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La nonviolenza e' in cammino. 820
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 820
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Tue, 25 Jan 2005 01:51:02 +0100
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 820 del 25 gennaio 2005 Sommario di questo numero: 1. Movimento Internazionale della Riconciliazione e Movimento Nonviolento del Piemonte e della Valle d'Aosta: Prendere le distanze 2. Enrico Peyretti: Orrore e pieta' 3. Giulio Vittorangeli: Della memoria 4. Bruno Segre: Per non dimenticare la Shoah (parte quindicesima) 5. Ileana Montini: Rossana e le altre 6. Letture: Flora De Musso, Luisangela Lanzavecchia (a cura di), Liberta' femminile nel '600 7. A Viterbo e a Verona con l'Operazione Colomba 8. La "Carta" del Movimento Nonviolento 9. Per saperne di piu' 1. APPELLI. MOVIMENTO INTERNAZIONALE DELLA RICONCILIAZIONE E MOVIMENTO NONVIOLENTO DEL PIEMONTE E DELLA VALLE D'AOSTA: PRENDERE LE DISTANZE [Dagli amici del Movimento Internazionale della Riconciliazione e del Movimento Nonviolento del Piemonte e della Valle d'Aosta (per contatti: via Garibaldi 13, Torino, tel. 011532824) riceviamo e volentieri diffondiamo questo documento. Lo proponiamo come una utile base di riflessione e discussione, e come una qualificata proposta di iniziativa nonviolenta, pur avendo su alcuni punti di esso qualche perplessita', come e' ovvio trattandosi di un testo assai denso, articolato e complesso] Prendere le distanze Come ci si puo' e ci si deve opporre a una guerra di aggressione priva di sbocchi E' in atto, su una rete telematica internazionale del movimento per la pace, una campagna per l'astensione dall'acquisto di prodotti americani e inglesi come forma di pressione sui due paesi che hanno mosso guerra allo stato iracheno. In Italia e' stata avviata una campagna analoga promossa dalla Rete Lilliput e sostenuta da varie associazioni. * Le conseguenze della guerra irachena Gli Stati Uniti, insieme alla Gran Bretagna e a pochi altri paesi (che hanno messo a disposizione piccoli contingenti di truppe), sono impegnati in una guerra molto sanguinosa e dispendiosa in Iraq, che ha gia' causato gravissimi danni in tutto il paese (alcune citta' sono state praticamente distrutte) e ucciso, secondo una statistica pubblicata di recente nella rivista inglese "The Lancet", circa centomila civili (in gran parte vittime dei bombardamenti e delle battaglie che si svolgono nelle strade). Ai morti bisogna aggiungere i feriti, che stanno, in generale, in un rapporto da 5 a 10 volte superiore rispetto ai primi. * Le perdite americane Le perdite americane sono molto inferiori, ma ascendono tuttavia anch'esse a 1.300 morti e a una cifra da 5 a 10 volte superiore di feriti. * I falsi scopi o pretesti della guerra Lo stesso governo americano ha ammesso che le armi di distruzione di massa che sarebbero state in possesso di Saddam Hussein non esistevano affatto e che tutti i responsabili dell'attacco alle Torri Gemelle di New York provenivano da altri paesi arabi (in gran parte dall'Arabia Saudita) e non avevano nulla a che fare con l'Iraq. * Le vere ragioni sono altre Gli scopi dell'aggressione angloamericana a uno stato che era stato tenuto sotto sorveglianza per dodici anni e che non poteva certo costituire un pericolo per la popolazione degli stati aggressori erano ben diversi, e si possono suddividere, salvo ulteriori precisazioni, in due gruppi principali di fattori. * Il controllo delle risorse petrolifere Il primo e' rappresentato dalle ingenti risorse petrolifere contenute nel sottosuolo iracheno e che possono essere di importanza vitale per un paese letteralmente assetato di benzina e di altre specie di idrocarburi come gli Stati Uniti d'America. * ... e una strategia intesa ad affermare la propria supremazia su tutto il pianeta Il secondo e' di natura geopolitica e si collega alla politica americana di espansione militare in Asia e piu' in generale in tutto il mondo. Le forze aeronavali americane sono disseminate in tutti i continenti e nella maggior parte dei paesi del mondo. Esse costituiscono, nel loro insieme, una rete che permette alle forze armate e alle agenzie spionistiche americane di tenere sotto il loro controllo la maggior parte dei paesi del mondo. L'Iraq, che e' situato al centro della regione medio-orientale, presenta un interesse particolare da questo punto di vista. * La democrazia internazionale e la pace Questa politica di espansione territoriale deve essere contrastata, con mezzi esclusivamente pacifici, e cioe' nonviolenti, da tutti i paesi e in tutte le parti del mondo. E cio' per due ragioni fondamentali: che essa minaccia la liberta' e l'indipendenza politica delle nazioni e costituisce un focolaio permanente di guerre che minacciano la pace del mondo. * La necessita' di una presa di distanza Per indurre il governo americano a recedere da questa politica avventurosa e potenzialmente gravida di pericoli per tutti i paesi del mondo, puo' essere necessario, in determinate circostanze (e questa e' certamente una di esse), ricorrere a mezzi che, pur essendo del tutto non violenti, possono esercitare una certa pressione sul governo e sul popolo americano con quella che si potrebbe chiamare una "presa di distanza" da parte di tutti gli altri paesi e popoli del mondo. * ... che dovrebbe assumere la forma di un boicottaggio delle merci americane Essa dovrebbe assumere, in particolare, la forma di un'astensione la piu' larga possibile dagli acquisti di prodotti di marche americane, come pure di prodotti finanziari emessi dal tesoro americano o da ditte americane e reperibili sulle borse di tutto il mondo. * La nostra gratitudine nei confronti degli Stati Uniti Noi siamo amici degli Stati Uniti, che sono un grande paese, che ha preceduto tutti gli altri, nel corso dell'eta' moderna, sulla via delle istituzioni democratiche e repubblicane, e a cui dobbiamo, almeno in parte (poiche' non sono stati i soli a sconfiggere i demoni della follia nel corso della seconda guerra mondiale), la possibilita' di vivere in liberta' e di usufruire di tutta una serie di altri vantaggi. * ... che