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La nonviolenza e' in cammino. 632
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 632
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac@tin.it>
- Date: Sun, 3 Aug 2003 18:46:54 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO
Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it
Numero 632 del 4 agosto 2003
Sommario di questo numero:
1. Medici senza frontiere: emergenza Liberia
2. Dieci parole della nonviolenza
3. Maria G. Di Rienzo: imparare bene
4. Enrico Peyretti: in un paese che ci e' caro
5. Ileana Montini presenta "Berlusconi" di Paul Ginsborg
6. Ottavio Di Grazia presenta "La guerra e il silenzio di Dio" di Bruno
Forte
7. Augusto Illuminati presenta "Ecoantropologia" di Vittorio Lanternari
8. Riletture: Bianca Guidetti Serra, Compagne
9. Riletture: Edoarda Masi, Cento trame di capolavori della letteratura
cinese
10. Riletture: Sheila Rowbotham, Donne, resistenza e rivoluzione
11. Riletture: Luciana Stegagno Picchio, La letteratura brasiliana
12. La "Carta" del Movimento Nonviolento
13. Per saperne di piu'
1. APPELLI. MEDICI SENZA FRONTIERE: EMERGENZA LIBERIA
[Riportiamo questo appello di Medici senza frontiere (per informazioni e
contatti: sito: www.medicisenzafrontiere.it)]
In Liberia, la guerra civile sta terrorizzando la popolazione di un'intera
citta'. A Monrovia, il numero dei profughi aumenta di giorno in giorno,
manca l'acqua e il colera sta facendo sempre piu' vittime.
Nonostante i bombardamenti, le equipe di Medici senza frontiere continuano a
fornire assistenza medica alla popolazione civile trasformando i suoi due
uffici in ospedali d'emergenza con reparti di chirurgia d'urgenza, pediatria
e due centri colera.
I feriti che si affollano nei nostri uffici/ospedali non si contano, in
cerca di cure e di salvezza. I nostri volontari non si risparmiano, lavorano
24 ore su 24 per curare ferite, distribuire acqua, lottare contro il colera.
Stanno dando tutto il possibile, la loro volonta', la loro professionalita',
anche i loro letti per aiutare la popolazione liberiana.
Tu cosa puoi dare? Telefona subito al numero verde 800996655 e fai una
donazione a Medici senza frontiere. Puoi contribuire anche tramite ccp n.
87486007 intestato a Medici senza frontiere indicando nella causale
"Emergenza Liberia".
Per informazioni: tel. 0644869225, sito: www.medicisenzafrontiere.it
2. PUBBLICAZIONI. DIECI PAROLE DELLA NONVIOLENZA
[Dalle Edizioni del Movimento Nonviolento (per contatti:
azionenonviolenta@sis.it) riceviamo e diffondiamo]
"Dieci parole della nonviolenza" e' il titolo del nuovissimo Quaderno di
"Azione nonviolenta", il numero 17 della collana.
Vi sono raccolti testi di Daniele Lugli, Sandro Canestrini, Lev Tolstoj,
Giuliana Martirani, Lidia Menapace, Graziano Zoni, Alex Zanotelli, Aldo
Capitini, Christoph Baker, Pietro Pinna, insieme alle bibliografie
essenziali e ai pensieri di Gandhi, King, Capitini e Francesco sulle dieci
parole della nonviolenza: forza della verita', coscienza, amore, festa,
sobrieta', giustizia, liberazione, potere di tutti, bellezza, persuasione.
Autori vari, "Dieci parole della nonviolenza", Quaderno di Azione
nonviolenta n. 17, Edizioni del Movimento Nonviolento, Verona 2003, euro 2.
*
Riportiamo l'introduzione.
Dieci parole della nonviolenza
Forza della verita', coscienza, amore, festa, sobrieta', giustizia,
liberazione, potere di tutti, bellezza, persuasione.
Certo, avremmo potuto indicare altre parole, ma abbiamo scelto queste, senza
alcuna pretesa di completezza, cercando di cogliere gli elementi portanti
nel pensiero di alcuni maestri - Francesco, Gandhi, King, Capitini - per una
riflessione creativa sui concetti centrali della tradizione laica e
religiosa della nonviolenza, che ne delineino gli ideali di riferimento.
Sono state pensate al di la' delle urgenze che sempre ci interpellano come
singoli e come movimenti. In tanta frenesia, fermarsi a riflettere su una
parola diventa quasi un momento di dono, un regalo da fare a noi stessi.
Quando per la prima volta sono state pensate, al XX congresso del Movimento
Nonviolento del 2002, le dieci parole della nonviolenza volevano essere un
appuntamento per amici della nonviolenza, singoli e gruppi, che in tutta
Italia desiderassero sentirsi uniti in un impegno comune.
E' stato il proseguimento ideale della marcia specifica nonviolenta
Perugia-Assisi del 2000 "Mai piu' eserciti e guerre". Un momento mensile di
incontro ideale tra persone che, in citta' e paesi diversi e ognuna nel
proprio vivere quotidiano, hanno voluto aprire uno spazio di maggiore
comprensione, per crescere dal pacifismo alla nonviolenza, per andare "oltre
Assisi"...
Tanti amici, anche al di fuori del Movimento Nonviolento, si sono
riconosciuti in questa proposta e l'hanno fatta propria in un impegno durato
un anno e che sara' concluso, nel settembre del 2003, con l'iniziativa "In
cammino per la nonviolenza", che si sviluppera' lungo il bel sentiero
francescano della pace che da Assisi conduce a Gubbio, luogo che richiama la
leggenda della conversione del lupo.
Con la forza della verita' si puo' giungere alla persuasione intima, vivendo
i valori delle dieci parole: visione, metodo e strategia della nonviolenza.
Raccogliamo qui i testi che dalle pagine di "Azione nonviolenta" (da ottobre
2002 a luglio 2003) ci hanno accompagnato nella riflessione. Il quaderno
vuol essere un piccolo riepilogo, un punto di partenza, un viatico a nuovi
percorsi e, insieme, un sincero grazie a tutti gli amici che con i loro
contributi hanno reso possibile questa iniziativa.
Rilette di seguito le dieci parole evidenziano la loro validita' come
possibile summa di elementi che compongono, insieme, la nonviolenza. In esse
possono riconoscersi tutti coloro che vogliono prendere la nonviolenza sul
serio, come scelta di vita. Perche', come ama ricordarci Aldo Capitini, la
nonviolenza e proprio questo: "l'apertura appassionata alla vita, alla
liberta', allo sviluppo di ogni essere".
*
I Quaderni di "Azione nonviolenta"
La collana dei Quaderni, che si affianca al mensile "Azione nonviolenta", e
ne riprende in modo piu' approfondito e organico alcuni temi, intende
fornire a quanti si riconoscono nella posizione nonviolenta o vi sono
orientati, degli strumenti immediati e agili di documentazione e di
riflessione sugli aspetti piu' rilevanti del dibattito e dell'iniziativa
nonviolenta in Italia e nel mondo.
Direttore responsabile e' Pietro Pinna; direttore editoriale e' Mao
Valpiana.
I quaderni possono essere ordinati alla redazione di "Azione nonviolenta",
anche per e-mail: azionenonviolenta@sis.it e verranno inviati in
contrassegno. Oppure versare l'importo sul ccp n. 10250363 intestato ad
"Azione nonviolenta", via Spagna 8, 37123 Verona.
