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[RETTIFICA] appello di Roma



L'appello di  Roma che riportate sulla pagina principale del sito e' 
incompleto e si perde per strada un pezzo di movimento.
Si tratta sicuramente di un errore tecnico.
L'appello completo lo trovate su
http://www.fermiamolaguerra.it/news/18.htm

Fulvio
tavolo bastaguerre di Trieste

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Intervento del Comitato organizzatore
dal palco della manifestazione
17 febbraio 2003

C'è chi pensa che solo ai potenti sia dato di scrivere la storia. Oggi in 
tutto il mondo stiamo dimostrando il contrario. In tutto il mondo, oggi, 
stiamo dimostrando che gli uomini e le donne, i popoli, i cittadini e le 
cittadine possono riprendere in mano il proprio destino e decidere insieme 
il proprio comune futuro. Fermiamo la guerra. Milioni di persone, movimenti 
sociali, organizzazioni grandi e piccole in tutto il pianeta hanno risposto 
all'appello promosso dal Forum Sociale Europeo e rilanciato nel Forum 
Sociale Mondiale. Dal Giappone agli Stati Uniti, dalla Russia all'Islanda, 
da Manila al Cairo abbiamo marciato insieme. Insieme, palestinesi a 
Ramallah e israeliani a Tel Aviv. Gli osservatori di pace di tutto il mondo 
a Baghdad. Oggi, siamo parte della più grande manifestazione mondiale della 
storia dell'umanità. Per dire no alla guerra all'Iraq. No, senza se e senza 
ma. Non siamo qui a fare testimonianza. Siamo qui perché questa guerra 
vogliamo fermarla. E possiamo fermarla. Sappiamo bene che il governo degli 
Stati Uniti vuole questa guerra. Sappiamo che Bush e i suoi alleati sono 
disposti a fare la guerra anche contro la volontà della maggioranza dei 
popoli del pianeta. Ma sappiamo anche che l'opinione pubblica ha un peso. 
Che i presidenti devono essere eletti. Che i governi hanno bisogno di voti. 
Lo sanno anche loro. Abbiamo un potere immenso, nelle nostre mani, se siamo 
capaci di presentarci uniti. Se siamo capaci di convincere gli indecisi. Se 
non ci rassegniamo. Se non torniamo a casa. Se non ci diamo per vinti. Se 
nei prossimi giorni continueremo ad estendere la resistenza popolare e 
permanente alla guerra. Fermiamo la guerra.