si trovano pero', attualmente, su una strada sbagliata Ma riteniamo che essi si trovino attualmente, in seguito agli errori commessi dal loro governo, e, in parte, anche da quelli che lo avevano preceduto, su una strada fondamentalmente sbagliata, che sfigura la loro immagine agli occhi del mondo, e ci proponiamo di aiutarli a ritrovare, al piu' presto possibile, quella giusta, o comunque compatibile con le esigenze di tutti gli altri paesi, tirando, da parte nostra, tutte le conseguenze possibili e necessarie da cio' che stanno facendo, e dando loro un esempio del modo in cui si possono usare mezzi pacifici in vista del conseguimento di obbiettivi ugualmente pacifici, nell'interesse comune di tutti i popoli del mondo. * L'impegno delle Ong umanitarie Molte organizzazioni non governative, alcune delle quali partecipano a questa campagna, sono impegnate in diverse parti del mondo, nel tentativo di portare soccorso a popolazioni decimate dalla fame, dalle malattie, dalla mancanza di mezzi e di risorse, e spesso anche dalle conseguenze delle guerre che imperversano nei loro paesi. * Il mercato delle armi Spesso queste guerre sono alimentate dalle grandi potenze industriali, che non si peritano di esportare, a fini di lucro, grandi quantita' di armi e di forniture militari in tutti gli altri paesi del mondo. Gli Stati Uniti occupano il primo posto fra questi "mercanti di morte", ma molti altri stati, come l'Inghilterra, la Francia, la Russia e (seppure in misura piu' limitata) anche il nostro paese, partecipano a questo genere di commercio che non e' meno, ma forse ancora piu' pericoloso di quello delle droghe e di altre sostanze nocive alla salute degli esseri umani. * La resistenza alle guerre di aggressione Ma ancora piu' perniciose del commercio delle armi, in quanto non colpiscono solo la vita e la salute degli esseri umani, ma minacciano direttamente anche l'indipendenza dei loro paesi d'origine, a cui essi tengono, a volte, piu' ancora che alla vita stessa, sono le guerre di aggressione condotte in prima persona dalle grandi potenze, in aperta violazione della Carta dell'Onu (come e' avvenuto per l'appunto in questa occasione), a cui esse dovrebbero attenersi strettamente, se non altro per dare l'esempio, come e piu' ancora delle piccole. * I compiti dei movimenti nonviolenti Il Movimento Internazionale della Riconciliazione e Il Movimento Nonviolento del piemonte e della Valle d'Aosta, che si propongono di limitare e di ridurre al minimo tutti gli inconvenienti che sono stati elencati in questo volantino, sentono il dovere di impegnarsi anche, e in primo luogo, negli sforzi intesi a contrastare, con mezzi esclusivamente pacifici, le azioni dirette ad assoggettare altri popoli e a privarli della loro liberta' e delle risorse materiali di cui essi possono disporre. * Un appello al popolo americano Invitiamo quindi tutti i nostri connazionali, a prescindere dalle loro affiliazioni politiche e religiose, ad aderire alla campagna a cui abbiamo dato vita, insieme ad altre associazioni italiane, e che e' stata promossa con argomenti impeccabili anche in altri paesi, con cui ci proponiamo di indurre il popolo americano, i suoi operai e i suoi studenti, i suoi intellettuali e i suoi tecnici, i suoi uomini e le sue donne, a dissociarsi dalla politica guerrafondaia del loro governo, e a fare in modo che esso ritiri al piu' presto le sue truppe dall'Iraq, lasciando che i cittadini di quel paese risolvano fra loro, in uno spirito di unita' e di concordia, e con l'aiuto disinteressato degli operatori umanitari di altri paesi, che sono al corrente delle sofferenze a cui sono stati sottoposti da molti anni a questa parte, i problemi che li riguardano. * Un elenco provvisorio delle merci da boicottare L'elenco che forniamo di alcuni dei prodotti americani e inglesi che si trovano piu' facilmente nei nostri supermercati, che e' stato redatto dal "Centro nuovo modello di sviluppo" di Vecchiano (Pisa), collegato alla Rete Lilliput, ha un carattere puramente indicativo, e sara' integrato quanto prima da un repertorio piu' completo e piu' dettagliato, che potra' servire da strumento di consultazione a tutti coloro che sentono il bisogno e comprendono la necessita' di aderire a questa campagna. Essa non e' fine a se stessa e non intende colpire in nessun modo questa o quella ditta particolare, che puo', ma potrebbe anche non essere coinvolta direttamente nelle colpe del proprio governo. Essa, inoltre, avra' termine, non appena l'ultimo soldato americano avra' lasciato l'Iraq, in cui si e' stabilito, in modo del tutto illegittimo, come forza di occupazione straniera, per ritornarvi magari domani, in abiti civili, come ospite o pellegrino, dopo avere chiesto perdono a quel popolo martoriato e al governo che, come si puo' sperare, esso si sara' dato liberamente in questo frattempo (cio' che non potra' certo avvenire nelle elezioni che dovrebbero tenersi alla fine di gennaio). * Un esempio per l'avvenire La campagna irachena, con le distruzioni immani che ha operato, e con le decine di migliaia di morti e le centinaia di migliaia di feriti che ha causato nella popolazione civile, dovra' servire da esempio, per tutto l'avvenire (a cominciare, naturalmente, dagli Stati Uniti d'America e dai loro alleati, ma anche a tutti gli altri paesi e popoli del mondo), del modo in cui non ci si deve comportare nelle relazioni internazionali; e segnare, coi suoi effetti, una svolta decisiva nella storia del nostro mondo, come una soglia che non dovra' mai, in nessuna circostanza, essere oltrepassata e come un limite insuperabile alle ambizioni e alle prepotenze a cui le grandi nazioni sono state spesso, e potranno ancora essere, tentate di indulgere, e su cui dovra' vigilare, d'ora in avanti, l'attenzione costante e rigorosa di tutta l'umanita' non violenta. * Ecco la lista dei 16 prodotti che invitiamo a non acquistare Questo elenco e' stato stilato dal "Centro nuovo modello di sviluppo" (autore del libro Guida al consumo critico edito dalla Emi di Bologna) Si indicano in sequenza il prodotto, la marca e la multinazionale Banane Del Monte Fresh Del Monte