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La nonviolenza e' in cammino. 838
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 838
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Sat, 12 Feb 2005 00:15:32 +0100
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 838 del 12 febbraio 2005 Sommario di questo numero: 1. Tavola della pace: Il 19 febbraio a Roma per Giuliana 2. Lidia Menapace: Giuliana, o della nonviolenza 3. Liliana Rampello e Vita Cosentino: Con Giuliana e Florence 4. Per una bibliografia sulla Shoah (parte diciottesima) 5. Enrico Peyretti ricorda Vittorio Bachelet 6. Severino Vardacampi: La memoria delle Foibe 7. Johan Galtung: Le alternative per un nuovo ordine mondiale 8. Letture: Jacques Derrida, Perdonare 9. Letture: Sergio Paronetto, La nonviolenza dei volti 10. Letture: Marshall B. Rosenberg, Le parole sono finestre (oppure muri) 11. Letture: Filippo Trasatti, Lessico minimo di pedagogia libertaria 12. La "Carta" del Movimento Nonviolento 13. Per saperne di piu' 1. APPELLI. TAVOLA DELLA PACE: IL 19 FEBBRAIO A ROMA PER GIULIANA [Dalla Tavola della Pace (per contatti: segreteria at perlapace.it), il piu' importante network pacifista italiano, riceviamo e diffondiamo. Giuliana Sgrena, intellettuale e militante femminista e pacifista tra le piu' prestigiose, e' tra le maggiori conoscitrici italiane dei paesi e delle culture arabe e islamiche; autrice di vari testi di grande importanza (tra cui: a cura di, La schiavitu' del velo, Manifestolibri, Roma; Kahina contro i califfi, Datanews, Roma; Alla scuola dei taleban, Manifestolibri, Roma; Il fronte Iraq, Manifestolibri, Roma); e' stata inviata del "Manifesto" a Baghdad, sotto le bombe, durante la fase piu' ferocemente stragista della guerra tuttora in corso. A Baghdad e' stata rapita il 4 febbraio 2005. Dal sito del quotidiano "Il manifesto" riprendiamo, con minime modifiche, la seguente scheda: "Nata a Masera, in provincia di Verbania, il 20 dicembre del 1948, Giuliana ha studiato a Milano. Nei primi anni '80 lavora a 'Pace e guerra', la rivista diretta da Michelangelo Notarianni. Al 'Manifesto' dal 1988, ha sempre lavorato nella redazione esteri: appassionata del mondo arabo, conosce bene il Corno d'Africa, il Medioriente e il Maghreb. Ha raccontato la guerra in Afghanistan, e poi le tappe del conflitto in Iraq: era a Baghdad durante i bombardamenti (per questo e' tra le giornaliste nominate 'cavaliere del lavoro'), e ci e' tornata piu' volte dopo, cercando prima di tutto di raccontare la vita quotidiana degli iracheni e documentando con professionalita' le violenze causate dall'occupazione di quel paese. Continua ad affiancare al giornalismo un impegno anche politico: e' tra le fondatrici del movimento per la pace negli anni '80: c'era anche lei a parlare dal palco della prima manifestazione del movimento pacifista"] Cari amici, anche un piccolo gesto puo' salvare una persona. La vita di Giuliana e Florence e' nelle mani di persone che non conosciamo come non conosciamo le vie che possono portarci alla loro immediata liberazione. Sappiamo pero' che nessun gesto di solidarieta' andra' mai sprecato. Contro ogni sentimento di impotenza, di rassegnazione o peggio di indifferenza, raccogliamo l'appello del "Manifesto" e invitiamo tutti a manifestare sabato 19 febbraio a Roma per la liberazione di Giuliana Sgrena e Florence Aubenas, per la liberazione del popolo iracheno dalla morsa della guerra e del terrorismo, per il diritto ad un'informazione libera ed onesta. Vi aspettiamo a Roma sabato 19 febbraio, alle ore 14 in piazza della Repubblica. Tavola della pace, Agesci, Arci, Acli, Pax Christi, Emmaus Italia, Cipsi, Coordinamento Nazionale degli Enti Locali per la pace e i diritti umani, Cgil, Cisl, Focsiv, Manitese, Legambiente, Lega per i Diritti e la Liberazione dei Popoli, Francescani del Sacro Convento di Assisi, Centro per la pace Forli'/Cesena, Ics, Forum Trentino per la pace, Banca Etica, Associazione per la Pace, Peacelink, Sdebitarsi, Beati i costruttori di pace, Coordinamento Nazionale Comunita' Accoglienza, Comitato Italiano Contratto Mondiale Acqua. Per adesioni e informazioni: Tavola della pace, tel. 0755736890 oppure 0755734830, fax: 0755739337, e-mail: segreteria at perlapace.it 2. TESTIMONIANZE. LIDIA MENAPACE: GIULIANA, O DELLA NONVIOLENZA [Dal quotidiano "Il manifesto" del 9 febbraio 2005. Lidia Menapace (per contatti: lidiamenapace at aliceposta.it) e' nata a Novara nel 1924, partecipa alla Resistenza, e' poi impegnata nel movimento cattolico, pubblica amministratrice, docente universitaria, fondatrice del "Manifesto"; e' tra le voci piu' alte e significative della cultura delle donne, dei movimenti della societa' civile, della nonviolenza in cammino. La maggior parte degli scritti e degli interventi di Lidia Menapace e' dispersa in quotidiani e riviste, atti di convegni, volumi di autori vari; tra i suoi libri cfr. (a cura di), Per un movimento politico di liberazione della donna, Bertani, Verona 1973; La Democrazia Cristiana, Mazzotta, Milano 1974; Economia politica della differenza sessuale, Felina, Roma 1987; (a cura di, ed in collaborazione con Chiara Ingrao), Ne' indifesa ne' in divisa, Sinistra indipendente, Roma 1988; Il papa chiede perdono: le donne glielo accorderanno?, Il dito e la luna, Milano 2000; Resiste', Il dito e la luna, Milano 2001; (con Fausto Bertinotti e Marco Revelli), Nonviolenza, Fazi, Roma 2004] Mentre i militari, sempre rigorosamente in "uniforme", monotoni, ripetitivi, funesti continuano, la societa' civile si manifesta con tutta la sorprendente varieta' delle sue voci, volti, gesti, intenti. Non si sarebbe potuto rappresentare in un laboratorio sociale - meglio di quanto sta succedendo nella realta' a favore di Giuliana - l'alternativita' tra pace e guerra, violenza