La nonviolenza e' in cammino. 778



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 778 del 14 dicembre 2004

Sommario di questo numero:
1. Lidia Menapace: Persone inermi
2. Andrea Cozzo: Mi abbono ad "Azione nonviolenta" perche'...
3. Daniele Lugli: Mi abbono ad "Azione nonviolenta" perche'...
4. Beppe Pavan: Mi abbono ad "Azione nonviolenta" perche'...
5. Una buona azione. Nonviolenta
6. Rocco Altieri: L'aggiunta nonviolenta al pacifismo
7. Mao Valpiana: Obiezione ieri, oggi, domani
8. Maria G. Di Rienzo: Speranza
9. Il "C.O.S. in rete" di dicembre
10. Riletture: Agnes Heller, Teoria dei sentimenti
11. Riletture: Giuliana Saladino, Terra di rapina
12. Riletture: Itala Vivan, Caccia alle streghe nell'America puritana
13. La "Carta" del Movimento Nonviolento
14. Per saperne di piu'

1. MAESTRE. LIDIA MENAPACE: PERSONE INERMI
[Da Lidia Menapace, Resiste', Il dito e la luna, Milano 2001, p. 33. Il
frammento che riportiamo e' la riflessione conclusiva su un episodio della
Resistenza: gli operai in sciopero di una fonderia di Novara che prevalgono
con la forza della nonviolenza di fronte al plotone nazista, un episodio che
Lidia narra con una intensita' e un nitore che si comunicano a chi legge
fino allo sgorgar delle lacrime. Lidia Menapace (per contatti:
llidiamenapace at virgilio.it) e' nata a Novara nel 1924, partecipa alla
Resistenza, e' poi impegnata nel movimento cattolico, pubblica
amministratrice, docente universitaria, fondatrice del "Manifesto"; e' tra
le voci piu' alte e significative della cultura delle donne, dei movimenti
della societa' civile, della nonviolenza in cammino. La maggior parte degli
scritti e degli interventi di Lidia Menapace e' dispersa in quotidiani e
riviste, atti di convegni, volumi di autori vari; tra i suoi libri cfr. (a
cura di), Per un movimento politico di liberazione della donna, Bertani,
Verona 1973; La Democrazia Cristiana, Mazzotta, Milano 1974; Economia
politica della differenza sessuale, Felina, Roma 1987; (a cura di, ed in
collaborazione con Chiara Ingrao), Ne' indifesa ne' in divisa, Sinistra
indipendente, Roma 1988; Il papa chiede perdono: le donne glielo
accorderanno?, Il dito e la luna, Milano 2000; Resiste', Il dito e la luna,
Milano 2001. Per richiedere il libro (pp. 86, euro 9,30) alla casa editrice:
tel. 0252209743, fax: 0255210359, e-mail: info at ilditoelaluna.com, sito:
www.ilditoelaluna.com]

Si capi' in un qualche confuso modo che le armi non sono tutto e che persone
inermi potevano farcela.

2. STRUMENTI. ANDREA COZZO: MI ABBONO AD "AZIONE NONVIOLENTA" PERCHE'...
[Ringraziamo Andrea Cozzo (per contatti: acozzo at unipa.it) per questo
intervento. Andrea Cozzo e' docente universitario di cultura greca, studioso
e amico della nonviolenza, promotore dell'attivita' didattica e di ricerca
su pace e nonviolenza nell'ateneo palermitano, tiene da anni seminari e
laboratori sulla gestione nonviolenta dei conflitti, ha pubblicato molti
articoli sulle riviste dei movimenti nonviolenti, fa parte del comitato
scientifico dei prestigiosi "Quaderni Satyagraha". Tra le sue opere recenti:
Se fossimo come la terra. Nietzsche e la saggezza della complessita', Annali
della Facolta' di Lettere e filosofia di Palermo. Studi e ricerche, Palermo
1995; Dialoghi attraverso i Greci. Idee per lo studio dei classici in una
societa' piu' libera, Gelka, Palermo 1997; (a cura di), Guerra, cultura e
nonviolenza, "Seminario Nonviolenza", Palermo 1999; Manuale di lotta
nonviolenta al potere del sapere (per studenti e docenti delle facoltà di
lettere e filosofia), "Seminario Nonviolenza", Palermo 2000; Tra comunita' e
violenza. Conoscenza, logos e razionalita' nella Grecia antica, Carocci,
Roma 2001; Saggio sul saggio scientifico per le facolta' umanistiche. Ovvero
caratteristiche di un genere letterario accademico (in cinque movimenti),
"Seminario Nonviolenza", Palermo 2001; Filosofia e comunicazione.
Musicalita' della filosofia antica, in V. Ando', A. Cozzo (a cura di),
Pensare all'antica. A chi servono i filosofi?, Carocci, Roma 2002, pp.
87-99; Sapere e potere presso i moderni e presso i Greci antichi. Una
ricerca per lo studio come se servisse a qualcosa, Carocci, Roma 2002;
Lottare contro la riforma del sistema scolastico-universitario. Contro che
cosa, di preciso? E soprattutto per che cosa?, in V. Ando' (a cura di),
Saperi bocciati. Riforma dell'istruzione, discipline e senso degli studi,
Carocci, Roma 2002, pp. 37-50; Scienza, conoscenza e istruzione in Lanza del
Vasto, in "Quaderni Satyagraha", n. 2, 2002, pp. 155-168; Dopo l'11
settembre, la nonviolenza, in "Segno" n. 232, febbraio 2002, pp. 21-28;
Conflittualita' nonviolenta. Filosofia  e pratiche di lotta comunicativa,
Edizioni Mimesis, Milano 2004]

Mi abbono ad "Azione nonviolenta" per diverse ragioni.
Perche' psicologicamente mi fa stare bene sapere di stare contribuendo al
sostegno della rivista, fondata da Aldo Capitini, che da' sostegno alla
nonviolenza.
Perche' so che se voglio far conoscere la nonviolenza, me ne devo fare
carico concretamente.
Perche' leggendola mi arrivano tante informazioni sulle iniziative
nonviolente nel mondo che altrimenti non conoscerei. E dico davvero.
Perche' mi aiuta ad avere idee su cio' che posso fare in prima persona per
rendere me stesso e la societa' meno violenti.
Perche' mi serve a sentirmi, e ad essere, in contatto con chi cerca di agire
alla luce dei  principi che anch'io tento di seguire.
Perche' sento che  essa costruisce comunita'.
Perche' e' un modo di dire grazie a coloro che ci lavorano in prima persona
e di pregarli di continuare a farlo.