Banane Dole Maionese e salse Liebig Campbell Tonno e sardine Mare Blu Heinz Sottilette e formaggi Kraft Altria (ex Philip Morris) Cereali Kellogg's Kellogg Cioccolatini M&M Mars Bibite Coca Cola Bibite Gatorade PepsiCo Carta assorbente Scottex Kimberly-Clark Carta assorbente Tenderly Georgia Pacific Anitra WC Johnson Wax Detersivo Soflan Colgate Palmolive Bagnoschiuma Badedas Sara Lee Assorbenti Lines Procter & Gamble Assorbenti Carefree Johnson & Johnson 2. EDITORIALE. ENRICO PEYRETTI: ORRORE E PIETA' [Ringraziamo Enrico Peyretti (per contatti: e.pey at libero.it) per questo intervento. Enrico Peyretti e' uno dei principali collaboratori di questo foglio, ed uno dei maestri piu' nitidi della cultura e dell'impegno di pace e di nonviolenza. Tra le sue opere: (a cura di), Al di la' del "non uccidere", Cens, Liscate 1989; Dall'albero dei giorni, Servitium, Sotto il Monte 1998; La politica e' pace, Cittadella, Assisi 1998; Per perdere la guerra, Beppe Grande, Torino 1999; e' disponibile nella rete telematica la sua fondamentale ricerca bibliografica Difesa senza guerra. Bibliografia storica delle lotte nonarmate e nonviolente, ricerca di cui una recente edizione a stampa e' in appendice al libro di Jean-Marie Muller, Il principio nonviolenza, Plus, Pisa 2004 (libro di cui Enrico Peyretti ha curato la traduzione italiana), e una recentissima edizione aggiornata e' nei nn. 791-792 di questo notiziario; vari suoi interventi sono anche nei siti: www.cssr-pas.org, www.ilfoglio.org. Una piu' ampia bibliografia dei principali scritti di Enrico Peyretti e' nel n. 731 del 15 novembre 2003 di questo notiziario] Foto della camera ardente del povero maresciallo Cola, a Nassiriya: sullo sfondo l'altare, una grande croce (e altre tre piu' piccole), l'icona della Trinita' di Rublev; attorno alla bara quattro rambo dall'occhio fisso, la tuta mimetica, cinturoni (anche alle gambe) con - pare - pistole e coltelli, e, su tutto, mitra spianato. La scena gronda guerra per un soldato ammazzato in "missione di pace". Mescolanza di religione ed esercito, davanti al patibolo su cui Cristo mori' disarmato perche' finissero queste cose. La retorica rivela nuda la verita' che vuole falsificare. La guerra usa le proprie vittime per santificarsi. Orrore. Pieta'. 3. EDITORIALE. GIULIO VITTORANGELI: DELLA MEMORIA [Ringraziamo Giulio Vittorangeli (per contatti: g.vittorangeli at wooow.it) per questo intervento. Giulio Vittorangeli e' uno dei fondamentali collaboratori di questo notiziario; nato a Tuscania (Vt) il 18 dicembre 1953, impegnato da sempre nei movimenti della sinistra di base e alternativa, ecopacifisti e di solidarieta' internazionale, con una lucidita' di pensiero e un rigore di condotta impareggiabili; e' il responsabile dell'Associazione Italia-Nicaragua di Viterbo, ha promosso numerosi convegni ed occasioni di studio e confronto, ed e' impegnato in rilevanti progetti di solidarieta' concreta; ha costantemente svolto anche un'alacre attivita' di costruzione di occasioni di incontro, coordinamento, riflessione e lavoro comune tra soggetti diversi impegnati per la pace, la solidarieta', i diritti umani. Ha svolto altresi' un'intensa attivita' pubblicistica di documentazione e riflessione, dispersa in riviste ed atti di convegni; suoi rilevanti interventi sono negli atti di diversi convegni; tra i convegni da lui promossi ed introdotti di cui sono stati pubblicati gli atti segnaliamo, tra altri di non minor rilevanza: Silvia, Gabriella e le altre, Viterbo, ottobre 1995; Innamorati della liberta', liberi di innamorarsi. Ernesto Che Guevara, la storia e la memoria, Viterbo, gennaio 1996; Oscar Romero e il suo popolo, Viterbo, marzo 1996; Il Centroamerica desaparecido, Celleno, luglio 1996; Primo Levi, testimone della dignita' umana, Bolsena, maggio 1998; La solidarieta' nell'era della globalizzazione, Celleno, luglio 1998; I movimenti ecopacifisti e della solidarieta' da soggetto culturale a soggetto politico, Viterbo, ottobre 1998; Rosa Luxemburg, una donna straordinaria, una grande personalita' politica, Viterbo, maggio 1999; Nicaragua: tra neoliberismo e catastrofi naturali, Celleno, luglio 1999; La sfida della solidarieta' internazionale nell'epoca della globalizzazione, Celleno, luglio 2000; Ripensiamo la solidarieta' internazionale, Celleno, luglio 2001; America Latina: il continente insubordinato, Viterbo, marzo 2003. Per anni ha curato una rubrica di politica internazionale e sui temi della solidarieta' sul settimanale viterbese "Sotto Voce" (periodico che ha cessato le pubblicazioni nel 1997). Cura il notiziario "Quelli che solidarieta'"] Il Parlamento italiano, cinque anni fa, ha istituito la Giornata della memoria per ricordare la catastrofe della Shoah e le vittime di tutti i totalitarismi. "Al fine di ricordare lo sterminio del popolo ebreo e la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subito la deportazione, la prigionia, la morte, nonche' coloro, che, in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio e a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati". La data del 27 gennaio e' stata scelta perche' e' l'anniversario (quest'anno il sessantesimo) dell'abbattimento dei cancelli di Auschwitz. Sono proprio la' le tanto sbandierate radici dell'Europa. Ma non vogliamo parlare della Shoah, sono piu' che sufficienti gli ampi stralci del libro di Bruno Segre pubblicati su questo foglio, quanto provare a fare una breve riflessione sul passato e la memoria. E' stato giustamente sottolineato che non esistono popoli senza memoria, e che se non esistesse il passato, non esisterebbe nemmeno il presente e al futuro mancherebbe la possibilita' di proiettarsi. Del resto, nessuno possiede la chiave della storia, per sapere come avverra' la trasformazione della societa'. Ma tutti abbiamo un patrimonio prezioso, le esperienze del passato e, soprattutto, gli errori del passato; che non va condannato in blocco, solo perche' passato e carico di rughe e ferite. Invece, quanto piu' le persone conoscono le esperienze del passato, piu' sono vaccinate dal commettere gli stessi errori in futuro. E' evidente che commetteremo altri errori, ma non