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La nonviolenza e' in cammino. 842
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 842
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Wed, 16 Feb 2005 00:32:57 +0100
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 842 del 16 febbraio 2005 Sommario di questo numero: 1. Raffaella Chiodo: Giuliana 2. "Azione nonviolenta" di febbraio 3. Per una bibliografia sulla Shoah (parte ventiduesima) 4. Ileana Montini: Memoria 5. Angela Giuffrida: Una equazione infondata 6. Cecilia Zecchinelli: Donne, elezioni, futuro 7. Franca Bimbi ricorda Franca Ongaro Basaglia 8. Giulio Vittorangeli: Tra passato e futuro 9. Letture: Aldo Capitini, Le ragioni della nonviolenza 10. La "Carta" del Movimento Nonviolento 11. Per saperne di piu' 1. TESTIMONIANZE. RAFFAELLA CHIODO: GIULIANA [Dal quotidiano "Il manifesto" del 14 febbraio 2005. Raffaella Chiodo e' impegnata nella campagna "Sdebitarsi" ed in molte iniziative per la pace e la giustizia, per i diritti dei popoli e delle persone. Giuliana Sgrena, intellettuale e militante femminista e pacifista tra le piu' prestigiose, e' tra le maggiori conoscitrici italiane dei paesi e delle culture arabe e islamiche; autrice di vari testi di grande importanza (tra cui: a cura di, La schiavitu' del velo, Manifestolibri, Roma 1995, 1999; Kahina contro i califfi, Datanews, Roma 1997; Alla scuola dei taleban, Manifestolibri, Roma 2002; Il fronte Iraq, Manifestolibri, Roma 2004); e' stata inviata del "Manifesto" a Baghdad, sotto le bombe, durante la fase piu' ferocemente stragista della guerra tuttora in corso. A Baghdad e' stata rapita il 4 febbraio 2005. Dal sito del quotidiano "Il manifesto" riprendiamo, con minime modifiche, la seguente scheda: "Nata a Masera, in provincia di Verbania, il 20 dicembre del 1948, Giuliana ha studiato a Milano. Nei primi anni '80 lavora a 'Pace e guerra', la rivista diretta da Michelangelo Notarianni. Al 'Manifesto' dal 1988, ha sempre lavorato nella redazione esteri: appassionata del mondo arabo, conosce bene il Corno d'Africa, il Medioriente e il Maghreb. Ha raccontato la guerra in Afghanistan, e poi le tappe del conflitto in Iraq: era a Baghdad durante i bombardamenti (per questo e' tra le giornaliste nominate 'cavaliere del lavoro'), e ci e' tornata piu' volte dopo, cercando prima di tutto di raccontare la vita quotidiana degli iracheni e documentando con professionalita' le violenze causate dall'occupazione di quel paese. Continua ad affiancare al giornalismo un impegno anche politico: e' tra le fondatrici del movimento per la pace negli anni '80: c'era anche lei a parlare dal palco della prima manifestazione del movimento pacifista"] Anche io vivo con un'angoscia terribile il rapimento di Giuliana. Giuliana Sgrena e', come e' stato detto da tanti, proprio una di noi. Non c'e' momento delle mobilitazioni per la pace che non mi ricordi il viso di Giuliana. A Comiso, Gerusalemme, Tindouf, Roma ovunque il movimento pacifista percorre strade difficili lei e' sempre stata, lei c'e'. E' una giornalista-pacifista che non si accontenta di dare le notizie, mestiere di per se' gia' difficile se fatto con la coscienza aperta, corretta e sensibile come e' nel suo caso, ma cerca di capire indagando i contesti sociali, la vita vera delle persone la' dove c'e' il conflitto, e non quello di facciata, ma dentro le pieghe nascoste, raccontando e testimoniando la realta' di chi nelle guerre, nei contesti di conflitto e' vittima anche quando e' scomoda per la "versione ufficiale" delle cose. Per quanto possibile le sono vicina, esprimo la mia solidarieta' ai suoi cari e agli amici del "Manifesto", sapendo che, seppure sia difficilissimo, lei riuscira' a trovare il linguaggio, il modo per comunicare e dialogare perfino con chi l'ha rapita. Questo non e' facile nei luoghi che Giuliana e' abituata a percorrere perche' luoghi di guerra e conflitto dove la parola, il dialogo non hanno cittadinanza. Dall'Iraq e non solo la follia della guerra continua a segnarci e a rimandarci ogni giorno notizie di morte e distruzione testimoniando una realta' ben diversa da quella che il mondo dell'informazione "arruolata" ci propone. Anche noi chiediamo che venga liberata, e subito, evitando ulteriori sofferenze. Abbiamo tutti una ragione in piu' per impegnarci a costruire la forte mobilitazione per la fine della guerra lanciata a Porto Alegre per il 19 marzo. Raffaella Chiodo per la campagna "Sdebitarsi" 2. RIVISTE. "AZIONE NONVIOLENTA" DI FEBBRAIO [Dagli amici della redazione di "Azione nonviolenta" (per contatti: an at nonviolenti.org) riceviamo e diffondiamo] E' uscito il numero doppio di gennaio-febbraio 2005 di "Azione nonviolenta", rivista del Movimento Nonviolento, fondata da Aldo Capitini nel 1964; mensile di formazione, informazione e dibattito sulle tematiche della nonviolenza in Italia e nel mondo. Numero monografico, dedicato alle lotte di resistenza nonviolenta dei popoli indigeni. In questo numero: Trovare un nuovo abbonato: un'occasione di crescita reciproca (di Mao Valpiana); Popoli indigeni e lotte di resistenza nonviolenta per affermare la propria identita' e il rispetto dei valori delle culture indie (servizio a cura di Giulia Allegrini); La nonviolenza e' lo strumento a disposizione del popolo. La violenza e' l'arma naturale dello Stato. L'azione nonviolenta e' politica (intervista a Chaiwat Satha-Anand, Thailandia); Siamo indigene, siamo povere, siamo donne. Dobbiamo lottare tre volte. Con la nonviolenza, che e' femminile (interviste a cura di Giulia Allegrini); Le dieci caratteristiche della personalita' nonviolenta. 1: il ripudio della violenza (di Daniele Lugli); Il cammino della pace: Premio nazionale Danilo Dolci. Le rubriche: A quando un Tavolo programmatico per la pace? (Gianni Scotto); Mi faccia il pieno, grazie. Ma quanto costa veramente? (Paolo Macina); La normalita' del male nel Novecento (Giuseppe Borroni); Boris Vian, storia di un disertore (Paolo Predieri); L'arte di comunicare, per risolvere i conflitti (Sergio Albesano); Caro direttore, le scrivo per dire che...; Scelgo la nonviolenza (Piercarlo Racca) Redazione, direzione, amministrazione: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org Per abbonarsi ad "Azione nonviolenta" inviare 25 euro sul ccp n. 10250363 intestato ad "Azione nonviolenta", via Spagna 8, 37123 Verona. E' possibile chiedere una copia omaggio, inviando una e-mail a: an at nonviolenti.org, scrivendo nell'oggetto "copia Azione nonviolenta". 