende, con voluta amara ironia, un verso del nostro
roboante e piuttosto ridicolo inno di Mameli, oggi piu' calcistico che
nazionale. Appunto, dov'e' mai questa vittoria? Questo vuol dire anche che
non c'e' vittoria dove si dice vittoria e che la vittoria e' la' dove non si
parla di vittoria. Come accade per ogni cosa vera. Ma allora, perche'
chiamare ancora "vittoria" quell'esito migliore dell'azione che non si
rassegna all'abisso che la violenza scava tra vincitore e vinto? Rinnovare
il significato, o cambiare la parola? Forse e' piu' efficace dare alla
stessa parola il senso di successo comune, conseguito insieme, non uno
contro l'altro. Ma qui, per ora, siamo ancora alle prese con la vecchia idea
di vittoria. Ci occorre liberarci da questa per trovare quella nuova.
*
L'ordine dei brani e' abbastanza casuale. Sono di ampiezza diseguale,
perche' sono di carattere molto vario. Essi sono qui raggruppati per grandi
periodi storici, perche' la guerra ha cambiato natura nei tempi, dall'arma
manuale alla polvere da sparo, dalle guerre nazionali alle guerre mondiali,
fino alla mutazione nucleare degli armamenti che ne evidenziano la
definitiva impossibilita' razionale e morale, a causa della negativita'
ormai assoluta che la guerra mostra; fino a questo inizio di millennio che
esibisce la massima spudoratezza della potenza stolta, la quale ritiene suo
diritto la guerra senza limiti di ragione ne' di legge, con un balzo
involutivo dallo "stato civile" al selvaggio "stato di natura" delineati dai
classici filosofi della politica.
Ma la guerra e' solo il frutto piu' oscenamente vistoso dell'antropologia
fissata nelle categorie della competizione e della rivalita'. La vera
vittoria sulla propria disumanita' arrivera' per gli esseri umani quando si
riconosceranno e si tratteranno concretamente da soci e non da rivali.
Siamo nel tempo storico in cui l'ideologia del vincere puo' sfociare
nell'autodistruzione, suo destino metafisico. La speranza, la volonta' e
l'impegno dei piu' umani tra noi, oggi, sono tesi a far si' che si distrugga
la superbia dell'impero e della rivalita', e non la vita dell'umanita'.
Questo libro viene dato alle stampe nella prossimita' di alcune ricorrenze,
nel corso del 2005, che fanno meditare: novant'anni dall'entrata dell'Italia
nella prima guerra mondiale; sessant'anni dalla Liberazione italiana dal
fascismo, dal nazismo e dalla guerra; sessant'anni anche dalla strage di
Hiroshima, il maggiore caso di terrorismo di stato, per gli effetti lunghi
oltre quelli immedati; e pure sessant'anni dalla formazione dell'Onu con la
Carta che fissava il nuovo diritto internazionale di pace; cinquant'anni
dall'appello all'umanita' di Einstein e Russell; trent'anni dalla sconfitta
in Vietnam della enorme superiorita' militare Usa. Vergogne da confessare e
giuste glorie oggi minacciate, da difendere e far di nuovo fruttificare;
memorie che sono appello a cambiare alle radici la cultura dei conflitti
umani.
Alcuni dei brani qui raccolti mi sono stati forniti da amici, che ringrazio.
Prego i lettori di voler continuare, segnalando altri documenti e
testimonianze, a disonorare la vittoria militare, per l'onore della nostra
unica comune patria umana.
*
Nota
1. Vedi il mio articolo Distinzione tra forza e violenza pubblicato con
differenti titoli su "La voce del popolo", Torino 12 gennaio 2003, e su "Il
foglio" n. 298, gennaio 2003 (sito: www.ilfoglio.org) e presente in
http://db.peacelink.org/tools/author.php?l=peyretti.
Vedi inoltre Jean-Marie Muller, Il principio nonviolenza. Una filosofia
della pace, Edizioni Plus, Pisa 2004, almeno alle pagine 18, 37 ss., 45 ss.,
122-124, 232, 248, 263, 304.

4. MATERIALI. PER UNA BIBLIOGRAFIA SULLA SHOAH (PARTE TRENTACINQUESIMA)

ISAAC BASHEVIS SINGER
Nato a Radzymin, nei pressi di Varsavia, nel 1904, da una  famiglia di
rabbini, emigrato in America nel 1935; scrittore (come il fratello Israel
Joshua), e' forse il massimo autore in lingua yiddish del Novecento, premio
Nobel per la letteratura nel 1978. E' deceduto a New York nel 1991. Opere di
Isaac Bashevis Singer: della sua vasta produzione segnaliamo almeno le
stupende raccolte di racconti I due bugiardi, e Gimpel l'idiota, Longanesi,
poi Mondadori; e la raccolta delle Storie per bambini, Mondadori. Opere su
Isaac Bashevis Singer: Franco Palmieri, Isaac Bashevis Singer, La Nuova
Italia, Firenze 1980.

ISRAEL JOSHUA SINGER
Scrittore in lingua yiddish (Bilgoraj, Polonia 1893 - New York 1944),
fratello maggiore di Isaac Bashevis Singer. Opere di Israel Joshua Singer:
Yoshe Kalb (1932); I fratelli Ashkenazi (1936); Da un mondo che non c'e'
piu' (postuma, 1946).

