[Prec. per data] [Succ. per data] [Prec. per argomento] [Succ. per argomento] [Indice per data] [Indice per argomento]
La nonviolenza e' in cammino. 819
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 819
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Mon, 24 Jan 2005 00:14:34 +0100
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 819 del 24 gennaio 2005 Sommario di questo numero: 1. Giobbe Santabarbara: La morte con la coda 2. Giorni nonviolenti 3. David Albert: Con Krishnammal e Jagannathan 4. Bruno Segre: Per non dimenticare la Shoah (parte quattordicesima) 5. Maria G. Di Rienzo: Buone notizie dall'Argentina 6. Enrico Peyretti: Democrazia e valori 7. Maria-Milagros Rivera Garretas: Una scuola segreta di liberta' 8. Letture: AA. VV., Alcide De Gasperi 9. Letture: AA. VV., Fare pace dove c'e' guerra 10. Riletture: Palmiro Togliatti, Antonio Gramsci 11. Riletture: David Maria Turoldo, Il Vangelo di Giovanni 12. Da tradurre: Ana Teberosky, Aprendendo a escrever 13. Da tradurre: Ana Teberosky, Beatriz Cardoso (organizadoras), Reflexoes sobre o ensino da leitura e da escrita 14. La "Carta" del Movimento Nonviolento 15. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. GIOBBE SANTABARBARA: LA MORTE CON LA CODA Ho disgusto degli empi dichiaratori sempre in agguato a balzare sulle spoglie degli uccisi, e calpestarle sentenze vomitando, per carpire due righe sui giornali. Li sento complici degli assassini. 2. STRUMENTI. GIORNI NONVIOLENTI "Giorni nonviolenti" e' il titolo dell'eccellente agenda realizzata dalle Edizioni Qualevita, che lungo il corso dell'intero anno accompagna le persone amiche della nonviolenza giorno dopo giorno offrendo loro materiali di riflessione, memorie grate, proposte di lavoro. Questa edizione 2005 ha come peculiare filo conduttore il concetto di lievito; idea e proposta di una luminosa, generosa profondita': del lievito cogliere il valore, al lievitare essere attenti, sentirsi e farsi lievito. Di tante pubblicazioni che l'editoria nonviolenta mette a disposizione delle persone di volonta' buona, l'agenda "Giorni nonviolenti" e' insieme una delle piu' umili e delle piu' preziose. La troviamo pressoche' indispensabile, e ci permettiamo di raccomandarla a tutte le persone amiche. Una copia costa 9,50 euro, per acquisti di piu' copie vi e' ovviamente una progressiva riduzione del prezzo unitario. Per richieste: Edizioni Qualevita, via Michelangelo 2, 67030 Torre dei Nolfi (Aq), tel. 3495843946, o anche 0864460006, o ancora 086446448; e-mail: sudest at iol.it o anche qualevita3 at tele2.it; sito: www.peacelink.it/users/qualevita 3. TESTIMONIANZE. DAVID ALBERT: CON KRISHNAMMAL E JAGANNATHAN [Ringraziamo gli amici di Overseas (per contatti: overseas at overseas-onlus.org) per averci inviato in traduzione queste pagine di diario di David Albert, giornalista statunitense da quasi trent'anni amico del Lafti (l'organizzazione gandhiana di Jagannathan e Krishnammal), e curatore della traduzione inglese (col titolo The Color of Freedom) del libro di Laura Coppo, Terra gamberi contadini ed eroi, Emi, Bologna, che descrive la vita e il lavoro di Krishnammal e Jagannathan. Overseas e' una ong italiana che sostiene il lavoro del Lafti, per contatti: Overseas onlus, via Castelnuovo R.ne 1190, 41057 Spilamberto (Mo), tel. 059785425, cell. 3482518421, fax: 0597860055, e-mail: overseas at overseas-onlus.org, sito: www.overseas-onlus.org. Per inviare tramite Overseas aiuti finanziari al Lafti per recare soccorsi alle vittime del maremoto: c/c n. 1298672 intestato a Overseas presso la Banca Popolare dell'Emilia Romagna, Agenzia di Spilamberto, Cod. ABI 5387, CAB 67060, causale: "emergenza maremoto"] Gandhigram Per me Gandhigram e' il luogo piu' bello del mondo. Si trova ai piedi delle montagne Sirumalai, famose per ospitare numerose specie di piante medicinali (questa e' la prima volta che Aliyah viene qui per studiare la flora) e una varieta' di banana lunga non piu' di una decina di centimetri dal sapore e la consistenza eccezionali. La facciata della nostra casa e' coperta di bougainvillee rosa e arancione. La casa e' magnifica anche se il tetto incomincia a cedere e ci sono buchi in diversi punti. "Cosa possiamo fare? Abbiamo bisogni piu' urgenti", e' la risposta di Amma. Cita un vecchio detto tamil ("Se il fondo della pentola e' bucato, utilizza le pareti") e mi racconta ridendo che ha smesso di adoperare asciugamani: "Visto che indosso un sari lungo sei metri, che almeno mi serva fino in fondo". Ha orrore dello spreco, come sempre. Mio fratello Bhoomi ha cercato di convincerci a farci ospitare nella foresteria dell'Universita', dove almeno c'e' una doccia vera che funziona. Io e Aliyah non ne vogliamo sapere. Questa e' anche la nostra casa e ci aggiusteremo con il rubinetto di acqua fredda come tutti gli altri. "Dopo tutto, l'acqua e' potabile", ho spiegato a Bhoomi, "cosa che non capita da molte altre parti". Ieri io e Appa abbiamo pranzato con il famoso giornalista tamil Solai, il quale spera di pubblicare The Color of Freedom (la traduzione del libro di Laura Coppo) a puntate in un quotidiano tamil. Ci siamo fatti fotografare con lui e poi sono arrivati due amici di Overseas, l'ong italiana che ci sostiene da anni. Abbiamo parlato una miscela colorita di inglese, italiano e tamil e Aliyah ha sfoggiato l'italiano imparato a scuola. Quando andra' in Italia in viaggio di studi avra' sicuramente un sacco di amici. E' curioso come talvolta si combinano le cose nella vita. I piu' fedeli sostenitori del lavoro di mia madre [Amma, il nomignolo di Krishnammal] si trovano a Firenze e a Modena, e stiamo pensando di organizzare una serie di concerti benefici. La pianista potrebbe essere Meera, la mia figlia piu' piccola, la quale ha gia' suonato per le famiglie israelo-palestinesi del Forum per la pace e per l'Agli, un programma di sostegno in favore dei sopravvissuti alla guerra fra Rwanda e Burundi per il quale terra' un altro concerto a Philadelphia in aprile. Amma sta sicuramente pensando a qualcosa da fare. Come al solito ci vorra' del tempo prima che capiamo quali sono i suoi piani, che del resto possono cambiare da un momento all'altro. Di sicuro so che questa mattina ho il compito di andare ad acquistare lenzuola perche' la temperatura si e' abbassata di molto per questa stagione. Appa fila seduto per terra. Negli ultimi sessant'anni ha prodotto con le sue mani il filo di cotone necessario