3. MATERIALI. PER UNA BIBLIOGRAFIA SULLA SHOAH (PARTE VENTIDUESIMA) ROBERT MUSIL Scrittore tra i maggiori del novecento, nato nel 1880 a Klagenfurt, studi di ingegneria, filosofia e psicologia; segue la sua vocazione di scrittore; a seguito dell'Anschluss abbandona Vienna e va in esilio, muore in Svizzera nei pressi di Ginevra nel 1942. E' l'autore de L'uomo senza qualita', uno dei piu' nitidi specchi della crisi della cultura europea del novecento. Opere di Robert Musil: fondamentale e' ovviamente L'uomo senza qualita', Einaudi, Torino; ma cfr. anche almeno I turbamenti del giovane Toerless tradotto anche col titolo Il giovane Toerless, Einaudi, Torino, e Rizzoli, Milano; e le Pagine postume pubblicate in vita, Einaudi, Torino. Opere su Robert Musil: Sergio Checconi, Robert Musil, La Nuova Italia, Firenze; Enrico De Angelis, Robert Musil, Einaudi, Torino. ANTONIO NANNI Docente di filosofia e pedagogia, vicedirettore della rivista "Cem-Mondialita'". Opere di Antonio Nanni: Progetto mondialita', Emi, Bologna 1985; Pace: quale futuro? (con Fabrizio Mastrofini), Coletti, Roma 1986; Educare alla pace nella scuola (con Claudio Economi), La Scuola, Brescia 1987; Comportamenti di pace (con Massimo Paolicelli), Acli-Cipax, Roma 1990; Progetto Amerindia (kit didattico multimediale), Emi, Bologna 1992; Stranieri come noi (con Habte' Weldemariam), Emi, Bologna 1994; Educare alla convivialita', Emi, Bologna 1994; Economia leggera, Emi, Bologna 1997; Didattica interculturale della storia (con Claudio Economi), Emi, Bologna 1997; Il mio zaino interculturale (con S. Abbruciati), Emi, Bologna 1997; L'educazione interculturale oggi in Italia, Emi, Bologna 1998; Timonieri, 4 voll., Emi, Bologna 1997-2000. FRIDTJOF NANSEN Esploratore, scienziato, filantropo norvegese (1861-1930); divenuto celebre come esploratore, durante la prima guerra mondiale e nel dopoguerra si dedico' ad attivita' umanitarie, in particolare per i profughi; a favore dei profughi apolidi ottenne sotto gli auspici della Societa' delle Nazioni di poter istituire uno speciale passaporto, detto "passaporto Nansen". Fu insignito del premio Nobel per la pace nel 1922; nel 1938 anche l'Ufficio internazionale Nansen per i rifugiati ricevette il Nobel. Opere di Fridtjof Nansen: fu autore di numerosi testi di storia naturale e di resoconti dei suoi viaggi. PIETRO NASTASI Docente universitario, matematico, storico. Opere di Pietro Nastasi: (con Giorgio Israel), Scienza e razza nell'Italia fascista, Il Mulino, Bologna 1998. ALESSANDRO NATTA Intellettuale, militante politico, parlamentare. Nato a Oneglia nel 1918, chiamato alle armi nel '41 e inviato nell'isola di Rodi nel '42, dopo l'8 settembre rifiuto' di servire i nazifascisti e fu internato in campo di concentramento: in un suo stupendo libro descrive la resistenza, ancora troppo poco nota ma determinante, dei militari italiani internati in Germania: 600.000 italiani messi di fronte all'alternativa tra aderire alla Repubblica di Salo' o subire il lager, seppero fare la scelta piu' difficile, la scelta giusta: resistettero al nazifascismo e preferirono il lager alla complicita' con la barbarie hitleriana. Tornato in Italia si iscrive al Pci, di cui e' stato anche segretario dal 1984 al 1988. E' deceduto nel 2001. Opere di Alessandro Natta: L'altra Resistenza, Einaudi, Torino 1997. NADIA NERI Nadia Neri e' una psicoanalista junghiana, membro didatta dell'Associazione Italiana e Internazionale di Psicologia Analitica, vive e lavora a Roma; ha esplorato in articoli e saggi alcuni aspetti della dimensione psichica femminile; ha pubblicato, tra l'altro, numerosi studi su Etty Hillesum (il primo, del 1988, e' tradotto in olandese). Opere di Nadia Neri: Oltre l'Ombra. Donne intorno a Jung, Borla, Roma 1995; Un'estrema compassione: Etty Hillesum testimone e vittima del Lager, Bruno Mondadori, Milano 1999. FRANZ NEUMANN Illustre politologo (1900-1954), fu incarcerato dai nazisti nel 1933 e successivamente riusci' a trovare scampo nell'esilio, dapprima in Gran Bretagna, poi in America; ha fatto parte della scuola di Francoforte. Opere di Franz Neumann: fondamentale e' Behemoth, Feltrinelli, Milano 1977, Bruno Mondadori, Milano 1999. BRUNO NICOLINI Nato a Bolzano nel '27, sacerdote cattolico, tra le figure di riferimento nella solidarieta' con le comunita' nomadi e viaggianti; presidente del Centro Studi Zingari, incaricato della pastorale dei nomadi nella diocesi di Roma. Opere di Bruno Nicolini: Famiglia zingara, Morcelliana, Brescia 1969; (con Mimma Barbieri Stefanelli), Zingari, Caritas-Piemme, Casale Monferrato 1994. MARTIN NIEMOELLER Martin Niemoeller (1892-1984) e' stato pastore, teologo, animatore della resistenza antinazista, promotore dell'esperienza di opposizione ecclesiale al nazismo della "Chiesa confessante", deportato in lager nel 1937, dapprima a Sachsenhausen poi a Dachau, liberato alla fine della guerra, e' stato successivamente presidente del Consiglio mondiale delle Chiese dal 1961 al 1968 e costante animatore di iniziative di pace e per la dignita' umana. BARTOLO NIGRISOLI Illustre chirurgo e cattedratico universitario, fu uno dei dodici docenti universitari che rifiutarono il giuramento di fedelta' al fascismo. Opere su Bartolo Nigrisoli: cfr. almeno Giorgio Boatti, Preferirei di no, Einaudi, Torino 2001. ALBERTO NIRENSTAJN Storico, studioso della Shoah. Opere di Alberto Nirenstajn: E' successo solo 50 anni fa, La Nuova Italia, Scandicci (FI) 1993. FIAMMA NIRENSTEIN Giornalista e saggista, fortemente impegnata contro l'antisemitismo. Opere di Fiamma Nirenstein: Il razzista democratico, Milano 1990. GABRIELE NISSIM Nato a Milano nel 1950, saggista, ha fondato nel 1982 "L'Ottavo Giorno", rivista italiana sul tema del dissenso nei paesi dell'est europeo. Opere di Gabriele Nissim: con Gabriele Eschenazi, Ebrei invisibili, Mondadori, Milano 1995; L'uomo che fermo' Hitler, Mondadori, Milano 1998; Il tribunale del bene, Mondadori, Milano 2003, 2004. 