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La nonviolenza e' in cammino. 789
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 789
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Sat, 25 Dec 2004 01:15:51 +0100
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 789 del 25 dicembre 2004 Sommario di questo numero: 1. Enrico Peyretti: Stelle e coscienza 2. Aldo Antonelli: Natale 3. Maria G. Di Rienzo: Semi di senape 4. Jan Oberg: Altri quattro anni di governo Bush. Quali possibilita' esaltanti 5. Giobbe Santabarbara: Cosa deve fare l'Europa: i corpi civili di pace, la scelta della nonviolenza 6. Raissa Maritain: La legge e l'amore 7. Rigoberta Menchu': A farmi decidere 8. Anna Talo': Un profilo di Annarosa Buttarelli 9. La "Carta" del Movimento Nonviolento 10. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. ENRICO PEYRETTI: STELLE E COSCIENZA [Ringraziamo Enrico Peyretti (per contatti: e.pey at libero.it) per averci messo a disposizione questo intervento gia' apparso sul bellissimo mensile torinese "Il foglio", n. 318, dicembre 2004 (per contatti: www.ilfoglio.org). Enrico Peyretti e' uno dei principali collaboratori di questo foglio, ed uno dei maestri piu' nitidi della cultura e dell'impegno di pace e di nonviolenza. Tra le sue opere: (a cura di), Al di la' del "non uccidere", Cens, Liscate 1989; Dall'albero dei giorni, Servitium, Sotto il Monte 1998; La politica e' pace, Cittadella, Assisi 1998; Per perdere la guerra, Beppe Grande, Torino 1999; e' disponibile nella rete telematica la sua fondamentale ricerca bibliografica Difesa senza guerra. Bibliografia storica delle lotte nonarmate e nonviolente, ricerca di cui una recente edizione a stampa e' in appendice al libro di Jean-Marie Muller, Il principio nonviolenza, Plus, Pisa 2004 (libro di cui Enrico Peyretti ha curato la traduzione italiana); vari suoi interventi sono anche nei siti: www.cssr-pas.org, www.ilfoglio.org. Una piu' ampia bibliografia dei principali scritti di Enrico Peyretti e' nel n. 731 del 15 novembre 2003 di questo notiziario] "Due cose riempiono l'animo mio di ammirazione e venerazione sempre nuova e crescente, quanto piu' spesso e piu' a lungo la riflessione si occupa di esse: il cielo stellato sopra di me, e la legge morale in me. Queste due cose io non ho bisogno di cercarle e semplicemente supporle come se fossero avvolte nell'oscurita', o fossero nel trascendente, fuori dal mio orizzonte; io le vedo davanti a me e le connetto immediatamente con la coscienza della mia esistenza" (Parole incise sulla tomba di Immanuel Kant e tratte dalla conclusione della sua Critica della ragion pratica). La meraviglia del cielo stellato ricolma l'animo, questo spazio interno che ci supera, che sempre soffre di un vuoto, di una sete, e in nulla trova sazieta'. In realta', neppure il cielo gli basta: insieme all'infinito silenzio e luci di stelle, ricolma l'animo la legge morale dentro di noi. Che cosa e' questa voce senza parole, che ci ammonisce, ci sprona, ci inquieta, ci arresta davanti al nostro male e ci indigna davanti al male altrui, proibendoci di rassegnarci; questa voce che ci sollecita, davanti ai beni realizzati, a proseguire con gioia e con pari bisogno di altri beni piu' grandi; questa voce che accomuna me ad ogni altra persona umana, come la caratteristica piu' essenziale della nostra specie, eppure e' mia peculiare irrinunciabile caratteristica, piu' del mio stesso corpo, al quale sento di dover eventualmente rinunciare piuttosto che ad essa? Che cosa e' questa voce? Chi mi parla? Infatti, essa e' mia e non e' mia. E' me e non e' me. Perche' senza di essa sarei oggetto e non soggetto, non persona, ma di essa non sono proprietario che la dirige, non ho il diritto di tacitarla, ma sono allievo che la ascolta e non puo' non obbedirle senza disobbedire a se stesso; e quando le obbedisce non e' affatto servo e sottomesso, ma libero della massima liberta', reale come il respiro dello spirito. E' organo mio, piu' centrale del corpo e del cervello, e nello stesso tempo e' ospite in me, voce che parla dentro come venendo da fuori, da altri, ma intimo a me piu' di me stesso. Che cosa e' questa voce? Questa luce che illumina ogni uomo? Non l'uomo e' luce, ma una luce lo illumina. Questa luce-voce che brilla e risuona nel silenzio, che non ha corpo, ma e' vita e spina dorsale e orizzonte di ogni carne umana vivente, e che quasi sembra dare qualche lampo in alcuni animali piu' evoluti, quelli con cui possiamo sviluppare amicizia, che cosa e'? chi e'? I nostri padri, in tutti i tempi e in tutte le lingue della storia umana, le hanno dato un nome, anzi cento nomi, e il centesimo, l'ultimo pieno nome, e' rimasto a loro e a noi inconoscibile, indicibile, silenzioso come le alte stelle e la profonda voce, ma indimenticabile. 2. POESIA E VERITA'. ALDO ANTONELLI: NATALE [Ringraziamo don Aldo Antonelli (per contatti: ednran at tin.it) per questo luminoso intervento. Don Aldo Antonelli e' parroco di Antrosano (Aq) e straordinario costruttore di pace, una persona che ha preso sul serio il discorso della montagna, un amico della nonviolenza] Si', sara' Natale se i maestri dismetteranno le argentate casule e le preziose mitrie e pastorali alteri che, ingessati nel ruolo, prigionieri ne fanno di carnali prudenze. Sara' Natale quando i maestri, convertiti ministri, indosseranno grembiuli perche' piu' libero e spedito il loro agire sara', nuova incarnazione di parola antica. Si', sara' Natale se i "christifideles" di ogni dove si spenderanno nei cantieri della storia perche' giustizia sia fatta, ne' disgiunta essa sia dal comando dell'amore. E se tu, fratello mio, mandi all'aria quei recinti che orgogli e diffidenze ti hanno imposto come limite all'impossibile. E se io, tuo fratello, pongo te nel mio futuro, porta aperta ad ogni uomo e mano tesa ad ogni donna. Allora si', sara' Natale. E se insieme, trasportati dalle utopie mai dette e inedite ai sogni stessi, avremo dipinto di speranza l'orizzonte di tutti i popoli, allora sara', e per sempre, sorprendentemente, Natale. 