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Headlines 2002/11



A: <c.gubitosa@peacelink.it> "Carlo Gubitosa"
Da: sjs.headlines@sjcuria.org

HEADLINES -- Notizie dall'apostolato sociale della Compagnia di Gesù -- 2002/11
...per scambiare notizie, condividere la spiritualità e favorire il lavoro 
in rete...
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* USA: lettera della Conferenza dei gesuiti al Presidente George W. Bush
* Europa centro-orientale: dove porta la transizione economica?
* Kyoto e la Chiesa
* Zimbabwe: chi controlla le ONG?
* Forum sociale europeo: solidarietà senza retorica
* SPECIALE: ALCA, nuova chiamata dei gesuiti ad eventi globali
* Agenda
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* USA: lettera della Conferenza dei gesuiti al Presidente George W. Bush
	
Egregio Signor Presidente,
Le scriviamo in qualità di Ufficio di presidenza della Conferenza della 
Compagnia di Gesù negli Stati Uniti. Oggi ci sono circa quattromila gesuiti 
americani, che lavorano all'estero e nei nostri progetti in patria. Questi 
comprendono 28 università legate alla Compagnia; 60 scuole medie e 
superiori; quasi 100 parrocchie e numerosi altri programmi sociali diffusi 
in tutto il Paese. Desideriamo estendere a Lei la nostra preghiera e il 
sostegno in seguito all'attacco senza precedenti che il nostro Paese ha 
subito l'11 settembre.
Come ha dichiarato la Conferenza dei vescovi cattolici degli Stati Uniti, 
il nostro governo ha il diritto morale e il solenne obbligo di difendere il 
bene comune contro l'aggressione. La natura singolare della minaccia 
terrorista, che sembra ignorare la sacralità della vita umana, può 
richiedere una risposta militare attentamente misurata, che dovrebbe essere 
perseguita solo dopo che tutti gli sforzi diplomatici si siano dimostrati 
vani. Ci auguriamo che questa risposta tenga in considerazione i seguenti 
principi della tradizione morale cattolica:
- che ci sia maggiore attenzione alla protezione degli innocenti, incluso 
il diritto dei rifugiati a cercare protezione oltre i confini 
internazionali; il nostro Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati (JRS) è 
pronto ad aiutare la Sua amministrazione, fornendo assistenza umanitaria a 
coloro che, per questa crisi, sono costretti alla fuga;
- che la risposta sia proporzionata all'attacco, in modo che sia chiaro a 
tutto il mondo che noi cerchiamo giustizia e non vendetta; che sia evitata 
una risposta militare indiscriminata;
- che specifiche proposte legislative, destinate a identificare e 
perseguire i sospetti terroristi in territorio americano, non compromettano 
i diritti costituzionali e civili con misure quali la detenzione 
obbligatoria e a tempo indeterminato di immigrati senza accuse;
- che il nostro governo prenda in esame in modo radicale le cause profonde 
della sofferenza e dell'odio in Medio Oriente;
- che rispettiamo e utilizziamo le strutture e le norme del diritto 
internazionale e dei diritti umani.
Signor Presidente, approviamo la sua presa di posizione netta, nel mettere 
in guardia gli americani dal compiere qualsiasi atto di intolleranza etnica 
e religiosa. Facciamo appello alle nostre numerose istituzioni educative e 
pastorali per rafforzare il suo messaggio di non-discriminazione.
Preghiamo infine per Lei e per il nostro Paese in questo momento oscuro 
della storia nazionale. Alla luce dell'insegnamento ricevuto da Gesù 
Cristo, preghiamo anche per i nostri nemici. [HL21101]
Lettera firmata dal Presidente della Conferenza dei gesuiti e dai 
Provinciali delle dieci Province della Compagnia negli Stati Uniti. 
<www.jesuit.org>
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* Europa centro-orientale: dove porta la transizione economica?