Per informazioni e contatti: "Azione nonviolenta", via Spagna 8, 37123
Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail: azionenonviolenta@sis.it,
sito: www.nonviolenti.org
3. APOLOGHI. MARIA G. DI RIENZO: IMPARARE BENE
[Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59@libero.it) per
questa sua traduzione di un apologo "tradotto da un sito pacifista,
attribuito alla famosa 'Peace Pilgrim'". Maria G. Di Rienzo e' una delle
principali collaboratrici di questo foglio; prestigiosa intellettuale
femminista, saggista, giornalista, regista teatrale e commediografa,
formatrice, ha svolto rilevanti ricerche storiche sulle donne italiane per
conto del Dipartimento di Storia Economica dell'Universita' di Sidney
(Australia); e' impegnata nel movimento delle donne, nella Rete di Lilliput,
in esperienze di solidarieta' e in difesa dei diritti umani, per la pace e
la nonviolenza]
Un extraterrestre in visita sulla Terra passo' accanto ad un campo militare,
dove vide uomini infilzare sacchi di paglia con delle lame fissate su
bastoni.
"Che stanno facendo?", chiese ad un giovane in uniforme.
"Pratica con la baionetta - rispose il soldato -, bisogna usarla in un certo
modo, per uccidere. Ovviamente al giorno d'oggi non uccidiamo molti uomini
con la baionetta, usiamo di piu' le bombe".
"Ma perche' dovreste voler imparare ad uccidere?", chiese l'extraterrestre
inorridito.
"In realta' non vogliamo, replico' amaramente il giovane, ma ci mandano qui
a farlo anche contro la nostra volonta'".
L'extraterrestre se ne ando' verso la citta'. In una piazza noto' che molte
persone erano radunate per assistere alla consegna di una medaglia ad un
altro giovane in uniforme.
"Perche' viene decorato con una medaglia?", chiese.
"Perche' ha ucciso cento uomini in una battaglia", gli risposero.
L'extraterrestre se ne ando' in fretta verso un'altra parte della citta'.
Mentre camminava, senti' da una radio tenuta ad alto volume che un tizio
sarebbe presto stato giustiziato.
"Perche' viene messo a morte?", chiese ad un passante.
"Perche' ha ucciso due uomini", gli rispose quello.
Tornato alla sua astronave, l'extraterrestre scrisse sul diario di bordo:
"Sembra che sulla Terra i giovani vengano forzati ad imparare come uccidere
in modo efficiente. Quelli che imparano bene, e uccidono un gran numero di
persone, vengono ricompensati con medaglie. Quelli che imparano male, e
uccidono solo poche persone, vengono messi a morte".
4. RIFLESSIONE. ENRICO PEYRETTI: IN UN PAESE CHE CI E' CARO
[Ringraziamo Enrico Peyretti (per contatti: peyretti@tiscalinet.it) per
questo intervento. Enrico Peyretti e' uno dei principali collaboratori di
questo foglio, ed uno dei maestri piu' nitidi della cultura e dell'impegno
di pace e di nonviolenza. Tra le sue opere: (a cura di), Al di la' del "non
uccidere", Cens, Liscate 1989; Dall'albero dei giorni, Servitium, Sotto il
Monte 1998; La politica e' pace, Cittadella, Assisi 1998; Per perdere la
guerra, Beppe Grande, Torino 1999. E' diffusa attraverso la rete telematica
(ed abbiamo recentemente ripresentato in questo notiziario) la sua
fondamentale ricerca bibliografica Difesa senza guerra. Bibliografia storica
delle lotte nonarmate e nonviolente]
In un paese che ci e' caro, un impresario dalla carriera e dalla ricchezza
pochissimo limpide entro' in politica per non entrare in prigione. Per non
scendere nell'arrampicata sociale, scese in campo. I concorrenti gli
permisero di giocare la partita, dalla quale era escluso per legge in quanto
concessionario di un servizio pubblico, perche', nella loro sufficienza di
professionisti, erano convinti di batterlo. Primo errore, prima concessione
all'illegalita'.
Troppi cittadini, i cui criteri politici e morali non vanno affatto per il
sottile (non ne mancano mai), che ammirano il successo economico comunque
ottenuto (perche' e' il loro ideale umano), piu' i tanti poco informati e
molto influenzati, facilmente ingannati, cosicche' credono che sappia
gestire gli affari pubblici uno che ha fatto tanti soldi negli affari
privati, piu' i soliti parassiti ronzanti come luridi mosconi dove c'e'
odore di ricchi e vincenti, lo votarono.
Cosi', invece che in prigione, entro' in politica, direttamente al governo.
Gli alleati necessari li aveva trovati: partiti stravecchi e stranuovi,
precedenti o successivi al momento storico e alla cultura fondatrice di
quella repubblica democratica, estranei alle sue basi costituzionali, ed
anche qualche marginale del sistema costituzionale aggredito, convinto di
salire sul carro di un nuovo cammino. Costoro, che non si sarebbero mai
affermati da soli, videro nell'alleanza con l'impresario protettore e
trascinatore l'occasione storica. Si stabili' un ricatto reciproco: senza di
me non siete nulla, diceva lui; senza di noi non hai i numeri sufficienti,
dicevano loro.
A sua volta, l'impresario aveva inventato un partito, di assoluta proprieta'
personale, senza la minima struttura democratica. Ovvio: la democrazia si
compra e si usa, rispettarla rallenta l'azione.
*
Democrazia populista
Egli teorizzo' che la maggioranza assolve. Il popolo lava come un battesimo
e rende puro ogni sospettato, sicche' inquisire il consacrato dal cielo
attraverso l'oracolo popolare, e' offesa quasi sacrilega. Fece della
democrazia semplificata e populista un idolo superiore alla morale, alla
giustizia, alla legge. Il popolo ci cade, in questo gioco, almeno per un
po'. Gli antichi re assoluti rivestivano di diritto divino la loro
supremazia. Il tipo del nuovo tiranno riveste di democrazia il proprio
accumulare tutti i diversi poteri sociali e politici, contro la regola
essenziale dello stato di diritto, che e' la loro divisione e reciproco
bilanciamento. Alcuni dei suoi, dalla lingua meno controllata, lo
proclamarono a voce alta: prendi tutto! Il suo governo lo chiamo' governo
costituente: violenza giuridica, la parte per il tutto.
Un impresario affronta la politica come un affare tra gli altri, che deve
salvare e assicurare la sua posizione, specialmente se sente sul collo il
fiato della legge penale. Egli guarda allo stato come se fosse un'azienda:
cosi', infatti, lo chiama. E non e' forse tutto al mondo una compravendita?
L'abitazione, il vestiario, il divertimento, l'informazione, lo sport, il
sesso, la salute, il lavoro, anche schiavi e schiave, e gli organi umani, e
la cultura. Perche' non lo sarebbe la politica? Quindi gestisce partito,
politica, stato, da padrone. C'e' forse un altro modo? Gli affari si fanno
per utilita'. Quindi anche le leggi, appena se ne ha il potere. Le forme
sono salve: i numeri ci sono, la democrazia e' salva. Anche la propria
impunita'.
Privatizza la politica, la cosa pubblica (res publica), cioe' di tutti, come
se fosse un pezzo di terra, una stazione televisiva, una villa. Anche le
leggi se le compera, se le adatta come un abito su misura. Del resto, e' il
momento, il trend, la modernizzazione, le riforme, la liberalizzazione, la
deregulation. Si privatizzano, cioe' sono comperate dai piu' ricchi, le cose
di tutti, fino all'acqua e all'aria. Derubano per rivendere ai derubati.