3. STRUMENTI. DANIELE LUGLI: MI ABBONO AD "AZIONE NONVIOLENTA" PERCHE'...
[Ringraziamo Daniele Lugli (per contatti: daniele.lugli at libero.it) per
questo intervento. Daniele Lugli e' il segretario nazionale del Movimento
Nonviolento, figura storica della nonviolenza, unisce a una lunga e limpida
esperienza di impegno sociale e politico anche una profonda e sottile
competenza in ambito giuridico ed amministrativo, ed e' persona di squisita
gentilezza e saggezza grande]

MI abbono ad "Azione nonviolenta" perche':
- e' sicuramente una buona azione, e non e' facile trovarne a cosi' basso
costo;
- e' un segno di compresenza, collega chi e' scomparso alla nostra vita, da
Aldo Capitini a Birgitta Ottoson, a me e ai giovani che non li hanno
conosciuti;
- se la sua sopravvivenza e', dice Mao, un segno di provvidenza, anch'essa
va aiutata;
- e' un filo tenace tra le amiche e gli amici della nonviolenza;
- e' fatta con cura e amore;
- quando arriva e' una festa;
- ricordo quando l'abbiamo sognata, a Perugia nel '63, e i volti delle
persone attorno ad Aldo;
- bisogna che viva per crescere, migliorare, essere apprezzata.

4. STRUMENTI. BEPPE PAVAN: MI ABBONO AD "AZIONE NONVIOLENTA" PERCHE'...
[Ringraziamo Beppe Pavan (per contatti: carlaebeppe at libero.it) per questo
intervento. Beppe Pavan e' impegnato nella bellissima esperienza nonviolenta
della comunita' di base e del "gruppo uomini" di Pinerolo, ed in tante altre
esperienze di pace e di solidarieta']

Perche' e' un'ottima compagna di strada.
Io ho scelto, ormai da molti anni, di camminare sul sentiero di nuove
relazioni tra uomini e donne, coltivando in me la convinzione che si tratti
davvero della relazione fondante e fondamentale.
L'esperienza mi dice che da quando cerco di vivere con nonviolenza, rispetto
e convivialita' delle differenze la relazione con la mia compagna, sono piu'
attento anche alle altre relazioni: con le persone e con l'ambiente, con la
natura e con il paesaggio, con la storia e con la Sorgente della Vita e
dell'amore...
Poi mi accade anche di desiderare che cresca il numero di uomini che si
mettano in cammino sugli stessi sentieri, ognuno a modo suo, ma con
altrettanta consapevolezza. E qui ho maturato la convinzione che questa
strada non si puo' fare che collettivamente, in gruppo, perche' e'
collettiva la responsabilita' del genere maschile nel generare e nel
perpetuare violenza e dominio nel creato, da quando il patriarcato si e'
imposto.
"Azione nonviolenta" e' preziosa compagna di strada e lo sara' sempre di
piu' se contribuira' a seminare anche questi semi di consapevolezza: gli
uomini non prenderanno piu' il fucile quando impareranno a stare nelle
relazioni con amore e cura, cominciando dalla relazione fondamentale e di
tutti, quella con la donna, con la propria compagna, con la madre, la
sorella, la collega...
Buon cammino.

5. STRUMENTI. UNA BUONA AZIONE. NONVIOLENTA
"Azione nonviolenta" e' la rivista mensile del Movimento Nonviolento fondata
da Aldo Capitini nel 1964, e costituisce un punto di riferimento per tutte
le persone amiche della nonviolenza. La sede della redazione e' in via
Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail:
azionenonviolenta at sis.it, sito: www.nonviolenti.org; l'abbonamento annuo e'
di 25 euro da versare sul conto corrente postale n. 10250363, oppure tramite
bonifico bancario o assegno al conto corrente bancario n. 18745455 presso
BancoPosta, succursale 7, agenzia di Piazza Bacanal, Verona, ABI 07601, CAB
11700, intestato ad "Azione nonviolenta", via Spagna 8, 37123 Verona,
specificando nella causale: abbonamento ad "Azione nonviolenta".

6. MATERIALI. ROCCO ALTIERI: L'AGGIUNTA NONVIOLENTA AL PACIFISMO
[Ringraziamo Rocco Altieri (per contatti: roccoaltieri at interfree.it) per
averci messo a disposizione l'editoriale di presentazione del n. 4 del
dicembre 2003 dei "Quaderni Satyagraha", la prestigiosa pubblicazione di cui
e' curatore. Rocco Altieri e' nato a Monteleone di Puglia, studi di
sociologia, lettere moderne e scienze religiose presso l'Universita' di
Napoli, promotore degli studi sulla pace e la trasformazione nonviolenta dei
conflitti  presso l'Universita' di Pisa, docente di Teoria e prassi della
nonviolenza all'Universita' di Pisa, dirige la rivista "Quaderni
satyagraha". Tra le opere di Rocco Altieri segnaliamo particolarmente La
rivoluzione nonviolenta. Per una biografia intellettuale di Aldo Capitini,
Biblioteca Franco Serantini, Pisa 1998. Per abbonarsi ai "Quaderni
Satyagraha" (per contatti: tel. 050542573, e-mail:
roccoaltieri at interfree.it, sito: pdpace.interfree.it): abbonamento annuale
30 euro da versare sul ccp 19254531, intestato a Centro Gandhi, via S.
Cecilia 30, 56127 Pisa, specificando nella causale "Abbonamento Satyagraha"]