e azione nonviolenta. Per Giuliana conta naturalmente la grande sua personale capacita' di attirare verso di se' fiumane di sentimenti positivi, di azioni responsabili, di posizioni precise: ma tutto cio' avviene in un contesto che confronta davvero e visibilmente le due pratiche. Da una parte il segreto, l'assalto vigliacco, i messaggi cifrati, le parole minacciose, gli incitamenti all'odio, la rappresaglia su innocenti, i volti chiusi, le maschere degradanti del potere: dall'altra fiaccolate, cortei, appelli, le donne in nero, le parlamentari e le giornaliste, le straordinarie espressioni delle donne islamiche nel nostro paese, paesi, citta', scuole, uffici che si mettono in movimento senza ordini o comandi che vengono da chissa' dove: qui si comincia a vedere quale sia la grandissima forza della nonviolenza e del pacifismo e del femminismo: non e' infatti un caso che queste modalita' espressive e di azione politica siano piuttosto delle donne coscienti di se' che di altri e altre. E' davvero il segno di una cultura politica fondata sulla relazione, differenza, creativita'. Sono convinta che proprio questo ci restituira' presto Giuliana, perche' la forza di questi gesti e' grande, immediatamente comprensibile e surclassa con la sua semplice eloquenza, il rifiuto della clandestinita', la voglia di trattare a viso aperto, le tristi pratiche segrete, violente, militari. Per questo, tra l'altro, non si puu' scindere la richiesta del ritiro delle truppe occupanti attraverso una singolare forma di diplomazia popolare fatta di un'assemblea all'universita' dell'Avana, una giornalista della "Zeit", le persone che sfilano nelle piazze, le miriadi di messaggi, appelli, lettere, dalla ripetuta pressione perche' gli strumenti di morte indiscriminata, di violenza cieca e distruttiva che formano l'universo bellico, si interrompano, spariscano, recedano. Vengano dunque via le truppe occupanti. Giuliana con i suoi scritti ci ha mostrato il dolore vero, le distruzioni insensate, le inutili stragi e l'impossibilita' di dare soluzione ad alcunche' con la violenza delle armi. E' tra l'altro una grandissima lezione etica, politica, culturale: certo pagata troppo, ma pagata persino volentieri se serve a metter fuori gioco la guerra. 3. TESTIMONIANZE. LILIANA RAMPELLO E VITA COSENTINO: CON GIULIANA E FLORENCE [Dal sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it) riprendiamo questa anticipazione da "Via Dogana" n. 72 del prossimo marzo 2005. Liliana Rampello e Vita Cosentino sono due autorevolissime intellettuali femministe. Florence Aubenas, costruttrice di pace, acuta saggista, e' la prestigiosa giornalista del quotidiano francese "Liberation" rapita alcune settimane fa in Iraq] In tanti/e stanno cercando le parole, le migliori parole possibili, perche' Giuliana sia liberata; che sia fatto tutto il possibile e nel migliore dei modi; che lei torni per poter ripartire come ha sempre fatto, e raccontare qualcosa che senza di lei non possiamo sapere, perche' quel che si racconta e' gia' anche chi si e', come si lavora, l'esperienza che si e' accumulata, lo sguardo che vede e compara geografie lontane e storie complicate, un sapere che fa tutt'uno con la persona, quella persona, quella donna, con tutta la forza che ha oggi questo nome comune donna. Per fortuna i giornali ci restituiscono in molte forme tante cose di lei, per fortuna stiamo conoscendola meglio, perche' ne vale veramente la pena, per fortuna possiamo sperare nella sua forza e nella sua intelligenza. Perche' lei possa prima di tutto vivere. Io riesco solo a dire di lei, dell'emozione di un incontro e dei suoi libri, per tenerla oggi vicino a me, per far volare pensieri da qui a la', fino a lei. Dovunque sia, insieme a noi. Nel luglio del 2004, durante la presentazione in libreria del suo ultimo libro, Il fronte Iraq. Diario di una guerra permanente (Manifestolibri), da Giuliana Sgrena ho imparato molto, perche' quelle erano le parole attente, calme, mature di una donna che per grande competenza professionale ne conosce il peso, il valore, il senso vitale, la capacita' di entrare in un circolo sempre delicatamente in bilico fra l'essere virtuoso (far capire, conoscere, distinguere) o vizioso (coprire, semplificare, zittire). Di lei mi piacciono gli occhi, nervosamente attenti e veloci, e le mani, mai irritate o impazienti per domande sentite forse mille volte. L'eleganza schiva della sua mente si manifesta con una chiarezza che rende facile parlare e ascoltare, due armi disarmate contro l'orrore. Quel giorno, sollecitata dalle parole introduttive di Clelia Pallotta e Ida Fare', che hanno ricordato come i tanti suoi reportages sul "Manifesto" parlassero non "della" guerra, ma da "dentro" un mondo in guerra, che e' fatto di donne, uomini, vecchi, bambini in carne ed ossa, e come le sue parole fossero sempre capaci di restare vicine alle cose, per poterle dire, Giuliana ha risposto qualcosa che posso riportare abbastanza fedelmente (l'intero resoconto, a cura di Serena Fuart, e' sul sito www.libreriadelledonne.it, cliccando "circolo"). Ecco la prima, forse la piu' importante, relativa alla sua posizione politica rispetto a guerra, terrorismo, resistenza: "Non giustifico il terrorismo, posso capirne le ragioni ma non posso condividerlo. Posso immaginare la disperazione dei kamikaze ma non posso essere complice. C'e' chi giustificandola ritiene che quella sia una reazione giusta o invitabile all'occupazione. Questo mortifica chi adotta altre forme di resistenza (in Iraq e Palestina ce ne sono molte) e quando faccio il mio lavoro cerco di dare spazio a queste". Scrivere e' una pratica politica (primo insegnamento) e lei specifica che quando parla di resistenza intende "quella diffusa tra la popolazione, non di quella armata, anche se ci sono