ANDREJ SINJAVSKIJ
Nato nel 1925 a Mosca, docente di letteratura russa, scrittore clandestino
con lo pseudonimo di Abram Terz, dopo un processo e sei anni di campo di
lavoro subiti per la sua attivita' di scrittore "clandestino", nel 1973 e'
andato in esilio. Docente alla Sorbona. E' scomparso nel 1997. Opere di
Andrej Sinjavskij: ricordiamo almeno Una voce dal coro, Garzanti, Milano; e
Ivan lo scemo, Guida, Napoli.

FRANCOISE SIRONI
Docente di psicologia clinica e di psicopatologia all'Universita' Paris VII,
dirige il "Centro di etnopsichiatria Georges Devereux", e' cofondatrice del
"Centro Primo Levi" per l'assistenza alle vittime di tortura e violenza
collettiva. Opere di Francoise Sironi: Persecutori e vittime, Feltrinelli,
Milano 2001.

EYAL SIVAN
Regista israeliano. Opere di Eyal Sivan: Uno specialista - Ritratto di un
criminale moderno, 1999.

MAGNE SKODVIN
Opere di Magne Skodvin, Resistenza nonviolenta in Norvegia sotto
l'occupazione tedesca, Edizioni del Movimento Nonviolento.

WOLFGANG SOFSKY
Nato a Kaiserlautern in Germania nel 1952, e' docente di sociologia
all'universita' di Gottinga. Opere di Wolfgang Sofsky: ha pubblicato in
Italia, presso Laterza nel 1995, L'ordine del terrore, una monografia sui
campi di concentramento; per Einaudi nel 1998, un Saggio sulla violenza, che
raccoglie una serie di lezioni da lui tenute a Gottinga nel 1995; sempre per
Einaudi, nel 2001, Il paradiso della crudelta', dodici saggi brevi "sul lato
oscuro dell'uomo".

ALEKSANDR SOKUROV
Regista russo (Irkutsk 1917). Opere di Aleksandr Sokurov: qui segnaliamo
particolarmente Moloch (Russia-Germania 1999), e il
documentario-conversazione con Aleksandr Solzenicyn.

ALEKSANDR SOLZENICYN
Nato nel 1918, laureatosi in fisica e matematica, accusato di propaganda
antisovietica fu deportato nel Gulag nel 1945, rilasciato nel 1956, divenuto
scrittore, nel 1970 ebbe il Premio Nobel per la letteratura, e fu costretto
a lasciare l'Urss. Solo in anni recenti e' tornato in Russia. Opere di
Aleksandr Solzenicyn: fondamentali sono Arcipelago Gulag (ora disponibile in
tre volumi in edizione economica Oscar Mondadori), e Una giornata di Ivan
Denisovic (ora disponibile in edizione ultraeconomica presso Newton
Compton); cfr. inoltre almeno Il primo cerchio; Divisione cancro (tradotto
anche col titolo Reparto C, e come Padiglione cancro); Una candela al vento;
Il cervo e la bella del campo; Per il bene della causa (raccolta dei
racconti); Agosto 1914; Lenin a Zurigo. Opere su Aleksandr Solzenicyn: un
punto di partenza puo' essere Erica Klein, Invito alla lettura di
Solzenicyn, Mursia; cfr. anche Olivier Clement, Solzenicyn in Russia, Jaca
Book. Notevole la lunga intervista filmata da Aleksandr Sokurov.

SUSAN SONTAG
Susan Sontag e' stata una prestigiosa intellettuale americana, nata a New
York nel 1933, deceduta sul finire del 2004; acutissima interprete e critica
dei costumi e dei linguaggi, fortemente impegnata per i diritti civili e la
dignita' umana; tra i molti suoi libri segnaliamo alcuni suoi stupendi
saggi, come quelli raccolti in Contro l'interpretazione e Stili di volonta'
radicale, presso Mondadori; e Malattia come metafora, presso Einaudi; tra i
suoi lavori piu' recenti segnaliamo particolarmente il notevole Davanti al
dolore degli altri, Mondadori, Milano 2003.

PIERRE SORLIN
Prestigioso studioso francese. Opere di Pierre Sorlin: L'antisemitismo
tedesco, Mursia, Milano 1970.

FEDERICA SOSSI
Federica Sossi e' docente di filosofia teoretica all'universita' di Bergamo.
Tra le sue opere: (a cura di), Pensiero al presente, Cronopio, Napoli 1999;
Autobiografie negate. Immigrati nei lager del presente, Manifestolibri, Roma
2002.

ZENONE SOVILLA
Giornalista d'inchiesta e di approfondimento, promotore nella rete
telematica di un giornalismo ad un tempo militante e colto che propone
approfondite riflessioni e rigorose ricerche particolarmente valorizzando le
esperienze storiche, le acquisizioni teoriche ed analitiche e gli strumenti
metodologici ed ermeneutici delle tradizioni culturali libertarie e
nonviolente, animatore della casa editrice Nonluoghi (www.nonluoghi.it).

GRACCO SPAZIANI
Nato nel 1884, avvocato, antimilitarista, antifascista, deportato nel lager
di Mauthausen in cui mori' nel febbraio 1945. Opere su Gracco Spaziani:
Ortensia Spaziani, Scarpe rotte eppur bisogna andar - ovvero mio padre, mia
madre e i fascisti, Casa editrice Mazziana, Verona 1997; cfr. anche il
profilo scritto da Mao Valpiana in AA. VV., Le periferie della memoria,
Anppia - Movimento Nonviolento, Torino - Verona 1999.