Il progetto editoriale, gia' tracciato nella carta di intenti pubblicata
nella presentazione al primo dei "Quaderni Satyagraha", trova la sua messa a
fuoco col procedere delle pubblicazioni.
Arrivati al numero 4, vogliamo ora contribuire a caratterizzare meglio cio'
che il metodo nonviolento offre in piu' rispetto alle posizioni del
"generico pacifismo".
Pacifismo e nonviolenza, infatti, pur occupando un'area per tanti aspetti
affine e contigua, non sono sinonimi. Per meglio definirne le differenze,
senza generare contrapposizioni, si parla, riprendendo il linguaggio
capitiniano, di una possibile "aggiunta nonviolenta" al pacifismo, che
potrebbe indurre nella cultura del movimento per la pace maggiore
consapevolezza degli obiettivi, della relazione tra fini e mezzi  e, quindi,
una maggiore efficacia nell'azione. Come ha scritto Capitini si tratta di:
"Affermare e praticare un'aggiunta (...), l'intensita' di un di piu', di uno
sviluppo di vita morale, religiosa, culturale, piu' profonda, che alimenti
con la sua tensione gli stessi problemi che sembrano soltanto politici, come
l'unita' tra Oriente e Occidente, il disarmo, il pieno impiego" (1).
*
Il primo equivoco da chiarire e dissipare e' che la nonviolenza possa
nascere da un desiderio borghese di sicurezza e di pace. Scrive Capitini:
"E' un errore credere che la nonviolenza sia pace, ordine, lavoro e sonno
tranquillo, matrimoni e figli in abbondanza, nulla di spezzato nelle case,
nessuna ammaccatura nel proprio corpo. La nonviolenza non e' l'antitesi
letterale e simmetrica di guerra: qui tutto infranto, li' tutto intatto. La
nonviolenza e' guerra anch'essa, o per dir meglio, lotta, una lotta continua
contro le situazioni circostanti, le leggi esistenti, le abitudini altrui e
proprie, contro il proprio animo e il subconscio, contro i propri sogni, che
sono pieni, insieme, di paura e di violenza disperata. La nonviolenza
significa esser preparati a vedere il caos intorno, il disordine sociale, la
prepotenza dei malvagi, significa prospettarsi una situazione tormentosa. La
nonviolenza fa bene a non promettere nulla del mondo, tranne la croce" (2).
Il secondo equivoco risiede nell'idea che la nonviolenza sia acquiescenza
verso l'ingiustizia, non contestazione di  quella violenza strutturale,
cristallizzata in secoli di dominio e di privilegi. La nonviolenza, in
realta', e' rivoluzionaria, la piu' radicale forma di rivoluzione:
"Bisogna aver ben chiarito che la nonviolenza non colloca dalla parte dei
conservatori e dei carabinieri, ma proprio dalla parte dei propagatori di
una societa' migliore, portando qui il suo metodo e la sua realta'. Il
nonviolento che si fa cortigiano e' disgustoso: migliore e' allora il
tirannicida, Armodio, Aristogitone, Bruto. Due grandi nonviolenti come Gesu'
Cristo e San Francesco si collocarono dalla parte degli umiliati e degli
offesi. La nonviolenza e' il punto della tensione piu' profonda del
sovvertimento di una societa' inadeguata" (3).
Il  terzo equivoco, infine,  nasce dal credere che la nonviolenza induca
alla rassegnazione e alla passivita'. Al contrario, scrive Capitini:
"Il nonviolento deve essere attivissimo sia per conoscere le ragioni della
nonviolenza, per individuare la violenza implicita che si ammanta di
legalita' e smascherarla impavidamente; sia per supplire all'efficacia dei
mezzi violenti con il moltiplicarsi dei mezzi nonviolenti, facendo come le
bestie piccole che sono le piu' prolifiche (e anche sopravvivono alle specie
delle bestie grandi); sia per vincere l'accusa e il pericolo intimo che la
nonviolenza venga scelta perche' meno faticosa e meno rischiosa: il
nonviolento deve portarsi alla punta di ogni azione, di ogni causa
giusta..." (4).
La nonviolenza sviluppa una instancabile critica della societa', denuncia
l'errore degli attuali modelli di sviluppo dominanti nel mondo, sollecita a
un cambiamento degli stili di vita, attiva sempre nuove aperture, ma ritiene
che la leva del cambiamento non vada cercata all'esterno, ma all'interno
dell'uomo, nell'interiorita' della sua coscienza, mettendo sempre, alla
radice dell'agire, la persuasione nell'unita'-amore, per cui  cio' verso cui
si tende influisce sugli altri, pur lontani:
"Un principio che sta dentro l'atto della nonviolenza e' la potente
sollecitazione dell'impegno della propria persona. La radice della
nonviolenza sta nell'essere nonviolento, internamente, prima dell'atto
rivolto agli altri; e anche questo conferma che la nonviolenza non e' un
atto puntuale, ma una disposizione, una formazione, un'educazione,
un'intenzione, un insieme. Se la nonviolenza e' promovimento della tua
razionalita', della tua bonta', della tua spiritualita' superiore, bisogna
che io anzitutto mi tenda alla mansuetudine e alla ragionevolezza. Non si
puo' insegnare la nonviolenza con l'odio e le fucilate" (5).
*
Nel volere connotare l'attitudine e il carattere della nonviolenza, Capitini
ricorre di frequente all'immagine di una madre. La nonviolenza, scrive, e'
la "continua apertura materna dell'uno verso l'altro (finalita' religiosa)"
(6):
"Del resto, io penso che sempre nei riguardi di un essere umano debbo
richiamarmi a un punto interno in cui io mi senta madre di lui; che debbo
abituarmi a costituire costantemente questo atteggiamento nel mio intimo;
che, insomma, almeno per una volta, esaurite e sfogate se si vuole, tutte le
altre possibilita', io debbo domandarmi: Ma mi sono anche considerato pur
per un istante madre di costui? Come agirei se fossi sua madre, certo una
madre non stolta, ma pronta a vedere che cosa c'e' a favore di lui, a
sperare per lui?" (7).
Questa visione religiosa della nonviolenza non deve far pensare a una caduta
nel sentimentalismo, e sicuramente non e' in contrasto con una auspicata
estensione della razionalita'. La nonviolenza, infatti, ha fiducia nella
capacita' che ha l'essere umano di giungere a una decisione razionale, di
saper scegliere alternative diverse dal ricorso alla violenza e alla guerra.
Il significato religioso della nonviolenza sta proprio nel preparare un
tipo di razionalita' altruistica, nel prefigurare un'altra realta', dove
l'uso del metodo nonviolento acquista il significato di espiazione,
sacrificio che uno fa per redimere l'altro dal suo errore:
"... la nonviolenza presenta l'atto religioso di portare a proprio
sacrificio il male altrui: tu metti il male, ed io metto il bene. Cosi' e'
nelle rivoluzioni, nelle quali quanto piu' esse tengono presente il fine a
cui tendono, tanto piu' riducono l'uso della violenza, e quando non fanno
questo, la nonviolenza aggiunge l'attuazione di un metodo rivoluzionario
diverso che mira meno all'eliminazione degli ostacoli esteriori che alla
formazione di un animo migliore, e alla pressione che da questo deriva nella
persuasione del nuovo e nella noncollaborazione con le forze vecchie" (8).
*
Il quaderno, che qui si presenta, si articola  nella ponderosa successione
di cinque parti. La prima analizza storicamente il modo in cui Gandhi si e'
rapportato col pacifismo e come oggi il metodo nonviolento si pone di fronte
alle piu' gravi crisi internazionali. Nella seconda sono compresi i lavori
utili alla studio dei conflitti in corso. Nella parte centrale si esamina il
contributo che il metodo nonviolento introduce nella microconflittualita'
sociale (scolastica e giudiziaria). La quarta sezione e' dedicata alla
metodologia degli studi per la pace. Si chiude, infine, con un saggio
dedicato al pensiero di Aldo Capitini, cui e' dedicata la copertina del
quaderno.
*
Il primo saggio, Gandhi e il pacifismo, di Peter Brock, e' fondamentale per
comprendere l'evoluzione dell'atteggiamento tenuto dal Mahatma di fronte
alla guerra, nelle varie fasi della sua vita. Si  mostra come per Gandhi la
nonviolenza sia ben lontana dall'essere una dottrina del non-intervento e
del mantenimento dello statu quo, interno e internazionale. La nonviolenza
non ha nulla a che vedere con la codardia e la vilta', ma  e' la ricerca
costante di un metodo alternativo per affermare relazioni di giustizia tra
le classi sociali e  tra le nazioni.
Lo studio di Arno Truger, La sfida dell'intervento civile nelle crisi,
riporta all'attualita' l'intenzione di Gandhi di attivare alternative
nonviolente agli eserciti, esaminando le condizioni e le possibilita'
dell'intervento civile per impedire concretamente che aumenti il livello di
tensione e di violenza delle crisi o, meglio ancora, per  contribuire ad una
loro trasformazione nonviolenta.
Seguono alcune analisi utili alla studio dei conflitti in corso.
Economia di guerra. Gli interessi economici statunitensi dietro le guerre
del nuovo millennio, di Maria Turchetto, svela gli interessi economici
statunitensi dietro le guerre degli ultimi vent'anni: ricostruisce la
strategia di controllo delle fonti energetiche a livello mondiale, analizza
il ruolo "finanziario" del petrolio, esamina infine la peculiare struttura