quelli che gia' sono stati commessi. Per questo dobbiamo lottare per ricatturare la realta' del passato. Solo riacciuffando il passato possiamo capire il presente e costruire il futuro. Ricordare il passato per guardare al futuro. * Resta percio' di preoccupante attualita' il monito che Francisco Goya, con un suo disegno, lancio' circa duecento anni fa: "Il sonno della ragione genera mostri". E il sonno della ragione si vince con la lotta della memoria contro l'oblio, si vince con la memoria costante; una memoria che sappia mantenere bene evidente, pur nella pieta' che deve accomunare nel ricordo ogni caduto, la linea di demarcazione tra chi lotto' per la vita e per la liberta' e coloro che invece erano da parte della tirannide e della morte. Invece il passato viene facilmente giudicato alla luce di convenienze politiche momentanee, quando dovrebbe essere criticato con equanimita' e rigore. Cosi' sono state allestite vergognose "revisioni" in cui le vittime si confondono coi carnefici, le colpe si compensano e chi ha fatto le scelte giuste vale quanto chi si e' schierato dalla parte sbagliata... Alla fine si e' persa ogni bussola; ed oggi si puo' dire fascista o comunista allo stesso modo, a mo' di insulto. Si e' chiesta Rossana Rossanda: "Perche' la sinistra ha permesso che questo miliardario, della cui fortuna nessuno conosce le origini, usasse la parola 'comunista' come se fosse un marchio d'infamia? Perche' non gli ha replicato che il Partito Comunista in Italia ha salvato le istituzioni repubblicane in piu' di un'occasione, e che se un marchio d'infamia l'Italia lo ha verso se stessa e con tutta l'Europa e' il fascismo mussoliniano che si alleo' con i nazisti portando l'Italia al macello e morte e distruzione nel mondo? Perche' la sinistra ha lasciato che i nazifascisti di Salo', mercenari anch'essi al soldo di fascisti stagionati, fossero graziosamente rivalutati col nome di 'ragazzi di Salo''?". Gia', perche'? 4. MEMORIA. BRUNO SEGRE: PER NON DIMENTICARE LA SHOAH (PARTE QUINDICESIMA) [Ringraziamo di cuore Bruno Segre (per contatti: bsegre at yahoo.it) per averci permesso di riprodurre sul nostro foglio ampi stralci dal suo utilissimo libro Shoah, Il Saggiatore, Milano 2003, la cui lettura vivamente raccomandiamo. Riportando alcuni passi di esso abbiamo omesso tutte le note, ricchissime di informazioni e preziose di riflessioni, per le quali ovviamente rinviamo chi legge al testo integrale edito a stampa. Bruno Segre, storico e saggista, e' nato a Lucerna nel 1930, si e' occupato di sociologia della cooperazione e di educazione degli adulti nell'ambito del Movimento Comunita' fondato da Adriano Olivetti; ha fatto parte del Consiglio del "Centro di documentazione ebraica contemporanea" di Milano; dal 1991 presiede l'Associazione italiana "Amici di Neve' Shalom / Wahat al-Salam"; dirige la prestigiosa rivista di vita e cultura ebraica "Keshet" (e-mail: segreteria at keshet.it, sito: www.keshet.it). Tra le opere di Bruno Segre: Gli Ebrei in Italia, Giuntina, Firenze 2001; Shoah, Il Saggiatore, Milano 1998, 2003] Un epilogo Quasi sei decenni ci separano dai giorni in cui le armate alleate raggiunsero i campi di sterminio nazisti restituendo la liberta' ai pochi prigionieri scampati al massacro: da allora la memoria della Shoah rappresenta un elemento costitutivo dell'identita' per una parte cospicua degli ebrei. Ormai la generazione dei testimoni diretti (su entrambi i versanti: quello delle vittime e quello dei persecutori) va estinguendosi. Ma anche gli ebrei della nuova generazione, apparentemente estranei alla paura, affrancati - tanto nella diaspora quanto in Israele - dalle ansie degli antenati, continuano a confrontarsi con la memoria della Shoah, condannati a ritornarvi lungo la propria cronistoria, nelle proprie associazioni mentali, nelle proprie decisioni morali, nei codici di comportamento. "Una mia amica, sopravvissuta come me alla Shoah - scriveva Doris Papier in una lettera da Herzliya (Israele) al "Jerusalem Post" nel dicembre 1990 -, ha visitato recentemente la localita' nella quale erano vissuti e dove vennero assassinati i miei famigliari. Il luogo non e' lontano da Rovno, in Ucraina. Mentre si trovava la', la mia amica registro' con una cinepresa la boscaglia in cui migliaia di ebrei furono passati per le armi". E soggiungeva: "Quando vidi il filmato rimasi inorridita nell'osservare che un po' ovunque, sul terreno, affioravano le ossa delle vittime e, inoltre, che la popolazione del luogo andava frugando fra i resti umani alla ricerca di denti d'oro e di oggetti di valore". (...) "Trovo quasi incredibile che per tutto questo tempo nulla sia stato fatto dalle autorita' sovietiche e/o ucraine per porre rimedio a tale situazione". * Oswiecim, in Polonia ("Auschwitz" in tedesco). Qui, nell'agosto 2000, viene inaugurata la discoteca "System", nella quale ogni fine settimana si danno appuntamento centinaia di giovani. La nascita della discoteca innesca l'ultima di una lunga serie di diatribe che, per tutto il secondo dopoguerra, hanno avvelenato i rapporti tra polacchi ed ebrei: la malcelata invidia dei primi, che non si sono sentiti abbastanza considerati nel ruolo di vittime del nazismo, l'antisemitismo strisciante dei governi comunisti di Varsavia, l'atteggiamento a volte ostile verso gli ebrei della Chiesa cattolica di Polonia e, soprattutto, il destino di Auschwitz, l'uso e la tutela di un luogo che la tragedia della Shoah ha inscritto per sempre nella storia degli ebrei e nella coscienza del mondo. La "pista da ballo sopra le tombe" - come viene definita la discoteca dai suoi critici - riaccende la guerra per la memoria della Shoah: una vicenda conflittuale fatta di simboli, di controversie religiose e strumentalizzazioni politiche, le cui radici vanno cercate nelle pieghe profonde della storia d'Europa, recente e meno recente. Gia' negli anni Ottanta un convento di carmelitane, che si era insediato entro il perimetro dell'ex campo di sterminio, fu trasferito al di fuori dei fili spinati in seguito alle proteste delle comunita' ebraiche. Nel 1996, gruppi di pressione ebraici ottennero che fosse annullato il