3. RIFLESSIONE. MARIA G. DI RIENZO: SEMI DI SENAPE [Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per questo intervento. Maria G. Di Rienzo e' una delle principali collaboratrici di questo foglio; prestigiosa intellettuale femminista, saggista, giornalista, regista teatrale e commediografa, formatrice, ha svolto rilevanti ricerche storiche sulle donne italiane per conto del Dipartimento di Storia Economica dell'Universita' di Sidney (Australia); e' impegnata nel movimento delle donne, nella Rete di Lilliput, in esperienze di solidarieta' e in difesa dei diritti umani, per la pace e la nonviolenza; e' coautrice dell'importante libro: Monica Lanfranco, Maria G. Di Rienzo (a cura di), Donne disarmanti, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2003] Questo e' il tempo dell'anno in cui il sole rinasce dall'oscurita' misteriosa, rinasce come un seme di luce, e questo e' un momento ritenuto sacro da tutte le antiche religioni. Un bimbo nacque, circa 2000 anni or sono, durante la stagione del solstizio d'inverno. Lo avrebbero chiamato il Principe della Pace. Tre saggi, provenienti dalle regioni che oggi chiamiamo Iraq, Iran e (forse) Siria, videro una stella in cielo e la seguirono sino alla capanna dove il bimbo era nato. I suoi genitori erano ebrei, ed i doni recati dai saggi li avrebbero aiutati a fuggire in Egitto, doni offerti da coloro che erano gli antenati dei moderni musulmani. Pensateci: un infante ebreo aiutato e protetto dagli antenati dei musulmani. Costui certo sarebbe stato un Principe della Pace. Quando questo bambino crebbe, ebbe a paragonare il regno dei cieli a un seme di senape. L'immagine del seme tende a darci una visione di dio organica, in crescita, in trasformazione. Un piccolo seme, con un grandioso potere di trasformazione, ma che a volte non viene piantato, non viene curato e annaffiato. Se questo accade, il seme non puo' cambiare e crescere, ma muore. Questo "seme divino" e' al tempo stesso vulnerabile, selvatico, non del tutto prevedibile, indomabile e forte, portatore di una promessa in se stesso, ma tale promessa non puo' avverarsi da sola. Forse e' un'immagine disturbante, per chi pensa a un dio onnipotente, onnisciente, che controlla tutto. Soprattutto dev'esserlo per coloro che si definiscono "fedeli" o "religiosi" e mostrano un'ostinata intolleranza, e si combattono nei modi piu' brutali e crudeli possibili, tentando di concretizzare la loro semplicistica e omogeneizzata fantasia di un dio codificato, di un regno di dio statico e dittatoriale. Costoro stanno facendo del loro meglio per concentrare potere in poche avide mani, del loro meglio per portare avanti il processo che potrebbe cancellarci come specie e che di sicuro ha grandemente eroso la nostra umanita'. Ma vi sono semi. Semi di senape e di speranza, semi di promesse d'amore, semi di creativita' e di rispetto, semi di bellezza, semi di pace. Semi di Luce. Di certo non ignoriamo l'arroganza e la furia dei patriarchi, l'orrore bellico che essa provoca, il dolore che spande. Eppure sentiamo che, in qualche modo, il loro tempo sta tramontando, la loro stagione e' finita. Percio' dobbiamo avere gran cura dei nostri semi, ancora piu' del solito. Il sole e' rinato, e noi resisteremo agli spasmi di questo tumultuoso inverno del mondo, e non importa quanto sara' lungo: perche' a primavera i nostri semi saranno pronti. 4. RIFLESSIONE. JAN OBERG: ALTRI QUATTRO ANNI DI GOVERNO BUSH. QUALI POSSIBILITA' ESALTANTI [Ringraziamo Renato Solmi (per contatti: rsolmi at tin.it) per averci messo a disposizione la sua traduzione di questo altro testo di Jan Oberg estratto dal notiziario della Transnational Foundation for Peace and Future Research (in sigla: TFF; sito: www.transnational.org) che ne detiene i diritti di copia. Renato Solmi e' stato tra i pilastri della casa editrice Einaudi, ha introdotto in Italia opere fondamentali della scuola di Francoforte e del pensiero critico contemporaneo, e' uno dei maestri autentici e profondi di generazioni di persone impegnate per la democrazia e la dignita' umana, che attraverso i suoi scritti e le sue traduzioni hanno costruito tanta parte della propria strumentazione intellettuale. Jan Oberg (per contatti: oberg at transnational.org), danese, nato nel 1951, illustre cattedratico universitario, e' uno dei piu' importanti peace-researcher a livello internazionale e una figura di riflerimento della nonviolenza in cammino. Tra le sue molte opere: Myth About Our Security, To Develop Security and Secure Development, Winning Peace, e il recente Predictable Fiasco. The Conflict with Iraq and Denmark as an Occupying Power. Johan Galtung, che Oberg ringrazia, nato in Norvegia nel 1930, fondatore e primo direttore dell'Istituto di ricerca per la pace di Oslo, docente, consulente dell'Onu, e' a livello mondiale il piu' noto studioso di peace research, autore di molte fondamentali opere] Con l'aiuto di un po' di pensiero dialettico, altri quattro anni con George W. Bush al timone dell'impero americano possono finire per rivelarsi una grande opportunita' per l'emergenza di qualcosa di nuovo e di meglio. Nell'altalena incessante della crisi, c'e' (o, per dir meglio, ci sono) sia la sofferenza causata dal vecchio che i primi germi di visioni relative al nuovo che matura. E ci sara' da soffrire, non c'e' dubbio, nel corso dei prossimi quattro anni, nessuno degli argomenti che svilupperemo qui e' ignaro di questo