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La nonviolenza e' in cammino. 645
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 645
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac@tin.it>
- Date: Sat, 16 Aug 2003 18:30:41 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO
Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it
Numero 645 del 17 agosto 2003
Sommario di questo numero:
1. Margherita Pieracci Harwell e Yukari Saito: una lettera a "La repubblica"
per ricordare Darina Silone
2. Severino Vardacampi: Darina e Ignazio
3. Il volto di Abele il 4 novembre
4. Amnesty International: si terra' il 27 agosto l'udienza d'appello per
Amina Lawal
5. Emanuel Anselmi: la Corte penale internazionale e i motivi
dell'avversione degli Stati Uniti (parte seconda e conclusiva)
6. Riccardo Orioles: "associazione a delinquere di stampo antimafioso"
7. Riletture: Domenico Canciani, Maria Ida Gaeta (a cura di), Album Simone
Weil
8. Riletture: Gabriella Fiori, Simone Weil
9. Riletture: Giancarlo Gaeta, Simone Weil
10. Riletture: Simone Petrement, La vita di Simone Weil
11. La "Carta" del Movimento Nonviolento
12. Per saperne di piu'
1. MEMORIA. MARGHERITA PIERACCI HARWELL E YUKARI SAITO: UNA LETTERA A "LA
REPUBBLICA" PER RICORDARE DARINA SILONE
[Ringraziamo di cuore Yukari Saito (per contatti: yukaris@tiscali.it) per
averci inviato questa lettera indirizzata al quotidiano "La repubblica" e
che non ci risulta sia stata li' pubblicata.
Margherita Pieracci Harwell, da sempre impegnata per la dignita' umana e la
nonviolenza, ha tradotto con Cristina Campo La source grecque di Simone
Weil. Alla fine degli anni '50 conobbe sia Silone che la madre della Weil,
ai quali e' poi rimasta sempre vicina. Avendo sposato un pastore americano,
anche lui studioso e traduttore della Weil, si trasferi' nel '65 negli Stati
Uniti; da allora insegna all'Universita' dell'Illinois a Chicago. Tra i suoi
scritti il libro di saggi sui contemporanei che si intitola, dal saggio
principale su Silone, Un cristiano senza chiesa, Studium, Roma 1991.
Yukari Saito e' una prestigiosa giornalista giapponese, da 19 anni in
Italia, vive in Toscana; amica della nonviolenza, da sempre impegnata per i
diritti umani e la pace, scrive sulla prestigiosa rivista "Internazionale"
ed altre testate; ha tradotto in giappponese Vino e pane e La scuola dei
dittatori.
Darina Laracy Silone, indimenticabile e tenerissima lottatrice per la
dignita' umana, la verita' e la nonviolenza, e' nata a Dublino il 30 marzo
1917, laureata in letteratura francese alla Sorbona di Parigi, conobbe
Silone tra gli esuli antifascisti a Zurigo durante la guerra e ne divenne
compagna, interlocutrice e collaboratrice preziosa, e traduttrice in inglese
e in francese; dalla fine della guerra viveva a Roma nella casa in cui aveva
abitato con Silone fino alla sua scomparsa nel 1978; e' deceduta il 25
luglio 2003; curatrice del lascito siloniano, alle sue cure si deve la
pubblicazione postuma dell'ultimo e incompiuto capolavoro siloniano,
Severina, presso Mondadori.
Ignazio Silone, nato come Secondino Tranquilli a Pescina dei Marsi, nel
cuore della Marsica, il primo maggio 1900; a quindici anni il terremoto lo
lascia orfano. Avviene allora l'incontro con don Orione, cui restera'
profondamente legato. Impegnato nel movimento socialista, al congresso di
Livorno del 1921 aderisce al Partito Comunista, di cui sara' dirigente nel
periodo della clandestinita'. Nel 1931, maturate posizioni antitotalitarie,
esce dal partito. Negli anni della guerra dirige il centro estero del
Partito Socialista. Dal '49 abbandona la militanza politica di partito e per
il futuro sara' - come dira' in un'intervista del '61 - "cristiano senza
chiesa e socialista senza partito". Nel 1950 viene fondato il movimento per
la liberta' della cultura, Silone fonda e dirige la sezione italiana. Nel
1956 con Nicola Chiaromonte fonda e dirige la rivista "Tempo presente".
Scompare il 22 agosto 1978. Strenuamente impegnato per la dignita' ed i
diritti degli oppressi, intransigentemente antitotalitario, la sua prima e
fondamentale opera letteraria, Fontamara, fu quasi un grido di battaglia per
l'antifascismo internazionale e ancora dopo e sempre per generazioni di
militanti impegnati per i diritti e la dignita' umana. Le recenti ricerche
storiografiche in quanto e quando apportino contributi utili e certi alla
conoscenza storica e all'acclaramento della verita' fattuale ed
esistenziale, non potranno che essere giovevoli e benvenute: la figura
dell'autore di Fontamara che dal travaglio e dal momento (il kairos) della
scelta antitotalitaria sempre piu' approfondi' e illimpidi' il suo impegno
per la giustizia e la dignita' umana, per la nonmenzogna e la nonviolenza,
nulla ne ha da temere nella sua grandezza e umanita'. Opere di Ignazio
Silone: Fontamara; Il fascismo, le sue origini e il suo sviluppo; Pane e
vino (poi: Vino e pane); La scuola dei dittatori; Il seme sotto la neve; Ed
egli si nascose; Una manciata di more; Il segreto di Luca; La volpe e le
camelie; Uscita di sicurezza; L'avventura di un povero cristiano; Severina;
si veda anche il Memoriale dal carcere svizzero. Tutte edite da Mondadori,
ad eccezione de: Il fascismo dalla Fondazione Silone, Ed Egli si nascose da
Staderini poi da altri editori, Uscita di sicurezza da Vallecchi e poi
Longanesi, il Memoriale da Lerici. Opere su Ignazio Silone: oggi la
biografia di riferimento e' quella di Ottorino Gurgo, Francesco de Core,
Silone. L'avventura di un uomo libero, Marsilio, Venezia 1998. Tra i saggi
su Silone segnaliamo particolarmente: come introduzioni ad uso scolastico:
Carlo Annoni, Invito alla lettura di Silone, Mursia, Milano 1974, 1986;
Sebastiano Martelli, Salvatore Di Pasqua, Guida alla lettura di Silone; come
saggi di autrici che lo conobbero ed hanno quindi anche un valore
testimoniale: Luce D'Eramo, Ignazio Silone. Studio biografico critico,
Mondadori, Milano 1972; Margherita Pieracci Harwell, Un cristiano senza
chiesa, Studium, Roma 1991]
Sarebbe forse piaciuto a Darina, la vedova dello scrittore Ignazio Silone,
spentasi lo scorso 25 luglio in una clinica romana all'eta' di 86 anni,
essere ricordata come traduttrice delle opere del marito. Di sicuro,
meritava un necrologio che ricordasse i suoi contributi all'opera letteraria
e politica dello scrittore, non lo squallido ritratto di una moglie
infelice, vittima dell'oscura personalita' del consorte, pubblicato su "La
repubblica" del 30 luglio a p. 38.
Fu Darina Laracy Silone a tradurre in inglese, la sua madrelingua, opere
come Ed egli si nascose, Una manciata di more, Il segreto di Luca e tanti
altri saggi. I suoi meriti vennero riconosciuti con il "premio
internazionale Ignazio Silone per la traduzione" conferitole nel 1998. Di
recente curo' un'edizione inglese aggiornata di Fontamara, Vino e pane e Il
seme sotto la neve: The Abruzzo Trilogy (La trilogia abruzzese).
