La nonviolenza e' in cammino. 858



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 858 del 4 marzo 2005

Sommario di questo numero:
1. Giuliana
2. Benoit Hopquin: Florence
3. Dal Forum sociale mondiale cinque proposte di azione nonviolenta
4. Marina Pignatti Morano: La forza della nonviolenza. Cinque proposte da
Porto Alegre
5. Per una bibliografia sulla Shoah (parte trentaquattresima)
6. Lidia Menapace: L'uomo dell'obbedienza
7. Filippo Gentiloni: Don Giussani
8. Severino Vardacampi: Dai loro frutti
9. La "Carta" del Movimento Nonviolento
10. Per saperne di piu'

1. EDITORIALE. GIULIANA
[Giuliana Sgrena, intellettuale e militante femminista e pacifista tra le
piu' prestigiose, e' tra le maggiori conoscitrici italiane dei paesi e delle
culture arabe e islamiche; autrice di vari testi di grande importanza (tra
cui: a cura di, La schiavitu' del velo, Manifestolibri, Roma 1995, 1999;
Kahina contro i califfi, Datanews, Roma 1997; Alla scuola dei taleban,
Manifestolibri, Roma 2002; Il fronte Iraq, Manifestolibri, Roma 2004); e'
stata inviata del "Manifesto" a Baghdad, sotto le bombe, durante la fase
piu' ferocemente stragista della guerra tuttora in corso. A Baghdad e' stata
rapita il 4 febbraio 2005. Dal sito del quotidiano "Il manifesto"
riprendiamo, con minime modifiche, la seguente scheda: "Nata a Masera, in
provincia di Verbania, il 20 dicembre del 1948, Giuliana ha studiato a
Milano. Nei primi anni '80 lavora a 'Pace e guerra', la rivista diretta da
Michelangelo Notarianni. Al 'Manifesto' dal 1988, ha sempre lavorato nella
redazione esteri: appassionata del mondo arabo, conosce bene il Corno
d'Africa, il Medioriente e il Maghreb. Ha raccontato la guerra in
Afghanistan, e poi le tappe del conflitto in Iraq: era a Baghdad durante i
bombardamenti (per questo e' tra le giornaliste nominate 'cavaliere del
lavoro'), e ci e' tornata piu' volte dopo, cercando prima di tutto di
raccontare la vita quotidiana degli iracheni e documentando con
professionalita' le violenze causate dall'occupazione di quel paese.
Continua ad affiancare al giornalismo un impegno anche politico: e' tra le
fondatrici del movimento per la pace negli anni '80: c'era anche lei a
parlare dal palco della prima manifestazione del movimento pacifista"]

Come tutto e' inadeguato dinanzi al dolore di una persona. Come tutto e'
inadeguato dinanzi alla morte, alla guerra, al terrore, al crimine.
E come tutto e' necessario quel che la morte, la guerra, il terrore, il
crimine, il dolore finanche di una persona contrasta.
La nonviolenza e' questo: sollecitudine per ogni persona, opposizione a
tutte le uccisioni, a  tutte le oppressioni, a tutte le violenze. La
nonviolenza e' questo: sapere che tu, proprio tu, hai il potere di mutare i
rapporti di forza tra il male e il bene. La nonviolenza e' questo: per
quanto e' in tuo potere fa' quel che puoi, fa' quel che devi, per salvare la
vita di Giuliana, di Florence, di tutte le persone minacciate e oppresse
dalla guerra, dal terrorismo, dal crimine, dall'ingiustizia che semina
morte.

2. TESTIMONIANZE. BENOIT HOPQUIN: FLORENCE
[Dal sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it)
riprendiamo questo articolo apparso su "Internazionale" del 4-10 febbraio
2005.
Benoit Hopquin e' un noto e apprezzato giornalista del prestigioso quotidano
"Le Monde".
Florence Aubenas e' la giornalista francese del quotidiano "Liberation", da
sempre impegnata per la pace e i diritti umani, rapita da settimane in Iraq.
Tra le opere di Florence Aubenas: con Miguel Benasayag, Resistere e' creare,
Mc editrice, Milano 2004]