dell'industria americana, il cui settore trainante e' costituito - a partire
dalla seconda guerra mondiale - dall'industria militare. Il carattere di
vera e propria economia di guerra che ne risulta mostra come gli Stati Uniti
rappresentino una minaccia perenne per la pace.
Sicurezza e conflitti armati. Risultati del rapporto Sipri 2003, di Martina
Pignatti Morano, offre una sintesi dei risultati contenuti nell'annuale
Yearbook del Sipri. A partire dall'introduzione del direttore del Sipri, si
analizza il concetto di sicurezza attualmente in discussione nel mondo
secondo i diversi approcci delle grandi potenze al tema (che hanno
influenzato pesantemente l'andamento dei maggiori conflitti armati dopo l'11
settembre 2001), valutando i rischi non-militari correlati al problema
sicurezza. Presenta, poi, i dati dell'Uppsala University sui conflitti nel
2002, con riferimento alla distribuzione geografica e alla violenza dei
conflitti, e al trend da essi seguito dalla fine della guerra fredda,
1990-2002; analizza la dinamica seguita nel 2002 da quattro conflitti
inaspritisi: Nepal, Colombia, Cecenia, Palestina, e da quattro conflitti in
via di risoluzione nel 2002: Sri Lanka, Congo, Somalia, Sudan. Approfondisce
le dinamiche dell'intervento armato in Afghanistan e soprattutto la
situazione attuale, con le forze Isaf sotto il comando Nato.  Descrive,
infine, le dinamiche del conflitto tra Pakistan e India in cui ridiventa
tragicamente fondamentale il ruolo delle armi atomiche.
Nel saggio Uno strumento per la ricerca sulla pace: la raccolta di dati sui
conflitti, Leila Lisa D'Angelo, dopo un breve cenno sulle applicazioni di
metodi matematici allo studio della guerra e dei conflitti,  presenta alcuni
attuali progetti di raccolta e analisi di dati sui conflitti. Lo scopo di
questi progetti si puo' riassumere nella ricerca delle cause delle guerre e
dei conflitti e di come possano essere eliminate, sebbene ciascuno di essi
punti l'attenzione su aspetti diversi.
*
Nella parte centrale del quaderno dai macroconflitti internazionali si passa
ad esaminare il contributo che il metodo nonviolento introduce nella
microconflittualita' sociale.
Con il saggio Una prospettiva di speranza: la giustizia rigenerativa,
Marinetta Cannito e Howard Zehr presentano i principi-guida che ispirano un
nuovo modo di gestire i processi giudiziali per i crimini commessi che
prende il nome negli Usa di Restorative Justice (qui tradotto con giustizia
rigenerativa). Il programma mira a incoraggiare collaborazione e
reintegrazione, invece di coercizione e isolamento, facilitando, per quanto
possibile, opportunita' di dialogo, diretto o indiretto, tra vittime e
aggressori, e coinvolgendo le comunita' colpite dal crimine, riconoscendo la
necessita' della loro partecipazione nel processo giudiziario, in modo da
favorire la loro capacita' di analizzare le cause del crimine e di
prevenirlo.
Sociologia della mediazione educativa: orizzonti pacifici di relazione, di
Maurizio Lozzi, affronta il tema della mediazione nell'ambiente scolastico.
Se fino al secolo scorso la scuola veniva esclusivamente ritenuta solo
un'istituzione deputata a diffondere alfabetizzazione alla cultura, le
dinamiche conflittuali che oggi la investono e che contribuiscono a
cristallizzare al suo interno gran parte delle tensioni che si manifestano
nella societa', richiedono un'indispensabile rafforzamento delle sue
responsabilita' educative e sociali. Deve crescere nella scuola - e quindi
anche nell'universita' e negli altri sistemi sociali - l'esigenza di
reintrodurre dinamiche relazionali fondate su una cultura dell'incontro, del
rispetto, dell'accettazione e della solidarieta'. C'e' bisogno, in sostanza,
di (ri)generare nelle relazioni interpersonali di ogni giorno spazi di
accoglienza e di ascolto necessari per recuperare buone prassi di
comunicazione, in grado di far emergere un linguaggio emozionale autentico
sul quale edificare, oltre che metodi di insegnamento diversi dalla semplice
concezione nozionistica, anche nuove modalita' di relazione, piu' vicine al
recupero di quelle attitudini umane indispensabili a ricondurre le relazioni
su basi di buon senso e di chiarezza comunicativa. L'approccio sociologico
clinico offerto dalla mediazione pacifica, consensuale e nonviolenta dei
conflitti, entrato da qualche anno in alcune scuole grazie a specifici
progetti, si e' rivelato l'enzima ideale per immunizzare da tensioni e
violenze climi scolastici altrimenti caratterizzati da prepotenze,
aggressivita', isolamento e - inevitabilmente - conflitti.
*
La sezione finale del quaderno e' dedicata alla metodologia degli studi per
la pace.
Nel saggio Una storia per la pace, rielaborazione di una relazione
presentata in occasione dei festeggiamenti per il settantesimo anno del
prof. Alberto L'Abate, Enrico Peyretti si chiede quale modo di concepire e
raccontare la storia contribuisce alla pace, quale sentimento di fronte alla
storia umana e, di conseguenza, quale ricerca storica contribuiscono alla
pace. Si trova cio' che si cerca. L'opzione morale della universale regola
d'oro (non fare agli altri quel che non vorresti fosse fatto a te - in
negativo -; fai agli altri quel che desideri che gli altri facciano a te -
in positivo -) guida la ricerca e l'intelligenza storica, fa scoprire fatti
di pace nel passato umano, incoraggia ed impegna nella costruzione del
futuro.
Per una metodologia costruttivista degli studi per la pace, di Alberto
L'Abate, traccia il profilo epistemologico delle Scienze per la Pace, una
volta sospettate dall'Accademia di non essere sufficientemente  avalutative,
ricorrendo ampiamente alle elaborazioni metodologiche di Galtung, che nella
ricerca sociale accoglie i valori a fianco dei dati e delle teorie. L'Abate
propone di utilizzare metodologie didattiche che stimolino l'allievo ad
essere attivo, e non solo un ricettore delle "trasmissioni" dall'alto dei
docenti (e' il cosiddetto approccio maieutico), prevedendo anche il
coinvolgimento attivo delle persone coinvolte in un conflitto nelle
attivita' di ricerca e di risoluzione dello stesso.
Strategie della difesa popolare nonviolenta, di Antonino Drago, illustra il
primo corso universitario su questo argomento, presentandone le motivazioni,
il contesto accademico, l'indirizzo di studio e metodologico ed i suoi
contenuti: le difese alternative all'assurda difesa nucleare, la storia
della difesa popolare nonviolenta, la sua fondazione all'interno della
teoria dei conflitti, i suoi strumenti e le strategie, i suoi termini
giuridici, in particolare quelli dell'Onu e quelli italiani che sono
particolarmente avanzati, il dopo-1989 per la sua situazione istituzionale e
di movimento. In particolare, si sottolinea come la difesa popolare
nonviolenta sia collegata con la novita' politica della scelta di uno
sviluppo alternativo, in funzione di un nuovo modello di sviluppo.
Il saggio Musica e interculturalita': un cammino verso la pace, di Rodolfo
Venditti, sostiene come nell'educare alla comprensione della
interculturalita' musicale si contribuisce alla costruzione della pace.
Evidenzia l'importanza che la musica riveste nel facilitare il dialogo tra
diverse culture e sottolinea quanto un'educazione musicale interculturale
possa dare un forte contributo alla costruzione della pace. Numerosi esempi
di autori europei che composero tra il '500 ed il '900, operando
contaminazioni con la musica balcanica, amerinda, afroamericana, russa,
cinese, jazzistica, dimostrano quanto siano necessarie una conoscenza e
passione profonde per la cultura "altra", affinche' queste operazioni
risultino efficaci e coinvolgenti, e non meri esperimenti dettati dalla
"moda" dell'esotismo.
Infine, un saggio dedicata al pensiero di Aldo Capitini, cui e' dedicato
questo quaderno.
In La storia si apre? Note sull'idea di storia in Aldo Capitini,
Massimiliano Fortuna analizza il Capitini filosofo e pensatore religioso,
con l'intenzione di giungere a qualche, pur provvisoria, conclusione sulla
"compresenza" capitiniana intesa quale risorsa escatologica della storia.
Partendo dal confronto che Capitini instaura con lo storicismo
hegelo-crociano e con l'esistenzialismo di Kierkegaard e Michelstaedter si
cerca di mostrare quanto la capitiniana riflessione sulla storia si richiami
a queste due correnti e quanto se ne distanzi con la sua idea di un mondo
storico passibile, attraverso la nonviolenza, di redenzione assoluta.
*
Note
1. Aldo Capitini, Aggiunta religiosa all'opposizione, Firenze, Parenti
editore, 1958, pp. 272-3.
2. Aldo Capitini, Il problema religioso attuale, in Scritti sulla
nonviolenza, Perugia, Protagon, 1992, p. 21.
3. Ibid., pp. 23-4.
4. Ibid., p. 24.
5. Ibid., p. 30.
6. Aldo Capitini, Italia nonviolenta, in op. cit., p. 76.
7. Aldo Capitini, Il problema religioso attuale, in op. cit., p. 27.
8. Ibid., pp. 34-5.