Determinante fu per Silone il doppio ruolo esercitato da Darina a partire
dagli anni '40 di traduttrice "ufficiale e ufficiosa" - come si definiva lei
stessa - e di consigliera colta, attenta e perspicace. Aiuto' non solo a
diffondere le sue opere e idee nel mondo anglosassone, ma anche ad allargare
gli orizzonti e aprire la mente dello scrittore.
Non si deve dimenticare che fu Darina a introdurre Silone all'opera di due
dei maggiori ispiratori dei suoi ultimi 25 anni: Simone Weil e Charles de
Foucauld, la cui influenza traspare da L'avventura di un povero cristiano e
da Severina.
Anche i personaggi femminili dei suoi romanzi non potevano sfuggire
all'emancipazione dell'autore. Le ragazze, ad esempio, di Pane e vino
pubblicato nel 1937 (la versione anteguerra di Vino e pane) fatte soltanto
di sentimenti e di luoghi comuni, nell'edizione del 1955 si ripresentano
trasformate in persone che pensano con la propria testa, in figure molto
piu' convincenti.
*
Crediamo che il miglior modo per ricordare la defunta sia quello di
sfogliare qualche suo scritto.
Primo incontro con Ignazio Silone, un breve articolo scritto subito dopo la
morte del marito, edito nel volume Silone tra l'Abruzzo e il mondo, ci
regala un bel ricordo di Darina di spirito vivace e non privo di autoironia.
Il racconto, tuttavia, ci riserva una piccola sorpresa, un particolare che,
forse, alcuni anni fa sarebbe passato inosservato.
Il loro primo incontro avvenne alla villa di Marcel Fleischmann,
commerciante di cereali, collezionista d'arte, buon conoscitore della
letteratura nonche' generoso protettore di esuli antifascisti, del quale lo
scrittore italiano godeva l'ospitalita'. Ma perche' mai Silone volle
invitarvi la giovane sconosciuta irlandese?
Scrive Darina. "Non potevo sapere che anche Ignazio Silone frequentava
quella biblioteca [di Zurigo]. Incuriosito da questa ragazza intenta a
sfogliare le opere di Mussolini, si informo' discretamente del mio nome - lo
stesso nome contro il quale era stato messo in guardia quasi sei mesi prima.
Sei mesi! Incaricata dall'Ovra di spiarlo? Che spia era questa?".
Un altro scritto di Darina, Le ultime ore di Ignazio Silone in appendice al
romanzo incompiuto Severina, ci trasmette l'atmosfera del rapporto tra i
coniugi, forse piu' fedele alla realta', non essendo elaborata nel tempo.
Esso spiega la cupezza di Silone, quanto egli fosse tormentato dai rimorsi
per il dubbio di aver causato al fratello Romolo l'arresto da parte della
polizia fascista e la morte dovuta alle torture subite [Cfr. in Uscita di
sicurezza le pagine in cui Silone descrive la sua convinzione che il
fratello avesse subito il crudele martirio appunto perche' suo fratello -
ndr -].
Le vicende dei presunti spionaggio e tradimenti di Silone probabilmente
continueranno ad animare le pagine dei giornali, benche' le loro cosiddette
prove siano state meticolosamente smontate da una vasta ricerca scientifica
di studiosi tra i quali Mimmo Franzinelli e Giuseppe Tamburrano.
Tuttavia, davanti alla morte di una persona, ci sembra doveroso un po' di
rispetto, di discrezione. Anche perche', si sa, la verita' sui contrasti in
una coppia, cosi' comuni ma mai identici, restano sempre inafferrabili per i
terzi, figuriamoci per i posteri, del tutto ignari del contesto.
2. RIFLESSIONE. SEVERINO VARDACAMPI: DARINA E IGNAZIO
[Severino Vardacampi e' un collaboratore del "Centro di ricerca per la pace"
di Viterbo]
1. Mi ha profondamente commosso nel corso degli anni leggere di tanto in
tanto dell'impegno grande di Darina in difesa della memoria del suo compagno
di una vita, ed insieme in difesa della verita', che e' la stessa cosa della
dignita' umana poiche' e' nella verita' che la dignita' umana di ognuna ed
ognuno si manifesta, splendente, in dramma e grandezza.
2. Invece non mi sono mai appassionato, confesso questo mio limite, per le
polemiche giornalistiche (ho smesso da anni di leggere i giornali, di
guardare i telegiornali, e cosi' via: se voglio aver tempo per poter
ascoltare le persone che mi capita di incontrare e che chiedono che porga
orecchio, e se voglio poter continuare a leggere libri, e' necessario non
perdere tempo col giornalismo, che per il novanta per cento e' fatto di
menzogne e per il restante di stupidita' - ed e' sintomatico della
catastrofe morale e intellettuale del movimento per la pace e la giustizia
odierno il fatto che esso alla cultura - scilicet: alla barbarie -
giornalistica tutto si affidi). E quindi neppure per le rumorose polemiche
sul Silone degli anni trenta.
3. Poiche' Ignazio Silone, il Silone che conta, e' quello della grande opera
scritta, dalla monografia sul fascismo e da Fontamara fino a Severina; ed e'
la persona che attraversa l'epoca dei totalitarismi (il secolo su cui una
parola decisiva l'ha scritta Tzvetan Todorov in una delle migliori opere di
sintesi sul Novecento, Memoria del male, tentazione del bene) i
totalitarismi denunciando e combattendo con la forza della coscienza, con la
scelta della nonviolenza. Che Silone - come tutte le persone di cuore, come
tutte le persone da se stesse esigenti amore al vero e al giusto - abbia
molto sofferto e sentito tormentosi in se' il conflitto e i limiti e gli
errori, e l'irreversibilita' del passato e del presente ancora le tragedie,
solo gli stolti giulivi seguaci di tutti i totalitarismi e di tutte le
narcosi possono stupirsene. Tutti i maestri grandi che ho avuto venivano da
sofferenze immani e la sofferenza recavano e dicevano, da Primo Levi a
Franco Fortini, e ancor piu' indietro da Eschilo a Leopardi a Virginia.
4. Tutto cio' che e' verita' storica ci aiuta ad umanizzare ancor piu' le
persone, e soprattutto le persone che ci sono care, e massime coloro che ci
hanno insegnato la via della lotta contro l'iniquita' e la menzogna. Ma
tutto cio' che e' narcosi e grancassa, non altro che grancassa e narcosi e',
e non ci interessa ne' ci riguarda. Cosi' Ignazio Silone resta Ignazio
Silone, e Fontamara e' l'antifascismo in atto; cosi' il diuturno impegno per
i diritti umani e per la verita' - che noi chiamiamo nonviolenza poiche'
nonviolenza questo traduce: ahimsa e satyagraha - che costantemente fu della
coppia di Ignazio e Darina e' eredita' feconda e impegno nostro ancora.
5. Certo, anche quella coppia puo' esser stata attraversata dalla
contraddizione che ogni coppia e ciascuna persona lacera, in un'umanita' che
non e' unificabile se non nel riconoscimento del suo statuto di specie
bisessuata. E puo' darsi che anche cola' si desse un atteggiamento maschile
ancor servo di antichi retaggi ideologici e pratici che cosi' sovente
rendono inadeguati gli esseri umani di sesso maschile ad essere
integralmente umani come vorrebbero e sanno talora dire.
Ha scritto una volta Tolstoj, cito a memoria, che "non credero' mai alla
buona fede rivoluzionaria di chi si fa pulire il vaso da notte da un'altra
persona": quanti maschi - compreso io che qui parlo - possono leggere queste
parole senza tremare?
Ma che potessero esservi tratti di carattere in Silone aspri e dolenti, o
cupi e in se' precipiti, e fors'anche talora atteggiamenti omologhi a quelli
di tanti, quasi tutti i maschi nella storia del mondo, cio' non vanifica il
valore di quanto di buono e di giusto ha saputo e voluto essere e fare, in
timore e tremore, in passione e pensiero.