Opporsi a questo andazzo e' essere comunisti, cioe' arcaici, nemici della
liberta', criminali. Tutto cio' gli viene naturale. Lui e' fatto cosi'. I
poveri? Sono degli incapaci. Certo, e' un "inconveniente" che tanti muoiano.
Li assisteremo, siamo compassionevoli, purche' si accontentino e abbiano
pazienza e stiano a casa loro. Tutti possono arricchirsi, guardate me!
Che cosa possiamo farne, di un uomo simile? Di uno che ha occupato le
televisioni per occupare le teste piu' sprovvedute, e quindi il potere
"democratico" (nel senso di estorto al popolo)? Non e' vero che cio' che fa
il popolo e' sempre giusto! Se il popolo si rovina come quella mandria di
porci indemoniati che si gettarono in mare, quello che fa non e' giusto,
anche se fosse liberamente (ma non lo e') democratico. Legittimare
l'inlegittimabile e' complicita'.
* Privatizziamolo
Che ne faremo? Privatizziamolo. Privatizziamo chi privatizza la politica.
Restituiamolo alla sua vita privata, cosi' sua moglie potra' vederlo anche a
casa oltre che in tv, come ha dichiarato. Riduciamolo a privato cittadino,
uguale agli altri davanti alla legge, fatta da tutti per tutti. Che la legge
ritorni uguale per tutti. Certo, non lo e' mai stata totalmente, ma il
principio era quello, oggi stravolto.
Espelliamolo dalla politica, che non e' fatta per lui, perche' non puo'
capire gli interessi e i diritti che non siano i suoi, non sopporta i doveri
in conflitto coi propri affari, non tollera i vincoli delle leggi, dei
tribunali e il perditempo della costruzione del consenso, attraverso
contraddizioni e dibattiti. Liberiamo la politica dagli impresari, che la
cementificano a proprio uso e profitto.
Infatti, non e' vero che tutti i cittadini sono capaci di politica, con
buona pace di Protagora. I delinquenti non sono politici ne' democratici,
perche' la legge del loro comportamento non e' il bene di tutti, ma il
proprio, anche a danno altrui. La mentalita' affaristica, maniacalmente
economicistica, non e' democratica, perche' cerca un vincere che consiste
nella sconfitta altrui. La psicologia di guerra (tra privati come tra
stati), cioe' di vittoria, non e' democratica, perche' ammette ed anzi cerca
l'esclusione, invece della inclusione di tutti, che vuole anche ricuperare
alla socialita' chi si mette contro tutti, col delinquere o col rapinare
economicamente.
*
Economia, democrazia
Economia significa regola per mandare avanti bene la casa, con tutti quelli
che la abitano, non significa rubare dal piatto del commensale e neppure
costringerlo a venderci la sua porzione al prezzo stabilito da noi.
Democrazia non e' qualunque risultato della volonta' maggioritaria. Non e'
democratica la volonta' di sopraffazione. Non e' democratico il governo
degli uomini invece del governo della legge. Non e' democratica le legge che
garantisce il sopruso dei forti e non da' forza ai deboli. La concezione
formale della democrazia ha valore fino ad un certo punto, per escludere la
pretesa di chi voglia imporre la propria verita' sull'errore altrui: decida
dunque la generalita', in base al criterio di maggioranza. Ma la democrazia
formale e' perduta quando il popolo e' sovrano ma non ha la saggezza
necessaria ad un buon sovrano, quando non ha abbastanza chiari i criteri di
valore, tali che conducano le forme democratiche verso una democrazia
sostanziale. Senza valori umani superiori alla forza del numero, la
democrazia si risolve in "democratura", dittatura democratica, tirannia sul
popolo avallata dal popolo. Tutt'altro che impossibile, tutt'altro che
inedita.
Per restituire la politica ai cittadini, invitiamo i cittadini, ognuno
cominciando da se stesso, a pensare e valutare, a spegnere le trombe del
potere informativo passivizzante, ad informarsi da soli, cercando le fonti,
non lasciando che gliela diano da bere. Imparare a leggere, inizio della
liberta'. E se i cittadini liberi sono pochi, se i piu' sono ancora vittime
mentali, boicottiamo il potere mediatico: ascoltiamo solo alcune radio e tv,
non accendiamo mai, in numeri crescenti, le tv del padrone, fino a
danneggiarle economicamente, unico argomento a lui comprensibile.
Boicottiamo i prodotti pubblicizzati dai media del Grande Imbonitore,
leviamogli l'aria con cui gonfia i suoi palloni. Sgonfiamo le sue trombe,
sgonfieremo anche lui, col tempo.
Insieme alla politica istituzionale, il trafficante prendi-tutto va
spodestato con la resistenza civile nonviolenta. Andiamo ad imparare nel
manuale universitario di Gene Sharp (Politica dell'azione nonviolenta,
volume secondo, Edizioni Gruppo Abele) le 198 diverse tecniche di difesa
nonviolenta da sopraffazioni esterne e interne. Sono tecniche non immaginate
a tavolino, ma collezionate da casi storici reali e concreti. Non poche
volte, i popoli si sono liberati di dittatori violenti o melliflui senza
colpo ferire, con la forza della verita', del diritto, dell'unita', della
resistenza, della disobbedienza leale, della capacita' di soffrire. La
liberazione dalle leggi illegali sta nella disobbedienza civile, nella
violazione leale della illegalita', col coraggio di accettare le
conseguenze. Questo coraggio si trova insieme. Non e' una bravata di alcuni.
L'istigazione alla lotta nonviolenta verra' criminalizzata, ma criminale e'
l'usurpazione della legge. I popoli si possono svegliare quando
l'ingiustizia e' smascherata a prezzo di sofferenza.
Non basterebbe che gli oppositori attuali dell'impresario vincessero le
elezioni. Primo, perche' si sono sempre dimostrati culturalmente deboli e
troppo omogenei, lo hanno legittimato, non vedono tutta la radice del
pericolo, sono in buona parte contagiati dalla stessa cultura mercantile,
mercificante, quantificante, liberal-violenta. Secondo, perche' l'impresario
della politica sarebbe pericoloso, per quello che si e' dimostrato, anche
spinto all'opposizione. Deve essere tolto dalla politica, non solo dal
governo.
Bravo, mi si dira' con buone ragioni: lui e' in politica perche' tanti,
troppi elettori sono come lui. Infatti, il problema non e' tanto elettorale
quanto culturale, educativo, morale. Non bastano i partiti, non basta la
politica a liberare la politica dal potere tirannico e invasivo del denaro e
dei maneggioni. Le forze morali sono chiamate in causa.
*
Le forze morali
La chiesa cattolica tradisce il suo compito. Ha parlato bene sulla legalita'
nel 1991, ora tace, si fa comperare con qualche scampolo di privilegi. La
sua gerarchia non capisce il pericolo: vede solo gli attacchi a se stessa,
non gli attacchi all'umanita'. Ha reagito bene contro la piu' oscena di
tutte le guerre, ma non capisce che la radice delle guerre e' nella cultura
della illegalita' spudorata, perche' sopraffare, rubare, uccidere, e' una
catena unica. Non le basta ancora vedere l'impresario intrecciare un tresca
mercenaria con l'imperatore guerriero. Gli occorre la guerra omicida per
vedere l'omicidio dei prepotenti, che comincia molto prima, strisciante nel
quotidiano. Oggi, per lo piu', il giornale dei vescovi di questo paese che
ci e' caro, porta molto rispetto all'impresario dell'illegalita', il quale
porta molto rispetto ai vescovi. Il presidente di quei vescovi, un
cardinale, risulta a molti simpatizzante del Grande Imbonitore, le cui
parole sono truffe.