7. RIFLESSIONE. MAO VALPIANA: OBIEZIONE IERI, OGGI, DOMANI
[Ringraziamo Mao Valpiana (per contatti: azionenonviolenta at sis.it) per
averci messo a disposizione il testo dell'intervento seguente, scritto per
la bella rivista "Sempre" della Comunita' Papa Giovanni XXIII. Mao (Massimo)
Valpiana e' una delle figure piu' belle della nonviolenza in Italia; e' nato
nel 1955 a Verona dove vive ed opera come assistente sociale e giornalista;
fin da giovanissimo si e' impegnato nel Movimento Nonviolento (si e'
diplomato con una tesi su "La nonviolenza come metodo innovativo di
intervento nel sociale"), e' membro del comitato di coordinamento nazionale
del Movimento Nonviolento, responsabile della Casa della nonviolenza di
Verona e direttore della rivista mensile "Azione Nonviolenta", fondata nel
1964 da Aldo Capitini. Obiettore di coscienza al servizio e alle spese
militari ha partecipato tra l'altro nel 1972 alla campagna per il
riconoscimento dell'obiezione di coscienza e alla fondazione della Lega
obiettori di coscienza (Loc), di cui e' stato segretario nazionale; durante
la prima guerra del Golfo ha partecipato ad un'azione diretta nonviolenta
per fermare un treno carico di armi (processato per "blocco ferroviario", e'
stato assolto); e' inoltre membro del consiglio direttivo della Fondazione
Alexander Langer, ha fatto parte del Consiglio della War Resisters
International e del Beoc (Ufficio Europeo dell'Obiezione di Coscienza); e'
stato anche tra i promotori del "Verona Forum" (comitato di sostegno alle
forze ed iniziative di pace nei Balcani) e della marcia per la pace da
Trieste a Belgrado nel 1991; un suo profilo autobiografico, scritto con
grande gentilezza e generosita' su nostra richiesta, e' nel n. 435 del 4
dicembre 2002 di questo notiziario]