fatto. E tuttavia chi si dispera eccessivamente per la rielezione di Bush potrebbe contribuire ad accrescere la sofferenza piuttosto che a realizzare i potenziali positivi che sono a nostra disposizione. Cerchiamo almeno di rimboccarci le maniche e di metterci subito al lavoro. * 1. Critiche e proteste che non vadano in cerca di alternative costruttive sono uno spreco di energia Una lezione da apprendere dalle guerre piu' recenti, dalla guerra contro il terrorismo e dalla rielezione di Mr. Bush, e' che non basta protestare e criticare, ma che ci deve essere anche quello che Gandhi chiamava un programma costruttivo. Vedi il comunicato n. 200 della Transnational Foundation for Peace and Future Research [intervento che abbiamo pubblicato nel fascicolo di ieri di questo notiziario - ndr-] per altre considerazioni in merito. Ci devono essere alternative bene informate elaborate da organizzazioni della societa' civile o da governi critici nei confronti della politica americana che si basino su una conoscenza oggettiva delle cose come pure su nuove idee e su nuove mete congiunte a una qualche strategia creativa in vista dell'azione. I prossimi quattro anni non possono essere dedicati a marce contro questa guerra oggi e contro quella guerra domani e alla campagna contro la globalizzazione; le energie della societa' civile debbono essere indirizzate a rispondere alla questione piu' importante di tutte: se non vogliamo questo, che cosa vogliamo invece al suo posto e che cosa dobbiamo fare per raggiungere quell'obiettivo? Saranno necessari piu' circoli di studio, corsi di lezioni, tecniche di addestramento e occasioni di dialogo che marce collettive per ottenere questo risultato. Ci sara' bisogno di cuori, e cioe' di etica, valori e speranze; ci sara' bisogno di cervelli, e cioe' di educazione, intelligenza teorica, chiarezza di concetti e programmazione razionale dell'azione; e ci sara' bisogno di muscoli, e cioe' del coraggio di pensare, di parlare e di agire in modo nonviolento, non contro gli Stati Uniti o contro qualche problema particolare, ma per i "dannati della terra" e per nuove forme di vita. * 2. Sappiamo abbastanza della natura del governo Usa per elaborare cambiamenti a partire da oggi Sappiamo ora a quali valori, a quale stile di direzione e a quali politiche basate sulla violenza potremo trovarci ad assistere d'ora in avanti. Conosciamo gli elementi fondamentali del carattere del presidente e delle sue convinzioni, fra le quali c'e' quella di stare agendo per mandato divino. La cosa positiva e' che non avremo da spendere tempo per avanzare supposizioni e fare esperienze; come sarebbe stato invece necessario se avessimo avuto a che fare con una nuova amministrazione a Washington. Alcuni credono, sperano e sentono il bisogno di dire che nel secondo mandato presidenziale di Bush potremo assistere a una maggiore quantita' di multilateralismo e a una maggiore quantita' di collaborazione. Ma nulla parla a favore di questa previsione, che e' solo un'espressione di "pensiero desiderante" ("wishful thinking", una pia illusione). Al contrario, il mandato piu' forte che egli ha ricevuto ora puo' far si' che la spericolatezza delle decisioni e la hybris del comportamento vengano ancora di piu' in primo piano nell'operato della sua amministrazione. * 3. Non sara' possibile che governi provvisti del senso della propria dignita' si schierino passivamente sotto la guida degli Usa Scrivo queste righe mentre Falluja viene distrutta, nel quattordicesimo anno della distruzione del popolo iracheno e della sua societa'. Capi di governo provvisti del senso della loro dignita' troveranno sempre piu' difficile sostenere o difendere apertamente o tacitamente la politica estera americana in generale e gli interventi e le operazioni belliche a cui potrebbe dar luogo in particolare. L'opposizione interna nei paesi europei e nel mondo arabo, per limitarci ai casi piu' significativi, mettera' molti governi alle strette e in grave imbarazzo. La mancanza patente di legittimita' e di sostegno spingera' un numero sempre maggiore di uomini politici a pensare in termini di nuove alleanze e di maggiore autonomia di decisioni e di movimenti. Controcorrenti emergeranno lentamente, ma sicuramente, nel corso di questo processo. Dove questo senso della propria dignita' non esista, si potra' verificare una crescente minaccia terroristica - e cio' finira' per imporre necessariamente un cambiamento, anche se forse solo dopo tremende sofferenze e dopo la perdita di molte vite. Cosi' ci potranno essere altre azioni di carattere militare, ma una nuova occupazione modellata sull'esempio iracheno non potra' aver luogo. * 4. L'azione preventiva prendera' il posto della reazione alle politiche di Washington La politica opportunistica e intellettualmente oziosa che consiste nello stare a vedere cio' che gli americani pensino o facciano in una determinata situazione e poi nel far prendere posizione al proprio paese in rapporto o come reazione al comportamento degli Usa dovrebbe, prima o poi, lasciare il passo a una politica molto piu' "pro-attiva": siamo disposti a sentire cio' che ci dice Washington, ma sviluppiamo le nostre vedute e le nostre decisioni politiche in vista della nostra azione futura. Il futuro verte sul dialogo che ha luogo fra di noi, e si conformera' a questo pluralismo e non a una sottomissione disciplinata. E quanto maggiore sara' il numero delle nazioni che cominciano a stare ritte sui propri piedi, e cioe' a muoversi per proprio conto, tanto maggiore sara' l'equilibrio che si verra' a formare nell'ordine globale. Cosi' nessun paese dovrebbe restare fermo ad aspettare di vedere che cosa gli Stati Uniti faranno nei confronti della Corea del Nord, dell'Iran, della