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La nonviolenza e' in cammino. 434



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it

Numero 434 del 3 dicembre 2002

Sommario di questo numero:
1. Ricordare Peppino Impastato
2. Hannah Arendt, per sua stessa natura
3. Angelo Cavagna, manifestazione a Roma per una finanziaria di pace
4. Brunetto Salvarani, cosa e' successo il 29 novembre?
5. Simone Weil, verita' e sventura
6. Enrico Peyretti, ascoltare la saggezza
7. Mikhail Gorbaciov, la fretta di usare la forza
8. Adriana Cavarero, nella dimora quieta
9. Pietro Ingrao, l'Italia ripudia la Costituzione?
10. Peppe Sini: chiamare golpe un golpe, e resistere. Con la nonviolenza
11. Letizia Comba, a commento finale
12. Antonio Vigilante, le lettere e il Nome
13. Edna St. Vincent Millay, Barbablu'
14. Clara Jourdan recensisce "Un'eredita' senza testamento"
15. Riletture: Laura Balbo, Giuliana Chiaretti, Gianni Massironi, L'inferma
scienza
16. Riletture: Enza Biagini, Simone de Beauvoir
17. Riletture: Ursula K. Le Guin, La fantascienza e la signora Brown
18. Riletture: Rosa Rossi, Ascoltare Cervantes
19. Riletture: Gabriella Turnaturi (a cura di), Marginalita' e classi
sociali
20. La "Carta" del Movimento Nonviolento
21. Per saperne di piu'

1. APPELLI. RICORDARE PEPPINO IMPASTATO
[Dal quotidiano "Il manifesto" del primo dicembre 2002 riprendiamo questo
appello, cui ci associamo. Peppino Impastato, militante della nuova sinistra
di Cinisi (Pa), fu assassinato dalla mafia nel 1978. Opere su Peppino
Impastato: Salvo Vitale, Nel cuore dei coralli, Rubbettino, Soveria
Mannelli; Felicia Bartolotta Impastato, La mafia in casa mia, La Luna,
Palermo; Claudio Fava, Cinque delitti imperfetti, Mondadori, Milano; ma cfr.
anche le molte ottime pubblicazioni del Centro siciliano di documentazione
"Giuseppe Impastato" promosso dai suoi compagni di lotta, ed in particolare
il tenace e decisivo lavoro di denuncia, ricerca, documentazione ed
interpretazione del potere mafioso e delle altre forme di criminalità
organizzata svolto da Umberto Santino; tra le pubblicazioni recenti: AA.
VV., Peppino Impastato: anatomia di un depistaggio, Editori Riuniti, Roma
2001 (pubblicazione della relazione della commissione parlamentare antimafia
presentata da Giovanni Russo Spena; con contributi di Giuseppe Lumia, Nichi
Vendola, Michele Figurelli, Gianfranco Donadio, Enzo Ciconte, Antonio
Maruccia, Umberto Santino); Marco Tullio Giordana, Claudio Fava, Monica
Zapelli, I cento passi, Feltrinelli, Milano 2001 (sceneggiatura del film
omonimo). Un riferimento fondamentale: Centro siciliano di documentazione
"Giuseppe Impastato", via Villa Sperlinga 15, 90144 Palermo, tel.
0916259789, fax 091348997, e-mail: csdgi@tin.it]
Il 9 maggio 1978 veniva assassinato dalla mafia, a Cinisi, Peppino
Impastato. Solo dopo molti anni che hanno visto il depistaggio delle
indagini, la giustizia italiana e' giunta alla verita' che la famiglia, gli
amici e i compagni di Peppino hanno sostenuto sin dall'inizio: la sua morte
era conseguenza delle coraggiose denunce contro i traffici mafiosi e le
connivenze politiche.
Esperienza unica, quella di Peppino Impastato, per la sua provenienza da una
famiglia mafiosa. Nel 1998 l'amministrazione comunale di Isnello (piccolo
comune del palermitano) delibero' di intitolare una piazza a Peppino
Impastato, collocandovi un cippo e una targa alla memoria.
Riteniamo un brutto segno dei tempi il fatto che oggi la nuova
amministrazione di Isnello abbia rimosso il cippo e la targa e intenda
cambiare il nome della piazza.
Risultano incomprensibili le motivazioni di simili scelte. Al di la' e oltre
ogni possibile polemica chiediamo con forza al sindaco e all'amministrazione
comunale di Isnello di rivedere la propria decisione, ricollocare il cippo
con la targa e confermare il nome di "Piazza Peppino Impastato".
Primi firmatari: Dario Fo, Vincenzo Consolo, Franca Rame, Andrea Camilleri,
David Riondino, Gillo Pontecorvo, Citto Maselli, Ettore Scola, Franco Rosi,
Francesco Tullio Altan, Guido Crepax, Claudio Gioe', Paolo Briguglia, Gigi
Lo Cascio, Pasquale Scimeca, Luciana Castellina, Maurizio Scaparro e a
seguire altre firme.

2. MAESTRE. HANNAH ARENDT: PER SUA STESSA NATURA
[Da Archivio Arendt. 1. 1930-1948, Feltrinelli, Milano 2001, p. 220. Hannah
Arendt e' nata ad Hannover da famiglia ebraica nel 1906, fu allieva di
Husserl, Heidegger e Jaspers; l'ascesa del nazismo la costringe all'esilio,
dapprima e' profuga in Francia, poi esule in America. E' tra le massime
pensatrici politiche del Novecento. Docente, scrittrice, intervenne
ripetutamente sulle questioni di attualita' da un punto di vista
rigorosamente libertario e in difesa dei diritti umani. Mori' a New York nel
1975. Opere di Hannah Arendt: tra i suoi lavori fondamentali (quasi tutti
tradotti in italiano è spesso ristampati, per cui qui di seguito non diamo l
'anno di pubblicazione dell'edizione italiana, ma solo l'anno dell'edizione
originale) ci sono Le origini del totalitarismo (prima edizione 1951),
Comunita', Milano; Vita Activa (1958), Bompiani, Milano; Tra passato e
futuro (1961), Garzanti, Milano; La banalita' del male. Eichmann a
Gerusalemme (1963), Feltrinelli, Milano; Sulla rivoluzione (1963),
Comunita', Milano; postumo e incompiuto e' apparso La vita della mente
(1978), Il Mulino, Bologna. Una raccolta di brevi saggi di intervento
politico e' Politica e menzogna, Sugarco, Milano, 1985. Molto interessanti i
carteggi con Karl Jaspers (Carteggio 1926-1969. Filosofia e politica,
Feltrinelli, Milano 1989) e con Mary McCarthy (Tra amiche. La corrispondenza
di Hannah Arendt e Mary McCarthy 1949-1975, Sellerio, Palermo 1999). Una
recente raccolta di scritti vari e' Archivio Arendt. 1. 1930-1948,
Feltrinelli, Milano 2001. Opere su Hannah Arendt: fondamentale e' la
biografia di Elisabeth Young-Bruehl, Hannah Arendt, Bollati Boringhieri,
Torino 1994; tra gli studi critici: Laura Boella, Hannah Arendt,
Feltrinelli, Milano 1995; Roberto Esposito, L'origine della politica: Hannah
Arendt o Simone Weil?, Donzelli, Roma 1996; Paolo Flores d'Arcais, Hannah
Arendt, Donzelli, Roma 1995; Simona Forti, Vita della mente e tempo della
polis, Franco Angeli, Milano 1996; Simona Forti (a cura di), Hannah Arendt,
Milano 1999; Augusto Illuminati, Esercizi politici: quattro sguardi su
Hannah Arendt, Manifestolibri, Roma 1994; Friedrich G. Friedmann, Hannah
Arendt, Giuntina, Firenze 2001. Per chi legge il tedesco due piacevoli
monografie divulgative-introduttive (con ricco apparato iconografico) sono:
Wolfgang Heuer, Hannah Arendt, Rowohlt, Reinbek bei Hamburg 1987, 1999;
Ingeborg Gleichauf, Hannah Arendt, DTV, München 2000]
L'esistenza, per sua stessa natura, non e' mai isolata; esiste solo nella
comunicazione e nella consapevolezza dell'esistenza degli atri.