progetto di costruzione di un centro commerciale, mentre nel 1998 vennero rimosse trecento croci in legno piantate ad Auschwitz dagli attivisti del "Movimento per la salvezza del popolo polacco", un gruppuscolo ultranazionalista che fa dell'antisemitismo e del radicalismo religioso il proprio cavallo di battaglia. Nel 2000, a chiedere l'immediata chiusura della discoteca "System" scese in campo nientemeno che il Centro Wiesenthal di Vienna. Spesso gli ebrei vengono rimproverati di fare di Auschwitz, della Shoah un mito, un monumento. A ben vedere le cose non stanno esattamente cosi'. Per i sopravvissuti e per i loro eredi la Shoah, assai piu' che un monumento rappresenta il ricordo incancellabile di un disastro, di una vicenda di rovinosa umiliazione, di impotenza e solitudine. Innanzitutto e' impossibile dimenticare che la Shoah ha inghiottito sei o sette milioni di persone: approssimativamente la meta' degli ebrei europei, ossia circa un terzo degli ebrei del mondo, fra i quali un milione e mezzo di bambini. Ma soprattutto, nella Shoah e' andata distrutta una civilta', quella degli ebrei dell'Europa centro-orientale. Dell'antico scenario fisico entro il quale si mossero e fiorirono numerose comunita' estremamente vitali e creative, oggi non rimangono che i muri delle sinagoghe, i cimiteri, i libri, gli oggetti rituali e d'uso quotidiano, le carte: documenti di una storia durata poco meno d'un millennio. Pagine della storia degli ebrei, certamente, ma anche, a pieno titolo, della storia d'Europa e - vorrei aggiungere - della storia dell'intera umanita'. * Come ha scritto Yosef Hayim Yerushalmi, docente alla Columbia University di New York, la necessita' di ricordare e' divenuta piu' urgente da quando hanno alzato la voce "coloro che fanno a brandelli i documenti, gli assassini della memoria e i revisori delle enciclopedie, i cospiratori del silenzio, coloro che, come nella bellissima immagine di Kundera, possono cancellare un uomo da una fotografia in modo che ne rimanga solo il cappello". Quella che ci risulta intollerabile e' l'idea che persino i crimini piu' atroci possano cadere nell'oblio. In sostanza, il bisogno di ricordare riguarda il male. Da piu' parti si sostiene che, in quanto "male assoluto", la Shoah sia qualcosa di indicibile, di irrappresentabile. Si tratta, in questo caso, di un'opinione che non condivido. Ritengo infatti che anche il lavoro di coloro che fanno storiografia avrebbe uno spessore molto inferiore se non potesse fare riferimento proprio alle narrazioni dei testimoni diretti, dei deportati, di coloro la cui vita e' stata barbaramente stroncata, dei sopravvissuti. Come si sa, la testimonianza personale e' fragile, parziale, incompiuta; tuttavia essa esprime il vissuto, unisce soggettivita' e oggettivita', individuale e collettivo, pubblico e privato. Ai fini della conservazione e trasmissione della memoria, il racconto individuale offre spunti e risorse di una vitalita' unica, insostituibile: basti pensare alle narrazioni e alle riflessioni preziosissime di un grande testimone quale fu Primo Levi. In un mondo sempre piu' orientato a rimuovere e a banalizzare il male - qual e' il mondo in cui viviamo -, e' importante che un sano impegno pedagogico dia vita a strategie educative capaci di offrire alle generazioni piu' giovani il senso concreto di un legame tra la vicenda dello sterminio nazista e situazioni di violenza, di offesa ai diritti umani, di eccidi di massa che accadono oggi, pur con tutte le differenze rispetto alla Shoah. Il ricordo del male passato, pero', non puo' e non deve ridursi a retoriche manifestazioni in chiave celebrativa: una sorta di illusori compensi postumi elargiti alle vittime e ai loro eredi. Manifestazioni di questa natura sono i prodotti di una memoria statica, capace soltanto di dare corso a rievocazioni del male che, per essere meramente commemorative ed esorcistiche, rivelano una radicale sterilita'. Da esse occorre distinguere le forme di una memoria dinamica, preoccupata di tenere viva la consapevolezza del male al fine di favorire, semmai, la progettazione di un futuro diverso e migliore. Infatti il ricordo dell'orrore, seguito dalla rituale invocazione "cio' non deve accadere mai piu'", appare destinato a rimanere privo di reale efficacia quando non si saldi a un'interrogazione argomentata e analitica circa il presente e non si apra con spirito critico e creativo alla progettualita'. * Alla fine del 1997 Sergio Romano pubblico' in Italia un saggio che, a onta del tenore benevolo del titolo e dell'orgoglioso "laicismo liberale" ostentato dall'autore, apparve subito abbondantemente farcito dei piu' abusati luoghi comuni antiebraici. L'autore pretendeva di spaziare in lungo e in largo nella storia degli ebrei fino a giudicarne lapidariamente la religione: un "catechismo fossile ('duecentoquarantotto precetti affermativi e trecentosessantacinque precetti negativi', ricorda il rabbino Toaff) di una delle piu' antiche, introverse e retrograde confessioni religiose mai praticate in Occidente". Fra le numerose bizzarrie proposteci da questo pamphlet, occupa un posto centrale la tesi, non priva di malizia, secondo la quale il genocidio degli ebrei d'Europa si sarebbe ormai trasformato, per l'opinione pubblica dell'Occidente (cristiano), in una sorta di ricatto permanente. Nell'imputare tale fatto al culto ebraico della memoria, Romano articola le sue argomentazioni nei termini seguenti: "[Il genocidio] e' diventato il peccato del mondo contro gli ebrei, una colpa incancellabile di cui ogni cristiano dovrebbe chiedere perdono quotidianamente, il nucleo centrale della storia del XX secolo. Grazie a questa prospettiva storica, ogni paese e ogni istituzione vengono giudicati per il loro ruolo in quella vicenda e finiscono, prima o poi, sul banco degli accusati". Dopo avere elencato varie stragi analoghe o paragonabili per dimensioni o crudelta' (lo sterminio armeno, le vittime dello stalinismo, del colonialismo, della seconda guerra mondiale, dei conflitti interetnici in Bosnia o in Ruanda), Romano lamenta che, mentre la memoria di questi e altri massacri "impallidisce e si