Siria, o di qualche altro attore indipendente; ma ciascuno di essi, e in particolare l'Unione Europea, dovrebbe sviluppare la sua politica autonoma e impegnarsi in una gestione pacifica dei conflitti e in una diplomazia genuina e creativa. Francia e Germania non possono piu', in futuro, come hanno fatto nel caso dell'Iraq, limitarsi a dire di "no" alla guerra e mancare, d'altra parte, di ogni possibile alternativa ad essa. * 5. Questa e' un'occasione straordinaria per l'Unione Europea L'Unione Europea, in particolare, dovrebbe essere capace di cogliere questa opportunita' adesso. Non c'e' alcuna possibilita' che essa sia capace di fronteggiare gli Stati Uniti in termini militari. La sola alternativa che l'Unione Europea possa avere e' quella di "prendere insieme" i propri atti di politica estera e di sicurezza collettiva - anche se non necessariamente nella forma di una politica unitaria dominata da poche grandi potenze, ma piuttosto come un insieme di alleanze flessibili e di schemi cooperativi fra gruppi relativamente mobili di membri. L'Unione Europea potrebbe facilmente diventare molto piu' attrattiva agli occhi di attori collocati nel Medio Oriente, nell'Asia Centrale o nell'Asia propriamente detta, come altresi' nell'Africa; cio' dipendera' dalla misura in cui essa diventera' il gestore affidabile dei conflitti, dotato, se si puo' dir cosi', di una "potenza morbida", il mediatore, l'organizzazione fornita di esperti ben addestrati nella promozione del dialogo fra le parti e di migliori capacita' di analisi e di diagnosi degli avvenimenti mondiali e di ricerca dei modi piu' adatti a risolvere i conflitti. Insomma, pronta ad offrire al mondo cio' che gli Stati Uniti non sono in grado di fornire. Il vantaggio comparativo dell'Unione Europea e' potenzialmente enorme, quando la si confronti agli occhi del resto del mondo con la distruzione operata da Washington di ogni potenzialita' di un ordine mondiale basato sulle leggi e improntato a uno spirito di giustizia. Spendere molto di piu' per la ricostruzione, la riconciliazione, gli aiuti umanitari e la gestione dei conflitti civili, prima, nel mentre e dopo che gli Stati Uniti abbiano devastato il posto, sara' di aiuto a milioni di persone e fara' vedere a tutti la differenza. L'Unione europea e' forte nelle dimensioni politiche, economiche, sociali e culturali del potere, mentre gli Stati Uniti lo sono solo in quella militare e stanno declinando nelle altre quattro. Se l'Unione Europea non sfrutta questa occasione storica in cui la grande maggioranza degli abitanti del mondo cercano ansiosamente un'alternativa a quella rappresentata dall'impero americano, bisognerebbe concludere che l'Unione stessa potra' avere difficilmente un grande avvenire nell'ordinamento complessivo del mondo. Come gli Stati Uniti hanno conquistato, a suo tempo, la loro indipendenza dall'Europa, tocca ora agli europei fare la stessa cosa dal punto di vista politico e soprattutto da quello intellettuale. Ci dovrebbero essere meno cervelli americanizzati nei ministeri europei degli affari esteri nel prossimo futuro, e ci dovrebbe essere, invece, nei nostri rappresentanti, un po' piu' di autonomia intellettuale e morale e di confidenza collettiva in se medesimi, e un po' piu' di compassione verso il resto del mondo nel suo complesso. Le opportunita' oggettive appaiono migliori di quanto non siano mai state dal 1945 ad oggi. Percio' siate pure disposti a cooperare con gli Stati Uniti quando la cosa e' nell'interesse dell'Europa, ma non siate sottomessi, e cessate di credere alla figura paterna, seguendo l'esempio degli abitanti dell'Europa orientale, che hanno liberato se stessi dagli spiriti paternalistici una quindicina di anni fa. Riassumendo: cio' non e' antiamericano, e' a favore di qualunque cosa e di chiunque altro. E' sinonimo di liberazione e di capacita' di pensare con menti indigene, gettando via il giogo della sicurezza intellettuale e di altre forme di soggezione e di obbedienza. * 6. Non sono necessarie altre prove: la gestione violenta dei conflitti porta al disastro Sia sotto la presidenza di Clinton che sotto quella dei due Bush gli Stati Uniti hanno praticato una gestione violenta dei conflitti. Cio' che ne e' risultato e' una catena di fiaschi e di situazioni caotiche di pace non realizzata: le parole chiave sono la Croazia, la Bosnia, il Kossovo, la Serbia, la Macedonia, la Somalia, l'Afghanistan, e ora, come chiunque puo' constatare cosi' tristemente, l'Iraq. Persone con scarse conoscenze sul problema dei conflitti e con un alto grado di lealta' nei confronti degli Stati Uniti sostengono di solito che il bombardamento di queste aree e' avvenuto troppo tardi e che non ha avuto luogo in misura sufficiente. Altri, compresi decine di associati alla Transnational Foundation for Peace and Future Research, hanno sostenuto invece, gia' molto tempo prima che le azioni militari avessero luogo, che questi conflitti non erano del tipo che potesse essere risolto, o in cui la pace potesse emergere, da queste forme di politica militare, che, per giunta, mancavano anche di strategie coerenti per la situazione successiva ai bombardamenti, per la situazione postbellica. Ne' c'e' stata alcuna strategia decente di fuoriuscita dalla crisi che potesse beneficiare le popolazioni che vivevano in quelle aree tormentate e sconvolte. Cosi' ci troviamo in una situazione molto fortunata: nessuno che sia stato in contatto con la realta' (in contrasto con la realta' virtuale dei media) vissuta sul terreno in questi posti puo' avere il minimo dubbio sul fatto che lo stile americano di intervento militarizzato e culturalmente insensibile alla complessita' dei problemi che si pongono nella gestione dei conflitti sia stato