connessioni fra le due". Secondo insegnamento, a noi ben noto, partire da se': "racconto quel che vedo assumendo quello che sono io, non mi illudo di essere interna a quel mondo che racconto. Non do indicazioni, facciamo dei confronti, io parto da me stessa, loro da loro stesse". Sta parlando qui dei suoi rapporti con le donne algerine, che conosce da molto tempo (il suo Kahina contro i califfi. Islamismo e democrazia in Algeria (Datanews), e' del 1997) e indica problematicamente come si puo' superare la facile scorciatoia del relativismo culturale, che illude la coscienza. E poi l'Afghanistan, raccontato in Alla scuola dei taleban (Manifestolibri). Molte altre cose su cui pensare ci ha detto Giuliana, la piu' drammatica ora, la sua consapevolezza, gia' allora, dell'aumentato pericolo di rapimenti e sequestri, e la sua prudenza, cautela e conoscenza che purtroppo non le sono bastate. Teniamoci compagnia, finche' non torna, con i suoi libri. Liberatela. Liliana Rampello * Ho conosciuto Florence nel '99, a un'iniziativa organizzata dalla libreria Utopia qui a Milano, e con il mio incerto francese ho potuto conversare un po' con lei, dopo, a cena. Mi e' sembrata una donna intelligente, bella e schiva. Di quelle che non si mettono in mostra, ma hanno molto da dire. Intanto che scrivo mi accorgo che oggi, 6 febbraio, e' il giorno del suo quarantaquattresimo compleanno. E' nata nel 1961 a Ixelles, in Belgio, ha poi studiato giornalismo a Parigi e dal 1986 lavora al quotidiano "Liberation", come inviata speciale e' in Ruanda, Kosovo, Algeria, Afghanistan, Iraq. Dal 5 gennaio non si hanno piu' notizie di lei, e penso a cosa sta passando, ai suoi cari, a sua madre che dice di essere "ridotta a un'inerzia dolorosa", al suo compagno Miguel che dice: "Ora posso solo aspettare", alle strade di Parigi - capitale di un paese che non ha inviato truppe in Iraq - in cui campeggiano gigantografie con la sua foto e sotto "Liberatela". Penso che in questa attesa impotente io posso solo scrivere queste poche righe per tenerla presente fra di noi con le parole. Florence Aubenas e' una bravissima giornalista. Ne ha tratteggiato un ritratto dettagliato su "Le Monde" Benoit Hopquin (tradotto su "Internazionale" n. 576, 4-10 febbraio 2005). Dice che e' un'intervistatrice eccellente: "I suoi articoli mostrano la sua bravura nell'aprire le virgolette e lasciar scorrere le parole degli interlocutori. Aggiungendo le sue con parsimonia e umilta'". E' vero. Sono andata nel sito del suo giornale dove c'e' una scelta di suoi articoli come Eboueur a' Bagdad pour trois dollars par jour, (22 settembre 2003) in cui fa parlare gli spazzini che gli americani hanno ingaggiato a tre dollari al giorno, l'equivalente dello stipendio di un professore ai tempi di Saddam. La spinge la curiosita' per gli esseri umani. Oltre alla sua attivita' di giornalista e di reporter e' scrittrice animata da passione politica. Assieme a Anthony Suau ha pubblicato On a deux yeux de trop (Actes Sud, 1995), sul genocidio in Ruanda. Assieme a Miguel Benasayag ha pubblicato due saggi: La fabrication de l'information (La Decouverte, 1999) sul mestiere di giornalista e le sue ombre, e Resistere e' creare, unico disponibile in italiano (MC editrice, 2004). Quest'ultimo contiene una riflessione politica per accompagnare le nuove pratiche che stanno nascendo in questo nostro tormentato presente e che non si inseriscono piu' negli schemi politici classici. Nel testo accomunano i sem terra brasiliani ai piqueteros argentini ai no global europei su un punto: non considerare piu' "la presa del potere un obbiettivo centrale del loro movimento". Ne vedono un precedente nel Femminismo: "Si prendano le femministe. A modo loro hanno composto un nuovo paesaggio, modificando i ruoli, i rapporti quotidiani tra i sessi, affermando nuovo comportamenti intimi e sociali". Nella scrittura a quattro mani del testo trovo in questa parte quello che Florence e' riuscita a comunicare al suo compagno di vita e di pensiero per percorrere assieme un'altra strada. Una strada che voglio continuare a percorrere con lei. Liberatela. Vita Cosentino 4. MATERIALI. PER UNA BIBLIOGRAFIA SULLA SHOAH (PARTE DICIOTTESIMA) PREDRAG MATVEJEVIC Predrag Matvejevic, nato nel 1923 a Mostar, in Bosnia-Erzegovina, ha insegnato all'Universita' di Zagabria ed alla Sorbona di Parigi, attualmente insegna all'Universita' di Roma; studioso e rappresentante del dissenso all'epoca dei regimi del socialismo reale, dopo la caduta del muro si e' opposto anche alle "democrature" al potere in molti paesi dell'Europa centrale ed orientale. Tra le opere di Predrag Matvejevic cfr. Mediterraneo. Un nuovo breviario; Epistolario dell'Altra Europa; Mondo "ex"; Il Mediterraneo e l'Europa; I signori della guerra; tutti in edizione Garzanti GIUSEPPE MAYDA Giuseppe Mayda e' giornalista e studioso del fascismo e del nazismo. Opere di Giuseppe Mayda: Ebrei sotto Salo', Feltrinelli, Milano 1978; Guerra, fascismo, liberazione, Centrostampa, Torino 1984; Graziani l'Africano. Da Neghelli a Salo', La Nuova Italia, 1992; Norimberga. Processo al Terzo Reich, Mursia, Milano 1996; I dossier segreti di Norimberga. Interrogatori e documenti del processo piu' celebre della storia, Mursia, Milano 1997; Storia della deportazione dall'Italia 1943-1945, Bollati Boringhieri, Torino 2002; con Nicola Tranfaglia ha pubblicato un'antologia sulla seconda guerra mondiale. ARNO J. MAYER Storico, docente all'Universita' di Princeton. Opere di Arno J. Mayer: Soluzione finale. Lo sterminio degli ebrei nella storia europea, Mondadori, Milano 1990. HANS MAYER Docente e saggista, uno dei maggiori germanisti del Novecento. Opere di Hans Mayer: I diversi, Garzanti, Milano 1977, 1992; Letteratura vissuta, Garzanti, Milano 1991. JOSEF MAYR-NUSSER Josef Mayr-Nusser, nato