per tessere i vestiti che indossa e non vede il motivo per non continuare a farlo. Tornando a casa apprendo che c'e' stato un cambiamento di programma: domattina alle sei partiamo per Nagai, la zona piu' colpita dallo tsunami. * Chengelput Krishnammal ci aspettava all'aeroporto di Madras. Eccola. In questi ventisette anni non e' cambiata per niente. Quando ne aveva cinquantuno sembrava piu' anziana, ma adesso che ne ha settantotto e' in forma smagliante. Indossa sempre gli stessi abiti, un sari di cotone di seconda mano (regalo di mia sorella Sathya, la pediatra), niente gioielli, niente scarpe. Se non fosse per la sua straordinaria energia, passerebbe inosservata in mezzo alla folla .Secondo me e' molto serena, ma non mi sorprende piu' nulla di lei. Mi abbraccia e andiamo verso la macchina. "Sathya mi aveva detto di mandare l'autista, ma io volevo venire di persona a dare il benvenuto ai miei ragazzi", mi spiega. Se le domandassero di quanti ragazzi si sta occupando, lei risponderebbe: "E quanti ce ne sono?". Amma era a Madras per caso. Tornava da Kuthur, il villaggio nel distretto di Nagai dove si trova la sede della sua organizzazione. In questa area, la piu' colpita dallo tsunami, ha collaborato nella distribuzione di aiuto alimentare. "Quest'anno le inondazioni sono state terribili", ci racconta, sottolineando che negli ultimi due mesi ha tentato di convincere il governo del Tamil Nadu ad accelerare il passo perche' parecchie centinaia di migliaia di persone rischiavano di morire di fame. "Adesso non c'e' cibo e le abitazioni sono crollate". Secondo i giornali nelle ultime due settimane Krishnamal e' andata personalmente a bussare alla porta dei ricchi, in primo luogo nei quartieri dove abitano i ministri, per raccogliere donazioni. E' riuscita a mettere insieme 50.000 rupie (pressappoco 2.000 dollari), ma ancora una volta il suo vero obiettivo era spingere il governo ad agire subito. Il 25 dicembre ha lavorato fino a tardi nella distribuzione di riso e coperte ai piu' poveri dei poveri. "Il suolo non riesce a trattenere altra acqua," dice. Secondo lei e' colpa della distruzione del tappeto verde da parte degli allevamenti intensivi di gamberetti. "Ogni anno e' peggio, prima c'e' siccita' e poi vengono le inondazioni". Si parla delle migliaia di morti lasciati dallo tsunami. Quelli di Nagai li conosceva sicuramente tutti. "Cosa dovremmo fare?", chiede, alzando le mani. "Continuare a lavorare come abbiamo fatto sempre. Non possiamo metterci a piangere sul campo di battaglia". Non aggiunge altro. Molti dei suoi collaboratori hanno perso dei familiari. Krishnammal ha 67 nipoti e forse 360 bisnipoti e sembra che sappia esattamente dove si trova ciascuno di loro. Innumerevoli persone la chiamano "Amma" (madre) e lei e' in grado di riconoscerle tutte. Per una ironia del destino in Cuddalore ci sono stati piu' morti che cinque anni fa perche' soltanto pochissimi pescatori erano sulle barche. Coloro che erano usciti a pescare sono tornati sani e salvi. Il fatto e' che in questi anni la distruzione dell'ecosistema costiero, la foresta di mangrovie, ha decimato la fauna marittima e la pesca si e' ridotta dell'80%. Per questo motivo i pescatori avevano deciso di uscire a turni. Adesso nessuno sa cosa succedera'. Krishnamal racconta che i bambini che si trovano negli ostelli della gioventu' stanno bene, anche se molti non hanno notizie delle loro famiglie. Quando finalmente i parenti sopravvissuti vengono localizzati, i piccoli rientrano in famiglia affinche' i legami affettivi possano ricrearsi rapidamente. * L'acqua e' il problema piu' serio. Mio padre [Appa, il nomignolo con cui e' chiamato Jagannathan] ha 91 anni, ha perso la vista nella battaglia contro gli allevamenti di gamberetti (il libro The Color of Freedom ne parla a lungo), e' sordo di un orecchio e dorme molto, ma conserva uno spirito forte. I giornalisti vogliono intervistarlo, lui che per oltre dieci anni ha sostenuto che fosse urgente alzare lungo la costa una barriera verde per proteggere quel poco di terra coltivabile rimasto ai contadini poveri. Finalmente il demone e' stato esorcizzato. "Gli allevamenti di gamberetti sono stati spazzati via!", esulta. Ma prima di addormentarsi piange pensando alle migliaia di morti. Adesso e' di nuovo pronto a dare battaglia, ma l'obiettivo non e' ancora del tutto chiaro. "Il governo risarcira' le aziende, gli alberghi, i negozianti. Chi pensera' alla nostra gente quando le associazioni di volontariato se ne torneranno a casa?". Krishnammal sa che di giorno egli si addormenta spesso e durante la notte resta sveglio a lottare con la sua mente. Appa e' un profeta teso ad ascoltare le voci interiori. Quando ha saputo che il titolo della traduzione inglese del libro di Laura Coppo fa riferimento al colore della liberta' ci ha detto: "E' un colore brillante, vero?". Mio fratello e' arrivato dalla Cambogia, dove dirige l'unico centro di salute mentale infantile del paese. Oltre a lavorare in ambulatorio tiene corsi di formazione per infermieri psichiatrici e assistenti sociali. Ci ha raccontato che la maggior parte dei medici e paramedici cambogiani e' stata ammazzata negli anni settanta e che rimettere in piedi i servizi necessari richiede molto tempo. Non andiamo direttamente a Nagai perche' ancora non avremmo nulla da fare. La gente del posto e' impegnata nei lavori di soccorso e il governo ha chiuso l'area alle organizzazioni di volontariato fino a quando non presenteranno un piano di intervento coordinato. Inoltre occorre lasciare alla popolazione colpita il tempo di elaborare il lutto, cosa che finora e' stata pressoche' impossibile. La gente trova offensivo che si parli di portare via i bambini per farli adottare. In momenti come questi i membri giovanissimi sono il bene piu' prezioso che rimane a una comunita'. Dal nord stanno arrivando diverse squadre di soccorritori esperti in terremoti e Krishnammal e' costantemente al telefono per fornire loro informazioni. "Non vogliamo che vadano in albergo. Devono essere ospitati nelle case dei ricchi. E' il minimo che devono offrire in questo brutto momento", insiste. E aggiunge: "Nel frattempo occorre procurare cibo per tutti". Visto il numero di visitatori e squadre di soccorso arrivati da altri stati dell'India, non capiamo se si riferisca alle vittime dello tsunami o semplicemente a tutti coloro che bussano alla sua porta desiderosi di dare una mano. Conoscendola, scommetto che per lei "tutti" voglia dire sia gli uni che gli altri, senza distinguo, e le chiedo dove pensa di trovare tanto cibo. La risposta e' scontata: "Dio ci da' gli alimenti, questa e' la parte piu' difficile. Io non devo pensare ad altro che a distribuirli". 