È trascorso un decennio da quando i Paesi dell'Europa centro-orientale, a 
economia pianificata durante il comunismo, sono entrati nell'economia di 
mercato. Quale direzione sta prendendo la transizione? Questo nuovo 
sviluppo è promettente e sostenibile? In che modo i gesuiti possono 
accompagnare questa sorta di "Esodo"? Il passaggio verso un'economia di 
mercato mostra tutti i segni di una realizzazione incompiuta. Alti livelli 
di disoccupazione, corruzione e privatizzazioni nelle mani della vecchia 
nomenclatura sono fenomeni comuni. Alcuni Paesi sono entrati nel processo 
di crescita globale e, nel giro dei prossimi due anni, diventeranno membri 
dell'Unione Europea, mentre altri, come la Romania, affrontano ancora 
enormi difficoltà e rischiano di essere lasciati ai margini. Venti gesuiti 
impegnati nell'apostolato sociale in nove Paesi di questa parte d'Europa si 
sono incontrati a Opatija (Croazia) dal 31 ottobre al 3 novembre, per 
conoscere meglio e analizzare i costi sociali della transizione nei loro 
Paesi. Hanno appreso molto di realtà simili e geograficamente vicine. 
"Abbiamo bisogno di pensare e sognare insieme", ha affermato un 
partecipante. L'incontro è servito a rinnovare la fiducia nella propria 
missione: essere segno della presenza di Dio e una "voce" di chi soffre. 
Molti hanno insistito sulla necessità di rivolgere un'attenzione 
particolare ai giovani, perché siano formati ai valori come la 
riconciliazione, in contesti dove il nazionalismo ha portato odio e 
divisione, e la solidarietà e la capacità di condivisione, dove la povertà 
sembra togliere ogni speranza nel futuro. [HL21102]
Coordinatore nell'Europa centro-orientale: Robin Schweiger SJ 
<schweiger@unigre.it>
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* Kyoto e la Chiesa

Il clima sta cambiando a causa dell'azione umana. Non si è verificata 
alcuna sostanziale riduzione delle emissioni di anidride carbonica e in 
Asia il numero di disastri naturali avvenuto negli anni '90 è 18 volte 
superiore che negli anni '70. Il loro impatto mette l'agricoltura sotto 
pressione crescente e minaccia la sicurezza alimentare. In Bangladesh, ad 
esempio, dove le coste sono basse, la densità di popolazione e la 
dipendenza economica dall'agricoltura alte, la vita e i mezzi di 
sostentamento delle persone sono minacciati dai cicloni frequenti e dagli 
effetti connessi, come l'intrusione delle acque marine che rende 
improduttive le terre agricole. In Asia e in Africa, la malaria fa ritorno 
con l'aumento delle temperature. Fra il 23 ottobre e il 1 novembre i 
delegati di 150 nazioni hanno partecipato a Nuova Delhi (India) all'ottava 
sessione della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti 
climatici (UNFCCC), per fare il punto della situazione sugli impegni presi 
con il Protocollo di Kyoto. Al centro del dibattito la questione su "chi 
deve fare cosa, e quanto?" Il Canada si è fatto avanti con il più cospicuo 
contributo finanziario finora reso disponibile. Ma in alcuni settori ci 
sono serie preoccupazioni: il commercio di crediti di emissione è rimasto 
il vincolo più debole; il maggiore inquinatore, gli USA, non ha ratificato 
il protocollo di Kyoto; il GEF (Global Environmental Facility), un fondo 
mondiale creato dai Paesi firmatari, non ha abbastanza denaro per far 
quadrare il bilancio. Alcuni hanno affermato che le agenzie come la Banca 
Mondiale incaricate di attuare il GEF abbiano ritardato i progetti per 
pregiudizio. Senza alternative, l'UNFCCC resta finora la migliore speranza 
per tutti i Paesi di riunirsi, discutere a fondo sulle divergenze e fare 
rapidi progressi, prima che catastrofi senza precedenti sconvolgano la 
terra. "Nessuna altra agenzia o Paese conosce da vicino le sofferenze delle 
persone come la Chiesa", afferma Robert Athickal SJ, rappresentante del 
Vaticano alla Conferenza. "Poiché la Chiesa sarà la prima a correre in 
soccorso, è altrettanto importante negoziare prima che si verifichi una 
catastrofe". Il papa ha spesso ricordato l'importanza di una conversione 
ecologica per il nostro tempo. [HL21103]
Per contatti: Robert Athickal SJ <tarumitra@vsnl.com>
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* Zimbabwe: chi controlla le ONG? di Edward Rogers SJ