MANES SPERBER
Scrittore, psicologo, militante politico, difensore della dignita' umana
(Zabolotov, Bucovina 1905 - Parigi 1984). Opere di Manes Sperber: Il roveto
in cenere; Piu' profondo dell'abisso; La baia perduta; Tutto il passato;
Churban; Solo un ponte tra ieri e domani.

ART SPIEGELMAN
Nato a Stoccolma nel 1948 da genitori ebrei rifugiati che di li' a poco si
trasferiscono negli Stati Uniti. Autore di fumetti, premio Pulitzer nel
1992, collaboratore del "New Yorker" e del "New York Times". Opere di Art
Spiegelman: Maus, Einaudi, Torino.

STEVEN SPIELBERG
Regista cinematografico americano, con i proventi del film Schindler's list
ha promosso la Shoah Foundation che ha raccolto una mole immensa di
videointerviste a sopravvissuti della Shoah e costituisce un contributo
fondamentale al salvataggio della memoria delle vittime. Opere di Steven
Spielberg: Duel, 1972; Sugarland Express, 1974; Lo squalo, 1975; Incontri
ravvicinati del terzo tipo, 1977; 1941: allarme a Hollywood, 1979; I
predatori dell'arca perduta, 1980; E. T., 1982; Ai confini della realta',
1983; Indiana Jones e il tempio maledetto, 1984; Il colore viola, 1986;
L'impero del sole, 1987; Always - per sempre, 1988; Indiana Jones e l'ultima
crociata, 1989; Hook - capitan Uncino, 1992; Jurassic Park, 1993;
Schindler's list, 1994; Amistad, 1997; Salvate il soldato Ryan, 1998. Opere
su Steven Spielberg: Franco La Polla, Steven Spielberg, Il Castoro cinema,
Milano.

ALTIERO SPINELLI
Nato a Roma nel 1907, antifascista, promotore del federalismo europeo,
autore con Enesto Rossi del Manifesto di Ventotene (1941). E' scomparso nel
1986. Opere di Altiero Spinelli: cfr. almeno L'Europa non cade dal cielo; e
l'autobiografico Come ho tentato di diventare saggio; Il Mulino, Bologna.

BARBARA SPINELLI
Barbara Spinelli e' una prestigiosa giornalista e saggista; tra le sue opere
segnaliamo particolarmente Il sonno della memoria, Mondadori, Milano 2001.

ELISA SPRINGER
Testimone e studiosa della Shoah, Elisa Springer (Vienna 1918 - Matera
2004), nata da un famiglia di commercianti ebrei di origine ungherese,
catturata dai nazisti a Milano nel 1944 e deportata nei lager di Auschwitz,
Bergen-Belsen e Terezin, sopravvissuta e tornata in Italia nell'autunno del
1945, visse poi a Manduria. Opere di Elisa Springer: Il silenzio dei vivi,
Marsilio, Venezia 1997; L'eco del silenzio. La Shoah raccontata ai giovani,
Marsilio, Venezia 2003.

EDITH STEIN
Edith Stein, filosofa tedesca, e' nata a Breslavia nel 1891 ed e' deceduta
nel lager di Auschwitz nel 1942. Di famiglia ebraica, assistente di Husserl,
pensatrice tra le menti piu' brillanti della scuola fenomenologica,
abbraccio' il cattolicesimo e nel 1933 entro' nella vita religiosa. I
nazisti la deportarono ed assassinarono. Opere di Edith Stein: le opere
fondamentali sono Il problema dell'empatia, Franco Angeli (col titolo
L'empatia) e Studium; Psicologia e scienze dello spirito, Citta' Nuova; Una
ricerca sullo Stato, Citta' Nuova; La fenomenologia di Husserl e la
filosofia di san Tommaso d'Aquino, Memorie Domenicane, poi in La ricerca
della verita', Citta' Nuova; Introduzione alla filosofia, Citta' Nuova;
Essere finito e Essere eterno, Citta' Nuova; Scientia crucis, Postulazione
generale dei carmelitani scalzi. Cfr. anche la serie di conferenze raccolte
in La donna, Citta' Nuova; e la raccolta di lettere La scelta di Dio, Citta'
Nuova, Roma 1974, poi Mondadori, Milano 1997. Opere su Edith Stein: per un
sintetico profilo cfr. l'"invito alla lettura" di Angela Ales Bello, Edith
Stein, Edizioni S. Paolo, Cinisello Balsamo 1999 (il volumetto contiene un
breve profilo, un'antologia di testi, una utile bibliografia di
riferimento). Lavori sul pensiero della Stein: Carla Bettinelli, Il pensiero
di Edith Stein, Vita e Pensiero, Milano 1976; Luciana Vigone, Introduzione
al pensiero filosofico di Edith Stein, Citta' Nuova, Roma 1991; Angela Ales
Bello, Edith Stein. La passione per la verita', Edizioni Messaggero di
Padova, 1998, 2003; Angela Ales Bello, Edith Stein. Patrona d'Europa,
Piemme, Casale Monferrato (Al) 2000. Per la biografia: Edith Stein, Storia
di una famiglia ebrea, Citta' Nuova, Roma 1994, 1999; Elio Costantini, Edith
Stein. Profilo di una vita vissuta nella ricerca della verita', Libreria
Editrice Vaticana, Citta' del Vaticano 1987, 1998; Laura Boella, Annarosa
Buttarelli, Per amore di altro. L'empatia a partire da Edith Stein,
Raffaello Cortina Editore, Milano 2000.