saggiato, a quest'ora, a sufficienza perche' lo si possa giudicare disperatamente controproducente. Gli abitanti del luogo lo sanno per esperienza diretta, gli osservatori internazionali che ci sono stati lo sanno, i volontari delle organizzazioni non governative lo sanno, e alcuni diplomatici di alto livello e funzionari dell'Onu che sono stati sul terreno per un mese - tutti quanti lo sanno perfettamente. Sono solo coloro che prendono le decisioni, i consiglieri negli uffici dei primi ministri, i ministri degli affari esteri e i media che danno ancora l'impressione di non saperlo. * 7. I grandi potenziali della nonviolenza, la pace ottenuta con mezzi pacifici, ci stanno diritto davanti agli occhi Il punto 6 era una conclusione di carattere negativo. Il suo lato positivo consiste nel fatto che un enorme potenziale di natura politica, diplomatica, psicologica, sociale, ecologica e culturale dei conflitti sta nondimeno emergendo alla luce. In linea di fatto, e come e' stato sottolineato ripetutamente da Jonathan Schell nel suo libro pionieristico di oltre 400 pagine, The Unconquerable World, ci sono alcune cose che ora sappiamo a proposito della violenza. Cosi', per esempio, sappiamo che in seguito al fatto che le armi nucleari, se fossero usate, potrebbero spazzare via la razza umana parecchie volte una dopo l'altra e distruggere la terra, non possono esistere motivi politici di sorta che possano essere promossi dal loro uso. In secondo luogo, i mutamenti che hanno funzionato meglio sono stati quelli intrapresi con mezzi pacifici. Dice Schell che le rivoluzioni inglese, americana, francese, tedesca e indiana hanno dimostrato tutte quante il potere della gente di esautorare e paralizzare un regime ritirando ad esso il proprio appoggio, mentre nello stesso tempo si procedeva a costruire e a mettere in piedi istituzioni parallele. In seguito, nel corso della sua esposizione molto comprensiva e particolareggiata, Schell passa ad esaminare i casi del rovesciamento della giunta greca dei colonnelli nel 1974, la caduta del Portogallo che era l'ultimo impero europeo in Africa, la democratizzazione della Spagna a partire dal 1975, e cioe' dalla morte di Franco. Nell'America meridionale degli anni Ottanta, i generali rassegnavano il potere in Argentina, in Brasile e in Cile. La dittatura di Marcos nelle Filippine scomparve nel 1986, l'autocrazia della Corea del Sud nel 1988, il dittatore indonesiano Suharto cadde nel 1990, in Iran si sviluppo' una forte opposizione contro il dominio dei mullah, nel 2001 un periodo di oltre settant'anni di governo ininterrotto da parte del Partito rivoluzionario istituzionale messicano fu spezzato dal popolo, Milosevic cadde nell'ottobre dello stesso anno e il presidente georgiano Shevardnadze nel 2003. L'esperienza sudafricana, a cui tutti avevano predetto terribili spargimenti di sangue, passo' indenne attraverso il periodo di transizione grazie alla costruzione di una fiducia reciproca fra le parti, basata sulla riconciliazione e sulla creazione di una commissione apposita incaricata di ristabilire la verita' e di promuovere la riconciliazione stessa. Tutto questo ha funzionato, in misura maggiore o minore, e assai meglio, comunque, di quanto abbiano fatto le guerre civili e gli interventi militari - o, a maggior ragione, una guerra di carattere imperiale. Le anime sono state curate, ed e' stata data una chance alla democrazia, come pure alla pace. Cio' non e' accaduto nei luoghi che abbiamo menzionato prima a pr oposito delle vicende degli anni Novanta, dove l'intervento militare straniero e' stato il principale strumento impiegato per porre termine alle guerre e gettare le basi della pace. E' tempo di vedere ora che c'e' solo una misura che si possa adottare contro altri quattro anni di politiche militaristiche e imperiali del governo Bush: ed e' quella di criticarlo meno e di indirizzare l'attenzione, assai piu' di quanto si sia fatto finora, sull'efficienza e sul decoro, sul potenziale curativo e libertario, della mobilitazione della gente senza armi nelle proprie mani. Insomma, ci sono tante ragioni di speranza, se la gente, i media e coloro che dovrebbero prendere le decisioni avessero solo la capacita' di scorgerle. Una ragione fondamentale per cui non sono capaci di farlo e' la loro cieca lealta' nei confronti di un impero in procinto di sprofondare - che e' quello degli Stati Uniti d'America. L'educazione alla pace, l'educazione civica, l'addestramento delle capacita' necessarie per orientarsi negli affari internazionali e nella gestione dei conflitti civili possono benissimo rivelarsi come gli strumenti piu' potenti e piu' efficaci di cui possiamo disporre. * 8. Abbiate pazienza. Gli imperi non durano per l'eternita'. Gli Stati Uniti dispiegano la loro debolezza in Iraq Ci sono ragioni storiche generali per cui gli imperi tramontano. Alcune di esse sono: la militarizzazione dello stato; l'iperestensione territoriale, e cioe' il tentativo di controllare troppe cose in troppi luoghi diversi; la legittimita' decrescente agli occhi di chiunque altro; l'esaurimento economico; la convinzione perversa che chiunque altro dovrebbe fare le cose in un solo modo, e cioe' in quello in cui le facciamo noi, e cioe' una tolleranza sempre minore del pluralismo, e, man mano che il tempo passa, una incapacita' sempre crescente di prestare ascolto e di apprendere qualcosa da chiunque altro - e anche dai propri errori. Insomma, la stagnazione intellettuale e morale, l'inflessibilita' del carattere e della mente, l'irrigidimento, una politica monolitica, l'autoesaltazione e la megalomania - altrettanti modi di nascondersi il fatto che l'Impero non e' che un'illusione. Si puo' argomentare che gli Stati Uniti si stanno