nel 1910, impegnato nell'Azione Cattolica, "nel 1944, benche' sudtirolese con cittadinanza italiana, viene illegalmente richiamato nelle SS e mandato, insieme ad altri ottanta sudtirolesi, a Konitz, nella Prussia occidentale. Josef rifiuta il giuramento a Hitler. Viene sottoposto a carcerazione preventiva a Danzica e di qui destinato al campo di concentramento di Dachau. Josef non ci arrivera' mai: il 24 febbraio del 1945 viene trovato morto su un carro bestiame fermo alla stazione di Erlangen" (Comina). Opere su Josef Mayr-Nusser: Francesco Comina, Non giuro a Hitler. La testimonianza di Josef Mayr-Nusser, San Paolo, Cinisello Balsamo (Mi) 2000; Reinhold Iblacker, Non giuro a questo Fuehrer, Sono, Bolzano 1990 RICCARDO MAZZELLI Opere di Riccardo Mazzelli: Il razzismo, La scuola, Brescia 1988. PRIMO MAZZOLARI Primo Mazzolari, nato nel 1890 a S. Maria di Boschetto (Cremona), ordinato sacerdote nel 1912, partecipo' alla prima guerra mondiale; parroco tra i poveri, antifascista e uomo della Resistenza, precursore del Concilio Vaticano II; nel 1949 fondo' la rivista "Adesso", svolse un'intensa attivita' di pubblicista e scrittore; e' morto a Cremona nel 1959. Opere di Primo Mazzolari: naturalmente nell'ambito che particolarmente ci interessa e' fondamentale Tu non uccidere, La Lucusta, Vicenza 1955, ora anche Edizioni Paoline, Cinisello Balsamo 1991; si veda anche La chiesa, il fascismo e la guerra, Vallecchi, Firenze 1966. Presso La Locusta di Vicenza sono state pubblicate decine di opere di Mazzolari. Una decina di volumi sono stati pubblicati dalle Edizioni Dehoniane di Bologna. Viaggio in Sicilia e' stato ripubblicato nel 1992 da Sellerio. Opere su Primo Mazzolari: A. Bergamaschi, Mazzolari, un contestatore per tutte le stagioni, Bologna 1969; L. Bedeschi, L'ultima battaglia di don Mazzolari, Morcelliana, Brescia; AA. VV., Don Primo Mazzolari, Servitium, Sotto il Monte (Bg) 1999. LAVINIA MAZZUCCHETTI Nata a Milano nel 1889, docente universitaria di letteratura tedesca, nel 1929 ebbe "il doloroso onore" di essere esclusa dall'insegnamento universitario perche' antifascista. Svolse una straordinaria attivita' di giornalismo culturale e di promozione della cultura, editoriale e di traduttrice, di studiosa e di persona impegnata in difesa della civilta' e della dignita' umana; curo' l'edizione di Goethe per Sansoni e quella delle opere complete di Thomas Mann per Mondadori. E' scomparsa nel 1965. Opere di Lavinia Mazzucchetti: tra le piu' significative segnaliamo Schiller in Italia (1913); A. W. Schlegel und die italienische Literatur (1917); Il nuovo secolo della poesia tedesca (1926); La vita di Goethe seguita sull'Epistolario (1932, 1949); L'Italia e la Svizzera (1943); Novecento in Germania (1959); Die andere Achse. Italienische Resistenza und geistiges Deutschland (1964, in collaborazione con E. Castellani, L. Rognoni, G. C. Argan, R. Cantoni); Cronache e saggi (1966). ROY MEDVEDEV Nato a Tbilisi nel 1925, studi di filosofia, docenza di pedagogia, storico, e' stato uno dei piu' autorevoli rappresentanti del dissenso in Urss (sembra passata un'eternita' - e sono solo pochi anni anni -, e vorremmo non fosse dimenticato che essere rappresentanti del dissenso in Urss esponeva alle piu' crudeli ed infami persecuzioni ed ai massimi pericoli. Opere di Roy Medvedev: Lo stalinismo, Mondadori; Intervista sul dissenso in Urss, Laterza. DAVID MEGHNAGI Intellettuale di forte impegno democratico, nato a Tripoli nel 1949, docente universitario a Roma, psicoanalista. Opere di David Meghnagi: Il kibbutz: aspetti socio-psicologici, Roma 1974; La sinistra in Israele, Milano 1980; Modelli freudiani della critica e teoria psicoanalitica, Bulzoni, Roma 1985; (a cura di), L'altra scena della psicoanalisi, Carucci, Roma 1987; (a cura di), Un secolo di Freud, Guerini e Associati, Milano 1989; (a cura di), Freud and Judaism, Karnac Books, London 1993; Il padre e la legge. Freud e l 'ebraismo, Marsilio, Venezia 1997. ALBERTO MELANDRI Impegnato nella solidarieta' internazionale, per la pace e i diritti umani. Attivo nel "Comitato Ferrara per la pace". Opere di Alberto Melandri: Razzismo: dove, come, perche'?, Cies, Roma 1987. 5. MEMORIA. ENRICO PEYRETTI RICORDA VITTORIO BACHELET [Ringraziamo di cuore Enrico Peyretti (per contatti: e.pey at libero.it) per averci messo a disposizione questa sua personale testimonianza e questi altri e altrui materiali, epistolari e poetici. Inviandoceli con alcune parole di accompagnamento ha voluto altresi' dichiarare ulteriori amista' e gratitudine: "il testo della lettera che cito mi e' stato fornito, con scrupolo testuale, da Armido Rizzi ed e' tratto da un libro di Luigi Accattoli". Enrico Peyretti e' uno dei principali collaboratori di questo foglio, ed uno dei maestri piu' nitidi della cultura e dell'impegno di pace e di nonviolenza. Tra le sue opere: (a cura di), Al di la' del "non uccidere", Cens, Liscate 1989; Dall'albero dei giorni, Servitium, Sotto il Monte 1998; La politica e' pace, Cittadella, Assisi 1998; Per perdere la guerra, Beppe Grande, Torino 1999; e' disponibile nella rete telematica la sua fondamentale ricerca bibliografica Difesa senza guerra. Bibliografia storica delle lotte nonarmate e nonviolente, ricerca di cui una recente edizione a stampa e' in appendice al libro di Jean-Marie Muller, Il principio nonviolenza, Plus, Pisa 2004 (libro di cui Enrico Peyretti ha curato la traduzione italiana), e una recentissima edizione aggiornata e' nei nn. 791-792 di questo notiziario; vari suoi interventi sono anche nei siti: www.cssr-pas.org, www.ilfoglio.org. Una piu' ampia bibliografia dei principali scritti di Enrico Peyretti e' nel n. 731 del 15 novembre 2003 di questo notiziario. Vittorio Bachelet, nato a Roma il 20 febbraio 1926, illustre giurista, docente universitario, per