4. RIFLESSIONE. ILEANA MONTINI: MEMORIA [Ringraziamo Ileana Montini (per contatti: ileana.montini at tin.it) per questo intervento. Ileana Montini, prestigiosa intellettuale femminista, gia' insegnante, e' psicologa e psicoterapeuta. Nata nel 1940 a Pola da genitori romagnoli, studi a Ravenna e all'Universita' di Urbino, presso la prima scuola di giornalismo in Italia e poi sociologia; giornalista per "L'Avvenire d'Italia" diretto da Raniero La Valle; di forte impegno politico, morale, intellettuale; ha collaborato a, e fatto parte di, varie redazioni di periodici: della rivista di ricerca e studio del Movimento Femminile DC, insieme a Tina Anselmi, a Lidia Menapace, a Rosa Russo Jervolino, a Paola Gaiotti; di "Per la lotta" del Circolo "Jacques Maritain" di Rimini; della "Nuova Ecologia"; della redazione della rivista "Jesus Charitas" della "famiglia dei piccoli fratelli e delle piccole sorelle" insieme a fratel Carlo Carretto; del quotidiano "Il manifesto"; ha collaborato anche, tra l'altro, con la rivista "Testimonianze" diretta da padre Ernesto Balducci, a riviste femministe come "Reti", "Lapis", e alla rivista di pedagogia "Ecole"; attualmente collabora al "Paese delle donne". Ha partecipato al dissenso cattolico nelle Comunita' di Base; e preso parte ad alcune delle piu' nitide esperienze di impegno non solo genericamente politico ma gramscianamente intellettuale e morale della sinistra critica in Italia. Il suo primo libro e' stato La bambola rotta. Famiglia, chiesa, scuola nella formazione delle identita' maschile e femminile (Bertani, Verona 1975), cui ha fatto seguito Parlare con Dacia Maraini (Bertani, Verona). Nel 1978 e' uscito, presso Ottaviano, Comunione e liberazione nella cultura della disperazione. Nel 1992, edito dal Cite lombardo, e' uscito un libro che racconta un'esperienza per la prevenzione dei drop-out di cui ha redatto il progetto e curato la supervisione delle operatrici: titolo: "... ho qualche cosa anch'io di bello: affezionatrice di ogni cosa". Recentemente ha scritto la prefazione del libro di Nicoletta Crocella, Attraverso il silenzio (Stelle cadenti, Bassano (Vt) 2002) che racconta l'esperienza del Laboratorio psicopedagogico delle differenze di Brescia, luogo di formazione psicopedagogica delle insegnanti e delle donne che operano nelle relazioni d'aiuto, laboratorio nato a Brescia da un progetto di Ileana Montini e con alcune donne alla fine degli anni ottanta, preceduto dalla fondazione, insieme ad altre donne, della "Universita' delle donne Simone de Beauvoir". Ha recentemente pubblicato, con altri coautori, Il desiderio e l'identita' maschile e femminile. Un percorso di ricerca, Franco Angeli, Milano 2004. Su Ileana Montini, la sua opera, la sua pratica, la sua riflessione, hanno scritto pagine intense e illuminanti, anche di calda amicizia, Lidia Menapace e Rossana Rossanda] Alcuni giorni dopo le celebrazioni della memoria delle foibe e dell'esodo istriano-dalmata, sono capitata in una libreria "Rinascita" dove c'e' sempre un tavolo con esposti i libri di qualche evento, e ho notato che c'erano ancora quelli relativi al ricordo della liberazione dei campi di sterminio nazisti. E' vero che le storie si differenziano per gravita' e intensita', ma mi ha egualmente un po' sorpreso la dimenticanza dopo tutto questo gran scriverne e parlarne da destra a sinistra, che ha fatto seguito alla rimozione lunga decine e decine d'anni. Tanto piu' che alla tv hanno trasmesso una fiction strappalacrime con il titolo "Il cuore nel pozzo" girata, peraltro, in Montenegro, dove gli italiani sono buoni a tutto tondo e i titini cattivi come da stereotipo consolidato per i nazisti. In piu' ci siamo dovuti sorbire i mea culpa; da una parte, e dall'altra le accuse alla sinistra come responsabile dei massacri e dell'annessione dell'Istria e della Dalmazia alla Jugoslavia. E' vero che il grande silenzio c'e' stato fino alla fine dello stato jugoslavo, per dimostrare che la storia non e' quello che e' accaduto, bensi' cio' che si costruisce a uso e consumo dei potenti. Alla libreria dovevo ritirare un libro uscito alcuni anni fa e che mi era sfuggito: avrebbe potuto figurare bene sul tavolo della memoria. * Lo hanno scritto due donne, entrambe di Pola: Annamaria Mori e Nelida Milani, e porta il titolo, eloquente, di Bora, che e' il vento di quelle terre, a cominciare da Trieste. Annamaria Mori e' una giornalista e vive a Roma, mentre Nelida Milani continua a vivere a Pola e a insegnare lingua italiana all'Universita'. Il libro (pubblicato nelle Edizioni Frassinelli) e' un dialogo tra loro due per rispondere a qualche profonda domanda: "Come vive, e cosa pensa, prova, soffre, anche senza raccontarlo neppure a se stesso, chi e' stato sradicato dalla propria terra e allontanato dalla propria gente, dalla propria casa? E chi, pur restando, viene separato da coloro insieme ai quali e' cresciuto, e privato della lingua in cui ha imparato a parlare, leggere, comunicare?". Sono quasi duecentocinquanta pagine intense e poetiche, dove s'intrecciano i ricordi dolorosi e lieti e le riflessioni profonde, dove si cerca di capire un'ennesima volta cosa e' accaduto e come si puo' continuare a vivere accettando che tutto, ad un certo punto, e' cambiato a causa della politica che fa sentire inermi e in balia del destino. Chi scrive ha lasciato l'Istria nel 1944 per un normale trasferimento della famiglia, evitando l'arrivo dei titini e il rischio di finire infoibati. Chi scrive non ha ricordi perche' era piu' piccola delle due donne e, comunque, non ha lasciato la terra degli avi. Ma le parole trascinate per casa, descrivevano gli eventi e il clima che, dopo la caduta del fascismo, aveva portato alle azioni di rappresaglia contro gli italiani. La regia Guardia di Finanza al confine talvolta sconfinava e trovava sempre qualcuno che era riuscito a scappare prima di finire nelle foibe. * "Dopo l'8 settembre, i drusi furono padroni assoluti dell'Istria per un lungo periodo, durante il quale scomparvero alcune migliaia di persone. I luoghi della sparizione saranno rivelati alcuni decenni piu' tardi, dopo il crollo del Muro. Saranno indicati pubblicamente sui giornali. Ma da sempre gli abitanti dei dintorni li conoscevano, anche se