Queste poche righe valgono una tessera da giornalista: "Apprezziamo la sua
attivita' di giornalista e di reporter; il rigore intellettuale e le
qualita' di scrittrice. I suoi reportage descrivono un mondo complesso,
spesso opaco e a volte violento, e hanno il solo scopo di dire la verita' e
fare luce sulla realta'". Il giudizio espresso da alcuni scrittori su
Florence Aubenas, l'inviata speciale di "Liberation" scomparsa a Baghdad
insieme al suo assistente Hussein Hanun al Saadi, e' il piu' bel complimento
che si possa fare a chi per mestiere divulga le notizie. "La consideriamo
una dei nostri", aggiunge il testo, sottoscritto da tre premi Nobel per la
letteratura (Elfriede Jelinek, Naghib Mahfouz, Wole Soyinka) e da un elenco
impressionante di autori (Breyten Breytenbach, David Lodge, Antonio
Tabucchi, Hubert Nyssen, Russel Banks, Enrique Vilas-Metas, Sonallah
Ibrahim, Gamal Ghitany, eccetera).
Dal pomeriggio di mercoledi' 5 gennaio, e dopo aver scritto un articolo di
1.392 parole, Florence Aubenas non ha piu' dato notizie ne' dell'Iraq ne' di
se'. Eppure il silenzio non e' il suo forte. La giornalista francese ama
parlare e far parlare, vivere e far vivere. I suoi articoli mostrano la sua
bravura nell'aprire le virgolette e lasciar scorrere le parole degli
interlocutori. Aggiungendo le sue parole con parsimonia e umilta'. "Sa
raccontare le cose con molta raffinatezza, senza mai cadere nella
caricatura", racconta uno dei suoi amici piu' stretti nella redazione di
"Liberation".
Florence Aubenas, che compie 44 anni il 6 febbraio, e' partita per Baghdad
poco prima di Natale. Si e' portata dietro le bozze di un libro che ha
scritto sul processo d'Outreau, un caso francese in cui delle persone sono
state accusate ingiustamente di pedofilia. Dalla sua assunzione a
"Liberation", nel 1986, la giornalista ha cambiato spesso argomenti e
interessi. Da un articolo sull'anniversario dell'introduzione delle ferie
pagate a uno spossante reportage sullo Zaire; da un viaggio in Kosovo a un
ritratto del movimento femminista delle Chiennes de guarde; da un processo a
Jose' Bove' a un soggiorno in Marocco; dalle paure per l'inizio del nuovo
millennio all'inquietante ascesa del leader d'estrema destra Joerg Haider in
Austria; dalle frivolezze del festival di Cannes al dramma silenzioso delle
tribu' hazara in Afghanistan. Aubenas moltiplica i generi e li mescola, ma
senza ingarbugliarli. "Florence non cerca di adeguare un avvenimento al suo
stile, ma adatta il suo stile all'avvenimento. Ha molti modi di scrivere"
commenta uno dei suoi amici a "Le Monde", redazione dove ha lavorato
brevemente nel gennaio del 1995.
*
Intervistatrice eccellente
Nata a Ixelles, alla periferia di Bruxelles, da un padre diplomatico presso
la Comunita' europea e da una madre insegnante di storia del cinema,
Florence vive la sua infanzia in Belgio. Poi si trasferisce nella regione
parigina ed entra al Centro di formazione dei giornalisti (Cfj), da cui esce
diplomata nel 1984. Esordisce al "Nouvel Economiste" e nel 1986 passa a
"Liberation". Entrata come editor, fa la redattrice nelle pagine di societa'
e poi di esteri, prima di diventare una grande reporter a suo agio in tutti
i settori. Una specie di elettrone libero in questa redazione di cui
condivide profondamente la cultura. Dopo i suoi reportage del 1996 e 1997
nella regione dei Grandi laghi, ancora segnata dal genocidio ruandese,
conclude: "Abbiamo due occhi di troppo". Ma volente o nolente, lei li tiene
aperti. Come continua a tendere l'orecchio, ascoltando la gente, spiando gli
scoppi di voce o i mormorii. Registra e restituisce, tirando fuori il meglio
dagli esseri umani anche quando e' nascosto. "E' un'intervistatrice
eccellente", assicura un collega. "Sa mettersi sullo stesso piano del suo
interlocutore, non e' mai arrogante".
Il 15 febbraio 1999 pubblica un lungo reportage da un quartiere popolare del
bacino di Longwy, intitolato Noi, i bianchi della Zup (Zona a urbanizzazione
prioritaria). Ascolta e trascrive senza abbellimenti la disperazione di quei
francesi cosiddetti d'origine che si sentono abbandonati dal potere e vivono
tra disillusioni, insicurezza e intolleranza nei confronti
dell'immigrazione. Tra le righe e' gia' annunciato l'esito del primo turno
delle elezioni presidenziali del 21 aprile 2002, con il successo di
Jean-Marie Le Pen. Innamorata del Maghreb, Florence Aubenas e' stata spesso
in Algeria. Si e' occupata della "sporca guerra" tra il potere centrale e
gli islamisti, ha tentato di spiegarne i sottintesi e le ipocrisie. Ha
cercato di descrivere una societa' in preda alle convulsioni senza
trascurare nessun aspetto, compresi quelli in apparenza piu' insignificanti.
"Il caso comincia con un cadavere, come al cinema. Ma questa volta e' il
cadavere del cinema stesso, quello algerino", scrive all'inizio di un
articolo sull'argomento.
*
Niente lezioni
I suoi amici raccontano l'acuto spirito critico, l'umorismo a volte mordace,
che i lettori abituati al suo contegno impeccabile non sospettano nemmeno.
Questa professionista riserva gli attacchi piu' feroci a quelli che si
ergono a censori dei costumi giornalistici. Abituata a lavorare sul campo,
non apprezza i loro rimproveri e, se ne ha l'occasione, glielo fa sapere.
Florence Aubenas non ha accettato lezioni per definire i limiti del suo
lavoro. Nel 1999 pubblica con Miguel Benasayag La fabrication de
l'information: les journalistes et l'ideologie de la communication, una
riflessione su un mestiere e sulle sue distorsioni. "Il sistema della stampa
non vive nel 'pensiero unico', ma in un mondo unico dove tutti concordano
nel trovare un certo avvenimento degno d'interesse e un altro trascurabile",
scrive. Eppure, secondo lei, il "desiderio di partecipazione" che
caratterizza la societa' giustifica da solo la professione di reporter, di
cronista.
Davanti agli alunni di una classe, ai membri del circolo Gramsci di Limoges
o a una platea riunita dal movimento "Motive'-e-s", accetta di spiegare il
suo lavoro, i suoi bisogni e le sue vanita'. Malgrado la professionalita'
impeccabile, il giudizio affilato e la capacita' d'introspezione, non vuole
diventare un mostro sacro del giornalismo. Florence non tarda mai a rifare i
bagagli. "E' un'amante del combattimento, un'avventurosa", spiega un suo
amico. Nuotatrice nel tempo libero, instancabile viaggiatrice per lavoro. Va
per la prima volta in Iraq nel settembre del 2003, e al ritorno scrive la
prefazione di un libro di Sihem Bensedrine, Lettre a' une amie irakienne
(disparue). Nel testo sostiene l'esistenza di un punto di vista diverso per
riflettere su questo paese e i suoi tormenti. Cita un professore
universitario incontrato laggiu': "Se vuole sopravvivere, il debole e'
obbligato a capire cosa pensa chi comanda. In compenso, che importa al
potente di quello che ha in testa il debole?".
Un teorema che lei non smette di voler contraddire, interessandosi ai
soldati semplici, ai senza parola e ai clandestini. Nella Baghdad devastata
dalla guerra, in un paese diventato epicentro geopolitico, da' quindi la
parola ai netturbini della citta', che lavorano per tre dollari al giorno.
Lettrice vorace per passione, contemplatrice per mestiere, a volte si
impegna in prima persona. Partecipa con l'associazione Africa al lancio di
un'universita' popolare a La Courneuve (Seine-Saint-Denis). Non nasconde il
suo interesse per le idee no-global in Resistere e' creare, pubblicato nel
2003. Collabora ad "Autodafe'", la prestigiosa rivista del Parlamento
internazionale degli scrittori.
*
Autoironia
Ma non e' una che si prende troppo sul serio. Uno dei suoi vicini di
computer nella redazione di "Liberation" racconta le sue imitazioni della
pepete - eroina di una canzone di Renaud -, quando finge di incipriarsi o di
limarsi le unghie mentre fa discorsi stupidi. La sua risata, l'armatura di
una persona molto sensibile, risuona nei grandi uffici all'americana della
redazione di "Liberation". "Viene al giornale per divertirsi, ha la
capacita' di mettere tutto in ridicolo", racconta un collega. Quella risata
cosi' comunicativa le serve anche ad ammorbidire la diffidenza dei suoi
interlocutori.
"Sa essere anche acida", osserva un altro amico. Ma la sua ironia,
assicurano i piu' intimi, e' accettata anche perche' molto spesso la rivolge
contro di se'. Cosi', in occasione di una festa a Montreuil, si presenta al
volante di un'auto prestata, una macchina americana che sembra uscita da una
serie poliziesca. Si attira gli applausi ironici dei presenti e accetta
tranquillamente le prese in giro.
"Per lei tutti gli avvenimenti hanno lo stesso valore", osserva un collega.
E meritano lo stesso investimento intellettuale. Cosi', prima che cominci il
processo d'Outreau, si da' a un'opera da certosino: si chiude in uno studio
per rileggere l'intero fascicolo e riempie un quaderno di appunti che,
durante il processo, dividera' con i colleghi meno previdenti. A mezzogiorno
si accontenta di un pasto veloce e accetta di abbandonarsi ai piaceri della
tavola soltanto la sera, quando il suo articolo e' arrivato in redazione a
Parigi.
I suoi amici ricordano battute a volte feroci, falsa cattiveria che maschera
un'autentica modestia. La giornalista non e' il tipo che parla di se'. "Non
racconta le guerre personali", assicura un collega. La relazione sulla sua
esperienza in Iraq, che le tocchera' scrivere al ritorno e di cui sara'
necessariamente protagonista, non sara' il compito piu' facile della sua
carriera. "A che somiglia Baghdad vista dall'interno?", si chiedeva Florence
Aubenas nella prefazione al libro sull'Iraq.
Ora tutti hanno fretta di leggere la descrizione fatta dalla sua penna. Nel
frattempo, sua madre dice di essere "ridotta a un'inerzia dolorosa", e cosi'
anche gli amici, che ne tessono le lodi su tutti i giornali. I colleghi
preoccupati aspettano con impazienza il momento in cui le loro testimonianze
d'affetto, necessariamente maldestre, meno raffinate di quanto saprebbe fare
lei, verranno passate al tritatutto della sua ironia.