4. MEMORIA. BRUNO SEGRE: PER NON DIMENTICARE LA SHOAH (PARTE QUATTORDICESIMA) [Ringraziamo di cuore Bruno Segre (per contatti: bsegre at yahoo.it) per averci permesso di riprodurre sul nostro foglio ampi stralci dal suo utilissimo libro Shoah, Il Saggiatore, Milano 2003, la cui lettura vivamente raccomandiamo. Riportando alcuni passi di esso abbiamo omesso tutte le note, ricchissime di informazioni e preziose di riflessioni, per le quali ovviamente rinviamo chi legge al testo integrale edito a stampa. Bruno Segre, storico e saggista, e' nato a Lucerna nel 1930, si e' occupato di sociologia della cooperazione e di educazione degli adulti nell'ambito del Movimento Comunita' fondato da Adriano Olivetti; ha fatto parte del Consiglio del "Centro di documentazione ebraica contemporanea" di Milano; dal 1991 presiede l'Associazione italiana "Amici di Neve' Shalom / Wahat al-Salam"; dirige la prestigiosa rivista di vita e cultura ebraica "Keshet" (e-mail: segreteria at keshet.it, sito: www.keshet.it). Tra le opere di Bruno Segre: Gli Ebrei in Italia, Giuntina, Firenze 2001; Shoah, Il Saggiatore, Milano 1998, 2003] L'ambiguita' del bene Nella scia del dramma di Rolf Hochhuth Der Stellvertreter (Il vicario, in italiano) (1962-1963) e delle aspre polemiche attorno ai rapporti tra la Chiesa cattolica e la Germania nazista che ne seguirono, lo storico israeliano Saul Friedlaender pubblico' nel 1967 un'affascinante ricerca sul personaggio che Hochhuth aveva messo in scena all'apertura del dramma stesso: il trentasettenne ufficiale delle SS Kurt Gerstein, arruolatosi per "vedere cio' che accadeva" nell'inferno hitleriano e poterne informare il mondo. Friedlaender, che vi aveva gia' fatto cenno brevemente nel suo Pio XII e il Terzo Reich, dedico' il nuovo libro a un piu' profondo lavoro di scandaglio nella vita di quest'inquieto e contraddittorio spirito religioso: una vita sconcertante, sotto molti aspetti indecifrabile. "Attraverso la vita di un uomo" scriveva Friedlaender "cercheremo di penetrare i dilemmi di un'intera societa'". Figlio di un funzionario prussiano all'antica (un Landgerichtspraesident, cioe' un presidente di tribunale, ossequiente per tradizione all'autorita'), Gerstein nacque a Muenster (Westfalia) nel 1905. Crebbe a Saarbruecken, Halberstadt e Neu Ruppin presso Berlino, si laureo' in ingegneria mineraria e dal dicembre 1936 all'inizio della guerra segui' studi regolari di medicina. Fervente evangelico, trascorse la giovinezza nei circoli e nei campeggi delle organizzazioni protestanti fino a che, nel 1933, il nazismo giunse al potere. Suo padre, un profugo espulso dalla Saar dai francesi, saluto' con entusiasmo l'avvento di Hitler, nel quale vide il riparatore delle ingiustizie di Versailles. Anche il giovane Gerstein fu attratto dalle promesse rinnovatrici del nazismo. Si iscrisse alla Nsdap il 2 maggio 1933, ma un anno e mezzo dopo era gia' pentito del suo gesto. Attivissimo nell'organizzazione dei "Bibelkreise" (circoli biblici), si trovo' ben presto in contrasto con l'arroganza totalitaria del regime. Agli inizi del 1935, la Gioventu' hitleriana aveva organizzato a Hagen la rappresentazione di un lavoro teatrale di Edmund Kiss, d'ispirazione anticristiana, intitolato Wittekind. Durante lo spettacolo Gerstein si alzo' in piedi e grido' qualcosa in difesa del cristianesimo. Un gruppo di fanatici gli balzo' addosso e lo tempesto' di pugni. Fu allontanato dalla sala con il volto sanguinante e qualche dente in meno. Con il passare degli anni, la sua opposizione al regime prese slancio. Accusato d'avere preparato e, in larga misura, realizzato nel luglio 1936 la diffusione massiccia di opuscoli proibiti della Chiesa confessante, venne incarcerato una prima volta il 26 settembre 1936 per quattro settimane e interdetto dai pubblici uffici. Incolpato con altre sei persone di preparare una restaurazione della monarchia, fu arrestato nuovamente dalla Gestapo il 14 luglio 1938 e internato nel campo di concentramento di Welzheim. Ne usci' sei settimane dopo, con la diffida a non partecipare a pubbliche manifestazioni. Nel settembre 1939 il governo hitleriano decreto' segretamente l'eliminazione dei malati di mente e dei portatori di handicap psichici (con il cosiddetto "programma di eutanasia", o "Azione T4"): un'iniziativa cui il regime fu costretto poi a rinunziare, almeno "ufficialmente", nell'agosto 1941, soprattutto sotto la spinta della vasta risonanza che ebbero in Germania le prediche di vibrante condanna pronunziate dal vescovo protestante del Wuerttemberg, Theophil Wurm (19 marzo 1940), dal vescovo cattolico di Berlino, Konrad von Preysing (9 marzo 1941) e dal vescovo cattolico di Muenster, conte Clemens August von Galen (3 agosto 1941). Dal gennaio all'agosto 1940, nelle apposite "stazioni di eutanasia" (di Grafeneck, Hadamar e di altri luoghi) dotate delle prime camere a gas funzionanti a ossido di carbonio, vennero uccisi piu' di settantamila malati di mente, tra i quali anche una cognata di Gerstein, Berta Ebeling. "Fu allora che decisi di entrare nelle Waffen SS" egli dichiarera' nel giugno1945 "per condurre una battaglia attiva e conoscere meglio gli obiettivi dei nazisti e i loro segreti". * Arruolato il 10 marzo 1941 non tardo', grazie alla sua elevata competenza tecnica e alla preparazione medica, a fare una rapida carriera quale responsabile della disinfezione nell'Ufficio del capo dell'igiene delle Waffen SS, di stanza a Berlino. Cosi' fu assegnato alla costruzione di apparecchi per la disinfezione e di filtri per l'acqua potabile destinata alle truppe e ai campi di prigionia e di concentramento. E finalmente nell'agosto 1942 arrivo' il giorno tanto atteso. Gerstein ricevette l'ordine riservatissimo di curare personalmente il trasporto di 100 chilogrammi di acido prussico da una fabbrica situata a Kolin, in Boemia, verso una localita' segreta della Polonia, Belzec, nei pressi di Lublino. Qui conobbe il comandante di brigata Odilo Globocnik, capo delle SS e della polizia nella regione di Lublino, che gli disse: "E' un affare dei piu' segreti, anzi il piu' segreto di tutti. Chi ne parlera' sara' fucilato. Proprio ieri due