non ne avevano mai parlato con nessuno". "Di me bambina, in tutti quei giorni, ricordo solo la paura: una (per me) strana, continua, immotivata e immotivabile paura. Tutti erano sempre in casa, sempre all'erta, di giorno, come di notte, quando addirittura, durante i quarantacinque giorni dell'occupazione jugoslava, si facevano i turni per dare eventualmente l'allarme a tutti gli altri di casa. Rubavo mozziconi di frasi: "Questa notte sono venuti a prelevare il tale vicino di casa; ieri ne hanno prelevati otto, e non si sa che fine abbiano fatto...". Ma la destra che ritiene responsabili soltanto gli ex comunisti, fa la solita operazione di non-verita' di cui i politici consumati sono capaci. Segno anche di infantilismo cronico. Basta leggere alcune pagine di queste due donne per capire un po' i motivi di tanta, ingiusta comunque, violenza contro gli italiani: "Circolavano voci che li' i fascisti avessero torturato i bevitori di olio di ricino, sempre questi benedetti fascisti italiani che mi perseguitano, sempre loro, dove ti giri, dove ti volti, han combinato guai per i quali noi dobbiamo subir le conseguenze, noi che siamo nati in questo luogo, teatro di un eterno regolamento di conti, con questo nostro mestiere di capro espiatorio. Quotidianamente ci propinano racconti che, con tutto l'orrore dell'autenticita', parlano di ogni sorta di nefandezze subite sotto il fascismo, che sputava perfino in bocca allo slavo che parlava slavo". In queste terre storicamente si mescolavano la lingua istro-veneta e la lingua slava, e tutti sapevano un po' dell'una e un po' dell'altra; e si riusciva a convivere. Era una terra impastata dai romani, dai veneziani, dagli slavi. Ma il fascismo doveva imporre l'italianita' a cominciare dal cambiamento dei cognomi di assonanza piu' slava che italiana. "Quando la Vittoria porto' circa cinquecentomila slavi sotto la sovranita' italiana, i provvedimenti contro le scuole e l'uso della loro lingua non si fecero attendere. Ora che sono avanzati i croati e hanno la loro sovranita', fanno altrettanto". C'e' insomma ancora molto da capire, da scavare, fuori dal seminato delle celebrazioni di comodo e dai binari della consueta politica. Occorre fare anche quello che si e' proposta una delle due autrici: "Io: non e' vero che io e tutti i trecentocinquantamila istriani, siamo, eravamo, borghesi e fascisti. Non e' vero che tutta l'Istria era slava e doveva tornare alla Jugoslavia. Non e' vero che tutta la mia gente e' solo nostalgica e irredentista. (...) E incomincia a questo punto un viaggio ignoto al resto d'Italia e degli italiani in genere: il viaggio tra il 'noi' e i 'loro'. 'Noi e loro'. Per gli italiani d'Istria e qui sono assolutamente uguali i 'partiti' e i 'rimasti', 'loro' sono gli altri: croati o sloveni, a questo punto non fa differenza". 5. RIFLESSIONE. ANGELA GIUFFRIDA: UNA EQUAZIONE INFONDATA [Ringraziamo Angela Giuffrida (per contatti: frida43 at inwind.it) per averci messo a disposizione questa sua lettera inviata al quotidiano "L'unita'" in risposta a un articolo li' pubblicato. Angela Giuffrida e' docente di filosofia ed acuta saggista; tra le sue pubblicazioni: Il corpo pensa, Prospettiva edizioni, Roma 2002] Ignoranza e malafede hanno permesso a Lawrence Summers, presidente dell'Universita' di Harvard, di sentenziare che le donne alle altezze delle materie scientifiche "proprio non ci arrivano col cervello". La cosa e' davvero singolare dato che l'uso di tecniche sofisticate ha permesso alla scienza di fornire letteralmente una "fotografia" della superiorita' dell'encefalo femminile. Ma il vero problema e', secondo me, un altro: senza dirlo espressamente, in tutto il mondo gli uomini continuano a comportarsi come se le amenita' pronunciate alla conferenza di Cambridge, ormai sconfessate clamorosamente proprio dalla ricerca scientifica, siano vere. Infatti, pretendendo di governare il mondo "in solitaria", mostrano di credere che la loro razionalita' abbia la erre maiuscola e sia la sola degna di rappresentare la specie tutta. A questo punto una domanda sorge spontanea: come mai una cosi' alta razionalita' gestisce le comunita' umane in modo palesemente irrazionale in ogni parte e ad ogni livello? L'emarginazione, il vergognoso sfruttamento, le persecuzioni delle madri umane non sono certo il portato di una mente razionale, come non lo e' il massiccio uso delle risorse a fini di guerra, dato che entrambi non sono di sicuro funzionali alla vita della specie sul pianeta. Non sarebbe meglio che il maschio umano, invece di occuparsi delle presunte incapacita' dell'altro genere, cominciasse a porsi qualche domanda sulle proprie e a prendersi la responsabilita' della guida insensata che sta conducendo la specie verso l'estinzione e sta mettendo in discussione la vita stessa sulla terra? Le donne, dal canto loro, dovrebbero smettere di questuare posti al tavolo dei padri, recuperando la consapevolezza che un altro mondo e' possibile solo se il sistema concettuale delle madri, contenitivo e connettivo quindi piu' adatto a sopportare la complessita' del reale, tornera' a governare il mondo. 6. IRAQ. CECILIA ZECCHINELLI: DONNE, ELEZIONI, FUTURO [Dal sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it) riprendiamo questo articolo apparso sul "Corriere della sera" del primo febbraio 2005. Cecilia Zecchinelli e' una nota e apprezzata giornalista] Salama Al Khafaji, che si definisce una "tecnocrate islamica aperta", e' andata alle urne velata, domenica. E indossando una tarha nera siedera', salvo sorprese, nell'Assemblea nazionale irachena, eletta tra le file della grande Alleanza sciita dopo esser scampata a tre attentati. Hama Edward, avvocato e comunista fin da ragazza, ha votato con la testa scoperta invece: unica capolista donna, probabilmente rappresentera' nel nuovo Parlamento la parte piu' liberal e intellettuale del suo Paese. Anche lei, se non proprio attentati, ha subito pressioni, minacce, intimidazioni. L'altra meta' del cielo, in Iraq, da domenica ha compiuto un importante passo avanti: in una regione dove le donne spesso non votano o non sono comunque elette, le cittadine irachene dei vari schieramenti e credi hanno superato mille ostacoli, votato in massa alle prime