SYBILLE STEINBACHER
Storica, insegna all'Universita' di Bochum, autrice di rilevanti studi sui
campi di sterminio nazisti. Opere di Sybille Steinbacher: Auschwitz,
Einaudi, Torino 2005

JEAN-FRANCOIS STEINER
Opere di Jean-Francois Steiner: Treblinka, Mondadori, Milano 1967, 1978 (con
una prefazione di Simone de Beauvoir).

GEORGE STEINER
E' uno dei piu' grandi intellettuali viventi, ed e' un uomo buono, e saggio.
Nasce a Parigi nel 1929 da padre di origine ceca (di Lidice) e madre
viennese. Nel 1940 la famiglia si stabilisce in America (ha scritto Steiner:
"Lasciammo sani e salvi la Francia, dov'ero nato e cresciuto. Sicche' non mi
tocco' d'essere la' quando si fece l'appello. Io non stavo nella pubblica
piazza con gli altri bambini, quelli con cui ero cresciuto. Ne' vidi mio
padre e mia madre scomparire quando le porte del convoglio ferroviario
venivano spalancate. Ma in un altro senso sono un sopravvissuto, e non
indenne. Se spesso non sono in sintonia con la mia generazione, se cio' che
mi assilla e domina la mia vita sentimentale colpisce molti di quelli con
cui dovrei essere amico e lavorare in questo mondo come qualcosa di
remotamente sinistro e artificioso, e' perche' il cupo mistero di quanto
accadde in Europa non e' per me separabile dalla mia stessa identita'.
Proprio perche' non ero la', perche' un caso fortunato tolse il mio nome
dall'elenco"). Torna poi in Europa. Docente di letteratura comparata (a
Ginevra, a Cambridge, a Oxford), saggista finissimo e denso moralista. Le
sue opere di riflessione critica sono di una ricchezza, lucidita' e
profondita' straordinarie e vivamente le raccomandiamo ai nostri
interlocutori. Opere di George Steiner: Tolstoj o Dostoevskij (1959), La
morte della tragedia (1961), Linguaggio e silenzio (1967), Dopo Babele
(1975), Le Antigoni (1984), Vere presenze (1989), Il correttore (1992),
Nessuna passione spenta (1996), Errata (1997), Grammatiche della creazione
(2001), La lezine dei maestri (2003), tutti editi in italiano da Garzanti,
Milano; cfr. inoltre Nel castello di Barbablu (1971), SE, Milano; La
nostalgia dell'assoluto (1974), Bruno Mondadori, Milano; Heidegger (1978),
Mondadori, Milano; Il processo di San Cristobal (1981), Rizzoli, Milano.

GEORGE STEVENS
Regista cinematografico. Opere di George Stevens: Il diario di Anna Frank
(Usa, 1959).

ALEXANDER STILLE
Nato a New York nel 1957, giornalista e saggista. Opere di Alexander Stille:
Uno su mille, Mondadori, Milano 1991; Nella terra degli infedeli, Mondadori,
Milano 1995.

HERMANN STOHR
Hermann Stohr, 1898-1940, aderente al Mir, oppositore del nazismo, nel 1939
rifiuto' di arruolarsi, fu condannato a morte e ucciso il 21 giugno 1940.

MICHELE LUCIANO STRANIERO
Michele L. Straniero (Milano 1936 - Torino 2000), musicologo ed autore,
ricercatore e promotore della cultura popolare, scrittore e poeta, e' stato
uomo di forte impegno civile. Opere di Michele L. Straniero: tra le molte
sue opere segnaliamo almeno: con A. Virgilio Savona, Canti della Resistenza
italiana, Rizzoli, Milano 1985. Scritti su Michele L. Straniero: cfr.
l'articolo di Cesare Bermani su "Il manifesto" dell'8 dicembre 2000.

JEAN-MARIE STRAUB
Cineasta francese, autore in collaborazione coln la moglie Daniele Huillet
di film imprescindibili. Opere di Daniele Huillet e Jean-Marie Straub: tra i
film: Machorka-Muff, 1962-63; Non riconciliati, 1964-65; Lezioni di storia,
1972; Mose' e Aronne, 1974-75; Fortini/Cani, 1976; Dalla nube alla
Resistenza, 1978; Rapporti di classe, 1983; Sicilia!, 1998. In volume: Testi
cinematografici, Editori Riuniti, Roma 1992.

ANNA-VERA SULLAM CALIMANI
Docente all'universita' di Venezia. Opere di Anna-Vera Sullam Calimani:
segnaliamo particolarmente I nomi dello sterminio, Einaudi, Torino 2001.

TERESA SWIEBOCKA
Opere di Teresa Swiebocka: (a cura di, con Franciszek Piper), Auschwitz. Il
campo nazista della morte,  Edizioni del Museo Statale di
Auschwitz-Birkenau, 1997.

HANS JUERGEN SYBERBERG
Regista tedesco, nato nel 1935, autore di opere che fortemente risentono
della lezione brechtiana. Opere di Hans Juergen Syberberg: Hitler, un film
dalla Germania, Rft-Francia-Gran Bretagna 1977.

ISTVAN SZABO
Regista cinematografico ungherese, nato a Budapest nel 1938. Opere di Istvan
Szabo: segnaliamo particolarmente Mephisto (1981).