Lo Zimbabwe ha una lunga tradizione di organizzazioni non governative (ONG) 
di ogni genere e particolarmente attive; alcune di esse, come è normale, 
hanno ricevuto fondi direttamente da donatori esteri invece che attraverso 
lo Stato. Il governo dello Zimbabwe minaccia di introdurre una legge che lo 
impedirebbe. Occorre in ogni caso distinguere tra ONG che sostengono i 
partiti di opposizione e la maggioranza delle ONG. La legge già richiede 
che i loro statuti siano approvati dallo Stato, che si indichino 
chiaramente i responsabili della loro strutture e che presentino ogni anno 
un bilancio certificato alle autorità competenti. Le ONG che violano la 
legge rischiano di perdere il riconoscimento statale o di essere perseguite 
legalmente. Da parte loro le ONG non dovrebbero lasciarsi coinvolgere nella 
politica di partito. Certamente le organizzazioni per la difesa dei diritti 
umani costituiscono un caso complesso, poiché devono criticare le 
violazioni, compiute tanto dal governo quanto dall'opposizione. Durante il 
regime di Ian Smith, la Commissione "Giustizia e Pace" della Chiesa 
cattolica pubblicò dei rapporti sulle atrocità da esso commesse, e nei 
primi anni '80 l'attuale Presidente, Robert Mugabe, elogiò la posizione 
della Commissione. La ringraziò affermando "che ci aspettiamo di essere 
criticati anche noi, nel caso in cui commettessimo errori". L'associazione 
nazionale delle ONG (NANGO) sta elaborando un codice di condotta che spera 
di mettere in vigore in breve tempo. Il governo dovrebbe guardare con 
favore al lavoro di queste organizzazioni che hanno contribuito molto allo 
sviluppo del Paese e dovrebbe essere preparato a collaborare con loro, 
invece di porre limiti legislativi al loro lavoro a favore di chi è nel 
bisogno. [HL21104]
L'autore è il coordinatore dei progetti della Compagnia contro l'AIDS in 
Zimbabwe: <jesuitaids@mango.zw>
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* Forum sociale europeo: solidarietà senza retorica

Il 9 novembre mezzo milione di persone ha sfilato per le vie di Firenze 
manifestando per la pace. La marcia concludeva i cinque giorni di attività 
del Forum Sociale Europeo che ha radunato le associazioni e i movimenti che 
si oppongono alla guerra e al processo di sviluppo globale attualmente in 
corso. Diversi religiosi e religiose, tra cui sette gesuiti, hanno preso 
parte al Forum. Dopo Porto Alegre e Johannesburg, si tratta di un ulteriore 
passo avanti per la Società civile, che nel 2003 si riunirà anche a 
Hyderabad (India) per il Forum dell'Asia. I Forum non sono fatti solo di 
grida di protesta; esiste un legame stretto e creativo tra il silenzio, la 
promozione della giustizia e il rispetto per le differenze. Nella fortezza 
dove si svolgevano incontri e dibattiti i religiosi hanno creato un luogo 
di raccoglimento chiamato "Spazio di silenzio", per ricordare i popoli 
senza voce a causa dallo sfruttamento. Il silenzio si fa riflessione e 
denuncia dell'ingiustizia efficace e nonviolenta. "Nell'aria ho percepito, 
al di là delle diverse provenienze sociali e partitiche, un'atmosfera 
cristiana in senso lato", ha detto Fausto Gianfreda SJ. "Un cristianesimo 
senza retorica è un'espressione di una vita autentica segnata da semplici 
scelte quotidiane e dalla solidarietà con i poveri". [HL21105]
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* SPECIALE: ALCA, nuova chiamata dei gesuiti ad eventi globali