chiacchieroni sono stati fucilati". Globocnik aggiunse che, fra gli incarichi di Gerstein, v'era anche quello di "migliorare il servizio delle nostre camere a gas, che funzionano per mezzo dello scappamento di un motore Diesel. Occorre un gas piu' tossico e di piu' rapido effetto, quale l'acido prussico. (...) Il Fuehrer ordina di accelerare tutta l'operazione!". Il 17 agosto 1942, Gerstein si trovo' per la prima volta dinanzi a un campo di sterminio. Piu' tardi ebbe a rammentare: "Quel giorno non si videro morti, ma un odore pestilenziale ammorbava tutta la zona". L'indomani mattina, alle 7, assistette all'arrivo da Leopoli di 45 vagoni ferroviari con un carico di seimila ebrei, 1.450 gia' morti al loro arrivo. Duecento ucraini incaricati di questo servizio aprirono le porte e con fruste di cuoio cacciarono gli ebrei fuori dalle vetture. Un altoparlante dava le istruzioni. I prigionieri dovevano spogliarsi, consegnare occhiali, dentiere, orologi, oggetti di valore, denaro, le donne e le ragazze dovevano farsi tagliare i capelli nella baracca del "parrucchiere", e poi avviarsi, tutti completamente nudi, verso le cosiddette "docce e inalazioni" (cosi' venivano denotate le camere a gas). In un angolo, un robusto SS ripeteva: una volta dentro, "dovete solo respirare molto profondo, questa inalazione fortifica i polmoni, e' un mezzo per evitare le malattie contagiose". Gerstein e' annichilito. Che puo' fare? "Molti recitano le loro preghiere (...). Io prego con loro. Mi stringo in un angolo e imploro il mio e il loro Dio. Come avrei voluto entrare con loro nelle camere a gas, come mi sarebbe stato caro morire condividendo la loro sorte! Si sarebbe trovato nelle camere a gas un ufficiale delle SS in uniforme: si sarebbe creduto a un incidente, e l'affare sarebbe stato archiviato". * In quel preciso frangente Gerstein maturo' la decisione di sabotare la macchina di morte del nazismo (con un pretesto fece in modo che il suo quintale di acido prussico non fosse utilizzato), e di informare il mondo sulle atrocita' dei campi di sterminio. Di ritorno da Belzec, il 20 agosto 1942, per una circostanza del tutto fortuita incontro' sul treno Varsavia-Berlino il barone von Otter, a quel tempo segretario della legazione svedese. "Tutti gli scompartimenti erano occupati; passammo la notte nel corridoio. La', sotto un'impressione tanto recente, gli raccontai ogni cosa, con la preghiera di riferire tutto al suo governo e agli Alleati. Mi chiese una referenza sul mio conto. Gli detti percio' l'indirizzo a Berlino del vescovo evangelico dottor Otto Dibelius, capo dell'opposizione protestante contro il nazismo". Il barone von Otter, allora trentacinquenne, si mise in contatto con Otto Dibelius; redasse inoltre un rapporto dettagliato del suo colloquio con Gerstein, e lo trasmise ai suoi superiori. Ma in quel momento il governo di Stoccolma era timoroso di irritare Hitler (il documento stilato da von Otter fu reso pubblico solo tre anni dopo, il 7 agosto 1945, quando Gerstein era gia' morto), anche se la Svezia non chiuse mai le sue frontiere agli ebrei che cercavano rifugio nel suo territorio. Gerstein non si limito' a tenersi in relazione con von Otter (che incontro' una seconda volta a Berlino). Tento' di mettersi in contatto anche con monsignor Cesare Orsenigo, nunzio apostolico a Berlino. "Mi si domando' se ero soldato. Allora mi si rifiuto' qualunque colloquio e mi si chiese di lasciar stare la legazione di Sua Santita'. Riferisco cio' per mostrare quanto fosse difficile anche a un tedesco che fosse nemico acerrimo dei nazisti arrivare a screditare quel governo criminale...". Informo' ancora la famiglia del pastore Martin Niemoeller; l'addetto stampa della legazione svizzera a Berlino, dottor Hochstrasser; il dottor Winter, consigliere giuridico del vescovo cattolico di Berlino, Konrad von Preysing ("perche' trasmettesse le mie informazioni al vescovo e al papa"); il dottor Otto Dibelius. Fece anche in modo d'avvertire il governo inglese, che pero' era gia' informato attraverso i dispacci fatti pervenire, fin dall'agosto 1942, dal Bureau del Congresso mondiale ebraico di Ginevra. I governi alleati proclamarono che, dopo la vittoria, avrebbero punito i criminali, ma rifiutarono di adottare misure immediate, per esempio di favorire l'esodo degli ebrei dalla Bulgaria verso la Palestina. Gerstein riteneva che gli Alleati avrebbero dovuto lanciare sulle citta' tedesche manifestini che informassero la popolazione dello sterminio degli ebrei, ma la proposta non fu accolta. La Svizzera, con una circolare confidenziale del Consiglio federale del 13 agosto 1942, ordinava di ricacciare chiunque varcasse clandestinamente il confine, tranne i prigionieri di guerra evasi, i disertori e i profughi politici accertati. "Coloro che sono fuggiti solo a motivo della loro razza, per esempio gli ebrei" si precisava "non devono essere considerati rifugiati politici". La Finlandia invece, informata da Gerstein (secondo una testimonainza resa dalla moglie Elfriede il 16 febbraio 1961), rifiuto' di consegnare i suoi ebrei all'alleato tedesco. * Costretto a condurre una doppia vita, di esemplare ufficiale delle SS nell'apparenza, ma di antinazista convinto nelle sue attivita' segrete, Gerstein non tardo' a dare segni di un'intensa depressione. Dietro le sembianze di un tipo decisamente "germanico", biondo, alto (un metro e 86) e capace di parlare come "loro", con il tono giusto, si nascondeva un uomo malato, torturato dall'ansieta' e ben presto al limite delle sue forze. Voleva informare il maggior numero di persone, ma nello stesso tempo sapeva che, se fosse stato scoperto, sarebbe stato torturato e ucciso. Non poteva rivelare il suo segreto al padre, nazista convinto, doveva nasconderlo in larghissima misura anche alla moglie per evitare che, scoperto lui, fosse perseguitata la sua famiglia. Verso la fine della guerra, viveva nel continuo terrore d'essere assassinato dalle SS e appena pote', il 22 aprile 1945, si consegno' alle truppe francesi di stanza a Reutlingen, raccontando tutto. Dapprima fu trattato con riguardo, ma poi, il 5 luglio, fu incarcerato come criminale di guerra "per assassinii e complicita'" nella prigione militare parigina di Cherche-Midi. Il 25 luglio 1945 fu trovato morto nella sua cella. La tesi ufficiale, sostenuta dalla polizia francese, fu che si trattasse di suicidio. Ma le lettere e i documenti che avebbero dovuto avvalorare questa