elezioni dell'era post-Saddam (quasi la meta' dei voti erano donne) e conquistato per legge il 25% dell'Assemblea. Percentuale altissima se si pensa che in Italia sono l'11% nelle due Camere. E in Usa il 15%. "E' un successo enorme per noi", dice, soddisfatta, Farah, 27 anni ed elettrice per la prima volta. Wathan, una ragazza di Bagdad, confessa di non sapere se alle urne si andava per scegliere il presidente o il premier, e ammette di aver votato secondo gli ordini di suo padre e per un uomo. Ma comunque ha votato. "In effetti ha meno senso se le donne hanno seguito le indicazioni dei mariti o dei padri", sostiene Manal Omar, volontaria dell'organizzazione Donne per le donne. Ma spiega che il fenomeno e' dovuto alla generale insicurezza che ha portato le candidate donne a far campagna elettorale quasi in segreto: "I gruppi femministi e femminili hanno cercato di farle conoscere, ma le candidate hanno avuto paura a mostrare il loro viso in pubblico, molte sono state minacciate". Alcune sono state anche uccise negli ultimi mesi. Altre, come appunto Al Khafaji, sono scampate alla morte piu' di una volta. Questa prima battaglia, comunque, e' stata vinta. Ma il cammino da fare e' ancora lungo: restera', per le ragazze e le donne d'Iraq, la difficolta' di vivere in un Paese dove sicurezza e legge sono ancora un sogno. Dove negli ultimi mesi le organizzazioni non governative hanno denunciato centinaia di stupri, sequestri, violenze di ogni genere. "Le donne non possono camminare da sole per le strade - dice Balsam Al Hilli, rientrata dopo 35 anni di esilio per correre alle elezioni e costretta a una campagna sottotono, per ragioni di sicurezza -. Hanno paura di essere rapite, non per ragioni politiche ma per soldi". Se questa emergenza e' destinata a rientrare con la normalizzazione del Paese, quando finalmente avverra', il vero problema sara' nel futuro un altro: l'islamizzazione piu' o meno profonda della societa' e delle leggi del Paese, a partire da quelle sulla famiglia. Sotto Saddam, fino al 1990, i due sessi godevano di uguali diritti, o meglio la dittatura pesava in modo "equo" su uomini e donne. Poi le difficolta' del rais lo avevano avvicinato ai governi islamici della regione: sono state introdotte leggi che permettevano i delitti d'onore (omicidi di donne adultere o supposte tali), usanze tribali maschiliste. Le oppositrici politiche erano spesso eliminate con l'alibi della morale. E oggi, in un Paese dove l'estremismo islamico si e' diffuso nella societa' ma anche nelle organizzazioni politiche, c'e' il forte rischio che siano ancora loro a pagare il prezzo piu' alto. Lo scorso anno il tentativo del Consiglio provvisorio di introdurre una legge di famiglia ispirata alla Sharia era stato respinto. Ma con un Parlamento fortemente religioso, sciita o sunnita poco importa visti i vicini esempi di Iran e Arabia Saudita, cosa potranno fare le donne? "L'anno scorso abbiamo bloccato quella proposta retrograda, per la prima volta la societa' civile e' riuscita a battere le autorita' politiche in Iraq", dice Maysun Al Damluji, candidata del gruppo laico Democratici indipendenti. Che aggiunge, ottimista: "Non ho dubbi che possiamo farcela ancora se sara' necessario. Una delle benedizioni dell'Iraq sono le sue donne forti. Guardate cosa sono riuscite a superare". 7. MAESTRE. FRANCA BIMBI RICORDA FRANCA ONGARO BASAGLIA [Ringraziamo Franca Bimbi (per contatti: franca.bimbi at unipd.it) per averci messo a disposizione questo suo ricordo di Franca Ongaro Basaglia, in uscita (col bel titolo Per Franca Ongaro Basaglia. La passione discreta di rovesciare il senso comune) su "Polis", la rivista delle politiche sociali del Comune di Venezia. Franca Bimbi e' docente universitaria e parlamentare, tra le sue pubblicazioni recenti: (a cura di, con Alisa Del Re), Genere e democrazia. La cittadinanza delle donne a cinquant'anni dal voto, Rosenberg & Sellier, Torino 1997; (a cura di, con M. Carmen Belloni, presentazione di Massimo Cacciari), Microfisica della cittadinanza. Citta', genere, politiche dei tempi, Angeli, Milano 1997; (a cura di, con Rita D'Amico), Sguardi differenti. Prospettive psicologiche e sociologiche della soggettivita' femminile, Angeli, Milano 1998; "L'Italie. Concertation sans representation" (con Vincent Della Sala), in Jane Jenson, Mariette Sineau (sous la direction de), Qui doit garder le jeune enfant? Modes d'accueil et travail des meres dans l'Europe en crise, L. G. D. J., Paris 1998; "Measurement, Quality, and Social Change in Reproduction Time. The Twofold Presence of Women and the Gift Economy", in Olwen Hufton, Yota Kravaritou (eds.), Gender and the Use of Time / Gender and Emploi du Temps, European University Institute, Centre for Advanced Studies, Firenze, Kluwer Law International, 1999; "The Family paradigm in the Italian Welfare State", in Gonzalez Maria Jose', Jurado Teresa, Naldini Manuela (eds.), Gender Inequalities in Southern Europe. Women, Work and Welfare in the 1990s, South European Society & Politics, 4/2, Autumn 1999; (a cura di) Madri sole. Metafore della famiglia ed esclusione sociale, Carocci, Roma 2000; (a cura di, con Cristina Adami, Alberta Basaglia, Vittoria Tola), Liberta' femminile e violenza sulle donne, Angeli, Milano 2000; (a cura di, con Ruspini Elisabetta) "Poverta' delle donne e trasformazione dei rapporti di genere", in Inchiesta, 128, aprile-giugno 2000; (a cura di), Sex Worker. Reti sociali, progetti e servizi per uscire dalla prostituzione, Aesse, Roma 2000; "Prostituzione, migrazioni e relazioni di genere", in Polis, 1, 2001; "Violenza di genere, spazio pubblico, pratiche sociali", in C. Adami, A. Basaglia, V. Tola (a cura di), Dentro la violenza: cultura, pregiudizi, stereotipi, Angeli, Milano 2002; (a cura di), Differenze e diseguaglianze, Il Mulino, Bologna 2003. Su Franca Ongaro Basaglia riproponiamo anche la seguente scheda biobibliografica gia' riprodotta nel n. 812 di questo notiziario: "Dalle avventure per i bambini alla rivoluzione nelle istituzioni I suoi primi lavori Franca Ongaro li aveva dedicati ai bambini: Le avventure di Ulisse illustrate da Hugo Pratt, e una riduzione del romanzo Piccole donne di Louise May Alcott uscirono sul "Corriere dei Piccoli" tra il '59 