3. INIZIATIVE. DAL FORUM SOCIALE MONDIALE CINQUE PROPOSTE DI AZIONE
NONVIOLENTA
[Ringraziamo Rocco Altieri (per contatti: roccoaltieri at interfree.it) per
averci inviato questo elenco di proposte di azione nonviolenta emerso dallo
specifico incontro sulla nonviolenza del Forum sociale mondiale svoltosi a
Porto Alegre il 30 gennaio 2005, e l'articolo seguente di Marina Pignatti
Morano]

1. Intervento di forze civili nonviolente in Israele e Palestina
Obiettivo della proposta: la creazione di una forza internazionale
d'intervento civile nei territori di Israele e Palestina, per sostenere una
risoluzione politica del conflitto tramite un'azione di interposizione,
dissuasione e mediazione tra le due popolazioni.
Azioni dirette a raggiungere l'obiettivo: campagna mondiale di pressione
sulle istituzioni nazionali (parlamenti, governi) ed internazionali (Ue,
Onu) tramite l'invio di cartoline postali, l'organizzazioni di
manifestazioni ecc. per chiedere l'organizzazione ed il finanziamento di
questa forza civile d'intervento.
Referenti: interventioncivile at free.fr (presente al Forum sociale mondiale:
Jean-Marie Muller - Mouvement pour une Alternative Non-Violente) in
connessione alla campagna organizzata dal Man in Francia e rivolta
all'Unione Europea, vedi sito www.interventioncivile.org
*
2. Coalizione di organizzazioni per la promozione di un sistema
internazionale di formazione all'azione nonviolenta
Obiettivo della proposta: offrire un sistema di formazione efficiente,
decentralizzato e su larga scala per l'azione nonviolenta, diretto ad
individui, organizzazioni e movimenti sociali che vogliano organizzare e
promuovere forze d'intervento non armate e nonviolente per la risoluzione
dei conflitti sociali, politici ed internazionali.
Azioni dirette a raggiungere l'obiettivo: localizzazione tramite internet e
reti di conoscenza delle organizzazioni grandi e piccole che gia' forniscono
tali corsi di formazione e che possano essere interessate a partecipare, per
invitarle a condividere le loro esperienze, a coordinare i loro corsi e
promuoverli congiuntamente.
Referenti: info at nonviolentpeaceforce.org (presente al Forum sociale
mondiale: David Hartsough - Nonviolent Peaceforce).
*
3. Campagna mondiale per ridurre le spese pubbliche dedicate alla difesa
armata e trasferirle alla promozione della difesa non armata e nonviolenta,
e all'intervento nonviolento nei conflitti
Obiettivo della proposta: esercitare pressione sui governi nazionali
affinche' sottraggano lo 0,3% del loro bilancio dalla difesa armata e lo
trasferiscano alla promozione di una cultura di pace, e all'intervento
nonviolento nei conflitti. Sostenendo allo stesso tempo la necessita' che
gli Stati assegnino lo 0,7% del proprio bilancio alla cooperazione per lo
sviluppo, si intende cosi' giungere all'1% dei bilanci pubblici dedicato
alla realizzazione di un ordine internazionale giusto e pacifico. Per
avviare questo processo tale richiesta verra' fatta contemporaneamente alle
amministrazioni pubbliche locali e regionali, affinche' dedichino l'1% dei
propri bilanci alla pace (0,3%) e alla cooperazione con i paesi in via di
sviluppo (0,7%).
Azioni dirette a raggiungere l'obiettivo: promozione dell'obiezione alle
spese militari da parte di tutta la popolazione (ogni famiglia rifiuta di
pagare una quota delle proprie tasse e la versa ad organizzazioni o uffici
pubblici che lavorano per progetti di pace, denunciando questo atto al
Ministero del Tesoro affinche' tale somma venga sottratta al Ministero della
Difesa) per dimostrare che i cittadini vogliono che i propri soldi vengano
spesi per la risoluzione non armata dei conflitti. Inoltre si intende
promuovere un'azione di pressione ed informazione verso parlamentari e
politici.
Referenti: novacis at novacis.org (presente al Forum sociale mondiale: Marti'
Olivella - Nova - Centro para la Innovacion Social)
*
4.  Nessun omicidio in nome di Dio
Obiettivo della proposta: invitare i rappresentanti di tutte le religioni a
lavorare congiuntamente per valorizzare le radici nonviolente delle loro
fedi e dottrine, ed eliminare ogni giustificazione religiosa alla guerra e
alla violenza.
Azioni dirette a raggiungere l'obiettivo: contattare il Parlamento Mondiale
delle Religioni ed altre grandi organizzazioni ecumeniche per lavorare
assieme su questa proposta. Curare la stampa e distribuzione al pubblico
piu' ampio, specialmente nelle zone di conflitto interreligioso, di
pubblicazioni sugli insegnamenti religiosi e le citazioni da testi sacri che
conducano sul sentiero della nonviolenza.
Referenti: novasc at ecoweb.co.zw (presente al Forum sociale mondiale: John
Stewart - Novasc - Nonviolent Action for Social Change).
*
5. Studio di fattibilita' per una campagna mondiale di boicottaggio contro
Exxon-Esso-Mobil e Coca-Cola, per lottare contro le guerre del petrolio e
gli abusi delle multinazionali
Obiettivo della proposta: chiarire se sia possibile lanciare un boicottaggio
mondiale con una singola campagna internazionale che ottenga il massimo
supporto da parte di tutte le organizzazioni che partecipano al Forum
sociale mondiale, campagna che possa essere efficace per fermare le guerre
condotte per interessi strategici legati al petrolio, e le politiche
anti-ambientaliste e anti-sindacali delle imprese multinazionali.
Azioni dirette a raggiungere l'obiettivo: consultazione di tutte le
organizzazioni che prendono parte ai forum sociali mondiali e regionali
perche' possano appoggiare congiuntamente un'unica campagna di boicottaggio
nei prossimi mesi. Se questo processo avesse successo la campagna va
organizzata nella pratica utilizzando l'esperienza di tutte le campagne di
boicottaggio gia' esistenti.
Referenti: ektasreeni at yahoo.co.in  (presente al Forum sociale mondiale:
Pudussery Sreenivasan - Ekta Parishad).
*
Prime organizzazioni aderenti:
Tavola della Pace e della Cooperazione (Italia); Nonviolent Peaceforce (Ong
internazionale composta da 94 organizzazioni); Novasc - Nonviolent Action
for Social Change (Zimbabwe); Nova - centro para la Innovacion Social
(Catalunya- Espana); Ekta Parishad (India); Asociacion Comunidad Papa Juan
XXIII - Proyecto Go'el (Chile); Asociacion Moebius (Argentina); Man -
Mouvement pour une Alternative Non-Violente (France); Irnc - Institut de
Recerche sur la Resolution Nonviolent des Conflits (France); Secours
Catholique (France); Centro Gandhi (Italia); Ipaz - Agencia Internacional
pela Paz (Brasil); Service Civil Internacional (Ong internazionale, non
aderisce alla proposta n. 5); Peaceworkers (Ong internazionale); Pragati
Gramin Vikas Samiti (India); Daulat ram - Bhartiy jan sewa ashram (India);
Kapil deo - Dalit action group (India); Women's Organisation for Rural
Development (India); Cipfe - centro de investigacion franciscano ecologico
(Uruguay); Gandhi Peace Foundation (India); Grameen Vikas Prathisthan
(India); Centre for experiencing socio-cultural interaction (India);
Sarvodaya Kendram (India); Prathishtan Foundation (India); Mijarc-Carym
(Uganda).
Referente organizzativo dei proponenti per l'Italia: Martina Pignatti Morano
(Centro Gandhi, associazione per la nonviolenza onlus - Pisa), e-mail:
pignattimora at unisi.it, tel: +39-3290540808.