tesi non vennero mai rinvenuti. Qualcuno sostenne che Gerstein, un personaggio decisamente scomodo, fosse stato ucciso dagli altri prigionieri nazisti. * Il rapporto che egli scrisse dopo il suo arresto il 22 aprile 1945 (il cosiddetto Gerstein Bericht), destinato agli ufficiali francesi cui si era consegnato, pur con qualche inesattezza rimane una delle testimonianze piu' importanti sulle atrocita' naziste nei campi della morte. "Il vero dramma di Gerstein" scrive in conclusione del suo libro Friedlaender "e' stato quello di trovarsi solo nella sua azione. Il silenzio e la completa passivita' dei tedeschi, l'assenza di qualunque reazione da parte degli Alleati e degli Stati neutrali, o per dir meglio dell'intero Occidente cristiano di fronte allo sterminio degli ebrei, fanno di Gerstein un personaggio altamente tragico, chiuso in un cerchio invalicabile di solitudine e di incomprensione: come i suoi appelli erano stati senza eco, cosi' il suo sacrificio apparve 'inutile' e divenne 'colpevole'". 5. ESPERIENZE. MARIA G. DI RIENZO: BUONE NOTIZIE DALL'ARGENTINA [Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per questo intervento. Maria G. Di Rienzo e' una delle principali collaboratrici di questo foglio; prestigiosa intellettuale femminista, saggista, giornalista, regista teatrale e commediografa, formatrice, ha svolto rilevanti ricerche storiche sulle donne italiane per conto del Dipartimento di Storia Economica dell'Universita' di Sidney (Australia); e' impegnata nel movimento delle donne, nella Rete di Lilliput, in esperienze di solidarieta' e in difesa dei diritti umani, per la pace e la nonviolenza; e' coautrice dell'importante libro: Monica Lanfranco, Maria G. Di Rienzo (a cura di), Donne disarmanti, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2003] Rosario, Argentina, popolazione un milione di persone. Il 30 giugno 1997, piu' di cento persone appartenenti ad organizzazioni femministe, associazioni per i diritti dei bambini, sindacati, associazioni di disabili, gruppi indigeni, comunita' intellettuale e religiosa, si riunirono con i membri eletti della municipalita' di Rosario. L'incontro fu organizzato dal Dipartimento delle Donne del comune. I/le presenti firmarono una dichiarazione che attestava il loro impegno per fare di Rosario una "comunita' dei diritti umani", ovvero di promuovere fra le donne e gli uomini residenti in citta' il rispetto dei diritti umani, l'eguaglianza e la pace. Un comitato di cittadini/e fu creato nell'occasione, in esso confluirono rappresentanti di tutti i settori sociali. I membri partecipano a continui incontri e seminari sui diritti umani, apprendendo quello che poi trasmetteranno alle loro comunita': cio' include una vasta gamma di attivita' per promuovere specifici cambiamenti economici e sociali. Un gruppo di lavoro del comitato fa opera di monitoraggio rispetto agli impegni che i governi locale e nazionale prendono, e presenta ad essi proposte per la risoluzione dei problemi di Rosario: poverta', disoccupazione, violenza contro le donne, denutrizione, marginalizzazione, brutalita' poliziesca, discriminazione degli/delle omosessuali, relazioni difficili tra la comunita' ed il commercio e l'industria. Un gruppo di volontari, che comprende educatori ai diritti umani, avvocati e giornalisti, e' sempre disponibile per sostenere e facilitare il lavoro del comitato. * I principi guida di questo processo sono: responsabilita', partecipazione, trasparenza, e un preciso impegno allo sradicamento della poverta' provvedendo risposte a bisogni umani quali cibo, salute, casa, istruzione e lavoro con retribuzione adeguata. Il comitato organizza un programma di training permanente per i funzionari ed il personale del comune, giudici, poliziotti, imprenditori, insegnanti e lavoratori della sanita'. Usano, per la testimonianza e l'educazione, una gran quantita' di mezzi creativi, come gli incontri pubblici della cittadinanza nelle aule del comune, il teatro di strada e le discussioni a livello comunitario. Lavorare con la polizia ha dato loro straordinari risultati: i seminari sui diritti umani offerti alla polizia nel 1997, 1998, 1999 e 2000 sono diventati parte integrante dell'addestramento ufficiale dei poliziotti in tutta la regione di Santa Fe, di cui Rosario e' la capitale. La polizia della regione si sta impegnando nel dialogo con i gruppi gblt per porre termine alle discriminazioni nei loro confronti, e collabora all'istruzione ai diritti umani nei vicinati. Dopo una sessione seminariale con i cadetti della poliza, il direttore dell'Accademia di polizia ha concluso il suo intervento dicendo: "Non c'e' alternativa ai diritti umani, non c'e' altra opzione". Del comitato fanno parte anche le "madri in autogestione", un gruppo di donne che lavora principalmente nei quartieri di Toba e Luduena. Costoro hanno cominciato a prendersi cura di numerosi bambini (in origine erano tutti maschi, poi si sono aggiunte le bambine) in situazioni precarie e marginali. Molti di questi bambini avevano o hanno i genitori in prigione. Le madri hanno organizzato incontri settimanali ed hanno mantenuto un'attitudine flessibile per adattarsi alle domande concrete ed ai bisogni dei bambini, creando un'ambiente di fiducia ed empatia. Esse hanno ridisegnato molte delle attivita' pensate in origine, quando hanno constatato che la maggior parte dei bimbi era semianalfabeta e/o provava difficolta' nell'esprimersi verbalmente: cosi' hanno inventato l'educazione ai diritti umani basata sul corpo (giochi dinamici, attivita' pratiche). * Una delle prospettive che il comitato si e' posto per il futuro e' l'applicazione della cornice dei diritti umani al Nafta, ma c'e' anche molto altro: il monitoraggio delle azioni intraprese dal governo argentino e da quello locale rispetto agli impegni presi ed ai fondi impiegati (in particolare, come essi vengono distribuiti, e come questa distribuzione promuove l'eguaglianza di genere, etnica, sociale); la promozione di una cittadinanza sociale che includera' seminari sui diritti umani con approccio di genere; lo sviluppo di una concezione olistica dei diritti umani che esamini e discuta i meccanismi della discriminazione e del dominio e superi la divisione dei diritti umani in categorie e gerarchie; lo sviluppo del bilancio partecipativo nel comune. 