THOMAS STEPHEN SZASZ
Psichiatra e psicoanalista americano, nato a Budapest nel 1920, docente
universitario di psichiatria, critico del modello medico della psichiatria,
oppositore delle ideologie e delle pratiche autoritarie e repressive. Opere
di Thomas Stephen Szasz: tra i suoi libri segnaliamo almeno Il mito della
malattia mentale, Il Saggiatore, Milano; I manipolatori della pazzia,
Feltrinelli, Milano; L'etica della psicoanalisi, Armando, Roma;
Disumanizzazione dell'uomo, Feltrinelli, Milano; Il mito della droga,
Feltrinelli, Milano. Suoi interventi sono anche in Franca e Franco Basaglia
(a cura di), Crimini di pace, Einaudi, Torino; Laura Forti (a cura di),
L'altra pazzia, Feltrinelli, Milano; Luigi Onnis e Giuditta Lo Russo, La
ragione degli altri, Savelli, Roma.

PETER SZONDI
Insigne studioso di estetica, docente di letteratura (Budapest 1929 -
Berlino 1971), fu deportato a Bergen-Belsen. Tra le opere di Peter Szondi:
Teoria del dramma moderno (1956), Einaudi, Torino 1974.

PIERRE-ANDRE' TAGUIEFF
Filosofo, politologo e storico delle idee, impegnato contro il razzismo, e'
presidente dell'"Observatoire de l'antisemitisme". Opere di Pierre-Andre'
Taguieff: in traduzione italiana cfr. La forza del pregiudizio, Il Mulino,
Bologna 1994; Il razzismo, Raffaello Cortina Editore, Milano 1999.

5. RIFLESSIONE. IDA DOMINIJANNI: QUELLA MEDIAZIONE
[Dal quotidiano "Il manifesto" del primo marzo 2005. Ida Dominijanni,
giornalista e saggista, e' una prestigiosa intellettuale femminista]

Il sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it) sta
ripubblicando una serie di documenti femministi degli anni Settanta e
Ottanta sull'aborto.
Si tratta del femminismo che, tanto per citare il titolo del piu' famoso fra
i documenti in questione, sull'aborto "faceva un lavoro politico diverso" da
quello dei radicali e di tutto lo schieramento che rivendicava la
possibilita' di abortire come un semplice diritto. Il "lavoro politico
diverso" consisteva nel mettere a fuoco, prima che l'atto dell'interruzione
di gravidanza, la sessualita' femminile e maschile e le contraddizioni che
sottostanno alle gravidanze indesiderate; nell'ascoltare il racconto
dell'esperienza femminile - e di nuovo: delle sue contraddizioni - sulle
gravidanze non accettate e interrotte, con le relative implicazioni e
conseguenze psicologiche; nel sottrarre la pratica abortiva al controllo
statuale e alle norme, infatti quel femminismo dell'aborto non chiedeva la
legalizzazione bensi' la depenalizzazione.
Ma non e' tanto su quel lavoro politico che voglio tornare, quanto su una
conseguenza valida anche per il dibattito di oggi sulla procreazione
assistita e sulla ricerca sulle staminali che Luisa Muraro ne trae in un suo
articolo Sulla vita umana, pubblicato sempre nel sito [e riprodotto nel n.
845 di questo foglio]. Da quel lavoro, scrive Muraro, abbiamo tratto "un
semplice criterio, e cioe' che la vita umana, vita di un essere senziente ma
anche parlante, arriva a questo mondo passando necessariamente attraverso
l'accettazione di una donna che la accoglie, la coltiva per consegnarla al
resto dell'umanita'". Non siamo ancora nella sfera dei diritti-doveri, che
viene dopo, precisa Muraro, e aggiunge: "Il passaggio della libera
accettazione di una donna, noi lo abbiamo sentito come un criterio
regolatore che esonera da domande del tipo oggi corrente e cosi' fuorvianti,
come 'ma l'embrione e' vita umana?'. Questo criterio vale come un principio,
perche' piu' a monte c'e' altro, si', ma non si puo' andare a indagare
saltando quel passaggio, pena la caduta in quella mostruosita' che la
cultura medico-scientifica, lasciata da sola, ha conosciuto e puo' tornare a
conoscere".
*
Questo criterio - che come la stessa Muraro osserva porterebbe a regolare le
questioni della procreazione assistita sulla base di una legislazione sobria
e di una sapienza delle relazioni solida invece che di una legge pesante e
invadente - e' quello che piu' manca nel dibattito sul referendum sulla
procreazione assistita che impazza sui giornali. Dibattito in cui le voci
maschili sopravanzano largamente quelle femminili, e hanno spesso un suono
rigido, anche quando lavorano dalla parte giusta, cioe' contro la legge 40.
Ad esempio i due editoriali di ieri della "Stampa" e del "Corriere della
sera", firmati rispettivamente da Gian Enrico Rusconi e Giovanni Sartori,
argomentano efficacemente alcune ragioni per rifiutare la legge e
contrastare i militanti della "difesa della Vita". Rusconi, impugnando gli
ultimi risultati delle bioscienze, scrive che il processo della vita si
articola in fasi diverse, che giustificano gradi di tutela diversi fra il
concepito, l'embrione e il neonato, ai quali non si possono attribuire la
stessa compiutezza di vita e gli stessi diritti. Sartori argomenta che la
nozione di vita non e' la stessa di vita umana, che la vita umana non
comincia col concepimento ma con la coscienza, che una vita futura non e' la
stessa cosa di una vita vivente, e che dunque i diritti dell'embrione non
possono essere quiparabili a quelli dei nati, e le cellule staminali degli
embrioni devono poter essere utilizzate per la cura dei viventi.
Tutto condivisibile, comprese le distinzioni fra fede ragione e laicita' che
sorreggono i due ragionamenti. Qualcosa pero' manca, in un punto cruciale.
Quello della mediazione fra la promessa di vita e la vita, fra l'embrione e
la persona, fra il concepito e il neonato. Quella mediazione e' il corpo
femminile, il desiderio e le relazioni affettive e sociali che lo muovono a
diventare o a non diventare portatore di un'altra vita. Senza di essa, non
c'e' vita e anche la piu' sapiente, scientifica e laica risposta al problema
di quando la vita comincia resta una risposta sterile.