E piuttosto ancor piu' mette in luce la grandezza di Darina, che ne fu non
solo compagna e lettrice e traduttrice, ma consigliera ed interlocutrice,
colta ed autonoma, che ne illumino' la vita, e il pensiero e l'opera infine.
Lo scrivono cosi' bene Margherita Pieracci Harwell e Yukari Saito che
qualunque cosa io aggiungessi qui sarebbe peggio che superflua.
E cosi' Darina, figlia d'Irlanda, antifascista nitida e luminosa, di Silone
collaboratrice e del suo lascito garante, Darina che ora ci ha lasciato,
resta anche per noi un esempio e un'amica. Le sue ceneri - a quanto ci e'
parso di leggere da qualche parte, forse sul sito telematico di chi prosegue
il lavoro di don Orione - sono state disperse sul mare d'Irlanda, la sua
persona essa resta nel cuore di molti, sara' anche lei una presenza viva per
quanti dal 4 al 7 settembre s'incammineranno da Assisi a Gubbio, contro
tutte le guerre e le armi e gli eserciti nel nome della nonviolenza, nel
nome dell'umanita'.
3. INIZIATIVE. IL VOLTO DI ABELE IL 4 NOVEMBRE
[Riproduciamo un estratto da un nostro comunicato di un anno fa. E' nostra
intenzione riproporre ed estendere quest'anno l'iniziativa del 4 novembre di
pace, in memoria delle vittime, contro le guerre, le armi e gli eserciti]
Il 4 novembre il Centro di ricerca per la pace di Viterbo, in dolore e
silenzio, commemora tutte le vittime di tutte le guerre, dichiara il diritto
e il dovere di ogni essere umano come delle istituzioni di operare affinche'
mai piu' si facciano guerre, denuncia l'oscenita' dei festeggiamenti della
guerra e dei suoi apparati da parte dei poteri militari e politici che nuove
guerre e nuove stragi preparano.
*
"Ogni vittima ha il volto di Abele" (Heinrich Boell).
"L'Italia ripudia la guerra" (art. 11 della Costituzione della Repubblica
Italiana).
Il 4 novembre, anniversario della conclusione per l'Italia della "inutile
strage" della prima guerra mondiale, il Centro di ricerca per la pace di
Viterbo commemorera' tutte le vittime di tutte le guerre a Viterbo, in
piazza del sacrario.
La cerimonia sara' austera, composta, meditativa, silenziosa: come e' giusto
quando si rivolge il pensiero ad esseri umani defunti, e massime quando si
rivolge il pensiero ad esseri umani assassinati.
Essa consistera' nella deposizione di un omaggio floreale e in una
meditazione silenziosa.
Essa attestera' l'impegno morale e civile di opporsi a tutte le guerre,
che - come disse con espressione indimenticabile Mohandas Gandhi - sono
sempre omicidi di massa.
La cerimonia si svolgera' in un orario scelto anche per demarcare la
distanza temporale e morale dalla oscena festa di esaltazione della guerra e
dei suoi apparati che alcune ore dopo, in guisa di effettuale profanazione
del riposo delle vittime, si terra' da parte dei comandi militari e
politici.
La cerimonia austera e silenziosa delle persone amanti della pace e
addolorate per tutte le vittime delle guerre, contrapporra' visibilmente il
silenzio del lutto e della fraternita' e sororita' umana, alla retorica e al
frastuono degli osceni festeggiamenti "necrofili e insensati" (per usare le
parole di Miguel de Unamuno) che poche ore dopo saranno esibiti da quegli
stessi comandi politici e militari che la morte delle vittime di tutte le
guerre festeggiano con l'esaltare la guerra ed i suoi esiti e i suoi
apparati, e che prolungano il crimine della guerra preparando, promuovendo,
avallando ed eseguendo nuove guerre omicide e onnicide.
Il Centro di ricerca per la pace non partecipera' ai cinici ed offensivi
festeggiamenti della morte e delle stragi organizzati dai comandi militari e
politici, e denuncia con cio' come quelle lugubri e irresponsabili parate
siano scherno malvagio e orribile umiliazione per le vittime della guerra,
simbolico ucciderle ancora una volta.
Il Centro di ricerca per la pace chiama tutte le persone di volonta' buona
ad essere costruttrici di pace, ed in particolare chiama tutti i cittadini
italiani, e quindi anche tutte le istituzioni italiane, al rispetto piu'
rigoroso della legalita' costituzionale, fondamento del nostro ordinamento
giuridico e presidio delle nostre comuni liberta' e dei diritti di tutti
quanti nel nostro territorio si trovino. E' la Costituzione della Repubblica
Italiana che reca all'art. 11 il principio fondamentale, e il valore
supremo, espresso con le lapidarie parole "L'Italia ripudia la guerra".
"Ogni vittima ha il volto di Abele" (Heinrich Boell).
"L'Italia ripudia la guerra" (art. 11 della Costituzione della Repubblica
Italiana).
*
Mai piu' si faccia guerra: solo questo impegno rende lecito accostarsi alle
vittime delle guerre in dolore e in solidarieta'. Chi ancora la guerra
permette, promuove e propugna, le vittime offende e schernisce, ed
aggredisce e disonora l'umanita' intera.
4. DIRITTI UMANI. AMNESTY INTERNATIONAL: SI TERRA' IL 27 AGOSTO L'UDIENZA
D'APPELLO PER AMINA LAWAL
[Dall'ufficio stampa di Amnesty International (per contatti:
press@amnesty.it) riceviamo e diffondiamo. Come giustamente evidenzia questo
comunicato occorre continuare ad essere vigili ed impegnati per la salvezza
di Amina Lawal e contro la pena di morte sempre, ma proprio per questo a
maggior ragione occorre anche essere adeguatamente informati e assolutamente
precisi negli appelli che si fanno circolare; purtroppo l'approssimazione,
la mancanza di verifiche e insomma un impegno generoso ma non sempre
sostenuta da adeguato rigore morale e intellettuale sono difetto diffuso - e
catastrofico - tra le persone di volonta' buona, e nel movimento per la pace
e i diritti (e' per invigilare noi stessi che questo scriviamo)]
Dopo alcuni rinvii, l'udienza di appello di Amina Lawal si terra' il 27
agosto 2003 in Katsina, il suo Stato natale, nel nord della Nigeria. Si
prevede che Amina Lawal e i suoi avvocati saranno presenti. Il processo
giudiziario seguira' il suo corso se questa volta il quorum dei giudici
sara' raggiunto.
Amnesty International continua a ricevere quesiti che falsamente annunciano
l'imminente esecuzione di Amina Lawal - prima del 27 agosto o in quella
stessa data - e citano Amnesty International come fonte. Nessuna esecuzione
della sentenza e' in programma prima di o in quella stessa data. Amnesty
International ritiene che il diritto di Amina Lawal ad una rappresentanza
legale, ad un processo giusto e al diritto all'appello al momento siano
garantiti. Amina Lawal non e' in stato di detenzione e ha un'eccellente
rappresentanza legale. E' aiutata da una coalizione di gruppi di donne
nigeriane e gruppi dei diritti umani, con cui Amnesty International e' a
stretto contatto...
Amina Lawal - una donna musulmana - e' stata giudicata colpevole nel marzo
2002 per aver avuto un figlio al di fuori del matrimonio. Secondo i "Codici
penali della Sharia", introdotti in Nigeria nel 1999 e in vigore in alcuni
Stati del nord del paese, questo e' stato sufficiente a condannarla per
adulterio e a chiamarla a comparire in giudizio di fronte ad un tribunale
della Sharia per rispondere di un "crimine" che ora e' punito con la pena di
morte per lapidazione.