molti anni autorevole figura dell'Azione Cattolica, e' stato assassinato dalle Brigate Rosse il 12 febbraio 1980. Opere di Vittorio Bachelet: L'attivita' di coordinamento nell'amministrazione pubblica dell'economia, Milano 1957; Disciplina militare e ordinamento giuridico statale, Milano 1962; Rinnovare l'Azione Cattolica per attuare il Concilio, Roma 1966; La giustizia amministrativa nella Costituzione italiana, Milano 1966; L'attivita' tecnica della Pubblica Amministrazione, Milano 1967; Il nuovo cammino dell'Azione Cattolica, Roma 1973. Postumi sono apparsi: Discorsi (1964-1973), Roma 1980; Scritti giuridici, Milano 1981; L'amministrazione in cammino, Milano 1984; Gli ideali che non tramontano. Scritti giovanili, Roma 1992; Il servizio e' la gioia. Scritti associativi ed ecclesiali, Roma 1992; Costituzione e amministrazione. Scritti giuridici, Roma 1992; La responsabilita' della politica. Scritti politici, Roma 1992. Vari utili materiali sulla sua figura sono reperibili nel sito dell'Azione Cattolica (www.azionecattolica.it)] Il 12 febbraio saranno 25 anni dall'uccisione di Vittorio Bachelet, uomo giusto. Ho avuto la fortuna e l'onore di conoscerlo come amico. Fu vittima di una violenza politica particolarmente ingiusta e ignorante. Sapendosi minacciato, non volle altra difesa che la sua chiara e aperta umanita'. Il figlio Giovanni, nello spirito di suo padre, perdono' gli uccisori. I quali, qualche tempo dopo, furono toccati e vinti da quel "segno vincente di pace" in cui "la vita aveva trionfato sulla morte" e si sentirono liberati dal loro passato perche' ricevettero "l'immagine di un futuro che puo' tornare a essere anche nostro". Anche chi non fa una precisa professione di fede, puo' riconoscere un segno pasquale, di risurrezione, in quella vicenda umana, che nascostamente si rinnova, a bilanciare tante violenze e offese, nella storia umana. * Il 12 febbraio 1980 le Brigate Rosse uccidevano a Roma Vittorio Bachelet, vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura. Durante il rito funebre, ripreso dalla televisione, il figlio minore Giovanni (24 anni) prego' per gli uccisori del padre e, a nome della famiglia, annuncio' il perdono. Quasi quattro anni dopo, un fratello dell'ucciso, il padre gesuita Adolfo Bachelet, ricevette da diciotto brigatisti rossi una lettera, di cui riportiamo il brano seguente: "Sappiamo che esiste la possibilita' di invitarla qui nel nostro carcere. Di tutto cuore, desideriamo che Lei venga e vogliamo ascoltare le sue parole. Ricordiamo bene le parole di suo nipote, durante i funerali del padre. Oggi quelle parole ritornano a noi, e ci riportano la', a quella cerimonia, dove la vita ha trionfato della morte e dove noi siamo stati davvero sconfitti, nel modo piu' fermo e irrevocabile. Per questo la sua presenza ci e' preziosa: ai nostri occhi essa ci ricorda l'urto tra la nostra disperata disumanita' e quel segno vincente di pace, ci conforta sul significato profondo della nostra scelta di pentimento e di dissociazione, e ci offre per la prima volta con tanta intensita' l'immagine di un futuro che puo' tornare a essere anche nostro. Solo alcuni di noi si sono aperti in senso proprio alla esperienza religiosa, ma creda, padre, che tutti, nel momento in cui con tanta trepidazione la invitiamo, ci inchiniamo davanti al fatto puro e semplice che la testimonianza d'umanita' piu' larga e vera e generosa sia giunta a noi da chi vive in spirito di carita' cristiana". * Dio non ci evita il male, non lo impedisce. Lo prende su di se'. La sua potenza consiste nel trasformare il male in bene, la morte in vita, come trasse la luce dalle tenebre. 6. MEMORIA. SEVERINO VARDACAMPI: LA MEMORIA DELLE FOIBE [Moltissimi interventi ci sono giunti da tante persone amiche in relazione alle discussioni - talora indicibilmente ciniche - che in questi giorni si son svolte sui mass-media in riferimento alla memoria della criminale tragedia dei massacri nelle foibe. A Severino Vardacampi, che e' uno dei principali collaboratori del Centro di ricerca per la pace di Viterbo, abbiamo chiesto di sintetizzare alcune opinioni condivise da varie persone amiche della nonviolenza che ci hanno scritto] Crimini inenarrabili furono commessi dai fascisti e dai loro complici, per un lungo, lungo lasso di tempo in quelle terre. Poi la guerra mondiale, catastrofe delle catastrofi; e in tali tenebre luminosa l'epopea della Resistenza jugoslava, che fu esempio all'Europa intera. E sul finire della guerra, e ancora a guerra finita, le vendette e le atrocita' fin insensate che ad ogni grande oppressione e ad ogni barbara guerra seguono, se la nonviolenza non riesce a impedirle. Nulla dobbiamo dimenticare, e tutte le vittime sono nostre sorelle e fratelli, e ogni vittima - come ha scritto una volta e per sempre Heinrich Boell - ha il volto di Abele. E tutte le stragi restano stragi, tutte le uccisioni restano uccisioni: prima vi erano esseri umani vivi e palpitanti, poi al loro posto il dolore, la morte, il male non piu' medicabile; umanita' vi era, poi solo carne straziata, desolazione, annichilimento del bene della vita. Ma sarebbe cattiva, malvagia memoria, quella usata per occultare questa decisiva verita': che dalla parte dei nazifascisti vi era la disumanita' assoluta, dalla parte della Resistenza l'umanita' intera. Intera: anche per l'umanita' di coloro che erano dalla parte del fascismo la Resistenza europea si e' battuta, ed ha vinto, per riscattare la dignita', la qualita' umana di tutti e di ciascuno, per dare a tutti il diritto di vivere, di vivere in pace, di vivere degna una vita. Le atrocita' che anche combattenti della Resistenza hanno talora commesso, rese ancora piu' tragiche e orribili dalla flagrante contraddizione tra la loro natura criminale e il senso e i fini della