Siamo tanti e diversi. Veniamo da storie, culture, pratiche e percorsi 
diversi e differenti. Oggi hanno marciato insieme i movimenti che si 
battono contro la globalizzazione neoliberista, i movimenti per la pace, i 
movimenti per la democrazia, partiti politici, l'associazionismo sociale, 
sindacati confederali e di base, associazionismo religioso, i social forum, 
le strutture dell'autorganizzazione, le aree antagoniste e della 
disobbedienza, le ONG, intellettuali, operatori della comunicazione, le 
organizzazioni degli studenti, delle donne, dei migranti, e migliaia di 
cittadini e di cittadine. Siamo orgogliosi di tanta diversità. E' la nostra 
forza, perché la nostra convergenza è costruita sulla chiarezza. Senza 
ambiguità, senza opportunismi, siamo tutti schierati contro questa guerra, 
in ogni caso, qualsiasi istituzione la promuova o la autorizzi. ----- Siamo 
qui, a dispetto delle scelte della dirigenza della RAI, il servizio 
pubblico pagato da tutti i cittadini, che ha deciso di oscurare questa 
grande manifestazione rifiutandosi di dare la diretta televisiva. Siamo qui 
per difendere l'articolo 11 della nostra Costituzione "L'Italia ripudia la 
guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come 
mezzo di risoluzione delle controversie internazionali". Non erano 
sognatori, quelli che scrissero la Costituzione. Avevano visto gli orrori 
del nazifascismo, erano stati protagonisti della Resistenza, avevano visto 
le bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki. Non si illudevano di poter 
vivere in un mondo senza conflitti. Di fronte ai conflitti, hanno fatto una 
scelta: non usare la guerra, usare la politica. A questa scelta di civiltà, 
noi ci sentiamo vincolati. Siamo qui per difendere il diritto 
internazionale. E il diritto internazionale dice che nessuno può farsi 
giustizia da sé. La giusta risposta al terrorismo non può essere la 
vendetta, né tantomeno la guerra preventiva. Non può essere la risposta di 
Bush dopo le Twin Towers, e neppure quella di Sharon. La guerra preventiva 
è la morte del diritto internazionale. La guerra preventiva è 
l'affermazione del dominio del più forte. Il governo degli Stati Uniti ha 
esplicitato fino in fondo il suo progetto di egemonia mondiale, senza 
regole e senza vincoli, nel documento sulla sicurezza nazionale nel quale 
si arroga il potere di muovere guerra "a chiunque costituisca una minaccia 
per i propri interessi nazionali". A vivere in un futuro di barbarie, noi 
ci rifiutiamo. Siamo qui perché siamo convinti che la guerra non sconfigge 
il terrorismo. Il terrorismo non ha mia ragione, neanche quando si nasconde 
dietro le ragioni dell'ingiustizia sociale. Il terrorismo uccide la 
partecipazione, che è la forza dei movimenti sociali. A delegare la lotta 
per il cambiamento, non ci rassegneremo mai. Siamo qui per difendere la 
giustizia. Uno degli obiettivi della guerra è il controllo del petrolio che 
alimenta le economie occidentali. Non è benessere quello che si crea a 
costo della vita di milioni di persone in tutto il mondo. Il mondo è pieno 
di armi nucleari, batteriologice, chimiche, di distruzione di massa. Le 
spese militari aumentano in tutti i paesi del mondo, e alimentano il 
commercio illegale e criminale. Lo stato più armato del pianeta vuole fare 
la guerra all'Iraq in nome del disarmo. Gli USA hanno speso quest'anno 500 
miliardi di dollari per le armi. Ne basterebbero 13 per salvare dalla morte 
per fame milioni di persone. A un mondo così tremendamente ingiusto, noi ci 
opponiamo. Siamo qui anche contro la guerra economica, sociale e culturale 
che affligge il pianeta, contro la globalizzazione neoliberista che produce 
ogni giorno più disoccupazione, precarietà, miseria e ingiustizia sociale. 
Siamo qui per difendere la pace. La guerra sarà vista, nei tanti sud del 
mondo, come un'altra prova dell'arroganza e della politica di potenza 
dell'occidente. Aumenterà la spirale dell'insicurezza e della repressione, 
dell'odio etnico e religioso. Produrrà altra violenza, altra guerra. A 
questo circolo vizioso, noi ci impegniamo a resistere. Siamo qui per 
difendere la democrazia e i diritti umani. Ci battiamo perché democrazia e 
diritti umani siano affermati in tutto il mondo contro ogni dittatura e 
tirannia. Anche in Iraq. Ma la democrazia non si può affermare con 
l'arbitrio. Il popolo iracheno ha sofferto abbastanza. Il regime di Saddam 
è stato sostenuto e armato per anni dagli Stati Uniti. Dodici anni di 
embargo hanno fatto il resto. All'orrore di tremila bombe lanciate su un 
popolo stremato, noi ci rivoltiamo. Così come ci rivoltiamo all'uso delle 
bombe atomiche già minacciato nei piani del Pentagono, e siamo 
particolarmente allarmati per la presenza di ordigni nucleari tattici ad 
alta penetrazione nelle basi militari in Italia. Siamo qui perché la Carta 
dell'ONU esclude e condanna la guerra come flagello dell'umanità. Nessun 
Consiglio di Sicurezza può legittimare questa guerra. La Carta delle 
Nazioni Unite non lo permette. Autorizzare la guerra vuol dire uccidere 
definitivamente l'ONU, già da anni debole, succube dei poteri forti, 
tollerante di troppe ingiustizie in tutto il mondo. Basta con le 
complicità, basta con le doppie misure, basta con la sudditanza agli Stati 
Uniti. All'ipocrisia della comunità internazionale, noi ci ribelliamo. 
Siamo qui, infine e soprattutto, per difendere il diritto alla vita dei 
nostri fratelli e sorelle irachene minacciate di morte dopo dodici anni di 
stenti. Vogliamo ricordarci sempre, e vogliamo ricordare a tutti, che 
saranno loro a pagare il prezzo più alto. La guerra la decidono i potenti, 
ma sono i deboli che la fanno e la subiscono. Noi la guerra la vediamo 
dall'alto, con le immagini dei traccianti e la scia dei missili. Loro la 
vedono dal basso, ed è tutta un'altra cosa. Un razzismo strisciante, per il 
quale le vite non sono tutte uguali, impedisce di vedere la guerra con i 
loro occhi, di pensare ai loro volti e ai loro sorrisi quando parliamo di 
guerra. A loro, e alle vittime mai viste di tutte le guerre dichiarate e 
non dichiarate, vi chiediamo di dedicare ora un minuto di silenzio.