Mentre i ministri di 34 Paesi americani si incontravano in ottobre a Quito 
per concludere i negoziati sull'Area di Libero Commercio delle Americhe 
(ALCA), si riuniva nella capitale ecuadoriana anche un gruppo di undici 
gesuiti dell'America Latina (vedi HL 21006). Insieme ad altri religiosi e 
collaboratori laici, parteciparono ad attività organizzate dai gruppi della 
società civile nel quadro di un "Incontro Continentale".
Queste attività comprendevano dibattiti sull'ALCA e Johannesburg, la Chiesa 
e l'ALCA, l'impegno della Chiesa brasiliana nel plebiscito nazionale 
sull'ALCA. I gesuiti presentarono i danni del neoliberalismo sulle famiglie 
di migranti e parteciparono a una messa all'aperto per celebrare l'arrivo 
di numerosi indigeni che avevano camminato diversi giorni per raggiungere 
Quito. Gli indigeni considerano l'ALCA un pericolo per le loro economie 
agricole e una minaccia ai recenti progressi nella rivendicazione delle 
terre ancestrali. I gesuiti si sono uniti alla loro marcia di protesta e 
sono stati costretti a "versare lacrime" quando la polizia ha disperso la 
dimostrazione con i gas lacrimogeni.
In tale contesto, il gruppo ha analizzato gli effetti sulla situazione 
messicana del NAFTA, il trattato in vigore dal 1994 tra USA, Canada e 
Messico. L'ALCA sarebbe, in effetti, un'estensione del NAFTA all'intero 
continente. Il governo messicano sostiene che grazie ai nuovi posti di 
lavoro creati con il NAFTA, è cresciuto il reddito pro-capite e allo stesso 
tempo i consumatori pagano meno i cereali per il calo dei prezzi. Ciò che 
il governo messicano non dice è che complessivamente il NAFTA non ha creato 
posti di lavoro, né è migliorata la loro qualità. Nel settore 
manifatturiero, dove è cresciuta maggiormente la produttività e che 
contribuisce per l'87 per cento al totale delle esportazioni (inclusi gli 
impianti di assemblaggio di proprietà straniera in cui i diritti dei 
lavoratori sono meno tutelati - le famigerate "maquiladoras"), 
l'occupazione oggi è del 9 per cento inferiore rispetto al periodo 
precedente al NAFTA. Varie grandi imprese oggi importano i semilavorati, 
invece di ricorrere alla produzione di piccole imprese locali che hanno 
perciò chiuso. La crescita macro-economica è stata accompagnata da 
crescenti disuguaglianze, che avrebbero generato un'esplosione sociale se 
non fosse per i nove miliardi di dollari che ogni anno gli emigrati 
messicani inviano in patria. Queste rimesse costituiscono ora la seconda 
fonte di entrate di valuta straniera dopo le esportazioni di petrolio. I 
prezzi dei cereali di base sono realmente caduti, nel momento in cui i due 
milioni e mezzo di coltivatori di mais, i cui terreni coprivano il 60 per 
cento delle terre coltivabili, hanno visto i loro mercati inondati dal mais 
prodotto negli USA e venduto a prezzi inferiori perché beneficia di sussidi 
agricoli.
Con analisi come questa, la Compagnia di Gesù sta imparando a rispondere ad 
eventi globali in modo coordinato, flessibile e competente, secondo lo 
spirito ignaziano di discernimento. Un'ulteriore sfida è di far conoscere, 
dentro e fuori la Compagnia, il punto di vista di coloro che sentono sulla 
loro pelle le conseguenze del NAFTA, e fare con loro esperienza della 
vulnerabilità di fronte alle forze che lo promuovono. "L'individuo oggi è 
spesso soffocato tra i due poli dello Stato e del mercato. Sembra, infatti, 
talvolta che egli esista soltanto come produttore e consumatore di merci, 
oppure come oggetto dell'amministrazione dello Stato" (Giovanni Paolo II, 
Centesimus Annus, n. 49c). Come parte di un piano per rafforzare il settore 
sociale in America Latina, un'analisi profonda delle luci e delle ombre dei 
movimenti sociali aiuterà a disegnare strategie creative e pertinenti.
Le risposte individuali a tali eventi globali spesso mancano di incisività 
ed efficacia. L'esperienza dei gesuiti a Johannesburg ha aiutato a 
tracciare le linee di un nuovo modo di procedere nel settore sociale. 
Furono elementi importanti la formazione di una comunità, con una missione 
temporanea ma concreta, e il vivere gli avvenimenti a fianco dei movimenti 
popolari. [HL21106]
Coordinatore del gruppo: Rafael Moreno Villa SJ <social@sjmex.org>
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* Agenda [HL21107]

5-10 dicembre, Washington DC, USA: riunione del comitato direttivo della 
Rete internazionale dei gesuiti per lo sviluppo (IJND). Coordinatore 
locale: Jim Hug SJ <jhug@coc.org> e <www.ijnd.org>

7-20 dicembre, Lomé, Togo: ottava assemblea panafricana del Movimento 
internazionale degli studenti cattolici (Pax Romana), sul tema "No allo 
stigma! Solidarietà con chi soffre di AIDS! Sii responsabile!" Cappellano: 
Étienne Triaille SJ <imcsafr@insightkenya.com>

22 dicembre, San Cristóbal de Las Casas, Chiapas, Messico: nella parrocchia 
dei gesuiti di San Pedro Chenalhó, il vescovo Arizmendi Esquivel 
commemorerà i 45 indigeni, membri dell'organizzazione civile "Las Abejas", 
a cinque anni dal loro massacro compiuto ad Acteal dalle truppe 
paramilitari. Parroco: Pedro Arriaga SJ <pedrosi89@hotmail.com>
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Redattore: Francesco Pistocchini <sjs.headlines@sjcuria.org>
Redattore aggiunto: Louisa Blair
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