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Porto Alegre, scienziati e ispettori no-global negli arsenali di Bush
di Piero Sansonetti
DALL'INVIATO http://www.unita.it
PORTO ALEGRE. I no-global annunciano ispezioni ai siti militari americani.
Stanno formando una delegazione, formata da tecnici, intellettuali,
scienziati e uomini politici, che in febbraio si recherà negli Stati Uniti e
chiederà alle autorità americane di poter ispezionare i cosiddetti «siti»
dove è ragionevole pensare che l'esercito Usa conservi e produca armi di
sterminio di massa. In particolare armi chimiche e biologiche. È una
provocazione? Loro dicono di no: è un'iniziativa molto moderata, di buon
senso, che vuole garantire il mondo sul fatto che gli Stati Uniti non sono
uno Stato-Canaglia, tutto qui. L'idea delle ispezioni è venuta al forum dei
movimenti sociali, che sono una parte importante del Forum mondiale, e l'ha
annunciata in assemblea plenaria ieri mattina l'italiano Vittorio Agnoletto.
Ha preso un grande applauso. Ha spiegato che la delegazione sarà ad
altissimo livello e che comprenderà probabilmente alcuni premi Nobel e
scienziati di obiettività e competenza indiscussa. Poi Agnoletto si è alzato
e si è diretto verso il banchetto dove era seduto un alto dirigente
dell'Onu, venuto a rappresentare Kofi Annan, e gli ha consegnato il
manifesto con il quale il Forum convoca le manifestazioni pacifiste del 15
febbraio, che si svolgeranno in una cinquantina di capitali di tutto il
mondo (in Usa probabilmente si terranno a New York e San Francisco). Tutto
questo nel corso della seduta plenaria, al palasport di Porto Alegre, su
guerra e pace. Nel corso di questa riunione c'è stato un battibecco
prolungato tra Agnoletto e il rappresentate dell'Onu. Il leader italiano ha
chiesto perché l'Onu non fa rispettare le misure contro Israele, perché non
si oppone all'embargo anglo-americano che sta strangolando l'Iraq e
provocando molti morti, perché è subalterno alla volontà degli Stati Uniti.
Il vice di Annan ha risposto che l'Onu sta attuando il programma
petrolio-per-cibo che consente di attenuare le asprezze dell'embargo, ma non
ha risposto sulle altre due domande. Agnoletto ha insistito e ha detto che
il programma petrolio-per-cibo è realizzato solo in minima parte: a questo
punto il clima si è incendiato e il pubblico ha iniziato a fischiare il
rappresentante dell'Onu.
Chomsky
Il Forum si è concluso ieri sera con una nuova grande manifestazione ( è la
terza, dopo quella di apertura e il comizio di Lula). Prima della
manifestazione, l'ultimo a parlare è stato Noam Chomsky, l'uomo più amato da
queste parte e al quale tutti riconoscono il massimo del prestigio
intellettuale. Chomsky ha parlato al palazzetto dello sport, stracolmo, ma
la sua conferenza è stata mandata in circuito chiuso, sui maxischermi anche
all'università e ai magazzini del porto. Ci saranno state trentamila persone
a sentirlo. Lui ha parlato con quella sua voce fioca, con quel suo tono
pacato e lento - tutto si può dire di Chomsky, una delle penne più taglienti
d'America, meno che sia un oratore - e ha pronunciato quasi sussurrando
parole terribili sulla falsa democrazia americana, sulla politica estera
rapace di Washington, sui drammi e le prepotenze del neoliberismo, sulla
profonda ingiustizia della guerra e sulle conseguenze devastanti che avrà.
In mattinata un giornalista brasiliano gli aveva chiesto (nel corso di una
conferenza stampa): «professore, la guerra dell'Iraq sarà combattuta
soprattutto con i mass-media, con i messaggi, con l'informazione?». Lui
aveva sorriso: «temo di no, ho paura che non bombarderanno l'Iraq solo di
parole....».
Frei Betto In una saletta della Puc, cioè dell'Università cattolica che è la
sede centrale del Forum, ieri ha parlato Frei Betto, figura notissima in
Brasile. Betto, insieme a Leonardo Boff, è uno dei fondatori della teologia
della liberazione. Oggi è uno dei consiglieri (non ufficiali) di Lula per i
problemi sociali. Per esempio per il problema del risanamento delle favelas.