Una sera d'inverno del 1891, a Mosca, il conte Leone Tolstoj vide una
guardia municipale che trattava brutalmente un mendicante. Egli interpello'
il funzionario chiedendogli: "Hai mai letto il Vangelo?". Al che il
poliziotto rispose: "E tu, non conosci il nostro regolamento?". Tutto il
problema dell'obiezione di coscienza e' contenuto, in piccolo, in questo
dialogo. Quando la regola sociale non coincide con la regola morale, si
creano le condizioni dell'obiezione di coscienza.
Il contenuto fondamentale dell'obiezione di coscienza e' il rifiuto di una
legge, o di un ordine costituito, quando questi vogliono nascondere o far
accettare situazioni di violenza, di ingiustizia o di oppressione.
La legge che riconosce per la prima volta in Italia l'obiezione di coscienza
al servizio militare (odc), e avvia il servizio civile sostitutivo, e' stata
approvata nel dicembre 1972.
Da allora l'odc e' stata pero' ridotta ad un affare privato tra gli
obiettori e il Ministero della Difesa. Prima dell'approvazione di questa
legge, quando gli obiettori venivano condannati ed andavano in prigione,
ogni obiettore di coscienza richiamava l'attenzione dell'opinione pubblica e
imponeva il dibattito sui problemi nuovi che essa richiamava.
Negli anni '70-'71 la spinta antimilitarista sull'opinione pubblica e' stata
fortissima, soprattutto per il numero crescente di giovani, laici e
cattolici, che rifiutavano di indossare la divisa, subivano il processo nei
tribunali militari e venivano condannati e rinchiusi nelle carceri militari
di Peschiera, Gaeta, Forte Boccea.
Nel 1972 una notevole pressione dal basso, coordinata dal Movimento
Nonviolento e dal Partito Radicale (marce, manifestazioni, sit-in, ma
soprattutto un lungo digiuno di 39 giorni di Alberto Gardin e Marco
Pannella) costringe finalmente il Parlamento ad affrontare la discussione.
Si arriva cosi' all'approvazione della famosa legge Marcora del dicembre
1972, che e' il primo riconoscimento giuridico dell'obiezione di coscienza
in Italia. Il 31 dicembre 1972 tutti gli obiettori ancora in carcere vengono
scarcerati. La stampa sottolinea trionfalisticamente la "grande conquista di
civilta'". Ma cosi' non era. Il numero di dicembre 1972 di "Azione
nonviolenta" titolava "Votata la legge truffa". Quegli stessi obiettori, a
cui questa legge apre le porte del carcere, sono i primi a restare
insoddisfatti, a denunciarne i limiti, le contraddizioni, il carattere
punitivo. Il servizio civile viene inteso come "sostitutivo" del militare, e
non "alternativo". Gli obiettori restano militarizzati e sottoposti al
regime del Ministero della Difesa, considerati come cittadini di serie B.
La legge appena votata stabiliva in modo restrittivo: 1) i tempi entro i
quali i giovani potevano dichiararsi obiettori e far domanda di
riconoscimento sulla base di motivi religiosi, etici, morali; 2)
l'accertamento della sincerita' e fondatezza delle motivazioni affidato ad
una commissione ministeriale; 3) l'obbligo di svolgere un servizio civile
otto mesi piu' lungo di quello militare.
Nel gennaio 1973 viene costituita la Loc (Lega Obiettori di Coscienza),
nella cui Carta programmatica si legge: "Questa legge e' inadeguata,
repressiva, discriminatrice, punitiva, ma rappresenta una prima conquista
che va utilizzata, violata, superata perche' la lotta riprenda piu' dura,
piu' vasta, meno costosa, e numericamente piu' consistente".
La Commissione che in base alla legge deve accertare "la validita' dei
motivi addotti dagli obiettori", riunitasi per la prima volta il 25 gennaio,
su 29 domande esaminate ne respinge 9, perche' la loro domanda ricalcava un
modello in cui si portavano motivazioni esclusivamente politiche. Agli
stessi viene subito consegnata la cartolina precetto con l'invito a
presentarsi al Centro addestramento reclute di destinazione.
Su questo fronte decisiva e' stata la reazione della Loc che, con iniziative
che hanno ampio risalto sulla stampa italiana ed estera, costringe il
Ministro della Difesa a ritirare le cartoline precetto agli obiettori non
riconosciuti. In dicembre un centinaio di obiettori riconosciuti fino a quel
momento ricevono la cartolina precetto con l'ordine di presentarsi presso i
Vigili del fuoco per prestare il servizio civile sostitutivo. Da parte loro
40 obiettori comunicano al Ministro la loro indisponibilita' a svolgere il
servizio nei pompieri, chiedendo la piena applicazione della legge, che
prevede diversi servizi sostitutivi adeguati alle capacita' e disponibilita'
di ciascun obiettore.
Di fronte a questa decisa resistenza il Ministro revoca per tutti gli
obiettori l'ordine di presentarsi, facendo capire di essere ormai disposto a
stipulare le convenzioni come previsto dalla legge.
E' a questo punto che la Loc conquista per tutti gli obiettori il diritto
all'autodeterminazione e autogestione del servizio civile. Il Ministero
della Difesa cede, lasciando il servizio civile in completa gestione alla
Loc, che si impegna a individuare forme di servizio civile adeguate presso
enti e organizzazioni disponibili ad accogliere obiettori e a predisporre un
programma.
Nei fatti si individuarono e si svilupparono tre filoni di servizio civile:
1) negli enti pubblici dove gli obiettori potevano inserirsi come "operatori
sociali";
2) nei sindacati, che offrivano agli obiettori ipotesi di lavoro allettanti;
3) negli  enti privati e religiosi operanti nel campo dell'assistenza ai
portatori di handicap, agli anziani, ecc.
Per qualificare le prime esperienze di servizio civile, gli obiettori della
Loc "inventano" i corsi di formazione. Come il servizio militare "raddrizza
la schiena", come diceva un luogo comune, cosi' il servizio civile
"raddrizzera' il cervello". Nel periodo di formazione sara' l'obiettore
stesso a confrontarsi con idee e proposte, a maturare la scelta di un
servizio civile piu' adatto alle sue capacita' e piu' rispondente alle sue
aspirazioni.
Il primo corso di formazione, della durata di un mese, si tiene nel 1974
presso la Comunita' di Capodarco di Roma. Obiettivo del corso e' individuare
un progetto di utilizzazione degli obiettori nel campo dell'assistenza. Tra
i temi privilegiati del corso: analisi del potere militare e della sua
ideologia, antimilitarismo, nonviolenza, politiche sociali ed economiche,
problemi dell'assistenza e metodologie alternative, difesa dell'ambiente,
animazione culturale.
Negli anni successivi, fino al 1978, ci furono molti altri corsi, per i
quali si riusci' anche ad ottenere il finanziamento da parte del Ministero.
Giunti nei vari enti, gli obiettori cercano di inserirsi secondo le loro
aspirazioni e le modalita' scaturite dai corsi. Lasciandosi coinvolgere
nell'opera di assistenza scoprono una nuova patria da servire. Ma diventava
sempre piu' difficile trovare enti qualificati e in sintonia con lo spirito
degli obiettori. Nuovi enti, scavalcando e ignorando l'organizzazione degli
obiettori antimilitaristi, presero l'iniziativa di rapporti diretti con il
Ministero della Difesa e imposero autoritariamente agli obiettori il lavoro
da fare, utilizzandoli anche in sostituzione del personale o in lavori
dequalificati di pura manovalanza.
Nel decennio '80-'90 il servizio civile si sviluppa sempre piu'
quantitativamente, ma deperisce qualitativamente. Ogni anno cresce il numero
di giovani che sceglie di svolgere il servizio civile, ma calano coloro che
sono motivati come obiettori di coscienza al militarismo. Fare il servizio
civile diventa un modo per "restare vicino a casa", e via via si perdono per
strada le motivazioni profonde dell'obiezione. Anche la Loc perde le
caratteristiche di associazione antimilitarista e si trasforma quasi in un
sindacato degli obiettori per rivendicazioni corporative.
Nel 1992 una nuova legge, gia' approvata dai due rami del Parlamento, venne
bocciata in dirittura di arrivo dall'allora Presidente della Repubblica
Cossiga, molto amico dei militari, che si rifiuto' di apporre la sua firma a
una legge che riconosceva i diritti degli obiettori. Dovranno passare altri
sei anni perche' si veda, nel 1998, una vera novita' nel campo
dell'obiezione di coscienza e del servizio civile. In quella data il Senato
italiano approvo' in via definitiva il testo della legge di riforma
dell'obiezione, che veniva a colmare le lacuna della vecchia legge del 1972.
Dopo 25 anni di lotte c'e' finalmente una "nuova legge" che riconosce
l'obiezione di coscienza come "diritto soggettivo". Il tribunale delle
coscienze e' abolito e piu' nessuno potra' valutare le motivazioni addotte
dall'obiettore. Viene introdotta la formazione civica e di addestramento
generale al servizio civile per gli obiettori e anche per i responsabili. Il
servizio viene scorporato dalle competenze del Ministero della Difesa. La
legge istituisce ufficialmente anche la sperimentazione di forme nonviolente
di soluzione dei conflitti e l'uso degli obiettori in missioni umanitarie in
zone di conflitto. La legge e' piu' avanzata della realta', che vede ancora
nella maggioranza dei casi un servizio civile dequalificato (gli obiettori
che fanno le fotocopie, persino bersagli dei comici, come i carabinieri
delle barzellette).
Ma lo scenario si modifica ulteriormente e molto velocemente. Il Parlamento
decide la "sospensione" della leva obbligatoria a partire dal 31 dicembre
2004.
La legge sull'obiezione di coscienza andra' dunque in soffitta senza neanche
essere stata completamente attuata. Cio' non toglie che i motivi fondanti
l'obiezione (quelli che facevano dire a Tolstoj rivolto al poliziotto in
divisa: "Hai mai letto il Vangelo?") non decadranno, anzi dovranno trovare
ancor piu' forza e sostanza per contrastare il nuove esercito di
professionisti che nascera' il primo gennaio 2005.
*
Postilla: Una cronologia
1972: 15 dicembre, approvazione della legge 772 (Legge Marcora).
Primo riconoscimento giuridico da parte dello Stato dell'obiezione di
coscienza; carattere punitivo e discriminatorio nei confronti degli
obiettori; istituzione di una commissione militare giudicante le motivazioni
di coscienza dell'individuo; equiparazione dell'obiettore al militare di
leva, compresi i provvedimenti disciplinari; maggiore durata del servizio
civile rispetto a quello militare.
1992: rifiuto da parte del Presidente della Repubblica (Cossiga) di apporre
il visto alla legge di riforma dell'obiezione di coscienza (Legge Guerzoni)
gia' approvata dalle due Camere.
1998: 8 luglio, approvazione delle legge 230.
Riconoscimento dell'obiezione di coscienza come diritto soggettivo;
abolizione della commissione militare giudicante; affermazione
dell'importanza della formazione degli obiettori e dei loro formatori;
istituzione dell'Ufficio per il Servizio Civile Nazionale, presso il
Dipartimento degli Affari Sociali della Presidenza del Consiglio e
trasferimento della gestione del servizio civile dal Ministero della Difesa
ad esso; inserimento e quindi riconoscimento giuridico della Difesa Popolare
Nonviolenta (sperimentazione di forme nonviolente di risoluzione dei
conflitti e uso degli obiettori in missioni umanitarie e per il mantenimento
della pace in zone di conflitto); adeguamento della durata del servizio
civile al servizio militare; difficolta' di applicazione  concreta della
legge, in particolare per quanto riguarda l'istituzione del nuovo Ufficio
Nazionale per il Servizio Civile e la sperimentazione della Difesa Popolare
Nonviolenta.
2000: 14 novembre, approvazione della legge 331.
Abolizione della leva obbligatoria a partire dal 2007 (poi anticipata al
2005) in vista dell'istituzione di un esercito professionale.
2001: 6 marzo, approvazione della legge 64.
Istituzione del Servizio Civile Nazionale su base volontaria; ammissione al
servizio civile delle ragazze e dei militesenti tra i 18 e i 26 anni (aperto
anche ai ragazzi dopo l'abolizione della leva); possibilita' di svolgere il
servizio anche all'estero.