4. RIFLESSIONE. MARINA PIGNATTI MORANO: LA FORZA DELLA NONVIOLENZA. CINQUE
PROPOSTE DA PORTO ALEGRE
[Martina Pignatti Morano (per contatti: pignattimora at unisi.it) del Centro
Gandhi di Pisa, e' referente italiana delle proposte per l'azione
nonviolenta segnalate in questo articolo e nel documento che precede]

Per i veterani dei forum sociali mondiali, l'appuntamento di Porto Alegre
era quest'anno l'ennesimo straordinario viaggio alla ri-scoperta dei
movimenti, con codici organizzativi collaudati e collaborazioni da
consolidare, ma c'e' sempre qualcuno che intraprende quest'avventura per la
prima volta e riesce a creare nuovi spazi di dialogo. Cosi' e' stato
quest'anno per un gruppo interno alla delegazione italiana, coordinato dalla
Tavola della pace e della cooperazione di Pontedera e dal Centro Gandhi di
Pisa, che ha voluto cercare sinergie con tutte le organizzazioni che
promuovono l'azione nonviolenta contro la guerra e per il cambiamento
sociale. Ad un mese dal forum i risultati politici di questo processo si
stanno concretizzando in campagne unitarie, ma il primo obiettivo raggiunto
e' stato quello di far sentire all'interno del Forum sociale mondiale la
voce di chi pianifica le proprie lotte ed i propri obiettivi proprio a
partire dalla scelta di mezzi nonviolenti.
Le iscrizioni al forum del 2005 andavano compilate identificando la propria
iniziativa tramite una parola chiave, da scegliere in una lista di oltre
cento voci. Tra queste voci comparivano la parola "pace" come la parola
"guerra", compariva "violenza" ma non compariva la parola "nonviolenza". E'
infatti diffusa l'idea che la nonviolenza sia semplice rifiuto dell'uso
della violenza fisica o psichica, e non una pratica di resistenza attiva
all'ingiustizia e all'oppressione. Certamente "un altro mondo e' possibile"
qui ed ora se nella nostra resistenza rifiutiamo pratiche violente,
escludenti, discriminatorie, ma questa mossa non ci lascia imbelli di fronte
all'ingiustizia e anzi non puo' prescindere dalla prima fondamentale scelta
che e' quella di resistere, elaborare alternative e, all'occorrenza,
disobbedire.
Secoli di lotte nonviolente da parte di uomini e donne di diversissime
estrazioni sociali, etniche e politiche ci hanno lasciato in eredita' una
vasta gamma di strategie concrete per porre freno alla violenza altrui,
anche nei casi estremi di lotta contro dittature sanguinarie o contro la
colossale potenza economica di aziende multinazionali. Queste strategie sono
le stesse che adoperano nelle pratiche quotidiane le migliaia di
organizzazioni presenti ai Forum sociali mondiali, ma piu' attenzione alla
caratterizzazione nonviolenta delle lotte potrebbe aggiungere qualcosa di
importante al movimento. Puo' aiutarci a disegnare le nostre campagne, anche
quelle di disobbedienza e obiezione di coscienza, in modo tale da invitare e
permettere l'adesione di tutta la popolazione, senza richiedere ruoli
privilegiati di piccole avanguardie. Puo' consentirci di comunicare ai piu'
un messaggio profondamente radicale senza incorrere nella censura di chi
assimila la resistenza attiva alla sovversione violenta. Puo' consentirci di
attivare un dialogo proficuo con i nostri avversari politici, i quali
percepiranno che attacchiamo le loro politiche, i loro comportamenti e le
loro ideologie ma conserviamo speranza nella loro umanita': essi stessi sono
vittime della violenza strutturale insita nei sistemi sociali, politici ed
economici in cui si muovono.
Per sostenere questi argomenti molti attivisti hanno lavorato assieme a
Porto Alegre, e da una discussione teorica e filosofica sono passati ben
presto all'analisi di lotte concrete che possano testimoniare la forza e
l'efficacia della nonviolenza per trasformare i conflitti e costruire la
pace.
*
Dopo una prima conferenza molto partecipata su presupposti e strategie
dell'azione nonviolenta nella lotta sociale e politica, venticinque
organizzazioni da Europa, India, Africa e Americhe hanno proseguito il
dibattito in successivi eventi elaborando cinque proposte d'azione
nonviolenta da realizzare su scala mondiale.
La prima iniziativa e' una campagna di pressione sulle istituzioni nazionali
ed internazionali per chiedere l'invio di forze civili nonviolente in
Israele e Palestina, con l'obiettivo di dimostrare che corpi civili di pace
possono intervenire efficacemente nei conflitti. Tali forze, soprattutto se
riconosciute come corpi ufficiali dell'Unione Europea o delle Nazioni Unite,
potrebbero con la loro sola presenza diminuire gli atti di violenza,
proteggere la popolazione civile dagli abusi di soldati e combattenti,
creare spazi di dialogo per una soluzione politica del conflitto. La
campagna di pressione verso Parlamento e Commissione Europea e' coordinata
dal francese Mouvement pour une Alternative Non-Violente (Man) e verra'
presto lanciata in Italia.
La seconda proposta mira a individuare e mettere in rete tutte le
organizzazioni che nel mondo offrono formazione all'azione diretta
nonviolenta, perche' tramite la condivisione di pratiche ed esperienze si
possa migliorare l'efficacia di tali corsi. Si riuscira' cosi' ad indicare
ad attivisti e movimenti di ogni paese a quali realta' locali possono fare
riferimento se vogliono organizzare e promuovere forze d'intervento non
armate e nonviolente per la risoluzione dei conflitti sociali, politici ed
internazionali. Proprio a Porto Alegre due rappresentanti della societa'
civile irachena, convinti che "la nonviolenza sia l'unica strada
percorribile in Iraq per la liberazione" hanno chiesto percorsi di
formazione e discussione sulle strategie di lotta nonviolenta. Per non
lasciar cadere nel vuoto questi importantissimi segnali, lavorera' sulla
rete di formatori l'organizzazione internazionale Nonviolent Peaceforce.
Altro progetto da costruire e' una campagna mondiale per la riduzione delle
spese pubbliche dedicate alla difesa armata, con la richiesta che le risorse
vengano trasferite alla promozione di sistemi di difesa civile non armata e
all'intervento nonviolento nei conflitti. L'obiettivo della proposta e'
quello di esercitare pressione sui governi nazionali tramite l'obiezione
alle spese militari ed altre iniziative, affinche' sottraggano una
percentuale del loro bilancio dalla difesa armata e lo trasferiscano alla
promozione di una cultura di pace e all'intervento nonviolento nei
conflitti. Una diminuzione del budget affidato al Ministero della Difesa
potrebbe innanzitutto indurre le istituzioni a non investire in sistemi
d'arma puramente offensivi (portaerei, caccia Efa, ecc.) e limitarsi alla
detenzione di armi difensive. La proposta, che in Italia intende potenziare
la Campagna di obiezione alle spese militari, e' in via di organizzazione a
partire dal Centro para la Innovacion Social (Nova) spagnolo.
Il quarto progetto e' una campagna diretta ai rappresentanti di tutte le
religioni per invitarli a lavorare congiuntamente per far emergere le radici
nonviolente delle loro fedi e dottrine, ed eliminare ogni giustificazione
religiosa alla guerra e alla violenza. L'associazione Nonviolent Action for
Social Change (Novasc) dello Zimbabwe si occupera' della raccolta di
adesioni e chiedera' alle grandi organizzazioni ecumeniche di curare la
stampa e distribuzione al pubblico piu' ampio, specialmente nelle zone di
conflitto interreligioso, di pubblicazioni sugli insegnamenti religiosi e le
citazioni da testi sacri che conducano sul sentiero della nonviolenza.
Infine la quinta proposta e' uno studio di fattibilita' per una campagna
mondiale di boicottaggio della Exxon-Esso-Mobil e Coca-Cola contro le guerre
condotte per interessi strategici legati al petrolio e contro le politiche
anti-ambientaliste e anti-sindacali delle imprese multinazionali. L'intento
e' quello di chiarire se sia possibile lanciare una singola campagna
internazionale che ottenga il massimo supporto da parte di tutte le
organizzazioni che partecipano al Forum sociale mondiale. Questo processo di
consultazione verra' curato dal movimento indiano Ekta Parishad, il quale e'
riuscito a far chiudere impianti della Coca Cola che sottraevano l'acqua
potabile alla popolazione nel Sud dell'India.
Il futuro di questi progetti dipendera' dalla capacita' delle organizzazioni
proponenti di mettersi in rete con movimenti e campagne simili gia'
esistenti, ma soprattutto dalla capacita' di elaborare e realizzare azioni
dirette nonviolente volte a sostenere i cinque obiettivi. La nonviolenza e'
antica come le montagne, ma la sua forza va riscoperta e reinventata ogni
giorno nelle nostre lotte.