Salvo belle eccezioni, le gerarchie ecclesiastiche, pastori di se stessi, si
inchinano ai poteri forti, li preferiscono ai cattivi odori dei popoli e
alle rivendicazioni di giustizia, magari scomposte e poco pie. Perdonano gli
adulteri dei ricchi, non le bestemmie degli arrabbiati. Accettano un invito
a pranzo, ma non ad un comizio popolare. Santificano i martiri della fede e
della castita', non quelli della giustizia e della coscienza: Romero e
Jaegerstaetter si sono dimenticati di fare miracoli fisici avendone fatti di
morali assai piu' grandi, percio' devono aspettare fuori dalla grande
basilica. Male per i gerarchi, non male per i santi che rimangono tra la
gente.
I gerarchi ecclesiastici cattolici, davanti a tutte le tirannie del
Novecento, hanno benedetto l'ateismo ossequioso del capitalista, e
scomunicato quello del proletario, senza vedere che il secondo non era ateo
del Dio di Gesu', ma del dio di Mammona. Per fortuna nostra (e della prima
moglie) l'impresario-imbonitore e' divorziato, cio' che ha trattenuto i
vescovi dal benedire in lui il difensore della fede.
Gli uomini di cultura dovrebbero impegnarsi fino a rischiare prestigio e
carriera contro la democratura in atto. Pochi lo hanno fatto. Dovrebbero
boicottare le televisioni, le case editrici, i giornali, le riviste, gli
ambienti sociali nelle mani del padrone o ruotanti nella sua sfera.
Sviluppare e divulgare argomenti per smascherare l'inganno nazionale, e' il
loro lavoro e dovere, imparando il linguaggio serio ma popolare, in aiuto al
cittadino medio, intellettualmente piu' indifeso. Sappiamo che non e'
facile. Ma nulla di importante e' facile.
*
Pieta' e amore per lui
Infine, bisogna avere pieta' per l'ingannatore preda di se stesso, cacciato
nel vicolo cieco di doversi difendere dalla legge condannando la legge e i
giudici. La sua, e' povera umanita' in trappola. E' il fallimento evangelico
del ricco. Un simile presuntuoso esclude la sola ipotesi che lo salverebbe:
aver commesso errori, essere in colpa. In questa impotenza sta il suo
pericolo, piu' che nel tradimento degli alleati e nella forza degli
avversari.
Non si vergogna di comandare (cio' che e' effettivamente umiliante per ogni
persona sensibile) perche' e' l'unica cosa che sa fare. Cosi' e' ogni
persona che non sa fare nulla e quindi comanda ad altri di fare la sua
volonta'. Chi comanda e' paralizzato, e' dipendente, prepara il proprio
fallimento. Per questi uomini dimezzati, peggio che handicappati fisici o
mentali, l'economia - non nel senso vero della parola, ma nel senso di
arricchirsi - e' la cosa piu' importante, essenziale, e' il loro respiro,
perche' non capiscono nulla e nulla apprezzano (in questo verbo c'e' la
parola pregio, ma anche prezzo) delle cose importanti. Nessuno e' piu' vuoto
del ricco o dell'aspirante ricco.
Non stiamo criminalizzando la buona disponibilita' di mezzi, che e' un sano
bisogno umano e permette uno sviluppo umano. Stiamo constatando che
l'umanita' del ricco nello spirito resta anchilosata sui mezzi e perde il
senso dei fini umani.
Ma il ricco si occupa, eccome, delle cose umanamente importanti, e molto
attivamente: di arte, di cultura, di sviluppo umano, persino di religione.
Sara' anche sincero, in tanti casi, nella sua nostalgia di una modalita'
umana piu' genuina e libera, fatto sta che, se e' diventato ricco e in cio'
si identifica, si trovera' affetto dalla disgrazia di re Mida: si occupa di
tutto pensando a quanto rende in denaro, trasformando in denaro e potere gli
spettacoli, l'arte, lo sport, la cultura. E gli sembra veramente che tutto
cio' sia inevitabile.
Combattere un tipo simile quando si e' impadronito del governo della polis,
volerlo veramente spodestare e ridurre a privato cittadino, volerlo
spogliare delle dignita' conferitegli dal popolo e mostrarlo nudo, tutto
cio' comporta un pericolo per noi che ne vediamo la necessita' politica e
umana: comporta il pericolo di disprezzare e anche di odiare. Il popolo piu'
ricco del mondo, dominatore e rapinatore della vita altrui, di cui e'
beotamente ignorante, quando si e' trovato aggredito si e' domandato col
massimo sconcerto: ma perche' ci odiano tanto? Il ricco e' odioso, e non lo
sa. L'odio porta alla violenza. La violenza non libera nessuno. La violenza
ribelle non e' alternativa, ma discepola continuatrice della violenza
oppressiva. Il tiranno manipolatore della democrazia va spodestato con i
mezzi forti, e dunque nonviolenti, della nonviolenza attiva.
Il suo vantaggio, il nostro ritardo, e' che i politici a lui avversari non
conoscono le possibilita' della nonviolenza, e il popolo e' ignorante
riguardo a queste sue possibilita'. Tutta la politica e' in ritardo storico,
anche se qualche minuscolo passo si puo' registrare. Quel che riusciamo a
fare nella diffusione e crescita della cultura e dell'azione nonviolenta,
intellettualmente approfondita, spiritualmente fondata, praticamente
esercitata, produrra' liberazione e giustizia, quindi pace.
Non odiare, ma amare quel poveruomo, e' lo spirito giusto per combatterlo in
giustizia. Si puo' amare anche uno che non si stima, anche un miserabile.
Dio ci ama cosi', e questo ci chiede. Amare non dipende dalle qualita'
dell'amato ma dell'amante. Amare quel tirannello vuol dire capire che
qualcosa nella sua vita, una fortuna immeritata, forse da nascondere, lo ha
disorientato, gli ha falsato l'immagine di se' e degli altri, lo ha spinto
nel vicolo cieco del cosiddetto successo, dove non si puo' tornare indietro
senza l'aiuto degli altri, ma l'aiuto degli altri e' proprio cio' che si
rifiuta in quello stato di alienazione. Amarlo consiste nell'avere pieta'
della sua poverta' umana, occultata dalla ricchezza, e nel permettergli di
tornare quello che e': un essere modestamente dotato, molto confuso riguardo
a cio' che conta, pericoloso nelle posizioni di potere (perche' gli esaltati
dal potere sono i piu' incapaci di gestirlo), bisognoso di vedersi allo
specchio per riconoscere le proprie colpe e diventarne libero. Insomma, un
cittadino come tanti di noi, senza pretese, impegnati al meglio. Sarebbe il
suo bene, e il bene di tutti.