8. FORMAZIONE. MARIA G. DI RIENZO: SPERANZA
[Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per
questo intervento. Maria G. Di Rienzo e' una delle principali collaboratrici
di questo foglio; prestigiosa intellettuale femminista, saggista,
giornalista, regista teatrale e commediografa, formatrice, ha svolto
rilevanti ricerche storiche sulle donne italiane per conto del Dipartimento
di Storia Economica dell'Universita' di Sidney (Australia); e' impegnata nel
movimento delle donne, nella Rete di Lilliput, in esperienze di solidarieta'
e in difesa dei diritti umani, per la pace e la nonviolenza; e' coautrice
dell'importante libro: Monica Lanfranco, Maria G. Di Rienzo (a cura di),
Donne disarmanti, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2003]

"Mi sento sopraffatto da quanto sta accadendo. Mi sento come se il mondo
stesse perdendo il controllo, e sento che non c'e' nulla che io possa fare".
Queste parole suscitano qualche eco in voi? Esprimono i sentimenti che
provate leggendo il giornale, guardando la tv, ascoltando le notizie alla
radio? Pensate di aver perduto la speranza?
Ma ecco, vedete, la speranza in effetti e' qualcosa che noi creiamo. Non
appare magicamente da una fonte esterna. Ciascuno di noi ha la capacita' di
generare speranza, ed e' importante percio' nutrirla, nella nostra vita e in
quella dei nostri bambini. Sappiate che voi avete il controllo sulla
possibilita' di possedere di nuovo la speranza.
1. Siate gentili con voi stessi. Pensate a cio' di cui avete bisogno per
sentirvi meglio, e cercate di darvelo. E' un caffe', una passeggiata, un po'
di riposo, leggere un libro? Qualsiasi cosa sia, datevi il permesso di
farla, anche se solo per pochi minuti. Sono piccoli momenti, ma sono momenti
in grado di accumulare energia, e di trasformare il sapore dei nostri
giorni.
2. Create un rituale del silenzio, che duri cinque minuti, ogni giorno:
accendente una candela, e a seconda della vostra preferenza meditate,
pregate o riflettete. Non e' necessario essere religiosi per fare questo
lavoro. Riflettere in silenzio davanti ad una candela accesa vi da' modo di
connettervi con la parte piu' profonda di voi.
3. Ogni giorno, prendetevi trenta secondi per osservare il cielo. Voi avete
problemi, il mondo ne ha, e il sole sorge ogni mattina nel cielo, e noi
siamo svegli e vivi. Il cielo puo' essere un talismano per ricostruire la
speranza: pensate alle altre persone che vivono in questo mondo, mentre
guardate il cielo, e pensate che tutti condividiamo questo pianeta e che
insieme siamo capaci di creare soluzioni ai problemi che ora esistono.
Abbiate fiducia in questo pensiero.
4. Esprimete l'amore concretamente, siate generosi di gesti d'amore.
Sorprendete un amico o un collega con un abbraccio, abbracciate e baciate i
vostri bambini, lasciate un bigliettino al vostro compagno o compagna,
esprimendo la vostra gratitudine per un suo atto gentile. E se la commessa
vi ha trattato davvero bene, in quel negozio, ringraziatela. Fare queste
cose aggiunge calore alle nostre vite ed alle vite delle persone attorno a
noi. E' un conforto essere donatori e ricevitori di gesti d'amore.
5. Pronunciate questa affermazione ogni giorno, e lasciate che vi guidi: "Io
sono un costruttore/una costruttrice di pace". Molti di noi credono,
sbagliando, che la pace possa venire solo da fuori di noi, da partiti o
istituzioni o cose comunque assai "piu' grandi". La pace comincia con ogni
individuo che la sceglie. E' importante che noi si sappia creare pace nei
momenti piccoli e grandi delle nostre vite, nelle nostre parole, nelle
nostre azioni.
6. Fate la differenza, ovvero andate oltre i vostri scopi normali: questa e'
la vostra opportunita' di vivere la piu' grande promessa di trasformazione.
Non aspettate. Ogni volta che noi facciamo la differenza nella vita di
qualcuno, creiamo speranza in noi stessi. Aiutare qualcuno in stato di
necessita', sia costui il vostro vicino o il bimbo orfano che vive in un
paese distante, aggiunge pace e speranza al mondo. I nostri gesti di cura,
di compassione, di amore, trasformano le nostre vite e le vite altrui.
Ognuno di noi e' la fonte della trasformazione. Sapere questo vi dara'
speranza.