5. MATERIALI. PER UNA BIBLIOGRAFIA SULLA SHOAH (PARTE TRENTAQUATTRESIMA)

GITTA SERENY
Nata a Vienna da padre ungherese, vive e lavora a Londra collaborando con
testate giornalistiche, ha svolto celebri inchieste su terribili vicende.
Opere di Gitta Sereny: In quelle tenebre, Adelphi, Milano 1975, 1994;
Bambini invisibili, Mondadori, Milano 1986.

VICTOR SERGE
Nato a Bruxelles nel 1890, partecipo' alla rivoluzione russa, opponendosi
poi allo stalinismo. Mori' in Messico nel 1947. Opere di Victor Serge: in
italiano tra i libri e gli opuscoli editi in vita: Gli anarchici e
l'esperienza della rivoluzione russa, Jaca Book; Lenin 1917, De Donato;
L'anno primo della rivoluzione russa, Einaudi; La citta' conquistata,
Manifestolibri; Letteratura e rivoluzione, Celuc; La crisi del sistema
sovietico, Ottaviano; Da Lenin a Stalin, Savelli; E' mezzanotte nel secolo,
Edizioni e/o; Ritratto di Stalin, Erre Emme; tra quelli editi postumi: Il
caso Tulaev, Bompiani; Vita e morte di Trotskij, Laterza; La svolta oscura,
Celuc; Memorie di un rivoluzionario, La Nuova Italia, poi Mondadori,
recentemente ripubblicato dalle Edizioni e/o; Anni spietati, Mondadori; Le
lotte di classe in Cina nella rivoluzione del 1927, Samona' e Savelli. Opere
su Victor Serge: Vincenzo Sommella, Victor Serge, Prospettiva Edizioni, Roma
1995.

FREDIANO SESSI
Scrittore, studioso della Shoah. Dalla rete telematica riprendiamo la
seguente scheda: "Frediano Sessi e' nato a Mantova nel 1949; narratore,
saggista, consulente editoriale e traduttore; i suoi ambiti di indagine
privilegiata sono lo studio della Shoah e della Resistenza. Dopo gli studi
universitari in Italia e all'estero, ha cominciato la sua collaborazione con
riviste di cultura quali 'Il piccolo Hans' e 'Alfabeta'. Comincia nella
meta' degli anni Settanta la sua consulenza con l'editore Einaudi, per il
quale cura, tra l'altro, traduzioni e saggi sui temi della persecuzione
degli ebrei sotto il nazismo. Porta in Italia l'edizione definitiva del
Diario di Anna Frank e il monumentale saggio di Hilberg La distruzione degli
ebrei d'Europa. Dirige presso Marsilio la collana 'Gli specchi della
memoria' e collabora alle pagine culturali del 'Corriere della Sera'. Alcuni
dei suoi romanzi per adulti e per ragazzi trattano il tema dell'irruzione
della grande storia nelle vite quotidiane di uomini e donne, che cercano di
resistere alla violenza e al sopruso. Vincitore del premio Hemingway con il
romanzo L'ultimo giorno (1995), sviluppa i suoi interessi narrativi e
saggistici nella direzione di una ricerca sugli effetti che la violenza
totalitaria ha prodotto sugli uomini e sulle donne che ne sono stati vittime
o spettatori indifferenti". Opere di Frediano Sessi: fondamentale lo studio
Auschwtz 1940-1945, Rizzoli, Milano 1999; molto utile anche Non dimenticare
l'Olocausto, Rizzoli, Milano 2002. Oltre ad aver scritto vari romanzi ed
opere per ragazzi, ha curato l'edizione definitiva del Diario di Anna Frank,
Il ghetto di Varsavia di Mary Berg, Il libro ritrovato di Simha Guterman, Il
diario di David Sierakowiak, La distruzione degli ebrei d'Europa di Raul
Hilberg. Altre opere di Frediano Sessi: Il diavolo in chiostro , Elitropia,
1986; Il ragazzo celeste, Marsilio, 1991; Ritorno a Berlino, Marsilio, 1993;
L'ultimo giorno, Marsilio, 1995; Alba di nebbia, Marsilio, 1998; Sotto il
cielo d'Europa, Einaudi, 1998; Ultima fermata Auschwitz, Einaudi, 1996; Nome
di battaglia: Diavolo, Marsilio, 2000; con E. Collotti e R. Sandri,
Dizionario della Resistenza, Einaudi, 2000; L'isola di Rab (1941-1943),
Mondadori, 2001; con Roberto Merlo, Mantova in volo, Tormena, 2002.