Per ulteriori informazioni: Amnesty International Italia, ufficio stampa,
tel. 064490224 - 3486974361.
5. RIFLESSIONE. EMANUEL ANSELMI: LA CORTE PENALE INTERNAZIONALE E I MOTIVI
DELL'AVVERSIONE DEGLI STATI UNITI (PARTE SECONDA E CONCLUSIVA)
[Ringraziamo Emanuel Anselmi (per contatti: anselmie@libero.it) per averci
messo a disposizione questo testo di cui pubblichiamo oggi la seconda e
ultima parte (la prima e' stata pubblicata nel notiziario di ieri). Emanuel
Anselmi e' un collaboratore del Centro di ricerca per la pace di Viterbo,
dottore in economia, gia' obiettore di coscienza in servizio civile presso
la Caritas di Viterbo, collabora con alcune ong]
Un primo passo dell'amministrazione statunitense all'interno della campagna
volta a screditare la Corte penale internazionale e la sua legittimita' e'
stato appunto quello di appellarsi all'articolo 16 del summenzionato
Statuto, che prevede la possibilita' da parte del Consiglio di sicurezza
dell'Onu di bloccarne seppur temporaneamente l'attivita', sia essa
investigativa o processuale: nel corso delle discussioni in seno al
Consiglio di sicurezza in merito al rinnovo del mandato della forza
internazionale in Bosnia Erzegovina, il delegato americano presso il
Consiglio dell'Onu ha posto come condizione per la partecipazione delle
truppe statunitensi alle operazioni in quella regione, l'applicazione
dell'art. 16 al preciso scopo di garantire l'immunita' dei propri soldati
dalla giurisdizione della Corte. Il timore di possibili conseguenze negative
sul piano militare, finanziario e tecnologico, che la decisione di non
partecipare alle operazioni da parte degli Stati Uniti avrebbe comportato,
ha convinto tutti i componenti del Consiglio ad approvare la richiesta
americana.
Le conseguenze di tale provvedimento possono essere contemplate sul piano
dei principi e degli effetti a lungo termine: infatti, nonostante il
carattere transitorio della norma - che comunque da' la possibilita' di
rinnovare il provvedimento, ed infatti cosi' e' stato - il dispositivo
dell'art. 16 non offre nessuna garanzia in merito ad eventuali prove
deteriorabili, percio', disponendo semplicemente la sospensione delle
investigazioni o del procedimento, potrebbe comportare delle conseguenze
irreversibili sul piano della produzione di prove non piu' disponibili,
dell'identificazione delle vittime e dei possibili testimoni nel caso dei
crimini di competenza della Corte, qualora il provvedimento di sospensione
venisse rinnovato anche solo per pochi anni.
*
Un'altra forte offensiva volta a screditare la costituenda istituzione si e'
manifestata attraverso l'approvazione della legge Aspa, cioe' l'American
Servicemembers Protection Act, un provvedimento legislativo interno
(progettato dal senatore repubblicano Jesse Helms, leader della destra
americana piu' avversa al multilateralismo) con il quale il governo degli
Stati Uniti si e' impegnato principalmente a non fornire assistenza militare
a quegli Stati che abbiano deciso di ratificare lo Statuto di Roma,
ovviamente allo scopo di intralciare il processo di adesione al trattato. La
legge prevede anche l'utilizzo di tutti i mezzi necessari, compresa la
forza, per liberare il personale statunitense o quello alle dipendenze dei
suoi alleati dalla detenzione eseguita su ordine della Corte penale
internazionale - contemplando implicitamente la possibilita' di un'invasione
dei Paesi Bassi da parte degli Usa, visto che la Corte avra' sede all'Aia
(6) - e vieta sia la diffusione di informazioni relative alla sicurezza
nazionale (coperte dal segreto di Stato), sia la possibilita' che una
qualsiasi entita' governativa collabori con la Corte, ma anche che agenti
della Corte conducano attivita' investigative negli Stati Uniti.
*
Altro articolo di enorme importanza per le prese di posizione da parte degli
Usa e' l'art. 98.2 dello Statuto, il quale prevede delle deroghe eccezionali
allo stesso, sempre comunque nel rispetto dello spirito del trattato che e'
evidentemente quello di impedire a qualsiasi individuo, in caso di mancanza
di volonta' o di possibilita' da parte di uno Stato qualunque, di ritenersi
al di sopra della legge e di beneficiare dell'impunita' per crimini cosi'
gravi.
Tale articolo tratta della relazione tra gli obblighi degli Stati parte
derivanti dallo Statuto di Roma e i loro obblighi gia' esistenti derivanti
dal diritto internazionale, in particolare dagli accordi preesistenti
stipulati in occasione dell'invio, da parte di uno Stato, di forze militari
in un altro Stato.
Secondo l'interpretazione preponderante di quell'articolo, addotta da molti
delegati ufficiali alla Conferenza diplomatica istitutiva della Corte
(luglio 1998), esso si riferisce esclusivamente a regolare possibili
conflitti tra il nascente Statuto e gli accordi preesistenti, e non - come
invece sostengono i portavoce del governo americano - ad incitare gli Stati
parte a concludere accordi futuri, e cioe' a Corte penale gia' funzionante.
*
Facendo riferimento a quanto avviene tra gli Stati Uniti e i paesi aderenti
al Patto Atlantico, bisogna qui dire che l'articolo VII della Convenzione
tra gli Stati membri della Nato sullo status delle loro forze ha fatto per
diversi anni da modello a tutti gli accordi bilaterali conclusi con gli Usa.
Questa convenzione prevede una divisione di competenza tra lo Stato
d'origine delle truppe e lo Stato di soggiorno, cioe' dove quelle
stazionano. Tale accordo limita le circostanze per le quali ciascuno Stato
ha la possibilita' di rinviare una persona ad altro Stato con l'intento di
indagarla e/o perseguirla.
Le corti marziali americane hanno il diritto di esercitare una competenza
esclusiva sui membri delle forze armate americane che commettono infrazioni
rilevanti per la legislazione militare statunitense ma non altrettanto per
la legislazione dello Stato che ospita quei membri. Allo stesso modo i
tribunali dello Stato ospite hanno il diritto di esercitare una competenza
esclusiva sui membri delle forze armate americane che commettono atti
ricadenti nell'ambito della legislazione nazionale ma che non costituiscono
un'infrazione rilevante per la legislazione americana. In questo modo i
tribunali dello Stato di soggiorno e le corti marziali americane concorrono,
in quanto a giurisdizioni, in merito ad infrazioni che costituiscono
contemporaneamente violazioni per entrambi gli ordinamenti, cioe' quello
nazionale e quello di provenienza del militare (ossia gli Usa). Si e'
stabilito che la competenza giuridica, in questi casi, deve essere delle
corti marziali americane allorquando: a) i crimini costituiscono attentato
alla sicurezza o ai beni degli Stati Uniti; b) le infrazioni vengono
commesse contro il personale americano o i loro beni; c) le infrazioni
derivano da qualsiasi atto o negligenza compiuti nell'esecuzione del
servizio.
Ora, dopo la decisione presa nei confronti dell'ex dittatore cileno
Pinochet, non e' molto probabile che atti come il genocidio o i crimini di
guerra e contro l'umanita' possano essere considerati come atti commessi
nell'espletamento del servizio (7). Questa e' la ragione per cui
bisognerebbe aggiornare tutti quei trattati per includervi anche tutti i
crimini rilevanti penalmente dal punto di vista del diritto internazionale.