5. LIBRI. ILEANA MONTINI PRESENTA "BERLUSCONI" DI PAUL GINSBORG
[Ringraziamo Ileana Montini (per contatti: ileana.montini@tin.it) per questo
intervento. Ileana Montini, prestigiosa intellettuale femminista, gia'
insegnante, e' psicologa e psicoterapeuta. Nata nel 1940 a Pola da genitori
romagnoli, studi a Ravenna e all'Universita' di Urbino, presso la prima
scuola di giornalismo in Italia e poi sociologia; giornalista per
"L'Avvenire d'Italia" diretto da Raniero La Valle; di forte impegno
politico, morale, intellettuale; ha collaborato a, e fatto parte di, varie
redazioni di periodici: della rivista di ricerca e studio del Movimento
Femminile DC, insieme a Tina Anselmi, a Lidia Menapace, a Rosa Russo
Jervolino, a Paola Gaiotti; di "Per la lotta" del Circolo "Jacques Maritain"
di Rimini; della "Nuova Ecologia"; della redazione della rivista "Jesus
Charitas" della "famiglia dei piccoli fratelli e delle piccole sorelle"
insieme a fratel Carlo Carretto; del quotidiano "Il manifesto"; ha
collaborato anche, tra l'altro, con la rivista "Testimonianze" diretta da
padre Ernesto Balducci, a riviste femministe come "Reti", "Lapis", e alla
rivista di pedagogia "Ecole"; attualmente collabora al "Paese delle donne".
Ha partecipato al dissenso cattolico nelle Comunita' di Base; e preso parte
ad alcune delle piu' nitide esperienze di impegno non solo genericamente
politico ma gramscianamente intellettuale e morale della sinistra critica in
Italia. Il suo primo libro e' stato La bambola rotta. Famiglia, chiesa,
scuola nella formazione delle identita' maschile e femminile (Bertani,
Verona 1975), cui ha fatto seguito Parlare con Dacia Maraini (Bertani,
Verona). Nel 1978 e' uscito, presso Ottaviano, Comunione e liberazione nella
cultura della disperazione. Nel 1992, edito dal Cite lombardo, e' uscito un
libro che racconta un'esperienza per la prevenzione dei drop-out di cui ha
redatto il progetto e curato la supervisione delle operatrici: titolo: "...
ho qualche cosa anch'io di bello: affezionatrice di ogni cosa". Recentemente
ha scritto la prefazione del libro di Nicoletta Crocella, Attraverso il
silenzio (Stelle cadenti, Bassano (Vt) 2002) che racconta l'esperienza del
Laboratorio psicopedagogico delle differenze di Brescia, luogo di formazione
psicopedagogica delle insegnanti e delle donne che operano nelle relazioni
d'aiuto, laboratorio nato a Brescia da un progetto di Ileana Montini e con
alcune donne alla fine degli anni ottanta, preceduto dalla fondazione,
insieme ad altre donne, della "Universita' delle donne Simone de Beauvoir".
Su Ileana Montini, la sua opera, la sua pratica, la sua riflessione, hanno
scritto pagine intense e illuminanti, anche di calda amicizia, Lidia
Menapace e Rossana Rossanda. Paul Ginsborg, nato a Londra nel 1945,
storico, docente a Cambridge e Firenze, e' stato tra i fondatori del
"Laboratorio per la democrazia" fiorentino. Tra i suoi libri: Storia
d'Italia dal dopoguerra a oggi (1989); L'Italia del tempo presente (1998);
Storia d'Italia 1943-1996 (1998); Berlusconi (2003); tutti editi presso
Einaudi, Torino]
In un'estate assolata e torrida, fornisce un brivido di freddo fare certe
letture. Mi riferisco al libretto uscito con il titolo "Berluconi, ambizioni
patrimoniali in una democrazia mediatica" dello storico inglese Paul
Ginsborg (Einaudi, Torino 2003, pp. 102, euro 9).
E' una lettura istruttiva anche perche' l'autore, pur vivendo da professore
universitario in Italia, resta un osservatore inglese. Ginsborg insegna
storia, ma il suo saggio a me e' parso di timbro sociologico e in questa
prospettiva lo considerero'.
L'autore fa una considerazione interessante, prima di tutto, circa il taglio
diverso dell'occupazione democristiana dello Stato rispetto a quella
progettata dal Cavaliere.
Prima di tutto, perche' nessun leader democristiano possedette mai le
ricchezze e il carisma mediatico di Berlusconi. Ma anche perche' i capi Dc
utilizzavano nel comunicare con la gente un incomprensibile politichese. E
poi perche' mai fu consentito a qualcuno di loro di diventare leader unico e
incontestato.
Il progetto di Berlusconi, Ginsborg lo definisce di tipo patrimoniale.
Nel patrimonialismo delle societa' antiche i sottoposti al signore gli
dovevano fedelta' assoluta e servizio militare, ma anch'egli doveva a loro
protezione verso l'esterno e un aiuto in caso di necessita'. Qualcosa del
genere si sta verificando in Italia?
Secondo Ginsborg forse si': "le ambizioni volte all'accumulo illimitato di
beni e proprieta', il capriccioso arbitrio del patrono fondato su un debole
stato di diritto, la reciprocita' dei favori, sono tutte chiavi di volta del
piano berlusconiano".
L'altro aspetto e' l'enfasi sulla tematica della liberta' e meno su quella
della democrazia.
La liberta' che agita la mente berlusconiana e' di tipo "negativo", cioe'
l'affrancarsi dalle interferenze e dagli ostacoli. Gli individui devono
essere aiutati a fare da se' e a esprimere incondizionatamente le propria
individualita'. L'economia e la societa' devono essere liberate da vincoli
opprimenti e dalle procedure burocratiche.
Alla liberta' "positiva", intesa come realizzazione individuale nel contesto
di un controllo collettivo sulla vita quotidiana, non viene data molta
importanza.
Ma il guaio e' che questa etica collettiva incontra il favore della gente.
Infatti l'autore ce lo dimostra analizzando spietatamente il volto del
consenso al Cavaliere e gli strumenti che lo agevolano. Nel solo periodo dal
1988 al 1995, le indagini dimostrano che il tempo trascorso in media davanti
al televisore passo' da due ore e cinquantatre minuti a tre ore e
trentacinque minuti. E il potere esercitato dai leader, scrive Ginsborg,
"sotto l'occhio vigile dei consulenti d'immagine, ha registrato una crescita
esponenziale".
Noi - lo ha ampiamente scritto Bauman, nonche' Senett, Giddens, ecc. - siamo
la societa' in cui le identita' si formano e si disfano all'insegna dei
consumi. Il consumo "con i suoi cicli perpetui di
desiderio-acquisto-uso-delusione-rifiuto-risorgere del desiderio, riveste un
ruolo chiave nella creazione di una cultura televisiva consensuale di
massa".
A questo punto l'analisi si inclina sul versante delle donne. Le casalinghe
sono state fedeli elettrici di Berlusconi, cioe' quel tipo di donna che
viene bombardato quotidianamnete da innumerevoli spot pubblicitari incitanti
ai consumi. Le analisi elettorali hanno evidenziato come la propensione a
votare Berlusconi aumentava in proporzione al tempo trascorso davanti al
televisore. Il 42,3 per cento delle donne che guardavano piu' di tre ore la
tv voto' Berlusconi. "L'identita' individuale viene cosi' a formarsi e ad
esprimersi nel contesto di messaggi pubblicitari accuratamante pilotati, che
vengono poi tradotti e incarnati dal mondo dello shopping".
L'altro aspetto e' quello normativo. Il consumo e' diventato sottile e
cumunlativo.
"I valori della famiglia sono quelli del consumo opulento ma anche del
cattolicesimo tollerante, piu' o meno incline alla parita' di genere, ma con
madri il cui ruolo centrale resta quello di fornire servizi - emotivi,
gastronomici di lavanderia. La televisione propone il ritratto di una
famiglia familista, nel senso che privilegia i propri istinti di
accumulazione e i propri interessi e solo in rari casi la dipinge pronta a
sacrificare parte di essi per il bene della societa' civile, e ancor piu' di
rado per lo Stato".