GIOVANNI BATTISTA SGUARIO
Direttore del Consorzio per la gestione delle biblioteche di Viterbo,
studioso della deportazione. Opere di Giovanni Battista Sguario:
Viterbo-Auschwitz sola andata. La triste storia di tre ebrei viterbesi,
Consorzio gestione biblioteche, Viterbo 1999.

GENE SHARP
E' nato nell'Ohio (Usa) nel 1928. Ha insegnato in diverse universita' e
dirige istituti e programmi di ricerca per le alternative nonviolente nei
conflitti e nella difesa. Opere di Gene Sharp: Politica dell'azione
nonviolenta, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1985-1997; quest'opera in tre
volumi e' un testo di riferimento fondamentale per chiunque operi in
situazioni di conflitto e intenda adottare le tecniche della nonviolenza o
promuovere la teoria-prassi nonviolenta. Di Sharp in italiano e' disponibile
anche Verso un'Europa inconquistabile, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1989.

WILLIAM SHIRER
Giornalista, saggista e storico americano. Opere di William Shirer: Storia
del Terzo Reich, Einaudi, Torino 1990; Mahatma Gandhi, Frassinelli, Milano
1983.

CHONE SHMERUK
Chone Shmeruk (1921-1997) e' stato uno dei maggiori studiosi di lingua e
cultura yiddish del Novecento. Opere di Chone Shmeruk: Breve storia della
letteratura yiddish, Voland, Roma 2004.

RENATE SIEBERT
Renate Siebert, sociologa di origine tedesca, nata a Kassel nel 1942,
allieva di Theodor W. Adorno, vive e lavora nell'Italia meridionale, dove
insegna Sociologia del mutamento presso l'Universita' di Calabria. Opere di
Renate Siebert: oltre a Frantz Fanon e la teoria dei rapporti tra
colonialismo e alienazione, Feltrinelli, Milano 1970, e ad Interferenze,
Feltrinelli, Milano 1979 (in collaborazione con Laura Balbo), tra le opere
recenti segnaliamo: E' femmina pero' e' bella, Rosenberg & Sellier, Torino
1991; Le donne, la mafia, Il Saggiatore, Milano 1994 (poi Est, 1997); La
mafia, la morte e il ricordo, Rubbettino, Soveria Mannelli 1995; Mafia e
quotidianita', Il Saggiatore, Milano 1996; Andare ancora al cuore delle
ferite, La Tartaruga, Milano 1997 (intervista ad Assia Djebar); Cenerentola
non abita piu' qui, Rosenberg & Sellier, Torino 1999; (a cura di), Relazioni
pericolose, Rubbettino, Soveria Mannelli 2000; Il razzismo. Il
riconoscimento negato, Carocci, Roma 2003.

DARINA SILONE
Darina Laracy Silone, indimenticabile e tenerissima lottatrice per la
dignita' umana, la verita' e la nonviolenza, e' nata a Dublino il 30 marzo
1917, laureata in letteratura francese alla Sorbona di Parigi, conobbe
Silone tra gli esuli antifascisti a Zurigo durante la guerra e ne divenne
compagna, interlocutrice e collaboratrice preziosa, e traduttrice in inglese
e in francese; dalla fine della guerra viveva a Roma nella casa in cui aveva
abitato con Silone fino alla sua scomparsa nel 1978; e' deceduta il 25
luglio 2003; curatrice del lascito siloniano, alle sue cure si deve la
pubblicazione postuma dell'ultimo e incompiuto capolavoro siloniano,
Severina, presso Mondadori.

IGNAZIO SILONE
Ignazio Silone, nato come Secondino Tranquilli a Pescina dei Marsi, nel
cuore della Marsica, il primo maggio 1900; a quindici anni il terremoto lo
lascia orfano. Avviene allora l'incontro con don Orione, cui restera'
profondamente legato. Impegnato nel movimento socialista, al congresso di
Livorno del 1921 aderisce al Partito Comunista, di cui sara' dirigente nel
periodo della clandestinita'. Nel 1931, maturate posizioni antitotalitarie,
esce dal partito. Negli anni della guerra dirige il centro estero del
Partito Socialista. Dal '49 abbandona la militanza politica di partito e per
il futuro sara' - come dira' in un'intervista del '61 - "cristiano senza
chiesa e socialista senza partito". Nel 1950 viene fondato il movimento per
la liberta' della cultura, Silone fonda e dirige la sezione italiana. Nel
1956 con Nicola Chiaromonte fonda e dirige la rivista "Tempo presente".
Scompare il 22 agosto 1978. Strenuamente impegnato per la dignita' ed i
diritti degli oppressi, intransigentemente antitotalitario, la sua prima e
fondamentale opera letteraria, Fontamara, fu quasi un grido di battaglia per
l'antifascismo internazionale e ancora dopo e sempre per generazioni di
militanti impegnati per i diritti e la dignita' umana. Le recenti ricerche
storiografiche in quanto e quando apportino contributi utili e certi alla
conoscenza storica e all'acclaramento della verita' fattuale ed
esistenziale, non potranno che essere giovevoli e benvenute: la figura
dell'autore di Fontamara che dal travaglio e dal momento (il kairos) della
scelta antitotalitaria sempre piu' approfondi' e illimpidi' il suo impegno
per la giustizia e la dignita' umana, per la nonmenzogna e la nonviolenza,
nulla ne ha da temere nella sua grandezza e umanita'. Opere di Ignazio
Silone: un'edizione complessiva e' quella dei Romanzi e saggi, 2 voll.,
Mondadori, Milano 1998-1999 (cui va aggiunto, edito solo in volume a se', Il
fascismo, Mondadori, Milano 2002, 2003); edizioni di singole opere:
Fontamara; Il fascismo, le sue origini e il suo sviluppo; Pane e vino (poi:
Vino e pane); La scuola dei dittatori; Il seme sotto la neve; Ed egli si
nascose; Una manciata di more; Il segreto di Luca; La volpe e le camelie;
Uscita di sicurezza; L'avventura di un povero cristiano; Severina; si veda
anche il Memoriale dal carcere svizzero. Tutte edite da Mondadori, ad
eccezione de: Il fascismo dalla Fondazione Silone (ma ora anche Mondadori),
Ed Egli si nascose da Staderini poi da altri editori; Uscita di sicurezza da
Vallecchi e poi Longanesi, il Memoriale da Lerici (ma tutti e tre questi
ultimi testi ora inclusi nei due volumi mondadoriani dei Romanzi e saggi).
Opere su Ignazio Silone: oggi la biografia di riferimento e' quella di
Ottorino Gurgo, Francesco de Core, Silone. L'avventura di un uomo libero,
Marsilio, Venezia 1998. Tra i saggi su Silone segnaliamo particolarmente:
come introduzioni ad uso scolastico: Carlo Annoni, Invito alla lettura di
Silone, Mursia, Milano 1974, 1986; Sebastiano Martelli, Salvatore Di Pasqua,
Guida alla lettura di Silone; come saggi di autrici che lo conobbero ed
hanno quindi anche un valore testimoniale: Luce D'Eramo, Ignazio Silone.
Studio biografico critico, Mondadori, Milano 1972; Margherita Pieracci
Harwell, Un cristiano senza chiesa, Studium, Roma 1991.