In tutti gli altri casi di giurisdizione concorrente lo Stato di soggiorno
ha il diritto di esercitare prioritariamente la propria giurisdizione,
nonostante l'obbligo di esaminare "con benevolenza" la richiesta di rinuncia
a tale diritto proveniente dall'altro Stato, se giustificata da
considerazioni "particolarmente importanti".
In occasione della ratifica della Convenzione da parte degli Stati aderenti
al Patto Atlantico (1953), gli Usa hanno previsto di poter sollecitare
sistematicamente una rinuncia in tal senso ogni qual volta avessero
paventato la possibilita' che il processo a danno di un militare
statunitense rischiasse di essere ingiusto rispetto alle norme
costituzionali americane.
Le norme sin qui richiamate non mirano a conferire l'impunita' ai membri
delle forze armate dello Stato d'origine per i crimini che possano essere da
essi eventualmente commessi, ma a determinare a chi debba essere attribuita
la responsabilita' di condurre le indagini, o meglio a ripartire tale
responsabilita' tra gli Stati parti degli accordi.
La diversita' dei sistemi giudiziari vigenti all'indomani della seconda
guerra mondiale, ma anche la paura che al soldato americano processato da un
tribunale straniero potesse toccare una sorte peggiore di quella comminabile
in una corte statunitense, spiegano il significato di tali accordi; resta
comunque la possibilita' - e necessita' - di non sottrarre alla giustizia
internazionale nessun autore di crimini contro l'umanita'. Gli Usa pero'
mirano, al contrario, a preservare i propri militari in questo senso.
*
Appellandosi dunque all'articolo 98, attraverso un'interpretazione
pretestuosamente estensiva ma la cui legalita' appare piuttosto dubbia, gli
Stati Uniti ritengono di avere la possibilita' di stipulare accordi
bilaterali in cui gli Stati firmatari si impegnano a non consegnare
cittadini della controparte agli organi della Corte penale, ricorrendo ad
un'ulteriore stratagemma per garantire l'immunita' ai soldati statunitensi
impegnati all'estero. Bush figlio aveva chiaramente sostenuto, in una
direttiva sulla sicurezza nazionale: "Prenderemo le misure necessarie per
garantire che i nostri sforzi per adempiere ai nostri impegni per la
sicurezza globale e per la protezione degli americani, non siano ostacolati
dalle potenzialita' investigative o da un rinvio a giudizio da parte della
Corte penale internazionale, la cui giurisdizione non riguarda gli americani
e che noi non accettiamo. Collaboreremo con altre nazioni per evitare
complicazioni nelle nostre operazioni e cooperazioni militari, attraverso
meccanismi come accordi multilaterali e bilaterali che tutelino i cittadini
statunitensi dalla Corte penale internazionale. Renderemo pienamente
operativo l'American Servicemembers Protection Act, le cui clausole servono
a garantire e migliorare la tutela dei soldati ed ufficiali statunitensi"
(8).
*
Accordi bilaterali sono anche stati proposti, tra le molte nazioni, agli
Stati europei e quelli gia' stipulati riguardano la Gran Bretagna, la Spagna
e l'Italia. Il Consiglio dell'Unione Europea, che teoricamente potrebbe
rappresentare un deciso contrappeso agli Stati Uniti nello scenario politico
internazionale da quelli dominato, e' comunque giunto il 30 settembre 2002
ad una posizione comune che riconosce la illegalita' del testo di accordo
proposto dal governo americano ad ogni Stato dell'Unione. Nonostante cio',
l'Unione Europea, non riuscendo ad arrivare ad una posizione unitaria sul
rifiuto dell'impunita', ha concesso ai suoi membri la possibilita' di
firmare accordi bilaterali con gli Usa. Anche se il ministro degli esteri
danese, Per Stig Moeller, ha dichiarato che cio' non indebolira' la Corte,
Amnesty International e la Coalition for the International Criminal Court
hanno denunciato questa concessione e promesso di opporvisi in modo deciso
(9).
*
Si e' anticipato che il comportamento degli Stati Uniti di fronte a quella
che viene percepita come la minaccia a loro rivolta dall'esistenza della
Corte penale internazionale deriva in pratica dalla realizzazione che
l'egemonia da essi esercitata per oltre mezzo secolo sul concerto delle
nazioni che potrebbero essere denominate "economicamente progredite" - ma
anche su quelle che rappresentano semplicemente dei meri, seppur importanti,
mercati di approvvigionamento di risorse - va progressivamente diminuendo a
vantaggio di altri soggetti che si apprestano a prenderne il posto, data la
loro caratteristica di rappresentare potenze di dimensioni continentali: in
primo luogo la Cina, poi la Russia e, in prospettiva, anche l'India.
Il comportamento degli Usa quindi non e' dovuto al fatto che questi non
hanno rivali ma dipende proprio dalla presa di coscienza che il loro ciclo
egemonico e' in declino, e cioe' dalla presenza di potenziali competitori
"imperiali".
Ci si riferisce qui all'analisi dei cicli sistemici di accumulazione del
capitale elaborata dalla scuola di pensiero detta del "sistema-mondo",
raccolta intorno al Fernand Braudel Center di New York. Secondo questa
interpretazione della societa' contemporanea, ovvero quella che inizia con
la nascita del modo di produzione capitalistico, ogni "ciclo sistemico"
presenta una fase iniziale di espansione materiale basata sulla produzione e
sul commercio cui segue una fase di crisi, caratterizzata da un progressivo
impegno del capitale nella speculazione finanziaria internazionale
alimentata dalla concorrenza tra gli stati per succedere alla potenza
egemone in crisi, concorrenza che richiama capitale per mezzo del debito
pubblico e con spese per il riarmo che si espandono vertiginosamente durante
la fase di crisi sistemica (10).
La fine di un ciclo egemonico e' sempre un periodo di violenza, cosi' come
il suo inizio: in effetti l'egemonia e' l'evoluzione del dominio che si era
ottenuto con la forza e, parimenti, l'esaurirsi di un'egemonia favorisce
l'uso della forza da cui emergera' un nuovo dominio (o un nuovo "ordine
mondiale", come a molti piace chiamarlo nell'intento di mitigare le
conclusioni che si potrebbero trarre dalla consapevolezza di dipendere
dall'arbitrio di un'unica grande potenza). La violenza e' dunque un modo
iniziale e finale di esercizio del potere, la cui maturita' e'
caratterizzata invece dalla capacita' di far condividere gli scopi a chi e'
soggetto al potere stesso, attraverso meccanismi ideologici e/o materiali.
Le forze politiche che spingono nella direzione di reperire consenso da
altri soggetti, allo scopo di giustificare interventi che mirano a
rafforzare o recuperare il ruolo egemonico, vengono ampiamente corroborate
grazie ad eventi di spiccata eco come Pearl Harbor o l'attacco alle Torri
Gemelle, che costituiscono un'ulteriore spinta propulsiva nel proseguimento
di una politica estera "imperiale" dissimulata da guerra al terrorismo
internazionale, questo colosso che, secondo la propaganda, agisce motivato
da istinti premoderni: l'esempio del piu' recente conflitto in Iraq - anche
alla luce delle rivelazioni fatte sulla notizia della presunta presenza di
armi di distruzione di massa nel Paese, rivelatasi una montatura - e' la
prova piu' tangibile di una volonta' di dominio in relazione alla quale il
petrolio rappresenta solo una motivazione parziale, nonostante sia la piu'
pertinente.
Il piu' recente ciclo sistemico sarebbe dunque quello che stanno al momento
vivendo gli Stati Uniti d'America, preceduti, dal piu' antico al piu'
recente, da quello di Venezia, quello dei regni iberici alleati coi
mercanti-banchieri genovesi, il ciclo dell'Olanda e quello della Gran
Bretagna (11).