Siamo cittadini e cittadine di Europa. Una Europa che ancora può fermare 
questa guerra. Facciamo appello, insieme a tutti i movimenti europei, ai 
paesi che fanno parte del Consiglio di Sicurezza dell'ONU affinché si 
esprimano contro la guerra e a quelli che hanno potere di veto facciamo 
appello affinché esercitino questo potere, bloccando qualsiasi risoluzione 
che autorizzi l'attacco all'Iraq. Facciamo appello, come stanno facendo i 
movimenti europei in tutti i loro paesi, alle forze politiche e ai 
parlamentari perché in tutti i parlamenti nazionali si arrivi al voto prima 
possibile, prima che la guerra cominci. Facciamo appello, insieme ai 
movimenti europei, perché partiti e parlamentari si impegnino a votare 
contro la guerra, anche in caso di autorizzazione delle Nazioni Unite, e 
contro l'utilizzo delle basi militari, contro il sorvolo degli spazi aerei 
nazionali e contro qualsiasi supporto logistico diretto o indiretto alla 
guerra. Facciamo appello perché le porte del negoziato siano tenute 
caparbiamente aperte, per arrivare a una soluzione politica e non militare 
della crisi. In molti paesi europei, come in Italia, la grandissima 
maggioranza della popolazione è contro la guerra. Chiediamo che i 
Parlamenti rispettino questo orientamento e lo traducano in scelte 
coerenti. Facciamo un appello politiche e ai singoli parlamentari: a quelli 
che sono qui oggi e a quelli della maggioranza che per diversi motivi 
-politici, religiosi, di coscienza- sono contro questa guerra. Ci sentiamo 
di chiedervi un atto di coraggio e di coerenza. Chiediamo un vincolo di 
coerenza in particolare alle forze politiche che hanno aderito a questa 
manifestazione. Ognuno si assuma le proprie responsabilità, nella libertà 
che a ciascuno compete. Ciascuno risponderà delle proprie azioni di fronte 
ai cittadini e alle cittadine di questo paese. Il tempo del politicismo è 
finito. E' tempo di chiarezza. Votate contro questa guerra. Fate vincere in 
Parlamento le ragioni della pace e della democrazia che nel paese hanno già 
vinto. Assumete la responsabilità di rappresentare la volontà della 
maggioranza dei cittadini italiani. Restituite al nostro paese un ruolo 
positivo e una dignità.