appanna, l''olocausto' continua ad agitare le coscienze". Insomma, "non e' piu' un episodio storico da studiare nelle particolari circostanze in cui quelle vicende ebbero luogo". Di fronte alla ricerca storica, afferma Romano, molti ambienti ebraici si rivelano animati da una "ostilita' iniziale" dettata, fra l'altro, dal "timore che gli studi storici finiscano per 'storicizzare' il genocidio riducendolo, prima o dopo, ad una gigantesca 'notte di San Bartolomeo'". Con l'attribuire agli ebrei, in buona sostanza, la colpa di collocare la Shoah in una dimensione teologica e metastorica, Romano avanza l'ipotesi che la "strategia della memoria" sia stata per lo Stato d'Israele "una straordinaria arma diplomatica, una preziosa fonte di legittimita' internazionale". Inoltre, secondo Romano, tale strategia e' "il terreno su cui l'ebraismo e la sinistra possono incontrarsi e collaborare", consentendo agli ebrei di "tenere in vita una sorta di 'comitato permanente di vigilanza antirazzista'". E', questa di Romano, un'ipotesi semplicistica e fuorviante poiche', oltre a recuperare alcuni "topoi" del "connubio giudaico-comunista" tanto cari alla pubblicistica fascista degli anni trenta, ha il torto di enfatizzare il sostegno offerto allo Stato d'Israele dalle comunita' della diaspora e di sottolineare oltre misura la volonta' d'Israele di tenere viva, nel proprio esclusivo interesse di Stato, la memoria del genocidio: riducendo in tal modo il grande esame di coscienza che il mondo continua a compiere di fronte alla Shoah a una meschina macchinazione politica degli ebrei. * Circa gli usi della memoria della Shoah che si sono andati facendo in Israele lungo l'arco dei decenni, l'analisi piu' compiuta, equilibrata e, nello stesso tempo, severamente problematica, e' a mio avviso quella condotta da Tom Segev - un valido giornalista e storico israeliano - in Il settimo milione. Osservatore molto attento e sottile delle dinamiche complesse e talvolta contraddittorie che si registrano all'interno della classe politica e della societa' israeliane, Segev rammenta che "Israele e' diverso dalla maggior parte degli altri paesi del mondo perche' ha la necessita' di giustificare, agli occhi altrui e ai propri, il diritto all'esistenza". L'Olocausto, spiega Segev, "e' la conferma definitiva della validita' della tesi sionista secondo cui gli ebrei possono vivere nella sicurezza e godere pienamente dei diritti dei quali usufruiscono gli altri popoli soltanto in uno Stato autonomo e sovrano, capace di difendersi. Eppure, di guerra in guerra, si e' visto chiaramente che al mondo ci sono molti altri luoghi in cui gli ebrei sono piu' al sicuro che in Israele. Non solo: l'Olocausto e' stato un'innegabile sconfitta per il movimento sionista, che non e' riuscito a convincere la gran parte degli ebrei del mondo a stabilirsi in Palestina quand'era ancora possibile". "Secondo alcuni", ricorda Segev, "sarebbe meglio che gli israeliani dimenticassero l'Olocausto, dal momento che ne traggono insegnamenti sbagliati". E nel menzionare taluni dei rischi che il culto della memoria comporta, egli osserva correttamente che "la scuola e le celebrazioni ufficiali alimentano spesso lo sciovinismo e l'idea che lo sterminio nazista giustifichi qualsiasi azione purche' giovi alla sicurezza di Israele, compresa la repressione della popolazione palestinese nei Territori occupati". Tuttavia, dichiara alla fine l'autore, gli israeliani "non possono e non devono dimenticare [l'Olocausto]. Quello che devono fare e' trarne conclusioni diverse. L'Olocausto chiede a tutti noi di tutelare la democrazia, combattere il razzismo e difendere i diritti umani. Conferma e rafforza la legge israeliana che impone a ogni soldato di non obbedire a un ordine palesemente illegittimo. Certo non sara' facile inculcare gli insegnamenti umanistici dell'Olocausto finche' Israele lottera' per difendersi e per giustificare la propria esistenza. Ma farlo e' essenziale". * E' chiaro che il rapporto fra memoria della Shoah e storia e' particolarmente complesso, giacche l'elaborazione dei lutti provocati dalla tragedia e' lunga e dolorosa. Faccio senz'altro mia la preoccupazione di non cadere in "eccessi di memoria", che rischierebbero di schiacciare sul passato la progettazione di un qualsiasi avvenire. Ne' intendo qui negare che in ambito ebraico siano oggi presenti, tanto in Israele quanto nella diaspora, gruppi politici e frange sociali disposti a fare della Shoah un uso strumentale onde giustificare forme di sciovinismo miope e arrogante, pericolose derive fondamentaliste e grette chiusure di natura confessionale. Tuttavia, il piccolo universo degli ebrei continua, nel suo insieme, a essere ricco di interne tensioni, di una vivacissima dialettica, di spinte e controspinte, e presenta connotazioni complesse, diversificate e troppo difficili da cogliere perche' sia consentito accostarsi a esso con un approccio del tipo di quello adottato da Sergio Romano. Forse l'urgenza con la quale Romano preme per "storicizzare" la Shoah rivela una sotterranea ansia di "archiviazione", tesa a liquidare una memoria troppo ingombrante per i tanti europei che, pur di sentirsi innocenti, cercano di "chiamarsi fuori" in vari modi, per esempio ponendo lo sterminio a esclusivo carico della defunta ideologia nazista. Il vero problema, a mio avviso, e' quello di conciliare il compito morale di evitare che il passato cada nell'oblio con l'impegno a operare perche' le nuove generazioni si possano costruire un futuro vivibile e decente, da condividere responsabilmente e fraternamente con tutti i figli degli uomini. In ambito ebraico, alcune strade in questa direzione appaiono gia' tracciate. Mi riferisco, in primo luogo, all'esperienza di Yad Vashem, il museo della Shoah di Gerusalemme: un'istituzione che, fin da quando vide la luce nel 1957, volle ricordare accanto alla memoria delle vittime anche i "giusti", ossia i protagonisti del bene, quanti a rischio della propria vita si prodigarono per la salvezza dei perseguitati. Le vicende dei "giusti" hanno permesso a molti fra i sopravvissuti di ritrovare la speranza nell'umanita'. Per numerosi