6. RIFLESSIONE. ENRICO PEYRETTI: DEMOCRAZIA E VALORI [Ringraziamo Enrico Peyretti (per contatti: e.pey at libero.it) per questo intervento. Su Remo Bodei dal sito www.emsf.rai.it riprendiamo la seguente scheda: "Remo Bodei e' nato a Cagliari il 3 agosto 1938. Dopo la laurea all'Universita' di Pisa e il diploma di perfezionamento, ottiene borse di studio per le universita' di Tubinga e di Friburgo, dove segue le lezioni di Ernst Bloch e Eugen Fink, e per l'universita' di Heidelberg, dove segue le lezioni di Karl Loewith e di Dieter Henrich. Dal 1969 insegna storia della filosofia alla Scuola normale superiore e, dal 1971, all'Universita' di Pisa. Dopo aver ottenuto una borsa Humboldt presso la Ruhr-Universitaet di Bochum (1977-1979), diviene Visiting Professor presso il King's College di Cambridge, U. K. (1980) e successivamente presso la Ottawa University (1983). Insegna, a piu' riprese, presso la New York University e, recentemente, presso l'universita' di California a Los Angeles (dal 1992). Attualmente ricopre la cattedra di storia della filosofia presso l'Universita' di Pisa e ha insegnato anche presso la Scuola normale superiore della stessa citta'. Gli interessi filosofici di Remo Bodei si sono inizialmente focalizzati sulla filosofia classica tedesca, sull'idealismo, sulla cultura e l'estetica del Goethezeit e del tardo Ottocento; in seguito si sono spostati sul pensiero utopistico dell'Ottocento e del Novecento e sulla filosofia politica contemporanea. Nell'ultima decade le sue indagini si sono estese al mondo greco e romano, ad Agostino e alla storia del concetto di individualita' e di passione. Piu' recentemente ha orientato la sua ricerca sul tema del desiderio, cioe' sulla funzione delle passioni volte al conseguimento di migliori condizioni di vita. Opere di Remo Bodei: Oltre a numerosi articoli (oltre 220: su Pirandello, Gramsci, Weber, Foucault, ecc.), a traduzioni ed edizioni di testi (Hegel, Rosenkranz, Bloch, Rosenzweig, Adorno, Kracauer, Todorov, Blumemberg), Remo Bodei ha pubblicato i seguenti volumi: Sistema ed epoca in Hegel, Bologna, 1975; con F. Cassano, Hegel e Weber. Egemonia e legittimazione, Bari, 1977; Multiversum. Tempo e storia in Ernst Bloch, Napoli 1979, 1983 (nuova edizione); Scomposizioni. Forme dell'individuo moderno, Torino, 1987; Holderlin: la filosofia y lo tragico, Madrid, 1990; Ordo amoris. Conflitti terreni e felicita' celeste, Bologna 1991; Geometria delle passioni. Paura, speranza e felicita': filosofia e uso politico, Milano, 1991; Le forme del bello, Bologna, l995; Le prix de la liberte', Paris, l995; Se la storia ha un senso, Bergamo, l997; La filosofia nel Novecento, Roma, l997". Enrico Peyretti e' uno dei principali collaboratori di questo foglio, ed uno dei maestri piu' nitidi della cultura e dell'impegno di pace e di nonviolenza. Tra le sue opere: (a cura di), Al di la' del "non uccidere", Cens, Liscate 1989; Dall'albero dei giorni, Servitium, Sotto il Monte 1998; La politica e' pace, Cittadella, Assisi 1998; Per perdere la guerra, Beppe Grande, Torino 1999; e' disponibile nella rete telematica la sua fondamentale ricerca bibliografica Difesa senza guerra. Bibliografia storica delle lotte nonarmate e nonviolente, ricerca di cui una recente edizione a stampa e' in appendice al libro di Jean-Marie Muller, Il principio nonviolenza, Plus, Pisa 2004 (libro di cui Enrico Peyretti ha curato la traduzione italiana), e una recentissima edizione aggiornata e' nei nn. 791-792 di questo notiziario; vari suoi interventi sono anche nei siti: www.cssr-pas.org, www.ilfoglio.org. Una piu' ampia bibliografia dei principali scritti di Enrico Peyretti e' nel n. 731 del 15 novembre 2003 di questo notiziario] Remo Bodei, su "Il Sole 24 Ore" del 9 gennaio, scrive: "La disperazione di fronte a condizioni tragiche... un futuro sempre piu' incerto... spingono milioni di individui a invocare autorita' indiscutibili e risvegliano l'esigenza del trascendente". " Che cosa ha da dire il pensiero politico ed etico democratico e aconfessionale?". "La rinascita dei valori forti comporta anche il risorgere di quell'odio che sembrava sopito...?". "La democrazia, 'mite' e tollerante per natura, si basa sull'invito a compiere, nella sfera pubblica, un passo indietro rispetto all'assolutezza dei valori che, sostenuti sino in fondo, porterebbero a scontri cruenti. Il relativismo etico che ne consegue non e' dunque un optional. Sebbene la democrazia possegga anche un valore assoluto (quello della reciproca e pacifica compatibilita' tra i valori che abbraccia), il 'relativismo', con la connessa rinuncia ai frutti dell'odio e dell'intolleranza, costituisce comunque il suo nucleo piu' consistente, per certi versi la sua ragion d'essere". "L'odio nei confronti dell'Occidente e' aumentato... Esso... viene metodicamente 'nutrito' e puo' facilmente trovare delle 'ragioni' oggettive al suo intensificarsi... Tale formazione terroristica [Al Qaeda] non costituisce pertanto un frammento di Medioevo impazzito, ma un prodotto della modernita' occidentale, contro cui si ritorce, combattendo e temendo il contagio di quelli che considera i suoi vizi capitali: l'edonismo e l'individualismo". "Per opporsi al terrorismo dobbiamo rinunciare ai nostri principi e ripagarlo della stessa moneta...? Abbiamo ora piu' che mai bisogno di capi carismatici cui affidare la nostra salvezza? E, anche ammesso che fermi punti di riferimento siano necessari per evitare il peggio, come individuarli senza farli diventare pericolosamente assoluti...?". "E' difficile trovare alle proprie idee delle giustificazioni ultime e inoppugnabili (che solo i dogmi riescono a fornire). Ogni volta si rischia nello scegliere, ma i valori forti non devono in ogni caso ancorarsi a fondali di mistero o farsi garantire da miti circondati di mistiche aureole". * Qualche modesta osservazione: - e' fin troppo accaduto nella storia che chi vanta convinzioni e persuasioni di certi valori cerchi di imporli ad altri anche in scontri cruenti. Ma perche' questo dovrebbe essere necessario? La persuasione di un valore che ha bisogno di negare altri valori, anche opposti, non e' persuasione, ma ha una consistenza prevalentemente negativa, nella distruzione dell'altro; si puo' dire addirittura che, piu' forte e intima e serena e' la persuasione, piu' essa e' mite e rispettosa delle differenze e degli antagonismi: anche questo e' dimostrato nella storia spirituale dell'umanita'; - il pericolo violento non e' tanto nel riferimento a chiarezze e certezze, aperte alla differenza, quanto