6. RIFLESSIONE. LIDIA MENAPACE: L'UOMO DELL'OBBEDIENZA
[Dal quotidiano "Liberazione" del 23 febbraio 2005 riprendiamo il seguente
articolo.
Lidia Menapace (per contatti: lidiamenapace at aliceposta.it) e' nata a Novara
nel 1924, partecipa alla Resistenza, e' poi impegnata nel movimento
cattolico, pubblica amministratrice, docente universitaria, fondatrice del
"Manifesto"; e' tra le voci piu' alte e significative della cultura delle
donne, dei movimenti della societa' civile, della nonviolenza in cammino. La
maggior parte degli scritti e degli interventi di Lidia Menapace e' dispersa
in quotidiani e riviste, atti di convegni, volumi di autori vari; tra i suoi
libri cfr. Il futurismo. Ideologia e linguaggio, Celuc, Milano 1968;
L'ermetismo. Ideologia e linguaggio, Celuc, Milano 1968; (a cura di), Per un
movimento politico di liberazione della donna, Bertani, Verona 1973; La
Democrazia Cristiana, Mazzotta, Milano 1974; Economia politica della
differenza sessuale, Felina, Roma 1987; (a cura di, ed in collaborazione con
Chiara Ingrao), Ne' indifesa ne' in divisa, Sinistra indipendente, Roma
1988; Il papa chiede perdono: le donne glielo accorderanno?, Il dito e la
luna, Milano 2000; Resiste', Il dito e la luna, Milano 2001; (con Fausto
Bertinotti e Marco Revelli), Nonviolenza, Fazi, Roma 2004.
Luigi Giussani, nato a Desio nel 1922, sacerdote cattolico, docente di
teologia all'Universita' del Sacro Cuore di Milano, suscitatore del
movimento di Gioventu' studentesca e poi di Comunione e liberazione, autore
di molti scritti ma soprattutto guida di persone ed esperienze, tra le
figure piu' rilevanti della riflessione e dell'impegno ecclesiale degli
scorsi decenni (ed insieme motivo e oggetto di accese controversie e
divergenti interpretazioni - particolarmente per le fin sciagurate malefatte
di strutture e personaggi che al suo insegnamento menavan vanto di
richiamarsi), e' recentemente scomparso]

Insegnavo alla Cattolica di Milano, quando - accanto alla tradizionale
organizzazione degli universitari (Fuci, Federazione universitaria cattolica
italiana) di tradizione laica e antifascista (Rosy Bindi viene da li' e io
pure ci sono passata) - appariva, con qualche spintone e sberleffo, e senza
simpatie reciproche, una nuova sigla che si chiamava Gioventu' studentesca
(Gs), senza indicazione di appartenenza religiosa e senza separazione
organizzativa tra ragazzi e ragazze (come invece ancora usava nell'Azione
Cattolica, che aveva sempre forme separate con separati sacerdoti per
ragazzi e ragazze, uomini e donne).
Certamente la definizione per sola appartenenza sociale (essere studenti) e
l'organizzazione mista di ragazzi e ragazze fu uno dei principali elementi
di successo. Avendo i giessini tra gli studenti del mio corso, fui subito
informata sul loro "don Gius", che non era un assistente ecclesiastico ed
insieme era molto di piu', un autorevole amico, un complice nella risata e
nello sport, negli scherzi, insomma una figura di sacerdote molto popolare,
generoso, vicino, che capiva il presente e lo viveva come la sua avventura
esistenziale di fede.
Negli studi era un grande vantaggio avere i Gs. Tenevo corsi con qualche,
per allora, novita' pedagogica e della ricerca, nel senso che vi erano
esercitazioni preparate e discusse in aula dagli studenti e dalle
studentesse e di conseguenza anche esami di gruppo ecc. Avere i Gs come
segreteria del corso voleva dire dormire sonni tranquilli. Erano di una
abilita' e precisione organizzativa solidissima, non sgarravano una volta.
Ora: si sa che i cattolici sono sempre stati molto organizzati e che uno dei
reciproci motivi di ammirazione ed emulazione tra cattollci e comunisti era
per l'appunto l'organizzazione, ma i Gs avevano la palma. Erano molto
mescolati con tutti e tutte e aperti alle avventure del pensiero e della
ricerca piu' coraggiose: e questo era il primo insegnamento di Giussani.
Mi ricordo che chiedevano lezioni supplementari (erano un po' esagerati,
come don Giussani stesso, che di tutti i sacri testi credo amasse molto il
terribile detto "Guai ai tiepidi, vi vomitero' dalla mia bocca") e insomma
tutto erano tranne che tiepidi. E nei corsi supplementari proponevano di
leggere Gramsci, gli scrittori del neorealismo e proprio niente di pio o di
allineato o rassicurante.
La spinta di Giussani era al rischio, la prudenza e' una virtu' che Cristo
ha esercitato in sommo grado fino a finire in croce sfidando i potenti,
questo era il modo con cui parlava delle virtu'. Insomma era un affascinante
lettore del presente, senza rete, si direbbe oggi. Tutto questo salto' con
il Sessantotto: Gs entro' generosamente e coraggiosamente nel movimento, ma
a un certo punto, per un richiamo di Giussani e una successiva discussione
interna, si spacco' in due e si ritrasse.
Da allora, trasformatasi in Comunione e Liberazione, assunse atteggiamenti
sempre molto giustamente spregiudicati, ma piu' tipicamente integralisti
(come si diceva allora per indicare il fenomeno che oggi chiamiamo
fondamentalismo: una sorta di orgogliosa idea di autosufficenza che dalla
fede traligna volentieri alla societa', all'economia, alla politica).
Insomma Giussani e' stato un importantissimo uomo di fede, con una influenza
forse anche superiore a cio' che credeva (era frequente in lui il cenno alle
cose impreviste, a cio' che non ci si aspetta), con una fede intrepida e
capace di misurarsi - fino a un certo punto.
E' questo che rimane di lui, credo, e non sarebbe male ricordarlo, di la'
dalle immaginette edificanti che gli avrebbero fatto un po' ribrezzo. Il
punto da cui si ritraeva era l'obbedienza alla chiesa: il grande discrimine
tra lui e don Milani o padre Balducci era che per lui l'obbedienza era una
virtu'. Cio' che ci spetta di analizzare e' il fenomeno crescente
dell'integrismo religioso che cominciato in Europa nella sua forma piu' alta
e colta e sottile con la rivista "Esprit" e con Mounier e Maritain, ebbe in
Italia importanti interpreti in Dossetti e La Pira e ando' alle conseguenze
estreme con Giussani.
Non abbiamo ancora mai risolto la questione di come si concilia (o non si
concilia) una opzione di fede con una opzione totalmente laica: i pasticci
intermedi sono invece molti: religione invece di fede, tolleranza invece di
laicita'. Ancora tutto davanti a noi da chiarire: e' una bella sfida.