9. STRUMENTI. IL "C.O.S. IN RETE" DI DICEMBRE
[Dall'Associazione nazionale amici di Aldo Capitini (per contatti:
capitini at tiscali.it, l.mencaroni at libero.it) riceviamo e diffondiamo]

Vi segnaliamo l'ultimo aggiornamento, di dicembre 2004, del "C.O.S. in
rete", nel sito www.cosinrete.it
Nello spirito del C.O.S. di Capitini, le nostre e le vostre risposte e
osservazioni a quello che scrive la stampa sui temi capitiniani:
nonviolenza, difesa della pace, liberalsocialismo, partecipazione al potere
di tutti, controllo dal basso, religione aperta, educazione aperta,
antifascismo.
Tra gli interventi: Gay e poverta'; Idraulici e pannolini; Il liberismo
illiberale; I crociati del Big Bang; I thriller evangelici; Voglio pagare; I
clandestini rispediti. Al Creatore; Un caso di nonviolenza concreta; Il
bilancio partecipato sconfitto a Porto Alegre; Juden raus; Ingrao e
Benettollo; Il potere di pochi; Donne illetterate; L'incultura dei
movimenti; L'Italia ignorata; I prefascisti;  ecc.
Piu' scritti di e su Capitini utili secondo noi alla riflessione attuale
sugli stessi temi.
Ricordiamo che sui temi capitiniani sopra citati la partecipazione al C.O.S.
in rete e' libera e aperta a tutti mandando i contributi all'indirizzo di
posta elettronica capitini at tiscali.it, come pure la discussione nel sito
blog del C.O.S., http://cos.splinder.com
Ricordiamo che il sito con scritti di e su Aldo Capitini ha cambiato
indirizzo in www.aldocapitini.it

10. RILETTURE. AGNES HELLER: TEORIA DEI SENTIMENTI
Agnes Heller, Teoria dei sentimenti, Editori Riuniti, Roma 1980, pp. 304.
Una delle opere della grande pensatrice ungherese che meriterebbe - come
molte sue altre - di essere riletta con rinnovata attenzione.

11. RILETTURE. GIULIANA SALADINO: TERRA DI RAPINA
Giuliana Saladino, Terra di rapina, Einaudi, Torino 1977, Sellerio, Palermo
2001, pp. 152, euro 7,75. Un libro che e' insieme inchiesta giornalistica,
storiografia profonda, saggio di riflessione, e appassionata limpida
scrittura, scrittura politica, scrittura autentica, impegno di verita' e
giustizia.

12. RILETTURE. ITALA VIVAN: CACCIA ALLE STREGHE NELL'AMERICA PURITANA
Itala Vivan, Caccia alle streghe nell'America puritana, Rizzoli, Milano
1972, pp. 758. Una ricostruzione e un'analisi di straordinario rigore
documentario e interpretativo del terribile fenomeno persecutorio nelle
colonie della Nuova Inghilterra lungo tutto il Seicento cosi' come emerge da
una ricognizione sistematica dei documenti originali. Un libro la cui
lettura vivamente raccomandiamo.

13. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

14. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, sudest at iol.it,
paolocand at inwind.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 778 del 14 dicembre 2004

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