A noi, movimenti sociali, associazioni, partiti politici, organizzazioni 
sindacali, esperienze religiose, strutture autorganizzate, società civile 
organizzata e diffusa, cittadini e cittadine che abbiamo condiviso la 
piattaforma di questa manifestazione, da qui rilanciamo un appello e un 
impegno comune. Mettiamo in campo tutte le nostre energie, le nostre forze, 
le nostre intelligenze e i nostri corpi, le nostre relazioni, la nostra 
fantasia e la nostra determinazione per fermare la guerra. Costruiamo la 
più grande esperienza di resistenza permanente alla guerra e alla macchina 
della guerra che sia mai stata messa in campo, nel caso sciagurato che la 
guerra inizi. Facciamo appello perché andiamo avanti insieme, nel rispetto 
delle differenze, trovando il massimo possibile di unità e di convergenza, 
coordinando laddove possibile le nostre iniziative, comunicando, 
riconoscendo le pratiche diverse in un patto di solidarietà. Ciascuno con i 
propri strumenti, ciascuno con le proprie forme, ciascuno con le proprie 
pratiche, costruiamo una rete gigantesca di iniziative e di azioni che 
provino a fermare, a intralciare, a boicottare, a mettere ostacoli alla 
guerra. Facciamo appello perché prosegua la mobilitazione di massa in ogni 
città, in ogni quartiere, in ogni piazza del paese. Prepariamoci a 
rispondere all'appello dei pacifisti americani perché in caso di attacco 
tutti scendano in strada. Prepariamoci a rispondere all'appello europeo per 
manifestazioni di massa in ogni paese il primo sabato dopo l'attacco. 
Facciamo appello agli studenti perché le scuole e le università siano 
ancora una volta al centro della mobilitazione contro la guerra. Facciamo 
appello alle associazioni dei consumatori e dei cittadini consapevoli 
perché promuovano campagne, coinvolgendo il maggior numero di persone in 
azioni quotidiane contro la guerra. Facciamo appello alle organizzazioni 
sindacali, molte delle quali sono oggi in piazza qui e in tutto il mondo, 
affinchè rafforzino ed estendano la mobilitazione dei lavoratori 
utilizzando tutti gli strumenti possibili, inclusi gli scioperi. Facciamo 
appello agli operatori dell'informazione affinché rifiutino di essere 
arruolati in una guerra fatta innanzitutto di menzogne. Disobbedite anche 
voi agli ordini ingiusti, impedite che le redazioni si trasformino in 
caserme. Facciamo appello perché aumenti la mobilitazione capillare per 
coinvolgere tutti e tutte. Riempiamo le finestre delle nostre città di 
bandiere della pace. In ogni casa, in ogni scuola, nei luoghi di lavoro, 
nelle sedi istituzionali, tappezziamo l'Italia di bandiere pacifiste. 
Facciamo appello affinché ciascuno trovi il suo modo per non obbedire 
all'ordine ingiusto di sostenere la guerra. Le pratiche della nonviolenza 
attiva, della testimonianza, del digiuno, della preghiera, della 
disobbedienza civile e sociale, della resistenza e dell'antagonismo sociale 
hanno grandi radici e tradizioni nel nostro paese. Costruiamo una fitta 
rete di resistenza popolare che sappia essere efficace, allargare il 
consenso e la partecipazione attiva per fermare la guerra in tutti i suoi 
aspetti. Facciamo appello perché aumenti la solidarietà concreta a fianco 
delle vittime della guerra. A fianco della popolazione civile irachena, che 
si prepara alla guerra in mezzo a mille sofferenze. A fianco del popolo 
palestinese, del popolo kurdo, del popolo afgano, dei popoli che soffrono 
le guerre dimenticate. Noi non siamo quelli che vendono le armi ai 
dittatori. Noi siamo quelli che da anni, nel silenzio colpevole dei 
governi, siamo a fianco giorno dopo giorno ai popoli del mondo che 
patiscono la guerra, la povertà, l'oppressione. Rilanciamo tutte le 
iniziative di solidarietà concreta e di cooperazione internazionale che la 
società civile mette in campo. E avvisiamo sin d'oggi il Governo che non 
parteciperemo ad iniziative umanitarie promosse da chi butta le bombe. I 
nostri soldi, li spenderemo bene. Salutiamo da qui i cooperanti e i 
volontari impegnati all'estero che oggi hanno fatto lo sciopero bianco 
contro la guerra in tutto il mondo. Facciamo appello perché si rilanci 
l'iniziativa politica in Medio Oriente, per la fine dell'occupazione in 
Palestina, per due popoli e due stati, per Gerusalemme capitale condivisa, 
per la pace e la democrazia in tutto il Kurdistan, per la vita e la libertà 
del presidente Ocalan e di tutti i leader politici, sociali, sindacali, di 
minoranze etniche detenuti e perseguitati. Noi non usiamo due pesi e due 
misure. Facciamo appello perché il sostegno alle forze democratiche che 
vivono oppressi da regimi e dittature in tutta la regione diventi priorità 
politica per tutti, istituzioni e movimenti. Dall'Iraq all'Arabia Saudita, 
i diritti umani, civili e politici sono negati per milioni di persone. C'è 
bisogno di solidarietà e di impegno politico quotidiano. Facciamo appello 
perché si rafforzino i movimenti europei e mondiali che con noi sono 
impegnati contro la guerra, perché si realizzi la massima solidarietà e 
sostegno al movimento pacifista negli Stati Uniti che rappresenta una 
grande speranza di cambiamento per il proprio paese e per tutto il mondo. 
Facciamo appello per una politica di disarmo globale sul piano militare, 
economico e sociale, per politiche di riduzione delle spese militari, per 
una riconversione dell'economia di guerra verso usi civili. Facciamo 
appello perché l'impegno assunto da tanti movimenti sociali nel Forum 
Sociale Europeo di Firenze affinché l'articolo 1 della Costituzione Europea 
contenga il ripudio della guerra come mezzo per la risoluzione delle 
controversie internazionali divenga una grande campagna nazionale ed 
europea. Possiamo dare alla storia un altro segno. Un segno di civiltà. Un 
mondo senza guerra è possibile. Un mondo di pace, di giustizia, di diritti 
è possibile. Un altro mondo è possibile. E oggi qui lo stiamo costruendo. 
Fermiamo la guerra.

Il Comitato organizzatore Fermiamo la guerra
Roma, 17 febbraio 2003