7. RIFLESSIONE. FILIPPO GENTILONI: DON GIUSSANI
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 23 febbraio 2005. Filippo Gentiloni,
scrittore e giornalista, ha partecipato attivamente al movimento delle
comunita' cristiane di base; tra le sue opere segnaliamo particolarmente
Abramo contro Ulisse, Claudiana, Torino 1984]

La morte di don Giussani ci fa riflettere su una lunga parabola del
cattolicesimo italiano e non solo. Almeno cinquanta anni, mezzo secolo. Una
storia che lui e la sua Comunione e liberazione sembrano avere compendiato,
con le sue luci e le sue ombre. Forti le une e le altre. Cielle, una sorta
di '68 del cattolicesimo. Erano, infatti, gli anni del postconcilio. Anni
vitali, soprattutto giovani. La chiesa cattolica sembrava riacquistare una
buona dose di entusiasmo. La Comunione e liberazione di don Giussani
sembrava raccogliere e rilanciare quell'entusiasmo. Recuperando alcuni
ricchi filoni di pensiero cattolico che nella prima meta' del secolo erano
apparsi dimenticati. Non tanto una dottrina, dunque, ma una persona, quella
del Cristo. La fede non tanto come adesione piu' o meno dottrinale a un
credo, ma come incontro personale con il Cristo. Su questo incontro
insisteva don Giussani.
Molti giovani lo seguivano anche perche' questa "personalizzazione" della
fede cristiana incrociava una cultura che stava uscendo, anche se a fatica,
dai meandri e dalle pastoie di un intellettualismo erede dalla cultura
borghese dei secoli precedenti e ormai stantio. L'"esperienza" cristiana si
sostituiva cosi' alle ingarbugliate pastoie della politica democristiana. In
Cielle i giovani trovavano una fede a misura dei loro sogni, delle loro
aspettative e soprattutto del loro impegno sociale.
Un successo incredibile, dalla Gioventa' Studentesca dei licei di Milano
alle gioventu' di tutto il mondo. Il cattolicesimo sembrava incontrare una
nuova stagione, appunto un suo '68.
Inevitabili le difficolta', gli scontri piu' o meno espliciti. L'antico
associazionismo classico temeva di venire spodestato, superato: lo scontro
con l'Azione Cattolica e' andato avanti fino ai primi anni del nuovo secolo.
Ma la stessa gerarchia ecclesiastica ha avuto l'impressione che si trattasse
di una sorta di "chiesa nella chiesa": lo temeva lo stesso Montini, prima da
arcivescovo di Milano, poi da papa Paolo VI. A dare ragione a don Giussani,
invece, ha pensato Karol Wojtyla, favorevole, anche per temperamento, ad un
cristianesimo che non sta ad aspettare ma che affronta con giovanile
entusiasmo il mondo laico e che i muri cerca di abbatterli, non soltanto
quelli di Berlino.
Entusiasmo: ecco l'espressione piu' giusta per fotografare il cristianesimo
di don Gius, come dicono i suoi. L'entusiasmo di chi non soltanto e' sicuro
di essere dalla parte della ragione, ma anche di chi e' sicuro di proporre
le soluzioni giuste. Che, appunto, non sono un codice ma una persona.
Sulla spinta di don Giussani e di Cielle, molti altri movimenti sono nati e
hanno assunto nel cattolicesimo un ruolo sempre piu' importante. Basti
pensare, fra molti altri, a due casi diversissimi fra di loro ma quanto mai
centrali nel panorama del cristianesimo mondiale, da una parte i Focolarini,
dall'altra Sant'Egidio. "Comunita'", come si suol dire, nelle quali i
vincoli di appartenenza si stringono al punto di mettere quasi in ombra
l'appartenenza alla chiesa universale. Bandiere, identita' che possono far
dimenticare o sottovalutare quella del battesimo. Una storia che e' tipica
del cattolicesimo di questi anni e che ha innegabilmente contribuito alla
sua forza e alla cui origine non e' difficile individuare proprio
l'intuizione di don Giussani.
Ma oggi i tempi sono cambiati: dominano le perplessita' e le incertezze. Gli
entusiasmi e le sicurezze del '68 appaiono lontani.

8. RIFLESSIONE. SEVERINO VARDACAMPI: DAI LORO FRUTTI
[Severino Vardacampi e' uno dei principali collaboratori di questo foglio]

Confesso il mio pregiudizio e la mia ignoranza.
Ho letto tardi, poco e male gli scritti di don Giussani.
Non lo lessi quando ero giovane, non lo lessi nella mia maturita', lo ho
letto solo adesso che mi sento ormai un povero vecchierello sopravvissuto a
stagioni ed esperienze cui pure dedicai non picciola parte delle forze mie.
I pochi libri di Giussani che ho letto credo siano solo un minimo riverbero
della persona, che certo dovette avere un fascino grande e forte una fede.
Ho conosciuto altre persone che poco o nulla hanno voluto scrivere, o che
molto hanno scritto ma nei loro scritti poco o nulla hanno deposto di quel
che piu' valeva tra i doni che recavano, ed erano anime magne. Molte sue
pagine mi lasciano freddo, molte non di rado mi trovano in profondo
dissenso; ma non mancano di quelle che amo, che amo rileggere, ove sento un
vento che respira, che soffia, che vibra, che fischia e che grida, e
trascina. Da quelle pagine intuisco un'anima grande.
*
Ho combattuto contro taluni suoi eredi e sodali, li combatto ancora. Li ho
combattuti perche' li ho percepiti complici del sistema di potere contro cui
non solo ogni bennato ingegno, non solo ogni anima non vile, ma ogni
ragionevole persona combattere deve. Erano i complici di Andreotti e della
politica collusa con pratiche e patti scellerati, poteri criminali, e
turpitudini finanche innominabili; erano i complici degli affari loschi
dello squalo Sbardella, erano i complici di mille e mille malefatte, di
mille e mille malaffari. Che si siano sovente di poi arruolati nelle truppe
berlusconiane, dalla banda del piduista in carriera schierandosi, nulla di
piu' ovvio.
*
Ma nulla del mio pensiero omettere volendo, aggiungero' anche che non solo
non mi piace l'agire degli allievi di successo per quanto hanno poi fatto,
non mi piace neppure l'argomentare del padre fondatore di Cielle. Non mi
piace quella fede tetragona e catafratta che trovo in intima contraddizione
con cio' che del cristianesimo piu' mi commuove: quel messaggio di amore
incondizionato che e' l'antitesi assoluta di chi erige pire e accende roghi.
In non pochi adepti di Cielle, come del resto non solo in non pochi loro
correligionari  ma anche altresi' in adepti - che so - dei partiti comunisti
passati e presenti, ho sovente sentito una disponibilita' a negare il
diritto di esistere all'altro nella sua assoluta alterita', la pretesa di
essere il tutto fuori di cui il nulla solo residua; truce disponibilita',
demente pretesa, di una totalitaria ideologia e pratica figlia, che mi fa
temere per la mia stessa esistenza di povero eretico iscrittosi fin
dall'adolescenza, forse per aver letto troppo presto Leopardi e Cervantes, i
tragici greci e Marx, a quel "partito dei perplessi" di cui diceva Norberto
Bobbio, che e' ancor oggi il mio.

9. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

10. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, sudest at iol.it,
paolocand at inwind.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 858 del 4 marzo 2005

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