Frei Betto, che è un frate domenicano, ha vissuto molti anni in favela. Dice
che si stava certo meglio lì che in carcere, dove agli inizi degli anni
sessanta, durante la dittatura, ha trascorso più o meno un lustro. Nella
conferenza di ieri Frei Betto ha parlato di moltissimi argomenti. Due
soprattutto: la fame e il socialismo. Frei Betto ha spiegato che i problemi
provocati dal liberismo sono moltissimi e ci sono moltissime associazioni
che se ne occupano. Lui però pensa che uno solo sia il problema principale,
cha sta avanti a tutti: la fame. È il male più selettivo: colpisce solo i
poveri. Anche le malattie sono assai più crudeli coi poveri che coi ricchi,
ma arrivano comunque anche dove c'è opulenza: l'aids, per esempio, ha
attaccato Hollywood. La fame no: sta solo nei ghetti. Betto ha spiegato che
la teologia della liberazione non si basa sulle idee ma sui fatti. È legata
al sociale. Tutte le esperienze di base legate al sociale non hanno
risentito delle crisi delle ideologie. In Brasile ci sono 6000 comunità di
base cristiane legate alla teologia della liberazione: non hanno subito
contraccolpi dalla caduta del Muro di Berlino, né dalla crisi del
materialismo dialettico... In quelle comunità l'esigenza del socialismo
nasceva a prescindere da Marx. E oggi? Frei Betto non ha avuto dubbi su qual
sia l'unica via d'uscita dai disastri provocati dal liberalismo. E ce l'ha
indicata sorridendo, parlando a bassa voce e allargando le braccia: «il
socialismo».
Dal Brasile a Davos «Terre des Hommes» è l'unica organizzazione in tutto il
mondo ad essere presente in veste ufficiale sia al forum dei no-global sia a
quello dei capitalisti a Davos. Ieri, in contemporanea, sono intervenuti
sullo stesso tema, a Porto Alegre il presidente Raffaele Salinari e a Davos
il vicepresidente Peter Brey. Hanno tenuto più o meno lo stesso discorso.
Sui diritti dei bambini e dei ragazzi, che oggi costituiscono il 45 per
cento della popolazione mondiale. La globalizzazione liberista peggiora
enormemente le condizioni dei bambini poveri. Perché il mercato, seguendo le
proprie leggi, tende a farli diventare «oggetto», cioè strumento per
migliorare l'economicità e la competitività della produzione. E così nascono
sia i fenomeni di esclusione sociale (i bambini di strada) sia quelli dello
sfruttamento minorile. Non si può pensare di affrontare questi problemi
senza correggere il liberismo e ridare un ruolo e una funzione allo Stato,
al sistema dell'istruzione e a programmi contro la povertà.
L'impossibilita' di raccontare Giunti all'ultimo giorno del forum (che si
conclude ufficialmente oggi con una festa popolare) ci si accorge che è
stato quasi impossibile raccontarlo. E che le informazioni arrivate al
lettore sono parzialissime. Non si riesce ad afferrare e a descrivere il
cuore di queste discussioni: è troppo grande. Ci sono più di duecento
riunioni al giorno, vuol dire che ogni giorno parlano e vengono ascoltate
due o tremila persone. Alla fine ci sono state circa 20mila interventi. E i
giornalisti capiscono di essere un po' inadeguati di fronte a questa mole di
«pensiero», di scambio di informazioni, di dialogo politico. Noi riferiamo
un po' a caso quello a cui assistiamo. Dobbiamo ignorare la maggior parte
degli eventi. Oggi per esempio avrei voluto parlarvi delle testimonianze
rese in assemblea plenaria da Sebastiano Salgado, Samuel Ruiz, Ignacio
Ramonet, Bernard Cassen, Samir Amin, Luciana Castellina, Martin Kohr,
Vandana Shiva e da un'altra trentina di intellettuali, di gran livello
internazionale, che sono qui per spiegare i propri punti di vista e
confrontarli tra loro. Ma è impossibile, perché parlavano tutti
contemporaneamente in luoghi diversi e distanti della città. Porto Alegre,
una città grande come Milano, si è trasformata nella più gigantesca sala
riunioni di tutta la storia.
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Nello
change the world before the world changes you because another world is
possible