6. IRAQ. ZELIE POLLON: VELI E LIBERTA'
[Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per
averci messo a disposizione nella sua traduzione questo articolo di Zelie
Pollon pubblicato da "AlterNet" il 25 febbraio 2005. Zelie Pollon e' una
giornalista freelance che vive a Santa Fe; si trova in Iraq per la seconda
volta]

Baghdad, Iraq: Due anni dopo l'invasione del paese, e a due settimane dalle
elezioni, Amina ha cominciato ad indossare una sciarpa sulla testa per la
prima volta nella sua vita.
E' stato suo padre ad insistere. "Non mi piace, e non voglio sentirmi in
pericolo. Fino ad ora nessuno mi ha molestata al proposito", dice Amina. E'
seduta nel suo ufficio, nel quartiere a predominanza sciita di Khadimiya.
Lunghi capelli bruni le fluiscono sulla schiena. Dapprima, questa insegnante
di liceo, ventisettenne, ha resistito all'ingiunzione del padre, sostenendo
che avrebbe perso il rispetto dei suoi studenti, se avesse mostrato di
cedere ai fondamentalisti. Ma l'uomo non si e' convinto: Amina non aveva
scelta, le disse, perche' gli estremisti erano troppo potenti per essere
sfidati. Ora questa giovane donna sta facendo piani per lasciare il suo
paese, e trasferirsi in Europa, dove intende conseguire un'altra laurea.
La vita non e' stata sempre cosi' pericolosa, per le donne come Amina. Sotto
Saddam Hussein, l'Iraq era un paese laico, dove le donne potevano camminare
liberamente per le strade senza veli o scorta maschile, e stare fuori la
sera nei caffe'. Sebbene le donne abbiano sofferto come qualunque altro
iracheno sotto la tirannia, le leggi bahatiste erano degne di nota per
l'uguaglianza di genere. A differenza delle loro simili nel resto del mondo
arabo, le donne irachene avevano uguale accesso alle professioni, uguale
accesso all'istruzione, e salari uguali a quelli degli uomini. L'invasione
statunitense del marzo 2003 ha cambiato tutto. Con la caduta di Saddam, le
donne sono diventate un bersaglio sia per i fondamentalisti islamici sia per
i soldati americani.
Secondo l'ultimo rapporto di Amnesty International, diffuso all'inizio di
questa settimana: "Le donne e le bambine in Iraq vivono nel timore della
violenza, mentre il conflitto si intensifica e l'insicurezza cresce
vertiginosamente". La paura dei gruppi armati, che terrorizza chiunque non
si attenga ai loro editti religiosi, ha trasformato molte donne irachene in
prigioniere delle loro stesse case. "La mancanza di legalita' e i crescenti
omicidi, i rapimenti e gli stupri, che sono seguiti alla caduta del governo
di Saddam Hussein, hanno ristretto la liberta' di movimento delle donne, e
le loro possibilita' di recarsi a scuola o al lavoro", si legge nel rapporto
di Amnesty International. Inoltre, vi e' la minaccia aggiuntiva degli abusi
di cui sono accusati i soldati statunitensi: le donne sono state soggette a
molestie e violenze sessuali.
*
Con la vittoria sciita nelle elezioni di gennaio, il futuro delle donne
irachene non appare certo piu' brillante. Gli sciiti, che considerano
l'ayatollah Ali al-Sistani il loro leader spirituale, sono circa il 60%
della popolazione irachena. Il loro trionfo elettorale assicura loro un
ruolo dominante nella creazione dell'Iraq del futuro. Sebbene molti sciiti
dicano che non vogliono uno stato teocratico, e Sistani si mostri come un
moderato, le attiviste per i diritti delle donne, come Yanar Mohammed, sono
poco ottimiste: "Il gruppo politico sciita vuole imporre la sharia islamica,
e fare in modo che essa cancelli il codice civile che abbiamo avuto per
trent'anni. Questo rendera' le donne non cittadine di seconda classe, ma di
terza o quarta". Yanar e' una delle leader dell'Organizzazione per la
liberta' delle donne in Iraq, alla quale si deve l'apertura del primo
rifugio per le donne che scampano agli abusi familiari o ai "delitti
d'onore". "In altre parole, al ladro verra' amputata la mano, al criminale
tagliata la testa, e le donne saranno lapidate a morte, prosegue Yanar
Mohammed, Il divorzio non sara' piu' un diritto, per le donne. Le leggi
precedenti proibivano il matrimonio di una donna minore di 18 anni, la legge
islamica non impone nessun limite del genere. Una bambina di sei anni
potrebbe essere data in moglie ad un uomo di settanta, che tra l'altro e'
libero di averne quattro, di mogli. Questa e' una pagina oscura, nella
storia del mio paese. Le donne vengono rapite e vendute, ed ora verra'
scritto nella Costituzione che esse non detengono eguaglianza di diritti".
Yanar Mohammed teme che un gran numero dei seggi riservati alle donne (25)
nell'Assemblea nazionale (il parlamento iracheno) verranno occupati da
persone scelte dai partiti islamici, che avalleranno gli editti religiosi.
Percio', sta tentando di formare una coalizione di donne laiche, fra cui vi
sono gia' numerose professioniste e membri di altri partiti. Si incontrano
nell'ufficio di Yanar, che si trova in una casetta fuori mano alla periferia
di Baghdad. Le porte sono custodite, e l'ingresso e' camuffato: la vita di
Yanar e' gia' stata minacciata dai fondamentalisti.
*
Samira Hillmi, invece, e' una donna sciita di 57 anni, che incontro al
mercato completamente coperta da strati di tessuto nero, dalla testa ai
piedi. Lei e' velata in nome di Dio, mi dice, ed e' grata a Lui per il
recente corso preso dagli eventi: "Le elezioni sono state un'ottima cosa.
Finalmente gli sciiti non sono piu' sotto il tallone di Saddam". La
prospettiva di vivere in uno stato teocratico come l'Iran non la preoccupa:
"Andrebbe bene. Sarebbe cio' di cui abbiamo bisogno per avere sicurezza in
Iraq".
Come Hillmi, anche molti uomini iracheni non sono spaventati dalla
prospettiva del fondamentalismo: "Dubito che verro' forzato ad indossare un
abaya", sostiene Esam Pasha, un artista di 29 anni. Pasha ha fiducia di
potersi esprimere attraverso l'arte anche in un regime islamico, cosi' come
vi riusciva durante la dittatura di Saddam. Inoltre, e' sicuro che gli Usa
non permetteranno all'Iraq di diventare uno stato islamico, senza riguardi
per la sovranita' irachena. "Donald Rumsfeld ha detto che l'Iraq puo'
scegliere qualsiasi sistema politico voglia, basta che non sia islamico o
comunista. Questa e' la democrazia che ci e' concessa", conclude sarcastico.
Coloro che invece il fondamentalismo lo temono, e che sono anche critici
sulla presenza statunitense, dicono che non possono contare su altro per
tenere gli estremisti fuori dalla propria vita. "No, gli Usa non possono
andarsene, mi dice Amina, I talebani arriverebbero qui in due giorni".