3. INIZIATIVE. ANGELO CAVAGNA: MANIFESTAZIONE A ROMA PER UNA FINANZIARIA DI
PACE
[Dal Gavci (una delle piu' attive associazioni di solidarieta', pacifiste e
nonviolente; per contatti: gavci@iperbole.bologna.it) riceviamo e
diffondiamo; padre Angelo Cavagna del Gavci e' presidente]
Nel quadro della campagna in corso di un "digiuno preventivo" in
contrapposizione alla "guerra preventiva" lanciata dal presidente degli Usa
Bush, si e' svolta nel pomeriggio di giovedi' 28 novembre una manifestazione
a Roma davanti al Senato, con bandiere della pace, striscioni e frasi dette
al megafono esprimenti gli obiettivi della manifestazione.
La Campagna di obiezione alle spese militari, promotrice del "digiuno
preventivo", chiedeva, in pratica, tagli alla spesa militare e aumenti della
spesa sociale nella Finanziaria, in particoalre finanziamenti per i Corpi
civili di pace o Caschi Bianchi, per cominciare a preparare la Difesa
popolare nonviolenta. Anche alcune senatrici e senatori sono venuti ad
incontrare i manifestanti.
Bene e' andato anche l'incontro di una delegazione (composta dal prof.
Tonino Drago di Napoli, da Andrea Mazzi dell'Associazione Papa Giovanni
XXIII di Modena, e da padre Angelo Cavagna del Gavci) con il ministro Carlo
Giovanardi per i rapporti con il Parlamento e con delega per il Servizio
civile. Giovanardi ha promesso un incontro nel prossimo gennaio 2003
sull'attuazione degli articoli di legge relativi all'avvio di una "difesa
non armata e nonviolenta" e dei Caschi Bianchi in missione di pace
all'estero.
Inoltre va chiarito che, anche qualora si arrivi alla sospensione della leva
obbligatoria, non per questo viene ad essere abolita l'obiezione di
coscienza, come si esprimeva il ministro Giovanardi, ma resta in vigore per
non incorrere nell'obbligo di fare il militare proprio in caso di guerra o
di emergenze internazionali, come sottolineato da padre Cavagna.
Per questo e' bene prepararsi per raggiungere l'obiettivo fondamentale della
Campagna di obiezione alle spese militari: avviare la Difesa popolare
nonviolenta, ed esigere che i fondi per i Caschi bianchi vengano
effettivamente erogati.
p. Angelo Cavagna, presidente del Gavci, a nome dei partecipanti

4. INIZIATIVE. BRUNETTO SALVARANI: COSA E' SUCCESSO IL 29 NOVEMBRE?
[Da Brunetto Salvarani (per contatti: b.salvarani@carpi.nettuno.it)
riceviamo e diffondiamo. Brunetto Salvarani, insieme a Giovanni Sarubbi, e'
stato il principale promotore della giornata ecumenica del dialogo
cristianoislamico del 29 novembre]
Care amiche, cari amici,
dopo la Giornata ecumenica del dialogo cristianoislamico del 29 novembre
crediamo sia opportuno socializzare il piu' possibile le notizie di quanto
e' avvenuto (in realta' parecchie iniziative sono ancora in corso, e altre
accadranno la prossima settimana), per gioire insieme degli eventuali
successi, ma soprattutto per condividere i problemi e gli eventuali
insuccessi.
Come potete immaginare, questo e' l'unico modo per crescere e migliorare, in
particolare in un campo cosi' difficile com'e' il dialogo interreligioso.
Per questo, vi chiederei di inviare, a me e/o a Giovanni Sarubbi
(gsarubb@tin.it ) un breve resoconto di quanto e' accaduto dalle vostre
parti, con una riflessione vostra o di chi sapete abbia partecipato.
Grazie di cuore; sul sito  www.ildialogo.org trovate comunque
l'aggiornamento (in tempo reale...) dei commenti e dei prossimi eventi.
Abbracciandovi di cuore,
Brunetto

5. MAESTRE. SIMONE WEIL: VERITA' E SVENTURA
[Da Simone Weil, Quaderni, Adelphi, Milano 1993, volume IV, p. 365. Simone
Weil, nata a Parigi nel 1909, allieva di Alain, fu professoressa, militante
sindacale e politica della sinistra classista e libertaria, operaia di
fabbrica, miliziana nella guerra di Spagna contro i fascisti, lavoratrice
agricola, poi esule in America, infine a Londra impegnata a lavorare per la
Resistenza. Minata da una vita di generosita', abnegazione, sofferenze,
muore in Inghilterra nel 1943. Una descrizione meramente esterna come quella
che precede non rende pero' conto della vita interiore della Weil (ed in
particolare della svolta, o intensificazione, o meglio ancora:
radicalizzazione ulteriore, seguita alle prime esperienze mistiche del
1938). Ha scritto di lei Susan Sontag: "Nessuno che ami la vita vorrebbe
imitare la sua dedizione al martirio, o se l'augurerebbe per i propri figli
o per qualunque altra persona cara. Tuttavia se amiamo la serieta' come
vita, Simone Weil ci commuove, ci da' nutrimento". Opere di Simone Weil:
tutti i volumi di Simone Weil in realta' consistono di raccolte di scritti
pubblicate postume, in vita Simone Weil aveva pubblicato poco e su periodici
(e sotto pseudonimo nella fase finale della sua permanenza in Francia stanti
le persecuzioni antiebraiche). Tra le raccolte piu' importanti in edizione
italiana segnaliamo: L'ombra e la grazia (Comunita', poi Rusconi), La
condizione operaia (Comunita', poi Mondadori), La prima radice (Comunita',
Se, Leonardo), Attesa di Dio (Rusconi), La Grecia e le intuizioni
precristiane (Rusconi), Riflessioni sulle cause della liberta' e
dell'oppressione sociale (Adelphi), Sulla Germania totalitaria (Adelphi),
Lettera a un religioso (Adelphi); Sulla guerra (Pratiche). Sono fondamentali
i quattro volumi dei Quaderni, nell'edizione Adelphi curata da Giancarlo
Gaeta. Opere su Simone Weil: fondamentale e' la grande biografia di Simone
Petrement, La vita di Simone Weil, Adelphi, Milano 1994. Tra gli studi cfr.
AA. VV., Simone Weil, la passione della verita', Morcelliana, Brescia 1985;
Gabriella Fiori, Simone Weil, Garzanti, Milano 1990; Giancarlo Gaeta, Simone
Weil, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1992;
Jean-Marie Muller, Simone Weil. L'esigenza della nonviolenza, Edizioni
Gruppo Abele, Torino 1994; Angela Putino, Simone Weil e la Passione di Dio,
Edb, Bologna 1997; Maurizio Zani, Invito al pensiero di Simone Weil, Mursia,
Milano 1994]
La verita' e la sventura sono entrambe mute.
A causa di questo mutismo la verita' e' sventurata. Perche' soltanto
l'eloquenza e' felice quaggiu'.
A causa di questo mutismo la sventura e' vera. Non mente.

6. RIFLESSIONE. ENRICO PEYRETTI: ASCOLTARE LA SAGGEZZA
[Ringraziamo Enrico Peyretti (una delle figure piu' prestigiose della
nonviolenza in Italia, per contatti: peyretti@tiscalinet.it) per averci
inviato il seguente articolo di Mikhail Gorbaciov, e questo suo commento]
Mikhail Gorbaciov e' probabilmente lo statista migliore e piu' meritorio del
secolo XX, per avere invertito la escalation nucleare nella guerra fredda.
La sua politica di pace, grazie anche allo stimolo datogli dal potere
popolare nonviolento dei movimenti della pace all'ovest e del dissenso
all'est, fino alle esemplari insurrezioni popolari nonviolente del 1989, ha
allontanato temporaneamente il mondo dal precipizio della guerra nucleare.
Ma gli anni '90 sono stati, a causa di politiche di qualita' opposta,
l'orribile "decennio perduto" per la pace del mondo, e questi primi anni del
nuovo secolo sono anni di terrorismo, sia di banda che di stato, anche
provocato e poi utilizzato dalla iniqua e violenta politica imperiale.
Sono assolutamente sagge le considerazioni e gli ammonimenti odierni di
Gorbaciov sul grave momento attuale e sulla intollerabile determinazione
dell'entourage di Bush alla guerra, nonostante le molte misure pacifiche
alternative possibili e quelle in atto, come le ispezioni.
Devono ascoltare la saggezza di Gorbaciov specialmente i governanti, come
quelli italiani, succubi al governo Usa e corresponsabili, davanti
all'umanita', alla storia e a Dio vindice delle vittime, dei crimini
premeditati che si stanno preparando, anzi gia' iniziati con i pretestuosi
bombardamenti quotidiani.

7. DOCUMENTAZIONE. MIKHAIL GORBACIOV: LA FRETTA DI USARE LA FORZA
[Questo intervento di Mikhail Gorbaciov e' apparso sul quotidiano "La
Stampa" del 2 dicembre 2002. Ovviamente il nostro punto di vista non
coincide in toto con quello qui sostenuto: ad esempio noi pensiamo che anche
l'embargo sia stato e sia un crimine scellerato e che di esso l'Onu porta
grave una diretta responsabilita'; ma certo condividiamo l'opposizione alo
scatenamento della guerra e la convinzione che comunque l'Onu debba essere
punto di riferimento di contro a chi nuovamente vuol scatenare quel
"flagello della guerra" contro cui l'Onu sorse alla fine della catastrofe
della seconda guerra mondiale. Mikhail Gorbaciov, gia' presidente dell'Urss,
e' premio Nobel per la pace]
Restano pochi giorni al primo rapporto degli ispettori delle Nazioni Unite
in Iraq. Impossibile fare previsioni, ma si puo' e si deve sperare che sia
stato un lavoro utile.
Il governo iracheno ha dichiarato la sua disponibilita' a garantire accesso
a tutti gli impianti, senza preavviso e senza limiti. A quanto e' stato
possibile sapere fino a queste ore sembra che le promesse siano state
mantenute.
Sebbene molte vittime civili siano gia' state sacrificate in questi anni,
cio' che, di questa drammatica vicenda, si e' svolto sulla scena diplomatica
internazionale e' stato nell'interesse della pace, dell'ordine
internazionale, del rispetto delle norme. Per ora. Ma non si puo' essere
tranquilli.
C'e' chi ha fretta di passare comunque alle misure di forza, quale che sia
l'esito delle verifiche degli ispettori. Sono di ritorno da un viaggio negli
Stati Uniti in cui ho avuto molti colloqui, a diversi livelli della
societa', fino a qualcuno dei piu' alti esponenti della politica di quel
paese.
Sono rimasto colpito pero' dal fatto che, anche dopo il voto al Consiglio di
Sicurezza dell'Onu, la tv e molti giornali non solo non hanno accantonato il
tema della guerra con l'Iraq, ma gli hanno dedicato sempre piu' spazio.
E' in corso negli Usa una vera pressione multilaterale sull'opinione
pubblica affinche' finisca per considerare la guerra non solo inevitabile,
ma addirittura gia' decisa. Resta l'impressione che il paese venga preparato
alla guerra.
Qualcosa di simile sta accadendo anche in Gran Bretagna, dove ho letto che
il Parlamento ha gia' consegnato nelle mani del premier un mandato
preventivo per un'azione militare senza ulteriori discussioni.
Cosa significa tutto cio'? Che ci si accinge alla guerra a prescindere
dall'esito delle verifiche. Come se si fosse sempre saputo che esse non
avrebbero condotto ad alcun esito certo. Mi chiedo: perche' allora fingere
di volerle fare?
Tutto cio' induce a gravi riflessioni. Io credo che, oggi piu' che mai, si
debba impedire che si sedimenti negli animi l'idea che i problemi del mondo
contemporaneo siano risolvibili con la guerra, con la forza.
In un contesto come questo non e' difficile ipotizzare che, da qualche
parte, si inneschino operazioni di provocazione capaci di innescare un
conflitto. Il sistema mediatico e' gia' pronto ad agire in questa direzione.
Il Consiglio di Sicurezza dell'Onu deve, per queste ragioni, mantenere sotto
il suo controllo l'intero processo di verifica fino alla sua conclusione. E,
al termine previsto, nel rispetto della risoluzione approvata
all'unanimita', deve nuovamente riunirsi per discutere.
Ogni scorciatoia dev'essere considerata fin d'ora come illegale. Se si
arrivera' alla conclusione che l'Iraq dispone di armi di distruzione di
massa, o delle strutture per costruirle in tempi rapidi, allora sara' il
Consiglio di Sicurezza a imporgli la loro eliminazione e a decidere in quali
tempi e quali forme.
Se invece non si scoprira' nulla, sara' comunque il Consiglio di Sicurezza a
dover prendere una decisione, a definire le modalita' per il ritorno alla
normalita' nel rispetto della sovranita' nazionale irachena, fino alla fine
dell'embargo in base a precisi impegni iracheni in termini di verifiche e
controlli.
La questione della permanenza al potere del regime di Saddam Hussein - che
molti, negli Stati Uniti, considerano insopportabile - non puo' e non deve
essere risolta dall'esterno, tanto meno con atti di forza che violino la
sovranita' nazionale di quel paese.
Questo indicano le norme vigenti della comunita' internazionale.
Chiunque le violi ci conduce, lo voglia o non lo voglia, al ritorno alla
legge della giungla.

8. MAESTRE. ADRIANA CAVARERO: NELLA DIMORA QUIETA
[Da Adriana Cavarero, Nonostante Platone, Editori Riuniti, Roma 1990, 1991,
pp. 31-32. Adriana Cavarero e' docente di filosofia politica all'Università
di Verona; dal sito "Feminist Theory Website: Zagreb Woman's Studies Center"
ospitato dal Center for Digital Discourse and Culture at Virginia Tech
University (www.cddc.vt.edu/feminism), copyright 1999 Kristin Switala,
riportiamo questa scheda bibliografica delle sue opere pubblicate in volume:
a) libri: Dialettica e politica in Platone, Cedam, Padova 1974; Platone: il
filosofo e il problema politico. La Lettera VII e l'epistolario, Sei, Torino
1976; La teoria politica di John Locke, Edizioni universitarie, Padova 1984;
L'interpretazione hegeliana di Parmenide, Quaderni di Verifiche, Trento
1984; Nonostante Platone, Editori Riuniti, Roma1990. (traduzione tedesca:
Platon zum Trotz, Rotbuch, Berlin 1992; traduzione inglese: In Spite of
Plato, Polity, Cambridge 1995, e Routledge, New York 1995); Corpo in figure,
Feltrinelli,Milano 1995; Platone. Lettera VII, Repubblica: libro VI, Sei,
Torino 1995; Tu che mi guardi, tu che mi racconti, Feltrinelli, Milano 1997;
Adriana Cavarero e Franco Restaino (a cura di), Le filosofie femministe,
Paravia, Torino 1999. b) saggi in volumi collettanei: "Politica e ideologia
dei partiti in Inghilterra secondo Hume", in Per una storia del moderno
concetto di politica, Cleup, Padova 1977, pp. 93-119; "Giacomo I e il
Parlamento: una lotta per la sovranita'", in Sovranita' e teoria dello Stato
all'epoca dell'Assolutismo, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Roma 1980,
pp. 47-89; "Hume: la politica come scienza", in Il politico. Da Hobbes a
Smith, a cura di Mario Tronti,Feltrinelli, Milano 1982, vol. II, pp.
705-715; "Il principio antropologico in Eraclito", in Itinerari e
prospettive del personalismo, Ipl, Milano 1987, pp. 311-323; "La teoria
contrattualistica nei Trattati sul Governo di John Locke", in Il contratto
sociale nella filosofia politica moderna, a cura di Giuseppe Duso, Il
Mulino, Bologna 1987, pp. 149-190; "Per una teoria della differenza
sessuale", in Diotima. Il pensiero della differenza sessuale, La Tartaruga,
Milano 1987, pp. 43-79. (traduzioen tedesca: "Ansatze zu einer Theorie der
Geschlechterdifferenz", in Diotima. Der Mensch ist Zwei, Wiener
Frauenverlag, Wien 1989); "L'elaborazione filosofica della differenza
sessuale", in La ricerca delle donne, Rosenberg & Sellier, Torino 1987, pp.
173-187. (traduzione inglese: "The Need for a Sexed Thought", in Italian
Feminist Thought, ed. by S. Kemp and P. Bono, Blackwell, Oxford 1991);
"Platone e Hegel interpreti di Parmenide", in La scuola Eleatica,
Macchiaroli, Napoli 1988, pp. 81-99; "Dire la nascita", in Diotima. Mettere
al mondo il mondo, La Tartaruga, Milano 1990, pp. 96-131. (traduzione
spagnola: "Decir el nacimiento", in Diotima. Traer al mundo el mundo, Icaria
y Antrazyt, Barcelona 1996); "Die Perspective der Geschleterdifferenz", in
Differenz und Gleicheit, Ulrike Helmer Verlag, Frankfurt 1990, pp. 95-111;
"Equality and Sexual Difference: the Amnesias of Political Thought", in
Equality and Difference: Gender Dimensions of Political Thought, Justice and
Morality, edited by G. Bock and S. James, Routledge, London 1991, pp.
187-201; "Il moderno e le sue finzioni", in Logiche e crisi della modernita,
a cura di Carlo Galli, Il Mulino, Bologna 1991, pp. 313-319; "La tirannia
dell'essere", in Metamorfosi del tragico fra classico e moderno, a cura di
Umberto Curi, Laterza, Rma-Bari 1991, pp. 107-122; "Introduzione" a: B.
Head, Una questione di potere, El, Roma 1994, pp. VII-XVIII; "Forme della
corporeita'", in Filosofia, Donne, Filosofie, Milella, Lecce 1994, pp.
15-28; "Figures de la corporeitat", Saviesa i perversitat: les dones a la
Grecia Antiga, coordinacio de M. Jufresa, Edicions Destino, Barcelona 1994,
pp. 85-111; "Un soggetto femminile oltre la metafisica della morte", in
Femminile e maschile tra pensiero e discorso, Labirinti 12, Trento, pp.
15-28; "La passione della differenza", in Storia delle passioni, a cura di
Silvia Vegetti Finzi, Laterza, Roma-Bari 1995, pp. 279-313; "Il corpo e il
segno. Un racconto di Karen Blixen", in Scrivere, vivere, pensare, a cura di
Francesca Pasini, La Tartaruga, Milano 1997, pp. 39-50; "Schauplatze der
Einzigartigkeit", in Phaenomenologie and Geschlechterdifferenz, edd. Silvia
Stoller und Helmuth Vetter, WUV-Universitatsverlag, Wien 1997, pp. 207-226;
"Il pensiero femminista. Un approccio teoretico", in Le filosofie
femministe, a cura di Franco Restaino e Adriana Cavarero, Paravia, Torino
1999, pp. 111-164; "Note arendtiane sulla caverna di Platone", in Hannah
Arendt, a cura di Simona Forti, Bruno Mondadori, Milano 1999, pp. 205-225]
Perche' molti sono i riti che la morte pretende al suo regno: l'eroismo di
Ulisse, che sul suo rischio si misura, e il sapere di Socrate, che in essa
trova compimento. In ambedue i casi un "vivere per la morte" dove la morte
stessa e' figura emblematica di una finitezza che viene all'un tempo
assolutizzata e vinta: dalla leggenda che rende immortali o dal pensiero che
presso l'eterno alberga.
Ma quelle donne, nella stanza del telaio, non separarono dal corpo loro il
pensiero per concedergli eterna durata, ne' affidarono alla morte
l'esperienza del limite nel desiderio arrogante di divenire immortali.
L'iperuranio e il mare non era cosa loro. Stavano invece in pace a
scambiarsi sguardi e parole radicate nell'interezza singolare della loro
esistenza, cosi' palesemente sessuata al femminile ora che, lasciati gli
uomini all'avventura per mare, una vita condivisa nel comune orizzonte
concedeva a ciascuna il suo riconoscersi nell'altra.
Nella dimora quieta, tessendo e ridendo.

9. RIFLESSIONE. PIETRO INGRAO: L'ITALIA RIPUDIA LA COSTITUZIONE?
[Riprendiamo questo articolo dal quotidiano "Il manifesto" del primo
dicembre 2002, che lo propone come anticipazione del prossimo numero della
"Rivista del manifesto" in edicola da martedi' 3 a venerdi' 6 dicembre in
supplemento al quotidiano medesimo. Pietro Ingrao e' una delle figure piu'
prestigiose della sinistra italiana, nato nel 1915 a Lenola (Lt), laureato
in giurisprudenza e lettere, partecipa alla lotta clandestina antifascista e
alla Resistenza. Giornalista, direttore de "L'Unita'" dal 1947 al 1957, dal
1948 deputato del Pci al Parlamento per varie legislature e tra il 1976 e il
1979 presidente della Camera dei Deputati. Collabora attualmente al
quotidiano "Il manifesto"; sono di grande rilievo le sue riflessioni sui
movimenti, le istituzioni, la storia contemporanea e le tendenze globali
attuali. Opere di Pietro Ingrao: Masse e potere, Editori Riuniti, Roma 1977;
Tradizione e progetto, De Donato, Bari 1982; Le cose impossibili, Editori
Riuniti, Roma 1990; Interventi sul campo, Cuen, Napoli 1990; Appuntamenti di
fine secolo, Manifestolibri, Roma 1995 (con Rossana Rossanda ed altri)]
Sono in debito di una risposta al mio amico Alfredo Reichlin, che sulle
colonne di "Repubblica" [Ingrao si riferisce all'articolo di Alfredo
Reichlin, Pacifismo integrale e nuovo ordine mondiale, "La Repubblica" del 5
novembre 2002; nella discussione sono intervenuti anche Giorgio Napolitano,
La guerra giusta esiste, "l'Unita'" del 5 novembre 2002 e Le azioni dell'Onu
non sono guerra, "l'Unita'" del 9 novembre 2002, e Tom Benettollo, La terra
e' tonda, la guerra e' guerra, "l'Unita'" del 7 novembre 2002 - ndr]  e'
intervenuto nel dibattito a riguardo dell'articolo 11 della Costituzione.
A differenza di Giorgio Napolitano, il quale per gli scontri armati che
hanno segnato la fine del Novecento respinge l'uso della parola "guerra" e
parla di "azione militare" delle Nazioni Unite, Reichlin afferma invece che
si', "una guerra di dimensioni mondiali, sia pure endemica, e' gia'
cominciata, e noi in essa ci piaccia o no siamo gia' immersi".
Protagonisti di questa guerra in atto sono la Superpotenza globale (gli
Stati Uniti) e il terrorismo. E questo ritorno della guerra e' visto da
Reichlin al tempo stesso come crollo di un ordine e caos in grandi regioni
del mondo. Quanto al terrorismo Reichlin dice: e' una rete complessa, "una
corrente torbida che si serve delle nuove tecnologie per diffondere un
messaggio di odio verso l'Occidente: spetta alle culture della democrazia e
delle idee di liberta' nate dall'illuminismo e dalle rivoluzioni
democratico-borghesi raccogliere la sfida".
E qui Reichlin fa appello a un ruolo nuovo dell'Europa per la costruzione di
un assetto mondiale policentrico: l'unico - mi sembra di capire - capace di
evitare l'avvento di "una nuova guerra mondiale endemica". Anche se in
verita' un'Europa, che assuma un tale ruolo autonomo, ancora non si vede. Il
quadro quindi e' amaro e cupo. E non sono celati ne' l'allarme dinanzi alla
proposta di "guerra preventiva" avanzata dal presidente americano, ne'
l'angoscia per le situazioni tragiche dell'Africa, dell'Asia centrale, e
anche dei Balcani. Immagino che la preoccupazione oggi sia ancora piu'
grande di fronte al rischio divenuto cosi' forte di un attacco all'Irak, in
quella straordinaria riserva di "oro nero", che fa di quel Paese un punto
strategico del mondo.
Reichlin non dice nulla pero' - almeno io non l'ho trovato - sulla questione
(piu' piccola, se si vuole) che io ho evocato, e che in concreto chiedeva
risposte sulla validita' o meno dell'articolo 11 della nostra Costituzione.
Intendiamoci: io sento bene il rischio di apparire ristretto - persino
provinciale! - nel restare ancora aggrappato a quella piccola Carta italiana
del 1948. E rispondo: si', e' vero, parlando dell'articolo 11 evoco
volutamente la questione dello Stato-nazione, che ritengo dimensione niente
affatto cancellata da quel fenomeno grandioso e drammatico che oggi
chiamiamo "globalizzazione". E anche se ho chiara l'urgenza di una
Costituzione europea e di una reale "Confederazione" a livello del nostro
Continente, ritengo che intanto noi non possiamo e non dobbiamo liquidare -
addirittura senza dirlo - la Costituzione italiana: quella del 1948.
Detto in altro modo la domanda che mi preme e': quale e' oggi la legge?
Lo diro': la parola legge non mi ha mai entusiasmato: perche' sento la
difficolta' di chiudere dentro i lacci dei codici la complessita' (questo
termine che mi torna sempre sulla bocca) dell'esistenza dei singoli: nelle
complicate varianze, e anche nelle indecisioni e persino doppiezze, che
fanno la molteplicita' del nostro esistere. Pero' da quando ero fanciullo mi
hanno spiegato (con mia riluttanza) che c'erano delle regole pubbliche, e
che ad esse dovevo adattare le mie pulsioni affettive, sessuali,
fantastiche, estetiche, eccetera. Ho detto altrove la diffidenza che mi
suscitano i giudici. E tuttavia - mi piacesse o no - dalla nascita io sto in
un sistema di regole (con relative sanzioni) che controlla quasi ogni passo
della mia giornata. E vivendo incontro in ogni momento una griglia di
permessi o di veti. Da Berlusconi a D'Alema, a Ciampi, al ministro degli
Interni, ed altri ancora, tutti - quasi ad ogni mio passo - mi ricordano che
devo rispettare la Legge: questo sistema di regole che agisce nella
sembianza dello Stato-nazione.
Domando: questa dimensione statalnazionale e' morta ? Secondo me, no. Io e
miei simili la incontriamo direttamente appena scendiamo in strada, e anche
dentro la nostra camera da letto: non e' forse vero che persino i nostri
amplessi sono vagliati giuridicamente (figli, patrimoni, successioni, ecc.
ecc.)? In Italia ci sono addirittura due Parlamenti (quasi mille persone)
che lavorano a fabbricare (si potrebbe dire: scolpire) sistemi normativi. E
lo fanno "in nome della legge": questa e' la frase che ci hanno infisso
nella mente da quando siamo entrati in una aula scolastica. Certo: vi sono
poi vari livelli del sistema giuridico: ma pur sempre dentro un grande
Codice che prima dell'unita' italiana si chiamo' Statuto e che poi ha preso
il nome di Costituzione.
E del resto (quasi dappertutto in Europa) i grandi reggitori dei diversi
Stati-nazione, quando assumono il loro incarico, giurano (o no?) sulla
Costituzione. Dunque, sin quando questo sistema normativo statal-nazionale
non e' apertamente e consensualmente (o con una "rivoluzione") modificato o
cancellato, noi (noi cittadini...) abbiamo diritto (ecco la parola antica)
di pretendere il rispetto di quell'incastro di norme.
Ed esistendo oggi in Italia (in questo Stato) una Costituzione (tra l'altro
abbastanza recente, quasi ancora fresca d'inchiostro) abbiamo diritto di
chiedere conto del rispetto dell'articolo 11, quel passo della Costituzione,
che parla della pace e della guerra, e ragiona su eventi che per i cittadini
possono significare la vita o la morte.
Sostengo allora: e' possibile che quell'articolo 11 sia oggi superato, e
venga cassato. Ma bisogna dirlo. E annullarlo si puo' solo dicendolo: e
sottomettendosi alla prova del consenso del Paese. E se i Custodi della
Costituzione non tutelano questo mio diritto mancano al loro compito:
gravemente. Violano la legge.
Per ultimo, una parola sui pacifisti. Leggendo il testo di Reichlin si
capisce che lui li sente vecchi e impotenti. Gli consiglierei cautela e - se
e' lecito chiederlo - ricerca. Io ho incontrato a Firenze parecchi (tanti)
di questi pacifisti di oggi. Alcuni erano giovanissimi. Alfredo: ti assicuro
che sono una nuovissima generazione. E si vede. Altri invece sono avanti
nella vita, ma ugualmente mi sembrano storie e persone abbastanza inedite.
Alex Zanotelli e Gino Strada per esempio: anche con radici differenti e
storie singolari. Un mio amico poi sostiene che questi pacifisti di oggi
sono un intreccio di passione utopica e di razionalita'. Alcuni sono piu' o
meno ventenni. E non dicono piu' come nel `68: vogliamo tutto. E si vede
gia' un impasto di culture europee. A Firenze si coglieva chiaramente una
forte presenza di mondi mediterranei: francesi, spagnoli, greci, meno -
cosi' mi sembra - il Nord europeo. Ma su questo nuovo pacifismo - discutendo
con Napolitano - ha detto cose chiarissime, su "l'Unita'", Tom Benetollo. E
io non ho aggiunte da fare.

10. RIFLESSIONE. PEPPE SINI: CHIAMARE GOLPE UN GOLPE, E RESISTERE. CON LA
NONVIOLENZA
L'articolo 11 della Costituzione e' uno dei "principi fondamentali" di essa
(artt. 1-12), ovvero consustanziali alla forma repubblicana del nostro
ordinamento giuridico, e di essa forma repubblicana dell'ordinamento
fondanti. Non vi e' possibile dubbio sul fatto che quanto codificato
nell'art. 11 costituisca uno dei "valori supremi" della Repubblica.
E poiche' la Costituzione stessa prevede la possibilita' di introdurre si'
modifiche ad essa Costituzione medesima (art. 138), ma proibisce di
modificare la forma repubblicana dell'ordinamento (art. 139), ne consegue
(ed e' questa, mi pare, nitida l'interpretazione autentica della stessa
Corte Costituzionale in un non dimenticato pronunciamento di alcuni anni fa)
che chi cancella o vuole cancellare de jure o de facto l'articolo 11 e' un
golpista, cioe' il propugnatore e l'esecutore di un colpo di stato.
E la legge, la legge si', ci chiama a resistere contro i golpisti che
vogliono abbattere, abbattendo il nostro ordinamento giuridico, le nostre
comuni liberta'.
Cosicche' non c'e' proprio nulla da discutere: i governi che hanno
precipitato il nostro paese in guerra negli ultimi anni sono stati governi
golpisti, ne' piu' ne' meno; e con loro i parlamentari che li hanno
sostenuti ed i capi dello stato che li hanno avallati, e la magistratura
competente che ha fatto finta di niente.
E la resistenza contro la guerra e' anche la resistenza in difesa della
Costituzione. Che questa resistenza debba essere assolutamente nonviolenta
e' la nostra convinzione ferma come una roccia.
Se poi qualcuno vuol discutere con i golpisti di come abbattere la legalita'
e sancire il trionfo del crimine e delle stragi, si accomodi. Ma non conti
sul nostro silenzio, non conti sulla nostra complicita', non conti sulla
nostra passivita'.
Agli assassini occorre opporsi. Ai golpisti occorre opporsi. Con la forza
della nonviolenza: che contro la violenza e' la lotta piu' limpida ed
intransigente.

11. MAESTRE. LETIZIA COMBA: A COMMENTO FINALE
[Da Letizia Comba, "Cio' che non e' verificabile", in Diotima. Mettere al
mondo il mondo, La Tartaruga, Milano 1990, p. 170. Letizia Comba e' stata
una straordinaria intellettuale e militante per la dignita' umana; ha
lavorato con Ernesto de Martino, Franco Basaglia, Giovanni Jervis, prendendo
parte alle decisive esperienze di lotta contro le istituzioni totali del
movimento di psichiatria democratica; docente di psicologia, ha lavorato sui
temi della famiglia e dell'esperienza della nascita, della relazione
genealogica e magistrale, della psicologia dell'arte e della letteratura; e'
prematuramente scomparsa, ma lascia una lezione grande, feconda un'eredita'
di metodo e di impegno, un appello e un'apertura a continuare in cio' che e'
giusto. Opere di Letizia Comba: molti suoi saggi sono in volume collettanei,
da quelli fondamentali dell'esperienza goriziana curati da Franco Basaglia
(Che cos'e' la psichiatria?; L'istituzione negata) alla riflessione della
comunita' filosofica femminile di Diotima; un suo noto libro e' Paternita'
separate, Angeli, Milano 1984; si veda anche almeno il recente libro: (a
cura di), La materia dell'anima, Rosenberg & Sellier, Torino 2001. Frances
Amelia Yates e' nata nel 1899 e deceduta nel 1981, figura di rilievo del
Warburg Institute e dell'Universita' di Londra, studiosa del Rinascimento
europeo, ha dato dei contributi profondamente innovativi e fecondi alla
conoscenza e comprensione di temi ed aspetti della cultura europea
precedentemente sovente assai fraintesi e trascurati dagli studiosi. Opere
di Frances Amelia Yates: in traduzione italiana sono disponibili i seguenti
volumi: Giordano Bruno e la tradizione ermetica, Laterza, Bari 1969, 1992; L
'arte della memoria, Einaudi, Torino 1972, 1993; L'Illuminismo dei
Rosa-Croce, Einaudi, Torino 1976; Astrea. L'idea di Impero nel Cinquecento,
Einaudi, Torino 1978, 2001; Gli ultimi drammi di Shakespeare, Einaudi,
Torino 1979; Cabbala e occultismo nell'eta' elisabettiana, Einaudi, Torino
1982, 2002; Giordano Bruno e la cultura europea del Rinascimento, Laterza,
Roma-Bari 1988, 1995 (raccolta di saggi estratti dai tre volumi dei
Collected Essays, comprensiva anche dei Frammenti autobiografici); un'ampia
bibliografia delle opere della grande studiosa e' in Eadem, Giordano Bruno e
la cultura europea del Rinascimento sopra citato]
A commento finale utilizzero', con assoluta immodestia, un'osservazione che
Frances Yates faceva su un proprio lavoro: "Questo articolo non contiene
alcuna conclusione, perche' non e' una fine ma un principio...".

12. RIFLESSIONE. ANTONIO VIGILANTE: LE LETTERE E IL NOME
[Ringraziamo Antonio Vigilante (per contatti: naciketas@jumpy.it) per questo
intervento. Antonio Vigilante, nato a Foggia nel 1971, dopo la laurea in
pedagogia si e' perfezionato in bioetica; collabora a diverse riviste; sta
preparando un saggio filosofico sulla nonviolenza di cui abbiamo anticipato
alcune pagine su questo foglio tempo addietro; tra le sue opere: La realta'
liberata. Escatologia e nonviolenza in Aldo Capitini, Edizioni del Rosone,
Foggia 1999]
Scrive Tommaso da Celano nella "Vita prima" che Francesco d'Assisi
raccoglieva ogni scritto che trovava, anche se di argomento profano,
"riponendolo in luogo sacro o almeno decoroso, nel timore che vi si trovasse
il nome del Signore, o qualcosa che lo riguardasse". Ed a chi gli chiedeva
come mai conservasse con tale religioso rispetto anche i libri dei pagani,
rispose: "Figlio mio, perche' tutte le lettere possono comporre quel nome
santissimo; d'altronde, ogni bene che si trova negli uomini, pagani o no, va
riferito a Dio, fonte di qualsiasi bene" (Tommaso da Celano, Vita Prima,
XXIX, 462-463, in Fonti Francescane, Edizioni Messaggero - Movimento
francescano, Padova-Assisi 1983, p. 475).
Non e' forse esagerato affermare che in quest'abitudine del frate di Assisi
si trova uno dei suoi piu' alti insegnamenti; un insegnamento che ci e'
necessario quanto il pane e l'acqua.
Si ricorda, come uno degli episodi piu' luminosi della vita di Francesco, la
sua missione tra i saraceni nel pieno di un conflitto di cui ben si
conoscono le asprezze e le crudelta'. In realta' non fu una missione di
pace. Francesco non ando' dal sultano per parlare con lui: ando' a
predicare. A portarlo nel campo avverso non fu l'intento di cercare
un'intesa, un dialogo con il nemico, ma la ricerca del martirio. Leggendo
l'episodio nella Leggenda maggiore di Bonaventura da Bagnoregio si e'
colpiti piuttosto dalla saggezza e dal buon senso del sultano, che rifiuta
la prova propostagli dal frate per la conversione del suo popolo - buttarsi
nel fuoco -, e lo rimanda dai suoi, non senza avergli prima offerto del
denaro da distribuire ai cristiani poveri.
Il Francesco che raccoglie gli scritti dei pagani ha compiuto un progresso
enorme, rispetto al Francesco che aspirava al martirio. Ha compreso una cosa
fondamentale: il rispetto del diverso. E' questo, insieme al meraviglioso
sentimento della natura, a fare di lui un uomo (un santo, per chi ha la
fede) moderno.
L'Occidente ha mandato al rogo i libri, spaventato dalle verita' che
contenevano. E dal rogo dei libri si e' passati al rogo delle persone.
L'Occidente ha voluto una sola Verita', un solo Libro. In quel gesto di
Francesco c'e' la crisi di ogni fanatismo. Come nel suo splendido Cantico il
mondo torna a colorarsi, cosi' in quel gesto torna ad essere possibile il
dialogo, l'umano parlarsi ed ascoltarsi.
Dalla violenza contro i libri si passa sempre alla violenza contro le
persone; e viceversa: dal rispetto per i libri nasce il rispetto per le
persone.
Anche le lettere dei libri pagani possono comporre il nome di Dio, dice
Francesco. E se ognuno di noi fosse una lettera? Se il mondo fosse un poema
grandioso, composto da tante lettere quanti sono i viventi? Un tale poema
non andrebbe inteso come perfettissima opera in endecasillabi e terzine, ma
come un libero fluire di significati, pieno di imperfezioni formali, ma pure
bello e gioioso nell'insieme.
Racconta ancora Tommaso da Celano che Francesco, quando dettava qualcosa,
"non permetteva che si cancellasse alcuna lettera o sillaba, anche se
superflua o errata". E voleva dire, forse, che nessuno e' realmente errato,
che nessuno va cancellato. Che e' preferibile un Tutto imperfetto, pieno di
lettere fuori posto (o apparentemente fuori posto) ad una Perfezione
raggiunta a costo di cancellature, soppressioni, violenze.

13. POESIA E VERITA'. EDNA ST. VINCENT MILLAY: BARBABLU'
[Da AA. VV., L'altro sguardo, Mondadori, Milano 1996, 1999, p. 179. Edna St.
Vincent Millay (pseudonimo di Nancy Boyd, 1892-1950), statunitense, e' stata
poetessa e drammaturga]

Questa porta tu non dovevi aprirla;
l'hai fatto, entra dunque, ed osserva
quale misero inganno ti ha tradito.
Qui non tesori nascosti, o caldaie,
specchi di verita', teste di donne mozze
per le tue brame, o spasimi d'angoscia;
ma solo quel che vedi... Guarda ancora:
una camera vuota, disadorna,
tele di ragno... Ed io l'avevo chiusa
in me, perche' nessuno la scoprisse;
mi hai profanato tanto quando sei
strisciato alla sua soglia questa notte
che non dovro' mai piu' guardarti in viso.
Adesso e' tua. Io cerco un altro posto.

14. LIBRI. CLARA JOURDAN RECENSISCE "UN'EREDITA' SENZA TESTAMENTO"
[Questa recensione abbiamo estratto dal sito della Libreria delle donne di
Milano (www.libreriadelledonne.it) che la riprende da "Leggere donna", n. 98
del maggio-giugno 2002]
"Piu' donne che uomini", scrive Manuela Cartosio dei quarantamila del
Palavobis di Milano sabato scorso. "Dietro ai girotondi e alle
manifestazioni autoconvocate c'e' molto lavoro di rete, e-mail, fax,
telefonate, passaparola. Un lavoro fatto in gran parte da donne" ("Il
manifesto", 26 febbraio 2002).
Si', quando lo sguardo si sposta dai luoghi della lotta per il potere come
governi, televisioni, parlamenti, consigli di amministrazione ecc., al vasto
mondo in cui si fa politica in prima persona, si vede che la presenza
femminile e' spesso forte e significativa e porta a risultati inattesi, come
in questo caso.
Possiamo considerare questo cambiamento di sguardo e di realta' un'eredita'
del femminismo, un'eredita' ricevuta dall'umanita' intera, donne e uomini,
le cui tracce sono gia' state notate nel cosiddetto movimento dei movimenti,
da Seattle in poi.
Perche' cio' che ha trasmesso il femminismo del secolo scorso e' un'eredita'
"senza testamento", che chiunque puo' prendere e che infatti molti prendono.
Non sono soltanto idee femministe, sono anche e soprattutto modi di essere,
pratiche di vita, priorita' politiche, interrogazioni di senso, desideri di
civilta'.
Di questo parla Un'eredita' senza testamento (Quaderni di Via Dogana, Milano
2002, pp. 149, euro 10,32). E' un'inchiesta sui femminismi che "Fempress" -
un'agenzia di stampa con sede a Santiago del Cile che dal 1981 gioca un
ruolo importante nel movimento delle donne latinoamericano
(www.fempress.cl) - ha realizzato interrogando femministe latinoamericane e
latinoeuropee (le italiane sono Luisa Muraro, Ida Dominijanni, Alessandra
Bocchetti).
Lo spirito dell'inchiesta, come dice la sua curatrice, la direttora di
"Fempress" Viviana Erazo Torricelli, e' uno sguardo sul passato in funzione
del futuro: femminismi ieri/domani. Ma anche uno scambio tra Sudamerica ed
Europa, tra emisfero sud e nord.
E lo scambio tra passato e futuro trova proprio nell'America Latina un luogo
significativo. Daniela Padoan, che del femminismo e' un'osservatrice piu'
che una partecipante, nell'introduzione all'edizione italiana sostiene che
il femminismo ha prodotto una "fecondazione sotterranea" dei linguaggi e
dell'agire politico, ha nutrito i movimenti rivoluzionari di oggi, e che
questo si vede bene in America Latina, "epicentro di nuovi laboratori della
politica". In effetti la' sta cambiando il rapporto con il potere. Due
esempi. La marcia zapatista: "Marcos e' un subcomandante. Noi siamo i
comandanti", dice Ester al parlamento messicano. E le Madri di Plaza de
Mayo, che non hanno fatto un percorso di teorizzazione femminista eppure
hanno radicalmente messo in discussione il potere patriarcale, "non hanno
combattuto per conquistare il potere ma per rivelarne la miseria".
Anche nel secondo Forum di Porto Alegre qualcuno ha posto la questione del
potere: Immanuel Wallerstein (che nel '68 fu uno dei leader del movimento
nella Columbia University di New York) ha detto che "la sinistra ha sempre
avuto il complesso del potere, cioe' la convinzione che la politica fosse
semplicemente lotta tra schieramenti opposti per conquistare il potere: se
lo prende la destra e' un disastro, se lo prende la sinistra un paradiso. Ma
non e' cosi': e' il potere che va criticato, che va cambiato, che va reso
inoffensivo. Solo cosi' si puo' costruire un mondo diverso e migliore"
(dall'articolo di Piero Sansonetti su "l'Unita'" del 5 febbraio 2002). Sono
molte le donne che si riconoscono in queste parole.
La questione del potere, del rapporto con il potere, ritorna in diversi
testi di Un'eredita' senza testamento anche in termini autocritici, sia per
quanto riguarda il rapporto con lo Stato sia per quanto riguarda le forme
politiche.
Gina Vargas dice che quando le femministe hanno scommesso di piu' sulle
strategie di negoziazione con gli Stati che sull'autonomia si sono ridotte
anche le possibilita' di influenzare le politiche pubbliche. E Sonia Alvarez
mette in guardia contro i limiti di quella che lei chiama la "onghizzazione"
del movimento, cioe' il suo trasformarsi in organizzazioni (su questo
problema segnalo L'illusione umanitaria, a cura di Marco Deriu, Emi, Bologna
2001, che sostiene l'urgenza ormai di disintossicarsi dagli aiuti e guarda
senza indulgenza al proliferare delle ong). Anche su questo punto c'e' da
imparare dalla riflessione delle sudamericane.
Un altro e' l'attenzione alla molteplicita' di forme, di pratiche, di
mobilitazioni, di invenzioni, e alla multidimensionalita' delle lotte e
delle proposte esistenti, su cui insistono molti interventi. E che ci
riporta all'importanza del femminismo nei paesi poveri, dove la presa di
coscienza femminista diventa un fattore di sviluppo politico e una
riflessione fondamentale, vitale per tutti. Che testimonia dunque non solo
la ricchezza attuale dell'eredita' ma anche la necessita' di continuare a
"femminizzare il mondo" (Diana Bellesi), anche come "sfida alla nostra
creativita'" (Line Bareiro).
In questo scambio tra sud e nord, specialmente tra Latinoamerica ed Europa,
il femminismo italiano puo' fare da ponte. L'Italia e' gia' un paese ponte
tra nord e sud, sia geograficamente sia storicamente. Conosciamo in
particolare i legami storici tra Italia e Argentina, e la scrittrice
italiana Laura Pariani lo ha documentato nei suoi racconti e romanzi (da Di
corno o d'oro, Sellerio, Palermo 1993, a Quando Dio ballava il tango,
Rizzoli, Milano 2002). Sono legami linguistici e culturali importanti,
finora sentiti come tali piu' dal Sudamerica che dall'Europa (a parte
ovviamente la Spagna). Ma in questi ultimi anni si e' posta sempre piu'
drammaticamente la necessita' di uno scambio nel mondo: Kosovo, Torri
gemelle, Afghanistan, sono contingenze che dimostrano che o c'e' scambio o
c'e' distruzione.
Io penso che il femminismo italiano possa essere davvero un ponte di questo
scambio perche' e' un femminismo della differenza. Un femminismo che puo'
comprendere sia la liberta' con emancipazione, piu' diffusa al nord, sia la
liberta' senza emancipazione, piu' diffusa al sud.
Questo della liberta' senza condizioni sociologiche e' anche un elemento che
possiamo mettere nello scambio tra ieri e domani. La difficolta' presente
nella comunicazione tra chi ha partecipato al femminismo e chi non lo
conosce (non necessariamente tra vecchie e giovani) e' che le parole piu'
care alle prime spesso non trovano conferme nelle seconde, con il rischio di
una perdita di senso della realta', poiche' la realta' dipende da come la si
nomina. Se questa difficolta' e' dovuta anche allo schermo della traduzione
corrente, in termini sociologici appunto, del senso del femminismo e del suo
linguaggio, il sapere che la liberta' femminile non sta in nessuna
condizione sociale ma appartiene a una madre di famiglia casalinga italiana
come a un'artista single iraniana, aiuta anche a non farsi intrappolare
dall'orizzonte del gia' detto nei tentativi di scambio per esempio tra
generazioni diverse. Fa si' che si possa percepire tra donne (e tra donne e
uomini) che cercano uno scambio ma non riescono a comunicare, l'esistenza di
qualcosa senza (ancora) nome, ma reale.

15. RILETTURE. LAURA BALBO, GIULIANA CHIARETTI, GIANNI MASSIRONI: L'INFERMA
SCIENZA
Laura Balbo, Giuliana Chiaretti, Gianni Massironi, L'inferma scienza, Il
Mulino, Bologna 1975, pp. 320. "Tre saggi sull'istituzionalizzazione della
sociologia in Italia".

16. RILETTURE. ENZA BIAGINI: SIMONE DE BEAUVOIR
Enza Biagini, Simone de Beauvoir, La Nuova Italia, Firenze 1982, pp. 192. E'
banale il calembour: un "castoro" (inteso come volume della collana di
monografie su autori contemporanei) sul Castoro (che e' l'universalmente
noto nomignolo di Simone de Beauvoir), un'intellettuale e militante la cui
figura fu forse messa in ombra dal sodalizio con Sartre, ma piu' passa il
tempo e piu' la sua opera emerge a nostro avviso come un fondamentale punto
di riferimento.

17. RILETTURE. URSULA K. LE GUIN: LA FANTASCIENZA E LA SIGNORA BROWN
Ursula K. Le Guin, La fantascienza e la signora Brown, Editori Riuniti, Roma
1985, pp. 52. Prende le mosse dal celebre saggio di Virginia Woolf questa
vivace e intensa riflessione sul proprio lavoro della piu' grande scrittrice
americana di fantascienza (ma nel suo caso e' corretta la definizione di
speculative fiction).

18. RILETTURE. ROSA ROSSI: ASCOLTARE CERVANTES
Rosa Rossi, Ascoltare Cervantes, Editori Riuniti, Roma 1987, pp. 80. Un
saggio di grande finezza.

19. RILETTURE. GABRIELLA TURNATURI: MARGINALITA' E CLASSI SOCIALI
Gabriella Turnaturi (a cura di), Marginalita' e classi sociali, Savelli,
Roma 1976, pp. 224. Una'antologia di studi latinoamericani sulla
marginalita'.

20. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

21. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti, la e-mail e': azionenonviolenta@sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: lucben@libero.it;
angelaebeppe@libero.it; mir@peacelink.it, sudest@iol.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it. Per
contatti: info@peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it

Per non ricevere piu' questo notiziario e' sufficiente inviare un messaggio
con richiesta di rimozione a: nbawac@tin.it

Numero 434 del 3 dicembre 2002