e il '63. In quegli stessi anni i suoi interessi si indirizzarono verso il lavoro nell'ospedale psichiatrico di Gorizia, con il gruppo che si stava raccogliendo attorno a suo marito Franco Basaglia, con il quale - nella seconda meta' degli anni '60 - scrisse diversi saggi cui contribuirono altri componenti del gruppo goriziano. Due suoi testi - "Commento a Ervin Goffman, La carriera morale del malato di mente" e "Rovesciamento istituzionale e finalita' comune" - fanno parte dei primi libri che documentano e analizzano il lavoro di apertura dell'ospedale psichiatrico di Gorizia, Che cos'e' la psichiatria (1967) e L'istituzione negata (1968). E' sua la prima traduzione italiana dei testi di Erving Goffman Asylums e Il comportamento in pubblico, pubblicati da Einaudi rispettivamente nel 1969 e nel 1971. Introdusse anche il lavoro di Gregorio Bermann La salute mentale in Cina (1972). Dagli anni `70 Franca Ongaro fu coautrice di gran parte dei principali testi di Franco Basaglia, da Morire di classe (1969) a La maggioranza deviante (1971), Crimini di pace (1975), fino al saggio "Condotte perturbate. Le funzioni delle relazioni sociali", commissionato da Jean Piaget per la Encyclopedie de la Pleiade e uscito nel 1987. Nel 1981 e `82 curo' per Einaudi la pubblicazione dei due volumi degli Scritti di Franco Basaglia. Franca Ongaro e' stata anche autrice di volumi e saggi di carattere filosofico e sociologico sulla medicina moderna e le istituzioni sanitarie, sulla bioetica, sulla condizione della donna, sulle pratiche di trasformazione delle istituzioni totali. Tra i suoi testi principali, i volumi Salute/malattia. Le parole della medicina (Einaudi, 1979), raccolta dei lemmi di sociologia della medicina scritti per la Enciclopedia Einaudi; Una voce. Riflessioni sulla donna (Il Saggiatore, 1982) che include la voce Donna della Enciclopedia Einaudi; Manicomio perche'? Emme Edizioni 1982; Vita e carriera di Mario Tommasini burocrate scomodo, Editori Riuniti, 1987. Tra i saggi, Eutanasia, in Le nuove frontiere del diritto, "Democrazia e Diritto", n. 4-5, Roma 1988; Epidemiologia dell'istituzione psichiatria. Sul pensiero di Giulio Maccacaro (Medicina Democratica, 1997); Eutanasia. Liberta' di scelta e limiti del consenso in R. Dameno e M. Verga (a cura di), Finzioni e utopie. Diritto e diritti nella societa' contemporanea, (Guerrini, 2001). Dall'84 al '91 e' stata, per due legislature, senatrice della sinistra indipendente. Nel luglio 2000 ha ricevuto il premio Ives Pelicier della International Academy of Law and Mental Health, e nell'aprile 2001 l'universita' di Sassari le ha conferito la laurea honoris causa in scienze politiche"] Ci sono persone che attraversano quasi in silenzio la vita degli altri, lasciando un segno forte come non si potrebbe pensare mai mentre sono in vita: percio' quando vengono a mancare non resta il vuoto, bensi' la nostalgia di quanto si sarebbe voluto chiedere e capire, di quanto ancora restava da imparare da loro, o, meglio, con loro al nostro fianco. Questa per molte e molti di noi e', e resta, la cifra di Franca Ongaro Basaglia. Mi piace pensare a lei nel senso di una lezione di metodo. A discutere con lei - di follia e salute mentale, di politica e di lavoro con le donne - ti accorgevi che poteva essere per te - senza proporselo mai - la misura del cammino fatto, il riferimento per uno stile morale che non predicava la scelta tra il Bene e il Male, bensi', piu' leggermente e piu' profondamente, il confronto del proprio essere per se stessi con l'essere con gli altri. Non vorrei esser fraintesa: intendo per morale un metodo pratico attraverso cui la nostra azione si conforma ad un giudizio di valore su cio' che ha senso collettivamente. Si puo' intendere questo come conformarsi a regole tramandate, a convenzioni istituzionalizzate, a tecniche consolidate; oppure si puo' cercare di far si' che il giudizio, la scelta, la decisione provino a navigare in mare aperto: tra la verita' della propria storia e il continuo scombinamento dell'irruzione in essa della voce di altri. Nella nostra epoca lo stile etico delle professioni appare molto esitante: costretto da certezze tecniche parcellizzate non trova in se' il senso complessivo di un discorso sulla propria competenza; affrontato da troppi metadiscorsi (sul bene, sul male, sui fini ultimi, sulla "crisi dei valori") finisce per chiedere che un regolatore esterno - la legge - parli al suo posto. Proprio alle professioni della cura oggi vien meno un'etica professionale riflessiva: tanto e' facile accordarsi esclusivamente con le proprie tecniche (approcci, protocolli, sedimenti istituzionali non piu' interrogati...), tanto si e' forti eludendo le domande senza risposta, tanto ci si sente protetti dalla segmentazione del corpo e della mente dei nostri pazienti/clienti piu' o meno consapevolmente operata indossando le maschere dei ruoli istituzionali. La ricomposizione tra se' e le varie identita' indossate, per ascrizione o per attribuzione, non puo' avvenire se non per via riflessiva; e la riflessione nasce nella relazione con una diversita', con una qualche forma di dissonanza, chiede di portare a misura della propria esperienza l'esperienza di un altro significativo, grande o piccolo che sia. Insomma non si cresce senza maestri. I maestri, in particolare le maestre, si trovano un po' per fortuna e un po' per ostinazione a non accontentarsi delle proprie rappresentazioni in pubblico. Anche loro, i maestri, sono diventati tali un po' per caso, un po' per ostinazione, ma molto per aver avuto un di piu' di coraggio e di passione. In Franca - e nella scuola che fondo' con Franco Basaglia- la passione ha riguardato, probabilmente, il voler guardare oltre, il rovesciare il discorso di senso comune nella pratica sociale della cura. Si e' parlato di passione (in ogni senso) per la sofferenza e per la follia: ma a leggere le biografie di molti operatori della cura, non solo della salute mentale, la tensione desiderante verso l'altro sofferente, verso il dolore "innocente", verso la "voce" incomprensibile e', in fondo, molto diffusa, anche quando non ne sorte una rivoluzione copernicana. In loro, nei Basaglia e in alcuni dei loro sodali, troviamo qualcosa di