Sono famiglie linde e ben vestite, pro-americane, privatizzate e orientate a
sentire in Berlusconi come il loro rappresentate organico, la
personificazione dei sogni di opulenza.
Berlusconi non e' soltanto il primo ministro. Insediato nella bella, reale,
villa di Arcore, "presiede anche all'immaginario collettivo" di una parte
consistente del Paese.
D'altronde, la sua e' una personalita' che corrisponde molto bene al sogno
del cittadino medio e all'ethos dominante nell'Italia post-moderna.
Nell'ammirazione per il Cavaliere si mescolano, quindi, autoidentificazione
e proiezione dei propri desideri.
Se questa analisi ha componenti di verita', per non volgere al piu' duro ed
esasperato pessimismo, occorre pensare in modo meno politico tradizionale e
un po' piu' socio-psicologico.
Come dire che di queste analisi c'e' bisogno.
Una riflessione che Ginsborg non fa, ma che si puo' aggiungere al suo
interessante libretto, e' quella che riguarda i fenomeni di disagio
psicologico, o dell'identita', che a marea si diffondono ormai anche in
Italia.
Il consumo di psicofarmaci e' aumentato, insieme ad una certa insofferenza
per una vita quotidiana sollecitata a consumare emozioni e relazioni. E' in
aumento - lo sanno gli psicologi - la domanda sul senso della vita in un
mondo ormai fortemente segnato dalla fine della credenza nell'aldila' e dei
valori religiosi. La presa che ha sempre di piu' la filosofia orientale, a
cominciare dal buddhismo, ne e' un esempio.
Ma i politici di professione queste cose le sanno?
6. LIBRI. OTTAVIO DI GRAZIA PRESENTA "LA GUERRA E IL SILENZIO DI DIO" DI
BRUNO FORTE
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 27 aprile 2003. Ottavio Di Grazia e'
docente di storia delle religioni all'Istituto suor Orsola Benincasa,
Universita' di Napoli, e di storia della diaspora ebraica all'Universita' di
Trieste. Bruno Forte e' uno dei piu' influenti teologi cattolici viventi; su
di lui, dal sito www.emsf.rai riportiamo la seguente scheda: "Nato nel l949
a Napoli, ordinato sacerdote nel l973, dottore in teologia nel l973 e in
filosofia nel l977, Bruno Forte e' ordinario di teologia dogmatica nella
Pontificia facolta' teologica dell'Italia meridionale, di cui e' preside. Ha
trascorso lunghi periodi di ricerca a Tuebingen e a Parigi. E' stato il
primo relatore al convegno della Chiesa italiana a Loreto (l985) e
all'assemblea delle Chiese europee a Erfurt (l988). E' consultore del
Pontificio consiglio per l'unita' dei cristiani. L'opera di Bruno Forte e'
articolata in tre campi, che corrispondono, nelle sue intenzioni, alle tre
virtu' teologali. Al primo, Simbolica della fede, appartiene una Simbolica
ecclesiale in otto volumi: 1. La parola della fede. Introduzione alla
simbolica ecclesiale, San Paolo, Milano, s. d.; 2. La teologia come
compagnia, memoria e profezia. Introduzione al senso e al metodo della
teologia come storia, San Paolo, Milano, l987; 3. Gesu' di Nazareth, storia
di Dio, Dio della storia. Saggio di una cristologia come storia, San Paolo,
Milano, l981; 4. Trinita' come storia. Saggio sul Dio cristiano, San Paolo,
Milano, l985; 5. Il mistero della Chiesa, comunione e missione. Saggio di
ecclesiologia trinitaria, San Paolo, Milano, s. d.; 6. L'eternita' nel
tempo. Saggio di antropologia e di etica sacramentale, San Paolo, Milano,
l993; 7. Teologia della storia. Saggio sulla Rivelazione, l'inizio e il
compimento, San Paolo, Milano, l99l; 8. Maria, la donna icona del Mistero,
San Paolo, Milano, l989. Al secondo Dialogica dell'amore, si ascrivono: La
Chiesa nell'Eucarestia, D'Auria, Napoli, l975; La Chiesa, icona della
Trinita', Queriniana, Brescia, l984; Laicato e laicita', Marietti, Genova,
l986. Al terzo, Poetica della speranza: Corpus Christi, D'Auria, Napoli,
l982; Sul sacerdozio ministeriale. Due meditazioni teologiche, San Paolo,
Milano, l989; Piccola introduzione alla fede, San Paolo, Milano, l992;
Piccola introduzione ai sacramenti, San Paolo, Milano,l994; Piccola
introduzione alla vita cristiana, San Paolo, Milano, l995. Forte e' inoltre
coautore, insieme con Massimo Cacciari e Sergio Givone di Trinita' per atei,
Cortina , Milano, l997. Di fronte al tramonto della ragione totalizzante,
Bruno Forte apre la sua meditazione filosofica teologica e poetologica sulla
crisi dell'io-soggetto all'ascolto dell'altro. La parola dell'altro e' al
centro del suo costante colloquio con le voci piu' significative della
filosofia e della teologia del nostro tempo: da Heidegger a Bultmann e a
Rahner, da Jaspers a Levinas e a Mounier. La questione dell'altro si
articola per Bruno Forte essenzialmente su cinque livelli: come evento di
linguaggio interessa l'ermeneutica; come rivelazione appartiene alla
teologia; come nominazione alla metafisica; come deterritorializzazione o
esodo e' un problema antropologico; e infine sotto il segno della storia si
manifesta come resistenza, che ha trovato nel martirio di Dietrich
Bonhoeffer la sua forma piu' alta"]
Nell'ultimo libro di Bruno Forte - La guerra e il silenzio di Dio. Commento
teologico all'ora presente, Morcelliana, pp.103, euro 8,50 - lo sguardo del
teologo napoletano abbraccia i devastanti scenari che si sono aperti tra due
date che stanno segnando la storia di questo inizio del millennio: 11
settembre 2001 e marzo 2003. Dall'attentato terroristico alle Torri Gemelle
di New York allo scoppio della guerra voluta da Bush e Blair. Uno sguardo
che diventa subito pensiero tagliente e lucido nella lunga notte che sembra
avvolgere il mondo. Una notte resa ancora piu' fitta e impenetrabile dai
sinistri presagi che si addensano ora piu' che mai. Forte ha commentato
quasi quotidianamente le tappe dolorose di questo tempo sulle pagine del
"Mattino" di Napoli e ora questo corpo a corpo con una cronaca brutale e
sanguinaria viene riproposto in volume. Venti tappe: tanti sono i piccoli,
densi capitoli del libro che narrano i momenti salienti di questa devastante
cronaca.
La domanda che le accompagna e': quale commento e' possibile all'ora
presente per un teologo? Tra le macerie della guerra si addensano - oltre
all'odore acre della morte di innocenti - una serie di interrogativi che
sembrano non sfiorare neppure chi gioca con la possibilita' di ridisegnare
il mondo secondo l'agghiacciante principio della guerra preventiva.
Gli interrogativi di Forte sono quelli richiamati dallo stesso pontefice. In
particolare, quello angoscioso sul silenzio di Dio. Domanda terribile che ha
accompagnato anche altre epoche della storia e che si ripropone
terribilmente in questo tempo di "poverta'", arroganza e follia, dove la
politica ha smesso ancora una volta di essere il luogo della mediazione per
diventare una statua infranta e la forza del diritto si e' trasformata nel
diritto della forza.