muovendo rapidamente in questa direzione di carattere generale. Se le cose stanno cosi', altri quattro anni in compagnia di George W. Bush non potranno fare altro che accelerare questo processo, e cioe' determinare la fine dell'impero in tempi piu' rapidi di quanto sarebbe stato altrimenti il caso. Cosi', mentre gli Stati Uniti sono soggetti a un indebolimento interno in seguito alla deriva verso un impero incontrollato che esaurisce le loro forze, e verso un fascismo potenziale, essi saranno anche indeboliti dall'esterno, e cioe' dal resto del mondo che tende a diventare piu' indipendente e meno timoroso e ossequiente nei confronti dell'Impero. Una delle lezioni piu' importanti che si possono trarre dagli ultimi 40 o 50 anni di guerre e' che i grandi paesi tecnologicamente potenti, col loro morale tutt'altro che solido e i bassi motivi da cui sono mossi, finiscono per perdere le guerre da loro intraprese con paesi piu' piccoli, meno sviluppati dal punto di vista tecnologico e a volte anche superiori dal punto di vista morale: cosi' gli Stati Uniti col Vietnam, l'Unione Sovietica con l'Afghanistan, la Serbia con le altre repubbliche della regione, e ora gli Stati Uniti, l'Inghilterra e altri paesi in Iraq. Gli Stati Uniti sono l'attore militare piu' forte di tutta la storia, la loro ossessione di essere minacciati e' piu' grande di quella di qualunque altro paese su tutta la terra, sono odiati da un maggior numero di persone e di paesi piu' di quanto lo siano gli altri, tendono ad isolarsi dai loro amici e a distruggere, al loro interno, cio' che rendeva gli Usa cosi' attraenti per la gente di tutto il mondo. Qualcuno deve pur trarre le sue conclusioni da tutto questo... * 9. Boicottare gli Usa economicamente Uno di questi fattori di indebolimento, che, in effetti, avrebbe un'importanza fondamentale, sarebbe rappresentato da un boicottaggio economico globale dell'economia statunitense, in primo luogo dei beni di consumo da essa prodotti, e poi, successivamente, dei beni capitali e dei flussi monetari, che assumono la forma, di volta in volta, di prestiti e di crediti, delle istituzioni economiche dominate dagli Usa, degli investimenti e delle vendite sul mercato americano, cessando di concedere prestiti agli Usa per finanziare le loro guerre, cessando di viaggiare negli Stati Uniti ecc. Proteste economiche di questo tipo sarebbero certamente molto piu' efficaci di ogni manifestazione di piazza contro la politica estera americana, e favorirebbero l'emersione di nuove relazioni economiche nella rete di scambi che avvolge il mondo come un gomitolo. Tuttavia, come nel caso di tutte le altre misure di embargo, bisognerebbe escogitare soluzioni atte a far si' che i settori piu' poveri della societa' americana non ne siano danneggiati e feriti. * Qui si puo' leggere cio' che Lester Brown, uno dei piu' importanti pensatori globali dei nostri tempi, ha scritto verso la fine di ottobre del 2004, e che e' degno di essere riportato per esteso. "Ora il rifiuto della politica estera americana si sta traducendo in un rifiuto dei prodotti che recano marchi di fabbrica statunitensi. Gli europei, in effetti, stanno tenendo una specie di referendum economico sulla politica estera americana, votando, se si puo' dir cosi', coi loro portafogli. L'effetto di questo fenomeno puo' essere visto nei rendiconti economici dei profitti che vengono resi pubblici in questi giorni da parecchie societa' americane di primo piano". "Su scala mondiale, otto dei dieci maggiori marchi di prodotti sono americani. Piu' di meta' delle vendite di ciascuno di questi prodotti hanno luogo fuori degli Stati Uniti. John Quelch, professore alla Harvard Business School, scrive: 'Un'opposizione crescente alla politica estera americana minaccia la forza a lungo termine di questi marchi'". "Il 'Financial Times' riferisce che alcuni dei marchi di prodotti di consumo piu' forti del mondo, come Coca Cola, McDonald, Gap, cominciano ad essere duramente colpiti. Le vendite di Coca Cola in Germania sono cadute del 18 per cento rispetto a un periodo simile dell'anno scorso, e la societa' e' costretta a defalcare 392 milioni di dollari per 'fare fronte alla riduzione degli attivi commerciali in quel paese'". "McDonald, una societa' che puo' vantare una crescita storica considerevole nel corso degli anni, ha visto le sue vendite pervenire quasi a una posizione di stallo in tutta l'Europa. Gap e' uscita del tutto dalla Germania, una mossa che ha contribuito a ridurre le sue vendite internazionali del 10 per cento. La caduta della partecipazione ai divertimenti del parco Disney alla periferia di Parigi ha fatto scendere le sue entrate fino al punto in cui ha dovuto essere soccorso e risarcito dalla sua societa' madre. Wal-Mart, la piu' fortunata ditta di vendita al dettaglio del mondo, si trova a fronteggiare pesanti perdite in Germania, che rappresenta la terza piu' grande economia del mondo dopo gli Stati Uniti e il Giappone". "Anche le vendite di automobili prodotte dalla General Motors e dalla Ford sono in uno stato di sofferenza in Europa. Di fronte a perdite di 236 milioni di dollari nella regione, la General Motors sta licenziando 12.000 lavoratori in Germania. La Ford, a sua volta, potrebbe seguire presto coi licenziamenti". "Non volendo alimentare il 'backlash' antiamericano, le societa' generalmente biasimano le condizioni economiche per il declino delle loro vendite, ma il Fondo Monetario Internazionale ha stimato, in settembre, che la crescita economica di quest'anno, in Germania, sarebbe stata del 2 per cento, un risultato molto migliore della sua crescita negativa dell'anno scorso. In Francia, un altro paese dove i prodotti americani stanno prendendo una sberla, la previsione della