7. UCRAINA. UN'INTERVISTA A OLENA SUSLOVA
[Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per
averci messo a disposizione nella sua traduzione questa intervista del
gennaio 2005 di "Women's Human Rights Net" ad Olena Suslova, presidente
della ong ucraina "Women's Information Consultative Center"]

- Women's Human Rights Net: Parlaci un po' di te, e del lavoro che fai in
Ucraina, e di qual e' la sua rilevanza per i diritti umani delle donne.
- Olena Suslova: Mi chiamo Olena Suslova e sono la fondatrice e la
presidente del Women's Information Consultative Center (Wicc - Centro
informativo e di consulenza per le donne). Registrato nel 1995, il Wicc e'
una delle organizzazioni non governative piu' "vecchie" dell'Ucraina. Le
nostre due aree principali di attivita' sono l'informazione e l'istruzione.
In Ucraina siamo le uniche ad avere una biblioteca di oltre duemila testi su
donne, genere e il cosiddetto "terzo settore"; e' una biblioteca aperta ed
accessibile, e viene usata da un gran numero di studenti, professionisti,
ricercatori, eccetera. In aggiunta al centro, nel 1996 le mie colleghe ed io
abbiamo dato inizio al programma "Empowering Education", che oggi e'
presente in 16 paesi: Armenia, Azerbaijan, Birmania, Georgia, Indonesia,
Kazakistan, Kirghizistan, Laos, Lituania, Moldavia, Mongolia, Russia,
Tagikistan, Ucraina, Usa e Uzbekistan. Si tratta di un processo educativo
basato sulla giustizia di genere e la nonviolenza, mirato a creare le
condizioni per acquisire abilita' organizzative nei gruppi ed apprendere
tramite l'esperienza. Per saperne di piu' visitate il nostro sito web, che
potete consultare in ucraino, russo e inglese: http://empedu.civicua.org
*
- Women's Human Rights Net: Quali sono i problemi, emergenti o persistenti,
che piu' preoccupano le donne in Ucraina?
- Olena Suslova: L'Ucraina non e' differente dal resto del mondo: le stesse
tendenze che si mostrano dappertutto si stanno riflettendo nella nostra
regione. C'e' una tensione crescente attorno all'istanza delle liberta'
civili, che ha immediato impatto sulla liberta' delle donne e sui loro
diritti umani. Per esempio, in Uzbekistan, dopo la totale riassegnazione dei
fondi internazionali all'inizio del 2004, il governo ha chiesto alle
organizzazioni femminili gia' registrate di registrarsi di nuovo, chiedendo
che: si registrassero come non femminili, accettassero di essere cancellate,
oppure si riconoscessero come gruppi femminili ma sotto la supervisione del
Consiglio delle Donne del governo. I trasferimenti bancari furono bloccati,
per impedire le attivita' di queste organizzazioni di donne.
Sotto i regimi dittatoriali, in Bielorussia e Turkmenistan, le
organizzazioni non governative, femminili o no, si incontrano presentandosi
sotto altre forme: per esempio, chiamano i seminari "club femminile del te'"
(Bielorussia) o inseriscono l'attivismo in programmi di addestramento
professionale (Turkmenistan).
Questo in termini di diritti politici. Per quanto riguarda i diritti
sociali, le istanze fisse per le donne in Ucraina continuano ad essere
l'impiego e la poverta'. In Ucraina diciamo: "Le donne continuano ad avere
la faccia della miseria". Violenza, traffico di donne e bassa partecipazione
femminile alla politica sono le cose che affrontiamo ogni giorno.
*
- Women's Human Rights Net: Che effetto avranno la nuova atmosfera di
responsabilita' civica, e la richiesta di democrazia, sui diritti umani
delle donne?
- Olena Suslova: Si dice che avere la liberta' significhi non perderla di
vista: questo non e' mai stato tanto vero come in Ucraina. La "rivoluzione
arancione" ha dato la sveglia ad una nazione, ed ora la societa' civile deve
lavorare diligentemente per monitorare i risultati che sono stati ottenuti
con tanta fatica. Il movimento delle donne non era al suo meglio, prima, non
eravamo unite e non riuscivamo ad influenzare attivamente le strutture
governative (ora qualche successo in questo senso lo abbiamo avuto). Adesso
le numerose organizzazioni di donne attiviste e di donne professioniste
possono mobilitarsi per portare un nuovo sviluppo democratico al paese.
L'opportunita' e' di fronte a tutte noi, sta a noi usarla.
*
- Women's Human Rights Net: In quali modi le politiche ed i programmi del
governo considerano le donne, in Ucraina? E come questo governo sara'