Resistenza, certo deturpano ma non hanno il potere di mutare questa fondamentale verita'. Non e' buona memoria quella che alimenta nuove vendette, nuove violenze, nuove menzogne, nuove complicita' con l'uccidere; e' buona memoria quella che al male sempre si oppone, che al soffrire cerca di rimediare sempre, che l'uccidere sempre contrasta, che al fascismo resiste, ancora, sempre; "ora e sempre", come ha scritto Piero Calamandrei. * Cosi' non ci appassiona il tanto cianciare di questi giorni in cui ancora una volta si strumentalizzano le vittime come il soldato morto di quella ballata brechtiana. Ci appassiona invece, e ci commuove, la memoria e la parola dei nostri personali amici profughi, persone che hanno sofferto e che occorrerebbe che tutti ascoltassero poiche' molte cose dicono di grande saggezza: che sempre ci hanno detto di non volere vendette, ma verita' e giustizia, pace e dialogo, convivenza. Cosi' la memoria di questa tragedia, come di ogni tragedia, e' cosa buona e giusta, e deve essere memoria operante, ortativa all'impegno contro ogni razzismo, contro ogni espulsione, contro ogni uccisione. Deve essere memoria operante ad esempio nel persuaderci ad accogliere tutti i migranti in fuga da fame e guerre e dittature, a riconoscere a tutte e tutti coloro che ne hanno diritto quell'asilo che la nostra Costituzione ci fa obbligo di garantire a tutti e tutte. E' buona memoria delle vittime delle foibe ad esempio abolire la scellerata legge Bossi-Fini, e' buona memoria delle vittime delle foibe abolire i campi di concentramento che prima della Bossi-Fini gia' nuovamente istitui' la quanto a questo non meno scellerata legge Turco-Napolitano. E' buona memoria delle vittime delle foibe sentire vergogna della guerra del 1999, che continua ad uccidere ancora, con gli effetti dell'uranio impoverito, e non solo. * Ha scritto una autorevole personalita' della nonviolenza come Luciano Capitini: "A causa della mia eta' ho saputo, a suo tempo, tutto - o quasi - sulle foibe, e su tutto l'insieme di argomenti correlati; se ne parlava, e si ascoltavano sia i reduci dalla guerra in Jugoslavia, sia i profughi, che si erano sparsi per tutta l'Italia. Si sapeva proprio quanto oggi ci viene riproposto (mi riferisco all'orribile eccidio e le "infoibazioni" di tanti italiani), ma poi, ad un certo punto, e' stato come se il tema fosse ormai superato, e non se ne e' parlato piu'... Come sempre succede, il silenzio e' stato controproducente, ed ha impedito che si andasse a fondo della questione, e che se ne parlasse completamente, comprendendo, cioe', anche gli antefatti. Perche' salta agli occhi che oggi si vuole parlare del massacro come di un crimine assurdo, senza motivazione alcuna, ne' precedenti... Naturalmente questa e' una parte della verita' storica, l'altra faccia della medaglia consiste nel fatto che noi, italiani, avevamo aggredito, oppresso e controllato poliziescamente la popolazione innocente. I nostri soldati, rientrati, alla fine, da quel settore di guerra, ci raccontavano fatti vergognosissimi, la realta' storica consisteva, e consiste, nel tentativo di appropriarci di una fetta di territorio di una nazione che non ci aveva minimamente provocati... Quando le sorti della guerra volsero a nostro sfavore parve logico agli jugoslavi ripagarci di pari moneta, e per buona misura aggiunsero la "pulizia etnica" consistente nella eliminazione di tanti italiani che cola' risiedevano, chi da poco, chi da tanti anni. Tale eccidio...". * Tutti gli eccidi contrastare tu devi, e tutte le violenze, e le menzogne tutte; ma per contrastare le violenze tutte devi - come suggeriva Helder Camara - ricostruirne la genealogia, per non riprodurle ancora; ed e' alla radice che devi andare, e cominciare da li' la necessaria opera di bonifica. E' quello che ci hanno insegnato le piu' grandi esperienze di pace degli ultimi decenni: dalle Madri di Plaza de Mayo in Argentina, alla Commissione per la verita' e la riconciliazione in Sudafrica, alle Donne in nero ovunque. 7. RIFLESSIONE. JOHAN GALTUNG: LE ALTERNATIVE PER UN NUOVO ORDINE MONDIALE [Dal sito di Peacelink riprendiamo questo articolo di Johan Galtung pubblicato su "Missione oggi" di febbraio 2005 (per contatti: missioneoggi at saveriani.bs.it). Johan Galtung, nato in Norvegia nel 1930, fondatore e primo direttore dell'Istituto di ricerca per la pace di Oslo, docente, consulente dell'Onu, e' a livello mondiale il piu' noto studioso di peace research e una delle piu' autorevoli figure della nonviolenza. Una bibliografia completa degli scritti di Galtung e' nel sito della rete "Transcend", il network per la pace da lui diretto, cui rinviamo: www.transcend.org] Gli imperivengono, gli imperi vanno. Nessun impero e' eterno. Potremmo definire un impero come un insieme articolato di conquiste militari, dominio politico, sfruttamento economico e penetrazione culturale. Non c'e' solo una dimensione economica. Un famoso pianificatore del Pentagono (Ralph Peters, colonnello dell'esercito americano durante gli anni '80 e '90, ndr), ha affermato che il fine delle Forze armate degli Stati Uniti sia quello di rendere il mondo sicuro per favorire l'interesse commerciale e l'offensiva culturale americana, aggiungendo: "Toward this end there will be a fair amount of killing" ("Per questo scopo avremo un numero non trascurabile di morti"). Per questo, a partire dal secondo dopoguerra, in seguito a 70 interventi militari, gli Stati Uniti si sono resi colpevoli della morte di un numero di persone compreso tra 12 e 16 milioni. * Una nuova teoria Io non sono antiamericano: sono contro l'imperialismo americano, e quindi contro la guerra che provoca. Nel 1980 ho sviluppato una teoria sulla fine dell'impero sovietico che aveva come fondamento la "sinergia delle contraddizioni sincronizzate" e