*
Bush padre aveva gia' affermato che con il crollo del dominio sovietico
nell'Europa orientale si aprivano per gli Stati Uniti delle possibilita'
straordinarie per "costruire un nuovo sistema internazionale in armonia con
i nostri propri valori e ideali", definendo il proprio paese come "l'unico
Stato con una forza, una portata e un'influenza... politica, economica e
militare realmente globali" ed avendo come primo obiettivo quello di
"impedire l'emergere di un nuovo rivale" (12).
Bisogna notare che nelle intenzioni di Bush padre era evidente la volonta'
di coinvolgere e mobilitare la comunita' mondiale per condividere il
pericolo ed il rischio di un intento cosi' ambizioso, poiche' qualsiasi
tentazione di isolamento militare e politico da parte degli Usa sarebbe
stato una follia; d'altro canto pero' egli si rendeva pure conto che era
necessario convincere i "potenziali competitori" che "non hanno bisogno di
aspirare a un ruolo maggiore o di assumere un atteggiamento piu' aggressivo
per proteggere i loro legittimi interessi" e "tener conto sufficientemente
degli interessi delle nazioni industriali avanzate per dissuaderle dallo
sfidare la leadership americana o cercare di capovolgere l'ordine politico
ed economico costituito" (13).
Percio' il carattere potenzialmente esplosivo della conflittualita'
interstatale era ben chiaro a Bush, e questa stessa conflittualita' degli
Usa con le principali nazioni e addirittura con l'Onu e' cresciuta durante
gli anni Novanta: ne sono esempi il fallimento della operazione "Restore
hope" in Somalia, i contrasti con la Francia in Africa e con Francia e
Russia sulla questione dell'embargo all'Iraq, le frizioni con la Germania
alla ricerca di uno spazio di influenza nei Balcani, la rivalita' con la
Cina nell'area del Sud-est asiatico (14).
Sintomatico del progressivo isolamento del governo statunitense da parte del
concerto delle nazioni tradizionalmente alleate e' stato l'abbandono delle
coperture legali degli interventi da parte della comunita' internazionale,
si e' cioe' progressivamente indebolito il ruolo dell'Onu quale strumento
formalmente capace di giustificarli e di farli passare come atti dovuti per
la difesa della pace, della democrazia e degli equilibri geopolitici
mondiali; e questo ha indotto la classe politica americana a passare ad un
uso sempre piu' scopertamente arbitrario della forza, grazie ad una indotta
assuefazione dell'opinione pubblica alla guerra ed al fatto che nei paesi
"occidentali" e' vistosamente radicata una tendenza a ripetere modelli
sociali, politici, di consumo che appartengono all'american way of life e
che naturalmente giocano a favore di una communis opinio che considera
senz'altro buono e giusto tutto cio' che viene "prodotto" dagli Stati Uniti,
guerre comprese.
La superpotenza nordamericana possiede oggi un posto preponderante nella
definizione della guerra, dal modo di legittimarla alla forma secondo la
quale essa viene condotta, dalla identificazione dei nemici alle scelte
tattiche sul campo; ma ha anche la capacita' di "mediatizzarla", di
manipolare l'informazione attraverso mezzi sofisticati, di programmare le
operazioni in coincidenza con la trasmissione dei telegiornali; il conflitto
armato diviene percio' una guerra-spettacolo che ricerca ed ottiene di nuovo
una legittimazione che aveva cominciato a perdere a partire dagli anni
Ottanta, attraverso la perduta credibilita' e percorribilita' del potere
simbolico attribuito dall'armamentario nucleare al proprio possessore, il
dissolvimento della divisione in blocchi contrapposti e il dato empirico di
un riassetto geopolitico avvenuto in modo sostanzialmente pacifico
(riunificazione delle due Germanie e caduta dell'impero sovietico, ad
esempio) (15).
Con il recupero della legittimita' della guerra e della sua "familiarita'"
con il "pubblico", si apre per gli Usa la possibilita' di ricollocarla come
uno strumento tra gli altri usati per dirimere le controversie
internazionali, o comunque risolvere questioni di interesse nazionale che
vengono fatte passare per controversie di portata mondiale. Ne e' un esempio
il ricordato conflitto armato in Iraq che si colloca nel quadro piu' ampio
della ricerca di sicurezza energetica per gli interessi propri degli Stati
Uniti, ricerca che probabilmente si ripercuotera' con simili sembianze su
altri attori nazionali dell'area del Golfo.
Questo e' dunque il quadro che ritrae l'attuale ed instabile assetto
geopolitico mondiale, che gli Stati Uniti cercano ormai di mantenere in
piedi, conservando la loro egemonia, attraverso un ricorso sempre piu'
frequente all'uso della forza e sempre di piu' in modo unilaterale (16).
*
Questo atteggiamento viene chiaramente esplicitato nei documenti del gruppo
denominato "Project for a new american century", nato nel giugno 1997, con
una dichiarazione di principi che affermava: "Sembriamo aver dimenticato gli
elementi essenziali dei successi delle amministrazioni reaganiane: una forza
militare potente e capace di rispondere alle sfide presenti e future; una
politica estera che coraggiosamente e programmaticamente promuova i principi
americani all'estero; e una leadership nazionale che accetti le
responsabilita' globali degli Stati Uniti. (...) La storia di questo secolo
dovrebbe averci insegnato a intraprendere la causa della leadership
americana(...); noi dobbiamo accettare la responsabilita' di un ruolo unico
dell'America nel preservare ed estendere un ordine internazionale favorevole
alla nostra sicurezza, alla nostra prosperita', ai nostri principi. Questa
politica reaganiana di forza militare e chiarezza morale puo' non essere
affascinante al giorno d'oggi, ma e' necessaria se gli Stati Uniti devono
costruire sui successi del secolo passato e assicurare la nostra sicurezza e
la nostra grandezza nel prossimo (17).
Gli estensori del testo furono, tra gli altri, Dick Cheney, attuale
vice-presidente degli Usa, Francis Fukuyama, l'ideologo della "fine della
storia", Donald Rumsfeld e Paul Wolfowitz, segretario e vice-segretario alla
Difesa, Zalmay Khalilzad, l'uomo che fino al 1998 rappresentava il nodo di
collegamento tra il governo talebano e quello degli Stati Uniti. L'obiettivo
dei consigli elargiti nel documento era la costituzione della cosiddetta pax
americana, cioe' di quell'assetto mondiale che avrebbe garantito per i
decenni a venire sicurezza e benessere per gli Usa, anche in aperta
violazione del diritto internazionale ed utilizzando in maniera strumentale
e di volta in volta diversificata la stessa Organizzazione delle Nazioni
Unite.
*
Naturalmente non esiste solamente quell'opinione pubblica e quella elite
politica che accettano incondizionatamente i dettati politici ed ideologici
degli Stati Uniti, altrimenti non si sarebbe potuto nemmeno parlare di una
Corte penale che giudicasse i crimini internazionali da chiunque commessi.
Oggi questo strumento esiste e ovviamente viene percepito come una minaccia
alla dottrina economico-militare degli Usa.