ebrei e per i loro figli e nipoti e' stato possibile ritornare nei paesi che li avevano perseguitati e traditi, solo dopo avere saputo di uomini e donne che si erano comportati diversamente. In tal modo i "giusti" sono diventati il tramite di un riavvicinamento tra le vittime della violenza e i popoli che li hanno oppressi. In una direzione non dissimile si colloca il lavoro del Post-Holocaust Dialogue Group: un'associazione internazionale creata all'inizio degli anni Novanta da Gottfried Wagner - pronipote di Richard e figlio "degenere" dell'attuale direttore del Festival di Bayreuth (in Germania) - e da Abraham Peck, direttore amministrativo e dei programmi dell'Archivio ebraico-americano di Cincinnati (negli Stati Uniti). Le iniziative di questo gruppo mirano non gia' a ricomporre le memorie della Shoah - ancor oggi profondamente divise - in una fittizia unita' sotto l'etichetta di una "comune memoria" (un'operazione che, qualora venisse proposta, recherebbe offesa a tutte le persone coinvolte a vario titolo nella tragedia), bensi' a dare luogo al lavoro difficilissimo, e tuttavia necessario, di reciproco riconoscimento, di dialogo appunto, tra i figli di coloro che la Shoah l'hanno subita e i figli di coloro che, invece, l'hanno architettata e inflitta. Un dialogo, dunque, tra persone nate dopo lo sterminio. Uno dei membri ebrei del gruppo, lo psichiatra newyorkese Yehuda Nir, ha pubblicato un'autobiografia che e' stata tradotta in nove lingue. In un'introduzione all'edizione olandese, composta con un pensiero rivolto in particolare agli studenti, Nir interpella idealmente Gottfried Wagner con parole che esprimono tutt'intera la tensione e la fatica di un lavoro congiunto di ricostruzione morale e psicologica, portato avanti con estrema delicatezza dagli uni e dagli altri attori di questo dialogo straordinario: "Gottfried, io ti vedo come un rappresentante di questo [nuovo] mondo. Tu sei l'anti-Lohengrin, che non nasconde il suo passato e dice: 'Per favore, Yehuda, chiedimi che cos'hanno fatto i miei genitori'. In modo sincero ti definisci un figlio dei persecutori, un tedesco nato dopo la Shoah. Hai affermato di essere legato alla storia della Germania. Non chiedi perdono. Tutto cio' che desideri e' impegnarti in un dialogo per capire che cosa e come e' successo, e se e' possibile evitare che possa accadere di nuovo. Sei un tedesco che vuole aiutare a creare un mondo in cui noi ebrei possiamo prendere in considerazione il perdono". 5. RIFLESSIONE. ILEANA MONTINI: ROSSANA E LE ALTRE [Ringraziamo Ileana Montini (per contatti: ileana.montini at tin.it) per questo intervento. Ileana Montini, prestigiosa intellettuale femminista, gia' insegnante, e' psicologa e psicoterapeuta. Nata nel 1940 a Pola da genitori romagnoli, studi a Ravenna e all'Universita' di Urbino, presso la prima scuola di giornalismo in Italia e poi sociologia; giornalista per "L'Avvenire d'Italia" diretto da Raniero La Valle; di forte impegno politico, morale, intellettuale; ha collaborato a, e fatto parte di, varie redazioni di periodici: della rivista di ricerca e studio del Movimento Femminile DC, insieme a Tina Anselmi, a Lidia Menapace, a Rosa Russo Jervolino, a Paola Gaiotti; di "Per la lotta" del Circolo "Jacques Maritain" di Rimini; della "Nuova Ecologia"; della redazione della rivista "Jesus Charitas" della "famiglia dei piccoli fratelli e delle piccole sorelle" insieme a fratel Carlo Carretto; del quotidiano "Il manifesto"; ha collaborato anche, tra l'altro, con la rivista "Testimonianze" diretta da padre Ernesto Balducci, a riviste femministe come "Reti", "Lapis", e alla rivista di pedagogia "Ecole"; attualmente collabora al "Paese delle donne". Ha partecipato al dissenso cattolico nelle Comunita' di Base; e preso parte ad alcune delle piu' nitide esperienze di impegno non solo genericamente politico ma gramscianamente intellettuale e morale della sinistra critica in Italia. Il suo primo libro e' stato La bambola rotta. Famiglia, chiesa, scuola nella formazione delle identita' maschile e femminile (Bertani, Verona 1975), cui ha fatto seguito Parlare con Dacia Maraini (Bertani, Verona). Nel 1978 e' uscito, presso Ottaviano, Comunione e liberazione nella cultura della disperazione. Nel 1992, edito dal Cite lombardo, e' uscito un libro che racconta un'esperienza per la prevenzione dei drop-out di cui ha redatto il progetto e curato la supervisione delle operatrici: titolo: "... ho qualche cosa anch'io di bello: affezionatrice di ogni cosa". Recentemente ha scritto la prefazione del libro di Nicoletta Crocella, Attraverso il silenzio (Stelle cadenti, Bassano (Vt) 2002) che racconta l'esperienza del Laboratorio psicopedagogico delle differenze di Brescia, luogo di formazione psicopedagogica delle insegnanti e delle donne che operano nelle relazioni d'aiuto, laboratorio nato a Brescia da un progetto di Ileana Montini e con alcune donne alla fine degli anni ottanta, preceduto dalla fondazione, insieme ad altre donne, della "Universita' delle donne Simone de Beauvoir". Su Ileana Montini, la sua opera, la sua pratica, la sua riflessione, hanno scritto pagine intense e illuminanti, anche di calda amicizia, Lidia Menapace e Rossana Rossanda. Rossana Rossanda e' nata a Pola nel 1924, allieva del filosofo Antonio Banfi, antifascista, dirigente del Pci (fino alla radiazione nel 1969 per aver dato vita alla rivista "Il Manifesto" su posizioni di sinistra), in rapporto con le figure piu' vive della cultura contemporanea, fondatrice del "Manifesto" (rivista prima, poi quotidiano) su cui tuttora scrive. Impegnata da sempre nei movimenti, interviene costantemente sugli eventi di piu' drammatica attualita' e sui temi politici, culturali, morali piu' urgenti. Opere di Rossana Rossanda: Le altre, Bompiani, Milano 1979; Un viaggio inutile, o della politica come educazione sentimentale, Bompiani, Milano 1981; Anche per me. Donna, persona, memoria, dal 1973 al 1986, Feltrinelli, Milano 1987; con Pietro Ingrao et alii, Appuntamenti di fine secolo, Manifestolibri, Roma 1995; con Filippo Gentiloni, La vita breve. Morte, resurrezione, immortalita', Pratiche, Parma 1996; Note a