che prevedeva il crollo dell'Urss entro dieci anni, preceduto dalla caduta del muro di Berlino. Nell'ex-Unione Sovietica erano presenti sei contraddizioni sincronizzate: quella tra l'Unione Sovietica stessa e gli Stati satelliti, tra la nazione russa e le altre nazioni dell'impero, tra aree urbane e rurali, tra borghesia socialista e classe operaia socialista, tra liquidita' e mancanza cronica di beni di consumo, tra miti e realta'. E' possibile che un sistema possa dominare con le baionette una contraddizione, ma quando tutte crescono e tra di loro si crea una sinergia, allora bisogna cambiare il sistema per evitarne il crollo. Due mesi prima rispetto alla mia previsione, nel novembre del 1989, e' stato abbattuto il muro di Berlino; subito dopo si e' smembrato l'impero sovietico. Al momento gli Stati Uniti hanno ben 15 contraddizioni. Cinque anni fa, nel 1999, ho azzardato che l'impero americano non sarebbe andato oltre il 2025. Da quando e' stato eletto Bush, ho ridotto di cinque anni questa previsione: nelle teorie sistemiche cio' si chiama "acceleratore di sistema". * Golpe fascista o processo di verita'? Quando tra quindici o venti anni un presidente americano dichiarera' alla televisione che gli Stati Uniti ritireranno le proprie truppe di occupazione, elimineranno tutte le loro basi militari dislocate all'estero, e parteciperanno alle Nazioni Unite come uno Stato uguale a tutti gli altri, allora potremo prevedere due cose: o che toglieranno il collegamento durante il suo intervento, o che ci sara' un golpe militare fascista. Cio' e' possibile. Siamo stati vicino a questo negli anni '30, durante la presidenza Roosevelt. Cio' che dobbiamo fare fin da ora, e' insegnare al popolo americano i valori dell'uguaglianza, far capire loro che non esistono popoli eletti, che viviamo tutti sullo stesso pianeta e che insieme possiamo migliorare le cose. Per fare questo c'e' bisogno dell'Onu, non dominata da una sola potenza e nemmeno da un Consiglio di sicurezza dotato di poteri esclusivi. Gli americani non colgono il nesso strettissimo tra economia e guerre. Sono convinto che negli Usa ci sia bisogno di un processo pubblico di verita e riconciliazione. E' importante ricordare che l'emancipazione dei cittadini tedeschi dall'eredita' del passato nazista, e' avvenuta proprio in seguito a un percorso analogo che essi hanno compiuto non soltanto grazie all'ammissione delle proprie colpe, ma anche grazie alla pubblicazione di testi scolastici in cui la parola "Auschwitz" ricorre molto spesso. In questo modo le generazioni che si sono succedute hanno avuto la possibilita' di capire e di imparare. Una scossa positiva negli Stati Uniti favorirebbe il processo di liberazione che sta avvenendo, ad esempio, in America latina, processo che vedo destinato a sfociare nella costituzione degli Stati Uniti dell'America latina, una nuova entita' istituzionale e politica, ma senza la bomba atomica. * Un modello federativo per Africa e Medio Oriente L'idea di Abramo di indicare una terra promessa per un popolo eletto e' interessante, ma, come dicono gli arabi, nessuno ha firmato questo patto, ne' esiste una registrazione o un rapporto stenografico che lo attesti. Credo nella legittimita' dell'esistenza di uno Stato israeliano e di uno palestinese, ma non ritengo che la soluzione dei "due popoli, due stati" sia la migliore. Oltre a un "bilancio militare" esiste anche un "bilancio di pace". Israele e' troppo forte, la Palestina troppo debole. Dovremmo piuttosto pensare a un modello federativo, a creare cioe' una comunita' di Paesi mediorientali, di cui facciano parte uno Stato palestinese riconosciuto, Israele, Siria, Libano, Giordania e Egitto, e in cui proprio le nazioni arabe possano rappresentare un legittimo contrappeso rispetto a Israele. Dopo mille anni senza traccia alcuna di una cultura delle sinergie, questa soluzione permetterebbe, sul modello della Comunita' europea del 1958, l'affermazione di un'economia cooperativa, confini aperti per la libera circolazione delle persone, oltre che degli investimenti, nell'intera regione. Del resto, la pace in Europa occidentale non si e' fatta sulla base di un trattato tra Germania e Lussemburgo. E' stato creato un contrappeso alla Germania, ed esso era rappresentato da Olanda, Belgio, Lussemburgo, Francia e Italia. Ho tenuto moltissimi seminari, conferenze, incontri in Medio Oriente, e ho accumulato una lunga esperienza da cui ho tratto insegnamenti preziosi. Occorre agire dal basso, coinvolgendo in modo ampio e costante quante piu' persone e gruppi possibili della societa' civile della regione, perche' discutano tra loro sul Medio Oriente in cui vorrebbero vivere. La pace sta nel futuro, non in un dibattito senza uscita sulle colpe del passato. Il modello federativo che ho proposto per il Medio Oriente vale anche per l'Africa centrale. Qui, dove e' molto forte il peso dell'imperialismo europeo, vedo infatti la possibilita' della costituzione di una confederazione bioceanica che comprenda Tanzania, Uganda, Rwanda, Burundi, Repubblica democratica del Congo e Congo Brazzaville. Parlo di una confederazione con confini aperti, dall'Oceano Indiano all'Oceano Atlantico, attraversata da una ferrovia, a patto che non venga costruita dagli europei: essi non conoscono la direttrice Est-Ovest, ma solo quella Nord-Sud. Cio' rappresenta il loro "crimine geografico". Il Sudafrica ha gia' fatto questo. Per quanto riguarda, inoltre, l'intero continente, dobbiamo sostenere con forza il processo di unita' africana, fortemente osteggiato da Europa e Stati Uniti. Noi occidentali non abbiamo alcun diritto di mantenere le divisioni, ma solo il dovere delle scuse, del risarcimento e della verita' nei confronti delle popolazioni africane che abbiamo colonizzato e sfruttato. * La terza guerra