Diverse sono le ragioni addotte dall'establishment americano. La Corte
priverebbe i cittadini americani del diritto, sancito dalla loro
Costituzione, ad essere sottoposti ad un processo di fronte ad una giuria
popolare; questo argomento pero' sembra non considerare il fatto che in
diverse occasioni cittadini statunitensi possono subire dei processi di
estradizione verso paesi in cui il diritto processuale penale non prevede la
presenza di una giuria, oppure essere giudicati da corti marziali, anch'esse
prive di giuria. Altro argomento e' che la Corte non prevede la pena di
morte tra le condanne comminabili a chi si macchia dei crimini sopra
elencati, non costituendo quindi un deterrente sufficientemente capace di
impedire atti criminali quali le stragi che seguono ad atti di terrorismo
internazionale; nessuno studio ha fino ad oggi pero' dimostrato che la pena
capitale costituisca un incentivo piu' potente di altri a non compiere
simili atti. Ultimo punto sul quale battono gli Stati Uniti (ed in modo
particolare il partito repubblicano) e' che l'operativita' militare degli
Usa durante i conflitti si basa soprattutto sull'utilizzo di strategie e
strumenti che implicano un forte rischio di commettere crimini di guerra,
dato che vengono usate tecnologie avanzate volte a selezionare gli obiettivi
militari da quelli civili, ma esiste pur sempre un margine di errore: in
pratica i detrattori della Corte sostengono che il governo degli Stati Uniti
si vedrebbe costretto a modificare radicalmente sia le strategie militari
che i propri armamenti in vista della eventualita' di commettere stragi di
civili ed incorrere percio' nel giudizio della Corte.
Se la volonta' che ha animato gli ideatori ed i fautori di questo organismo
fu appunto quella di evitare che crimini di guerra e contro l'umanita' si
potessero ripetere, allora questa candida ammissione da parte dei politici
Usa conferma proprio la sua utilita' per il raggiungimento dello scopo
prefissato e cioe' impedire che delle violenze di immane portata (che,
peraltro, vengono indicate dagli strateghi del Pentagono e dai suoi
manutengoli come "effetti collaterali") avvengano impunemente.
*
Per capire quali siano le intenzioni del governo degli Stati Uniti per
quello che concerne la loro politica estera, e' necessario gettare uno
sguardo su quello che viene chiamato Quadriennal Defense Review 2001 (Qdr
2001), che in pratica e' il documento quadriennale presentato dagli
organismi preposti del Pentagono che prevede le linee guida della politica
militare Usa per gli anni successivi a quello nel quale esso viene
formulato. Esso sostanzialmente si prefigge di affrontare le potenziali
minacce alla sicurezza del Paese, sia sul fronte internazionale che persino
su quello interno, come se ci si trovasse di fronte a pericoli di carattere
"asimmetrico". Una definizione per questa categoria concettuale ancora non
e' stata data, visto che il documento si limita soltanto ad elencare alcune
fattispecie che avrebbero tale caratteristica; d'altronde cio' che
maggiormente interessa ai vertici politico-militari statunitensi non e' dare
una chiara definizione del concetto di "asimmetria", cosa che si
risolverebbe in una formulazione di limiti all'applicabilita' delle
ripercussioni previste nei casi di minacce asimmetriche, ma al contrario
lasciare un ampio margine di discrezionalita' al fine di conferire una
natura "olistica" a quel documento e percio' ai provvedimenti previsti, una
sorta di passepartout.
Esistono due definizioni "ufficiali" della guerra asimmetrica, l'una che
pone l'accento sul fatto che essa coinvolge due forze dissimili, cioe' dal
potenziale militare differente, l'altra che invece sostiene che essa e'
caratterizzata da azioni con pochi obiettivi di difficile individuazione,
condotte con mezzi che, se paragonati agli effetti finali delle operazioni,
appaiono fortemente limitati (18). Circolano teorie che nella definizione di
"guerra asimmetrica" contemplano a livello tattico, senza fare nessuna
distinzione, il terrorismo, il disordine economico, la disobbedienza civile
ed il crimine organizzato, elementi che vengono accomunati dal fatto di
costituire tutti degli strumenti asimmetrici atti a fronteggiare un nemico
militarmente piu' potente.
Considerando che gli Usa si ritengono superiori a tutti gli altri Stati in
quanto a potenzialita' militari, e percio' di fatto sempre protagonisti di
scontri asimmetrici, si vede che le condizioni di impiego della forza per
combattere contro presunte minacce sono praticamente infinite, sia sul piano
interno - dove si prospetta la possibilita' di dover affrontare
un'opposizione popolare crescente alla politica aggressiva degli Stati
Uniti, opposizione che secondo il "New York Times" costituirebbe una nuova
"superpotenza" (19) - sia su quello internazionale, ove moltissime attivita'
e settori civili potrebbero trasformarsi in obiettivi di azioni militari
flessibili ed interconnesse (20).
La constatazione che un nemico piuttosto vulnerabile da un punto di vista
strettamente militare - e cioe' per quanto riguarda la potenza di fuoco e le
tecnologie sofisticate applicate agli armamenti - ha necessita' di ricorrere
ad altri mezzi ed astuzie per sopperire al proprio inferiore potenziale
bellico (cioe', appunto, a degli strumenti "asimmetrici") porta
inevitabilmente a concepire delle strategie di guerra che ventilino la
necessita' di "negare, distruggere, disorganizzare, disgiungere, degradare"
l'avversario; prevenendolo "nell'acquisizione del controllo sulla
popolazione, impedendo alle organizzazioni l'uso di 'santuari', sconvolgendo
il flusso del denaro e dei rifornimenti, negando l'uso dei media,
denunciando la corruzione, svergognando la leadership, rompendo le relazioni
di potere si costringerebbe l'avversario alla difensiva e se ne romperebbe
l'equilibrio" (21).
In questo modo, da un lato sfuma del tutto la linea che separa attivita'
militari di natura difensiva e azioni aggressive, dall'altro la popolazione
civile diviene il naturale campo di battaglia della guerra asimmetrica,
visto che l'obiettivo e' quello di disgregare e disorganizzare l'avversario
e percio' acquisire il controllo della popolazione e del flusso di denaro e
rifornimenti.
Ai sensi dello Statuto di Roma, secondo l'articolo 8, per "crimini di
guerra" si debbono intendere anche le gravi violazioni del diritto
applicabile nei conflitti armati internazionali nel quadro del diritto
internazionale costituito, che contempla atti quali aggressioni
deliberatamente intese contro la popolazione civile in quanto tale o contro
singoli civili che non partecipino direttamente alle ostilita'.
E' chiaro che, nel quadro della strategia militare americana appena
descritta per sommi capi, violazioni di questo tipo potrebbero verificarsi
in qualsiasi momento, viste le intenzioni dei vertici militari di non
risparmiare, in territorio nemico, nessuno "spazio" che possa avere
un'importanza strategica per le reazioni "asimmetriche" dell'avversario, e
quindi in buona sostanza il controllo dei civili.
*
Oltre a cio', si deve considerare anche l'ipotesi di un impiego di armi
nucleari di nuovo tipo da parte degli Usa nei prossimi conflitti da questi
mossi: e' stato gia' chiesto l'impiego di piccole armi nucleari di
precisione contro le postazioni talebane in Afghanistan (22) ed inoltre e'
noto che gia' sono stati studiati gli effetti di queste mini bombe
atomiche - da impiegare negli attacchi contro caverne o bunker - il cui
impiego avrebbe gravi conseguenze per le popolazioni e l'ambiente
circostante, oltre al fatto che il loro uso finirebbe per legittimare la
proliferazione di armi nucleari.
Anche questo "particolare" strategico si scontra con i dettami dello Statuto
di Roma, il quale prevede di considerare altresi' come gravi violazioni
anche l'impiego di armi, proiettili e materiali e metodi bellici che siano
tali da provocare lesioni o sofferenze superflue, o che colpiscano in modo
indiscriminato, in violazione del diritto internazionale sui conflitti
armati. Entro questa fattispecie potrebbe anche rientrare l'impiego di
sistemi d'arma a frequenze radio o a microonde ad elevata potenza capaci di
distruggere, mediante la creazione di campi magnetici potentissimi, i
sistemi elettronici ed elettrici, non solo ad uso militare ma anche civili,
con conseguenze immaginabili per le popolazioni, private di energia
elettrica e della possibilita' di utilizzare generatori, sistemi di
controllo, attrezzature sanitarie, ecc.