All'indomani dell'11 settembre Forte scrive: "Di fronte ai tragici eventi
accaduti in America e al dramma della guerra in atto il bisogno di silenzio
e di preghiera si unisce al desiderio di condividere qualche riflessione
nata dalle domande che tutti ci siamo posti: perche' questa strage?".
L'interrogativo sul "perche'" dilaga sull'assenza di parole che accompagna
ogni forma di fondamentalismo e integralismo che trasformano ogni fede
religiosa in regime di verita', nel "sogno allucinante" di un "dominio
violento da imporre al mondo intero" in nome di Dio. Siamo di fronte alla
religione trasformata in ideologia. Si tratta di un rischio grandissimo,
perche' in essa si genera una devastante confusione fra bene e male, dove il
male e', ovviamente, rappresentato da chi non la pensa come noi, da chi e'
diverso da noi, da chi ha modelli culturali e percorsi di vita diversi dai
nostri. L'altro diventa tout court la barbarie da combattere. Del resto in
queste settimane di guerra abbiamo assistito a uno scialo vergognoso e
blasfemo dell'uso del nome di Dio, soprattutto da parte di Bush e persino di
Blair. Non possiamo ignorare che proprio Bush si presenta come un campione
di quel conservatorismo fondamentalista religioso che accomuna gran parte
del suo entourage e che fa eco a estremisti della fede che negli Usa hanno
visto i fatti dell'11 settembre come segno della fine della storia, antifona
di una nuova era. Una sorta di Armagheddon finale tra le forze del bene e
quelle del male. Appunto. Eppure Dio non e' questo. Il credente puo' solo
fare compagnia a Dio nel suo dolore e nel suo silenzio, rispettoso della
liberta' umana. E tuttavia: che fare? La risposta non puo' essere la
vendetta ne' la guerra preventiva. La risposta risiede nella giustizia. E la
giustizia esige una verita' senza manipolazioni.
Forte e' convinto che la risposta data dal governo degli Stati Uniti alla
sfida dell'11 settembre sia stata la peggiore: la guerra in Afghanistan non
ha prodotto un bel nulla. Sugli altri fronti - a cominciare da quello
mediorientale - la pace sembra sempre piu' lontana. Il pericolo atomico si
e' andato accrescendo: basti pensare alla Corea del Nord che peraltro non ha
mai subito minacce paragonabili a quelle agitate contro l'Iraq. Ha vinto la
barbarie che ha segnato il fallimento dell'Onu. Il "gendarme del mondo" e i
suoi vassalli hanno dimostrato di infischiarsene del diritto internazionale,
delle regole che sole possono garantire l'umanita' dai conflitti armati.
Ora che, dicono, la guerra e' finita, qualunque cosa accada, l'autorita' e
la credibilita' dell'Onu e' gravemente intaccata. Gli equilibri
faticosamente raggiunti a prezzo delle tragedie del '900 sono stati spazzati
via dall'amministrazione Bush. La crisi irreversibile dell'Occidente si
misura non solo e non tanto dentro il quadro semplicista dello "scontro
delle civilta'", quella occidentale e quella islamica, con i loro retroterra
religiosi, ma dentro un dualismo che vede da una parte "la logica di dominio
ostentata dagli Usa e dall'altra la riserva del patrimonio culturale e
morale del continente europeo". Lo scontro insomma non e' fra cristianesimo
e islam, ma fra un Occidente Usa che assolutizza se stesso e si sente
investito di un "magnifico destino" di superpotenza e un Occidente europeo
che potrebbe avere una diversa voce e proporre vie alternative fatte di
dialogo e cultura di pace. Peccato che oggi in Europa si aggirino personaggi
che sono ridicoli buffoni di corte.
Secondo Forte, il vero scontro non e' fra mondi religiosi, ma fra le fedi
viventi e i fondamentalismi, tutti, che non sono altro che vuote ideologie
violente e cieche rispetto al vero bene dell'umanita'. E qui si inserisce
l'elemento nuovo costituito dai movimenti per la pace con il loro carico di
forza etica e morale, fattore decisivo per l'agire politico.
La sete di speranza che costituisce un patrimonio comune alle fedi viventi,
con i loro simboli, la loro trepidante attesa, puo' rompere gli assordanti
silenzi che caratterizzano l'orrore di questa guerra e delle altre che
verranno imposte. Il primo silenzio e' quello dei morti: le loro immagini
sono state "liberamente censurate" dai giganti dell'informazione, perche'
non si incrinasse la propaganda e non fossero smascherate le menzogne. Il
secondo silenzio e' quello della verita', fatto di smentite e di immoralita'
politica. C'e' un silenzio, sostiene Forte, che non attiene solo ai fatti,
ma anche al futuro: che ne sara' dei prossimi anni? Degli assetti del mondo,
della dignita' di milioni di donne e uomini? Infine, il terzo silenzio:
quello di Dio. I credenti sanno che questo silenzio e' lo spazio difficile
della liberta'. Difficile liberta' che ci riguarda tutti e che dovrebbe
essere lo spazio per custodire, nella speranza, un mondo che esige la pace.
7. LIBRI. AUGUSTO ILLUMINATI PRESENTA "ECOANTROPOLOGIA" DI VITTORIO
LANTERNARI
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 29 luglio 2003. Augusto Illuminati, nato
a Perugia nel 1937, e' docente di filosofia politica all'Universita' di
Urbino; tra le sue molte opere segnaliamo particolarmente Sociologia e
classi sociali, Einaudi, Torino 1967, 1977; Kant politico, La Nuova Italia,
Firenze 1971; Lavoro e rivoluzione, Mazzotta, Milano 1974; Rousseau e la
fondazione dei valori borghesi, Il Saggiatore, Milano 1977; Classi sociali e
crisi capitalistica, Mazzotta, Milano 1977; Gli inganni di Sarastro,
Einaudi, Torino 1980; La citta' e il desiderio, Manifestolibri, Roma 1992;
Esercizi politici. Quattro sguardi su Hannah Arendt, Manifestolibri, Roma
1994. Vittorio Lanternari, nato nel 1918, docente di etnologia e storia
delle religioni, e' uno dei maestri dell'antropologia. Tra le sue opere
fondamentali: La grande festa, Il Saggiatore, Milano 1959; (con Raffaele
Pettazzoni), Oceania (secondo volume di Miti e leggende), Utet, Torino 1963;
Movimenti religiosi di liberta' e di salvezza dei popoli oppressi,
Feltrinelli, Milano 1960, 1977; Occidente e terzo mondo, Dedalo, Bari 1967,
1972; Antropologia e imperialismo, Einaudi, Torino 1974, 1975]
Vittorio Lanternari, l'ultimo grande maestro dell'etnologia italiana, al
culmine della sua carriera scientifica apre un nuovo spazio disciplinare
definito gia' nel titolo del suo recentissimo lavoro: Ecoantropologia.
Dall'ingerenza ecologica alla svolta etico-culturale, Dedalo, pp. 433, euro
20. Essa guarda e studia con occhio antropologico, ossia insieme umanistico
e assiologico, olistico e globale, l'ecologia devoluta ai rapporti pensati e
praticati nei comportamenti delle societa' e culture umane verso i
molteplici aspetti della natura.