crescita e' proiettata al 2,6 per cento, a confronto dello 0,5 per cento dell'anno scorso". "Il declino nelle vendite e nei guadagni delle compagnie americane all'estero appare con la massima evidenza nei marchi di primo piano che abbiamo citato prima, ma l'accettazione dei prodotti di marca Usa e' in declino su tutta la lista. Altri marchi ben noti per cui l'approvazione dei consumatori all'estero e' in declino includono Microsoft, la Nike e Yahoo. Ma in gioco e' molto di piu' dei marchi universalmente conosciuti. Il destino economico di migliaia di compagnie americane che operano sul mercato internazionale e' influenzato da questa tendenza". "L'effetto indiretto della guerra irachena sull'economia Usa puo' diventare presto un problema di primaria importanza. Quelch condivide queste riflessioni facendo notare che 'il costo per l'economia americana potrebbe essere molto piu' grande del costo della guerra stessa...'". * Se continuato e rafforzato nel corso del tempo, il vostro boicottaggio personale dei prodotti americani potrebbe ben essere la piu' importante forma particolare di protesta contro la politica estera americana, il suo militarismo e il suo imperialismo. Ed essa costituisce un'alternativa democratica del cittadino globale al Consiglio di Sicurezza dell'Onu, dal momento che quell'organo non potrebbe mai decidere qualcosa in materia di sanzioni, poiche' almeno gli Stati Uniti stessi, che sono uno dei suoi cinque membri permanenti, opporrebbero il loro veto. Ma George Bush non ha modo di costringere voi e me a comprare prodotti americani. Abbiamo il potere gigantesco di esprimere la nostra solidarieta' col resto del mondo, ora e subito, con un boicottaggio economico su scala mondiale degli Stati Uniti, ma non oltre il momento in cui essi cominceranno a ritirare le loro truppe dislocate tutt'intorno al mondo e a ritirarsi dalle loro basi e dalle loro guerre. L'azione, ancora una volta, non deve essere antiamericana, ma deve essere rivolta contro la specifica distruttivita' della loro politica estera e di sicurezza, e cio' si riferisce anche alle loro armi nucleari. * Sono grato all'associato della Transnational Foundation for Peace and Future Research Johan Galtung che ha ispirato alcuni punti di questo comunicato. 5. RIFLESSIONE. GIOBBE SANTABARBARA: COSA DEVE FARE L'EUROPA: I CORPI CIVILI DI PACE, LA SCELTA DELLA NONVIOLENZA L'Europa e' ancora un fantasma sulla scena politica internazionale. Eppure avrebbe le risorse per svolgere un ruolo grande e finalmente vantaggioso per l'umanita' intera, dopo che per secoli ha rapinato e sterminato i popoli del mondo. Oggi puo' essere soggetto promotore di una politica internazionale fondata sulla nonviolenza, inverando i principi stabiliti nella Carta delle Nazioni Unite, nella Dichiarazione universale dei diritti umani e in tanti altri testi giuridici fondamentali. La scelta della nonviolenza come principio ispiratore della politica europea, la grande intuizione e iniziativa di Alexander Langer quando persuase il parlamento europeo della necessita' di istituire corpi civili di pace come alternativa agli strumenti della guerra; la decisiva proposta di Lidia Menapace e della Convenzione di donne contro le guerre per "un'Europa neutrale e attiva, disarmata e smilitarizzata, solidale e nonviolenta", su cui nel 2003 si sviluppo' una riflessione condivisa che tocco' molti soggetti, ma che non fu minimamente recepita di li' a poco dalle organizzazioni politiche impegnate nelle elezioni per il rinnovo del parlamento europeo, che hanno continuato col solito penoso tran tran subalterno alla guerra, agli eserciti, alle armi: guerra, eserciti, armi che servono a uccidere esseri umani, che sono quindi intrinsecamente in contrasto col fondamentale principio morale e giuridico affermato da tutte le grandi tradizioni di pensiero: "Tu non uccidere". La proposta di Lidia Menapace, la proposta di Alexander Langer: un'Europa neutrale e attiva, disarmata e smilitarizzata, solidale e nonviolenta. A noi sembra che questa sia la chiave di volta per una politica europea che sia di pace con mezzi di pace; la politica necessaria ed urgente. Su questo vorremmo riprendere con rinnovata energia un impegno corale. 6. MAESTRE. RAISSA MARITAIN: LA LEGGE E L'AMORE [Da Raissa Maritain, Diario di Raissa, Morcelliana, Brescia 1996, 2000, p. 380. Raissa Maritain, nata Raissa Oumançoff a Rostov sul Don, il 31 agosto 1883; nel 1893 la famiglia si trasferisce a Parigi per sfuggire alle persecuzioni antiebraiche. Pensatrice, poetessa, mistica, e' stata la compagna e collaboratrice di Jacques Maritain. E' deceduta a Parigi il 4 novembre 1960. Opere di Raissa Maritain: tutti gli scritti di Raissa Maritain nella edizione definitiva in lingua originale si trovano nei volumi XIV e XV di Jacques e Raissa Maritain, Oeuvres Completes, Editions Universitaires, Fribourg - Editions Saint Paul, Paris, 1993-1995. Opere su Raissa Maritain: E. Bortone, Raissa Maritain, Libreria editrice salesiana, Roma 1972; M. A. La Barbera, Silenzio e parola in Raissa Maritain, Omnia editrice, Palermo 1980; J. Suther, Raissa Maritain, pilgrim, poet, exile, Fordham University Press, New York 1990; M. Zito, Gli anni di Meudon, Istituto Orientale di Napoli, Napoli 1990; AA. VV., Simone Weil e Raissa Maritain, L'Antologia, Napoli 1993; L. Grosso Garcia, El amor mas aca' del alma, Ediciones Ensayo, Caracas 1997] La legge e' proposta esteriormente, essa implica una soggezione, in se' sembra non aver nulla a che fare con la misericordia, ne' con l'uguaglianza d'amicizia, ne' con la familiarita'. A ben vedere essa e' una necessita'; solamente una necessita'. L'amore da' al di sopra della Legge. (Per-dona). L'amore crea la fiducia, la liberta' di spirito, l'uguaglianza, la confidenza. 