*
E' evidente dunque che, se la tendenza degli Usa in politica estera e'
quella delineata sommariamente - ed oltremodo esacerbata dal nutrito stuolo
di quelli che vengono definiti "falchi" nell'attuale amministrazione
americana -, la Corte penale internazionale non puo' che costituire un
ostacolo per il comportamento arbitrario degli stessi Stati Uniti, percio'
il suo sostenimento ed un suo rafforzamento potrebbero costituire - oltre
che un ottimo sistema di prevenzione dei piu' atroci crimini contro
l'umanita' da chiunque perpetrati - anche una buona occasione per un
tentativo di riequilibrio delle forze politiche sullo scenario
internazionale, da accompagnare ovviamente ad ulteriori misure che possono e
devono essere messe in pratica al fine di costruire una societa' piu'
giusta.
*
Note
6. Donat-Cattin D. (2002), op. cit.
7. Barresi G. (2002) "Impunita' a stelle e strisce", nella rivista "Mosaico
di pace", Bisceglie (Ba), n. 10, novembre.
8. "The National Security Strategy of the United States of America",
settembre 2002, citato in Baraldini S. (2002) "Criminali sono gli altri",
nella rivista "Guerre&Pace", Milano, n. 94, novembre.
9. Baraldini S., op. cit.
10. Pagliani P. (2003) "Gli Usa, dall'egemonia al dominio", nella rivista
"Guerre&Pace", Milano, n. 100, giugno.
11. Pagliani P., op. cit.
12. Le citazioni si riferiscono ad un discorso di George W. Bush senior
pronunciato ad Aspen il 2 agosto 1990 all'indomani del crollo del socialismo
reale, e citato in Peruzzi W. (2003) "La 'nuova' strategia dell'impero",
nella rivista "Guerre&Pace", Milano, n. 100, giugno.
13. Peruzzi W., op. cit.
14. Ibidem.
15. Moita L. (2003) "Le guerre mutano al servizio dell'economia", nella
rivista "Fondazione internazionale Lelio Basso", Roma, n. 4/1,
settembre-dicembre 2002, gennaio-marzo 2003.
16. Sulla differenza tra unilateralismo e multilateralismo bisognerebbe
discutere in maniera piu' approfondita di quanto lo consenta questa sede e
sottolineare come la scelta di un atteggiamento piuttosto che l'altro sia
una opzione carica di opportunismo, anch'essa stessa funzionale alla
politica estera prevaricatrice e di potenza degli Usa e non dipenda dalla
volonta' di perseguire un interesse diffuso piuttosto che quello americano.
Si veda Imbriani A. M. (2003) "L'unilateralismo, i suoi falsi critici, le
ragioni profonde", nella rivista "Giano", Roma, n. 43, gennaio-aprile.
17. Maestri P. (2003) "Un nuovo 'secolo americano'", nella rivista
"Guerre&Pace", Milano, n. 96, febbraio.
18. Lodovisi A. (2003) "Modelli e scenari della 'guerra asimmetrica'", nella
rivista "Giano", Roma, n. 43, gennaio-aprile.
19. Tyler P. E. (2003) "A new power in the streets", su "New York Times", 17
febbraio.
20. Lodovisi A., op. cit.
21. Grance D. L. (2000) "Asymmetric warfare: old method, new concern", su
"National Strategy Forum Review", citato in Lodovisi A., op. cit.
22. Lodovisi A., op. cit.
(Fine. La prima parte e' apparsa nel notiziario di ieri)
6. RIFLESSIONE. RICCARDO ORIOLES: "ASSOCIAZIONE A DELINQUERE DI STAMPO
ANTIMAFIOSO"
[Dalla rivista elettronica di Riccardo Orioles (per contatti:
riccardoorioles@libero.it), "Tanto per abbaiare", n. 191 dell'11 agosto
2003, riportiamo il seguente testo. Riccardo Orioles e' giornalista
eccellente ed esempio pressoche' unico di rigore morale e intellettuale (e
quindi di limpido impegno civile); militante antimafia tra i piu' lucidi e
coraggiosi, ha preso parte con Pippo Fava all'esperienza de "I Siciliani",
poi e' stato tra i fondatori del settimanale "Avvenimenti"; ha formato al
giornalismo d'inchiesta e d'impegno civile moltissimi giovani. Per gli
utenti della rete telematica vi e' la possibilita' di leggere una raccolta
dei suoi scritti (curata dallo stesso autore) nel libro elettronico
Allonsanfan. Storie di un'altra sinistra. Sempre in rete e' possibile
leggere una sua raccolta di traduzioni di lirici greci, ed altri suoi lavori
di analisi (e lotta) politica e culturale, giornalistici e letterari. Due
ampi profili di Riccardo Orioles sono in due libri di Nando Dalla Chiesa,
Storie (Einaudi, Torino 1990), e Storie eretiche di cittadini perbene
(Einaudi, Torino 1999)]
Estate. "Associazione a delinquere di stampo antimafioso": e' il reato
contestato dal governo - secondo la nuova normativa - all'ex procuratore di
Milano Francesco Saverio Borrelli. Secondo alcuni pentiti, l'uomo alcuni
anni fa si sarebbe piu' volte incontrato col boss antimafioso Giancarlo
Caselli, del clan Procura di Palermo. Il Caselli, noto agli inquirenti da
oltre dieci anni, era stato uno dei principali complici del noto Giovanni
Falcone, di cui avrebbe continuato a portare avanti gli "affari" dopo che il
Falcone perse la vita in un incidente autostradale nei pressi di Palermo.
"La nuova legge - ha dichiarato il portavoce di Forza Nostra - intende
stringere il cerchio attorno ai cervelli occulti dell'antimafia".
"L'antimafia - ha incalzato il responsabile giustizia di Cosa Italia - non
e' composta solo da sbirri e carabinieri ma anche da insospettabili
"colletti bianchi" che ne sono in realta' l'elemento piu' pericoloso".
7. RILETTURE. DOMENICO CANCIANI, MARIA IDA GAETA (A CURA DI): ALBUM SIMONE
WEIL
Domenico Canciani, Maria Ida Gaeta (a cura di), Album Simone Weil, Edizioni
Lavoro, Roma 1997, pp. 96, lire 15.000. Catalogo di una mostra tenutasi a
Roma, un utile repertorio di materiali.
8. RILETTURE. GABRIELLA FIORI: SIMONE WEIL
Gabriella Fiori, Simone Weil. Biografia di un pensiero, Garzanti, Milano
1981, 1990, pp. 494, lire 20.000. Una sensibile, simpatetica monografia.
9. RILETTURE. GIANCARLO GAETA: SIMONE WEIL
Giancarlo Gaeta, Simone Weil, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di
Fiesole (Fi) 1992, pp. 190, lire 18.000. Un'agile presentazione ed una
sintetica antologia a cura del piu' attento studioso italiano di Simone Weil
(curatore, tra l'altro, dell'edizione italiana dei fondamentali Quaderni)
10. RILETTURE. SIMONE PETREMENT: LA VITA DI SIMONE WEIL
Simone Petrement, La vita di Simone Weil, Adelphi, Milano 1994, pp. XXIV +
688, lire 85.000. La fondamentale biografia scritta da un'amica ed illustre
studiosa.
11. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.
12. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti, la e-mail e': azionenonviolenta@sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: lucben@libero.it;
angelaebeppe@libero.it; mir@peacelink.it, sudest@iol.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it. Per
contatti: info@peacelink.it
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO
Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it
Per non ricevere piu' questo notiziario e' sufficiente inviare un messaggio
con richiesta di rimozione a: nbawac@tin.it
Numero 645 del 17 agosto 2003