margine, Bollati Boringhieri, Torino 1996. Ma la maggior parte del lavoro intellettuale, della testimonianza storica e morale, e della riflessione e proposta culturale e politica di Rossana Rossanda e' tuttora dispersa in articoli, saggi e interventi pubblicati in giornali e riviste] Sulla rivista "Avvenimenti" (n. 3 del 2005) e' apparso un trafiletto con il seguente titolo: Bentrovata Rossanda, la leader incanta la platea. Nell'articolo a pagina intera viene dato il resoconto dell'assemblea, denominata "camera di consultazione", all'Angelicum, il collegio domenicano a due passi dal Quirinale. Ma nel trafiletto Rossana Rossanda viene descritta come la vera leader carismatica di questo evento del 15 gennaio scorso. E si annota: "Di solito piu' incline alle vaste articolasse che alle grandi platee, e' stata salutata con un emozionato applauso". Di seguito si scrive che Rossana Rossanda non si e' mai definita una femminista e che con il femminismo storico ha intrecciato un dialogo senza sconti, come si evince dalla lettura del suo libro del 1978, Le altre. Dal palco ha ironizzato sui luoghi comuni del politically correct, attraverso i quali la cosiddetta questione femminile risulta ormai derubricata anche da parte della sinistra. Perche' proprio la sinistra tiene lontane le donne, "anche le piu' acute, non solo le scimmiette che vanno in tv". * E' un'accusa pesante ma purtroppo vera. La sinistra tutta sta mettendo in scena i soliti leader, tutti rigorosamente di genere maschile. Ci credo quindi che un giornale abbia voluto sottolineare l'anomalia di una vecchia leader donna superapplaudita. A diversi anni dal femminismo acceso e rombante, le conversioni di tanti uomini della politica di sinistra alla questione dell'ingiustizia sociale nei riguardi delle donne sono rientrate, segno di un comportamento furbesco, per niente convinto. La divisione tra sfera del pubblico e sfera del privato, resta sostanzialmente invariata. L'esercizio del potere e' affare, biologico e trascendentale, dei soli uomini. A sinistra come a destra. Nella quasi totalita' dei casi gli esperti e i politici invitati a trasmissioni come "Ballaro'" sono uomini. Con quali conseguenze? Anche per la sinistra quella, appunto, di un'immagine tradizionale, che afferma la mascolinita' del potere, relegando prevalentemente le donne alle funzioni di cura della casa e degli affetti. Privandosi di fatto dell'apporto di esperienze e riflessioni diverse. * Non ero a Roma, ma credo che Rossana Rossanda abbia voluto far intendere questo. Lei che non e' mai stata una femminista "storica" ma ha, ad un certo punto della sua vita, saputo farsi "toccare" dalle teorie femministe. Il libro che "Avvenimenti" cita riporta un evento accaduto, se non ricordo male, nel 1977 a Bellaria, a un congresso del Pdup. Mentre si svolgevano i lavori e gli uomini, ieri come oggi, si succedevano sul palco, noi femministe improvvisamente "occupammo" la presidenza e a turno parlammo. Rossana sedeva in sala e io poco prima mi ero trovata accanto a lei a commentare (come ricorda nel libro) i compagni che facevano gli interventi. Tocco' proprio a me criticare il modo maschile di "prendere la parola", cosi' tanto di testa e cosi' poco di pancia. Un modo paludato, solenne, iper-razionale di spiegare gli eventi e teorizzare i mutamenti. Nei giorni seguenti prima Rossana e poi io e in seguito altre, ritornammo sull'accaduto sul "Manifesto". Rossana era rimasta allibita e quasi non aveva compreso la nostra "occupazione". Lei si sentiva in fondo dalla parte dei maschi. Ma comincio' a porsi degli interrogativi. E nel libro si legge che quel giorno era suonata per lei la sveglia e nella dedica che mi fece scrisse: "All'unica sveglia affettuosa della mia vita". 6. LETTURE. FLORA DE MUSSO, LUISANGELA LANZAVECCHIA (A CURA DI): LIBERTA' FEMMINILE NEL '600 Flora De Musso, Luisangela Lanzavecchia (a cura di), Liberta' femminile nel '600, Gruppo insegnanti di Milano - supplemento a "Via Dogana", Milano 1992, pp. 96, lire 25.000. Un progetto didattico promosso da Flora De Musso, Luisangela Lanzavecchia, Gabriella Lazzerini, Marcella Busacca, Donatella Giovannini, con un lavoro antologico curato da Ester Barbato, Raffaella Cantu', Noemi Trapani. Un utile libro che e' anche una proposta e un modello di lavoro a scuola. Per richieste: e-mail: info at libreriadelledonne.it, sito: www.libreriadelledonne.it 7. INCONTRI. A VITERBO E A VERONA CON L'OPERAZIONE COLOMBA [Dagli amici dell'Operazione Colomba (per contatti: operazione.colomba at apg23.org), e da altri ancora, riceviamo e volentieri diffondiamo] A Viterbo, venerdi' 28 gennaio 2005, alle ore 16,30, in via Polidori 72, si terra' una tavola rotonda e la presentazione degli atti del convegno sulla pace del 7-8 novembre 2003: "La pace e il dialogo non sono un'utopia". Intervengono Daniele Aronne (volontario di Viterbo con amore e dell'Operazione Colomba), Alberto Capannini (dell'Operazione Colomba), don Matteo Zuppi (responsabile della Comunita' di Sant'Egidio); coordina Ettore Masina (giornalista, scrittore e fondatore della Rete Radie' Resch). Per informazioni: Viterbo con amore, via Cavour 97, 01100 Viterbo, e-mail: viterboconamore at libero.it * A Verona, martedi' primo febbraio 2005, presso la Chiesa di S. Domenico, in via del Pontiere, alle ore 21, incontro su: I cristiani in terra santa. Una presenza per la riconciliazione e la pace. Relatori: mons. Rodolfo Cetoloni, vescovo di Montepulciano; Ali Rashid, segretario generale della delegazione palestinese in Italia; Cristina Graziani, volontaria dell'Operazione Colomba. Moderatore della serata: Sergio Paronetto, presidente di Pax Christi di Verona. Segreteria organizzativa: Acli Verona, interrato Acqua Morta 22, tel. 0458065531, e-mail: segreteria at acliverona.it, sito: www.acliverona.it 8. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 9. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, sudest at iol.it, paolocand at inwind.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 820 del 25 gennaio 2005 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione).
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