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sia saddam sia bush
Adriano Sofri e la guerra
(24-01-03)
Pier Luigi Battista, a Primapagina, continua da giorni a rilanciare la sfida
di Adriano Sofri ai pacifisti: protestate contro Saddam tanto quanto contro
Bush!
Per quanto mi riguarda, dovrei non sentirmi toccato: nelle ultime
manifestazioni porto sul petto un cartello autoprodotto che dice: «Saddam
dittatore dell'Iraq. Bush dittatore del mondo. Nonviolenza = giustizia =
pace». Ma non mi basta.
La sfida di Sofri, analoga ad altre sue posizioni precedenti, sembra uno
smarcarsi dalla protesta anti-Bush, come a non volersi confondere. Sarò
contento di correggermi, se sbaglio. Pacifisti che inneggino a Saddam non ne
vedo. Che sia un dittatore che si fa votare col 100% dei voti, e ha fatto
molto peggio, nessuno lo dubita. Allora? Ciò riduce forse il crimine di
Bush? Ha forse diritto l'autonominato imperatore, ad arbitrio suo, di fare
la guerra ai dittatori, in realtà al popolo già calpestato da loro? La
guerra di Bush ha ben altri fini che la democrazia nell'Iraq, e Sofri lo sa
benissimo: il petrolio, la posizione strategica nel centro-Asia, la
consacrazione dell'impero nel sangue. La vendetta per l'11 settembre è la
scusa che gli torna opportuna. Non gli servono prove di armi proibite, non
gli occorrono giustificazioni, perché la sua è la volontà del lupo con l'
agnello (anche se Saddam non fa pensare all'agnello, ma Bush al lupo di
Fedro sì). La guerra di Bush, giustiziere in causa propria artificialmente
montata, non è solo contro Saddam e l'Iraq, è contro l'Onu, per insediarsi
da usurpatore nel luogo che spetta al diritto: Bush non uccide solo vite
umane, ma anche la legge internazionale più saggia che l'umanità fino ad
oggi nei secoli si sia mai data.
Anche se Saddam fosse il peggiore degli assassini (e non è detto), quando
diventa vittima è da difendere, come Dio, mentre smaschera e giudica Caino,
lo difende da chi vuole ucciderlo. Questo principio superiore, Adriano
Sofri, a cui auguro la libertà, dovrebbe vederlo brillare attorno a sé,
nella prigione, contro l'iniquità del mondo esistente.
Enrico Peyretti