mondiale Spostiamoci ora nella zona piu' delicata del mondo, quella che comprende Cina, India e Russia. Proprio qui gli Stati Uniti stanno preparando la terza guerra mondiale. Gli strateghi americani della Casa Bianca e del Pentagono seguono una dottrina imperiale concepita da un geografo britannico nei primi anni del '900, e che si puo' sintetizzare cosi': chi domina l'Europa orientale domina l'Asia centrale; chi domina l'Asia centrale domina l'isola mondiale (cioe' la regione che comprende Europa, Asia e Africa); chi domina l'isola mondiale domina il mondo. Questa tesi, evidentemente folle, gode di grande considerazione a Washington. Essa viene riproposta nientemeno che nel piu' importante documento che attesta l'attuale linea geopolitica americana, il documento JCS570/2. Questo rappresenta la risposta all'interrogativo di Roosevelt riguardo a quale linea di politica estera avrebbero dovuto tenere gli Stati Uniti dopo la conclusione della seconda guerra mondiale. L'esigenza era quella di rendere il mondo sicuro per i commerci americani. A questo scopo furono individuate tre aree geografiche su cui imporre un rigido controllo: l'Europa occidentale, l'Asia orientale e l'America latina del nord. Il progetto fu concretizzato e formalizzato attraverso la sigla di tre distinti trattati militari, rispettivamente la Nato, l'Ampo e il Tiap. Tornando alla regione di Cina, India e Russia, appare subito evidente che essa presenta il 40% dell'intera popolazione mondiale e che si situa precisamente nel bel mezzo dell'espansione della Nato, da una parte, e dell'Ampo dall'altra. Se a questo poi aggiungiamo che gli Stati Uniti stanno prendendo il controllo della regione grazie alla costruzione di numerosi avamposti militari, ad esempio nelle repubbliche islamiche dell'ex-Unione Sovietica, e che i tre Paesi in questione prevedibilmente raggiungeranno un accordo per il controllo comune della zona, avremo tutti gli elementi per comprendere la delicatezza della situazione. L'idea poi di fare dell'Afghanistan e dell'Iraq due Stati unitari e' un'illusione occidentale. Sul territorio iracheno convivono quattro nazionalita': curda, turcomanna, sunnita e sciita. Su quello afghano ben undici. Un modello federale e' l'unica alternativa praticabile per questi due Paesi. * Come riformare le Nazioni Unite Come e' possibile gestire tutto questo? Lo strumento si chiama "Nazioni Unite". Pero' nei prossimi venti anni e' necessario introdurvi tre cambiamenti. Innanzitutto e' necessario abolire nel Consiglio di sicurezza il diritto di veto, un sistema feudale che non ha nulla da spartire con il mondo moderno e grazie a cui gli Stati Uniti, che lo hanno utilizzato 76 volte, hanno potuto paralizzare il funzionamento dell'intera organizzazione. Si deve inoltre espandere il numero dei Paesi membri del Consiglio a 54, cioe' il numero degli Stati presenti nel Consiglio economico e sociale, l'organo che dirige con buoni risultati le agenzie speciali. Infine occorre abolire l'articolo 12/A della Carta dell'Onu, che afferma che sui temi di competenza del Consiglio di sicurezza, l'assemblea generale non ha il diritto di promuovere risoluzioni. Il secondo punto di riforma riguarda la democratizzazione delle Nazioni Unite. E' necessario creare un parlamento che preveda un rappresentante per ogni milione di cittadini. In questo modo avremmo un'assemblea con 1.250 cinesi, 1.000 indiani, 275 americani, 190 russi, 9 svedesi ecc. La presenza degli occidentali in un parlamento siffatto si ridurrebbe al 22%: un buon test per verificare la disposizione ai valori democratici che diciamo di sostenere. La precondizione che sta dietro a questa soluzione, prevede che tutti i rappresentanti non siano scelti e designati, bensi' vengano eletti in elezioni democratiche, regolari, libere e segrete. Il terzo e ultimo punto di riforma consiste nel trasferimento dell'Onu. Credo che la sede ideale sia Hong Kong, dove si parlano le due lingue piu' importanti, inglese e cinese. 8. LETTURE. JACQUES DERRIDA: PERDONARE Jacques Derrida, Perdonare, Raffaello Cortina Editore, Milano 2004, pp. 108, euro 8,80. Una acuta meditazione - col tipico stile euristico e intimamente, serratamente dialogico e maieutico del grande filosofo recentemente scomparso - che prende le mosse dalle indimenticabili riflessioni di Vladimir Jankelevitch. 9. LETTURE. SERGIO PARONETTO: LA NONVIOLENZA DEI VOLTI Sergio Paronetto, La nonviolenza dei volti. Forza di liberazione, Editrice Monti, Saronno (Va) 2004, pp. 296, euro 15. Un libro di grande valore, che vivamente raccomandiamo. Per richieste: e-mail: editrice at padremonti.it, sito: www.padremonti.it 10. LETTURE. MARSHALL B. ROSENBERG: LE PAROLE SONO FINESTRE (OPPURE MURI) Marshall B. Rosenberg, Le parole sono finestre (oppure muri). Introduzione alla comunicazione nonviolenta, Edizioni Esserci, Reggio Emilia 2003, pp. 256, euro 11,08. Un utile testo introduttivo del prestigioso psicologo, gia' allievo e assistente di Carl Rogers, direttore dei servizi educativi del Center for Nonviolent Communication (sito: www.CNVC.org). Per richieste: e-mail: info at centroesserci.it, sito: www.centroesserci.it 11. LETTURE. FILIPPO TRASATTI: LESSICO MINIMO DI PEDAGOGIA LIBERTARIA Filippo Trasatti, Lessico minimo di pedagogia libertaria, Eleuthera, Milano 2004, pp. 168, euro 12. Un testo orientativo e uno strumento di lavoro che vivamente consigliamo. Per richieste: e-mail: info at eleuthera.it, sito: www.eleuthera.it 12. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 13. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, sudest at iol.it, paolocand at inwind.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 838 del 12 febbraio 2005 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione).
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