differente: la tensione continua a rovesciare il discorso istituito, non per manierismo dissacratore, ma per rincorrere l'Altro che si nasconde dietro l'apparente non senso o dietro la comoda "etichetta" nosografica. In questo percorso - di intellettuali anche ben riconosciuti - si trova una buona misura d'anti-intellettualita' (perche' pratica e discorso diventano indistinguibili), una misura grandissima d'ironia ed autoironia (perche' cio' che rappresentiamo di noi viene contraddetto dalla relazione alla nostra stessa follia), una tensione morale a riportare su di se' il giudizio di coloro che dipendono da noi (chi non ha potere diviene la misura del giudizio su chi ne ha, e non viceversa). * Dopo la legge 180, interpretata troppo spesso come punto d'arrivo (forse ad arte, o forse per paura della follia che restava da affrontare nella societa' tutta), lo stile del discorso a mezza voce e del silenzio pubblico di Franca e' anche conseguenza della caduta in prescrizione di quest'improbabile docenza di filosofia morale, condotta per quasi mezzo secolo. Il molto ancora da dire e' restato tra le righe delle conversazioni a due, o tra pochi: sulle proprie pratiche, sugli errori, sui fallimenti, sulla passione di trasformare il mondo che ci rendeva ancora vive. E' stato certo un privilegio, per chi ne ha avuto la ventura, passare anche solo poco tempo con tale maestra. La traduzione di Asylum di Goffman apri' un'epoca nel dibattito italiano sul potere istituzionale, dalla famiglia al manicomio: senza demonizzazioni, ma fu come rovesciare un guanto. Franca non si chiese (com'era d'obbligo allora) se Goffman fosse di sinistra (e non lo era), ma mostro' quale fosse il rovesciamento delle pratiche che quel discorso poteva suggerire nei conflitti sociali di crescita di un Paese di provincia come l'Italia. Rieditare a fine secolo le opere di Franco Basaglia mostra, a me pare, lo stesso segno: non memoria ma parola offerta soprattutto ai piu' giovani, per sperimentare e sperimentarsi; non celebrazione ma sfida nei confronti del frastuono di troppi esperti (quali ci troviamo ad essere spesso nostro malgrado). Accettiamo almeno di partire da una constatazione: disponiamo di moltissime "ricette" supportate da bibliografie internazionali e da esperimenti riusciti, eppure siamo senza risposte di fronte alla sofferenza suscitata da una violenza che appare sempre piu' "gratuita" ai nostri occhi ciechi ed ai nostri orecchi incerati. Eppure, se guardiamo all'esperienza di Franca, il punto di partenza dovrebbe esser proprio una riflessione comune, meglio collettiva (parola oggi in disuso) sulla mancanza di risposte, cioe' a partire dalle voci che non abbiamo ascoltate, quelle piu' fastidiose, quelle meno comprensibili. Cercare il senso dove apparentemente il senso si nega alla nostra comprensione, al nostro senso estetico, ai nostri parametri di giustizia e di normalita'. E, dunque, si tratta sempre di abbandonare le certezze: significa, ieri come oggi, sospendere e mettere a distanza il potere del proprio sapere; non certo negare cio' che si sa o si crede di poter sapere a vantaggio anche di altri. Il percorso di metodo, e di maestria, e', sostanzialmente, decostruttivo ed anti-ideologico. In questo la lezione di Franca Ongaro Basaglia vale moltissimo anche per le politiche delle donne. Nel 1978, alla voce "Donna" dell'Enciclopedia Einaudi ha scritto "la donna non e' stata corrotta dall'ideologia": era un fatto (le pratiche corporee femminili contro il discorso maschile disincarnato); era un auspicio (appropriandosi della parola in pubblico avremmo potuto sovvertire l'ordine meramente retorico del discorso sui diritti universali); era un suo errore (avevamo gia' appreso a mascherare l'arrivo di poche nei luoghi delle decisioni come "pari opportunita'" per tutte!). Ma si tratto' anche di una sfida che Franca ci lanciava e che allora non siamo state capaci di raccogliere. Essere contro per stare con, scomporre per potersi parlare, scompaginare per ridefinire una relazione: queste indicazioni non implicavano ne' la complementarita' che avevamo abbandonato, ne' la ricomposizione "dialettica" nel migliore dei mondi possibili. Semplicemente, Franca indicava la strada di una pratica in cui la relazione donna-uomo, come ogni relazione, si mantiene nella duplicita' dell'esperienza, ma in cui si evita di uccidersi con le reciproche negazioni. Oggi si direbbe che e' la strada del riconoscimento tra differenze, che non smettono di imparare a parlarsi pur senza rinunciare alla propria diversita'. 8. RIFLESSIONE. GIULIO VITTORANGELI: TRA PASSATO E FUTURO [Ringraziamo Giulio Vittorangeli (per contatti: g.vittorangeli at wooow.it) per questo intervento. Giulio Vittorangeli e' uno dei fondamentali collaboratori di questo notiziario; nato a Tuscania (Vt) il 18 dicembre 1953, impegnato da sempre nei movimenti della sinistra di base e alternativa, ecopacifisti e di solidarieta' internazionale, con una lucidita' di pensiero e un rigore di condotta impareggiabili; e' il responsabile dell'Associazione Italia-Nicaragua di Viterbo, ha promosso numerosi convegni ed occasioni di studio e confronto, ed e' impegnato in rilevanti progetti di solidarieta' concreta; ha costantemente svolto anche un'alacre attivita' di costruzione di occasioni di incontro, coordinamento, riflessione e lavoro comune tra soggetti diversi impegnati per la pace, la solidarieta', i diritti umani. Ha svolto altresi' un'intensa attivita' pubblicistica di documentazione e riflessione, dispersa in riviste ed atti di convegni; suoi rilevanti interventi sono negli atti di diversi convegni; tra i convegni da lui promossi ed introdotti di cui sono stati pubblicati gli atti segnaliamo, tra altri di non minor rilevanza: Silvia, Gabriella e le altre, Viterbo, ottobre 1995; Innamorati della liberta', liberi di innamorarsi. Ernesto Che Guevara, la storia e la memoria, Viterbo, gennaio 1996; Oscar Romero e il suo popolo, Viterbo, marzo 1996; Il Centroamerica desaparecido, Celleno, luglio 1996; Primo Levi, testimone della dignita' umana, Bolsena, maggio 1998; La solidarieta' nell'era della globalizzazione, Celleno, luglio 1998; I movimenti ecopacifisti e della solidarieta' da soggetto culturale a soggetto