differente dagli altri?
- Olena Suslova: Ha un valore simbolico che, il giorno dopo l'annuncio del
nuovo presidente ucraino, il Parlamento abbia discusso per la prima volta la
legge sull'eguaglianza di diritti ed opportunita'. E' un buon segno, ma non
e' ancora una buona azione. E' difficile al momento speculare su quali
saranno i prossimi passi. I discorsi della "rivoluzione arancione" erano
ancora pieni di "audacia" e "coraggio": in ucraino, la radice di queste
parole e' "uomo", piu' specificatamente e' "virilita'". Le donne hanno
partecipato attivamente al processo, ma i loro ruoli sono stati per lo piu'
accessori (provveditrici di cibo, di cure, eccetera). Ho collezionato piu'
di trenta testimonianze di partecipanti alla "rivoluzione arancione", donne
ed uomini, per un progetto di ricerca sulla permeabilita' del processo alla
cultura di genere ed alla nonviolenza. Forse questo mio lavoro risultera'
interessante anche per i non ucraini: potrebbe fornire intuizioni rispetto
ai paesi che si trovano in simili momenti di transizioni, e comunque a chi
fa ricerche sulla pace.
*
- Women's Human Rights Net: Di che tipo di sostegno avete bisogno, che
lavoro ritenete appropriato e necessario, da parte della comunita'
internazionale per i diritti umani delle donne?
- Olena Suslova: Mi prendo l'opportunita', grazie a questa domanda, di
ringraziare tutte le sorelle, da tutte le parti del mondo, che ci hanno
sostenuto con le loro calde parole e con i loro auguri. In passato non usavo
mai la parola "solidarieta'", mi ricordava troppo il governo comunista, ma
oggi ho imparato a "decostruirla". Ora penso che la sorellanza globale non
sia un termine adatto solo ai grandi eventi internazionali o alle
dichiarazioni di principio. Significa praticare il sostegno alle altre. Noi
tutte ne abbiamo bisogno, regolarmente. In Ucraina ne abbiamo bisogno, e ne
hanno bisogno le nostre sorelle della regione che si trovano in situazioni
molto piu' difficili. Un ultimo punto: durante questo periodo di
transizione, l'Ucraina e' stata in qualche modo uno spazio vuoto per le
organizzazioni di attivisti e per i progetti di aiuto. Vedo che preferiscono
occuparsi dei paesi dell'Europa centrale e dell'Europa dell'est. Forse la
"dormiente" Ucraina e' poco interessante? Siamo 48 milioni di persone, e vi
assicuro che non "dormiamo" piu'. L'Ucraina e' viva e sveglia.

8. DISCUSSIONE. IL RITORNO DEL CRITICONE: SULL'ASSENZA IN ITALIA DI UN
MOVIMENTO PER LA PACE
[In anni che ormai sembrano remoti il nostro buon amico il Criticone spesso
onorava questo foglio delle ruvide sue concioni, chissa' che non decida di
ricominciare, almeno io ne sento la mancanza (Giobbe Santabarbara)]

In Italia non c'e' un movimento per la pace, ma solo un movimento contro la
guerra; ma non essendo questo movimento contro la guerra anche un movimento
per la pace esso non riesce neppure ad essere un movimento contro la guerra,
e  prova ne e' che la guerra continua e che l'Italia di essa e' complice tra
i principali, al fianco dei suoi sanguinari protagonisti: gli eserciti
terroristi di Bush e Blair, i terroristi del fondamentalismo onnicida e del
regime nazista di Saddam Hussein.
Perche' in Italia non c'e' un movimento per la pace? Per la piu' semplice
delle ragioni, perche' per essere soggetti costruttori di pace occorre fare
la scelta della nonviolenza.
Invece si e' preferita l'ambiguita', l'ammucchiata con gli squadristi da
corteo, il collaborazionismo con i giammai pentiti bombardieri del '99, la
subalternita' - fosca, ignobile subalternita' - al governo dell'ammiratore
del duce, dell'amico di Craxi tesserato da Gelli, del razzista che canta il
Nabucco mentre legifera nuove deportazioni.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita', solo la nonviolenza si oppone
alla guerra e al terrorismo. E ai ciarlatani dalle variopinte casacche, ai
sadici dalle algide uniformi, a coloro che non hanno ancora capito che una e
la stessa e' la lotta contro il maschilismo, l'autoritarismo, il fascismo,
la guerra.

9. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

10. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, sudest at iol.it,
paolocand at inwind.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 859 del 5 marzo 2005

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