nel bisogno inappagato di riferimenti validi, che puo' farsi aggressivo, tanto piu' fanatico quanto meno fondato. Il razzismo e' un riferimento infondato ed e' uno dei piu' violenti; - nell'assenza di ogni valore certo, regna la forza dei fatti, non giudicati dai valori, e la forza, quando non e' giudicata ne' limitata, si chiama violenza (fisica, strutturale, culturale). La perdita di verita' e' acquisto di violenza; - piu' che di "relativismo" (nel senso scettico della parola) il valore democratico e pacifico sta nella "relazionalita'", nel sentire e porre la "relazione" all'altro, anche diverso e persino avversario, su basi non di assoluta ed escludente alternativita', quindi su basi non distruttive, ma rispettose e conservative della vita e dell'esistenza, pur nel confronto teso all'affermazione libera dei valori migliori, piu' umani, pur nella difesa di regole effettive che limitino i poteri e neghino la violenza, e soprattutto nell'autoregolazione di ogni liberta' al fine di rispettare ogni alterita'; - ogni fondamentalismo e' la patologia di una fisiologia sana: fondamenti di valori umani chiari sono indispensabili alla vita di una societa' non disumana; fondamentalismo e' la fissazione su un fondamento, ottusa, schematica, imbalsamata, non vitale, non relazionata; - la democrazia, come convivenza positiva, ha bisogno di verita', non di verita' religiose o metafisiche, che non possono essere di tutti, ma del riconoscimento di alcuni valori: la lealta' e sincerita', cioe' il valore della parola vera; il proibirsi la violenza (sia personale che collettiva), cioe' il rispetto di ogni vita; il soccorso ai bisogni fondamentali, visti come un diritto vitale umano indipendente da meriti e capacita'; la partecipazione e l'impegno a costruire il bene di tutti quanto il proprio e a colmare le differenze forti nella distribuzione di beni e opportunita'; - senza questi valori e verita', che non sono ancorati a dogmi trascendenti, ma alla concretezza quotidiana dell'esistenza umana decentemente morale, la democrazia si riduce miseramente alla conta della forza, e puo' diventare la legalizzazione delle peggiori ingiustizie, fino a risultare non migliore in qualita' umana rispetto a regimi pre-democratici o, per assurdo, anti-democratici. Un ipotetico "despota illuminato" e buono, che rispetti e attui quei valori favorirebbe una vita sociale migliore di un regime democratico che non li rispetti; costui pero' dovrebbe essere obbligato dalla societa' a sottoporsi alle regole democratiche, perche', in quanto despota, non darebbe la garanzia e il controllo che cerchiamo invece in un regime di liberta' democratica, nel quale pero' la liberta' sia orientata a quei valori umani e non alla sopraffazione individuale dei piu' forti; - i pregi della democrazia coincidono con i suoi rischi; per ridurre i rischi e accrescere i pregi, la democrazia ha bisogno di una forte coscienza sociale del valore di fine e mai di strumento, della persona umana. Questa e' la verita' morale necessaria, come e piu' delle procedure democratiche, ad una societa' democratica. 7. RIFLESSIONE. MARIA-MILAGROS RIVERA GARRETAS: UNA SCUOLA SEGRETA DI LIBERTA' [Da "Via Dogana" n. 70 del settembre 2004, fascicolo monografico sul tema "Non c'e' archivio per quelle immagini" (e sono le immagini delle torture di Abu Ghraib) riprendiamo questo articolo di Maria-Milagros Rivera Garretas. Nei prossimi giorni riproporremo ancora altri materiali estratti da questo e dal precedente fascicolo di "Via Dogana". Ringraziamo le amiche della Libreria delle donne di Milano per averci messo a disposizione questi testi che contengono riflessioni che sentiamo decisive. Per richiedere "Via Dogana" (rivista la cui lettura vivamente raccomandiamo) e per contattare la Libreria delle donne di Milano: e-mail: info at libreriadelledonne.it, sito: www.libreriadelledonne.it. Dalla medesima rivista riprendiamo anche questa nota di presentazione dell'autrice: "Maria-Milagros Rivera Garretas vive a Barcellona, dove insegna Storia medievale all'Universita', portando la sua passione ben oltre le mura dell'istituzione. La rete di relazioni che ha saputo creare con il Centre de recerca de dones e con la rivista "Duoda" si e' allargata alla Rete mondiale con un master on line e con un cd-rom sulle memorie di Leonor Lopez de Cordoba, la prima autobiografia conosciuta in lin gua spagnola di una donna vicina alla regina di Castiglia tra il 1404 e il 1412. In italiano possiamo leggere Nominare il mondo al femminile (trad. di Emma Scaramuzza, Editori Riuniti 1998). Da anni ha un intenso rapporto di scambio con "Via Dogana" e con [la comunita' filosofica femminile] Diotima, anche come traduttrice: e' in gran parte a lei che dobbiamo la conoscenza nei paesi di lingua spagnola del pensiero italiano della differenza sessuale". La traduzione dell'articolo e' di Clara Jourdan] Mi costa, in generale, dire la mia sulla guerra dell'Iraq perche' me ne sento, in piccola parte, corresponsabile. Non mi sentii corresponsabile della guerra del Kosovo e nemmeno mi sento corresponsabile di quella della Palestina. Ma la guerra dell'Iraq e' una guerra per il petrolio che - pare - sostiene il benessere dell'Occidente, benessere a cui partecipo. Per questo mi piace la proposta di parlare di pieta', offerta da "Via Dogana" n. 69: di pieta' verso di me e di pieta' verso il popolo nordamericano, che e', in parte, contrario alla guerra, ma a cui costa indicibilmente (come costa a me) rinunciare a un benessere fondato sull'imperialismo; imperialismo che e', per di piu', responsabile dell'oblio storico di modi di vita meno dilapidatori delle risorse proprie e altrui. Sapere che la pieta' entra nella politica potra' aiutarmi a parlare, piu' avanti, della contraddizione tra il mio essere nata e vivere qui e ora, e il mio amore non negoziabile della pace. La pieta' propongo di estenderla alle donne che fanno e sostengono la guerra. Sono donne esiliate nell'emancipazione, emancipazione che, nell'Occidente moderno e contemporaneo, e' stata ed e' complice dell'imperialismo. L'emancipazione causa a una donna molta sofferenza perche' la obbliga a vivere nella contraddizione insopportabile di seguire la chiamata del padre, senza dare ascolto a quella della madre, che comunque lei porta addosso, impressa indelebilmente. Questa contraddizione si da' in donne che fanno parte delle forze armate (per colpa dell'emancipazione) e in