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[Riflessioni] Primavera di Praga (assieme a tutte le altre primavere)



Praga, agosto 2003. Sosto per un momento al lato della grande piazza Jana Palacha, che costeggia la Moldava ed è dominata dal palazzo dei concerti e dalla statua dedicata al musicista Anton Dvorak.
E' invece dedicata a Ian Palach un'esile figura stilizzata sulla parete di un palazzo, quasi schiva della notorietà del luogo, una piccola iscrizione in basso e, sul marciapiede, un vaso di fiori.

Il nome di Ian mi riaccende i ricordi. Me ragazzino col cuore turbato dai grandi avvenimenti che allora accadevano in questo Est tormentato: i tempi della Primavera di Praga appunto, della speranza di un socialismo più umano, e col sogno troncato dall'arrivo dei tank sovietici a reprimere quel tentativo di comunismo autogestito. E quindi il sacrificio di Ian che si arse vivo assieme ad un compagno per protestare contro la repressione e la "normalizzazione" del padrone dell'Est: forse l'immagine più accesa e capace di scavare un solco profondo nel mio spirito in crescita e già aperto a recepire le vicissitudini del mondo.

E altre immagini si sono poi sovrapposte; una fra tutte, la rivolta degli studenti cinesi in piazza Tienamen, anche lì un "déja vu", anche lì erano studenti, carichi di un desiderio di cambiamento, istanze di un socialismo "buono" che non potevano però convivere con i dettami del potere.

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Tutto il mondo, anche ai giorni nostri, vive incessantemente gli stridenti contrasti tra un "potere imperiale" che fa della sua sopravvivenza - e del mantenimento di sé stesso come unico potere "buono" possibile - la sua ragione di agire, e i desideri di cambiamento, di ribellione anche nonviolenta, che una minoranza accorta e pensante di cittadini vorrebbe attuare. Non per sfizio o per voglia di fare la rivoluzione; semplicemente perché mentre il potere, per sua elefatiaca immobilità, non può fare altro che richiudersi a riccio non accorgendosi o nascondendo gli effetti negativi del suo potere sul mondo, questi effetti sono invece ben visibili, e pure studiati e per quanto possibile divulgati, anche a costo di apparir per Cassandre vocianti nel tranquillo oceano dell'ordine universale raggiunto.

Un tempo erano le ideologie, le molle propulsive - nel bene e nel male - di un desiderato cambiamento rivoluzionario. Oggi sono gli stessi allarmati appelli alla salvaguardia dell'uomo e del pianeta, a tentar di scuotere le coscienze. Diritti umani calpestati, l'ambiente boccheggiante da violate risorse sperperate dal solito ricco occidente industrializzato; e il nemico che non è più individuabile solo in onnipotenti governanti, e in tank dalle fiammeggianti cannonate o nei missili intelligenti o stupidi che siano, ma nelle nuove leve che li animano, il potere economico che è la "bestia" demoniaca capace di ingoiare sogni e popolazioni, culture e diritti giuridici faticosamente conquistati, e il potere mediatico, suo alleato e suddito fedele.

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Suddito fedele. Il potere mediatico, il potere sull'informazione.
Il mezzo pervasivo che, se per la necessità dell'economia o dello Stato occorre che il colore bianco sia visto verde, o il verde celeste, arriverà senza dubbio a farvelo così vedere.
La persuasione nelle notizie e negli spot della pubblicità. Nella scelta studiata nei dettagli, su come e cosa il cittadino deve conoscere, perché la sua convinzione sia allineata a ciò che all'impero serve, per la sua perpetuazione.

Primavere senza voce, o con la voce possibile ma pilotata dai media. Primavere dei cittadini pensanti, ma che si ritrovano sempre minoranza.
E non servono più le repressioni, e i tank inviati dal potere a sputare la morte sul ribelle. Almeno finché, a tavolino, la legge dei numeri del consenso manterrà il dominio, e col popolo dolcemente cullato dalle suadenti immagini del progresso a cui viene fatto credere partecipe.
Un problema di informazione ma anche di responsabilità e di cultura. E di convincimento che lo stato attuale delle cose non è più possibile mantenere.

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Non c'entrano i fondamentalismi islamici - o perlomeno, sono anch'essi frutto del sommovimento globale che pervade il mondo per ogni dove.
San Paolo scrisse, duemila anni fa, "tutta la Terra si scuote e geme come per le doglie del parto", e credo che quell'antica affermazione suoni ancor vera tra noi. Il divenire dell'uomo, il continuo trasformarsi attraverso le vicende solari o tristi che nelle varie epoche hanno fatto da scenario al suo cammino.
Ciò che siamo non è più quello che eravamo, e ciò che saremo non è ancora stato rivelato.


  Di nuove primavere
  come in ogni tempo
  è assetato il mondo.
  E di nuovi profeti
  gridanti all'uomo
  eterna non è la notte.

  Da falsa accecante luce
  illuminato
  Palcoscenico di cruda illusione.
  Ma ciò
  la bellezza della nuova alba
  nel suo splendore
  mai potrà eguagliare.

Roberto Del Bianco