politico, Viterbo, ottobre 1998; Rosa Luxemburg, una donna straordinaria, una grande personalita' politica, Viterbo, maggio 1999; Nicaragua: tra neoliberismo e catastrofi naturali, Celleno, luglio 1999; La sfida della solidarieta' internazionale nell'epoca della globalizzazione, Celleno, luglio 2000; Ripensiamo la solidarieta' internazionale, Celleno, luglio 2001; America Latina: il continente insubordinato, Viterbo, marzo 2003. Per anni ha curato una rubrica di politica internazionale e sui temi della solidarieta' sul settimanale viterbese "Sotto Voce" (periodico che ha cessato le pubblicazioni nel 1997). Cura il notiziario "Quelli che solidarieta'"] Noi che cominciamo ad avere un bel po' di primavere, e di autunni, sulle spalle, dobbiamo anche misurarci con il senso del tempo che passa; cruciale da afferrare sia nella sfera individuale che in quella collettiva, perche' il mondo e le nostre vite scorrono nel tempo, nel cambiamento. E per afferrarlo bisognerebbe provare a dirsi un po' di verita' sui sentimenti che ci suscita. Sentimenti per il passato (sapendo che il passato e' passato e non si rifa'), quando era "facile" fare certe scelte, per quanto controcorrente (in verita', gia' allora i tempi chiedevano scelte di campo che non erano gratuite): non volevamo morire democristiani e temevamo colpi di stato, invece ci siamo ritrovati a essere complici dei bombardamenti (la prima guerra del Golfo nel 1991 "Desert storm", la guerra nella ex-Jugoslavia, la guerra contro l'Afghanistan, fino alla drammatica situazione attuale dell'Iraq) e di una guerra preventiva continua (l'insieme degli interventi preannunziati per i prossimi venti-trent'anni nella guerra alle "forze del male" e agli "stati canaglia")... chi l'avrebbe detto? Sentimenti per il presente, dove fatichiamo a riconoscere quanto si siano affermati dei modelli autoritari, e ne siamo talmente imbevuti a tutte le ore del giorno, in tutte le nostre funzioni quotidiane, da non vederli piu'. Dilaga una sorta di "realismo" che non significa null'altro che accettazione dell'esistente, attenersi all'apparente oggettivita' dei fatti e delle priorita' politiche, che impongono decisioni dichiarate obbligate, dettate da ragioni pretese autoevidenti. Si veda la guerra (piu' o meno "umanitaria") o la flessibilita' del lavoro, presentate come le sole scelte possibili e ragionevoli, mentre tutte le altre sarebbero viziate di astratto idealismo, di radicalismo etico, di un rifiuto dell'esistente. Le sinistre, in tutto questo, non sono certo state immuni da colpe; non a caso, nella loro parte maggioritaria, hanno deciso di rompere con la loro stessa base sociale: sulle politiche economiche e persino sulla guerra. Mai come oggi l'opposizione politica esprime una classe dirigente di cosi' basso profilo; sembrano tanti Buster Keaton che tentano di mettere in piedi una casa acquistata per posta, quando un rivale ha scambiato i numeri delle scatole di montaggio. Peggio ancora, ricordano lo Charlot capitato a guidare un corteo di protesta sventolando casualmente una bandiera rossa. Per questo, "normalmente" subiamo Berlusconi e la peggiore destra europea, tenuta insieme nelle sue tre componenti: postcostituzionale (Forza Italia), extracostituzionale (An) e anticostituzionale (Lega), solo dal progetto di sfasciare il patto fondamentale repubblicano. Conclusione, il nostro paese sta attraversando una crisi profonda negli equilibri sociali, un panorama segnato da un lato dal declino industriale (dalla Fiat alle acciaierie ternane, ai crack delle grandi famiglie capitalistiche), dall'altro dalla messa in causa della Costituzione del 1948 che dichiarava che la Repubblica era fondata sul lavoro e non sull'impresa o sulla finanza. Sentimenti per il futuro: non e' facile tenersi in equilibrio, tentare di sfuggire da un lato al cinismo di chi guarda con occhio disincantato alle tragedie di questi tempi, dall'altro alla disperazione che puo' nascere in chi osserva impotente queste ingiustizie. Come reagiamo, per esempio, di fronte al fatto che ogni anno 15 milioni di bambini muoiono di malattie da noi facilmente curabili come la diarrea, il morbillo, la malaria e altre malattie respiratorie? Perche' la morte di un bambino o l'infrangersi di una speranza (cosi' a lungo coltivata che finisce nel niente), o una profonda delusione, o un'offesa a qualcuno, anche una piccola offesa a qualcuno, ci appare cosi' intollerabile? Forse non puo' bastare neanche la solidarieta' internazionale, certamente non da sola. Ma e' uno dei pochi strumenti di cui disponiamo contro le pratiche inumane e le ingiustizie che deturpano la storia dell'umanita'. Bisogna ripartire dalle nostre storture con la disponibilita' a farci sorprendere da nuove esperienze altrui, la rassicurazione che la vita continua, la possibilita' di ricordare piu' vivamente, attraverso la visione di altre vite, il tempo che e' stato della nostra vita, il poter correggere la paura, molto politica, del futuro, con la speranza di cio' che ancora non e' o incomincia appena ad essere. E' in questo piacere che si radica anche la passione politica per il futuro. E soprattutto continuare a fare quello che sempre abbiamo fatto: sporcarci le mani dentro questa storia che e' veramente sporca. Con la forza di sopportare gli insuccessi e di tenere comunque alta la testa. Perche' tutto questo ha a che vedere con la propria immagine allo specchio, quella che si incontra ogni mattina. 9. LETTURE. ALDO CAPITINI: LE RAGIONI DELLA NONVIOLENZA Aldo Capitini, Le ragioni della nonviolenza. Antologia degli scritti, Edizioni Ets, Pisa 2004, pp. 196, euro 16. A cura di Mario Martini, uno dei piu' autorevoli studiosi ed amici della nonviolenza, che vi premette una sua densa introduzione, una raccolta di scritti capitiniani utilissima per un accostamento alla figura, all'opera e al pensiero dell'apostolo della nonviolenza in Italia. 10. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 11. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, sudest at iol.it, paolocand at inwind.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 842 del 16 febbraio 2005 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione).
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