La riflessione ecoantropologica comporta in primo luogo il riesame degli
interventi applicati alla natura in nome di presunti vantaggi immediati
individuali o collettivi, che hanno imposto radicali trasformazioni
ambientali con risultati controproducenti e spesso rovinosi per le
popolazioni locali - dal disboscamento alla perdita di biodiversita',
dall'inquinamento di tutti i tipi al massacro fisico e culturale degli
indigeni. Fra gli astratti modelli di un antropo-centrismo "adamitico",
collegato al creazionismo cristiano e ai relativi privilegi (supposti)
conferiti all'uomo, ma che solo nell'ultimo secolo hanno effettivamente
sconvolto gli equilibri spontanei, e di un eco-centrismo che tende
(soprattutto per i seguaci della deep ecology) a sacralizzare la natura, con
riferimenti alle religioni orientali, al neopaganesimo, al femminismo Wicca
e a opzioni sincretistiche, Lanternari inclina laicamente a privilegiare
quegli orientamenti che gettano un ponte fra istanze diverse, per esempio il
neo-femminismo socialista della rivista "CNS" di James O' Connor e Mary
Mellor (edizione italiana a cura di Giovanna Ricoveri), il movimento Chipko
e Vandana Shiva, che ha applicato la tradizione gandhiana nelle lotte per la
difesa della biodiversita' e contro la dissennata politica di deforestazione
e costruzione di maxidighe in India, o le correnti cristiane, soprattutto in
ambito missionario, che difendono in uno indigeni e natura saccheggiata nel
Terzo Mondo, inducendo anche un ripensamento ufficiale della Chiesa, quale
traspare dall'enciclica Centesimus annus (1991) di Giovanni Paolo II.
Un ruolo importante viene assegnato alle resistenze indigene al
produttivismo neo-coloniale, ripresa e prosecuzione delle rivolte
millenaristiche magistralmente studiate in passato dal nostro autore a
proposito del cargo cult.
L'eco-antropocentrismo, che riflette realisticamente le tensioni e gli
equilibri fra natura e cultura, si discosta dagli eccessi dell'animalismo
alla Peter Singer, dall'utopia del nuovo contratto naturale (Michel Serres)
o anche dalla liquidazione che in nome del principio di responsabilita' Hans
Jonas compie di ogni umanesimo progressista e dello stesso concetto di
"natura umanizzata", per recuperare piuttosto testi oggi alquanto desueti
(dai Manoscritti marxiani del 1844 agli appunti engelsiani per la Dialettica
della natura), da cui risulta la qualita' problematica e conflittuale della
differenziazione dell'uomo dall'animale e del dominio del primo sulla
natura, storicamente declinabile come prudente salvaguardia o sfrenato e
autodistruttivo sfruttamento capitalistico dell'ambiente. La moderna critica
agli effetti ecologici della globalizzazione, se non vuole risolversi in
banalita' retrograde o in condanne apocalittiche della tecnica, dovrebbe
rifarsi a quel tipo di approccio, aggiornandolo con la ricca esperienza
teorica e pratica dei piu' recenti movimenti.
*
Fra i capitoli in cui Lanternari affronta con informata passione i vari
campi problematici dell'ecologia (dalla polluzione ai brevetti, dalla
bio-pirateria genetica al rapporto fra nord e sud del mondo) spiccano quelli
dedicati rispettivamente a "Contraddizione e artificiosita' in ecologia" e a
"Il cristianesimo dinanzi al problema del rapporto uomo/natura-ambiente".
Nel primo, che e' un confronto con Il ritorno alla natura (1996) di Sergio
Dalla Bernardina, viene contestata la retorica del protezionismo, con le sue
pretese di un ripristino immaginario dell'originario rapporto armonico con
la natura che in realta' si traducono in oculata gestione commerciale e
turistica delle riserve, cui si sovrappone una variante tutta tecnologica e
mediatica di quella cattiva coscienza, che i cacciatori arcaici compensavano
con riti di decolpevolizzazione e offerte espiatorie. I parchi naturali
vengono percio' assunti come esempi tipici di conflittualita' latente fra
ecologia e affarismo, suscettibili di soluzioni di volta in volta
accomodate.
Nel secondo viene denunciato il "dormiveglia conservatorista" della Chiesa
in materia, che rinvia alla pesante ipoteca del Genesi, autorizzante il
dominio illimitato post-edenico dell'uomo (edenicamente vegetariano) sugli
animali e sui frutti della terra, nonche' alla repressione del naturismo
stregonesco agli albori dell'eta' moderna, rilevando tuttavia l'emergere di
correnti ecologiche nell'universo missionario, sensibilizzato dalla
resistenza indigena alla devastazione ambientale e al colonialismo vecchio e
nuovo. Se in Occidente il cristianesimo si e' limitato a difendere la
persona dell'uomo, indifferente a quanto fuoriusciva da un antropocentrismo
assoluto, il cristianesimo delle missioni si e' orientato verso il Terzo
Mondo come area da salvare dalle gravi contaminazioni ambientali derivanti
dalla cupidigia dei potentati economici europei e americani. Assai positivo
e' dunque il riconoscimento dell'azione di singoli e di riviste come
"Nigrizia" o "Survival International" per denunciare pubblicamente i
misfatti economici e politici delle multinazionali e degli staterelli locali
subalterni. La citata enciclica papale, la Compagnia ecumenica
dell'undicesimo comandamento, che trae conseguenze di rispetto della natura
dal carattere divino della sua creazione, la Convenzione Battista del
1990-1991 sono ragguardevoli esempi di un mutamento al vertice che tende a
rendere l'uomo religioso responsabile nei confronti della natura.
*
Nella vasta e responsabile rassegna di esperienze e posizioni militanti
manca forse un approfondimento della dimensione filosofica retrostante a
molte ideologie derivate, per esempio alla condanna heideggeriana della
tecnica che e' alla base (consapevole o meno) di molte formulazioni
correnti, o al ruolo di Schelling nella formazione di quell'orientamento
"romantico" che pure viene spesso richiamato. Implicito resta anche il
riferimento junghiano di molti approcci ecologici "profondi" o di New Age.
Il protagonista piu' intrigante e influente qui sarebbe stato Gregory
Bateson, la cui centralita' eccede le pur varie pagine che gli sono
dedicate.
8. RILETTURE. BIANCA GUIDETTI SERRA: COMPAGNE
Bianca Guidetti Serra, Compagne, Einaudi, Torino 1977, due volumi per
complessive pp. XX + 672. Una raccolta di testimonianze di partecipazione
politica femminile di straordinario valore e suggestione.
9. RILETTURE. EDOARDA MASI: CENTO TRAME DI CAPOLAVORI DELLA LETTERATURA
CINESE
Edoarda Masi, Cento trame di capolavori della letteratura cinese, Rizzoli,
Milano 1991, pp. 480, lire 55.000. Un libro che non ci stanchiamo di
raccomandare.
10. RILETTURE. SHEILA ROWBOTHAM: DONNE, RESISTENZA E RIVOLUZIONE
Sheila Rowbotham, Donne, resistenza e rivoluzione, Einaudi, Torino 1976,
1977, pp. VIII + 320. "Una analisi storica per una discussione attuale",
ancora di grande interesse e utilita'.
11. RILETTURE. LUCIANA STEGAGNO PICCHIO: LA LETTERATURA BRASILIANA
Luciana Stegagno Picchio, La letteratura brasiliana, Sansoni Accademia,
Firenze-Milano 1972, pp. 702. Un vasto e nitido panorama.
12. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.
13. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti, la e-mail e': azionenonviolenta@sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: lucben@libero.it;
angelaebeppe@libero.it; mir@peacelink.it, sudest@iol.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
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LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO
Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
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Numero 632 del 4 agosto 2003