donne che stanno in luoghi della vita detta sociale a cui il desiderio e l'amore della liberta' ha portato tante di noi durante il XX secolo, luoghi come, per esempio, l'universita'; nell'universita' ci sono donne che sentono solo la chiamata del padre, come se avessero nostalgia del patriarcato. Ma la contraddizione si da', in realta', un po' anche in me, perche' l'emancipazione e' nella mia lingua materna e, pertanto, la porto con me dovunque vada: e' uno dei segni del mio tempo di cui mia madre mi informo'. Nella mia lingua materna, tuttavia, porto, in piu' e molto di piu', l'amore. L'amore per il mio essere donna mi avverte di molti dei pericoli dell'emancipazione, e mi apre all'essere donna delle altre. Mi apre, per esempio, all'osservazione del fatto che nelle forze armate ci sono, a quanto pare, donne che sono li' per amore della pace: l'ho sentito dire in pubblico da due donne che fanno parte, in Spagna, della Guardia civil (che credo sia un corpo militarizzato), e non sono io chi puo' dire che non sanno quello che dicono. Penso che, in qualunque posto, da un'aula fino all'esercito, una donna possa orientarsi con la mediazione della forza o con la mediazione della grazia. Senza arrivare mai, probabilmente, a stare in una sola di esse, ma sempre in un certo grado di contraddizione tra le due. Questa contraddizione e' cio' che mi porta a sentire che c'e' sempre una leva per la relazione e perche' la relazione che non ha fine sia una pratica politica efficace. Se la pieta' entra nella politica. * In Spagna, per esempio, ci ha molto sorpreso come la gente, noi, abbiamo reagito di fronte agli attentati dell'11 marzo e alle elezioni che vi seguirono, elezioni previste, ovviamente, da tempo. A me la situazione ha ricordato quella che segui', nel 1975, alla morte del dittatore di cui non desidero scrivere il nome: sembrava che avessimo frequentato per anni una scuola segreta di liberta', una scuola in cui ci avevano insegnato una politica che ufficialmente non esisteva nel nostro paese. Questa scuola segreta di liberta' sono state - allora e adesso - le relazioni intime sostenute da donne: la relazione di un figlio o una figlia con sua madre, le relazioni degli uomini con la propria sposa o amante, quelle di donne e uomini con molte delle loro amiche e con alcuni amici... Le relazioni intime sono state, tutte e due le volte, relazioni che non hanno fine, le quali hanno dimostrato di avere un'altissima qualita' politica. La loro efficacia ci ha colto di sorpresa quando l'occasione e' stata impari. Non sono stati certo scuola di liberta' i mezzi di comunicazione di massa, che in Spagna considerano e comprendono molto poco l'agire politico delle donne, ignorando la politica prima, che siano di destra o di sinistra. Credo siano state le relazioni intime sostenute da donne durante gli ultimi trent'anni quelle che hanno insegnato agli spagnoli il no alla guerra, perche' il no alla guerra e' un modo di dire che i corpi sono sacri e inviolabili, qui, in Iraq, in Africa, da qualsiasi parte. Mi sembra un esempio di efficacia della pratica di relazione, i cui tempi, si', certamente, non sono quelli dei servizi venduti dal capitalismo, ma sono forse, un po', i tempi del sogno. Quel tempo nel quale, secondo Maria Zambrano in I sogni e il tempo, si danno le rivelazioni che adesso chiamiamo rivoluzioni simboliche. 8. LETTURE. AA. VV.: ALCIDE DE GASPERI AA. VV., Alcide De Gasperi, "Europa", Roma 2004, pp. 120, euro 4. Il libro raccoglie articoli pubblicati sul quotidiano "Europa" in occasione del cinquantenario della morte dello statista. Testi di Pierluigi Castagnetti, Oscar Luigi Scalfaro, Pietro Scoppola, Sergio Mattarella, Agostino Giovagnoli, Federico Orlando, Paolo Giuntella, Adriano Ossicini, Ruggero Orfei, Sergio Zoppi, Ciriaco De Mita intervistato da Giuseppe Caggiati, Lorenzo Dellai. Alcuni contributi sono piuttosto banali o peggio, ma altri per piu' versi degni di nota. 9. LETTURE. AA. VV.: FARE PACE DOVE C'E' GUERRA AA. VV., Fare pace dove c'e' guerra, Quaderni di Via Dogana - Libreria delle donne, Milano 2003, pp. 112, euro 11. Testi di Annarosa Buttarelli, Delfina Lusiardi, Zazi Sadou, Stasa Zajovic, Bratislav Stamenkovic, Srdjan Knezevic, un'intervista ad Agostino Zanotti, Vanna Calvi, Ivana Trevisani, Chiara Zamboni. Una lettura di grande interesse. Per richieste: e-mail: info at libreriadelledonne.it, sito: www.libreriadelledonne.it 10. RILETTURE. PALMIRO TOGLIATTI: ANTONIO GRAMSCI Palmiro Togliatti, Antonio Gramsci, Editori Riuniti, Roma 1972, 1977, pp. XVI + 224. A cura di Ernesto Ragionieri una classica raccolta degli scritti e dei discorsi da Togliatti dedicati a Gramsci. 11. RILETTURE. DAVID MARIA TUROLDO: IL VANGELO DI GIOVANNI David Maria Turoldo, Il Vangelo di Giovanni, Rusconi, Milano 1988, 1997, pp. 196, lire 25.000. L'indimenticabile padre Turoldo legge il testo giovanneo con le accensioni e la penetrazione (il vibrare e consonare, e il colluttare corpo a corpo, persona e testo) del suo consueto candente magistero. Un libro, come tutti quelli dell'autore, ogni volta nuovamente sorprendente, e doppiamente emozionante. 12. DA TRADURRE. ANA TEBEROSKY: APRENDENDO A ESCREVER Ana Teberosky, Aprendendo a escrever. Perspectivas psicologicas e implicacoes educacionais, Editora Atica, Sao Paulo 2003 (terza edizione), pp. 198. Un'agile monografia dell'illustre studiosa che e' anche un utile strumento di lavoro. 13. DA TRADURRE. ANA TEBEROSKY, BEATRIZ CARDOSO (ORGANIZADORAS): REFLEXOES SOBRE O ENSINO DA LEITURA E DA ESCRITA Ana Teberosky, Beatriz Cardoso (organizadoras), Reflexoes sobre o ensino da leitura e da escrita, Editora Vozes, Petropolis 2003 (undicesima edizione), pp. 272. Materiali di un'esperienza di lavoro in equipe, con il contributo, oltre che delle curatrici, di Olga Barrios, Marta Cuquerella, Assumpcio' Donat, Roser Perez i Pallares, Anna Vinardell; con prefazione di Maria Bernadete Marques Abaurre. 14. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 15. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, sudest at iol.it, paolocand at inwind.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 819 del 24 gennaio 2005 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione).
- Prev by Date: La domenica della nonviolenza. 5
- Next by Date: La nonviolenza e' in cammino. 820
- Previous by thread: La domenica della nonviolenza. 5
- Next by thread: La nonviolenza e' in cammino. 820
- Indice: