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Il decreto Gasparri e' un cattivo decreto



Fonte: Punto Informatico
http://punto-informatico.it/p.asp?i=44457

Contrappunti/ Il wi-fi dimezzato

di Massimo Mantellini - E' bastato un decreto, osannato su tutti i media, 
per trasformare una tecnologia rivoluzionaria in un prezioso giochino da 
consegnare ai soliti noti della telefonia e del wireless. Ma che bello

16/06/03 - Stand By - Roma - Ho atteso qualche settimana, sperando di 
leggere sui quotidiani, negli articoli dei settimanali o anche 
semplicemente in rete su siti web informativi, che il decreto Gasparri 
sulla regolamentazione della tecnologia wi-fi in Italia e' un cattivo 
decreto. Ho atteso invano. Un po' su tutti i media si e' parlato 
dell'atteso "editto ministeriale", che pone i paletti dell'utilizzo 
pubblico della piu' innovativa fra le tecnologie di collegamento alla rete 
Internet. Un po' ovunque, giornalisti piu' o meno informati hanno suonato 
la tromba della grande innovazione che raggiunge anche il nostro paese e lo 
proietta fra quelli tecnologicamente piu' avanzati. Stupidaggini.

Secondo il Ministro il regolamento in questione emesso il 28 maggio scorso 
portera' grandi benefici per tutti. Ecco cosa ne pensa Gasparri:

"La regolamentazione approvata oggi contribuira' ad accrescere la 
competitivita' del nostro Paese nel mercato dell'accesso ad Internet, 
attraverso lo sviluppo del Wi-Fi. Il forte potenziale tecnologico che 
portano le Wireless LAN, costituisce una ulteriore opportunita' di impresa 
per le aziende del settore e soprattutto un vantaggio per i cittadini."

Quello che mi sarebbe piaciuto leggere, e che invece non ho trovato da 
nessuna parte, e' che la regolamentazione approvata e' prima di tutto la 
negazione del libero utilizzo sul territorio italiano delle frequenze 
attorno ai 2,4 ghz (chiunque le vorra' utilizzare in luoghi pubblici dovra' 
comunque chiedere una autorizzazione allo Stato) e poi che tale regolamento 
e' una maniera elegante per consegnare nelle mani degli operatori 
telefonici il business wi-fi nel nostro paese. Non e' un caso che il giorno 
successivo alla pubblicazione del documento, Telecom Italia abbia 
presentato 
(www.telecomitalia.it/stampa/comunicati_stampa/documento.asp?Id=34520) con 
un tempismo ammirevole un comunicato stampa con i suoi programmi wi-fi. 
Cosi' come non e' un caso che l'articolo 2 comma 1 del decreto ( 
http://www.comunicazioni.it/it/Img/34/regolamento%20wi-fi.pdf 
(www.comunicazioni.it/it/Img/34/regolamento%20wi-fi.pdf)) reciti testualmente:

"Il presente provvedimento fissa le condizioni per il conseguimento 
dell'autorizzazione generale per la fornitura, attraverso le applicazioni 
Radio LAN nella banda 2,4 GHz o nelle bande 5 G1-17, dell'accesso dei 
pubblico alle reti e ai servizi di telecomunicazioni, in locali aperti al 
pubblico o in aree confinate a frequentazione pubblica quali aeroporti, 
stazioni ferroviarie e marittime e centri commerciali"

Leggiamo bene, visto che nessuno si e' finora affannato a farlo: "locali 
aperti al pubblico e aree confinate a frequentazione pubblica".

Che significa questo elegante giro di parole appesantito da un linguaggio 
burocratico che aiuta a confondere il piu' possibile le idee? Significa 
che, con ogni probabilita' e a meno di interpretazioni molto estensive, 
nessuna rete amatoriale cittadina, nessuna rete civica (ad esempio quella 
che funziona sperimentalmente in alcuni comuni italiani come a Vicopisano 
(www.viconet.it/)) nessuna forma di aggregazione spontanea, potra' mai 
essere autorizzata nel nostro paese. Il wi-fi - tecnologia nata e 
prosperata dal basso nella totale indifferenza di tutti gli operatori 
telefonici - in Italia potra' essere "gentilmente" autorizzato dal 
Ministero delle Comunicazioni solo in ambiti chiusi e non a tutti. Una 
bella fregatura.

L'intento di una simile limitazione e' ovvio: impedire qualsiasi 
concorrenza agli operatori della telefonia mediante l'utilizzo di una 
tecnologia poco costosa e di facile utilizzo per chiunque, non tanto e non 
solo da parte di operatori telefonici minori o a forte potere innovativo (i 
cosiddetti WISP che stanno iniziando a prosperare oltreoceano) per i quali 
la strada rimane sostanzialmente aperta. Non si tratta di questo. Il 
disegno - temo assai piu' ampio - sembra essere quello di "sostenere", una 
volta precipitate le aspettative di guadagno in tal senso dell'UMTS, la 
spesa per la connettivita' mobile facendone pagare il costo agli utenti.

Vale in questo senso la pena per una volta di sottolineare ancora le parole 
del ministro:

"Le WLAN apriranno nuovi scenari anche per le aree disagiate e a minor 
reddito. Ritengo che anche questa opzione tecnologia possa contribuire alla 
riduzione del digital divide, la discriminante tecnologica tra le aree 
tecnologicamente piu' o meno avanzate del Paese. E' nostra intenzione 
lavorare affinche' la banda larga diventi un servizio universale a 
disposizione di tutti e di cui tutti possano trarre i benefici. Anche il 
decreto firmato oggi va in questa direzione".

Spiace dirlo ma si tratta di affermazioni tanto strabiche quanto difficili 
da sopportare. Se, come si va dicendo senza alcuna convinzione da un 
quinquennio, si fosse davvero voluto favorire il servizio universale di 
accesso alla rete, oggi si sarebbe potuto farlo veramente. Esistevano, per 
una volta, gli strumenti tecnologici per farlo. Si e' invece semplicemente 
scelto di non utilizzarli per favorire il business degli operatori telefonici.

Se davvero si fosse voluto ridurre il digital divide (come sta accadendo 
per esempio nel Galles dove molte reti civiche wi-fi hanno portato la larga 
banda dove le telco non avevano interesse ad arrivare) sarebbe stato molto 
semplice, bastava lasciare "davvero" le frequenze al libero utilizzo di 
chiunque.

Oggi in Italia e' molto semplice travestire la realta' dei fatti, 
dipingerla per quello che non e'. Esiste la stampa (ehi e' la stampa, 
baby!) pronta al bisogno a dare una mano. Una stampa alla quale i 
vertiginosi investimenti pubblicitari delle grandi telco interessano al di 
la' di ogni decenza. È in questo senso sintomatico che gli unici accenni 
ironicamente dubbiosi alla piccola e finta rivoluzione italiana dei 
collegamenti senza fili li abbia letti su un web magazine inglese, The 
Register( http://www.theregister.co.uk/content/69/31113.html 
(www.theregister.co.uk/content/69/31113.html)), abituato da tempo a dire le 
cose come stanno, senza troppi giri di parole.

La politica tecnologica italiana e' ormai da molti anni prona alle 
"esigenze" dei grandi operatori telefonici. Lo e' in maniera tanto smaccata 
che una grande rivoluzione dal basso come quella del wi-fi viene 
trasformata con estrema disinvoltura in una sciocca utility da cafeteria 
(ovviamente a pagamento) per fissati delle tecnologia o per manager nella 
pausa pranzo. Con buona pace del servizio universale.

Chiunque si occupi di tecnologia sapeva da tempo che il regolamento sul 
wi-fi sarebbe stato una perla simile. Personalmente trovo davvero 
incredibile e leggermente inquietante che nessuno, ma proprio nessuno, 
abbia finora avuto la voglia di dire che di un simile decreto non abbiamo 
davvero nulla di cui vantarci.

Massimo Mantellini (mantellini@deandreis.it)
Manteblog (www.mantellini.it)