7. MAESTRE. RIGOBERTA MENCHU': A FARMI DECIDERE [Da Elisabeth Burgos (a cura di), Mi chiamo Rigoberta Menchu', Giunti, Firenze 1987, p. 174. Rigoberta Menchu', india guatemalteca, premio Nobel per la pace, e' una delle figure piu' splendide dell'impegno per la dignita' umana, i diritti, la pace, la solidarieta'] Fu soprattutto questo a farmi decidere. Non e' possibile che succedano queste cose, dicevo, e io me ne resti in casa. 8. PROFILI. ANNA TALO': UN PROFILO DI ANNAROSA BUTTARELLI [Dal sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it) riprendiamo questo articolo apparso su "Il giorno" nel novembre 2004. Anna Talo', nata a Milano nel 1965, giornalista professionista, vive e lavora a Mantova. Annarosa Buttarelli fa parte della comunita' filosofica di "Diotima", collabora con il dipartimento di filosofia dell'Universita' di Verona, ha scritto saggi pubblicati all'interno di volumi curati da Diotima (Oltre l'uguaglianza, La sapienza di partire da se', La rivoluzione inattesa); ha dedicato vari saggi alla filosofa spagnola Maria Zambrano; e' impegnata nel pensiero e nella politica della differenza. Opere di Annarosa Buttarelli: Donne e divino, S.C.C., Mantova 1992; in Diotima, Oltre l'uguaglianza, Liguori, Napoli 1995; in Diotima, La sapienza di partire da se', Liguori, Napoli 1996; in Diotima, La rivoluzione inattesa, Nuova pratiche, Milano 1997; con Luisa Muraro e Liliana Rampello, Duemilaeuna. Donne che cambiano l'Italia, Nuove Pratiche, Milano 2000; con Laura Boella, Per amore di altro. L'empatia a partire da Edith Stein, Raffaello Cortina Editore, Milano 2000; Una filosofa innamorata, Bruno Mondadori, Milano 2004] Se si facesse un sondaggio fra le donne mantovane dal titolo "Chi e' il tuo punto di riferimento culturale e politico?" in molte indicherebbero Annarosa Buttarelli. Eppure Annarosa, nata nel '56 a Canneto sull'Oglio, il paese delle bambole Furga (ieri) e del ristorante Dal Pescatore (oggi), non e' certamente una che sgomita per stare sotto i riflettori della Grande Fama. E se anche ci tenesse, probabilmente non ci riuscirebbe, perche' chi davvero e' anticonvenzionale viene vista come una seccatura: e questa come la catalogo?, dove la metto?, cosa me ne faccio? Definire la Buttarelli, difatti, porta qualche complicazione. Forse lei preferirebbe "filosofa della Differenza", quel ramo del femminismo - per semplificare molto molto la cosa - che non crede nell'uguaglianza tra uomini e donne, ma che esalta le caratteristiche peculiari di uno e dell'altra. Non auspica le pari opportunita': meglio instaurare un rappor to dialettico che permetta una reale crescita della ricchezza emotiva, culturale, politica, sociale in tutti i settori; una ricchezza che nasce dal confronto, non dall'omologazione. Docente di Ermeneutica filosofica presso l'Universita' di Verona, dove ha sede la Comunita' Diotima, che raccoglie molte tra le studiose della Differenza, Annarosa e' da sempre una delle piu' strette collaboratrici di Luisa Muraro, fondatrice della Libreria delle Donne, che qualche anno fa rifiuto' una candidatura spontanea, fatta da alcune giornaliste milanesi al presidente Ciampi, perche' venisse nominata senatrice a vita. Lei rispose che, se anche Ciampi avesse preso in considerazione la segnalazione, non era interessata a sedersi in Parlamento. * Anche a Mantova, Annarosa Buttarelli ha fatto molto: da privata cittadina, e' stata - per esempio - cofondatrice del Festivaletteratura, una delle esperienze culturali piu' prestigiose d'Italia, e tuttora fa parte del comitato organizzatore. Da studiosa, e' responsabile di "Via Dogana", la rivista di pratica politica pubblicata dalla Libreria delle Donne, ma che ha portato a Mantova dal '77, perche' proprio a Mantova era nato, in quegli anni, il Movimento delle amministratrici, in risposta al Movimento dei sindaci: molte erano le donne impegnate in politica, il territorio era diventato un laboratorio. Era il momento di verificare se donne e amministrazione pubblica, fino ad allora a quasi esclusivo appannaggio maschile, potevano dare vita ad un incontro felice, se le donne - senza snaturare il loro essere - potevano portare ad una metamorfosi la politica. "Un esperimento che non consideriamo riuscito", dice Annarosa, in questo momento impegnata con Diotima nel seminario annuale della Comunita', dal titolo (non casuale) "Agire e patire la politica", al quale stanno partecipando in 400, tra uomini e donne. Come funzionaria pubblica ha avviato numerosi progetti; come il Sistema bibliotecario urbano e la Scuola di cultura contemporanea. Da qualche anno, pero', non riceve piu' incarichi per promuovere la cultura in citta', e' stata trasferita ad altro ufficio e sottooccupata, scatenando nel 2000 una campagna pubblica durata un anno, con lettere e firme per sollecitare il suo reintegro, una richiesta popolare alla quale l'amministrazione si e' mostrata insensibile. Ma lei si consola con altri successi: in questi mesi e' stata ideatrice e consulente scientifica del progetto annuale "Concepire l'infinito", del Comune di Roma. Centinaia di conferenze, incontri, seminari, su scrittori e scrittrici che hanno parlato dell'infinito, da Cristina Campo a Maria Zambrano (alla quale ha appena dedicato un libro per i tipi di Bruno Mondadori), coinvolgendo i Paesi d'origine degli autori, che hanno fornito materiale inedito e luoghi d'incontro. 9. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 10. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, sudest at iol.it, paolocand at inwind.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 789 del 25 dicembre 2004 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione).
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